Progresso scientifico e progresso politico

Aperto da Jacopus, 04 Ottobre 2018, 10:43:34 AM

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Jacopus

Il peccato originale della scienza e della scienza applicata (tecnologia) è stato quello di realizzare dei miglioramenti straordinari della condizione umana attraverso il trasferimento dell'uso di energia/conoscenza dai sistemi biologici a quelli meccanico/informatici.
Alla luce di questo passaggio epocale, anche le dottrine politiche si sono adeguate. Da Hobbes in poi si è assistito a un florilegio di teorie e dottrine, alcune delle quali si dichiaravano strettamente connesse proprio alla scienza (positivismo, marxismo Ma anche il nazionalsocialismo e il fascismo).
Ma mentre il percorso scientifico ha mantenuto il suo sviluppo, in politica si registra una serie infinita di resistenze, repressioni, usi demagogici e protervi del binomio scienza-politica.
Le giustificazioni di questo scollamento sono molteplici. Voi cosa ne pensate?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

ciao Jacopus,
1) la tecnica si è sganciata  originariamente dalla morale, perchè dava potere "fisico"sulla natura e sugli umani
2) si è arrivati al punto che il fare è più importante del pensare,si fa senza pensare
3) la natura umana non è mai mutata negli ultimi millenni, ma è mutata la gerarchia dei valori

la filosofia politica muta già ne l passaggio dai greci alle prime codificazioni del diritto romano,fino alla glossa bolognese che pone l'interpretazione giuridica altrettanto importante quanto la legislazione.
la filosofia politica moderna si apre con il giusnaturalismo nella rivoluzione umanistica.
Ma il diritto di natura è concettualmente già diverso, come sopra scritto, rispetto al mondo "antico", perchè pone comunque l'uomo al centro del proprio destino, ma mantenendo dei concetti astratti.Quindi si anticamente il rapporto uomo-natura era alla pari, nella modernità sopravanza l'uomo che con la tecnica diventa consapevole del suo potere sulla natura.

Le regole sociali sono "sperimentazioni" se l'uomo non ha ma mutato la sua natura.
Così come l'uomo perde la morale ,perchè perde il "sacro", ritiene di vincere la natura con la tecnica e la scienza sperimentale, aquel punto rimane di vincere solo il proprio simile: la guerra delle differenze delle condizioni umane.
Le ideologie sono conseguenza di una cultura accettata, nascono tutte dalla medesima contraddizione, il potere di determinare i destini.Quindi la pace è solo un punto di equilibrio temporale, in quanto il conflitto, come contraddizione intrinseca del sistema e della cultura che lo regge, è sempre o in atto o latente.

Lo scollamento è solo perchè la scienza acquisisce conoscenza quantitativa, mentre l'uomo non matura un altra natura e rimane quello  di sempre con i problemi di sempre.

anthonyi

Ciao Jacopus, la tua domanda può essere generalizzata a tutto l'ambito delle scienze sociali, nelle quali, si sa, non è possibile sperimentare. Le scienze sociali, poi, sono scienze riflessive, nelle quali cioè, l'uomo studia se stesso, per cui ha più difficoltà a fare valutazioni razionali se queste contrastano con l'idea emotiva che ha di se.

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 04 Ottobre 2018, 10:43:34 AM
Il peccato originale della scienza e della scienza applicata (tecnologia) è stato quello di realizzare dei miglioramenti straordinari della condizione umana attraverso il trasferimento dell'uso di energia/conoscenza dai sistemi biologici a quelli meccanico/informatici.
Alla luce di questo passaggio epocale, anche le dottrine politiche si sono adeguate. Da Hobbes in poi si è assistito a un florilegio di teorie e dottrine, alcune delle quali si dichiaravano strettamente connesse proprio alla scienza (positivismo, marxismo Ma anche il nazionalsocialismo e il fascismo).
Ma mentre il percorso scientifico ha mantenuto il suo sviluppo, in politica si registra una serie infinita di resistenze, repressioni, usi demagogici e protervi del binomio scienza-politica.
Le giustificazioni di questo scollamento sono molteplici. Voi cosa ne pensate?

