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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Carlo Pierini il 30 Luglio 2018, 11:49:43 AM

Titolo: Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 30 Luglio 2018, 11:49:43 AM
Come ho già accennato altrove, da una ventina di anni sto elaborando la Complementarità degli Opposti (la cui logica è alla base del Taoismo orientale e della Dialettica occidentale) come Principio universale, cioè come principio valido in OGNI disciplina del sapere. Ne ho già sintetizzato le regole fondamentali e ne ho mostrato la validità nel campo delle discipline umane: Psicologia, Simbologia, Logica, Storia della cultura, Teologia, ecc..
In sintesi, la Complementarità si va configurando come un Principio metafisico le cui proprietà coincidono con gli attributi che da sempre l'uomo ha riconosciuto a Dio (onnipresenza, origine e legge delle cose, uni-trinitarietà, trascendenza, fonte di ispirazione di sogni e "visioni", di idee filosofiche e artistiche, ecc.)
Ma non sono ancora riuscito ad applicarlo alla Fisica, che è il traguardo finale della mia ricerca.
Perché ritengo che sia essenziale la dimostrazione della sua validità nel campo della Fisica?

1 - ...Perché questo è l'unico percorso che può condurre ad una unità ultima della Conoscenza, come già pensavano molti filosofi del passato:

<<Il concetto della Dottrina della scienza, dice Fichte, è quello di una scienza della scienza, cioè di una scienza che metta in luce il principio su cui si fonda la validità di ogni scienza e che a sua volta si fondi, quanto alla sua validità, sullo stesso principio. Essa deve quindi far capo ad un principio che agisce in ogni scienza e la condiziona: l'unico principio da cui l'intero sapere dev'essere dedotto>>.   [N. ABBAGNANO: Storia della filosofia - vol.V, pg.51]

<<Pietro Ispano diceva nelle Summulae Logicales: «...La Dialettica è arte delle arti e scienza delle scienze perché ha la via per giungere ai principi di tutti i metodi. (...) Nell'apprendimento delle scienze, la dialettica deve venir prima>>. [N. Abbagnano: Dizionario di filosofia – pg. 225]

<<Secondo Aristotele, la Metafisica procede al di lá della fisica, che è la prima delle scienze particolari, per raggiungere il fondamento comune su cui tutte si fondano e determinare il posto che a ciascuna compete nella gerarchia del sapere. (...) In questa scienza delle scienze Platone riconosceva la Dialettica>>. [N. ABBAGNANO: Dizionario di Filosofia - pg. 574]

<<Melantone, negli Erotemata dialecticae, vede nella Dialettica uno strumento atto ad apprendere e a insegnare tutte le discipline in quanto struttura logica di ogni argomentazione. (...)
Secondo Luis Vives, alla dialettica, emendata dalle degenerazioni medioevali (stigmatizzate nel terzo libro del "De tradendis disciplinis"), spetta addirittura l'indagine sui fondamenti di ogni disciplina, facendone una sorta di sinonimo della filosofia vista come ricerca del fondamento del sapere>>. [M. SACCHETTO: Dialettica, pp. 37/39].

...Ma c'è anche chi chiama "Logos" questa Scienza delle scienze:

<<Nella storia del pensiero il Logos è stato identificato con la ragione in quanto:
1 – sostanza o causa del mondo;
2 – persona divina.
La dottrina del Logos come sostanza o causa del mondo è stata per la prima volta difesa da Eraclito (...) che lo considerava come legge del mondo. (...) Questa concezione fu fatta propria dagli Stoici i quali videro nella ragione il "principio attivo" che ordina e guida il principio passivo, la materia. Il principio attivo, dicevano, è il Logos che è nella materia, cioè Dio. (...) Per Plotino il Logos è lo stesso Intelletto divino in quanto ordine del mondo. (...) Per la dottrina di Filone di Alessandria il Logos è un ente intermediario tra Dio e il mondo, il tramite della creazione divina>> [N. ABBAGNANO: Dizionario di Filosofia - pg. 547]

Ma, soprattutto:
2 - perché ci sono molte ottime ragioni per credere che un principio universale applicato alla materia fisica ci porterebbe prima o poi all'ambìta meta di attingere finalmente in modo pulito, economico ed ecologico ("ecologico" significa "conforme ai principi della natura") a quell'immensa riserva di energia di cui è fatta la materia (E=mc^2); ...e allora coltiveremmo i deserti, desalinizzeremmo l'acqua del mare, scongiureremmo le imminenti guerre per l'acqua e per il petrolio (nemmeno tanto imminenti), vinceremmo la fame e la povertà, fermeremmo lo scempio della distruzione delle foreste e l'inquinamento dell'atmosfera, invertendo il processo di riscaldamento del pianeta, ecc. ...Insomma, sarebbe una festa per l'intera umanità!!!
Questa sì che sarebbe una vera salvezza per l'uomo. E allora sì che sarebbe giustificato dare enfasi di sacralità alle "profezie" bibliche:

<<Poiché da me uscirà la Legge stessa, e farò sì che il mio giudizio riposi anche come una luce per i popoli>>.  (Isaia, 51: 4 )

<<Conoscerete la verità; e la verità vi renderà liberi>>.    (Giovanni, 8: 31)

<<Tornerò a Sion e siederò in mezzo a Gerusalemme; e Gerusalemme sarà chiamata 'la città di verità'>>.  (Zaccaria: 8,3)

<<Il trono di Dio e dell'Agnello sarà nella città; i suoi servi lo serviranno; essi vedranno il suo volto e il suo nome sarà sulle loro fronti>>. (Apocalisse, 22, 3-5)

<<...E vidi un nuovo cielo e una nuova terra. ...E vidi la nuova Gerusalemme scendere dal cielo vestita come una sposa ornata per il suo amato. Ecco, la tenda del Signore è col genere umano ed Egli risiederà con loro, ed essi saranno suoi popoli. E Dio stesso sarà con loro ed asciugherà ogni lacrima dai loro occhi>>. (Apocalisse, 21:1- 6)
Titolo: L’idea di un Principio universale nella storia del pensiero - Parte 1
Inserito da: Carlo Pierini il 31 Luglio 2018, 00:21:12 AM
L'idea di un Principio universale nella storia del pensiero.

Parte 1

"Un giorno certamente scopriremo il principio sotteso all'esistente, e sarà così semplice, così bello e così elementare che esclameremo stupiti: «Ah, come abbiamo potuto esser tutti così ciechi e così a lungo!»". [J. A. WEELER: Gravità e spazio-tempo]

"Per Eraclito, questa connessione dialettica che produce armonia mediante opposizione non è un modo tra i tanti con cui opera la Natura, ma è il modo fondamentale con cui essa si dispiega producendo cose ed eventi (...). Analogamente, per i taoisti, il nesso tra Yin e Yang non è un nesso tra gli altri, non è uno dei tanti rapporti tra opposti, ma è il prototipo di ogni rapporto oppositivo, anzi, l'unico nesso in grado di spiegare la costituzione delle cose e la formazione degli eventi. (...) Lo Yin e lo Yang si riflettono, si sovrappongono, si regolano l'un l'altro, (...) Regolano reciprocamente l'ordine del loro susseguirsi, inducono reciprocamente il volversi dei loro turni (...) secondo la modalità dell'alternanza (...), secondo la modalità della complementarità (...) e della continuità".   [G. PASQUALOTTO: Il Tao della filosofia - pp. 31-32]

"Ho trovato un luogo in cui Tu sarai scoperto in maniera rivelata, luogo cinto dalla coincidenza degli opposti. Ed è questo il muro del paradiso nel quale tu abiti, la cui porta è custodita dallo spirito più alto della ragione, che bisogna vincere se si vuole che l'ingresso si apra. Ti si potrà vedere al di là della coincidenza degli opposti, ma mai al di qua". [N. CUSANO: De visione Dei]

"La bi-unità divina risponde a un bisogno fondamentale dell'essere umano: la reintegrazione dell'uomo nel Cosmo attraverso un'assoluta unificazione; in essa scompaiono gli estremi e si fondono i contrari".   [M.  Eliade: Il mito della reintegrazione - pg. 55]

"[Nella cultura andina] il principio di complementarità si manifesta ad ogni livello e in tutti gli ambiti della vita, tanto nelle dimensioni cosmica e antropologica quanto in quelle etica e sociale. L'ideale andino non è l'estremo, uno dei due opposti, ma l'integrazione armoniosa dei due. (...) E' opportuno, quindi, vedere più da vicino la familiarità della filosofia andina col pensiero dialettico occidentale. Ci sono molti indizi che permettono di qualificare la razionalità andina come 'dialettica', sia nella struttura sotterranea di concepire la realtà sia nell'abbondanza di indicazioni fenomenologiche".   [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pg.129]

"Secondo Socrate, solamente mediante un pensiero dialogico o dialettico possiamo avvicinarci alla conoscenza della natura umana".   [E. CASSIRER: Saggio sull'uomo - pg.51]

"Una teoria psicologica che voglia essere più di un semplice sussidio tecnico deve fondarsi sul principio dei contrari; senza tale principio potrebbe ricostruire soltanto una psiche nevroticamente squilibrata. Non esiste equilibrio e non esiste sistema autoregolantesi senza un termine di opposizione". [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.110]

"La polarità della struttura della psiche è in comune con tutti i processi naturali. Questi ultimi sono fenomeni energetici che scaturiscono sempre da uno stato "meno probabile" di tensione tra gli opposti. Questa formula si rivela di particolare importanza per la psicologia, nella misura in cui la coscienza esita di solito a riconoscere o ad ammettere il carattere di polarità del suo sfondo, anche se proprio da quest'ultimo trae la sua energia".  [JUNG: Mysterium coniunctionis  - pg. 8]

"Matte Blanco insiste sull'antinomicità costitutiva dell'essere e, contemporaneamente, sulla sua profonda unità".  (...) L'antinomia costitutiva può essere risolta in una Super-logica, in cui entrambi i modi di essere siano presenti come aspetti parziali, non più incompatibili, al livello di una superiore unità".  [M. DURST: Dialettica e bilogica - pg. 68]

"Il principio di complementarietà di Nils Böhr era niente meno che un tentativo per costruire la pietra angolare di una nuova epistemologia. Quando «nella prospettiva filosofica generale... ci si presentano situazioni che richiamano quella della fisica quantistica», non significa che queste situazioni siano in qualche modo un pallido riflesso, o «vaghe analogie», di un principio che risulta fondamentale soltanto nella fisica quantistica; piuttosto è la situazione della fisica quantistica che rappresenta soltanto un riflesso di un principio onnipervadente. (...)  Bohr dedicò una notevole quantità di duro lavoro ad esplorare le possibilità di applicazione della complementarietà ad altri campi del sapere; egli attribuiva a questo compito un'importanza non minore delle sue ricerche puramente fisiche".  [G. HOLTON: L'immaginazione scientifica - pg.132]

"Siamo convinti ch'esse sole [la scienza e la dialettica] saranno quelle che stabiliranno saldamente e porteranno a eterna conoscenza quel sistema, ch'è stato presente più spesso di quanto non pensiamo, ma è sempre di nuovo scomparso, e che pure è presente a noi tutti, ma da nessuno ancora colto completamente".    [PAREYSON: Schelling, presentazione e antologia - pg.331]

"La dialettica non è stata creata da accorgimenti umani, ma è fondata dalla natura stessa, è stata creata dall'Autore di tutte le arti che sono veramente arti, scoperta dai sapienti ed usata per il vantaggio di ogni solerte indagine sulle cose".  [G. SCOTO ERIUGENA: De divisione Naturae, IV, 4]

"La dialettica è per Hegel la legge del mondo e della ragione che lo domina. Essa è la trascrizione filosofica del concetto religioso di provvidenza. Ha infatti il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare i conflitti, ridurre ogni cosa all'ordine e alla perfezione del tutto".   [N. ABBAGNANO: Storia della filosofia, vol.V - pg.108]

"O le leggi della dialettica sono universali e ineluttabili, e quindi dovrebbero trovare la loro reale manifestazione nella storia, oppure sono deboli, parziali e insufficienti, e quindi non possono manifestarsi neanche in altre sfere del sapere, e ovunque la loro deduzione dovrebbe esser priva di ogni necessità. Queste leggi portano però in se stesse il criterio della loro necessità; perciò la storia, questa pietra di paragone di ogni speculazione, ce le dovrà manifestare sub specie aeternitatis nella sfera degli atti. Ma se queste leggi non trovano nella storia la loro esatta realizzazione, vengono private del loro più sicuro appoggio. Se quindi non le accerta nella storia, la filosofia commette o un suicidio o un infanticidio, poiche o distrugge se stessa o annulla i propri corollari".    [AUGUST von CIESZKOWSKI: Prolegomeni alla storiosofia - pg.68]

"Il sapere è nella sua essenza stessa dialettico. Può avere sapere solo chi ha domande, e le domande abbracciano in sé gli opposti del sì e del no, del così e altrimenti. Solo perché il sapere è in questo senso dialettico può esservi una «dialettica» che prende a proprio oggetto in modo esplicito gli opposti del sí e del no. Il problema, apparentemente troppo particolare, se sia possibile un'unica scienza degli opposti, contiene dunque in sé il fondamento stesso della possibilità della dialettica".     [H.G. GADAMER: Verità e metodo 1 - pg.421/22]

"Per Gérard Pislor si tratta di fondare l'universalità della dialettica, cioè di dimostrare che essa costituisce la logica generale di ogni settore della realtà. Tale fondazione avviene attraverso la dimostrazione di due teoremi:
1 – Ogni insieme complesso e strutturato comporta inevitabilmente una opposizione dialettica.
2 – Un insieme complesso in divenire obbedisce a una struttura di sviluppo (...) che possiamo chiamare «struttura dialettica di base»".  [MASSIMO BARALE: Presentazione di G. Pislor, in: Dialogica e dialettica, di AA. VV. – pg. 129]

"Dev'esserci nel nostro sapere un principio generale di mediazione, ch'è l'unico fondamento del sapere. [...]
Poiché ogni vero sistema (come ad esempio quello dell'universo) deve avere in se stesso il fondamento del proprio sussistere, occorre dunque, se c'è un sistema del sapere, che il suo principio si trovi all'interno del sapere stesso.
Questo principio non può essere che uno. [...] È impossibile che la verità di tutte le proposizioni del sapere sia assolutamente uguale, se esse traggono la loro verità da principi diversi; in tutto il sapere deve perciò esservi un unico principio (mediatore).
Questo principio è mediatamente o indirettamente principio di ogni scienza, ma immediatamente e direttamente soltanto principio della scienza di tutto il sapere, o della filosofia trascendentale". [L. PAREYSON: Schelling: presentazione e antologia - pp.203-4]  

