Menu principale

Problema Irrazionalità

Aperto da Giorgio32, 29 Aprile 2016, 01:33:40 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

davintro

#15
L'ingiustificabilità degli assiomi, dei principi della logica non determina l'arbitrarietà e la contingenza delle operazioni della logica, ma stabilisce un ultimità oltre il quale non è possibile procedere. La razionalità la intendo come un processo mentale attraverso cui, operando appunto relazioni tra ente ed ente, si ricercano degli argomenti che corroborino e supportino la pretesa di verità dei nostri giudizi sulla realtà. Un'opinione è razionale nella misura in cui si accompagna a motivazioni che mostrino la corrispondenza tra lo stato di cose che l'opinione indica e quelle effettivo. Questo accompagnarsi è sicuramente una relazione.  Quindi si può dire che la razionalità presuppone sempre una molteplicità che è il carattere fondamentale del mondo di cui abbiamo esperienza. Per ragionare dobbiamo avere sempre di fronte qualcosa di differenziato a cui applicare il ragionamento, altrimenti la relazione motivazionale sarebbe impossibile, la relazione presuppone come minimo una dualità. La logica è razionale in quanto opera delle inferenze tra premesse e conseguenze, secondo il modello del sillogismo. Tuttavia questo sistema di inferenze presuppone la validità di alcuni assiomi, il principio di identità, terzo escluso... validità che non può però essere giustificata da altro, proprio perchè in quanto "principi" non hanno nulla prima di loro. Ma tale ingiustificabilità non conduce a pensare che la logica sia una convenzione arbitraria fondata su basi dogmatiche. In realtà queste basi sono intuitive. L'assurdità delle conseguenze a cui condurrebbe il rifiuto di pensare che A= A o di pensare che se A=B e B=C allora necessariamente A=C è un'assurdità che non può essere argomentata ma non ce n'è bisogno perchè è evidente. L'evidenza è il fondamento della razionalità e per questo è anche l'ideale regolativo a cui tende ogni razionalità: giungere a una condizione in cui la visione del reale è così evidente che non ha più bisogno di essere ulteriormente indagata (a prescindere che tale condizione sia effettivamente raggiungibile o meno nella storia). Si può dire la razionalità si fonda su principi non "irrazionali", (contrari alla razionalità) ma comunque "arazionali" (non un risultato della razionalità ma senza necessariamente contrapporsi ad essa), immediati intuitivi ma non per questo dogmatici: delle verità evidenti sui cui si regge ogni possibile catena di razionalizzazioni ma che non possono essere a loro volta razionalizzate. Altrimenti la razionalità resterebbe il gioco infantilistico ed ottuso che si traduce in un regresso all'infinito in cui non si riconoscono i principi primi che fondano la logica e si continua a reitereare inutilmente la domanda "perchè?, perchè? perchè? perchè..." quando ormai le cose sono di per sè evidenti.

Per tutto ciò ritengo che andrebbe recuperata la distinzione classica intelletto-ragione: l'intelletto coglie immediatamente e intuitivamente i principi di verità  evidenti, la ragione opera discorsivamente (avendo di fronte la molteplicità degli oggetti empirici) ma tenendo costantemente conto di tali principi. Quando se ne discosta diviene irrazionale e contraddittoria, di fatto smette di essere se stessa

