Pilastri del pensiero filosofico

Aperto da Aspirante Filosofo58, 15 Aprile 2021, 10:07:03 AM

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Aspirante Filosofo58

Buongiorno. Forse è solamente una mia impressione, ma mi pare che la filosofia spesso si riduca a correzioni, critiche, spiegazioni dei pensieri dei filosofi precedenti. Per esempio la metempsicosi che per taluni esiste, per talaltri assolutamente no. Se volessimo individuare i pilastri su cui poggia il pensiero filosofico, quali sarebbero? Grazie.
La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

bobmax

Di pilastri della filosofia ve n'è uno solo: te stesso.

Ciò che gli altri hanno scritto e detto, le considerazioni che ne sono state fatte, le spiegazioni, posso aiutarti, accompagnarti per un tratto di strada. Ma poi prosegui da solo.
E sei solo tu che decidi cosa prendere con te e cosa lasciare.
Ma anche quello che prendi, non è mai una verità accettata acriticamente, ed è inoltre sempre il risultato di una tua rielaborazione.

Di modo che anche sei propenso ad accettare l'idea della metempsicosi, questa idea non sarà quella di qualcun altro, ma proprio la tua. Che si e formata in te stesso.
Certo, sulla base delle idee che ti sono giunte da altri, ma che tu hai interpretato, rielaborato, derivandone una tua personale.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve aspirante filosofo58. Ti spiego perchè mai la filosofia non è in grado di fornire solide certezze ma solo traballanti e provvisorie conclusioni : essa, come gli umani, poggia su due sole zampe...........assetto il quale fornisce un equilibrio molto molto meno stabile di quello di un treppiedi, di un quadrupede o di un millepiedi.

Le due zampe sono la consistenza del verbo ESSERE e l'esistenza (o inesistenza) di DIO.

Circa poi il fatto che molti filosofeggino limitandosi a rieccheggiare quanto da altri raccontato in passato.............beh, l'essere originali, il possedere autonomia di pensiero.............non solo non è affatto obbligatorio, ma è pure molto difficile !. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Aspirante Filosofo58

Grazie, ma a cosa serve allora studiare il pensiero dei filosofi, se poi l'unico pilastro di ognuno di noi è se stesso? Di conseguenza, non è una perdita di tempo studiare l'altrui pensiero? E' vero: a certe conclusioni si arriva grazie all'esperienza personale, però a qualcosa servirà leggere e studiare il pensiero dei filosofi? Se sì, a cosa?
La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

niko



Figurati, la filosofia nasce come un una ricerca del sapere finalizzato alla felicità individuale e collettiva, che esclude per principio e per metodo ogni forma di nozionismo e di sapere frivolo. Una sorta di esercizio dialettico e spirituale, volto però a vivere bene su questa terra, nei limiti del possibile, accettando e conoscendo tali limiti.
Il nesso della filosofia con la politica, e con la vita felice, comunque la si voglia vedere, è sempre stato imprescindibile; e se questo nesso ora sembra decadere, e la filosofia comincia sembrare una cosa, un ambito del sapere, solo per professori e grandi esperti, o solo per parlare di se stessa e di realtà molto marginali, è perché c'è un'unica filosofia, la tecnoscienza, o meglio la scienza nel suo essere non neutra ma ideologica, con un'unica visione del mondo, e quindi è finita la filosofia come critica e pluralismo, è finita nella sua ragione di essere.


Epimeleia ten psuche, cioè "cura dell'anima",è una celebre definizione di filosofia che dà Platone, uno dei padri fondatori della filosofia greco classica, nel Carmide, uno dei suoi dialoghi. Curare l'anima, è curare ciò che può sentire e soffrire proprio nel suo poter sentire e soffrire, insomma fin dall'inizio il contrario di un nozionismo ozioso o di un qualcosa di elitario ed escludente.