"È necessaria l'esistenza e l'ammissione d'un principio nella cui fede gli uomini possano riconoscersi, affratellarsi, associarsi; - che questo principio dovendo porsi a base della riforma sociale, dev'essere necessariamente ridotto ad assioma e, una volta dimostrato, sottrarsi all'incertezza e all'esame individuale che potrebbe, revocandolo in dubbio ad ogni ora, distruggere ogni stabilità di riforma: - che a rimanere inconcusso, è d'uopo rivesta aspetto di verità d'un ordine superiore, indistruttibile, indipendente da' fatti, e immedesimato col sistema morale dell'universo: - che, fuori da esso, tutto è mutabile e progressivo, perché tutto è applicazione di questo principio; e il tempo svolgendo via via nuove relazioni tra gli esseri, amplia la sfera delle applicazioni: e finalmente che questo principio, avendo a stabilire un vincolo d'associazione tra gli uomini, deve costituire per tutti un'eguaglianza di natura, di missione, d'intento. Altri vedrà qual sia questo principio, ridotto ad espressione astratta nelle regioni filosofiche. Noi per ora, rintracciamone l'applicazione politica".   [G. MAZZINI: Del mancato sviluppo della libertà in Italia (1832), da Scritti politici – pg. 264-265]

"Rammentiamo ora le parole di Gesù riportate nel Vangelo gnostico di Tomaso: «Io sono il Tutto, il Tutto è venuto da me ed il Tutto ritorna a me. Prendi un pezzo di legno, io sono lì; solleva una pietra e mi troverai lì»; e aggiungiamo le parole di Krishna nella Bhagavad Gita indiana: «Io sono l'origine di tutto; da me tutte le cose procedono... lo sono il Sé, stabilito nei cuori di tutti gli esseri, il loro inizio, il loro mezzo e il loro fine... Sono il principio dell'armonia nel bene»".  [J. CAMPBELL: Mitologia creativa - pg.326]

"Per i testi sacerdotali il Brahman era (...) un principio cosmico eterno e immutabile (...) fondamento di tutto ciò che è, principio e fine di tutte le cose".   [G. J. BELLINGER: Enciclopedia delle religioni, Garzanti - pg.78]

"La prima e fondamentale funzione che Cartesio riconosce a Dio è quella di essere il principio e il garante di ogni verità". [N. ABBAGNANO: Filosofia moderna dei secoli XVII e XVIII - pg.19]

"[Per Spinoza] pensare Dio e pensare una legge universale dell'essere e dell'accadere, significa la stessa cosa, e viceversa, qualsiasi limitazione a questa legge significa una limitazione posta a Dio e quindi la sua negazione".  [E. CASSIRER: Dall'umanesimo all'illuminismo - pg. 293]  

"Nella tradizione indú incontriamo il tema di Mahâkâcypa che dorme in una montagna, ma si desterà, al suono delle conche, al momento del nuovo manifestarsi del principio, già apparso nella forma del Buddha. Un tale periodo è anche quello della venuta di un «signore universale » - cakravartî - portante il nome di Cankha: ma cankha vuole appunto dire  «conca», onde, attraverso questa assimilazione verbale, si esprime l'idea di un risveglio dal sonno in funzione della nuova manifestazione del «Re del Mondo» e della stessa tradizione primordiale che il racconto in questione concepisce racchiusa, nei periodi intermedi di crisi, appunto in una «conca»".      [J. EVOLA: Il mistero del Graal - pp.42-3]

"Con Ernst Heinrich Haeckel (1834-1919), studioso di scienze naturali, si avverte il tentativo di un superamento del puro meccanicismo, postulando un principio superiore da cui deriverebbero sia la materia che lo spirito". [F. BRANCATO: Storia e Storiografia nell'età del positivismo - pp. 69-70]

"Il mito non è affatto un mero prodotto dell'immaginazione, non è l'opera di una mente imperfetta o squilibrata, non è un aggregato di sogni o allucinazioni, di idee stravaganti e fantastiche; il ruolo giocato dal mito nell'evoluzione dello spirito umano è lontanissimo da tutto ciò. Il mito è la prima risposta data agli enigmi dell'universo. Esso tenta, benché in una maniera incompleta e inadeguata di scoprire il principio e la causa delle cose. (...) Il mito non si accontenta di descrivere ciò che le cose sono, ma ne insegue le origini, vuol conoscere il loro perché. Contiene una cosmologia e un'antropologia generale. E molte delle grandi cosmologie mitologiche (...) non mancano di un autentico acume e profondità di pensiero".  [E. CASSIRER: Simbolo, mito e cultura – pg. 191]

"La natura, secondo Schelling, ha vita, razionalità e quindi valore  in se stessa. Deve avere in sé un principio autonomo che la spieghi in tutti i suoi aspetti. E questo principio deve essere identico con quello che spiega il mondo della ragione e dell'io, quindi la storia. Il principio unico dev'essere insieme soggetto e oggetto, attività razionale e attività inconsapevole, idealità e realtà. Tale infatti è l'Assoluto di Schelling".  [N. ABBAGNANO : Storia della filosofia, vol. V -pp.77-78]

Continua...
Titolo: L’idea di un Principio universale nella storia del pensiero - Parte 2
Inserito da: Carlo Pierini il 31 Luglio 2018, 00:22:40 AM
L'idea di un Principio universale nella storia del pensiero.

Parte 2

"Per J. Joyce il sacro è sempre radicato nel profano come un universale che si inserisce e s'incarna negli umili dettagli della vita quotidiana".  [L. MALDONADO: Religiosità popolare - pg. 159]

"Il destino dell'essere umano è uno solo, una sola fede e una sola aspirazione in cerca di una Conoscenza Universale che rompa le frontiere false del tempo e dello spazio entro le quali si è rinchiusa". [CARLOS MILLA: Génesis de la Cultura andina - pg.26]

"Il concetto della Dottrina della scienza, dice Fichte, è quello di una scienza della scienza, cioè di una scienza che metta in luce il principio su cui si fonda la validità di ogni scienza e che a sua volta si fondi, quanto alla sua validità, sullo stesso principio. Essa deve quindi far capo ad un principio che agisce in ogni scienza e la condiziona: l'unico principio da cui l'intero sapere dev'essere dedotto. «Noi non siamo i legislatori, ma gli storiografi dello spirito umano»".      [N. ABBAGNANO: Storia della filosofia - vol.V, pg.51]

"[Secondo Foucault] l'episteme moderna manifesta la tendenza a procedere dal piano superficiale degli esseri a quello profondo: «Il sapere diviene la messa in campo di strategie teoriche che riconducano il visibile ad un principio invisibile che fonda e spiega contemporaneamente il visibile. Sapere è, d'ora in poi, sia ricondurre un visibile ad un invisibile sia mostrare la relazione tra il principio interno che viene alla luce e i suoi tratti visibili. Occorre penetrare nelle cose perché possa apparire completamente il loro essere».[N. ABBAGNANO: Storia della filosofia, vol. VIII - pg.392]

"Si riuscirà mai a giungere ad una teoria unitaria che riveli ogni aspetto della realtà? Sì, se si abbandonano le attuali ipotesi riduzionistiche.
È una sorta di filo rosso che percorre tutta la fisica moderna, sin da quando i due più grandi accadimenti scientifici di questo secolo, la nascita della relatività e della meccanica quantistica, ne cambiarono profondamente la struttura: la sensazione di avere a portata di mano gli strumenti concettuali per formulare una «teoria del tutto». (...) C'è di fatto la sensazione (...) che l'essere stati in grado di superare i limiti della intuizione antropomorfa nella rappresentazione di tali fenomeni possa essere il segno che sia forse tempo di avviare una ambiziosa scommessa di universalizzazione e di unificazione nel processo conoscitivo. Quindi un fatto culturale di spessore e profondità che ha precedenti solo negli onnicomprensivi disegni cosmogonici di grandi culture ormai trascorse nell'annullamento.
Che cosa c'è di presuntuoso e ingenuo in questa sensazione e che cosa invece è il germe di una svolta grandiosa nella globalizzazione della consapevolezza del nostro essere forse unici nell'universo, capaci dell'illusione di ambire a conoscere le regole del grande gioco della natura?"     [M.RASETTI: La Stampa, 17/4/97]

"Una ricchezza di fatti non significa necessariamente una ricchezza di pensiero. A meno di trovare un filo d'Arianna che ci porti fuor da questo labirinto non si potrà giungere ad una vera conoscenza del carattere generale della cultura umana; ci si troverà sperduti fra una massa di dati sconnessi e disgregati che sembrano escludere qualsiasi unità ideale".  [E. CASSIRER: Saggio sull'uomo - pp.74-5]

"Sotto lo sguardo della filosofia, il quale vuole abbracciare il mondo come unità assoluta, particolarmente la varia molteplicità dei simboli, come in genere ogni molteplicità, si deve dissolvere: la realtà ultima, la realtà dell'essere in sé deve diventar visibile. (...)
Il detto di Eraclito en tò sofón è in tal senso diventato la parola d'ordine della filosofia: fu un monito e un'esortazione a cercare dietro il fasto variopinto dei sensi, dietro la molteplicità e la varietà delle forme di pensiero l'unica luce non rifratta della conoscenza pura". [E. CASSIRER: Filosofia delle forme simboliche - vol.3° - pp.3-4]

"Senza dubbio è un fatto abbastanza provato che vi sono state e vi sono diverse filosofie; ma l'istinto della ragione ha l'invincibile sentimento, o la fede, che la verità è una sola".  [HEGEL: Lezioni sulla storia della Filosofia - pg.27]

"Un sistema presuppone sempre, se non una realtà che resti sempre identica a se stessa, almeno una struttura immutabile. In realtà, questa identità strutturale formale e non materiale è stata sempre messa in evidenza dai grandi storici".  [E. CASSIRER: Saggio sull'uomo - pp.292-3]

"L'unità della conoscenza sembra poter essere garantita solo in quanto ogni sapere, a qualsiasi specie di oggetti si riferisca, viene concepito come rigorosamente omogeneo. La diversità del contenuto del sapere non deve e non può implicare alcuna diversità nel principio della certezza e neppure nel metodo". [E. CASSIRER: Saggio sull'uomo - pp.108-9]

"Prese nel loro insieme le scienze si identificano con la sapienza umana che resta sempre una e la stessa anche quando si applica a diversi oggetti, che non subisce differenziazioni per la varietà di questi oggetti più che la luce del sole non venga differenziata dalla varietà delle cose che illumina".   [DESCARTES: Regulae ad directionem ingenii, I, pg.360]

"Per pensare l'essenza di qualcosa è necessario porre un fondamento comune originario, un'identità assoluta di identico e altro che renda possibili gli atti di sintesi e discernimento dell'identità e di alterità nei concetti e nei giudizi. Inoltre, il fondamento comune deve essere formulabile con un principio assolutamente primo del pensare. (...) Inoltre, tale principio primo del pensare deve essere altresí un principio ontologico-trascendentale (...).
In altre parole, il principio epistemologico assolutamente primo del pensare deve essere anche il principio assolutamente primo dell'essere cosí come del sapere, ossia un sapere originario che sussista". [D. E. KLEMM: Il desiderio di conoscere Dio nella dialettica di Schleiermacher, in A.A. V.V.: La dialettica nella cultura romantica – pg. 139]

"La scienza occidentale si sta avvicinando a uno spostamento di paradigma di proporzioni senza precedenti, che trasformerà i nostri concetti sulla realtà e sulla natura umana, colmando il divario tra saggezza antica e scienza moderna, e che riconcilierà la diversità tra spiritualità orientale e pragmatismo occidentale. (...) Molti ricercatori ritengono che il nuovo paradigma dovrebbe rendere possibile colmare il divario che separa la nostra psicologia e psichiatria dalla profonda saggezza del sistema di pensiero antico e di quello orientale".  [S. GROF: Oltre il cervello - pp. 30-31]

"Lo scopo della filosofia consiste o nel riconoscere una verità come fonte, dalla quale soltanto sgorgano tutte le altre cose, tutte le leggi della natura, tutte le manifestazioni della vita e della coscienza, di cui esse sono soltanto il riflesso, oppure, con un procedimento apparentemente opposto, nel ricondurre tutte queste leggi e fenomeni a quell'unica verità, però per intenderle alla luce di essa, vale a dire per riconoscere la loro derivazione da essa".  [HEGEL: Lezioni sulla storia della Filosofia - pg. 30]

"L'importanza di Raimondo Lullo consiste nella sua concezione di una logica intesa come scienza universale, fondamento di tutte le scienze (Ars Magna). Poiché ciascuna scienza ha principi propri, diversi dai principi delle altre scienze, vi deve essere una scienza generale nei cui principi quelli delle scienze particolari siano impliciti e contenuti come il particolare è contenuto nell'universale".  [N. ABBAGNANO: Filosofia medioevale - pg.328]

"La polarità, è definita da Schelling come «l'identità nella duplicità e la duplicità nell'identità». Come tale è la sorgente universale e dinamica dell'attività".  [N. ABBAGNANO - Storia della filosfia , vol. V - pg. 85]

"Secondo Cohen, «...opposti come l'immediatezza e la mediazione, l'unità e la pluralità, la permanenza e il divenire, l'ideale e il reale (...), si implicano l'un l'altro come i poli di un magnete quando sono applicati a una entità significante...». Ma essi sarebbero anche casi particolari di un principio più vasto che egli chiama principio di polarita' ".  [N. ABBAGNANO - Storia della Filosofia, vol. VI - pg. 291]

"La parte formale della Dialettica di Schleiermacher considera il pensiero del suo divenire, il pensiero in movimento, cioè in quanto si avvale dell'idea del mondo e di Dio come di un principio costruttivo del sapere. (...) L'attivítà etica è quella che tende a superare l'opposizione e a realizzare l'unità. Essa è l'azione della ragione, diretta a produrre l'unità di natura e spirito che senza questa azione non ci sarebbe ". [N. ABBAGNANO - Storia della filosfia , vol. V - pp 38-40]

"L'essere degli esseri è unico. Generando, si separa in due principi".  [J. BÖHME: Dell'impronta delle cose - pg.214]

" Dio ha creato l'uomo da due nature massimamente distanti tra loro, congiungendole in un'unica natura e in un'unica persona ".    [BONAVENTURA: Braeviloquium, II, 10]

" [Per Schleiermacher] il carattere che contrassegna la dialettica moderna di fronte a quella antica è la sua religiosità.  Per la dialettica moderna l'unità e la totalità del sapere è possibile solo in connessione con la coscienza religiosa di un Essere assoluto. Tale coscienza è il presupposto originario della dialettica, la quale deve partire da uno stato di diversità e di conflitto delle rappresentazioni tra di loro e deve giungere all'unità e alla coerenza delle rappresentazioni. Ma per procedere dal suo punto iniziale al suo punto finale, dalla molteplicità all'unità, dal conflitto alla coerenza, essa deve presupporre un sapere originario e originarie regole di combinazione, che devono essere ammessi come interni a tutti gli uomini e che la dialettica stessa deve chiarire e portare alla luce.
Su questo fondamento la dialettica ha come suo fine la costruzione di tutto il sapere nella sua coerenza, [...] l'eliminazione di ogni conflitto e l'unificazione del sapere frammentario in un tutto coerente". [N. ABBAGNANO - Storia della filosfia - Vol 5 - pp 38-40]

