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Psicoanalisi

Aperto da Jacopus, 19 Ottobre 2024, 11:05:36 AM

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green demetr

Citazione di: iano il 04 Novembre 2024, 16:41:03 PMI lupi siamo noi, nessuno si senta escluso!
A livello psicologico ci può stare, siamo "lupi" divoratori di noi stessi.
Esiste però una realtà, sulla quale esiste l'aristoteliana adequatio res, rei intellectu.
L'adeguazione della realtà alle nostre capacità razionali.
La risposta al lupo tirannico è la risposta sociale ai suoi governatori ingiusti.
Mostrando l'ingiustizia con discorsi razionali.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2024, 16:43:37 PMadequatio res, rei intellectu.
Adequatio rei et intellectus.
Si, ma secondo me le due cose sono  speculari.
Cioè le cose sono il modo in cui ''la realtà si adegua'' al nostro intelletto, ed è perciò che l'assoluta realtà ci appare relativa.
In altri termini il mondo in cui crediamo di vivere non è la vera realtà, ma una realtà adattata al nostro intelletto.
E' anche improprio chiamarla realtà apparente perchè la realtà non possiede forma, ma la forma è solo uno dei modi in cui ci può apparire, ''adattandosi'' al nostro intelletto.
Cioè se la forma è il nostro linguaggio, in quella lingua ci parlerà la realtà, la quale parla ogni lingua non possedendone nessuna propria.
La sua lingua ad esempio non è la geometria, o la matematica in generale,, ma la matematica è una delle lingue che usa per comunicare con noi, nella misura in cui noi la comprendiamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2024, 13:31:43 PMIl metodo scientifico della psicanalisi contemporanea si limita a quanto prevede la legge, ossia al contenimento e al miglioramento dei sintomi.


Siamo comunque lontani dal concetto di diagnosi e cura. 

Cioè una malattia non curabile è una malattia diagnosticata a cui non esiste una cura. Ma le forme che vengono adottate anche nel caso di malattie non curabili sono per lo meno di contenimento e miglioramento dei sintomi. 
In questo caso invece si è di fronte solo a dei sintomi che potrei combattere (con lo scopo di mitigarne la fase piu acuta) con una terapia farmacologica, oppure con una terapia non invasiva da uno psicoterapeuta (con o senza farmaci di supporto). 
Questo è ciò che dice la legge, no?

Tu però utilizzi il termine "scientifico" per quale ragione?  Siamo lontani da una diagnosi, lontani da una cura ma tu dici che se il paziente volesse curarsi, la cura esiste...solo se lo vuole?
Questo metodo scientifico non lo conosco. 



Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2024, 13:41:59 PMQuando gesù scacciò i cambiavalute, instaurò l'epicheia.
La supremazia del sociale sul denaro.
E quando gli chiesero , per metterlo alla prova, se era giusto pagare le tasse egli rispose «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Ora noi sappiamo che se dobbiamo rendere a Dio quello che è di Dio vuol dire che dbbiamo rendere  tutto poichè tutto è di Dio.  ci si chiede quindi cosa possa rimanere che appartenga a Cesare. Gesù riesce in un sol colpo a mantenere il primato di Dio , a cui appartiene tutto, sia a ricordare l'importanza dell ordine socio-politico.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Il_Dubbio

Citazione di: Jacopus il 19 Ottobre 2024, 11:05:36 AMNella discussione su Cartesio si è iniziato a parlare di psicoanalisi. Gli interventi però sono stati finora rivolti ad una visione molto tradizionale e "freudiana" della psicoanalisi. La psicoanalisi in realtà ha più di un secolo di vita. Freud è morto nel 1939 ed anche nella sua bibliografia emergono spunti importanti che non limitano la psicoanalisi all'impatto della sessualità nella vita psichica. A maggior ragione oggi, periodo in cui la repressione sessuale, la sessuofobia vittoriana è stata sostituita da una sessuofilia altrettanto preoccupante. In sostanza Freud non ha scritto le Leggi psichiche su tavole mosaiche. La psicoanalisi è andata avanti. È un interessante metodo di osservazione del comportamento umano ed è stata usata nei più disparati campi disciplinari. Fortunatamente è stata anche in grado di recepire altre ricerche ed altri sentieri di studi, pur in una sua legittima definizione di una scuola ortodossa, che impedisca la diluizione e frammentazione della scuola psicoanalitica stessa.
Ma il trattamento psicoanalitico non è solo l'apprendimento dei meccanismi sublimatori edipici che ci permettono di convivere con i nostri sintomi. È un dialogo, eminentemente filosofico. È una ricerca di senso che attraversa tutti gli stati affettivi arcaici dell'uomo, utilizzando al posto dell'azione il simbolo (linguaggio), la memoria (biografia) e l'accesso attraverso linguaggio e memoria all'inconscio.