Che non c'è scollamento. Semmai è la religione istituzionalizzata, e la politica ad essa legata, ad essere sempre più scollegata e responsabile di resistenze e repressioni. Che ci sia una diacronia tra scoperte scientifiche e dottrina/prassi politica è nella logica delle cose, perché la scienza, contrariamente alla buona politica, ignora l'etica. Ma alla fine la politica continua ad aver bisogno degli ingegneri per costruire i ponti. E gli ingegneri di una buona politica per non essere uccisi, derubati o ridotti in schiavitù.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

Citazione di: Jacopus il 04 Ottobre 2018, 10:43:34 AM
Il peccato originale della scienza e della scienza applicata (tecnologia) è stato quello di realizzare dei miglioramenti straordinari della condizione umana attraverso il trasferimento dell'uso di energia/conoscenza dai sistemi biologici a quelli meccanico/informatici.
Alla luce di questo passaggio epocale, anche le dottrine politiche si sono adeguate. Da Hobbes in poi si è assistito a un florilegio di teorie e dottrine, alcune delle quali si dichiaravano strettamente connesse proprio alla scienza (positivismo, marxismo Ma anche il nazionalsocialismo e il fascismo).
Ma mentre il percorso scientifico ha mantenuto il suo sviluppo, in politica si registra una serie infinita di resistenze, repressioni, usi demagogici e protervi del binomio scienza-politica.
Le giustificazioni di questo scollamento sono molteplici. Voi cosa ne pensate?
Penso che è una questioni che merita il suo giusto grado di complessità: il progresso scientifico non risulta indipendente dai mutamenti politici, così come i mutamenti politici non sono esenti da un confronto con il progresso scientifico. Non riesco, limite mio, a pensarle due realtà indipendenti e autonome e non interagenti, interrelate e compenetrate l'una con l'altra.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

0xdeadbeef

Francamente non vedo come possano esservi attinenze fra la scienza e la politica (tant'è che personalmente
reputo sommamente stolto definire "politologia", o "scienze politiche", lo studio della politica).
Se con "scienza" intendiamo: "una conoscenza che include, in modo o misura qualsiasi, una garanzia della
propria validità" (definizione del Dizionario filosofico N.Abbagnano, che a me pare corretta), allora non
si capisce che relazione essa possa avere con la politica (la cui conoscenza è al più "sofia", mai "logia").
Il tentativo che a me pare più serio di coniugare scienza e politica è stato compiuto da Hans Kelsen, il quale ha
cercato di costruire una teoria del diritto su di una base logica, ma ha dovuto pur sempre ammettere una "grundnorm",
cioè una norma-base (nel concreto essa è rappresentata dalla "costituzione") non spiegabile con i medesimi criteri
logici di quel che ne segue.
Ed è inutile dire che la "grundnorm" così intesa, "costituendosi" come l'insieme normativo più importante, invalida
inevitabilmente la logica di quel che ne segue.
Da questo punto di vista, sarei molto cauto nel considerare il nazismo ed il fascismo come dottrine politiche, diciamo,
alla scienza apparentate. Perchè in esse è anzi molto forte quel senso di "potenza" come ordine fondante che è
piuttosto contrapposto al "logos" kelseniano (basti solo considerare quello chè un pò il padre della teoria del diritto
nazista, cioè Carl Schmitt, che fu acerrimo avversario di Kelsen).
Direi quindi che, al contrario, proprio la liberaldemocrazia ha fatto sua questa supposta connessione di scienza e di
politica (e oggi ne vediamo addirittura l'esaltazione nello stato "mercatista", cioè fondato sulle "esattezze" di una
ancor supposta "scienza" economica).
saluti