Mario Barbella

Citazione di: davintro il 30 Luglio 2016, 15:06:30 PM
L'ingiustificabilità degli assiomi, dei principi della logica non determina l'arbitrarietà e la contingenza delle operazioni della logica, ma stabilisce un ultimità oltre il quale non è possibile procedere. La razionalità la intendo come un processo mentale attraverso cui, operando appunto relazioni tra ente ed ente, si ricercano degli argomenti che corroborino e supportino la pretesa di verità dei nostri giudizi sulla realtà. Un'opinione è razionale nella misura in cui si accompagna a motivazioni che mostrino la corrispondenza tra lo stato di cose che l'opinione indica e quelle effettivo. Questo accompagnarsi è sicuramente una relazione.  Quindi si può dire che la razionalità presuppone sempre una molteplicità che è il carattere fondamentale del mondo di cui abbiamo esperienza. Per ragionare dobbiamo avere sempre di fronte qualcosa di differenziato a cui applicare il ragionamento, altrimenti la relazione motivazionale sarebbe impossibile, la relazione presuppone come minimo una dualità. La logica è razionale in quanto opera delle inferenze tra premesse e conseguenze, secondo il modello del sillogismo. Tuttavia questo sistema di inferenze presuppone la validità di alcuni assiomi, il principio di identità, terzo escluso... validità che non può però essere giustificata da altro, proprio perchè in quanto "principi" non hanno nulla prima di loro. Ma tale ingiustificabilità non conduce a pensare che la logica sia una convenzione arbitraria fondata su basi dogmatiche. In realtà queste basi sono intuitive. L'assurdità delle conseguenze a cui condurrebbe il rifiuto di pensare che A= A o di pensare che se A=B e B=C allora necessariamente A=C è un'assurdità che non può essere argomentata ma non ce n'è bisogno perchè è evidente. L'evidenza è il fondamento della razionalità e per questo è anche l'ideale regolativo a cui tende ogni razionalità: giungere a una condizione in cui la visione del reale è così evidente che non ha più bisogno di essere ulteriormente indagata (a prescindere che tale condizione sia effettivamente raggiungibile o meno nella storia). Si può dire la razionalità si fonda su principi non "irrazionali", (contrari alla razionalità) ma comunque "arazionali" (non un risultato della razionalità ma senza necessariamente contrapporsi ad essa), immediati intuitivi ma non per questo dogmatici: delle verità evidenti sui cui si regge ogni possibile catena di razionalizzazioni ma che non possono essere a loro volta razionalizzate. Altrimenti la razionalità resterebbe il gioco infantilistico ed ottuso che si traduce in un regresso all'infinito in cui non si riconoscono i principi primi che fondano la logica e si continua a reitereare inutilmente la domanda "perchè?, perchè? perchè? perchè..." quando ormai le cose sono di per sè evidenti.

Per tutto ciò ritengo che andrebbe recuperata la distinzione classica intelletto-ragione: l'intelletto coglie immediatamente e intuitivamente i principi di verità  evidenti, la ragione opera discorsivamente (avendo di fronte la molteplicità degli oggetti empirici) ma tenendo costantemente conto di tali principi. Quando se ne discosta diviene irrazionale e contraddittoria, di fatto smette di essere se stessa
.
A parte dettagli, almeno per me meno importanti, quanto dici è fuori discussione, basta leggere "La grande domanda" di Alister McGrath ediz. Bollati Boringhieri 2016, libro che tratta magistralmente il problema dei creduti "falsi problemi" o false convinzioni
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

donquixote

Citazione di: davintro il 30 Luglio 2016, 15:06:30 PMPer tutto ciò ritengo che andrebbe recuperata la distinzione classica intelletto-ragione: l'intelletto coglie immediatamente e intuitivamente i principi di verità evidenti, la ragione opera discorsivamente (avendo di fronte la molteplicità degli oggetti empirici) ma tenendo costantemente conto di tali principi. Quando se ne discosta diviene irrazionale e contraddittoria, di fatto smette di essere se stessa