"Noi usiamo il Principio primo nel conoscere ogni cosa particolare, quindi dobbiamo averne una qualche conoscenza, e possiamo dedurne l'universale necessità per tutto il sapere. In questo senso il principio primo è essenzialmente unito a ogni conoscenza. (...) Pensare il principio primo è pensare l'essenza di Dio".   [D. E. KLEMM: Il desiderio di conoscere Dio nella dialettica di Schleiermacher, in A.A. V.V.: La dialettica nella cultura romantica – pg. 147]

"Per l'uomo andino, Dio è una forza ordinatrice dell'universo, la garanzia universale dell'ordine cosmico, pachasofico e etico. E' la giustizia universale e il suo garante che ristabilirà sempre l'equilibrio alterato". [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pg. 270]
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Raffaele Pisani il 31 Luglio 2018, 14:25:27 PM
Mi sembra un progetto grandioso e, spero mi si permetta di dirlo, anche pretenzioso. Oriente e Occidente, filosofia e teologia, fisica e scienze sociali; da questo miscuglio dovrebbe uscire la risposta di cui l'umanità potrà godere? Io mi sento più portato alla considerazione di cose più modeste, che possano comunque trovare qualche nesso logico e qualche riscontro empirico. Comunque vedremo, intanto, en attendant Godot, candidamente mi dedico a coltivare il mio orto.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Kobayashi il 31 Luglio 2018, 16:10:42 PM
L'unica utilità di una conoscenza così universale (e in quanto tale priva di nozioni specifiche che potrebbero concretamente ampliare il sapere) mi sembra quella di fornire al soggetto l'illusione di poter controllare ogni cosa.
Però al di là di questa ossessione psicologica non vedo proprio che cosa se ne possa ricavare da una nuova metafisica.
La metafisica, intesa come pensiero sistematico etc., mi pare sia morta da qualche secolo...
Nulla vieta di tornare ad essa, ma solo come progetto personale di comprensione del mondo e del sapere, non come proposta che possa essere seguita da altri al fine di costruire un nuovo orientamento filosofico efficace, tenendo conto dello stato attuale della nostra cultura.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 31 Luglio 2018, 17:18:21 PM
Citazione di: Raffaele Pisani il 31 Luglio 2018, 14:25:27 PM
Mi sembra un progetto grandioso e, spero mi si permetta di dirlo, anche pretenzioso. Oriente e Occidente, filosofia e teologia, fisica e scienze sociali; da questo miscuglio dovrebbe uscire la risposta di cui l'umanità potrà godere? Io mi sento più portato alla considerazione di cose più modeste, che possano comunque trovare qualche nesso logico e qualche riscontro empirico. Comunque vedremo, intanto, en attendant Godot, candidamente mi dedico a coltivare il mio orto.


CARLO
Non pretenzioso, ...pretenziosissimo!!!  :)
Ma la colpa non è mia. I principi universali sono fatti così! Vedi il principio di gravità: anch'esso fa un miscuglio di tante cose diverse, come la caduta dei corpi, le maree, le eclissi di Sole e di Luna, il moto dei pianeti, delle stelle e delle galassie, ecc..
Io mi accontenterei di dimostrarne la validità in Fisica (il "riscontro empirico"), poi andrebbe avanti da solo, con le sue proprie gambe. Ma purtroppo si tratta di un argomento colossale che va molto al di là delle possibilità intellettuali di una persona sola e che, per essere sviluppato come merita, avrebbe bisogno dell'impegno di una molteplicità di menti consapevoli della sua importanza
Infatti, quando una ventina di anni fa mi resi conto che avevo davvero a che fare con un principio universale, cioè, con un criterio ultimo di verità, avendo ancora un'idea romantica della filosofia e non sapendo nulla di quanto essa fosse "passata al nemico", mi affacciai a un NG di filosofia immaginando frotte di pensatori in cerca della verità ("filo-sophia") che mi avrebbero accolto a braccia aperte e che si sarebbero affiancati alla mia ricerca in così tanti, che nel giro di qualche anno avremmo rivoluzionato il mondo!
Ecco, da quel giorno non ho trovato che ostilità, insulti e dileggiamenti personali da una parte, e dall'altra un silenzio sepolcrale di fronte a qualunque tentativo di mostrare la fondatezza dell'argomento. Un vero trionfo!
Ma devo dire che tu sei uno dei pochi, anzi dei pochissimi (non più di cinque in vent'anni) che si è degnato di esprimere un parere, sia pur negativo, sulla questione. A te vanno comunque i miei ringraziamenti.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 31 Luglio 2018, 18:04:02 PM
Citazione di: Kobayashi il 31 Luglio 2018, 16:10:42 PM
L'unica utilità di una conoscenza così universale (e in quanto tale priva di nozioni specifiche che potrebbero concretamente ampliare il sapere) mi sembra quella di fornire al soggetto l'illusione di poter controllare ogni cosa.

CARLO
La scoperta di leggi e di principi ha sempre contribuito all'evoluzione del sapere.

KOBAYASHI
Però al di là di questa ossessione psicologica non vedo proprio che cosa se ne possa ricavare da una nuova metafisica.

CARLO
Se l'amore per la conoscenza (filo-sophia) è un'ossessione psicologica, l'ignoranza e la superstizione sono forse il trionfo dell'equilibrio psichico?

KOBAYASHI
La metafisica, intesa come pensiero sistematico etc., mi pare sia morta da qualche secolo...

CARLO
...E insieme a lei è morta anche la filosofia.
Ma se il Logos muore, è solo per "tre giorni", poi risorge.

KOBAYASHI
Nulla vieta di tornare ad essa, ma solo come progetto personale di comprensione del mondo e del sapere, non come proposta che possa essere seguita da altri al fine di costruire un nuovo orientamento filosofico efficace, tenendo conto dello stato attuale della nostra cultura.

CARLO
Un principio superdisciplinare è qualcosa di più di un semplice orientamento filosofico.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 01 Agosto 2018, 16:00:57 PM
Trovo interessante la domanda che intitola il topic: perché ridurre tutto al monismo di un principio unico e omniesplicativo (assecondando il datato monismo teleologico della filosofia classica occidentale)?
Magari sarebbe bello se ci fosse (da "scoprire"), tuttavia se non c'è e impostiamo un'interpretazione tale da crearlo, finiamo per ottenere una "chiave di lettura" di fatto non utilizzabile (poiché mancherebbe "la porta" da aprire), e allora dopo aver fatto "la chiave", dobbiamo costruire anche "la serratura" per poterla usare (in questo caso, "la serratura" è un contesto di citazioni scelte per "assonanza linguistica", accostando "dialettiche" differenti fra loro, "complementarietà" differenti fra loro, etc. accomunate solo dalla ricorrenza della medesima parola: ad esempio, "dialettica" non significa esattamente lo stesso in Platone, Aristotele, Hegel e Gadamer, anche se tutti e quattro usano la stessa parola... chiedo inoltre: la "complementarietà" andina è la stessa di cui parla Bohr?).

Il "principio di complementarietà" ("principio" in senso interpretativo, per essere onto-metafisico dovrebbe avere requisiti che non possiamo verificare e che non sarebbero applicabili alle contingenti attività culturali umane) non è forse una rivisitazione interdisciplinare dell'"omnis affirmatio est negatio"? Possiamo rilevare che ogni affermazione comporti una negazione (e viceversa), per cui dato "a" subito poniamo anche "non-a", e quindi c'è comunque una relazione dialogica fra i due. Le ripercussioni di questo processo di individuazione spaziano in tutti i settori di applicazione dell'intelletto umano.
Tuttavia, all'atto pratico, materialismo e misticismo si escludono, olismo e riduzionismo si escludono (non si possono tenere i piedi in entrambe le staffe ;) ), due paradigmi epistemologici contrari si escludono (partendo da assiomi incompatibili), etc. al punto che definirli "complementari" significa affermare che se non si propende da una parte, si propenderà dall'altra, ma in fondo qual'è la conseguenza "spendibile" di tale constatazione? 
Ad esempio, rilevare la complementarietà fra teismo e ateismo, cosa comporta, se non una tassonomia dicotomica (in stile platonico)?

Non si tratta di un principio che vuole, con il suo monismo, riunire tutti i dualismi semplicemente relazionandoli in una cornice superiore, in una mappatura del sapere in tutti i suoi ambiti? Come si può passare da questo relazionare differenti approcci all'applicare una "complementarietà fisica", ottenendo risultati come coltivare deserti, scongiurare le guerre e vincere la povertà? Non mi è chiaro il passaggio da "sistematizzazione della conoscenza" a "acquisizione di una conoscenza senza precedenti" (se metto in ordine la mia biblioteca dei libri già letti, catalogando i testi per "complementarietà reciproca", non dovrei ottenere nuovi volumi da leggere...).

Inoltre: la non-complementarietà che ruolo gioca (se lo gioca)? Anch'essa è complementare alla complementarietà o le due sono non complementari? C'è qualcosa di non-complementare che resta fuori dal "principio di complementarietà"?



P.s.
Mi scuso per le molte domande, ma mi servono per capire meglio in quale prospettiva ci stiamo muovendo...

P.p.s.
Complimenti per l'accurato e vasto lavoro filologico  :)
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 01 Agosto 2018, 20:04:04 PM
PHIL
Trovo interessante la domanda che intitola il topic: perché ridurre tutto al monismo di un principio unico e omniesplicativo (assecondando il datato monismo teleologico della filosofia classica occidentale)?

CARLO
Non si tratta di monismo, ma di unità. In termini dialettici si parla di monismo quando, tra due opposti, si assolutizza l'uno e si dichiara l'altro apparente, come ti accennavo nel thread: "Dopo la morte del soggetto la realtà continua ad esistere?" (Risp. #21). Scrivevo:

<<La storia della filosofia è lastricata di operazioni ingenue come la tua, cioè di paradigmi che di fronte ad una coppia di entità opposte dichiarano (squilibratamente) fondamentale l'una e apparente l'altra. Si è dichiarata apparente la Materia in nome dello Spirito (manicheismo) e lo Spirito - o la mente - in nome della Materia - o del cervello - (scientismo); la Ragione in nome della Fede (mistici) e la Fede in nome della Ragione (atei); l'Essere in nome del Divenire (Eraclito) e il Divenire in nome dell'Essere (Parmenide); la Legge in nome della Libertà (anarchia) la Libertà in nome della Legge (dittatura); la fedeltà in amore in nome dell'emancipazione (libertinismo) e l'emancipazione in nome della fedeltà (cattolicesimo); l'Etica in nome della Natura (Nietzsche) e la Natura in nome dell'Etica (spiritualisti), ecc.. Tu invece sacrifichi l'Oggetto sull'altare del Soggetto, mentre gli scienziati classici ritengono fondamentale l'Oggetto e lasciano il Soggetto fuori dalla Scienza>>.

PHIL
Magari sarebbe bello se ci fosse (da "scoprire"), tuttavia se non c'è e impostiamo un'interpretazione tale da crearlo, finiamo per ottenere una "chiave di lettura" di fatto non utilizzabile (poiché mancherebbe "la porta" da aprire), e allora dopo aver fatto "la chiave", dobbiamo costruire anche "la serratura" per poterla usare (in questo caso, "la serratura" è un contesto di citazioni scelte per "assonanza linguistica", accostando "dialettiche" differenti fra loro, "complementarietà" differenti fra loro, etc. accomunate solo dalla ricorrenza della medesima parola: ad esempio, "dialettica" non significa esattamente lo stesso in Platone, Aristotele, Hegel e Gadamer, anche se tutti e quattro usano la stessa parola... chiedo inoltre: la "complementarietà" andina è la stessa di cui parla Bohr?).

CARLO
Hai ragione: se "dialettica" oggi significa poco più che "l'arte delle chiacchiere", o "l'arte di far apparire vero anche il falso", ciò dipende proprio dal fatto che nessuno dei grandi pensatori da te accennati si è maipreso la briga, come ho fatto io, di sintetizzare le regole che la costituiscono e di darle così uno statuto ben riconoscibile e sempre uguale a se stesso.

PHIL
Il "principio di complementarietà" ("principio" in senso interpretativo, per essere onto-metafisico dovrebbe avere requisiti che non possiamo verificare e che non sarebbero applicabili alle contingenti attività culturali umane)

CARLO
Potremo verificare sperimentalmente la validità del PCO (Principio di Complementarità degli Opposti) solo quando lo avremo applicato alla- (o desunto dalla-) Fisica. Nel campo della metafisica, invece, la verifica della sua validità non può che essere di tipo osservativo-argomentativo-induttivo, in analogia con le regole della logica (per esempio, col principio di non-contraddizione). Trovi un esempio di ciò in:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

PHIL
...non è forse una rivisitazione interdisciplinare dell'"omnis affirmatio est negatio"? Possiamo rilevare che ogni affermazione comporti una negazione (e viceversa), per cui dato "a" subito poniamo anche "non-a", e quindi c'è comunque una relazione dialogica fra i due.

CARLO
"Omnis affirmatio est negatio" è legato al principio di non-contraddizione (pdnc), non alla dialettica. Infatti, una delle premesse fondamentali della dialettica è la distinzione tra opposizioni contraddittorie - che ricadono sotto la giurisdizione del pdnc - e opposizioni dialettiche, che soggiacciono alle regole del PCO. In altre parole, mentre in una contraddizione uno dei due termini nega l'altro (omnis affirmatio est negatio) e quindi il termine falso deve essere eliminato, in una opposizione dialettica i due termini sono entrambi veri e complementari, sebbene apparentemente contraddittori.
Per intenderci: giustizia/ingiustizia, salute/malattia, verità/menzogna, sì/no, teismo/ateismo, ecc., NON sono opposti complementari, ma delle coppie di significati contraddittori nelle quali la realizzazione del primo significa l'eliminazione, la negazione, l'annullamento del secondo. Mentre sono opposizioni dialettiche, per esempio, fisica/metafisica, legge/libertà, diritto/dovere, spirito/materia, fede/ragione, umiltà/dignità, ecc., sempreché i termini opposti non vengano intesi nel loro significato assoluto-primitivo, ...ma questo discorso è da approfondire a parte.

PHIL
Tuttavia, all'atto pratico, materialismo e misticismo si escludono, olismo e riduzionismo si escludono (non si possono tenere i piedi in entrambe le staffe ;) ), due paradigmi epistemologici contrari si escludono (partendo da assiomi incompatibili), etc. al punto che definirli "complementari" significa affermare che se non si propende da una parte, si propenderà dall'altra, ma in fondo qual'è la conseguenza "spendibile" di tale constatazione?
Ad esempio, rilevare la complementarietà fra teismo e ateismo, cosa comporta, se non una tassonomia dicotomica (in stile platonico)?

CARLO
Appunto: lupus in fabula! QUESTO è l'errore in cui cadono pressoché tutti i dialettici della storia (compresi il taoismo, Eraclito e persino Hegel): quello di fare di tutta l'erba un fascio mettendo su uno stesso piano opposizioni dialettiche e contraddizioni.

