Prima e dopo il BIG BANG!

Aperto da Eutidemo, 15 Settembre 2021, 07:15:54 AM

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iano

#45
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2021, 12:07:00 PM
Che la realtà esista solo se ha un senso è una paturnia squisitamente umana che ha più a che fare con l'essere umano pensante che con la realtà.  Il modo di pensare scientifico ha quantomeno il merito di essersi/ci tolta di dosso la zavorra delle causalità e teleologie metafisiche che meritavano una sana, occamistica, rasoiata.
Giusto.
Ma il fatto e', che noi, quando parliamo di realtà, parliamo in effetti di ciò che da essa ne traiamo, e non della realtà stessa, la quale non si può trarre se non per un dato verso.
Il,vecchio senso però fa' zavorra quando là traiamo per altro verso, avendo scambiato ciò che traiamo con ciò da cui si trae.
Gli scienziati, che è bene non dimenticare siamo ancora noi, che non sono fuori da questo gioco, si comportano però come commercianti che, in vista di un grosso affare non se lo lasciano sfuggire per questioni spicciole di moralità.
La moralità, o l'etica che dir si voglia, per chi ne conosce la differenza, è già dentro al senso di ciò che abbiamo tratto per un dato verso, ed è quella che fa' più resistenza.
Da un lato abbiamo bisogno di credere che ciò che traiamo sia proprio la realtà, seppur non tutta intera, per potervi liberamente agire, come se lo fosse appunto davvero.
Dall'altro, quando la creduta realtà muta sotto ai nostri occhi meravigliati, il rasoio di Occam inizia a fare la sua parte per tradurci verso nuovi credi e nuove realtà più sostenibili.
La metafisica è quella muffa che alligna nella metarealtà fisica in cui viviamo e si moltiplica finché non se ne sopporta più il tanfo.
Quindi si fa' pulizia e ci si prepara a trasferirsi in una nuova realtà.
Nella vecchia realtà ancora ci chiedevamo cosa ci fosse prima del Big Bang.
Ma nuove domande e nuove metafisiche ci aspettano nel nuovo.
Quali?
Questo è un problema propriamente filosofico, i quali filosofi che dovrebbero porselo, è ben non dimenticare, siamo sempre noi.
Ma nessuna di queste vecchie e nuove domande, che a vicenda si scalzano, avranno mai risposta, perché derivano dal senso che diamo alla presunta  realtà, secondo il verso per cui l'abbiamo estratta dalla vera, e quando cambia il verso semplicemente cambiano le domande senza risposta.
Ma quelle domande ci rispondono sul senso che diamo alla realtà di volta in volta, ogni volta che la cambiamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

paul11

#46
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2021, 12:07:00 PM
Che la realtà esista solo se ha un senso è una paturnia squisitamente umana che ha più a che fare con l'essere umano pensante che con la realtà.  Il modo di pensare scientifico ha quantomeno il merito di essersi/ci tolta di dosso la zavorra delle causalità e teleologie metafisiche che meritavano una sana, occamistica, rasoiata.

Rimossa la zavorra finalistica metafisica rimangono aperte due questioni: appropriarsi di tecniche conoscitive sempre più accurate e decidere il senso da dare alla realtà.  Alla prima provvede la scienza, alla seconda, la filosofia. Dialetticamente interfacciate perché la crescita epistemica modifica il materiale della riflessione filosofica e la maturazione del pensiero orienta l'attribuzione di senso verso finalità qualitativamente più gratificanti impegnando la ricerca tecnoscientifica in tale direzione.

Tale dialettica è ideale perchè si deve tener conto dell'evoluzione reale della nostra specie e delle contraddizioni motivazionali, quindi di attribuzione di senso, al suo interno, ma metodologicamente funziona sempre, anche per vincere le guerre materiali e ideologiche che tali contraddizioni innescano.