Mi sento, dopo 10 pagine di discussione, di tentare una sintesi di ciò che si è prodotto.
Certamente non ho la pretesa che sia veritiera. Ognuno in testa se ne sarà fatta una personale.

Incominciamo dall'inizio. Qui l'autore della proposta di dialogo sulla psicanalisi non fa alcun accenno alla psicanalisi come uno strumento di cura dei nostri malesseri, che alle volte, come si è detto, essere piuttosto importanti e disabilitanti. 
Introduce l'argomento come se fosse un argomento filosofico.

Cos'ha di filosofico un trattamento psicoanalitico? Io non lo so in quanto non ho mai fatto sedute psicoalitiche.

Presumo che esista una vasta gamma di problematiche legate alle intenzioni della psicoanalisi. Quindi in questa sintesi non posso tentare un elenco di problemi. 
Come si è detto, vanno da problemi generici a quelli piu gravi. Nessuno è escluso quindi da un problema anche solo generico. 
Quindi in definitiva ognuno di noi potrebbe avere l'interesse di farsi psicoanalizzare.
Anzi, è noto (me lo dissero quando da giovane volevo seguire gli studi di psicologia) gli analisti per fare loro questo mestiere devono prima, loro stessi, sottoporsi al lettino dello psicoanalista. 

In un certo senso si potrebbe dire: per capire gli altri devi aver compreso te stesso. 

Lo psicoanalista quindi, come figura, potrebbe assomigliare al garante del notro percorso mentale. Non esattamente un filosofo, in quanto i filosofi dico una cosa razionale ma storicamente sanno che potrebbero aver torto. Nel caso dello psicoanalista, per lui il percorso che la mente ha fatto èsbagliato perchè quel percorso lo ha portato al malessere. Quindi deve essere consapevole che per indirizzarlo nella giusta direzione, dovrà seguirlo passo passo sapendo quale sia la direzione giusta.
E' importante questo aspetto, perchè se il lavoro fosse solo filosofico, il "paziente" potrebbe non prendere la giusta direzione. La strada percorribile è invece solo una (con qualche piccola deviazione ogni tanto), ma lo psicoterapeuta non deve solo seguirlo ma indirizzarlo. Quindi deve sapere qual è la direzione giusta. Non può fare il "filosofo". Deve fare da garante verso la giusta direzione. 
Già questa consapevolezza di responsabilità fa dello psicoterapeuta, ammesso che il suo lavoro consenta benefici al paziente, non un semplice "amico".
Mi viene in mente Dante Alighieri che concede a Virgilio di fargli da guida giu all'inferno. 

Premesso questo, sorvolonda sulla questione farmaci ( presumo l'abbiamo risolta ), il lavoro dello psicoterapeuta, che chiamerei semplicemente psicologo, può essere un lavoro scientifico? Se si in che senso?

Io ho gia escluso l'idea filosofica. Secondo me qua non c'entra molto. 

Prima di tutto quando lo psicologo opera, cioè fa il suo mestiere per cui è pagato, ha un bagaglio di conoscenze frutto del lavoro di molti altri. Non è un semplice amico, sa riconoscere alcuni sintomi comportamentali e dopo una serie di sedute, dovrebbe riuscire a disegnare una mappa. Questa mappa dovrebbe essere il sentiero per portare il suo paziente fuori dal tunnel o per lo meno dovrebbe disegnare un itinerario per mantenerlo su una strada non impervia. 