Lou

"Francamente non vedo come possano esservi attinenze fra la scienza e la politica"
Non ritieni che la rivoluzione scientifica abbia influenzato e sia stata inpulso per le rivoluzioni democratiche? E per teorizzazioni poliche, tipo Montesquieu, per citarne uno?
Non sto dicendo che siano la stessa cosa, ma non sono compartimenti stagni incapaci di influenzarsi vincendevolmente, tant'è che condividono alcuni alcuni valori la cui attinenza ad essi rende possibile valutarne l'operato.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

0xdeadbeef

Citazione di: Lou il 04 Ottobre 2018, 15:14:47 PM
"Francamente non vedo come possano esservi attinenze fra la scienza e la politica"
Non ritieni che la rivoluzione scientifica abbia influenzato e sia stata inpulso per le rivoluzioni democratiche? E per teorizzazioni poliche, tipo Montesquieu, per citarne uno?
Non sto dicendo che siano la stessa cosa, ma non sono compartimenti stagni incapaci di influenzarsi vincendevolmente, tant'è che condividono alcuni alcuni valori la cui attinenza ad essi rende possibile valutarne l'operato.



Beh no, "compartimenti stagni" no. Chiaramente la, diciamo, "forma mentis" di un periodo o di una civiltà
influenza e permea di sé ogni aspetto del "vivere" (quindi anche la politica e la scienza, che sotto certi
aspetti sono dunque "figlie" del medesimo padre).
Però, dicevo, da qui a riferirsi alla politica come ad una "scienza" ne passa. E trovo importante dirlo
chiaramente; perchè sennò, come oggi succede, si finisce col pensare che la politica possa essere condotta
con i medesimi criteri e principi della scienza.
Per fare un esempio di quel che intendo, prendiamo ciò che afferma un eminente epistemologo come Karl Popper.
Una proposizione è scientifica, dice Popper, quando è falsificabile.  Questo enunciato è stato ripreso da
vari teorici della democrazia (ad es. M. Walzer), i quali hanno detto, in sintesi, che la democrazia permette
di sostituire i governanti senza spargimento di sangue.
Mi sembra vi sia un notevole nesso con l'enunciato di Popper, eppure di fatto si presenta una grande
problematicità. Perchè se da un lato è vero che si possono sostituire i governanti con relativa facilità,
dall'altro è però altrettanto vero che i programmi di governo non si possono sostituire con la medesima
facilità...
Il discorso è chiaramente lungo e discretamente complesso...
saluti

Lou

(Nota tecnica, mi scuso x l'errore di battitura: impulso, non inpulso.)
Entrando nel merito, d'altro canto, per quanto riguarda l'ideale di una scienza pura, neutrale e imparziale senza tracce di politicità (non partitismo, intendiamoci) che la caratterizzano, non mi pare essere (più?) proponibile.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

Citazione di: Lou il 04 Ottobre 2018, 18:10:51 PM
(Nota tecnica, mi scuso x l'errore di battitura: impulso, non inpulso.)
Entrando nel merito, d'altro canto, per quanto riguarda l'ideale di una scienza pura, neutrale e imparziale senza tracce di politicità (non partitismo, intendiamoci) che la caratterizzano, non mi pare essere (più?) proponibile.
Non lo è mai stata. Siamo passati dall'Inquisizione al Mercato, che non è meno totalitario nei confronti della politica e della ricerca scientifica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#10
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Ottobre 2018, 15:02:18 PM
Francamente non vedo come possano esservi attinenze fra la scienza e la politica (tant'è che personalmente
reputo sommamente stolto definire "politologia", o "scienze politiche", lo studio della politica).
Se con "scienza" intendiamo: "una conoscenza che include, in modo o misura qualsiasi, una garanzia della
propria validità" (definizione del Dizionario filosofico N.Abbagnano, che a me pare corretta), allora non
si capisce che relazione essa possa avere con la politica (la cui conoscenza è al più "sofia", mai "logia").
...............
ciao Mauro(OX.)
Anticamente c'erano oracoli e profeti, poi la scienza.
L'uomo ha sempre cercato di anticipare i tempi, di predire i fenomeni per avere il controllo .
Guarda Marx ed Engels, o la chiave di lettura di una narrazione,
Capire come si muove la storia è il tentativo di averne la chiave per predirla, controllarla per mutarla.
La scienza naturale applicata metodicamente, per quanto possa essere possible è predire,così come per controllare i contratti dei future sui prezzi di mercato, per controllare i gusti del popolo e vincere le elezioni, per controllare e veicolare i loro istinti e vendere prodotti di consumo.Molte teorie del marketing, sociologiche, nascono da test psicologici