I pensieri, come precedentemente scritto, attraverso l'osservazione umana, vengono dopo l'osservazione, e questo da sempre e anche in filosofia.
Bene altro è dire se un'interpretazione è corretta  o meno. E chi lo decide, secondo quale parametro?
Tant'è che anche la scienza, nonostante il tentativo poco credibile di costruire un metodo oggettivo, non fa altro che rappresentare e modellare. Non ci può essere una netta separazione fra oggetto e soggetto e descrivere il mondo come se fosse assente l'uomo.


Il senso è semplicemente dato dal funzionamento dell'universo che  tende a procedimenti e processi, di cui, spesso , non sono reversibili. O forse si riesce i a far vivere un morto, o forse a far ridiventare grappoli d'uva il vino. Non c'è bisogno di scienza da laboratorio, basta l'osservazione quotidiana, per capire che l'universo ha un senso di movimento.
C'è eccome un finalismo ed è altrettanto intuibile quanto il percorso di un vagito di un bimbo finisce nel rantolo di un'agonia e non è reversibile . Se non ci fosse finalismo sarebbe tutto legge di probabilità...qualche volta sarebbe possibile per qualcuno resuscitare e qualcuno dal vino trarrebbe grappoli d'uva. E invece gli animali superiori tendono a riprodursi in un certo modo ,così come i vegetali superiori e non  per divisione del corpo come in un protozoo. Tutto sta nel suo posto grazie alle condizioni di forze interagenti e di pressione e temperatura che dettano le condizioni ambientali


La scienza non fa altro che "prendere atto". Una mappatura di un RNA  di un coronavirus non  ci dice la dinamica delle sue mimesi , perché il meccanismo è sconosciuto su come tenderà ad evolversi,  non riusciamo nemmeno a predire come si evolve un virus.La dinamica del sorgere della  vita è altrettanto sconosciuta.


Non c'è nessuna crescita da dichiarare episteme, perché l'epistemologia moderna  ha uno strano asso nella manica, per barare, dicendo che ogni teoria scientifica è giusta se falsificabile. Ciò significa che la scienza non appura verità, ma solo teorie confutabili, Interpreta e fa opinioni, proprio come la miriadi di scritti di scienziati che in un anno e mezzo a questa parte non sanno cavare un ragno dal buco sul covid......mentre andiamo su Marte.


Basterebbe vedere il confronto che ci fu fra  fra Severino e Penrose, per capire che non c'è dialettica fra filosofia e scienza : sono due concezioni diverse.
Chi decide "l'evoluzione reale"? Così come la pandemia lo decide il politico.

Ipazia

Covidemia è irruzione pandemica di vili affaristi nel tempio. Ma, come insegna il nazareno, li si può pure scacciare e liberare l'episteme dai loro maneggi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Eutidemo

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2021, 20:54:01 PM
Covidemia è irruzione pandemica di vili affaristi nel tempio. Ma, come insegna il nazareno, li si può pure scacciare e liberare l'episteme dai loro maneggi.
Cosa cavolo c'entra, questo, con il problema del "tempo" prima e dopo il BIG BANG?
Forse mi sbaglio, ma mi sembra un intervento un tantino OFF TOPIC; e non il solo, in verità!
:)


Ipazia

#49
Il tempo nella sezione filosofica non può essere altro che il tempo antropologico. Supponendo sia iniziato col bigbang, quello che possiamo esperire è il tempo in tutta la sua semantica scientifico-filosofica, dalle antiche cosmogonie alle attuali, fisiche e metafisiche.

