Qual è lo scopo della filosofia?

Aperto da Mariano, 18 Aprile 2018, 11:53:04 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

Mariano

Ritengo che tutti possano condividere che la filosofia ha l'obiettivo di rispondere agli interrogativi che nascono nell'uomo che osserva e pensa.
L'uomo nasce filosofo in erba e poi, se non si arrende, continua ad esserlo da adulto.
Ma perché l'uomo si pone degli interrogativi? Solo per soddisfare la sua brama di conoscenza o per il desiderio di vivere meglio a seguito delle ulteriori conoscenze? E vivere meglio a mio avviso non significa la ricerca della felicità (che si può raggiungere solo in occasioni estemporanee), ma il tentativo di raggiungere la saggezza che permette di convivere con i problemi della vita, per risolvere i quali le conoscenze non sono mai sufficienti.
Col tempo la filosofia si è strutturata  in varie branche : teoretica (logica, fisica, metafisica, ontologia, epistemologia, teologia,...)e pratica (morale, etica, estetica,...) e a mio avviso  l'approfondimento di questi aspetti specifici, mentre permette di ampliare le conoscenze, rischia di far  perdere di vista l'obiettivo centrale:  comprendere come essere soddisfatti della propria vita.

Angelo Cannata

#1
A me sembra che, sia in filosofia che in religione, ci sia un cammino che ha proceduto sempre di più e con sempre maggiore determinazione verso l'attenzione al soggetto, alla soggettività. Soggettività può significare inizialmente relativismo, ma ritengo che si debba andare oltre. Il soggettivismo-relativismo può essere sfruttato in concomitanza con l'oggettivismo, il realismo, in modo che essi in continuazione si critichino a vicenda, senza dimenticare di fare anche autocritica. Da questa correlazione continua tra soggettivismo e oggettivismo credo possa nascere un modo di procedere nuovo, che poi penso non sia altro che la spiritualità. Mi sembra che la spiritualità sia la via che consente di attribuire un senso non banale a ciò che hai detto in conclusione, "comprendere come essere soddisfatti della propria vita". Il problema è che oggi non è ancora diffuso un modo di intendere la spiritualità in maniera non religiosa, non metafisica, non esoterica, ma piuttosto come una ricerca seria e critica, che non è altro che il seguito, il destino, l'approdo successivo della filosofia.

viator

#2
Salve Mariano. "Ma perché l'uomo si pone degli interrogativi?" è appunto il tuo interrogativo.
E' perché l'uomo, che è tale da quando in lui è sorta la coscienza, è diventato consapevole di un sé vitale contrapposto e negato dalla consapevolezza della morte.
L'uomo - TUTTI - è incapace di percepire un mondo privo di sé stesso uomo.
E' l'orrore della morte che ci spinge a cercare di giustificarla, ed il nostro rifiutarla che ci spinge a credere nell'"al di là".
L'uomo si pone delle domande poiché ha bisogno di qualcosa che colleghi le proprie consapevolezze alle proprie speranze.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#3
La filosofia è una pianta spontanea che cresce dentro di noi , indipendentemente se la coltiviamo o no.
Possiamo quindi scegliere di coltivarla come ignorarla , ma questa scelta non è priva di conseguenze.
Ognuno ha dunque la sua filosofia e questa ha delle conseguenze,le,quali in certe contingenze , potrebbero essere non desiderabili e problematiche.
Cambiare filosofia potrebbe significare superare questi problemi , seppur a scapito della coerenza.
Se non proprio coltivare la propria filosofia , averne coscienza, e individuarla in certi casi come causa di problemi, dunque può servire.
Avere una mente allenata può servire non meno che avere un fisico allenato.
In certe contingenze può salvarti la vita.
Platone è  meglio del Prozac , è il,titolo di un libro letto un po' di tempo fa'.
Direi che sono d'accordo .
Anche se io conosco molto meglio la mia filosofia che non quella di Platone.
Ma al mio,240 esimo post credo che la mia ignoranza in filosofia vi appaia lampante.
Male , ma ancor peggio sarebbe ignorare la mia filosofia , nella quale però , detto come avvertenza, potrebbero essere presenti tracce di Platone.😅
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Mariano

Per viator : hai ragione, ma io ho cercato di dare una risposta al mio interrogativo, anche se in maniera forse non sufficientemente esplicita: comprendere come essere soddisfatti della propria vita.
Sono ancora d'accordo su quanto dici , e cioè che che l'uomo non cerca di capire il mondo estraniandosi da esso, ma non credo che debba avere (come tu dici) orrore della morte, né debba rifiutarla, ma solo provare a comprenderla.
Per angelo cannata: condivido pienamente la tua conclusione.

green demetr

Certo, comprendere la propria vita.