In greco epi-meleia etimologicamente, oltreché "cura", significa anche mettere-il-miele-su, quindi abbiamo la figura retorica poetica che passando dal greco all'italiano si perde, dell'atto materiale e spirituale insieme di mettere il miele (cosa materiale) sopra l'anima (cosa immateriale), che poi significa addolcire l'anima, appunto prendersi cura dell'anima.


La filosofia è una prassi, una cosa anche materiale, la forma stessa in cui scrive Platone sono dei dialoghi che nonostante tutto il loro interessa nel contenuto manifesto verso la spiritualità, cercano, in quanto dialoghi, di cogliere l'attimo reale della conversazione tra due esseri umani, cercando di superare gli inganni e le astrazioni della "mera" scrittura.


La "cura" invece, prescindendo un per un momento dal significato "addolcito" di epimeleia, è un concetto altrettanto chiaro tanto in greco quanto in italiano, la cura non è la guarigione, perché è rivolta al sintomo piuttosto che alla malattia e rimane la possibilità, dopo la cura, di ammalarsi di nuovo, quindi il sapere filosofico è sempre provvisorio, c'è una imprescindibile componente scettica, di sospensione del giudizio, nel pensiero di Platone e di molti altri filosofi che lo hanno seguito; sicuramente la cura non è oblio, può iniziare solo a partire da una ferita e anche dopo l'eventuale successo della cura resta la memoria di quella che fu la ferita, insomma il sapere volto specificamente alla ricerca della felicità non può iniziare che dalla sofferenza e a partire dalla sofferenza; il filosofo si pone nella condizione di curare, non di guarire, perché la sua ricerca non si propone di ripristinare l'innocenza perduta dei sofferenti ma è un attraversamento della sofferenza verso una condizione ulteriore, che a differenza della guarigione non esclude il ricordo stesso del dolore e non esclude ulteriore cura e così via, insomma l'epimeleia ten psuche, la cura dell'anima/il mettere il miele sopra l'anima, è l'aleteia, la verità in greco, altra parola che chi si interessa di filosofia dovrebbe conoscere anche etimologicamente, a-leteia, togliere il velo/l'oblio, senza-velo o senza-oblio, il miele è il velo trasparente per eccellenza, il velo che non è velo/non ha funzione di velo, è qui ricorre la risposta provvisoria al male della "cura", non si potrà mai togliere il velo sull'orrore e il non senso dell'esistenza, la ricerca della verità è aggiungere un velo trasparente laddove prima vi erano solo veli opachi, grondare miele anziché sangue da una ferita che resta ferita, capire e interrogare il problema del velo.
Verità è reminiscenza, non adeguamento delle parole alle cose, qualcosa che non può prescindere dalla vita e dall'esperienza, il contrario dell'ottundimento del dolore.


Il miele è anche la cosa-buona per eccellenza, il cibo degli Dei, liberi dal dolore, gli esseri viventi sono comunque ancora vincolati al piacere, finito di lottare per la sopravvivenza, inizia la possibilità della filosofia.