Citazione di: paul11 il 19 Settembre 2021, 19:50:41 PM
I pensieri, come precedentemente scritto, attraverso l'osservazione umana, vengono dopo l'osservazione, e questo da sempre e anche in filosofia.
Bene altro è dire se un'interpretazione è corretta  o meno. E chi lo decide, secondo quale parametro?
Tant'è che anche la scienza, nonostante il tentativo poco credibile di costruire un metodo oggettivo, non fa altro che rappresentare e modellare. Non ci può essere una netta separazione fra oggetto e soggetto e descrivere il mondo come se fosse assente l'uomo.
La scienza non si limita a rappresentare e modellare. La scienza sperimenta. E nell'esperimento cerca di essere il più oggettiva possibile sezionando aree di realtà in maniera riproducibile. La riproducibilità è il crisma della cresima scientifica. E' l'oggettività nella misura antropologica, già metafisicamente posta da Protagora.
CitazioneIl senso è semplicemente dato dal funzionamento dell'universo che  tende a procedimenti e processi, di cui, spesso , non sono reversibili. O forse si riesce i a far vivere un morto, o forse a far ridiventare grappoli d'uva il vino. Non c'è bisogno di scienza da laboratorio, basta l'osservazione quotidiana, per capire che l'universo ha un senso di movimento.
C'è eccome un finalismo ed è altrettanto intuibile quanto il percorso di un vagito di un bimbo finisce nel rantolo di un'agonia e non è reversibile . Se non ci fosse finalismo sarebbe tutto legge di probabilità...qualche volta sarebbe possibile per qualcuno resuscitare e qualcuno dal vino trarrebbe grappoli d'uva. E invece gli animali superiori tendono a riprodursi in un certo modo ,così come i vegetali superiori e non  per divisione del corpo come in un protozoo. Tutto sta nel suo posto grazie alle condizioni di forze interagenti e di pressione e temperatura che dettano le condizioni ambientali
E' grande saggezza trarre il senso delle cose dalle cose stesse. Il senso della vita è la vita. Perfetta, tautologica, verità. Ma il senso a cui mi riferivo è il senso antropologico nella sua dimensione spazio-temporale-mentale. Una volta stabilito che le cose stanno "così e così" che valore aggiunto di significato possiamo noi dare al mondo ? E' quel valore aggiunto di senso che mi interessa,  contenuto nella domanda di Alexander: "Cosa mi serve conoscere l'origine dell'Universo?"
CitazioneLa scienza non fa altro che "prendere atto". Una mappatura di un RNA  di un coronavirus non  ci dice la dinamica delle sue mimesi , perché il meccanismo è sconosciuto su come tenderà ad evolversi,  non riusciamo nemmeno a predire come si evolve un virus. La dinamica del sorgere della  vita è altrettanto sconosciuta.
Non è che sia gioco da ragazzini "prendere atto". C'è evoluzione di intelligenza e sapere in tutto ciò. Al netto dei "mercanti nel tempio" epistemico, il sapere cresce. Magari nelle catacombe sotto l'effige di Galileo, ma cresce. Si muove ed è immortale.
CitazioneNon c'è nessuna crescita da dichiarare episteme, perché l'epistemologia moderna  ha uno strano asso nella manica, per barare, dicendo che ogni teoria scientifica è giusta se falsificabile. Ciò significa che la scienza non appura verità, ma solo teorie confutabili, Interpreta e fa opinioni, proprio come la miriadi di scritti di scienziati che in un anno e mezzo a questa parte non sanno cavare un ragno dal buco sul covid......mentre andiamo su Marte.
Il ragno dorato dal buco economico l'hanno cavato. Si auspica cavino anche quello scientifico ad usum vili. La falsificazione non è falsificazione a priori della verità scientifica, bensì tecnica di asseverazione, dialettica negativa. Solo ciò che vale, dicendo il vero, rimane. Il principio di Archimede sfida i millenni senza essere sfiorato da alcuna minaccia falsificante, nel suo ambito lecito di applicazione. E così funziona tutta la (tecno)scienza e l'episteme ad essa connessa.