Questo discorso però è troppo limitato. Esisteranno migliaia di sintomi e cause differenti. Per cui il concetto di scientifico qua perde sempre piu efficacia. Alle volte i casi sono semplici e si potrebbe essere molto efficaci anche nel breve tempo. Ma quanti saranno i casi in cui invece è impossibile tracciare la giusta direzione? 

Il problema essenziale che rimane una ricerca, volenterosa e anche studiata per certi versi, con molte lacune. Le informazioni sono così basse e trovare la strada maestra diventa un percorso intrapreso come ultima speranza. 

Però almeno è un aiuto. Un aiuto professione che può recare benefici ma non recherà danni.
Meglio di niente...insomma!
 

Koba II

#140
Sono andato a rileggermi un testo di neurobiologia e psicoanalisi di una decina di anni fa. A quel tempo mi aveva molto colpito. Gli autori sono F. Ansermet e P. Magistretti ("Gli enigmi del piacere", Bollati Boringhieri).
Posso dire che le osservazioni che conduco su me stesso mi sembra trovino piena conferma nel loro modello.
In sintesi: gli studi neuroscientifici sulle dipendenze mostrano che l'assunzione iniziale attiva il circuito della ricompensa basato sulla dopamina.
Certo, questa non è una novità. Ciò che invece di nuovo questi studi hanno dimostrato è che accanto al circuito della ricompensa vengono attivati anche due meccanismi antagonisti del piacere:
1) la risposta determinata dalla plasticità del sistema nervoso: assorbito il colpo, per ripristinare l'equilibrio, vengono attenuati gli effetti eccessivi, estatici, così che le assunzioni successive risulteranno gradualmente meno intense;
2) ma soprattutto viene attivato, contemporaneamente al circuito della ricompensa, nei minuti immediatamente successivi, un circuito che gli autori chiamano dell'anti-ricompensa, basato sui neurotrasmettitori tipici dello stato di stress (corticotropina e noradrenalina), e che genera uno stato di agitazione, di generale malessere.
Così, il consumo ricreativo si trasforma molto velocemente nel consumo compulsivo il cui scopo non è più tanto quello di godere ma quello di eliminare prima possibile il disagio provocato dal ciclo dell'anti-ricompensa.
In questo modo però ci si ritrova rinchiusi in un loop infernale e senza via di uscita.

Ora, gli autori propongono a questo punto un'analogia tra questo modello neurobiologico e quello pulsionale della psicoanalisi.
La psicoanalisi spiega che la pulsione permette la scarica di eccitazione e ciò provoca piacere per l'equilibrio ritrovato. Ci si costruisce uno scenario che permette alla pulsione di sfogarsi. Ma così come succede nelle tossicodipendenze, insieme al circuito della ricompensa che si attiva con la scarica, viene attivato anche il circuito dell'anti-ricompensa. E all'esperienza del piacere segue quindi un certo disagio. Il quale "suggerisce" di ripetere ciò che aveva dato inizialmente piacere.
Eccoci così chiusi nel loop della coazione a ripetere.
Il soggetto sa che tale condotta è controproducente, che ha risvolti negativi nella propria vita, che non porta da nessuna parte, ma si sente costretto a ripeterla in modo ossessivo perché subito dopo l'evento della scarica si manifesta il disagio prodotto dal circuito dell'anti-ricompensa. E cerca di curare quell'angoscia con la ripetizione della stessa esperienza.

Gli autori suggeriscono insomma che quell'al di là del principio di piacere di cui parlava l'ultimo Freud trova un fondamento neurobiologico in questo circuito dell'anti-ricompensa.

Jacopus

@Dubbio. La tua sintesi non mi dispiace. Solo qualche precisazione.