Anche il termine e la sostanza di psuché, come anima intesa nel senso di coscienza, soprattutto coscienza individuale, stato di coscienza trasparente/normale, io come lo intenderebbe la psicoanalisi o anima come la intenderebbe una religione come il cristianesimo, è il risultato della ricerca e del cambiamento culturale operato nel panorama culturale greco antico dalla filosofia stessa, psuché nel senso in cui compare in epimelia ten pusché, che poi è appunto psuché-anima come lo intendiamo noi moderni e leggendo possiamo capire nel complesso la frase (cura dell'anima), non esiste prima della filosofia, la filosofia "inventa", nel bene e nel male, il concetto corrispondente a pusché che tutti noi possiamo capire e condividere, il concetto di io-anima-coscienza. Come tutte le invenzioni, lo inventa "dal nulla", o se volgiamo come costrutto di termini e significati precedenti, e l'importanza di questo concetto, il concetto di io-anima-coscienza, il concetto quindi di anima nel senso di coscienza concernente lo stato vitale di un corpo, mortale o immortale che sia, attraverso i secoli della storia culturale dell'occidente e non solo, anche attraverso scienze, religioni e concezioni di per sé ulteriori rispetto alla filosofia, è evidente. Dunque, prima di Socrate vi sono, nel panorama culturale greco, quindi nell'insieme di significati possibili all'epoca in uso che possano corrispondere al termine psuché, principalmente due grandi polarità di significato: l'anima in senso omerico, e l'anima in senso orfico-pitagorico, che sono due concezioni una super-egoica e una sub-egoica del termine anima. L'anima in senso omerico è il soffio vitale, quello che rende vivi i vivi, e dunque, se separata dal corpo, la larva, quello che rende morti i morti, un qualcosa che non certo la coscienza ma anzi il contrario esatto di coscienza, la totale assenza di coscienza in cui da vivi ci si può metaforicamente figurare lo stato esistenziale di un morto; le larve sono gli spiriti dei defunti che si aggirano nell'Ade, e con la notevole eccezione di Tiresia, sono cieche, incoscienti, una metafora per dire che cosa è un uomo quando non è più, quindi qualcosa di assolutamente inferiore e peggiore dell'anima nel senso di coscienza, e quando questa psuché intesa in questo senso è il soffio presente in un corpo, comunque è qualcosa che concerne la "mera" animazione, non la coscienza, tanto è vero che è la stessa sia per gli uomini che per gli animali, e riguarda le temporaneamente in corso funzioni vitali, che con la morte non saranno più, psuché anche come respiro. Tale concezione assolutamente minimale e mortale dell'anima, è assolutamente funzionale al discorso dell'epica, e della poesia in generale, come forma di vita comunitaria ed enciclopedia del sapere possibile presso popoli non ancora organizzati ancora nella forma dello stato: proprio come modernamente il concetto ricorre nei Sepolcri del Foscolo, anche in Omero, chiunque egli sia stato e a prescindere da se sia mai esistito, è la poesia (e non l'anima certo l'anima) a rendere immortali gli uomini, si è immortali nella gloria della tribù, nel soffio organizzato e sincronizzato in canto, non nel mero soffio "animante" del singolo uomo, che è nulla e si disgrega al disgregarsi delle sue membra, insomma in questa concezione del mondo, che è la concezione del mondo che ha definito la stato pre-filosofico del mondo greco, non c'è niente di simile di nemmeno vagamente simile all'"anima" nel senso cristiano, o psicoanalitico, o neuroscientifico del termine. Questa polarità di significato del termine anima è sotto all'io, inferiore all'io, è il soffio/larva quello che è soffio, pura funzione vitale e metabolica che accumuna tutti gli animali finché collegato a un corpo, e poi spirito eternamente vagante nel buio quando non lo è più.


Accanto a questa polarità "inferiore" vi è nell'Atene di Socrate la polarità "superiore" del termine anima, che è quella degli orfici e dei pitagorici, delle religioni misteriche: questo tipo di anima è una forma di super-coscienza, ed è immortale ma non nel senso dell'immortalità individuale, ma dell'immortalità del vero e dell'intersoggettivo, questa anima può e deve risalire dall'ade e dallo stadio larvale e incoscienziale, ma appunto se lo fa è secondo un archetipo mitico e non in nessun senso personale, i teoremi della matematica e della geometria "esistono", e "sono veri" che esista o no un mondo vitale ed esperienziale a cui applicarli, esistono a prescindere dall'io e dalla coscienza e semmai sono l'io e la coscienza che devono adeguarvisi. Questa psuché è puro intelletto, depurato dalla coscienza e dall'esperienza, è sì immortale, ma nel senso che di fatto non vive e non ha mai vissuto, è pura contemplazione, e qui veniamo a un'altra celebre definizione della filosofia per non citare solo quella di Platone, che mi pare, se ben ricordo, viene attribuita da uno dei tanti pitagorici posteri a Pitagora, che è la seguente:


"quando ci sono le olimpiadi, ci sono tre tipi di uomini che si mettono in moto per raggiungerle: gli atleti, quelli che vanno lì per gareggiare, i commercianti, quelli che vanno lì per vendere qualcosa e realizzare un guadagno approfittando della folla, e gli spettatori, che vanno lì semplicemente per assistere allo spettacolo: se le olimpiadi sono la vita, gli spettatori sono i filosofi"


Si vede bene come questa definizione ponga l'accento sulla contemplazione pura, e gli aspetti ambiziosi, o comunque bassi e banali dell'"anima" non sono considerati degni, o cmunque propri, del filosofo: lo spettacolo, l'oggettività matematica e geometrica del cosmo, è molto più importante dello spettatore; se nell'anima secondo Platone gli aspetti appettitivi, e ambiziosi, quelli che possono rappresentare l'operato e l'interesse tipico dell'atleta e del commerciante sono integrati tra di loro e con la contemplazione (propria dello spettatore) a cui pure, nello stile di vita filosofico, che è per pochi, sono da subordinare, qui sembrano proprio da escludere in favore della pura contemplazione; questa idea di anima puramente contemplativa è super egoica, ritiene di poter fare a meno del guadagno e della gloria, quindi non ha nulla a che fare con la vita, che di per sé non può prescindere dall'ambizione e dalla sopravvivenza, se pure in uno stato vitale ascetico o contemplativo le può temporaneamente superare.


Il concetto Socratico e maieutico di anima, quello che il Socrate platonico cerca con le sue continue interrogazioni e domande di suscitare negli ateniesi,è specificamente intermedio tra questa sovra e sotto coscienza, dell'amina soffio/larva da una parte, e dell'anima super coscienza puramente contemplativa e intersoggettiva dall'altra; coscienza non è soffio animante condiviso con gli animali e necessariamente mortale, ma non è nemmeno vita sempre e solo contemplativa, annullamento dell'io nell'oggettiva verità del cosmo: è opera della prima grande filosofia, e di uno dei primi grandi filosofi, se l'anima, la parola-anima, comincia per la prima volta nella storia ad avere qualcosa a che fare con la coscienza e con l'io; c'è qualcosa di terzo tra l'anima che muore nell'oblio e può essere resa immortale solo dalla poesia e l'anima come dispersione mistico/ascetica dell'individuo nella verità del cosmo, e questo qualcosa di terzo è l'anima nel senso occidentale moderno, l'immenso lavoro filosofico che è stato fatto su psiche perché significasse quello che oggi significa, e da questo tipo di anima nasce l'individuo critico che può mettere in discussione le tradizioni e le istituzioni, anche a costo della "ferita" necessitante la "cura", della perdita di un certo tipo di purezza.


Vengo ora alla parte finale della domanda, perché la filosofia, che ha origine come esercizio spirituale, come ricerca individuale e collettiva della felicità e dell'eccellenza, divenga ai nostri tempi qualcosa di freddamente accademico, qualcosa di commento agli scritti di altri filosofi, riservata a pochi esperti e professori di filosofia, qualcosa che pertiene all'analisi del linguaggio e al metodo di costruzione del sapere, piuttosto che al sapere stesso:


magari ci sarà chi ti dirà che la filosofia cercava di trarre i suoi insegnamenti sulla lege e sulla virtù dalla conoscenza della natura del mondo, a tale stato del mondo, doveva corrispondere tale comportamento per giungere alla vita felice , il famoso rapporto tra nomos, e fisis, legge e natura. Ora, magari si potrà argomentare, anche se io non sono d'accordo, la conoscenza della natura del mondo pertiene alla scienza, quindi la filosofia non ha più la base solida dei suoi insegnamenti, e si riduce a commento infinito degli altri filosofi, storia della filosofia e discorso sul metodo e sul linguaggio, gli unici "territori" da cui la scienza non l'ha ancora scalzata.