CitazioneBasterebbe vedere il confronto che ci fu fra  fra Severino e Penrose, per capire che non c'è dialettica fra filosofia e scienza : sono due concezioni diverse.
Basta leggere Carlo Rovelli per capire che c'è dialettica tra filosofia e scienza.
CitazioneChi decide "l'evoluzione reale"? Così come la pandemia lo decide il politico.
"L'evoluzione reale" la decide il senno di poi ed è la sommatoria di fini spesso discordanti e di beffarde eterogenesi. Ma c'è chi ci vede più in là e, tornando al tempo (antropologico), qualcuno disse: "merita di essere signore del suo tempo colui che si limita ad anticiparlo". Con lievità e senza violenza. Con la forza mentale della ragione.
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simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: iano il 19 Settembre 2021, 19:04:15 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2021, 12:07:00 PM
Che la realtà esista solo se ha un senso è una paturnia squisitamente umana che ha più a che fare con l'essere umano pensante che con la realtà.  Il modo di pensare scientifico ha quantomeno il merito di essersi/ci tolta di dosso la zavorra delle causalità e teleologie metafisiche che meritavano una sana, occamistica, rasoiata.
Giusto.
Ma il fatto e', che noi, quando parliamo di realtà, parliamo in effetti di ciò che da essa ne traiamo, e non della realtà stessa, la quale non si può trarre se non per un dato verso.
Il,vecchio senso però fa' zavorra quando là traiamo per altro verso, avendo scambiato ciò che traiamo con ciò da cui si trae.
Gli scienziati, che è bene non dimenticare siamo ancora noi, che non sono fuori da questo gioco, si comportano però come commercianti che, in vista di un grosso affare non se lo lasciano sfuggire per questioni spicciole di moralità.
La moralità, o l'etica che dir si voglia, per chi ne conosce la differenza, è già dentro al senso di ciò che abbiamo tratto per un dato verso, ed è quella che fa' più resistenza.
Da un lato abbiamo bisogno di credere che ciò che traiamo sia proprio la realtà, seppur non tutta intera, per potervi liberamente agire, come se lo fosse appunto davvero.
Dall'altro, quando la creduta realtà muta sotto ai nostri occhi meravigliati, il rasoio di Occam inizia a fare la sua parte per tradurci verso nuovi credi e nuove realtà più sostenibili.
La metafisica è quella muffa che alligna nella metarealtà fisica in cui viviamo e si moltiplica finché non se ne sopporta più il tanfo.
Quindi si fa' pulizia e ci si prepara a trasferirsi in una nuova realtà.
Nella vecchia realtà ancora ci chiedevamo cosa ci fosse prima del Big Bang.
Ma nuove domande e nuove metafisiche ci aspettano nel nuovo.
Quali?
Questo è un problema propriamente filosofico, i quali filosofi che dovrebbero porselo, è ben non dimenticare, siamo sempre noi.
Ma nessuna di queste vecchie e nuove domande, che a vicenda si scalzano, avranno mai risposta, perché derivano dal senso che diamo alla presunta  realtà, secondo il verso per cui l'abbiamo estratta dalla vera, e quando cambia il verso semplicemente cambiano le domande senza risposta.
Ma quelle domande ci rispondono sul senso che diamo alla realtà di volta in volta, ogni volta che la cambiamo.
Questo è l'effetto d'insieme, stocastico anche in senso trilussiano. Invece bisogna andare nel dettaglio e si scoprirà che la verità tratta da alcune parti dura (e quindi vale) di più di quella tratta da altre parti e che c'è una verità pure nel fatto che non duri più. Gli apprendisti stregoni hanno stanato l'atomo, ma dopo qualche catastrofe si sono accorti che le loro arti magiche erano (ancora) inadeguate a gestire quella forza arcana. Per un po' ne hanno corretto la gestione ma alla fine, gestirla, coi mezzi attuali, è diventato così dispendioso che hanno dovuto dirigere l'episteme, e il senso scientifico ed etico connesso, verso altri lidi.
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iano