Carlo Pierini

Solo se esistesse un Principio universale di armonia tra tutte le cose, un principio riconoscibile, cioè, dotato di un suo statuto di regole e di validità dimostrabile, ...solo allora la politica (ma anche l'etica) diventerebbe scienza. In tal caso, definiremmo "politicamente corretto" (o "etico") tutto ciò che fosse chiaramente conforme al Principio..
Fin qui non lo abbiamo ancora scoperto, ma io non dispererei. Un candidato? ...Il Principio di complementarità degli opposti, che in campo filosofico è stato chiamato anche "Dialettica".

"La parte formale della Dialettica di Schleiermacher considera il pensiero del suo divenire, il pensiero in movimento, cioè in quanto si avvale dell'idea del mondo e di Dio come di un principio costruttivo del sapere. (...) L'attivítà etica è quella che tende a superare l'opposizione e a realizzare l'unità. Essa è l'azione della ragione, diretta a produrre l'unità di natura e spirito che senza questa azione non ci sarebbe ".  [N. ABBAGNANO - Storia della filosfia , vol. V - pp 38-40]

"È necessaria l'esistenza e l'ammissione d'un principio nella cui fede gli uomini possano riconoscersi, affratellarsi, associarsi; - che questo principio dovendo porsi a base della riforma sociale, dev'essere necessariamente ridotto ad assioma e, una volta dimostrato, sottrarsi all'incertezza e all'esame individuale che potrebbe, revocandolo in dubbio ad ogni ora, distruggere ogni stabilità di riforma: - che a rimanere inconcusso, è d'uopo rivesta aspetto di verità d'un ordine superiore, indistruttibile, indipendente da' fatti, e immedesimato col sistema morale dell'universo: - che, fuori da esso, tutto è mutabile e progressivo, perché tutto è applicazione di questo principio; e il tempo svolgendo via via nuove relazioni tra gli esseri, amplia la sfera delle applicazioni: e finalmente che questo principio, avendo a stabilire un vincolo d'associazione tra gli uomini, deve costituire per tutti un'eguaglianza di natura, di missione, d'intento. Altri vedrà qual sia questo principio, ridotto ad espressione astratta nelle regioni filosofiche. Noi per ora, rintracciamone l'applicazione politica".   [G. MAZZINI: Del mancato sviluppo della libertà in Italia (1832), da Scritti politici – pg. 264-265]


"L'essere in universale deve essere sicuramente quella nozione della quale ci serviamo per produrre tutti i giudizi morali, e quindi deve essere la prima legge morale. (...) L'idea dell'ente in universale costituisce il lume della ragione. (...) Questo lume che illumina lo spirito (...) è di una assoluta immobilità, è eterno, necessario, è la verità stessa in una parola".[A. ROSMINI: Principi della scienza morale – pp. 7/10]


"Putnam individua una sorta di radice comune di etica e conoscenza, con la precisazione del carattere in qualche modo «fondativo» dell'etica rispetto alla conoscenza, del bene rispetto al vero". [N. ABBAGNANO: Storia della filosofia, vol. IX - pg. 330]