Il fatto è invece che nell'occidente decadente e decaduto non ci sono più dubbi su quale sia il metodo per la ricerca della felicità, tale metodo è la tecnica e di conseguenza la filosofia è diventata l'ancella della tecnica, l'indagine sulla natura non è stata delegata a qualcosa, a qualche altro "metodo", di a-filosofico, di non filosofico, per cui la filosofia svolge ormai un ruolo di nicchia in alcune parti non diversamente indagabili della natura umana, come la riflessione su se stessa, il discorso sul metodo, sulla logica e sul linguaggio, e da tutto il resto è "detronizzata"; il punto è invece, secondo me, che la scienza, con la tecnica come sua applicazione pratica e corollario infinito, è ideologica e filosofica, è un metodo che ha radici filosofiche, anche se è non propriamente e ed interamente filosofico, e, se secondo il "normale" operato della filosofia, si assume per buona una certa forma della fisis, a cui corrisponde un certo nomos, e si cessa di indagare, la filosofia in quanto tale ristagna, non sta succedendo niente di "anomalo" rispetto ai normali canoni della vita filosofica per come l'hanno concepita e indicata gli antichi, ci si è fermati a una certa analisi oggettiva del mondo e a una certa legiferazione umana conseguente prendendola per buona, le cose si muoveranno solo criticando e tentando di superare tale visione del mondo, insomma la tecnoscienza che oggi, nel nuovo millennio, sembra "escludere" la filosofia è, e "relegarla" a certi determinati ambiti, è essa stessa, una forma di filosofia, in gran parte criticabile e esaminabile con il metodo con cui si criticano ed esaminano tutte le forme di filosofia, spero di essere stato chiaro per grandi linee.


E' quello che è stato detto anche nel post recente sulle utopie, la scienza non si limita a descrivere il mondo/cosmo, descrive anche cosa dovremmo fare per la nostra felicità, è, e diviene, tecnologia, e la tecnologia è prerequisito al progredire della scienza, quindi la descrizione neutra del mondo a cui dovrebbe seguire il precorso umanamente migliore e prescelto per la felicità, sussume nascostamente anche il precorso per la felicità e il discorso sul percorso, l'indagine che la scienza dovrebbe fare sulla sola fisis, è su nomos e fisis insieme, e a queste condizioni non può esservi vera e innovante filosofia...


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

#5
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 15 Aprile 2021, 16:14:09 PM
Grazie, ma a cosa serve allora studiare il pensiero dei filosofi, se poi l'unico pilastro di ognuno di noi è se stesso? Di conseguenza, non è una perdita di tempo studiare l'altrui pensiero? E' vero: a certe conclusioni si arriva grazie all'esperienza personale, però a qualcosa servirà leggere e studiare il pensiero dei filosofi? Se sì, a cosa?



A che serve leggere di filosofia ? A fare ginnastica mentale, sviluppando un muscolo chiamato LOGICA.  ------------------------------------------------------------------------------------------ Poi ci sarà sempre chi nasce gracile e chi più muscoloso.  ----------------------------------------------------------------  I muscoli della LOCOMOZIONE INTELLETTUALE servono non per fare CULTURISTICO sfoggio di CULTURA.........bensì per andare da qualche parte ! Ovvero per giungere ad AUTONOME SINTESI ed OPINIONI circa il funzionamento del mondo......mentre i testi di filosofia si limitano NON AD ESSERE DEI MANUALI DI FUNZIONAMENTO del mondo, ma banalmente dei trattati analitici su significati sempre perfettamento soggettivi di singoli aspetti di esso. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alexander