PHIL
Inoltre: la non-complementarietà che ruolo gioca (se lo gioca)? Anch'essa è complementare alla complementarietà o le due sono non complementari? C'è qualcosa di non-complementare che resta fuori dal "principio di complementarietà"?

CARLO
L'ipotesi è che l'intera realtà sia costituita da coppie di opposti complementari e che la sua comprensione sia legata alla nostra capacità di ricondurre ogni suo aspetto agli opposti che ne sono alla base e di unificarli. Un po' come in campo scientifico si ipotizza che la realtà materiale è conoscibile nella misura in cui riusciamo a ricondurla alle entità fisiche che la costituiscono e a rivelare le leggi sulle quali si fonda la loro relazione. Anche alla scienza potremmo porre la tua domanda: <<Tutta la realtà fisica è riconducibile a delle entità fisiche ben determinate?>> Beh, se la scienza si è evoluta seguendo questa ipotesi, non potrebbe che rispondere "sì", per quanto si tratti di un "sì" indimostrabile a priori.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 01 Agosto 2018, 22:31:36 PM
Grazie, adesso credo di potermi orientare meglio nella tua proposta... sebbene rimanga un po' perplesso su alcune questioni:
- i grandi filosofi che non avrebbero tematizzato adeguatamente la dialettica (l'averlo fatto con una precisione analitica che li rende incompatibili fra loro, per me non è un difetto; semmai lo è il contrario ;) ); 
- la distinzione molto classificatoria e poco pragmatica fra coppie dialettiche e contraddittorie (ad esempio, "fede e ragione" sono di fatto contraddittorie: non c'è mediazione dialettica coerentemente percorribile, con buona pace delle "petitio principii" del medioevo; la fede della ragione non è la ragione della fede... idem per "spirito e materia": spiegare la vita con lo spirito, non è compatibile con lo spiegare la vita con la materia, salvo sottomettere drasticamente l'uno o l'altra, o lasciarli ben separati, in una complementarietà molto sbilanciata, del tipo, banalizzando in malo modo  ;D : "la scintilla della vita è autenticamente spirituale, il resto è mera biologia combinatoria", oppure "la vita è solo biologica, lo spirito è solo una funzione individuale psicologica"); 
- la non-complementarietà sacrificata a priori (disinnescata tramite una generalizzazione/astrazione che cancella le rilevanti differenze specifiche che altrimenti la fonderebbero, di diritto e di fatto) in favore del monopolio della complementarietà (complementarietà che è quindi "assolutizzata, ritenuta fondamentale mentre l'altra solo apparente", rivelandosi combaciante con la tua definizione di monismo... non che avere fede in un principio monista sia uno scandalo, soprattutto se ben radicato in una tradizione :) ).

Non resta dunque che attendere che il confronto con la Fisica, sblocchi il potenziale performativo di quella che, ad oggi, mi sembra una sistematizzazione tassonomica (che non propone, piuttosto ordina), una mappatura "a coppie" dei differenti approcci insiti nei vari domini.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Citazione di: Phil il 01 Agosto 2018, 22:31:36 PM
Grazie, adesso credo di potermi orientare meglio nella tua proposta... sebbene rimanga un po' perplesso su alcune questioni:
- i grandi filosofi che non avrebbero tematizzato adeguatamente la dialettica (l'averlo fatto con una precisione analitica che li rende incompatibili fra loro, per me non è un difetto; semmai lo è il contrario ;) );


CARLO
Il linguaggio diventa un rumore molesto se ciascuno attribuisce dei significati diversi e reciprocamente incompatibili alle medesime parole.

PHIL
- la distinzione molto classificatoria e poco pragmatica fra coppie dialettiche e contraddittorie (ad esempio, "fede e ragione" sono di fatto contraddittorie: non c'è mediazione dialettica coerentemente percorribile, con buona pace delle "petitio principii" del medioevo;
la fede della ragione non è la ragione della fede...

CARLO
Non necessariamente: dipende da QUAL E' l'oggetto della fede. Per esempio, si può avere fede nella ragione. O si può avere fede in qualcosa che non contraddice la ragione, ma anzi, ne conferma i fondamenti.

PHIL
idem per "spirito e materia": spiegare la vita con lo spirito, non è compatibile con lo spiegare la vita con la materia, salvo sottomettere drasticamente l'uno o l'altra, o lasciarli ben separati, in una complementarietà molto sbilanciata, del tipo, banalizzando in malo modo  ;D : "la scintilla della vita è autenticamente spirituale, il resto è mera biologia combinatoria", oppure "la vita è solo biologica, lo spirito è solo una funzione individuale psicologica");

CARLO
Non necessariamente. Per esempio, la logica e la matematica sono prodotti dello spirito; e la Fisica non è altro che una spiegazione della materia attraverso paradigmi logico-matematici.

PHIL
- la non-complementarietà sacrificata
a priori (disinnescata tramite una generalizzazione/astrazione che cancella le rilevanti differenze specifiche che altrimenti la fonderebbero, di diritto e di fatto) in favore del monopolio della complementarietà (complementarietà che è quindi "assolutizzata, ritenuta fondamentale mentre l'altra solo apparente", rivelandosi combaciante con la tua definizione di monismo... non che avere fede in un principio monista sia uno scandalo, soprattutto se ben radicato in una tradizione :) ).


CARLO
Se la complementarità tra tutti gli enti è il principio supremo, la non-complementarità non-esiste.

PHIL
Non resta dunque che attendere che il confronto con la Fisica, sblocchi il potenziale performativo di quella che, ad oggi, mi sembra una sistematizzazione tassonomica (che non propone, piuttosto ordina), una mappatura "a coppie" dei differenti approcci insiti nei vari domini.

CARLO
Le regole del Principio non le ho stabilite a priori, ma le ho desunte a posteriori dall'osservazione delle dinamiche dialettiche in diversi campi della ricerca, nello stesso modo in cui le leggi della fisica sono desunte a posteriori dallo studio dei fenomeni naturali. Quindi non si tratta di un "ordine tassonomico" ma di un ordine oggettivo delle cose.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Raffaele Pisani il 02 Agosto 2018, 09:14:41 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 31 Luglio 2018, 17:18:21 PM


CARLO
Non pretenzioso, ...pretenziosissimo!!!  :)
Ma la colpa non è mia. I principi universali sono fatti così! Vedi il principio di gravità: anch'esso fa un miscuglio di tante cose diverse, come la caduta dei corpi, le maree, le eclissi di Sole e di Luna, il moto dei pianeti, delle stelle e delle galassie, ecc..
Io mi accontenterei di dimostrarne la validità in Fisica (il "riscontro empirico"), poi andrebbe avanti da solo, con le sue proprie gambe. Ma purtroppo si tratta di un argomento colossale che va molto al di là delle possibilità intellettuali di una persona sola e che, per essere sviluppato come merita, avrebbe bisogno dell'impegno di una molteplicità di menti consapevoli della sua importanza
Infatti, quando una ventina di anni fa mi resi conto che avevo davvero a che fare con un principio universale, cioè, con un criterio ultimo di verità, avendo ancora un'idea romantica della filosofia e non sapendo nulla di quanto essa fosse "passata al nemico", mi affacciai a un NG di filosofia immaginando frotte di pensatori in cerca della verità ("filo-sophia") che mi avrebbero accolto a braccia aperte e che si sarebbero affiancati alla mia ricerca in così tanti, che nel giro di qualche anno avremmo rivoluzionato il mondo!
Ecco, da quel giorno non ho trovato che ostilità, insulti e dileggiamenti personali da una parte, e dall'altra un silenzio sepolcrale di fronte a qualunque tentativo di mostrare la fondatezza dell'argomento. Un vero trionfo!
Ma devo dire che tu sei uno dei pochi, anzi dei pochissimi (non più di cinque in vent'anni) che si è degnato di esprimere un parere, sia pur negativo, sulla questione. A te vanno comunque i miei ringraziamenti.


Per ciò che riguarda le imprese intellettuali di cui tu parli, non si può non essere d'accordo sul fatto che sono delle azioni metaindividuali,, anche se uno scritto porta la firma di un individuo, c'è un soggetto molteplice che che ne è alla base; in questo la Chiesa e gli ordini religiosi in particolare hanno dimostrato di essere maestri. San Tommaso, anche se empiricamente poteva stare in una cella a scrivere le sue opere, era unito e nutrito da una comunità spirituale. Dovendo indagare sull'impegnativo tema che ti sta a cuore, io indugerei ancora un po' sul pensiero di Tommaso d'Aquino e sulla riflessione che ne è seguita nei secoli successivi, fino al neotomismo otto e novecentesco, che difende la conoscenza ontologicamente fondata, non temendo di confrontarsi con il pensiero filosofico e scientifico moderno.
Un cordiale saluto.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 02 Agosto 2018, 10:10:19 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Il linguaggio diventa un rumore molesto se ciascuno attribuisce dei significati diversi e reciprocamente incompatibili alle medesime parole.
Eppure confrontarsi con i filosofi significa proprio cercare di comprendere il "vocabolario" che soggiace alla loro impalcatura teoretica; altrimenti si ricade in un generalismo sterile in cui, ad esempio "dialettica significa solo x e non bisogna né approfondire né darne una lettura personale!", un imperativo metodologico che avrebbe castrato la filosofia.
Considera come, ad esempio, per approcciare il tuo punto di vista bisogna capire cosa intendi esattamente con alcuni termini (per questo tutte quelle domande ;D ) e non ha senso rimproverarti di non usare le definizioni già proposte da altri, perché l'obiettivo è entrare nella tua ottica personale e nel tuo vocabolario che la identifica.

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Non necessariamente: dipende da QUAL E' l'oggetto della fede. Per esempio, si può avere fede nella ragione. O si può avere fede in qualcosa che non contraddice la ragione, ma anzi, ne conferma i fondamenti.
Come punto di partenza, se uso la fede la ragione sfuma, se uso la ragione la fede non è necessaria (salvo sia la fede nei suoi stessi assiomi, e a quel punto è la ragione a essere "fuorigioco"). Una volta fatta una scelta di fede, posso usare la ragione, ma questa risulta drasticamente subordinata alla fede (non direi complementare); se compio invece un ragionamento razionale, la fede non è un complemento, ma una falla che indebolisce proprio la struttura logica del discorso.

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Se la complementarità tra tutti gli enti è il principio supremo, la non-complementarità non-esiste.
Si tratta, secondo me, di indagare proprio su quel "se", che ci preclude a priori di considerare la non-complementarietà... forse conviene lasciarlo un po' "socchiuso"  ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Le regole del Principio non le ho stabilite a priori, ma le ho desunte a posteriori dall'osservazione delle dinamiche dialettiche in diversi campi della ricerca, nello stesso modo in cui le leggi della fisica sono desunte a posteriori dallo studio dei fenomeni naturali.
Fenomeni naturali e fenomeni culturali non sono paragonabili, né per metodo di studio, né per contenuto (concorderai che studiare soggetti non è studiare oggetti, le scienze umane non sono le scienze della natura, etc.). "Desumere a posteriori" è un'interpretazione che ha valenza e verificabilità ben differente se parliamo di un fenomeno fisico o di un rapporto fra campi del sapere.


Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 00:18:48 AM
Quindi non si tratta di un "ordine tassonomico" ma di un ordine oggettivo delle cose.
Che sia un ordine tassonomico, lo dimostra il fatto che sono possibili altre interpretazioni in merito (vedi la sistematizzazione del suddetto Hegel o più in generale la "storia della filosofia" ;) ), se fosse ordine oggettivo, avrebbe confutato tutte le altre posizioni differenti.


P.s.
Mi auguro che queste osservazioni critiche ti aiutino a collaudare meglio la solidità della tua ricerca, non prenderle come critiche fine a se stesse  :)
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
Cit. PHIL
- i grandi filosofi che non avrebbero tematizzato adeguatamente la dialettica (l'averlo fatto con una precisione analitica che li rende incompatibili fra loro, per me non è un difetto; semmai lo è il contrario). ;)

Cit. CARLO
Il linguaggio diventa un rumore molesto se ciascuno attribuisce dei significati diversi e reciprocamente incompatibili alle medesime parole.

PHIL
Eppure confrontarsi con i filosofi significa proprio cercare di comprendere il "vocabolario" che soggiace alla loro impalcatura teoretica; altrimenti si ricade in un generalismo sterile in cui, ad esempio "dialettica significa solo x e non bisogna né approfondire né darne una lettura personale!", un imperativo metodologico che avrebbe castrato la filosofia.

CARLO
Infatti, sono state determinanti per la mia ricerca sulla Complementarità le grandi intuizioni sulla dialettica di molti filosofi del passato, da Eraclito a Hegel.  Senza di esse, forse la mia avventura non sarebbe mai iniziata.

PHIL
Considera come, ad esempio, per approcciare il tuo punto di vista bisogna capire cosa intendi esattamente con alcuni termini (per questo tutte quelle domande   ) e non ha senso rimproverarti di non usare le definizioni già proposte da altri, perché l'obiettivo è entrare nella tua ottica personale e nel tuo vocabolario che la identifica.

CARLO
Il problema è che nessuno dei filosofi del passato ha dato una definizione precisa della dialettica e, soprattutto, che nessuno di loro ha chiarito quale sia la relazione tra dialettica e pdnc. E questa omissione è stata alla base del discredito della dialettica, considerata da molti come una legittimazione della contraddizione, cioè come una inaccettabile violazione del pdnc.

Cit. CARLO
Non necessariamente: dipende da QUAL E' l'oggetto della fede. Per esempio, si può avere fede nella ragione. O si può avere fede in qualcosa che non contraddice la ragione, ma anzi, ne conferma i fondamenti.

PHIL
Come punto di partenza, se uso la fede la ragione sfuma, se uso la ragione la fede non è necessaria (salvo sia la fede nei suoi stessi assiomi, e a quel punto è la ragione a essere "fuorigioco"). Una volta fatta una scelta di fede, posso usare la ragione, ma questa risulta drasticamente subordinata alla fede (non direi complementare); se compio invece un ragionamento razionale, la fede non è un complemento, ma una falla che indebolisce proprio la struttura logica del discorso.

CARLO
Certo, una volta che un determinato oggetto di fede è confermato dalla ragione, la fede stessa diventa superflua; ma proprio in ciò consiste la sua complementarità con la ragione: nel credere vero un oggetto prima che esso sia pienamente contemplato anche dalla ragione. Come dice Popper, la fede nella ragione è un fatto irrazionale.

Cit. CARLO
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito

PHIL
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

CARLO
Nel senso che la logica e la matematica sono creazioni della mente umana.

Cit. CARLO
Se la complementarità tra tutti gli enti è il principio supremo, la non-complementarità non-esiste.

PHIL
Si tratta, secondo me, di indagare proprio su quel "se", che ci preclude a priori di considerare la non-complementarietà... forse conviene lasciarlo un po' "socchiuso"    

CARLO
Infatti, l'ho lasciato completamente "aperto" finché non ho accumulato un numero di osservazioni confermative tali da poter considerare l'ipotesi della sua universalità sufficientemente fondata. Ma, ribadisco, una dimostrazione conclusiva (da "con-chiudere") può essere realizzata solo nel campo della Fisica.