"Il grado più alto di evoluzione dell'etica comincia quando il pensiero si preoccupa della morale  e cerca il principio fondamentale che comprende tutte le virtù e tutti i doveri".  [A. SCHWEITZER: Il pensiero dell'India – pg. 109]

"È colpa di una concezione troppo stretta dell'etica il fatto che il pensiero non abbia potuto fin qui presentare una visione etica del mondo convincente. Questa è possibile solo quando l'etica comprende tutto l'Universo. La vera etica è universale". [A. SCHWEITZER: Il pensiero dell'India – pg. 227]

"Siamo convinti ch'esse sole [la scienza e la dialettica] saranno quelle che stabiliranno saldamente e porteranno a eterna conoscenza quel sistema, ch'è stato presente più spesso di quanto non pensiamo, ma è sempre di nuovo scomparso, e che pure è presente a noi tutti, ma da nessuno ancora colto completamente".    [PAREYSON: Schelling, presentazione e antologia - pg.331]

"La dialettica non è stata creata da accorgimenti umani, ma è fondata dalla natura stessa, è stata creata dall'Autore di tutte le arti che sono veramente arti, scoperta dai sapienti ed usata per il vantaggio di ogni solerte indagine sulle cose".  [G. SCOTO ERIUGENA: De divisione Naturae, IV, 4]

"Una teoria psicologica che voglia essere più di un semplice sussidio tecnico deve fondarsi sul principio dei contrari; senza tale principio potrebbe ricostruire soltanto una psiche nevroticamente squilibrata. Non esiste equilibrio e non esiste sistema autoregolantesi senza un termine di opposizione". [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.110]

"Matte Blanco insiste sull'antinomicità costitutiva dell'essere e, contemporaneamente, sulla sua profonda unità".  (...) L'antinomia costitutiva può essere risolta in una Super-logica, in cui entrambi i modi di essere siano presenti come aspetti parziali, non più incompatibili, al livello di una superiore unità".  [M. DURST: Dialettica e bilogica - pg. 68]

"Il principio di complementarietà di Nils Bohr era niente meno che un tentativo per costruire la pietra angolare di una nuova epistemologia. Quando «nella prospettiva filosofica generale... ci si presentano situazioni che richiamano quella della fisica quantistica», non significa che queste situazioni siano in qualche modo un pallido riflesso, o «vaghe analogie», di un principio che risulta fondamentale soltanto nella fisica quantistica; piuttosto è la situazione della fisica quantistica che rappresenta soltanto un riflesso di un principio onnipervadente. (...)  Bohr dedicò una notevole quantità di duro lavoro ad esplorare le possibilità di applicazione della complementarietà ad altri campi del sapere; egli attribuiva a questo compito un'importanza non minore delle sue ricerche puramente fisiche".  [G. HOLTON: L'immaginazione scientifica - pg.132]

"La dialettica è per Hegel la legge del mondo e della ragione che lo domina. Essa è la trascrizione filosofica del concetto religioso di provvidenza. Ha infatti il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare i conflitti, ridurre ogni cosa all'ordine e alla perfezione del tutto".   [N. ABBAGNANO: Storia della filosofia, vol.V - pg.108]

"O le leggi della dialettica sono universali e ineluttabili, e quindi dovrebbero trovare la loro reale manifestazione nella storia, oppure sono deboli, parziali e insufficienti, e quindi non possono manifestarsi neanche in altre sfere del sapere, e ovunque la loro deduzione dovrebbe esser priva di ogni necessità. Queste leggi portano però in se stesse il criterio della loro necessità; perciò la storia, questa pietra di paragone di ogni speculazione, ce le dovrà manifestare sub specie aeternitatis nella sfera degli atti. Ma se queste leggi non trovano nella storia la loro esatta realizzazione, vengono private del loro più sicuro appoggio. Se quindi non le accerta nella storia, la filosofia commette o un suicidio o un infanticidio, poiché o distrugge se stessa o annulla i propri corollari".    [AUGUST von CIESZKOWSKI: Prolegomeni alla storiosofia - pg.68]