Ma è proprio questo anche il suo limite, come se il suo limite fosse quello di non poter andare oltre la sua razionalità.

Dunque come rimbalzata dalla vita dopo Kant ed Hegel, essa si frantuma in quella ridda di specializzazioni, in cui appunto la conoscenza si riduce a mero dato di contemplazione estatica.

E' per questo che ritengo che la filosofia abbia bisogno di una rifondazione, non è con i soli concetti, o con la creazione di nuovi, che si esce dall'impasse dei blocchi psicologici e tecnici della società contemporanea occidentale.

Nella mia analisi, che appunto già dal nome, prende inizio, è la psicanalisi lo strumento regio della filosofia futura.

Essa ha però proprio la volontà di andare oltre la vita preconfezionata, quasi destinalmente inaggirabile, del vivere duro quotidiano (lotta alla sopravvivenza, lotta al potere, lotta al riconoscimento, lotta all'amore).

In questo caso serve una nuova topologia dei luoghi interiori, per cui in qualche maniera mi sento vicino alla ricerva sulla spiritualità di Cannata, o alle proposte per una filosofia futura come diritto, nicciana, di Garbino, per esempio.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

#6
Non so' se trovo le parole giuste per dirlo , su come fare a rifondare la filosofia.
La filosofia è una pianta spontanea.Cresce da sola in ognuno di noi , ma può essere coltivata.
Nella Sicilia in cui ho vissuto da ragazzo questo fatto era evidente.
Tutti facevano filosofia in modo spontaneo , senza alcun timore reverenziale.
Ci si faceva domande su ciò che destava meraviglia , ma senza guardarsi dritto negli occhi, perché non erano domande dalle quali ci si attendeva risposte dagli altri.
Queste domande erano formulate senza premettere citazioni di filosofi , perché erano domande fatte,dall'uomo qualunque , dall'uomo che non sa' di filosofia , ma che semplicemente è filosofo.
Non era necessario un linguaggio tecnico per formulare quelle domande.
Oggi la filosofia condivide con la scienza un linguaggio sempre più tecnico che esclude la maggioranza della gente, ma senza che vi sia una vera necessità a ciò, come invece avviene per la scienza.
Alla filosofia una volta bastava l'oralità.
Oggi che i media si sono moltiplicati in numero e potenza , la naturale spinta a filosofare sembra essersi ritirata.
È' sempre lì perché se la si provoca seppur con fatica sembra si resusciti , anche se per un breve sprazzo.E la resusciti in chiunque , anche in chi non penseresti mai.
Forse rifondare la filosofia significa riportarla al suo stato naturale , a quel livello a cui tutti si sentivano in diritto di accedere.
Questo tenersi dentro la filosofia non credo faccia bene alla salute.
Per avere una vita soddisfacente bisogna essere se stessi , e filosofare fa parte di noi.
Filosofia è farsi domande che non hanno risposte , ma che possono essere formulate sempre meglio.
Fare filosofia è precisare sempre meglio un linguaggio che è di tutti e rimane di tutti, non complicarlo rendendolo esclusivo.
La scienza non puoi veramente capirla se non sei scienziato , ma la filosofia è già compresa in noi.
Ho esagerato schematizzando troppo volendo indicare la strada di una possibile rifondazione filosofica , posto che esista una risposta a ciò.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Angelo Cannata