Cit. CARLO
Le regole del Principio non le ho stabilite a priori, ma le ho desunte a posteriori dall'osservazione delle dinamiche dialettiche in diversi campi della ricerca, nello stesso modo in cui le leggi della fisica sono desunte a posteriori dallo studio dei fenomeni naturali.

PHIL
Fenomeni naturali e fenomeni culturali non sono paragonabili, né per metodo di studio, né per contenuto (concorderai che studiare soggetti non è studiare oggetti, le scienze umane non sono le scienze della natura, etc.). "Desumere a posteriori" è un'interpretazione che ha valenza e verificabilità ben differente se parliamo di un fenomeno fisico o di un rapporto fra campi del sapere.

CARLO
Questo lo so anch'io. Ma se vuoi giudicare errata una certa interpretazione riguardante un dominio di eventi non riproducibili sperimentalmente, non puoi farlo a priori, ma devi entrare nel merito e indicare QUALI sono gli errori. Per esempio, nei  seguenti thread...:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/mente-e-cervello-una-complementarita-di-opposti/

...ho interpretato, rispettivamente, la Conoscenza e la relazione mente-cervello come casi di complementarità di opposti. Perché dovrei considerarle delle interpretazioni illegittime?
Insomma, non basta che "esistano altre interpretazioni" per mettere fuori gioco a priori una certa interpretazione, ma ti devi sporcare le manine, entrare nel merito e mostrare le ragioni per le quali, secondo te, quelle "altre interpretazioni" devono essere considerate più legittime, o più fondate delle mie.

Cit. CARLO

Quindi non si tratta di un "ordine tassonomico" ma di un ordine oggettivo delle cose.

PHIL
Che sia un ordine tassonomico, lo dimostra il fatto che sono possibili altre interpretazioni in merito (vedi la sistematizzazione del suddetto Hegel o più in generale la "storia della filosofia"   ), se fosse ordine oggettivo, avrebbe confutato tutte le altre posizioni differenti.


CARLO
Come ho già scritto, né Hegel né altri dialettici hanno mai sistematizzato la dialettica né l'hanno mai applicata a- (o desunta da-) casi dell'esperienza reale. Gli unici che io conosca ad aver fatto qualcosa del genere sono Jung (che ha scritto parecchi volumi di osservazioni che mostrano gli innumerevoli aspetti della dinamica psichica che sono conformi al PCO) nonché un certo Pierini.  :)
Quindi, per stabilire se è Hegel oppure Jung-Pierini ad aver fatto della "tassonomia" non c'è altro modo che mettere a confronto le argomentazioni-osservazioni specifiche che supportano la tesi dell'uno con quelle che supportano la tesi degli altri. E, se lo facessi, ti accorgeresti che quelle di Hegel sono solo argomentazioni, intuizioni pure, prive di supporto osservativo-applicativo, quindi già in partenza meno attendibili di quelle di Jung-Pierini.

PHIL

Mi auguro che queste osservazioni critiche ti aiutino a collaudare meglio la solidità della tua ricerca, non prenderle come critiche fine a se stesse  

CARLO
Naturalmente! Anche se, a queste critiche generiche e astratte, preferirei di gran lunga delle critiche ai post (come quelli appena linkati) nei quali la Complementarità non è solo predicata, ma è applicata a questioni concrete. E' troppo facile, altrimenti, muovere delle critiche e troppo difficile rispondere, quando non si hanno punti reali di riferimento: si rischia continuamente di disquisire noiosamente e infruttuosamente sul "sesso degli angeli". Per questo i post suddetti sono disertati in massa dai listanti: perché di fronte ad applicazioni reali della Complementarità diventa assai più difficile divagare a ruota libera, come tanto amano fare i filosofi.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 02 Agosto 2018, 18:50:49 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
Certo, una volta che un determinato oggetto di fede è confermato dalla ragione, la fede stessa diventa superflua; ma proprio in ciò consiste la sua complementarità con la ragione: nel credere vero un oggetto prima che esso sia pienamente contemplato anche dalla ragione.
Complementarietà piuttosto disfunzionale: prima che arrivi la convalida della ragione, tale fede è irragionevole, e infatti potrebbe arrivare anche la smentita da parte della ragione... credere vero qualcosa prima che la ragione lo confermi è fede pura, non vedo come sia complementare alla ragione; e quando poi la ragione lo conferma, è ragione pura, non vedo a cosa serva allora la fede... direi che la loro compresenza collaborativa sia piuttosto improbabile.

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
Cit. CARLO
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito

PHIL
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

CARLO
Nel senso che la logica e la matematica sono creazioni della mente umana.
La mente non è lo spirito, giusto? Dire che "la logica e la matematica sono prodotti dello spirito", significa altro, qualcosa che non rende giustizia alla non-complementarietà fra visione spirituale e materialista.


Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
se vuoi giudicare errata una certa interpretazione riguardante un dominio di eventi non riproducibili sperimentalmente, non puoi farlo a priori, ma devi entrare nel merito e indicare QUALI sono gli errori
Mai detto che sia "errata", ma nemmeno l'unica oggettivamente giusta (tendenzialmente sono pluralista), finché parliamo pur sempre di interpretazioni, non di verità assolute... d'altronde, in questo ambito, non c'è solo una risposta giusta: è giusto l'olismo o il riduzionismo? Nessuno dei due, ognuna delle due prospettive ha le sue ragioni, i suoi sostenitori, etc. partendo da approcci differenti derivano logiche e interpretazioni differenti e in filosofia non sempre è possibile testarle con un esperimento che metta tutti d'accordo (e non è un caso che sia proprio la Fisica a crearti problemi  ;) ).
Trovo interessante capire differenti prospettive; farne invece una classifica di migliori e peggiori è semmai l'ultima fase per importanza (anche perché spesso avviene spontaneamente, in corso d'opera).
Nel tuo caso, ad esempio, ti ho già fatto notare che l'"ordo et connexio rerurm et idearum" è sbilanciato verso il soggetto: l'"ordo" è infatti già un'idea, applicarlo prima alle "rerum" e poi alle "idearum" (ovvero a se stesso!), significa dover fare i conti con la soggettività molto più che con la fantomatica oggettività, etc. ma se tu prediligi una visione isomorfica fra idee e fatti (à la Wittgenstein prima maniera, se non erro), nessuno può dirti che è assolutamente errata o illegittima (o almeno non certo io  ;D ).


Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 14:02:53 PM
Insomma, non basta che "esistano altre interpretazioni" per mettere fuori gioco a priori una certa interpretazione, ma ti devi sporcare le manine, entrare nel merito e mostrare le ragioni per le quali, secondo te, quelle "altre interpretazioni" devono essere considerate più legittime, o più fondate delle mie.
"Più legittime e più fondate" è, a sua volta, una questione di (meta)interpretazione, ogni tassonomia risponde solo ai suoi stessi criteri operativi, la cui efficacia ed efficienza non sta certo a me giudicare...
Nel tuo caso, potrei obiettare che la conoscenza è fatta di divisioni e discriminazioni oltre che di complementarietà: tutta la tua impalcatura può essere persino rovesciata e letta per contrasto (come si faceva con il "negativo" di una foto) alla luce di un possibile "principio di non-complementarietà" che rintraccia e evidenzia tutte le incompatibilità che hai tralasciato, tutte le differenze fra le varie dialettiche che hai sorvolato, tutti gli assiomi incompatibili che hai accostato (vedi fede e ragione), tutte le divergenze prospettiche irrisolvibili... si tratta solo di scegliere arbitrariamente se vedere più ciò che accomuna o ciò che divide, oppure... il passaggio successivo potrebbe essere giostrarsi fra complementarietà e non-complementarietà (indagando come e quanto si dividano il campo della conoscenza umana), ma finché una delle due viene immolata sull'altare del "monoteismo tassonomico-interpretativo" ("il principio deve essere unico!"), tale via resta preclusa...


P.s.
Mi permetto di segnalarti che la "dubbiosità" sui tuoi giudizi riguardo ciò che gli altri filosofi non avrebbero spiegato, sembra riscontrare una loro conoscenza un po' approssimativa (Hegel non s'è forse occupato del principio di non contraddizione e della dialettica nella Scienza della Logica? Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C), che rischia purtroppo di screditare il valore di quanto proponi... non sono il primo a fartelo notare quindi non indugio in merito, qui il focus è bene resti sulla tua filosofia  ;)
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
Cit. CARLO
Certo, una volta che un determinato oggetto di fede è confermato dalla ragione, la fede stessa diventa superflua; ma proprio in ciò consiste la sua complementarità con la ragione: nel credere vero un oggetto prima che esso sia pienamente contemplato anche dalla ragione.

PHIL
Complementarietà piuttosto disfunzionale: prima che arrivi la convalida della ragione, tale fede è irragionevole, e infatti potrebbe arrivare anche la smentita da parte della ragione... credere vero qualcosa prima che la ragione lo confermi è fede pura, non vedo come sia complementare alla ragione; e quando poi la ragione lo conferma, è ragione pura, non vedo a cosa serva allora la fede... direi che la loro compresenza collaborativa sia piuttosto improbabile.

CARLO
Perché credi che si parli di opposti complementari? Perché una fede ignara della ragione può opporsi alla ragione e una ragione ignara dei motivi autentici della fede può opporsi alla fede. E solo un corretto processo di confronto dialettico tra le due istanze può trasformare l'opposizione in una complementarità nella quale ciò che è autentico nella fede trova il proprio accordo con ciò che è autentico nella ragione.
E' un po' come la coppia di opposti uomo-donna: la loro relazione può oscillare tra la massima opposizione e la massima complementarità-unità in quel famoso "tertium" chiamato "amore" (unione in Dio). Ma ci vuole una gran ...fede nel PCO per impegnarsi in un confronto dialettico che trasformi l'opposizione-odio di una coppia sull'orlo del divorzio in una complementarità-unità-amore! :)

Cit. CARLO
la logica e la matematica sono prodotti dello spirito

Cit. PHIL
...intendi in senso hegeliano? Eppure, oggi tale affermazione ha ancora senso? Se "si", intendi per "spirito" lo stesso della "spiritualità" (di cui stavo parlando)?

Cit. CARLO
Nel senso che la logica e la matematica sono creazioni della mente umana.

PHIL
La mente non è lo spirito, giusto? Dire che "la logica e la matematica sono prodotti dello spirito", significa altro, qualcosa che non rende giustizia alla non-complementarietà fra visione spirituale e materialista.

CARLO
In una accezione generale lo spirito si può considerare come un aspetto della mente e, reciprocamente, la mente come un aspetto dello spirito. Entrambi i termini - insieme ad "anima" e "psiche" - si riferiscono alla polarità metafisica dell'uomo, così come i termini "corpo" e "organismo", si riferiscono alla polarità fisica.

Cit. CARLO
se vuoi giudicare errata una certa interpretazione riguardante un dominio di eventi non riproducibili sperimentalmente, non puoi farlo a priori, ma devi entrare nel merito e indicare QUALI sono gli errori

PHIL
Mai detto che sia "errata", ma nemmeno l'unica oggettivamente giusta (tendenzialmente sono pluralista),

CARLO
E' legittimo il pluralismo quando si ha a che fare con interpretazioni non reciprocamente contraddittorie; altrimenti non si tratta di pluralismo, ma di violazione del pdnc, cioè di assenso a ...tutto e al contrario di tutto.

PHIL
finché parliamo pur sempre di interpretazioni, non di verità assolute... d'altronde, in questo ambito, non c'è solo una risposta giusta: è giusto l'olismo o il riduzionismo? Nessuno dei due, ognuna delle due prospettive ha le sue ragioni, i suoi sostenitori, etc. partendo da approcci differenti derivano logiche e interpretazioni differenti e in filosofia non sempre è possibile testarle con un esperimento che metta tutti d'accordo (e non è un caso che sia proprio la Fisica a crearti problemi).

CARLO
Quando due teorie sono reciprocamente contraddittorie, una cosa è certa: una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità. Quindi il tuo discorso dei "sostenitori" può andare bene per dei divi della canzone, non per delle teorie antagoniste.

PHIL
Nel tuo caso, ad esempio, ti ho già fatto notare che l'"ordo et connexio rerurm et idearum" è sbilanciato verso il soggetto: l'"ordo" è infatti già un'idea, applicarlo prima alle "rerum" e poi alle "idearum" (ovvero a se stesso!), significa dover fare i conti con la soggettività molto più che con la fantomatica oggettività, etc.

CARLO
L'equazione E=mc^2 è una creazione soggettiva (ordo et connexio idearum), ma esprime l'ordine oggettivo che lega le grandezze "energia", "massa" e "velocità della luce" (ordo et connexio rerum). Non si tratta di una tassonomia, ma di una legge della fisica.

Cit. CARLO
Insomma, non basta che "esistano altre interpretazioni" per mettere fuori gioco a priori una certa interpretazione, ma ti devi sporcare le manine, entrare nel merito e mostrare le ragioni per le quali, secondo te, quelle "altre interpretazioni" devono essere considerate più legittime, o più fondate delle mie.

PHIL
Nel tuo caso, potrei obiettare che la conoscenza è fatta di divisioni e discriminazioni oltre che di complementarietà: tutta la tua impalcatura può essere persino rovesciata e letta per contrasto (come si faceva con il "negativo" di una foto) alla luce di un possibile "principio di non-complementarietà"

CARLO
Bravo. Vedo che cominci a capire perché non si chiama solo "principio di complementarietà", ma "Principio di complementarietà degli opposti": perché, se scrivessi E=mc (invece che E=mc^2), la complementarità tra "ordo et connexio idearum" e "ordo et connexio rerum" si rovescerebbe in una opposizione, cioè, in una "non-complementarità".
Tutte queste cosucce Hegel non ce le spiega, per questo mi permetto di affermare che la mia interpretazione della dialettica è più attendibile della sua: perché la mia è una dialettica applicata alla conoscenza reale e coerente con essa.

PHIL
Mi permetto di segnalarti che la "dubbiosità" sui tuoi giudizi riguardo ciò che gli altri filosofi non avrebbero spiegato, sembra riscontrare una loro conoscenza un po' approssimativa (Hegel non s'è forse occupato del principio di non contraddizione e della dialettica nella Scienza della Logica? Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C), che rischia purtroppo di screditare il valore di quanto proponi... non sono il primo a fartelo notare quindi non indugio in merito, qui il focus è bene resti sulla tua filosofia  

CARLO
Da quello che ho letto di Hegel e su Hegel (Abbagnano, Gadamer, ecc.), non mi risulta che abbia affrontato il problema della necessità di una distinzione tra opposizioni contraddittorie e opposizioni dialettiche. A te risulta il contrario? Cosa scrive, esattamente, nella Scienza della Logica, Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C? :)
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 03 Agosto 2018, 12:29:25 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
 ciò che è autentico nella fede trova il proprio accordo con ciò che è autentico nella ragione.
Fase che ritengo improbabile per i motivi che ho già spiegato; secondo me, restano opposti, ma non complementari (salvo intendere per "complementari" che "o è testa, o è croce", ma ciò non mi sembra nulla di troppo filosofico  ;D ).
Il mio incompatibilismo fra fede e ragione e il tuo complementarismo fra loro, sono complementari o non-complementari?