Sicuramente andrebbe recuperata la distinzione intelletto-ragione, a patto però che per "intuizioni intellettuali" e "principi di verità evidenti" non si intendano quelli citati sopra (il principio di identità, quello del terzo escluso, quello di causalità eccetera) perchè quelli non sono propriamente principi (nel senso di "origine prima") ma semplici regole di base necessarie per poter comunicare discorsivamente in modo da potersi intendere, come il 2+2=4 della matematica. I "principi" che l'intelletto coglie intuitivamente non hanno niente a che fare con la logica e nella realtà del mondo del divenire, ove tutto scorre, A non potrà mai essere, neppure per un attimo, uguale a se stesso. L'affermazione del principio di identità è quindi solo una convenzione necessaria, oltretutto esclusivamente umana, e potrà originare proposizioni solo "approssimativamente" vere, o "convenzionalmente" vere, e non un principio universale immutabile da cui dedurre proposizioni assolutamente vere.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

davintro

Citazione di: donquixote il 01 Agosto 2016, 23:16:12 PM
Citazione di: davintro il 30 Luglio 2016, 15:06:30 PMPer tutto ciò ritengo che andrebbe recuperata la distinzione classica intelletto-ragione: l'intelletto coglie immediatamente e intuitivamente i principi di verità evidenti, la ragione opera discorsivamente (avendo di fronte la molteplicità degli oggetti empirici) ma tenendo costantemente conto di tali principi. Quando se ne discosta diviene irrazionale e contraddittoria, di fatto smette di essere se stessa
Sicuramente andrebbe recuperata la distinzione intelletto-ragione, a patto però che per "intuizioni intellettuali" e "principi di verità evidenti" non si intendano quelli citati sopra (il principio di identità, quello del terzo escluso, quello di causalità eccetera) perchè quelli non sono propriamente principi (nel senso di "origine prima") ma semplici regole di base necessarie per poter comunicare discorsivamente in modo da potersi intendere, come il 2+2=4 della matematica. I "principi" che l'intelletto coglie intuitivamente non hanno niente a che fare con la logica e nella realtà del mondo del divenire, ove tutto scorre, A non potrà mai essere, neppure per un attimo, uguale a se stesso. L'affermazione del principio di identità è quindi solo una convenzione necessaria, oltretutto esclusivamente umana, e potrà originare proposizioni solo "approssimativamente" vere, o "convenzionalmente" vere, e non un principio universale immutabile da cui dedurre proposizioni assolutamente vere.

Parlavo di principi nel senso che le verità che gli assiomi della logica classica indicano sono verità che hanno in se stesse la loro giustificazione, nel coglimento intuitivo (per questo parlavo di intelletto, che appunto intuisce) dell'assurdità di qualunque tentativo di negarle. Sono principi nel senso che non vi è nulla prima di loro che li fondi e che non si può prescindere da essi in alcun atto di pensiero. Che A sia uguale ad A è una verità da cui non posso prescindere, ovviamente non c'è alcun bisogno quando si ragiona di orientare l'attenzione su di essa,  come non c'è bisogno di concentrare l'attenzione sul fatto di respirare per continuare a respirare, è un presupposto "silenzioso" che regge qualunque processo mentale, senza il principio di non contraddizione nessuna scienza, nessun discorso sarebbe possibile in quanto si potrebbe dire tutto e il contrario di tutto e ogni giudizio cadrebbe nell'arbitrio e nell'insensatezza. Parlare di principi non implica che siano ragioni autosufficienti per la conoscenza del reale, dato che la logica formale necessita dell'apprensione di un materiale dall'esperienza ricavato sinteticamente e non analiticamente. Non basta la logica a comprendere il reale ma senza essa non vi è pensiero, quindi nessuna possibilità di comprensione.

Tra l'altro A=A non è toccato dal divenire del reale perchè questo è sempre un processo diacronico, temporale, nel tempo le cose cambiano. A=A non mi dice che le cose NEL TEMPO restano statiche, ma si riferisce a un piano sovratemporale, sincronico, mi dice che ogni cosa è uguale a se stessa e dunque non potrebbe divenire altra da sè nello stesso momento in cui è in un certo modo (dunque necessariamente si ricollega al terzo escluso) ma non nega affatto un divenire temporale, è una verità formale (fino a un certo punto), se si vuole "astratta" ma non parlerei di "convenzioni". La logica è umana nel senso che si riferisce al pensiero razionale e la razionalità esiste come razionalità umana ma non è umana nel senso che è un'arbitraria convenzione che l'uomo può modificare nel corso della storia. A=A è una verità valida in tutti i tempi e luoghi possibili, condizione necessaria anche se insufficiente della conoscenza, ne è lo sfondo trascendentale. La critica di Husserl allo psicologismo che riduce a un fatto psicologico soggettivo le leggi della logica la condivido appieno