#51
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2021, 10:19:52 AM

Questo è l'effetto d'insieme, stocastico anche in senso trilussiano. Invece bisogna andare nel dettaglio e si scoprirà che la tratta da alcune parti dura (e quindi vale) di più di quella tratta da altre parti e che c'è una verità pure nel fatto che non duri più. Gli apprendisti stregoni hanno stanato l'atomo, ma dopo qualche catastrofe si sono accorti che le loro arti magiche erano (ancora) inadeguate a gestire quella forza arcana. Per un po' ne hanno corretto la gestione ma alla fine, gestirla, coi mezzi attuali, è diventato così dispendioso che hanno dovuto dirigere l'episteme, e il senso scientifico ed etico connesso, verso altri lidi.
Stocastico trilussiano? :-\
Mi pare che stai con un piede dentro e uno fuori.😊
La sostenibilità della ricerca più che limitarla, la invalida come ricerca di verità.
Non esiste un edificio teorico, per quanto si confermi solido, che resista al tempo.
Seppure non manca certo di valore  la sua durata.
Più che improvvisarci come cercatori di verità dovremmo farci maestri su come si costruisca il nuovo sul vecchio, perché  questa è la costanza sulla quale scommetto.
Non è necessariamente una evoluzione in senso positivistico, ma un allineamento continuo fra teoria e teorizzatore/ sperimentatore.
Pensare che tutto ciò non abbia un fine non sembra essere credibile, ma ancor meno credibile è che lo abbia.
Che senso dovrebbe avere, avere un fine?
Difficile davvero da immaginare un fine, tanto che non riusciamo a immaginarne uno diverso dal ritorno a ciò che è già stato, al paradiso primordiale.
Come dire....fantasia zero.
Ci si fa' più figura ad astenersi.


Tuttavia finché dura la teoria c'è la teniamo cara, come cara ci è la pelle, che seppur si sia gonfiata fino alle orbite satellitari, rimane un limite che è dimensionale.
Ciò  che non muta è infatti questo limite che ci definisce come parte; ciò che muta è la sua definizione.
Il nostro io e' il fil rouge che lega queste successive partizioni, e che per esser tale abbisogna di continue conferme.
Cogito ergo sum, ma il pensiero ci mette nulla a svanire.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Fantasia fin troppa. Per chi se la può permettere. Per gli altri la verità è combinare il pranzo con la cena senza rischiare la pelle ed in un contesto amabilmente socievole: un fine che ha mooolto senso. La verità della scienza è combinare la teoria con i risultati di un esperimento. Ed anche qui serve molta fantasia. Come Ipazia, quando su una nave dimostrò che un peso caduto dall'alto di un albero cade perpendicolare, malgrado il moto della nave e lo spazio-tempo trascorso tra rilascio e atterraggio del grave. Forse leggenda, ma pesante e densa di senso, e verità, a venire.
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iano

#53
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2021, 14:44:03 PM
Fantasia fin troppa. Per chi se la può permettere. Per gli altri la verità è combinare il pranzo con la cena senza rischiare la pelle ed in un contesto amabilmente socievole: un fine che ha mooolto senso. La verità della scienza è combinare la teoria con i risultati di un esperimento. Ed anche qui serve molta fantasia. Come Ipazia, quando su una nave dimostrò che un peso caduto dall'alto di un albero cade perpendicolare, malgrado il moto della nave e lo spazio-tempo trascorso tra rilascio e atterraggio del grave. Forse leggenda, ma pesante e densa di senso, e verità, a venire.
Se la metti in questi termini allora mi piace essere d'accordo.
Ma i castelli che costruiamo con la fantasia  sono fatti di mattoni sfornati dalla poco premiata ditta filosofica.
Se gli si dà' abbastanza tempo arrivano a solidificarsi assumendo l'apparenza di immutabilità , come si ponessero oltre il mondo del divenire, in metafisichilandia.
O almeno così andavano le cose fino a un certo punto.
Oggi anche chi non fa' in tempo ad avere un inizio che già è finito si dice solida materia.
La materia, ciò che era sinonimo di solidità, più non lo è.
Solida si, ma quanto?
Il tempo che dura, anche un nulla.
È notizia dei nostri giorni che la collaudata (solida ?) teoria standard venga messa in discussione da uno scostamento della misura rispetto a quella prevista di un milionesimo di un milionesimo e giù di lì , d'un secondo.
Ma cosa c'era prima della teoria standard e cosa ci sarà dopo?
Questa è la domanda corretta che ammette risposta.
Cosa c'era prima della teoria del Big Bang e cosa ci sarà dopo?
A questa domanda possiamo rispondere: un altra teoria.
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paul11