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
In una accezione generale lo spirito si può considerare come un aspetto della mente e, reciprocamente, la mente come un aspetto dello spirito. Entrambi i termini - insieme ad "anima" e "psiche" - si riferiscono alla polarità metafisica dell'uomo
Le definizioni metafisiche di "spirito" non sono falsificabili, dunque possiamo dire di tutto: che è "un aspetto della mente", che "è una parte dell'anima", che "è il soffio vitale", etc. ma siamo nella fede e/o nella tradizione teologica, non nella ragione (che può persino dubitare che tali entità esistano...) per cui matematica e logica le lascerei da parte  ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
E' legittimo il pluralismo quando si ha a che fare con interpretazioni non reciprocamente contraddittorie;
Ovvero il pluralismo lo intendi solo come declinazione differenziata di un'unica prospettiva generale? Ad esempio il pluralismo fra le differenti scuole della fenomenologia husserliana, ma non pluralismo fra la fenomenologia husserliana e psicologimo o neopositivismo?

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
altrimenti non si tratta di pluralismo, ma di violazione del pdnc, cioè di assenso a ...tutto e al contrario di tutto.
Applicare il principio di non contraddizione ad interpretazioni ermeneutiche (non ad asserzioni logico-scientifiche) richiede cautela e senso prospettico: se Nietzsche contraddice Hegel (esempio a caso), non significa che necessariamente uno dei due mente (anche perchè potrebbero mentire entrambi), ma che abbiamo due modelli di lettura della realtà che magari si escludono e sono incompatibili, ma possono avere ognuno una sua coerenza interna. Essere pluralisti, per me, non significa sostenere che tutto va bene, ma piuttosto saper mettere a fuoco proprio la coerenze interna delle differenti posizioni e le eventuali contraddizioni interne ai paradigmi proposti; ciò dà la preziosa opportunità di poter usare poi i mattoni di altri per costruire la propria casa secondo il proprio progetto.

Non ridurrei quindi la filosofia a "se Tizio c'ha ragione, allora Caio c'ha torto", oppure, peggio ancora, a "Tizio c'ha ragione!", quasi si trattasse di scegliere per chi votare o per quale squadra tifare... la filosofia, secondo me, ci dà strumenti da utilizzare o scartare, usando ognuno la propria testa (per questo dubito sempre di coloro che venerano un solo autore e magari non riescono nemmeno a trovare una critica da fargli...). Quella che ci dà certezze ragionevoli da adoperare per cotruire aerei e chattare a distanza è la tecnica, ma la tecnica non può darci una visione del mondo esistenzialné proporci nulla di filosofico (non va oltre lo svolgere diligentemente il suo compitino operativo).

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
Quando due teorie sono reciprocamente contraddittorie, una cosa è certa: una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità. Quindi il tuo discorso dei "sostenitori" può andare bene per dei divi della canzone, non per delle teorie antagoniste.

Vedi sopra: non parlo di esperimenti di chimica o di fisica dall'esito univoco, ma di filosofia... il fatto che l'idealismo e il materialismo abbiano i rispettivi sostenitori, non comporta che una delle due schiere sia necessariamente nel torto, ma solo che hanno letture del mondo differenti (e non ce n'è una giusta perché probabilmente, in fondo, come direbbe lo zen, "non c'è niente da leggere", ma questa è un'altra storia  ;) ). Applicare le categorie di "vero" o "falso" a modelli di interpretazione filosofica del mondo è un errore logico, tanto quanto sarebbe applicare le regole del sillogismo alla poesia, o criticare un quadro cubista perché non rappresenta fedelmente la realtà: la filosofia mette in gioco il senso, mentre la scienza mette in gioco la funzionalità (se salta questa non-complementarietà, salta anche la differenza fra teoresi e ricerca sperimentale).

Citazione di: Carlo Pierini il 02 Agosto 2018, 21:11:10 PM
A te risulta il contrario? Cosa scrive, esattamente, nella Scienza della Logica, Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C? :)
Ti piace vincere facile  ;D  t'ho segnalato che ne parla in quel punto (basta leggere il titolo dei capitoli), se vuoi affrontarlo, adesso hai le coordinate, ma non mi prendo certo la responsabilità di spiegarti Hegel (non si dica mai che ho dato lezioni di storia della filosofia a qualcuno, tantomeno su Hegel!).
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 19:15:36 PM
Cit. CARLO
Quando due teorie sono reciprocamente contraddittorie, una cosa è certa: una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità. Quindi il tuo discorso dei "sostenitori" può andare bene per dei divi della canzone, non per delle teorie antagoniste.

PHIL
Non parlo di esperimenti di chimica o di fisica dall'esito univoco, ma di filosofia... il fatto che l'idealismo e il materialismo abbiano i rispettivi sostenitori, non comporta che una delle due schiere sia necessariamente nel torto, ma solo che hanno letture del mondo differenti (e non ce n'è una giusta perché probabilmente, in fondo, come direbbe lo zen, "non c'è niente da leggere", ma questa è un'altra storia                     ). Applicare le categorie di "vero" o "falso" a modelli di interpretazione filosofica del mondo è un errore logico, tanto quanto sarebbe applicare le regole del sillogismo alla poesia, o criticare un quadro cubista perché non rappresenta fedelmente la realtà: la filosofia mette in gioco il senso, mentre la scienza mette in gioco la funzionalità (se salta questa non-complementarietà, salta anche la differenza fra teoresi e ricerca sperimentale).


CARLO
C'è poco da discutere: il pdnc vale SIA per le teorie scientifiche che per qualunque proposizione (o coppia di proposizioni). Se in relazione ad un certo argomento l'una contraddice l'altra, una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità.
Così recita il pdnc: << E impossibile che a un medesimo oggetto possano convenire, nello stesso tempo e nel medesimo rispetto, due attributi reciprocamente contraddittori>>.

Cit. CARLO
Cosa scrive, esattamente, Hegel nella Scienza della Logica, Libro secondo, sezione prima, capitolo secondo, punto C?

PHIL
Ti piace vincere facile  :)   t'ho segnalato che ne parla in quel punto (basta leggere il titolo dei capitoli), se vuoi affrontarlo, adesso hai le coordinate, ma non mi prendo certo la responsabilità di spiegarti Hegel (non si dica mai che ho dato lezioni di storia della filosofia a qualcuno, tantomeno su Hegel!).

CARLO
...Ma come? Prima mi dai dell'approssimativo, e poi non ti prendi la responsabilità di giustificare il tuo epiteto? ...Lo so io perché non ti prendi questa responsabilità: perché lo scritto da te citato (l'ho trovato on-line: https://archive.org/stream/ScienzaDellaLogicaVol2#page/n68/mode/1up ) da ragione a me: Hegel non distingue l'opposizione contraddittoria dall'opposizione dialettica tesi-antitesi. Infatti, scrive:

<<Qualcosa è dunque vitale solo in quanto contiene in sé la contraddizione ed è propriamente questa forza di comprendere e sostenere in sé la contraddizione. Quando invece un esistente non può nella sua determinazione positiva estendersi fino ad abbracciare in sé, in pari tempo, anche la determinazione negativa e tener ferma l'una nell'altra, non può cioè avere in lui stesso la contraddizione, allora esso non è l'unità vivente, non è fondamento o principio, ma soccombe nella contraddizione.
Il pensare speculativo consiste solo in ciò che il pensiero tien ferma la contraddizione e nella contraddizione sé stesso>>.   [HEGEL: Scienza della Logica - pg. 71]

Se sostituiamo al termine "contraddizione" quello di "opposti dialettici" possiamo notare una stretta somiglianza tra il brano di Hegel e ciò che scrive Jung:

<<Chi percepisce contemporaneamente la propria ombra e la propria luce, vede se stesso da due lati opposti e, in tal modo, raggiunge il centro. È questo il segreto dell'atteggiamento orientale. (...) Il veramente reale si trova negli opposti; esso vede e abbraccia l'intero>>. [JUNG: Psicologia e religione - pg.475]

<<Posso dominare un opposto solo in quanto, attraverso la percezione di entrambi, me ne libero giungendo così al centro. Là soltanto non sono sottoposto agli opposti>>.  [JUNG: Psicologia e religione - pg.477]

<<Fino a quando questi opposti sono mantenuti estranei l'uno all'altro - allo scopo naturalmente di evitare conflitti - non funzionano, e ne consegue un morto ristagno>>. [ JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.105]

Torno a ribadire che la con-fusione che fa Hegel tra i due concetti è estremamente grave da un punto di vista logico, poiché, mentre in una contraddizione uno dei due termini è falso e quindi DEVE essere eliminato (pdnc), in una opposizione dialettica i due termini sono entrambi veri e devono essere unificati. Ed è proprio questo errore che ha degradato la Dialettica dal rango di Principio universale a quello di "arte delle chiacchiere".
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 03 Agosto 2018, 20:23:05 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 19:15:36 PM
C'è poco da discutere: il pdnc vale SIA per le teorie scientifiche che per qualunque proposizione (o coppia di proposizioni). Se in relazione ad un certo argomento l'una contraddice l'altra, una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità.
Non parlavo, come specificato, di singole proposizioni logiche, ma di "intere" posizioni filosofiche, di paradigmi, di interpretazioni ermeneutiche, a cui dare un singolo valore di verità comporta (oltre che snaturarle drasticamente) i disastrosi (solo filosoficamente ;D ) effetti collaterali di cui sopra, ma non insisto oltre...

Citazione di: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 19:15:36 PM
...Ma come? Prima mi dai dell'approssimativo, e poi non ti prendi la responsabilità di giustificare il tuo epiteto? ...Lo so io perché non ti prendi questa responsabilità: perché lo scritto da te citato (l'ho trovato on-line: https://archive.org/stream/ScienzaDellaLogicaVol2#page/n68/mode/1up ) da ragione a me: Hegel non distingue l'opposizione contraddittoria dall'opposizione dialettica tesi-antitesi.
Si diceva che confrontarsi con i filosofi è anche comprendere il loro "vocabolario": mi sembra che Hegel intenda con la parola "opposizione" la contraddizione logica ("a" e "non-a") con il termine "contraddizione" il momento negativo della dialettica (antitesi)... prova a usarli come legenda interpretativa  ;)
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 20:54:21 PM
Cit. CARLO
C'è poco da discutere: il pdnc vale SIA per le teorie scientifiche che per qualunque proposizione (o coppia di proposizioni). Se in relazione ad un certo argomento l'una contraddice l'altra, una delle due è falsa, o sono entrambe false, oppure entrambe contengono elementi di falsità.

PHIL
Non parlavo, come specificato, di singole proposizioni logiche, ma di "intere" posizioni filosofiche,

CARLO
Non cambia nulla. Anche intere posizioni filosofiche possono contenere aspetti che contraddicono certi aspetti di altre intere posizioni filosofiche; il pdnc vale anche per essi.

PHIL
di paradigmi, di interpretazioni ermeneutiche, a cui dare un singolo valore di verità comporta (oltre che snaturarle drasticamente) i disastrosi (solo filosoficamente   ;) ) effetti collaterali di cui sopra,

CARLO
Io non ho parlato di singolo valore di verità.

Cit. CARLO
...Ma come? Prima mi dai dell'approssimativo, e poi non ti prendi la responsabilità di giustificare il tuo epiteto? ...Lo so io perché non ti prendi questa responsabilità: perché lo scritto da te citato (l'ho trovato on-line: https://archive.org/stream/ScienzaDellaLogicaVol2#page/n68/mode/1up ) da ragione a me: Hegel non distingue l'opposizione contraddittoria dall'opposizione dialettica tesi-antitesi.

PHIL
Si diceva che confrontarsi con i filosofi è anche comprendere il loro "vocabolario": mi sembra che Hegel intenda con la parola "opposizione" la contraddizione logica ("a" e "non-a") con il termine "contraddizione" il momento negativo della dialettica (antitesi)... prova a usarli come legenda interpretativa  

CARLO
Si diceva anche che attribuire a un medesimo termine dei significati tra loro incompatibili significa mettere l'intelletto "fuori servizio" e ridurre il linguaggio a un rumore molesto.
Un popperiano come te dovrebbe sapere che sono proprio questi i motivi per cui Popper rifiutava sdegnosamente la dialettica hegeliana!

https://digilander.libero.it/moses/poppol1.html
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 04 Agosto 2018, 10:27:57 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 20:54:21 PM
Non cambia nulla. Anche intere posizioni filosofiche possono contenere aspetti che contraddicono certi aspetti di altre intere posizioni filosofiche; il pdnc vale anche per essi.
Per fortuna, in filosofia, ci sono posizioni ed orientamenti contraddittori... e il pdnc ci dice solo che non possiamo essere contemporaneamente ferventi seguaci di (esempio) materialismo e spiritualismo; sottolineavo come fosse invece inutile applicarlo in ambito ermeneutico, ma... "non insisto" (autocit.  ;D ).

Citazione di: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 20:54:21 PM
Si diceva anche che attribuire a un medesimo termine dei significati tra loro incompatibili significa mettere l'intelletto "fuori servizio" e ridurre il linguaggio a un rumore molesto.
Hegel non usa affatto il medesimo termine: se non erro, userebbe "opposizione" (logica) e "contraddizione" (dialettica) con significati ben distinti; se non riusciamo ad entrare nel "vocabolario" di un filosofo, non lo capiremo mai, comunque... "non insisto", anzi, come già suggerivo
Citazione di: Phil il 02 Agosto 2018, 18:50:49 PM
non indugio in merito, qui il focus è bene resti sulla tua filosofia  ;)
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 11:56:59 AM
Citazione di: Phil il 04 Agosto 2018, 10:27:57 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 03 Agosto 2018, 20:54:21 PM
Non cambia nulla. Anche intere posizioni filosofiche possono contenere aspetti che contraddicono certi aspetti di altre intere posizioni filosofiche; il pdnc vale anche per essi.

PHIL
Per fortuna, in filosofia, ci sono posizioni ed orientamenti contraddittori... e il pdnc ci dice solo che non possiamo essere contemporaneamente ferventi seguaci di (esempio) materialismo e spiritualismo;

CARLO
Certo, ma un giorno dovremo pur distinguere la Storia della filosofia - che è un labirinto infernale in cui si dice tutto e il contrario di tutto - dalLA Filosofia, che sarà, invece, una vera e propria scienza rigorosa (Husserl), cioè, una visione unitaria e coerente del mondo costituita da tutte le idee filosofiche vere e reciprocamente complementari. 
E' un po' quello che ha fatto la Scienza e quello che sto facendo io. Io, infatti, non mi considero un filosofo, ma un assemblatore di idee filosofiche. In 2.500 anni di filosofia è stato detto essenzialmente tutto (o quasi); adesso si tratta di ordinare ciò che si è detto in un paradigma unico e coerente, in una vera e illuminante concezione del mondo e di noi stessi, eliminando le idee fasulle e ingannevoli (pdnc).
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: viator il 04 Agosto 2018, 13:35:38 PM
Salve. Per Phil . "Non si può essere (ferventi) seguaci sia del materialismo che dello spiritualismo".
Beh, dipende sempre dalle definizioni che si vogliono dare ai termini.