donquixote

Citazione di: davintro il 02 Agosto 2016, 17:19:46 PMTra l'altro A=A non è toccato dal divenire del reale perchè questo è sempre un processo diacronico, temporale, nel tempo le cose cambiano. A=A non mi dice che le cose NEL TEMPO restano statiche, ma si riferisce a un piano sovratemporale, sincronico, mi dice che ogni cosa è uguale a se stessa e dunque non potrebbe divenire altra da sè nello stesso momento in cui è in un certo modo (dunque necessariamente si ricollega al terzo escluso) ma non nega affatto un divenire temporale, è una verità formale (fino a un certo punto), se si vuole "astratta" ma non parlerei di "convenzioni". La logica è umana nel senso che si riferisce al pensiero razionale e la razionalità esiste come razionalità umana ma non è umana nel senso che è un'arbitraria convenzione che l'uomo può modificare nel corso della storia. A=A è una verità valida in tutti i tempi e luoghi possibili, condizione necessaria anche se insufficiente della conoscenza, ne è lo sfondo trascendentale. La critica di Husserl allo psicologismo che riduce a un fatto psicologico soggettivo le leggi della logica la condivido appieno

Avrei un paio di eccezioni: la prima è che se la logica è la tecnica del linguaggio e il linguaggio (o il pensiero che è un linguaggio "interno") serve a descrivere la realtà il porre su di un piano sincronico l'affermazione A=A riferendosi ad una realtà diveniente è già un'arbitrarietà, per quanto necessaria.  A=A può aver senso  (e ce l'ha) se ci si riferisce a quel che Kant chiamava la "cosa in sé" (ding an sich) ovvero la parte eterna, atemporale e immutabile di un ente, quel che altri chiamano "anima", ma questa è inconoscibile per definizione e non essendo quindi descrivibile non è sottoposta alla logica. In tal modo l'unica cosa che si può affermare senza ombra di smentita di qualunque cosa è che questa è "quello che è" (appunto A=A) poichè ogni descrizione, entrando nel campo fenomenico, sarebbe necessariamente parziale e limitante, e nasconderebbe certamente più di quel che rivela. La seconda è che i fondamenti della logica (per quanto condivisi dalla totalità della specie umana) non sono condizioni necessarie della conoscenza ma sono condizioni necessarie per la rappresentazione e la schematizzazione della conoscenza, che sarà sempre parziale e approssimativa. Sembra una distinzione capziosa ma a mio avviso è essenziale perchè troppo spesso si confonde un ente con la descrizione che l'uomo è in grado di dare di esso e, anzi, spesso la rappresentazione è ritenuta più "vera" dell'ente stesso. Ed è nella differenza fra la conoscenza e la sua rappresentazione razionale che si situa l'azione dell'intelletto in un caso e della ragione nell'altro.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