Ciò che sembra spontaneo, naturale, può essere in realtà quanto di più pilotato e manovrato possa esserci, come avviene quando pensiamo di essere finalmente noi stessi nel momento in cui scegliamo i prodotti tra gli scaffali del supermercato o quale moda seguire, mentre in realtà stiamo ubbidendo ciecamente a quanto è stato programmato a tavolino dall'industria e dal marketing.
Ho incontrato tante persone non istruite porsi domande filosofiche, ma ho visto che poi piegavano immediatamente verso risposte prestabilite, del tipo "se il mondo esiste, ci dev'essere qualcuno che l'ha fatto". Anche un bambino si pone domande filosofiche, con la differenza che il bambino, non essendo stato ancora del tutto plasmato dai preconcetti della società, è meno incline a cadere in risposte preconfezionate, più aperto a modi di pensare non tradizionali.
Picasso diceva di aver impiegato anni di studio per imparare a disegnare come disegna un bambino. Anche in filosofia è possibile cercare di fare questo: imparare a navigare tra le domande senza cedere all'attrazione di arenarsi in risposte prestabilite.
Ciò è possibile, ma difficile. Difficile non perché lo sia di fatto, ma perché la società ci ha manovrati. È come la difficoltà delle lingue: una lingua straniera ci può apparire difficilissima, eppure proprio i bambini dimostrano che non è vero. È l'essere cresciuti in una lingua che ci fa apparire difficile o perfino impossibile parlare lingue diverse. È l'essere cresciuti in una società storica che ci fa apparire difficilissimo pensare in termini non preconfezionati da quella società.

sileno

Gli scopi della filosofia


Spesso anche chi partecipa a un forum culturale ha idee imprecise e a volte ingenue sugli scopi della filosofia e sulle modalità dell'argomentare filosofico. In che senso può giovare alla nostra vita? Sempre che si ritenga abbia tale funzione. 
Partirei da alcuni concetti molto significativi del passato e a parer mio sempre fondamentali.


Già secondo Gorgia la filosofia è contrassegnata da uno scetticismo ( il termine deriva da sképsis = ricerca ) cauto nell'accettare ciò che si mostra davanti agli occhi. Nasce quando qualcuno distingue tra apparenza e verità, quindi si ritiene fondamentale il porsi domande e dubitare. 

Secondo Socrate il filosofo è consapevole di non possedere i sapere e perciò lo ricerca. Gadamer conferma tale scopo: l'arte del domandare è l'arte stessa del pensare e solo nel dialogo si può tentare di raggiungere la verità. 

Secondo Kant la filosofia non ha nulla da dire sulle cose e sul mondo, e non mira ad espandere le conoscenze, ma soltanto a rettificarle. La filosofia ha senso quand'è finalizzata all'utilità per la vita dell'uomo. 

Secondo Wittghenstein i problemi filosofici nascono dal cattivo uso delle parole. Perciò la filosofia è un'attività che deve chiarire e delimitare i pensieri torbidi e indistinti. 

Secondo Nietzsche non esistono verità ma piuttosto menzogne da smascherare. Quindi la filosofia sarebbe soprattutto interpretazione e valutazione. 


Da questi giudizi ricaviamo che la filosofia non è arbitraria ma è una forma di razionalità. Non è poesia né letteratura anche se alcune opere possono essere illuminanti per un discorso interdisciplinare, stessa cosa per le scienze della psiche. 
Non si sostiene su ideologie, credenze, mitologie che travisano o mascherano – volutamente o meno – la realtà delle cose. Fuori dal campo dell'irrazionalità e delle suggestioni è una "scienza" non sperimentale nelle sue funzioni di interpretazione e critica, analisi del linguaggio e dell'esistenza, demistificazione delle tendenze sociali, ecc. Riconoscendone alla base un argomentare a favore dei vari aspetti di qualsiasi questione, senza riferirsi a un fondamento assoluto del sapere. Del resto dovrebbe essere questo il metodo per le scienze dello spirito come psicoanalisi, nuove etiche, ecc. ma anche per le epistemologie post-popperiane. Come indica la filosofia in prevalenza relativistica e antimetafisica del '900 che riconosce il carattere imperfetto e relativo della conoscenza. Infatti tutti gli attuali filosofi confermano questa linea la cui base risale ai classici. 