"Per Gérard Pislor si tratta di fondare l'universalità della dialettica, cioè di dimostrare che essa costituisce la logica generale di ogni settore della realtà. Tale fondazione avviene attraverso la dimostrazione di due teoremi:
1 – Ogni insieme complesso e strutturato comporta inevitabilmente una opposizione dialettica.
2 – Un insieme complesso in divenire obbedisce a una struttura di sviluppo (...) che possiamo chiamare «struttura dialettica di base»".  [MASSIMO BARALE: Presentazione di G. Pislor, in: Dialogica e dialettica, di AA. VV. – pg. 129]

"La polarità, è definita da Schelling come «l'identità nella duplicità e la duplicità nell'identità». Come tale è la sorgente universale e dinamica dell'attività".  [N. ABBAGNANO - Storia della filosfia , vol. V - pg. 85]

"Secondo Cohen, «...opposti come l'immediatezza e la mediazione, l'unità e la pluralità, la permanenza e il divenire, l'ideale e il reale (...), si implicano l'un l'altro come i poli di un magnete quando sono applicati a una entità significante...». Ma essi sarebbero anche casi particolari di un principio più vasto che egli chiama principio di polarita' ".  [N. ABBAGNANO - Storia della Filosofia, vol. VI - pg. 291]


"Secondo Aristotele, la Metafisica procede al di lá della fisica, che è la prima delle scienze particolari, per raggiungere il fondamento comune su cui tutte si fondano e determinare il posto che a ciascuna compete nella gerarchia del sapere. (...) In questa scienza delle scienze Platone riconosceva la Dialettica".   [N. ABBAGNANO: Dizionario di Filosofia - pg. 574]


"Melantone, negli Erotemata dialecticae, vede nella Dialettica uno strumento atto ad apprendere e a insegnare tutte le discipline in quanto struttura logica di ogni argomentazione. (...)
Secondo Luis Vives, alla dialettica, emendata dalle degenerazioni medioevali (stigmatizzate nel terzo libro del "De tradendis disciplinis"), spetta addirittura l'indagine sui fondamenti di ogni disciplina, facendone una sorta di sinonimo della filosofia vista come ricerca del fondamento del sapere". [M. SACCHETTO: Dialettica, pp. 37/39].


"Dev'esserci nel nostro sapere un principio generale di mediazione, ch'è l'unico fondamento del sapere. [...] Poiché ogni vero sistema (come ad esempio quello dell'universo) deve avere in se stesso il fondamento del proprio sussistere, occorre dunque, se c'è un sistema del sapere, che il suo principio si trovi all'interno del sapere stesso.
Questo principio non può essere che uno. [...] È impossibile che la verità di tutte le proposizioni del sapere sia assolutamente uguale, se esse traggono la loro verità da principi diversi; in tutto il sapere deve perciò esservi un unico principio (mediatore).
Questo principio è mediatamente o indirettamente principio di ogni scienza, ma immediatamente e direttamente soltanto principio della scienza di tutto il sapere, o della filosofia trascendentale". [L. PAREYSON: Schelling: presentazione e antologia - pp.203-4]  



HÄNDEL: Haste thee nymph, op. L'Allegro, il Penseroso HWV 55
https://youtu.be/vo0Do469quo?t=5