Questa domanda
Citazione di: Habboista il 28 Luglio 2016, 02:19:50 AMGrazie per le risposte, ma la mia questione rimane irrisolta e infatti vorrei scusarmi per la vaghezza e genericitá della domanda. Provo a riformularla: si possono giustificare gli "assiomi" che stanno alla base della logica? La logica non è solo un insieme di regole arbitrarie, è universale. Perciò, mi chiedo se tale universalitá sia necessaria, e in tal caso il perché, o casuale.
il dialogo che è emerso sopratutto negli ultimi post e oserei dire il modo in cui in questo stesso forum si ragiona
di spirito e religione nelle diverse discussioni ,necessita di chiarezza.Almeno ci provo e vedremo eventuali risposte.
1) i cosiddetti principi logici:identità, contraddizione e terzo escluso ,ha ragione Donquixote a definrle regole e lo sono intuitivamente prima ancora che concettuali, sarebbe una contraddizione in termini se non lo fosse,.
2) gli assiomi o postulati sono altro da quelle regole logiche.Sono già proposizioni che rispettano le regole e l formulazione di più assiomi costituiscono i primitivi di un sistema, oserei dire di un dominio.
3)E' la storia del pensiero umano che ha dimostrato che i principi assiomatici se limitano un dominio e lo definiscono (matematica, geometria,ecc.) è altrettanto vero che sono stati rivoluzionati nell'ultimo secolo o poco più. Adatto che la ragione è circolativa dentro gli assiomi, come dire che il pensiero viene chiuso nei limiti delle regole imposte da quegli stessi assiomi,è ancora l'intuizione a ridefinire i limiti di un sistema ritoccando i primitiv sostitutivi, ovvero gli assiomi. E' accaduto per la geometria euclidea, divenedeno anche sferica ed iperbolica, è avvenuto con la matematica e aritmetica quando molto prima già l'algebra e le equazioni differenziali rimettevano in discussione gli assiomi, senza contare tutta
4) l'epistemologia ha risposto alle assiomatizzazioni che comunque erano procedute in fisica/chimica unendo termodinamica ed elettromagnetismo, senza contare le teorie della relatività generale e ristretta e tutta la fisica quantistica, con  il principio di falsificabilità di Popper e le provocazioni scientifiche di Feyeraben.

Si deduce che non esiste un criterio di razionalità che valga da ora per sempre.
Le regole logiche dicono SOLO  se una proposizione è logicamente corretta, ma nulla mi dice se stiamo conoscendo la scienza, la pseudo scienza o la fantascienza, perchè giustamente come fa notare Donquixote, la costruzione assiomatica di un sistema, primo e autoreferente e va incontro ai problemi espressi da Godel, secondo
definiscono un pattern, ovvero un modello rappresentativo quale quello della fisica standard delle particelle.

La logica è quindi un criterio di giustificabilità di una predicazione o proposizione, se è vera o falsa,ma non ci dice nulla del pensiero perchè la sua ricerca non è nei signifcati e nel senso, non gli interessa se non minimamente l'induzione o la deduzione, quindi lascia troppo del pensiero umano al di fuori del suo limite.

Quindi la razionalità è solo un dettame di una cultura dominante che ha deciso il focus epistemologico, ovvero l'indirizzo della  movimento del conoscere, e adatto che siamo dentro l'onda lunga illuminista e neopositivista, pensa che lo spirito, la coscienza, ,la religione, possano essere indagate con lo stesso  metro per cui i analizza un pezzo di legno.
L'attuale cultura dominante ha deciso di ridursi e riduttivamente nelle scienze si osserva e sperimenta nei metri e metodi logici dimostativi ritenddo che razionalità sia il determinato finito, il mero evanescente, 

Davintro, Husserl e la sua fenomenologia sono importanti tutt'ora, ma attenzione all'utopia di Leibnez che pensava che la parola dovesse essere regolata come il numero, quando storicamente è mutata la stessa matematica, oppure la linguistica di Frege e Russel, fino a Wittgenstein , oveero togleiere la psicologia.

Ma cosa intendono e cosa intendiamo per psicologia?
Se tolgo il valore aggiunto umano che è l'autocoscienza il luogo della sintesi della conoscenza, dei signifcati, sensi, cosa abbiamo?I tre principi sulla robotica di Asimov, una macchina calcolativa priva di intuizione?

Il mio parere semmai è come arginare il pericolo che il soggettivismo, lo psicologismo possano snaturare la conoscenza, debordare oltre la logica,ma sapendo che non possiamo fare a meno del luogo della sintesi umana della propria autocoscienza.
Se allora l'autocoscienza, anima, spirito, sono irrazionali in quanto contraddittori culturalmente, più che nell'ordine della logica, a cosa è ridotta oggi la razionalità?