Materialismo integrale : dottrina o visione del mondo consistente nel supporre o sostenere che la radice dell'esistente sia di natura fisica e che nega l'esistenza di entità immateriali. Quindi il materialismo integrale nega lo spiritualismo.

Spiritualismo integrale : dottrina o visione del mondo consistente nel supporre o sostenere che la radice dell'esistenza sia di natura immateriale, il quale ad un certo punto avrebbe creato il mondo materiale. Quindi lo spiritualismo integrale non può negare il materialismo, ma lo interpreta come visione del mondo derivata e subordinata allo spiritualismo stesso, il quale avrebbe "creato" la materialità del mondo..

Materialismo viatoriano . Variante materialistica che prevede tranquillamente l'esistenza di una sfera spiritualistica imprescindibile e perfettamente necessaria all'esistenza della materialità, poichè si basa sul presupposto che la materia, fondata sulla sostanzialità, possieda necessariamente anche una propria forma intrinseca (la forma data dalla relazione reciproca dei componenti-ingredienti del corpo materiale). Quindi tale componente non sostanziale ma appunto formale dell'esistente - dotato di caratterstiche IMMATERIALI) è quella che ha generato, all'interno delle nostre convinzioni, culture e tradizioni, tutte le categorie immateriali e spiritualistiche tradizionali.

ANIMA: la forma (INTRINSECA, e quindi unicamente CONCETTUALE) delle cose, poi quindi anche (attraverso STRUTTURE e FUNZIONI sempre più complesse) dei viventi e dell'uomo. L'animo umano è quindi l'insieme delle forme (immateriali) che generano delle strutture (immateriali) atte a svolgere della funzioni (immateriali) tra le quali figurano ovviamente le funzioni psichiche (immateriali), quella coscienziali (immateriali), quelle mentali (immateriali), quelle ideative (immateriali), quelle trascendenti e spiritualistiche (eccoci arrivati al capolinea dello SPIRITO, il quale consiste semplicemente di un'ANIMA dotata di COSCIENZA).

Un architetto concepisce mentalmente un progetto. Cioè una propria immateriale immagine di una struttura destinata a svolgere una funzione. Facciamo una grande grande cattedrale destinata ad emblematizzare la gloria di Dio.
Naturalmente, in mancanza di un supporto materiale (il proprio sistema nervoso) il tizio non potrebbe concepire un fico secco.
Poi l'architetto stende su carta il progetto. Dà cioè una forma percepibile alla forma mentale, concettuale, del suo progetto.
In mancanza di un supporto materiale (carta) egli non potrebbe tradurre la forma immateriale del suo progetto in una forma fisica. comunicabile. Egli ha generalo una struttura formale bidimensionale  ma non funzionale.
Inizia la costruzione. Il cantiere si riempie di materiali etereogenei privi di qualsiasi ordine e struttura.
Senza quei mucchi di pietre ottuse ed insignificanti credete che ciò che sta per venir costruito (basato su di un progetto mentale consistente in certe forme le quali dovranno svolgere la funzione di rappresentare il primato spiritualistico di Dio) potrebbe nascere e possedere il senso e la funzione che gli spiritualisti integrali gli attribuiranno ?

Ma la vogliamo piantare di considerare antagonistiche materialità e spiritualità ? O forse ciò corrisponde invece agli interessi pratici di qualche istituazione o corporazione ?? Salutoni.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 15:18:38 PM
Citazione di: viator il 04 Agosto 2018, 13:35:38 PM
Materialismo viatoriano . Variante materialistica che prevede tranquillamente l'esistenza di una sfera spiritualistica imprescindibile e perfettamente necessaria all'esistenza della materialità, poichè si basa sul presupposto che la materia, fondata sulla sostanzialità, possieda necessariamente anche una propria forma intrinseca (la forma data dalla relazione reciproca dei componenti-ingredienti del corpo materiale). Quindi tale componente non sostanziale ma appunto formale dell'esistente - dotato di caratterstiche IMMATERIALI) è quella che ha generato, all'interno delle nostre convinzioni, culture e tradizioni, tutte le categorie immateriali e spiritualistiche tradizionali.
CARLO
Mi sembra una concezione piuttosto superficiale. Anche gli scimpanzè sono fatti di materia che <<possiede necessariamente una propria forma intrinseca>>, ma non mi pare che essi si pongano problemi etici o che la domenica mattina vadano a messa. Infatti, la <<forma>> del loro corpo materiale si chiama ISTINTO BIOLOGICO che noi umani abbiamo in comune con loro. Ma la spiritualità è ALTRO dall'istinto; qualcosa che non è presente in nessun'altra specie biologica.

"Spirito e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 04 Agosto 2018, 15:35:10 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 11:56:59 AM
Certo, ma un giorno dovremo pur distinguere la Storia della filosofia - che è un labirinto infernale in cui si dice tutto e il contrario di tutto - dalLA Filosofia, che sarà, invece, una vera e propria scienza rigorosa (Husserl), cioè, una visione unitaria e coerente del mondo costituita da tutte le idee filosofiche vere e reciprocamente complementari.
(sorvolo sull'ovvietà che il buon Husserl non ha potuto fare i conti con il '900, mentre noi ne abbiamo la possibilità) La filosofia comprende l'etica, l'estetica e persino la metafisica e la teologia, tutte discipline costitutivamente incompatibili con il concetto di idea definitivamente vera (non sono falsificabili, si diceva) o necessariamente complementare alle altre (per fortuna, secondo me).
In questo scenario il pluralismo è la tutela della libertà di interpretazione e di costruire visioni del mondo soggettive; se togliamo questo, possiamo anche smettere di parlare di filosofia, sbattere fuori dalla porta ciò che non è epistemico e fare solo scienza (come la farebbero degli automi), anche se temo che quei problemi (etici, etc.) rientrerebbero subito prepotentemente dalla finestra... valli a capire questi umani che non vivono di sola scienza  ;D

Un'unica filosofia che metta tutti d'accordo in virtù della sua (presunta) evidenza? Ammiro l'ambizione del tuo progetto ma, personalmente, preferirei di no (anche qualora fosse un risultato spontaneo, in assenza di imposizioni, che spesso vanno a braccetto con alcuni monismi); è come (paragone) se tutti ascoltassimo la stessa musica o (non paragone) vedessimo il mondo alla stessa maniera: o saremmo tutti "illuminati" (utopia, direi) o sarebbe una mesta stasi culturale perchè mancherebbe... il momento negativo, l'antitesi, come direbbe qualcuno  ;)


Citazione di: viator il 04 Agosto 2018, 13:35:38 PM
Ma la vogliamo piantare di considerare antagonistiche materialità e spiritualità ?
Le ho citate solo come esempio fugace (senza star a sottilizzare troppo) per ragionare sul "pierinismo"... il "viatorismo" non era ancora in oggetto  ;D
Sul calderone che comprende: immateriale, spirituale, concettuale, mentale, animico, psicologico, etc. non basterebbero due tomi per far chiarezza; comunque partire dalle definizioni, come sempre, aiuterebbe a distinguere sinonimi, contrari, supplementi, derivazioni, opposti contraddittori e opposti complementari (come direbbe qualcuno... ;) ). Tuttavia, non è onestamente di mio interesse, è un ambito che mi risulta un po' indigesto perché contiene troppa metafisica classica (anime, spiriti, iperuranio, etc.).
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
Cit. CARLO
Certo, ma un giorno dovremo pur distinguere la Storia della filosofia - che è un labirinto infernale in cui si dice tutto e il contrario di tutto - dalLA Filosofia, che sarà, invece, una vera e propria scienza rigorosa (Husserl), cioè, una visione unitaria e coerente del mondo costituita da tutte le idee filosofiche vere e reciprocamente complementari.

 PHIL
 (sorvolo sull'ovvietà che il buon Husserl non ha potuto fare i conti con il '900, mentre noi ne abbiamo la possibilità) La filosofia comprende l'etica, l'estetica e persino la metafisica e la teologia, tutte discipline costitutivamente incompatibili con il concetto di idea definitivamente vera (non sono falsificabili, si diceva) o necessariamente complementare alle altre (per fortuna, secondo me).

CARLO
Sei talmente poco filosofo (come quasi tutti i filosofi di questo ultimo secolo) che dimentichi sempre la possibilità (affermata in tutto l'arco della storia del pensiero) di un Principio-Dio-Tao che governa OGNI aspetto dell'essere. SU COSA si fonda la tua certezza che etica, estetica e teologia siano incompatibili con un Principio ultimo, il quale, OLTRECHE' principio di verità, sia ANCHE principio di armonia tra tutti gli enti e, quindi, ANCHE principio etico ed estetico? Perché l'etica e l'estetica non dovrebbero contenere in sé alcun ordine oggettivo di carattere universale?
Qualche esempio:

"[Nella cultura Incaica] il principio di complementarità si manifesta ad ogni livello e in tutti gli ambiti della vita, tanto nelle dimensioni cosmica e antropologica quanto in quelle etica e sociale. L'ideale andino non è l'estremo, uno dei due opposti, ma l'integrazione armoniosa dei due. (...) E' opportuno, quindi, vedere più da vicino la familiarità della filosofia andina col pensiero dialettico occidentale. Ci sono molti indizi che permettono di qualificare la razionalità andina come 'dialettica', sia nella struttura sotterranea di concepire la realtà sia nell'abbondanza di indicazioni fenomenologiche".   [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pg.129]

<<Che cosa significa questa galleria delle figure che troviamo dispiegate nel mito, nel linguaggio e nell'arte? Dobbiamo pensare che non si tratti d'altro che di un passatempo con cui la mente umana intrattiene se stessa?  Oppure questo gioco possiede un tema generale e un compito universale?>>.   [E. CASSIRER: Simbolo, mito e cultura – pg. 90]

<<Il mito, la religione, l'arte, il linguaggio e la stessa scienza oggi vengono considerate come tante variazioni di un comune tema - ed è compito della filosofia indicare e render comprensibile  tale tema>>.  [E. CASSIRER: Saggio sull'uomo - pg.148]

<<La equivocità dell'esperienza mitica, che si esprime sia nella religione che nell'arte, realizza corrispondenze e correlazioni sufficienti per organizzare profonde configurazioni di senso. Queste configurazioni o cristallizzazioni di senso sono gli archetipi, strutture soggettive o vissute che, tuttavia, raggiungono una oggettività specifica (o della specie umana), sintetizzando modelli fondamentali e motivi universali di apercezione e apprendimento del mondo>>.    [A. ORTIZ-OSÉS: Ermeneutica simbolica, in Archetipi e simboli collettivi (Circolo Erano 1) - pg. 303]

<<Il pensiero moderno, afferma M. Foucault, spesso comprende entrambi i tipi opposti di investigazione: empirica e trascendentale, ed entrambi i tipi di disposizione: materialista e idealista. Nondimeno, questa tensione è sentita come una contraddizione non solo nell'arte modernista, ma anche nella cultura moderna in generale, e suggerisce una ragione per cui questa cultura ha privilegiato artisti che, come Mondrian, sanno tenere insieme i due poli, che offrono soluzioni estetiche a questa contraddizione apparente". [FOSTER-KRAUSS-BOIS-BUCHLOH: Arte dal 1900 - pg. 124]

PHIL
In questo scenario il pluralismo è la tutela della libertà di interpretazione e di costruire visioni del mondo soggettive; se togliamo questo, possiamo anche smettere di parlare di filosofia, sbattere fuori dalla porta ciò che non è epistemico e fare solo scienza (come la farebbero degli automi), anche se temo che quei problemi (etici, etc.) rientrerebbero subito prepotentemente dalla finestra... valli a capire questi umani che non vivono di sola scienza                    

CARLO
Non ho mica proposto di mettere fuori legge o di mandare al rogo i filosofi che sparano cazzate. Voglio semplicemente dire che, così come la Scienza ha cancellato un gran numero di superstizioni e di teorie palesemente false, altrettanto succederà alla filosofia quando anch'essa, grazie alla scoperta di un proprio criterio di verità, sarà in grado di mandare in pensione delle filosofie infondate, superstiziose o palesemente false.
COSA si oppone a questa possibilità, al di là dei tuoi rigidi dogmi personali?

<<Secondo Luis Vives, alla dialettica (...) spetta l'indagine sui fondamenti di ogni disciplina, facendone una sorta di sinonimo della filosofia vista come ricerca del fondamento del sapere>>.  [M. SACCHETTO: Dialettica, pp. 37/39].
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 18:48:11 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
Cit. CARLO
Certo, ma un giorno dovremo pur distinguere la Storia della filosofia - che è un labirinto infernale in cui si dice tutto e il contrario di tutto - dalLA Filosofia, che sarà, invece, una vera e propria scienza rigorosa (Husserl), cioè, una visione unitaria e coerente del mondo costituita da tutte le idee filosofiche vere e reciprocamente complementari.

 PHIL
 (sorvolo sull'ovvietà che il buon Husserl non ha potuto fare i conti con il '900, mentre noi ne abbiamo la possibilità) La filosofia comprende l'etica, l'estetica e persino la metafisica e la teologia, tutte discipline costitutivamente incompatibili con il concetto di idea definitivamente vera (non sono falsificabili, si diceva) o necessariamente complementare alle altre (per fortuna, secondo me).

CARLO
Sei talmente poco filosofo (come quasi tutti i filosofi di questo ultimo secolo) che dimentichi sempre la possibilità (affermata in tutto l'arco della storia del pensiero) di un Principio-Dio-Tao che governa OGNI aspetto dell'essere. SU COSA si fonda la tua certezza che etica, estetica e teologia siano incompatibili con un Principio ultimo, il quale, OLTRECHE' principio di verità, sia ANCHE principio di armonia tra tutti gli enti e, quindi, ANCHE principio etico ed estetico? Perché l'etica e l'estetica non dovrebbero contenere in sé alcun ordine oggettivo di carattere universale?
Qualche esempio:

"[Nella cultura Incaica] il principio di complementarità si manifesta ad ogni livello e in tutti gli ambiti della vita, tanto nelle dimensioni cosmica e antropologica quanto in quelle etica e sociale. L'ideale andino non è l'estremo, uno dei due opposti, ma l'integrazione armoniosa dei due. (...) E' opportuno, quindi, vedere più da vicino la familiarità della filosofia andina col pensiero dialettico occidentale. Ci sono molti indizi che permettono di qualificare la razionalità andina come 'dialettica', sia nella struttura sotterranea di concepire la realtà sia nell'abbondanza di indicazioni fenomenologiche".   [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pg.129]

P.S.