Buon pomeriggio a tutti


Forse per mettere in crisi il dominio incontrastato della tecnoscienza bisognerebbe abbracciare le numerose forme di irrazionalità che si manifestano nel mondo e che hanno nei social  una grancassa e una possibilità di proselitismo . L'irrazionalità, la follia, il mettere in evidenza le continue contraddizioni, palesi e occulte, del "Re" lo potrebbero forse sbriciolare dall'interno, nel momento in cui masse sempre più numerose non si riconoscessero più, o addirittura si ribellassero violentemente, a questo dominio. Mettere in evidenza continuamente l'incapacità del "Re" di gestire la disuguaglianza, per esempio. L'incapacità di dare felicità a masse sempre più grandi di persone. Recuperare selvaggiamente idoli folli, semplicemente con lo scopo di indebolire il "re" sistematicamente, indebolirlo nelle sue istituzioni pseudo-democratiche, ma in realtà  funzionali agli interessi del "Re". Per questo passaggio, non si dovrebbe temere la sofferenza e la morte, come necessarie alla genesi di un mondo nuovo, in cui la fantasia e l'immaginazione riportassero l'umano al centro della società, progredendo inizialmente regredendo, come un saltatore che prende la rincorsa per il salto andando alcuni passi indietro. Recuperare lo slancio irrazionale che demolisce l'eccesso di ragione malata, asservita all'interesse, funzionale al mero guadagno materiale, ormai perduta in un percorso privo di sbocchi.

bobmax

Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 15 Aprile 2021, 16:14:09 PM
Grazie, ma a cosa serve allora studiare il pensiero dei filosofi, se poi l'unico pilastro di ognuno di noi è se stesso? Di conseguenza, non è una perdita di tempo studiare l'altrui pensiero? E' vero: a certe conclusioni si arriva grazie all'esperienza personale, però a qualcosa servirà leggere e studiare il pensiero dei filosofi? Se sì, a cosa?

Un conto è "servire a qualcosa" un altro essere un "pilastro".

Con pilastro si intende ciò di cui non si può fare a meno.

Vi sono davvero dei pensieri altrui di cui non si può assolutamente fare a meno nella nostra ricerca filosofica?

Direi proprio di no.
Se ce ne fossero sarebbero delle verità assolute di cui quei pensatori sono stati i depositari indispensabili.

Quindi nessun altro pilastro oltre a te stesso. Ma non nel senso delle tue personali esperienze. Te stesso in quanto ciò che sei, per davvero!

Perché anche l'apprendimento dei pensieri dei filosofi è esperienza. Che altro mai sarebbe?

Quindi esperienze che posso senz'altro essere utili, importanti.
Pure fondamentali... ma solo in quanto elaborate da te.

Quindi leggere, studiare, cercare... Ma perché?
Per la fede nella Verità!
Dove in gioco sei tu stesso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#8
@Niko. Ottima esposizione la tua.
È tanto che non leggo testi filosofici, ma a rigore non ne ho mai letto alcuno, in quanto le sole prime pagine diventavano causa del mio filosofare.
Allo scopo oggi trovo più congeniali saggi di divulgazione scientifica che traboccano di spunti filosofici.
Secondo me la filosofia poggia su due zampe , per dirla alla Viator.
1. Tutti hanno una loro filosofia, ma non tutti sanno di averla.
    Siccome essa influenza la nostra vita , val la pena considerare di esplicitarla, e la lettura del pensiero altrui, presente
    e passato ci aiuta in ciò, visto che nulla nasce dal nulla.
2. L'operato dell'uomo lo si nomina con diversi nomi o con gli stessi che diversamente designano, e perciò si celebrano
    nascite e si presenzia a funerali impropriamente.       
    Ma di novità alla fine ce ne sono poche, sebbene tutto tenda ad apparirci rivoluzionario.


Il solo operare usando coscienza basta a farci apparire nuovo ciò che gia' abbiamo fatto senza uso di coscienza.
La rivoluzione scientifica di fatto consiste nel fare in diverso modo ciò che è stato già fatto dalla natura o da noi che ne siamo parte.
È un po' la riscoperta dell'acqua calda, ma scottandosi.
Consiste nel rimasticare l'ovvio scoprendone la non ovvietà.
Perché le ovvietà ' non nascono dal nulla, ma sono basate sui fatti al pari della scienza, che infatti non può fare ameno di partire da queste. Esiste quindi una continuità nell'operare umano, anche quando non sembra.
Paradossalmente la superiorità  della scienza, il nuovo nome dato all'operare umano, si fonda su un malinteso che vorrebbe i mezzi della conoscenza come alieni all'uomo stesso.
Non è certo questa la strada che porta alla felicità, che rimane sempre quella di essere pienamente se stessi, in coscienza o meno.
   