#54
 Se ogni cultura ha una cosmologia , c'è un motivo e questo è indipendente dal grado di conoscenze tecnico scientifiche.
Questa motivazione è spiegabile con il semplice fatto che l'uomo sa di essere assoggettato e dipendente dalle condizioni naturali, oggi diremmo anche risorse, e celesti (inteso come moti dei corpi celesti).
Questi moti .lo avevano notato gli antichi, basterebbe studiarsi un po' di archeoastronomia, erano ciclici. Le stelle, e gruppi di stelle, comparivano all'orizzonte con le stagioni. Il tempo quindi era ritenuto più ciclico che lineare come lo intendiamo oggi.
Alle cosmologie erano affiancate le cosmogonie, dalla trimurti induista, al pantheon greco e altri.
Cronos era il titano del tempo per gli antichi greci.


In astronomia e astrofisica non si utilizza il tempo terrestre e spesso si collega il parsec o l'unità astronomica che sono parametri di misurazione dello spazio  per relazionarli al tempo (perché la velocità è data dallo spazio/tempo). Il nostro tempo terrestre è relazionato al moto di rotazione e rivoluzione, così che ogni pianeta ha una durata giornaliera e annua tutta sua.


Il sincrotrone del Cern di Ginevra, dove si è scoperto il bosone di Higgs (era solo da trovarlo sperimentalmente ,confermando la teoria della struttura atomica), è da considerare come il tentativo sperimentale di regressione verso il tempo del Big Bang. Per far questo è necessaria moltissima energia , per questo si fabbricano sicrotroni sempre più potenti, perché ritornando indietro nel tempo, sviluppando quindi sempre più energie,  è possible scoprire particelle.
Paradossalmente significherebbe che per tornare al tempo zero del Big Bang bisognerebbe utilizzare tutta l'energia ( e materia) che si è espansa nel tempo .nell'universo.


L'altro paradosso scientifico , stante alle attuali teorie, è da dove è arrivata tutta l'energia che ha prodotto questo universo? Vale a dire, se al tempo zero tutto l'universo che oggi vediamo era racchiuso in una capocchia di fiammifero, c'è da immaginarsi con quale densità, non solo da dove veniva l'energia, ma anche cosa ha prodotto "l'innesco". Se si studia gli infiniti attimi in cui compaiono le quattro forze interagenti (nucleare forte, nucleare debole, elettromagnetismo e gravità), vediamo che non sono contemporanei, la luce del fotone del Big Bang non è immediata con il Big bang, appare un "attimo" dopo. Il raggio d'azione delle quattro forze interagenti non è identico, è ovvio che quella nucleare è a cortissimo raggio, mentre quella gravitazionale è a larghissimo raggio.


Il punto filosofico è che la cosmologia scientifica non ha  preso il posto del mistero dell'universo nella sua creazione e formazione. Non ne ha svelato il mistero, come non ha svelato il mistero della vita. Il tempo, più ancora dello spazio, rimane anch'esso una derivazione misteriosa nella creazione dell'universo. Ed è chiaro, almeno per me, che creazione, vita e tempo rimangono contenuti filosofici  fondamentali per la costruzione di una filosofia e cultura.
Il modo infatti in cui le diverse culture interpretano creazione, vita e tempo costituisce il senso della propria cultura, bella o brutta, piacevole o disdicevole che possa sembrare.


Il processo scientifico tecnico occidentale, ha "desacralizzato" (non solo in termini teistici) questi tre fondamenti, ha teso a separarli dal soggetto umano che più che osservatore è vivente, nel senso che vive il mistero della creazione, della vita e del tempo inesorabile.