Infine da questo discorso possiamo anche ridefinire le vie dell'imparare formativo, del nostro sapere che non sia illusorio verso se stessi e verso gli altri, di una produzione di idee proprie e non imposte. Obiettivi volti anche alla cognizione di propri personali modi e scopi dell'apprendere per chi intende proporsi tale traguardo. Siete d'accordo con i grandi pensatori sul senso della filosofia come atteggiamento mentale e non necessariamente come possesso di vaste conoscenze? Come ricerca di un sapere mai concluso e utile all'uomo, più che sapere fine a se stesso o vuoto verbalismo per problemi oziosi? L'idea che ognuno manifesta sull'essenza della filosofia rispecchia e fa prevedere il suo atteggiamento verso ogni tipo di argomentazione? 





In definitiva cos'è la filosofia?

E' amore non utilitaristico della conoscenza, in particolare è arte di porre domande giuste, evitando quelle improprie che girano a vuoto intorno a falsi problemi o a questioni mal poste. 



La filosofia contemporanea ha abbandonato l'illusione di dare a tutte le domande risposte certe e definitive. Tuttavia è utile porsi domande possibilistiche per arricchire l'immaginazione e intaccare l'arroganza dogmatica che preclude la mente alla speculazione e alla capacità di pensare con la propria testa. Per non accettare tutto supinamente e mettere in crisi alcune opinioni e verità assolute a favore di un confronto dialogico di opinioni.



Ma la filosofia non va limitata al solo saper porre corrette domande, utili anche se permarranno dubbi in quanto conducono a nuovi interrogativi. E' anche riflettere esponendo giudizi su eterni quesiti come Felicità, Libertà, Amore, Morte, ecc. Secondo alcuni è rimasta "ancilla theologiae" che continua a interrogarsi sulla religione. Altri la considerano uno sfoggio di cultura, ma in tal caso può tramutarsi in un filosofeggiare vuoto servendosi di un linguaggio artificioso che riflette una confusione mentale , più che usare una lingua semplice e concisa. Può degenerare in un discorso incomprensibile per problemi insolubili. I grandi filosofi di ogni tempo hanno spesso usato un gergo oscuro. Morale , logica, estetica a volte si sono trasfigurate più in un gioco di parole che in in un gioco di idee. 

Oggi il sapere è frammentato. Nell'ambito professionale sono rari i filosofi che padroneggiano più campi, come filosofia del linguaggio, etica, metafisica, filosofia politica, epistemologia, logica, ecc. Comunque ora anche nelle università comincia a prevalere una filosofia come rigorosa discussione sulla realtà nei suoi vari punti di vista. 

Ritengo che sarebbe auspicabile un rinnovo sul piano pratico- argomentativo che si avvalga di apporti linguistico-semantici, teorici e pratici. L'uomo "animale linguistico" potrebbe scoprire come la mente elabora il linguaggio per mezzo di discipline come la Teoria dell'Informazione, la grammatica ciomskiana, le intelligenze artificiali ecc. Ma anche affiancando un cognitivismo che esamini il monologo interiore per indagare i processi psichici, la pragmatica della comunicazione, la logica informale, l'inconscio strutturato in linguaggio. 
Risorgerebbe un nuovo "homo philosophus" per un percorso dialettico tra teoria e pratica, che esplori con criticismo i vari aspetti della realtà; potrebbe disconfermare credenze, ridefinire problemi elusi, far riflettere sulle rappresentazioni delle realtà soggettive. 

Ma quale accoglienza avrebbe un orientamento demistificatorio in tempi di irriflessione e di autoinganni?


Alla luce di queste premesse s'inquadrano meglio anche gli scopi della consulenza filosofica, come illustrati da P. A. Rovatti, (La filosofia può curare? 2006) Va intesa come "cultura terapeutica" antiaccademica e antinozionistica. Al centro va posto il soggetto. Più che conoscere vuole darsi un senso migliorando e sapendo meglio coordinare la sua capacità di pensare, prendendosi cura di sé e degli altri.