CitazioneCos'ha di filosofico un trattamento psicoanalitico?
Molto. La psicoanalisi afferma che si deve provare a conoscere ciò che è nascosto, ciò che sembra irriconoscibile, ciò che è frammentario, sommerso dal tempo. È un esercizio di "gnothi seatoun" in chiave dialogica. La psicoanalisi nasce (anche) dall'analisi del mito di Edipo, che ancora una volta ha a che fare con la sete di conoscenza, una conoscenza virile, cruda, che non fa prigionieri e che "libera" mentre "imprigiona". Faccio un volo pindarico e arrivo alla frase di Gesù "chi vorrà salvare la propria vita la perderà, chi la perderà a causa mia la troverà". Il senso è affine e dimostra ancora una volta, la radice ellenistica del cristianesimo (FN dissentirà). Una conoscenza "vera", libera l'uomo ma per farlo bisogna rischiare di restare ciechi, di uccidere il proprio messia e di affrontare i propri mostri interiori e scendere con loro nell'abisso. Come dice Recalcati, la psicoanalisi è in ciò l'alter ego del cristianesimo. Entrambi alla ricerca degli scarti, di ció che escluso, di ciò che è terreno, di ciò che è imperfetto e da quel materiale, dal materiale degli "ultimi" che è dentro ognuno di noi, ricostruire un uomo "autentico", lontano in entrambi i casi da ogni religione (anche Gesù era contro la religione giudaica di allora). Ed in ciò sta anche la necessità dell'uccisione (simbolica) di ogni maestro, di Gesù come di Freud. In ciò sta l'integrazione dell'umano in una vita vera non scissa, non proiettata, non polarizzata e che si compie nel "lavoro che è dentro il nostro desiderio". È un lavoro iniziato da appena un secolo e che deve disorganizzare e riorganizzare discorsi che hanno millenni di storia e sono delle gabbie di titanio dentro ognuno di noi.
La psicoanalisi è un viaggio su sentieri marcati appena nel fitto bosco dell' inconscio, del corpo umano, nel rapporto con il mondo. Simile al viaggio distopico di un ipotetico quartetto Dante-Virgilio-Beatrice e il Lucifero di Milton.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Il_Dubbio

Citazione di: Jacopus il 05 Novembre 2024, 23:31:45 PMLa psicoanalisi afferma che si deve provare a conoscere ciò che è nascosto, ciò che sembra irriconoscibile, ciò che è frammentario, sommerso dal tempo. È un esercizio di "gnothi seatoun" in chiave dialogica. 
Il metodo scientifico è in sostanza un approccio filosofico alla teoria della conoscenza. L'abbiamo elevato a metodo "oggettivo". O per lo meno è quello che più si avvicina alla oggettiva conoscenza. Cioè possiamo affermare che una tale affermazione è giusta se rientra nei parametri della teoria stessa. 
Una volta che hai deciso un metodo di lavoro, poi ogni affermazione deve attenersi a quel metodo. Chiaro che il metodo potrebbe essere piu o meno duro. A seconda dei casi la tua affermazione sarà piu o meno contestabile. 

Per questo l'idea che la psicanalisi sia influenzata dalla filosofia è perchè non esisterebbe ancora un metodo di lavoro per fare una affermazione giustificata dal metodo. Praticamente così mi rendi anche la psicanalisi (non solo ciò che abbiamo detto sui farmaci) lontano da un discorso scientifico.

Tu pensi che la psicoanalisi non possa essere pensata come un metodo scientifico finalizzata a dare risposte sui percorsi mentali? Se pensi questo torniamo l'abc delle nostre affermazioni. Ovvero non è possibile stabilire quale sia una risposta sufficientemente giusta ai problemi mentali. Cioè non abbiamo un metodo di lavoro che sia come dovrebbe essere il medoto scientifico, cioè più vicino possibile all'oggettività delle affermazioni. 