Dalla modernità ad oggi la creazione è divenuta la grande X, l'incognita a cui facciamo a meno di sapere, in quanto non è necessario, così si ritiene, tentare di spiegare : si vive ugualmente. La vita  è divenuta nella complessità culturale un concetto quasi più medico giuridico ,che non filosofico.
Giorgio Agamben spiega il passaggio di come già dal diritto romano, preso dal diritto canonico, la "nuda vita" è un concetto diverso dalla vita all'interno della società giuridica : tant'è che divide i due concetti di zoe da quello di bios. Essere banditi dalla società giuridica ,significava essere possibilitati ad essere uccisi. Se  si ragiona attentamente, si capirà cosa significherà giuridicamente medicina oggi, salute pubblica, e del perché possono contrastare la libertà. La scienza non ha potere giuridico , ha necessità che passi da quest'ultima e che il politico di turno decida. Il tempo che batte lo scandire del nostro fare, perso ormai nella società  prima e post industriale , lo scandire del dì e della notte delle società agresti , è velocità e durata più che tempo lineare, è vissuto nel rincorrere  le faccende che non più la natura poneva, ma che pongono il lavoro, le problematiche domestiche, i problemi istituzionali, i calendari fiscali ,ecc.
Il numero dei problemi che la società pone, forse sono anche maggiori di quelle di un tempo.
Questo uomo post moderno occidentale è quindi una particolarità di insiemi di fratture che non sono ricomponibili, perché gli manca il senso generale del riferimento sui tre contenuti. La vita è quindi interpretata come fenomeno termodinamico, un venire al mondo per poi decomporsi fisicamente.
E' sparito culturalmente il prima della vita e il dopo della vita, rischiando l'insignificazione della vita, dentro una cultura che ha oggettivato la vita stessa coni suoi corollari, fra cui il tempo.


Personalmente sostengo che tuto ciò nell'attuale uomo occidentale è allarmante come ricaduta dei concetti culturali dentro la vita come senso; si rischia l'indifferenza, l'insignificazione della persona.
Il valore della vita, intesa come particolarità esistenziale fisico-razionale- emotiva- sentimentale- memoria, svanisce . Questa cultura mortifica ci accompagnerà nel declino ,nel tramonto dell'Occidente, allorchè ed è già in atto, altre culture non occidentali ci supereranno.


Quindi le culture che hanno ancora una  cosmogonia, hanno ancora una identità e sanno relazionare creazione, vita e tempo e hanno una morale grazie a queste relazioni; le altre culture tecnico scientifiche e potenti in armamenti ,se vinceranno "fisicamente", tenderanno a decadere implodendo e frammentandosi sotto le spinte interne ed esterne al loro sistema.


Non vedo vie di uscita. Ho letto a suo tempo  la polemica proprio sul concetto di tempo fra il filosofo Bergson ed Einstein, che a suo tempo ho scritto in questo forum; così come il dibattito fra sordi fra il filosofo Severino e l'altrettanto, come Einstein  premio Nobel, Penrose.
Scienza e filosofia sono dicotomici su certi contenuti, come i tre che ho esposto.

Ipazia

Se si vuole forzare la verità verso una cosmogonia qualunque, bislacca-maledetta-e-subito, che narri anche il prima e il dopo dell'universo e di noi stessi, siamo messi davvero male. E fondarci sopra un'etica è anche peggio: una favola al quadrato.

L'emergere dell'universo e nell'universo la vita e nella vita l'autocoscienza sono singolarità avvolte ancora nel mestero. Non sarà fingendo ipotesi che questo mistero si mostrerà. Questa è la grande lezione dell'epistome che merita il nome di scienza. Ricercando qualcosa si troverà. Fingendo avremo soltanto favole, che a forza di segnare il passo si annichiliranno da sole. Hai voglia poi di metterti strillare al lupo nichilista.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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