Ipazia

Citazione di: Carlo Pierini il 05 Ottobre 2018, 19:43:38 PM
Solo se esistesse un Principio universale di armonia tra tutte le cose, un principio riconoscibile, cioè, dotato di un suo statuto di regole e di validità dimostrabile, ...solo allora la politica (ma anche l'etica) diventerebbe scienza. In tal caso, definiremmo "politicamente corretto" (o "etico") tutto ciò che fosse chiaramente conforme al Principio..
Fin qui non lo abbiamo ancora scoperto, ma io non dispererei. Un candidato? ...Il Principio di complementarità degli opposti, che in campo filosofico è stato chiamato anche "Dialettica".
Sai qual'è il problema ? Che la dialettica è tutto fuorchè "Principio universale di armonia tra tutte le cose". Uno dei suoi padri fondatori contrappose Eros e Polemos, propendendo per il secondo come principio universale. Più recentemente Eros e Thanatos. Insomma, più conflitto che armonia che, finchè si resta nel cielo della disputa filosofica, può anche essere stimolante (le metamorfosi dell'idea hegeliana sono l'archetipo sommo di tale filosofare), ma appena si scende nella vita concreta tra tesi e antitesi le legnate sono reali. Così la intendeva Eraclito e così funziona anche oggi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

#13
Citazione di: Ipazia il 07 Ottobre 2018, 21:01:33 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 05 Ottobre 2018, 19:43:38 PM
Solo se esistesse un Principio universale di armonia tra tutte le cose, un principio riconoscibile, cioè, dotato di un suo statuto di regole e di validità dimostrabile, ...solo allora la politica (ma anche l'etica) diventerebbe scienza. In tal caso, definiremmo "politicamente corretto" (o "etico") tutto ciò che fosse chiaramente conforme al Principio..
Fin qui non lo abbiamo ancora scoperto, ma io non dispererei. Un candidato? ...Il Principio di complementarità degli opposti, che in campo filosofico è stato chiamato anche "Dialettica".


IPAZIA
Sai qual'è il problema ? Che la dialettica è tutto fuorchè "Principio universale di armonia tra tutte le cose". Uno dei suoi padri fondatori contrappose Eros e Polemos, propendendo per il secondo come principio universale. Più recentemente Eros e Thanatos. Insomma, più conflitto che armonia che, finchè si resta nel cielo della disputa filosofica, può anche essere stimolante (le metamorfosi dell'idea hegeliana sono l'archetipo sommo di tale filosofare), ma appena si scende nella vita concreta tra tesi e antitesi le legnate sono reali. Così la intendeva Eraclito e così funziona anche oggi.


CARLO
Eraclito ha scritto di peggio: che il conflitto degli opposti, quindi la guerra, è il motore della civiltà!
Come già dicevo a Phil, il problema è che nessuno dei dialettici del passato si è mai preso la briga, come ho fatto io, di sintetizzare le regole che la costituiscono e di darle così uno statuto ben riconoscibile e sempre uguale a se stesso. E, soprattutto, che nessuno di loro (dai taoisti a Hegel) ha mai sottolineato la necessità - assolutamente irrinunciabile - di distinguere le opposizioni dialettiche dalle comuni contraddizioni.
Senza una tale distinzione le coppie di opposti sono stati trattati (e lo sono tutt'ora) alla stregua di contraddizioni e, come tali, l'uno viene sacrificato (privato di dignità ontologica) e l'altro assolutizzato. Nella storia della nostra cultura, per esempio, sono stati alternativamente dichiarati apparenti (o non fondamentali) la Materia in nome dello Spirito (manicheismo) o lo Spirito in nome della Materia (materialismo); la Ragione in nome della Fede (misticismo) e la Fede in nome della Ragione (ateismo); l'Essere in nome del Divenire (Eraclito) e il Divenire in nome dell'Essere (Parmenide); la Legge in nome della Libertà (anarchia) la Libertà in nome della Legge (dittatura); la fedeltà in amore in nome dell'emancipazione (libertinismo) e l'emancipazione in nome della fedeltà (moralismo religioso); l'Etica in nome della Natura (Nietzsche) e la Natura in nome dell'Etica (spiritualismo); l'Oggetto in nome del Soggetto (soggettivismo), il Soggetto in nome dell'Oggetto (oggettivismo scientista); il Femminile in nome del Maschile (maschilismo-patriarcato), il Maschile in nome del Femminile (femminismo-matriarcato), ecc..
In altre parole, da questa mancata distinzione sono proliferate decine e decine di filosofie-ideologie estremiste, assolutiste, squilibrate.