iano

#143
Citazione di: Jacopus il 05 Novembre 2024, 23:31:45 PMLa psicoanalisi afferma che si deve provare a conoscere ciò che è nascosto, ciò che sembra irriconoscibile, ciò che è frammentario, sommerso dal tempo.
Si, ma con l'avvertenza che quel sommerso siamo propriamente noi, mentre ciò che si manifesta, il noi di cui prendiamo coscienza è ciò che già più non siamo.
La conoscenza di se coincide col superamento di se e la psicanalisi/filosofia/scienza, o più in breve ''l'agire cosciente'', ci dice quindi che nessuno è irrimediabilmente se stesso, e che perciò al male di vivere si può rimediare.
Tutto ciò che la natura ha prodotto, presane coscienza, possiamo replicarlo, ma fuori di noi, per cui l'azione cosciente crea alienazione.
Il passo successivo è provare a ricomporre le parti separate, allargando la coscienza di se, laddove noi siamo le nostre relazioni, più che ciò che si relaziona.
O meglio, noi siamo ciò che si relaziona, nella misura in cui non conosciamo le relazioni che ci compongono.
La vera sostanza di ciò che è oggettivo è metafisica, e la scienza si limita a rilevarne le relazioni, ma nulla è irrimediabilmente tale come cosa in se cosa in se, noi compresi.
Non c'è un solo modo in cui la realtà possa oggettivamente manifestarsi, perchè essa non è fatta di oggetti a cui è data una natura propria-

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Koba II

Citazione di: Jacopus il 05 Novembre 2024, 23:31:45 PM@Dubbio. La tua sintesi non mi dispiace. Solo qualche precisazione.
Molto. La psicoanalisi afferma che si deve provare a conoscere ciò che è nascosto, ciò che sembra irriconoscibile, ciò che è frammentario, sommerso dal tempo. È un esercizio di "gnothi seatoun" in chiave dialogica. La psicoanalisi nasce (anche) dall'analisi del mito di Edipo, che ancora una volta ha a che fare con la sete di conoscenza, una conoscenza virile, cruda, che non fa prigionieri e che "libera" mentre "imprigiona". Faccio un volo pindarico e arrivo alla frase di Gesù "chi vorrà salvare la propria vita la perderà, chi la perderà a causa mia la troverà". Il senso è affine e dimostra ancora una volta, la radice ellenistica del cristianesimo (FN dissentirà). Una conoscenza "vera", libera l'uomo ma per farlo bisogna rischiare di restare ciechi, di uccidere il proprio messia e di affrontare i propri mostri interiori e scendere con loro nell'abisso. Come dice Recalcati, la psicoanalisi è in ciò l'alter ego del cristianesimo. Entrambi alla ricerca degli scarti, di ció che escluso, di ciò che è terreno, di ciò che è imperfetto e da quel materiale, dal materiale degli "ultimi" che è dentro ognuno di noi, ricostruire un uomo "autentico", lontano in entrambi i casi da ogni religione (anche Gesù era contro la religione giudaica di allora). Ed in ciò sta anche la necessità dell'uccisione (simbolica) di ogni maestro, di Gesù come di Freud. In ciò sta l'integrazione dell'umano in una vita vera non scissa, non proiettata, non polarizzata e che si compie nel "lavoro che è dentro il nostro desiderio". È un lavoro iniziato da appena un secolo e che deve disorganizzare e riorganizzare discorsi che hanno millenni di storia e sono delle gabbie di titanio dentro ognuno di noi.
La psicoanalisi è un viaggio su sentieri marcati appena nel fitto bosco dell' inconscio, del corpo umano, nel rapporto con il mondo. Simile al viaggio distopico di un ipotetico quartetto Dante-Virgilio-Beatrice e il Lucifero di Milton.
Quella di cui tu stai parlando è cultura psicoanalitica più che psicoanalisi in senso proprio, e infatti citi Recalcati, i cui libri, certamente interessanti, non potrebbero mai essere utilizzati come strumenti tecnici nella clinica.
Poi va ricordato che l'Edipo di Freud è completamente diverso da quello greco. Nella tradizione antica non c'è alcuna ambiguità nei desideri di Edipo. La verità che verrà svelata non riguarda il suo desiderio, ma solo la sua provenienza biologica. Conoscere se stessi in questo caso significa conoscere il proprio vero nome. Non so quanto di filosofico ci sia in tutto questo. Senz'altro si tratta di una riflessione sul destino. Non sul proprio desiderio (sempre che poi abbia senso parlare del proprio desiderio, e non piuttosto di desideri che l'analisi spesso dimostra essere originati da eventi traumatici del tutto casuali), non sulla propria "natura" faticosamente rimossa.