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Il pilastro eterno su cui si regge la filosofia, come dice il suo nome, è la ricerca del sapere. A cosa serve il sapere ? Ad evitare di ripetere gli errori del passato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

#10
Citazione di: Ipazia il 15 Aprile 2021, 18:30:02 PM
Il pilastro eterno su cui si regge la filosofia, come dice il suo nome, è la ricerca del sapere. A cosa serve il sapere ? Ad evitare di ripetere gli errori del passato.


Salve Ipazia. Perdonami ma una uscita come questa è veramente indegna di te. Ma quando mai esperienza, filosofia, scienza hanno evitato il riprodursi (non li chiamo errori, perchè il giudizio potrebbe essere soggettivissimo) delle fondamentali problematiche umane ? E' chiaro - tra l'altro - che ad ogni nuova generazione debbono riproporsi situazioni ataviche affinchè i giovani apprendano a livello ESISTENZIALE, non certo CULTURALE..............le regole fondamentali del mondo.

Diversamente come farebbero i giovani a rappresentare il NUOVO ?. Essi sarebbero solamente uno zaino - ad ogni generazione più pesante - di verità acquisite al quale viene ogni volta data una semplice spruzzata di vernice.Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 15 Aprile 2021, 16:14:09 PM
a qualcosa servirà leggere e studiare il pensiero dei filosofi? Se sì, a cosa?
Per me confrontarsi con la "filastrocca di opinioni" della storia della filosofia è un "tirocinio" utile, per chi è incuriosito da certi temi e certi approcci, (almeno) sotto tre aspetti, connessi fra loro: si può imparare a comprendere il pensiero altrui, operazione spesso più difficile di quanto possa sembrare soprattutto se si cede alla tentazione di sbrigare la questione con un generico concordo/non concordo (o mi piace/non mi piace, in "stile social"); ci si può "addestrare" ad un'umiltà ricettiva, ovvero si impara quanto possa essere proficuo il confronto e il dialogo (seppur tramite libri) con chi ha affrontato alcuni temi prima di noi, non perché chi ha scritto libri abbia sempre ragione, ma perché fare i conti con un pensiero esterno al nostro solitamente fa bene al nostro stesso pensiero (fornisce, direttamente o indirettamente, spunti, argomenti e argomentazioni, etc.); si ha modo, infine, di fare i conti con la pluralità interpretativa e con l'incertezza che caratterizzano alcune domande, prendendo coscienza di come pensare in itinere sulle proprie gambe (senza dover essere per questo ciechi e sordi verso gli altri "itineranti", presenti o passati che siano) sia più faticoso dell'avere pilastri su cui appoggiarsi (scelta dunque di per sé non biasimabile).

Ipazia

Anche i giovani, se vogliono vedere più lontano, devono salire sulle spalle dei giganti che li hanno preceduti. E' una vecchia storiella.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

La filosofia è una battaglia di idee alimentata dall'illusione che la ragione sia un'attività autonoma, indipendente, e non piuttosto uno strumento umano utile alla sopravvivenza.
Con il crescere della raffinatezza della razionalità il gioco si è fatto sempre più serio, i partecipanti più ingegnosi, la posta in gioco il dominio intellettuale e quindi prestigio e potere.
Le dispute si succedono nel tempo. Alcune si estinguono perché nate da idee che la scienza ha dimostrato essere false. Altre vengono continuamente riprese ma con l'aggiunta di qualche nuova argomentazione tratta da discipline alla moda (es.: il libero arbitrio e le neuroscienze).

Ci sono tante buone ragioni per partecipare a questa impresa, e una solo pessima illusione da cui è bene difendersi fin dall'inizio: che l'esito di questa lunga battaglia sia la Verità.

Ipazia

Ci basterebbe la verità, che è la sommatoria di quello che sappiamo hic et nunc. Sapendo di non sapere quello che non sappiamo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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