iano

#9
Quindi la filosofia , là si voglia vedere come si vuole , e per quanto inevitabilmente usurpata in alcuni suoi regni, rimane banalmente fondamentale , sebbene ciò non sembri apparire oggi così evidente rispetto a ieri.
Il fatto che possa connaturarsi come amore della conoscenza in se' non è cosa aiuti la reputazione di questi tempi .
Forse non è neanche vero che sia così.
Dopo una corsa mi sento meglio , e da qui può nascere l'illusione dell'amore per la corsa in se'.
Conoscere lo stato del nostro fisico mettendolo alla prova  ci aiuta a dimensionare utilmente le nostre azioni , quindi allenare il fisico è tutto meno che fine a se' stesso , anche quando , come effetto collaterale la cosa può sfociare nell'edonismo.
Lo stesso vale per la mente.
Poi però magari accade che ci si senta stupidi a correre mettendo un neurone dopo l'altro , e magari solo perché non va' di moda farlo.
Quindi , se è vero che le mode vanno e vengono , non rimane che attendere, o no?
Oppure pssiamo pilotare una nuova moda per la filosofia , rendendola nuova agli occhi di tutti?
Personalmente , d'accordo con Sileno, penso che una filosofia come terapia sia una buona strada , anche se mi pare stenti ad affermarsi.
Direi che è un po' quello che rimane alla filosofia dopo essere stata variamente espoliata, e in ciò forse appunto è sempre stata la sua essenza.
Possiamo rimescolare i nostri neuroni fino a trovare la combinazione che più ci aggrada, ed è bene farlo non foss'altro per non lasciare che siano altri a farlo per noi , e su questo sono d'accordo con Angelo.
Nel farlo però occorre tenere conto di una importante avvertenza.
Ci si ritroverà sempre con una combinazione di neuroni fuori moda , e si sa' bene l'opinione diffusa su quelli che non hanno tutti i neuroni a posto.
Insomma bisogna essere veramente convinti di volerlo fare , pur essendo stati ultimamente educati all'esatto contrario.
Si capisce quindi come sia facile recedere da un tale tentativo,che almeno una volta nella vita sicuramente ognuno intraprende.
Se tali tentativi andassero in porto invece avremmo una ricchezza di idee , che anche quando la loro origine fosse assimilabile al caso , sarebbe la benvenuta.
L'uniformità non sembra un bene in se'.
Procedendo per errori e correzioni , come sembra noi si faccia , andare a sbattere uniformemente tutti contro lo stesso muro non sembra infatti molto utile.
Questo al massimo spiega perché oggi votiamo in massa tizio e dopo un paio di mesi tutti caio , che è la moda di adesso.Insomma andare tutti contro lo stesso muro oggi sembra una strada obbligata, e mi spiace dirlo solo in ciò vedo l'urgenza di un governo.Prima si sceglie il muro , prima ci si sbatte , prima , si spera , ci si rinsavisce , e mi sembra che di ciò esistono già' buoni esempi.

Una delle previsioni non rispettate dell'avamzare della globalizzazione è la perdita di importanza degli agglomerati urbani , che in se' sembrano effettivamente problematici e insostenibili.
Il fallimento di questa previsione sta in un fatto non considerato che però sembra essere cruciale.
Un agglomerato urbano , quanto più è grande, tanto più ci costringe a scambiare idee con individui che non sono necessariamente di nostro gradimento.
Le quantità di questa interazione non intenzionale  sembra essere proporzionale al numero di brevetti che si producono in loco , piuttosto che ai relativi investimenti in ricerca.
Sottinteso che ci sia una interazione fra diversi , tanto diversi che intenzionalmente non andrebbero a trovarsi e che questa diversità sia probabile quanto maggiore è il numero di individui e di diversa estrazione , cioè proprio le condizioni che si verificano nelle metropoli afflitte dalla "piaga" dell'immigrazione.
Avete allora capito verso quale muro stiamo andando a sbattere tutti insieme allegramente nella attuale contingenza politica?
Naturalmente sarebbe bello ricreare le,stesse condizioni positive delle metropoli senza averne i disagi.
Ma metropoli o non metropoli , rete o non rete , il valore,sta nella diversità e si esplica quando i diversi interagiscono.
Si , purché questi diversi esistano, e sia benvenuta l'immigrazione se serve allo scopo , ma ancora meglio sarebbe prodursi la diversità in casa , senza bisogno di importarla , sopratutto se poi non se ne capisce il valore potenziale.
La filosofia , l'esercizio critico , potrebbe servire?
Allora andrebbe riscoperta.
Basterebbe considerare l'amor proprio se l'amore in se' non basta , e capire cosa è veramente bene per noi allungando lo sguardo oltre il solito palmo.
La filosofia può servire a ciò,Serve a ciò.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Discussioni simili (5)