green demetr

Citazione di: Koba II il 05 Novembre 2024, 18:08:37 PMGli autori suggeriscono insomma che quell'al di là del principio di piacere di cui parlava l'ultimo Freud trova un fondamento neurobiologico in questo circuito dell'anti-ricompensa.
Come direbbe Baldini e cosa attiva l'anti-ricompensa?
(se non la spiegazione di agitazione dello stesso paziente?).
Le spiegazioni biologistiche sono riduzioniste.
Inoltre il principio di morte non c'entra niente con l'anti-ricompensa.
Il disagio della civiltà si deve invece ricercare nei meccanismi di resistenza che si trovano all'interno del super-io. Ossia nel tiranno interiore, con tutto l'armamentario della sua sofistica.
Ossia nella volontà di non curarsi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Jacopus il 05 Novembre 2024, 23:31:45 PMLa psicoanalisi è un viaggio su sentieri marcati appena nel fitto bosco dell' inconscio, del corpo umano, nel rapporto con il mondo. Simile al viaggio distopico di un ipotetico quartetto Dante-Virgilio-Beatrice e il Lucifero di Milton.
Bravissimo Jacopus.
La filosofia prende il testimone dalla psicanalisi e lo porta dentro la propria pratica.
L'abbattimento del proprio non-io, il suo assoggettamento al tiranno interiore.
Sta in questo il messaggio gnostico per eccellenza.
La liberazione del sè, dal proprio io(soggetto), presunto io, come dovremmo infine aver capito.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Il_Dubbio il 06 Novembre 2024, 11:03:21 AMCioè non abbiamo un metodo di lavoro che sia come dovrebbe essere il medoto scientifico, cioè più vicino possibile all'oggettività delle affermazioni. 
Vedi questa è una affermazione senza senso, infatti ogni umano è caratterizzato dalla sua storia personale.
Perciò il metodo non può essere generabilizzabile se non dentro la metodologia intraclinica paziente-psicanalista, e un giorno chissà semplicemente tra amico ed amico.
E' una teoria funzionale, non una teoria dimostrativa.

Sentivo al festival mimesi una frase bellissima: la scienza inizia l'indagine dicendo: " a parità di condizione", e così facendo taglia fuori interi pezzi di Mondo.
Nessun essere umano è a parità di condizioni veramente, se non a prezzo, di grossolane e spesso mistificanti, generalizzazioni.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 06 Novembre 2024, 12:39:33 PMNon c'è un solo modo in cui la realtà possa oggettivamente manifestarsi, perchè essa non è fatta di oggetti a cui è data una natura propria-
Perfetto, ecco correggerei dicendo che la realtà non è fatta DI SOLI oggetti etc...altrimenti cadiamo di nuovo nelle formulazioni decostruttiviste dei francesi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Koba II il 06 Novembre 2024, 13:14:28 PMNon sul proprio desiderio (sempre che poi abbia senso parlare del proprio desiderio, e non piuttosto di desideri che l'analisi spesso dimostra essere originati da eventi traumatici del tutto casuali), non sulla propria "natura" faticosamente rimossa.
Il problema non è il desiderio ma vedere ciò che non si vuole vedere, ossia l'incesto in sè.
Il problema filosofico è dunque nel vedere, nel prendere coscienza.
Nell'Edipo a Tebe (l'edipo re), Edipo NON VUOLE prendere coscienza veramente, e infatti si cava gli occhi.
Sembra voler prendere coscienza, anche se tutti gli dicono che è meglio che non lo faccia.
Ma lui insiste.

Nella visione di Baldini vi è però anche l'Edipo a Colono.
I due dialoghi vanno letti insieme.
Infatti Edipo ritrova se stesso, proprio quando non vede, ma sente.
(non ho idea a cosa alluda, anche se mi pare di capirne i caratteri generali).
Il lavoro sulle tragedie greche deve ancora iniziare in questo senso.
Vai avanti tu che mi vien da ridere