Efonyo

Per lucidarsi sulla relazione fra razionale ed irrazionale basta citare il paradosso degli insiemi elencato da Russell: <<un enciclopedia è un insieme di libri, ma cosa se ci fosse un'enciclopedia dentro un libro? A quel punto il libro è un enciclopedia o l'enciclopedia è un libro? >>.

Razionale è pensare che il piede si trova dentro la scarpa, ma irrazionale speculare che la scarpa si trova dentro il piede?

Razionale è affermare che dentro la pentola c'è la pasta, ma irrazionale invece è postulare che dentro ogni spaghetto c'è una pentola? Cosa se dentro un aragosta c'è una scuola? Questo è irrazionale?

Si, è irrazionale, ma l'irrazionalità si pone lo scopo di cambiare l'ordine dell'esistenza, di mescolare enti diversi, e irrazionale non deve coincidere con impossibile, dato che tali follie speculative possono in potenza attuarsi nella realtà concreta.

Alla fine dei conti sia logica che irrazionalità creano nessi, con la differenza che la logica coglie la sensatezza del collegamento, mentre si giudica irrazionale quando non si riesce a cogliere il senso del collegamento. Ma ogni contenuto irrazionale può essere ragionato e reso razionale.

Sempre stando alla teoria degli insiemi, la ragione umana è un insieme che contiene al suo interno razionale ed irrazionale, entrambi sono una forma di ragionamento, l'irrazionale però ci meraviglia di più perché fa emergere a galla la nostra ignoranza, quel fattore <<non so spiegarmi perché questa cosa è così.. o perché si comporta così.. Ma mi piace!>>

viator

Buongiorno. Sono francamente sconvolto dal constatare quanta confusione si possa fare su di una distinzione che, dall'interno della mia ignoranza, trovo essere stucchevolmente ovvia. La razionalità è l'insieme dei processi logico-mentali che vengono utilizzati per mettere in relazione tra loro conoscenze, dati "oggettivi", rapporti noti tra cause note ed effeti noti. La razionalità implica ampiamente l'errore ma è l'unico strumento per cercare di minimizzarlo, in quanto si affida ad un repertorio di conoscenze che l'esperienza nostra ed altrui riconosce come le più appropriate per poter giungere ad una conclusione che  permetta di arrivare a conoscere l'effetto futuro delle cause attuali sulle quali stiamo ragionando. La razionalità consiste nel privilegiare l'esame della la realtà (o meglio, di quella che per noi è una realtà - ovviamente qui non possiamo trattare di distinzioni tra realtà, sogno, percezione, illusione etc.) rispetto alle nostra attese, speranze, desideri, utilità o bisogni.

L'irrazionalità invece è l'ìnsieme dei processi che la mente può trovarsi ad usare sotto la spinta di una convinzione o di una serie di convinzioni che risultano generate - in ambito psichico - da un bisogno o da un desiderio. Per poter escogitare il soddisfacimento del bisogno o la realizzazione del desiderio la nostra psiche "ordina" alla mente di trascurare il "reale" oppure di estrarre dalla realtà conosciuta tutto quanto potrebbe servire all'adempimento del bisogno/desiderio, senza riguardo alcuno però per la coerenza dell'insieme. Tuttavia il pensiero irrazionale può, in certi casi, risultare più soddisfacente di quello irrazionale, ovvero permettere di raggiungere certi scopi che la razionalità ci nega. Ciò perchè la psiche può giungere a controllare la mente mentre non è possibile che si verifichi l'inverso (come invece promettono un sacco di ciarlatani o di "pensatori" improvvisati).

Esempio classico è rappresentato dal fideismo, il quale utilizza e privilegia la speranza in luogo della ragione.
La ragione ci dice che moriremo, e ciò non soddisfa proprio nessuno. La fede nell'immortalità dell'anima invece riesce a placare e soddisfare eserciti di credenti. Buona serata a tutti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Discussioni simili (4)