SIA: Cheap Thrills
https://youtu.be/iujQgWDFZc4

Ipazia

#14
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Ottobre 2018, 22:28:09 PM
CARLO
Eraclito ha scritto di peggio: che il conflitto degli opposti, quindi la guerra, è il motore della civiltà!
Come già dicevo a Phil, il problema è che nessuno dei dialettici del passato si è mai preso la briga, come ho fatto io, di sintetizzare le regole che la costituiscono e di darle così uno statuto ben riconoscibile e sempre uguale a se stesso. E, soprattutto, che nessuno di loro (dai taoisti a Hegel) ha mai sottolineato la necessità - assolutamente irrinunciabile - di distinguere le opposizioni dialettiche dalle comuni contraddizioni.
Senza una tale distinzione le coppie di opposti sono stati trattati (e lo sono tutt'ora) alla stregua di contraddizioni e, come tali, l'uno viene sacrificato (privato di dignità ontologica) e l'altro assolutizzato. Nella storia della nostra cultura, per esempio, sono stati alternativamente dichiarati apparenti (o non fondamentali) la Materia in nome dello Spirito (manicheismo) o lo Spirito in nome della Materia (materialismo); la Ragione in nome della Fede (misticismo) e la Fede in nome della Ragione (ateismo); l'Essere in nome del Divenire (Eraclito) e il Divenire in nome dell'Essere (Parmenide); la Legge in nome della Libertà (anarchia) la Libertà in nome della Legge (dittatura); la fedeltà in amore in nome dell'emancipazione (libertinismo) e l'emancipazione in nome della fedeltà (moralismo religioso); l'Etica in nome della Natura (Nietzsche) e la Natura in nome dell'Etica (spiritualismo); l'Oggetto in nome del Soggetto (soggettivismo), il Soggetto in nome dell'Oggetto (oggettivismo scientista); il Femminile in nome del Maschile (maschilismo-patriarcato), il Maschile in nome del Femminile (femminismo-matriarcato), ecc..
In altre parole, da questa mancata distinzione sono proliferate decine e decine di filosofie-ideologie estremiste, assolutiste, squilibrate.
SIA: Cheap Thrills
https://youtu.be/iujQgWDFZc4
Infatti Eraclito riteneva Polemos (tra cui la guerra) il principio fondamentale. Ma da allora il concetto dialettica si è trasformato. Comunque anche l'etimologia aiuta: tecnica del dialogo tra posizioni contrapposte. Siamo molto lontani dal concetto di armonia che implica ab origine l'accordo tra note diverse. Inoltre mi pare ti soffermi troppo sulla contrapposizione dualistica tesi-antitesi interpretandola in senso antico come banale soppressione del perdente. La dialettica moderna invece è sintetica, non elisiva. E' sintesi vera tra elementi contrapposti che produce un nuovo ente antropologico diverso da entrambi i contendenti. L'unica armonia possibile nella dialettica reale è che la sintesi sia migliore del conflitto che l'ha prodotta. Ovvero che la sintesi permetta un andamento armonico in ciò che si è realizzato. Quindi la dialettica triadica moderna è più ottimista di quella antica dualistica contro cui, un po' donchisciottamente ti scagli. In ogni caso, poichè nessuna sintesi ha mai raggiunto l'armonia prestabilita, il passaggio dall'utopia alla scienza è ancora del tutto incerto. E temo non lo sia solo per questioni teoriche. (forse solo le piante, che si nutrono di acqua, aria e sali minerali, hanno raggiunto un'armonia universale, per quanto qualche dispetto tra loro continuino a farselo)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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