"La parte formale della Dialettica di Schleiermacher considera il pensiero del suo divenire, il pensiero in movimento, cioè in quanto si avvale dell'idea del mondo e di Dio come di un principio costruttivo del sapere. (...) L'attivítà etica è quella che tende a superare l'opposizione e a realizzare l'unità. Essa è l'azione della ragione, diretta a produrre l'unità di natura e spirito che senza questa azione non ci sarebbe ".  [N. ABBAGNANO - Storia della filosfia , vol. V - pp 38-40]
 
"Putnam individua una sorta di radice comune di etica e conoscenza, con la precisazione del carattere in qualche modo «fondativo» dell'etica rispetto alla conoscenza, del bene rispetto al vero". [N. ABBAGNANO: Storia della filosofia, vol. IX - pg. 330]
 
"Il grado più alto di evoluzione dell'etica comincia quando il pensiero si preoccupa della morale  e cerca il principio fondamentale che comprende tutte le virtù e tutti i doveri".  [A. SCHWEITZER: Il pensiero dell'India – pg. 109]
 
"È colpa di una concezione troppo stretta dell'etica il fatto che il pensiero non abbia potuto fin qui presentare una visione etica del mondo convincente. Questa è possibile solo quando l'etica comprende tutto l'Universo. La vera etica è universale". [A. SCHWEITZER: Il pensiero dell'India – pg. 227]
 
"L'essere in universale deve essere sicuramente quella nozione della quale ci serviamo per produrre tutti i giudizi morali, e quindi deve essere la prima legge morale. (...) L'idea dell'ente in universale costituisce il lume della ragione. (...) Questo lume che illumina lo spirito (...) è di una assoluta immobilità, è eterno, necessario, è la verità stessa in una parola".   [A. ROSMINI: Principi della scienza morale – pp. 7/10]
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Phil il 05 Agosto 2018, 00:07:47 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
Sei talmente poco filosofo (come quasi tutti i filosofi di questo ultimo secolo) che dimentichi sempre la possibilità (affermata in tutto l'arco della storia del pensiero) di un Principio-Dio-Tao che governa OGNI aspetto dell'essere.
Possibilità a cui non credo, perché alle fiduciose affermazioni, dopo più di duemila anni, mi pare non siano ancora seguiti minimi indizi concreti (magari sbaglio); anche l'avvento degli angeli dell'apocalisse è una possibilità da ponderare, nondimeno, mentre l'aspettiamo, suscita tutta la mia perplessità...

Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
SU COSA si fonda la tua certezza che etica, estetica e teologia siano incompatibili con un Principio ultimo, il quale, OLTRECHE' principio di verità, sia ANCHE principio di armonia tra tutti gli enti e, quindi, ANCHE principio etico ed estetico? Perché l'etica e l'estetica non dovrebbero contenere in sé alcun ordine oggettivo di carattere universale?
Se sai cosa sono etica, estetica e teologia, e soprattutto qual'è la loro storia, non dovrei aggiungere altro... se non lo sai, perdonami, ma non sono in grado di sintetizzarlo in un post.
Ciò non significa che tu non possa legittimamente ipotizzare un principio che le possa conciliare (le ipotesi hanno sempre carta bianca!), risolvendo ogni pluralismo e contraddizione, abolendo ogni arbitrarietà e ogni relativismo, tuttavia, per adesso e fino a prova contraria, per me resta un'utopia... Cassirer, Foucault e gli altri che citi hanno forse avuto più fortuna di te?
Soprattutto: conosci davvero bene la filosofia di tutti quelli che hai citato (compresi i loro "vocabolari" ;) ) oppure è solo una questione "compilativa" di fare una ricerca filologica filtrando i testi per "parole chiave" ed accatastando citazioni decontestualizzate (come già fatto per altri)? Ad esempio, chiedo: Schleiermacher, Rosmini e Putnam sono davvero complementari sul piano etico?

Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
Non ho mica proposto di mettere fuori legge o di mandare al rogo i filosofi che sparano cazzate. Voglio semplicemente dire che, così come la Scienza ha cancellato un gran numero di superstizioni e di teorie palesemente false, altrettanto succederà alla filosofia quando anch'essa, grazie alla scoperta di un proprio criterio di verità, sarà in grado di mandare in pensione delle filosofie infondate, superstiziose o palesemente false.
Profezia antica... ma all'epoca avevano l'attenuante, come già dicevo, di non aver vissuto il '900  ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
COSA si oppone a questa possibilità, al di là dei tuoi rigidi dogmi personali?
La sua storia e la sua direzione attuale, sempre "per adesso e fino a prova contraria"... la mia interpretazione ha certamente i suoi dogmi (come tutte?), anche se qui direi che forse si tratta quasi di dati di fatto: come la vedi la filosofia contemporanea? Riesci a interpretarla come orientata al raggiungimento del principio unico, e quindi siamo più "avanti" di un secolo fa? Possiamo essere ottimisti, i risultati raggiunti finora fanno ben sperare? Non ho proprio alcun motivo di essere scettico mentre mi trastullo con i miei dogmi pluralisti?
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 05 Agosto 2018, 02:48:08 AM
Citazione di: Phil il 05 Agosto 2018, 00:07:47 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PM
Non ho mica proposto di mettere fuori legge o di mandare al rogo i filosofi che sparano cazzate. Voglio semplicemente dire che, così come la Scienza ha cancellato un gran numero di superstizioni e di teorie palesemente false, altrettanto succederà alla filosofia quando anch'essa, grazie alla scoperta di un proprio criterio di verità, sarà in grado di mandare in pensione delle filosofie infondate, superstiziose o palesemente false.

PHIL
Profezia antica... ma all'epoca avevano l'attenuante, come già dicevo, di non aver vissuto il '900  ;)
CARLO
Se le scienze si occupano delle conoscenze particolari, l'unico scopo della filosofia è quella di cercare il fondamento comune di tutte le scienze. E il '900 non ha scoperto NULLA che vanifichi la sua (della filosofia) unica ragione di esistere. Il '900 è semplicemente il secolo in cui la filosofia ha rinnegato sé stessa trasformandosi in anti-filosofia, cioè, in una malattia dell'intelletto che tende, non più a edificare, ma a distruggere le basi della conoscenza e della civiltà umana.

Citazione di: Carlo Pierini il 04 Agosto 2018, 17:15:23 PMCOSA si oppone a questa possibilità, al di là dei tuoi rigidi dogmi personali?
PHIL
La sua storia e la sua direzione attuale, sempre "per adesso e fino a prova contraria"... la mia interpretazione ha certamente i suoi dogmi (come tutte?), anche se qui direi che forse si tratta quasi di dati di fatto: come la vedi la filosofia contemporanea? Riesci a interpretarla come orientata al raggiungimento del principio unico, e quindi siamo più "avanti" di un secolo fa? Possiamo essere ottimisti, i risultati raggiunti finora fanno ben sperare? Non ho proprio alcun motivo di essere scettico mentre mi trastullo con i miei dogmi pluralisti?

CARLO
Come ho già detto tempo fa, per un filosofo la fede in un criterio ultimo di verità è come la fede in Dio per un sacerdote. E chi perde la fede dovrebbe avere l'onestà di dismettere l'abito del filosofo e dedicarsi ad altro, invece di "cantare messa" ipocritamente nei "circoli filosofici" o di pubblicare libri di "filosofia".

CitazioneCARLO
Sei talmente poco filosofo (come quasi tutti i filosofi di questo ultimo secolo) che dimentichi sempre la possibilità (affermata in tutto l'arco della storia del pensiero) di un Principio-Dio-Tao che governa OGNI aspetto dell'essere.
PHIL
Possibilità a cui non credo, perché alle fiduciose affermazioni, dopo più di duemila anni, mi pare non siano ancora seguiti minimi indizi concreti (magari sbaglio) (...) per adesso e fino a prova contraria, per me resta un'utopia...

CARLO
Appunto, i filosofi <<del '900>> sono tutti come te: invece di cercare quegli indizi per trasformarli in prove, rifiutano a priori qualsiasi indizio in attesa che qualcun altro (chi?) serva loro le prove su un piatto d'argento! Perché loro sono troppo impegnati a distruggere tutti i fondamenti del sapere e della convivenza civile, ...fino a prova contraria!
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Il_Dubbio il 07 Agosto 2018, 11:32:03 AM
Per complementarità di due termini si intende (o per lo meno cosi intendo io) la possibilità di conoscere esattamente una a dispetto dell'altra.

Ho cercato di capire cosa intendi tu (mi sono dato uno sguardo quasi a tutti gli argomenti aperti, ma non ho trovato una frase esplicita per tale termine).

In fisica fu Bohr a introdurre il concetto di complementarità. Anche Bohr pensò di poter estendere questo principio, ma non credo sia possibile dire che ci sia riuscito. In alcune situazioni (di meccanica quantistica) questo sembra essere un principio valido, ad esempio la complementarietà tra la figura di interferenza e l'informazione sulla traiettoria di una particella. Per vedere la figura di interferenza non possiamo conoscere la traiettoria delle particelle. E' un principio fisico in quanto (per come si esprime l'eminente fisico Anton Zeilinger) tutto dipende dalla grandezza della sorgente e che lo sperimentatore può controllare. Non posso quindi avere una sorgente piccola e grande nello stesso tempo, per cui posso sperimentare o una condizione o l'altra.
Ma, come ho detto, tale principio è circoscritto ad alcune situazioni particolari, visto che è possibile conoscere esattamente due o piu aspetti che tra loro non sono complementari. Ovvero non tutte le conoscenze in fisica sono complementari.

Ovvio che io credo tu intenda trovare un principio di complementarità generale che comprenda anche la fisica. Ma non so su cosa si poggi questo desiderio, almeno rispetto alla fisica e se il concetto di complentarità sia quello che ho scritto io o ce ne sta un altro.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 07 Agosto 2018, 12:46:19 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Agosto 2018, 11:32:03 AM
Per complementarità di due termini si intende (o per lo meno cosi intendo io) la possibilità di conoscere esattamente una a dispetto dell'altra.
Ho cercato di capire cosa intendi tu (mi sono dato uno sguardo quasi a tutti gli argomenti aperti, ma non ho trovato una frase esplicita per tale termine).
CARLO
Una "frase esplicita" che sintetizzi in poche parole tutti gli innumerevoli aspetti della Complementarità non esiste, così come non esiste una "frase esplicita" per spiegare in modo esaustivo la matematica a chi non ne avesse mai sentito parlare.
Puoi farti una prima idea generale di ciò che si intende per "complementarità" leggendo un po' tutti i threads che ho scritto sull'argomento, e in particolare questi due:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/mente-e-cervello-una-complementarita-di-opposti/


IL_DUBBIO
In fisica fu Bohr a introdurre il concetto di complementarità. Anche Bohr pensò di poter estendere questo principio, ma non credo sia possibile dire che ci sia riuscito.

CARLO
Infatti quella di Bohr può essere considerata un'intuizione, ma non una teoria vera e propria, perché egli ha parlato di complementarità tra i due comportamenti (ondulatorio e particellare) del campo elettromagnetico, ma non ha mai indicato - così come vuole il paradigma dialettico - quella grandezza (fisica o metafisica che sia) di cui i due comportamenti rappresentino le "due facce della medaglia", cioè quel "tertium comparationis" unificante DA CUI derivare logicamente le due "nature" della luce, o VERSO CUI farle convergere unitariamente.

IL_DUBBIO
Ovvio che io credo tu intenda trovare un principio di complementarità generale che comprenda anche la fisica. Ma non so su cosa si poggi questo desiderio

CARLO
Per il momento poggia sulla sola logica: se la Complementarità è valida in campi del sapere tanto distanti e indipendenti tra loro (psicologia, storia comparata del simbolo e delle idee religiose, epistemologia, etica, teologia, ecc.), allora l'ipotesi della sua universalità (affermata intuitivamente in tutto l'arco della storia del pensiero umano) merita di essere presa in seria considerazione.

IL_DUBBIO
In alcune situazioni (di meccanica quantistica) questo sembra essere un principio valido, ad esempio la complementarietà tra la figura di interferenza e l'informazione sulla traiettoria di una particella. Per vedere la figura di interferenza non possiamo conoscere la traiettoria delle particelle. E' un principio fisico in quanto (per come si esprime l'eminente fisico Anton Zeilinger) tutto dipende dalla grandezza della sorgente e che lo sperimentatore può controllare. Non posso quindi avere una sorgente piccola e grande nello stesso tempo, per cui posso sperimentare o una condizione o l'altra.
Ma, come ho detto, tale principio è circoscritto ad alcune situazioni particolari, visto che è possibile conoscere esattamente due o più aspetti che tra loro non sono complementari. Ovvero non tutte le conoscenze in fisica sono complementari.

CARLO
Oppure, più semplicemente, non abbiamo ancora trovato il modo di svelare l'aspetto di complementarità delle opposizioni-polarità fisiche come il nord e il sud magnetici, il positivo e il negativo elettrici, l'azione e la reazione meccanici, ecc. Ma, soprattutto, ci sono molte buone ragioni (logico-analogiche) per pensare che le due "grandezze" fondamentali - lo Spazio e il Tempo - costituiscano gli opposti-complementari portanti della Fisica.
...Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Il_Dubbio il 07 Agosto 2018, 20:47:21 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Agosto 2018, 12:46:19 PM
CARLO
Per il momento poggia sulla sola logica: se la Complementarità è valida in campi del sapere tanto distanti e indipendenti tra loro (psicologia, storia comparata del simbolo e delle idee religiose, epistemologia, etica, teologia, ecc.), allora l'ipotesi della sua universalità (affermata intuitivamente in tutto l'arco della storia del pensiero umano) merita di essere presa in seria considerazione.

Non avendo una risposta esplicita alla prima domanda, è difficile capire se applicando x (ciò che non conosciamo) la complemetarità è valida.

Dovresti fare uno sforzo di sintesi.

Ad esempio io potrei dire che X (cio che tu non hai detto) è rappresentato dall'informazione. Nell'altro forum ne avevo parlato diffusamente.

Ad esempio coscienza e conoscenza sono fatti della stessa sostanza, anzi sono la stessa cosa e vengono rappresentati da un tipo di informazione auto-referenziale (il sapere di sapere).  Anche in m.q. si parla di informazione rispetto ad esempio alla traiettoria di una particella o della figura di interferenza. Piu in generale si parla di informazione probabilistica.
Quindi gli opposti complementari sono opposti rispetto al tipo di informazione di cui noi abbiamo conoscenza (coscienza).
Qui va fatta una certa distinzione e un certo ragionamento. Ammettiamo si possa conoscere il bene e il male.  Siccome sono opposti, che tipo di conoscenza posso averne?
Sicuramente posso avere una conoscenza diretta del male o del bene, non posso (o non potrei) conoscere entrambi in modo diretto. Indirettamente invece potrei avere informazioni sulla distinzione tra il bene e il male, ma solo direttamente abbiamo la percezione cosciente di qualcosa che è bene o che sia male. 
Per cui l'informazione diretta e cosciente di uno degli opposti è un tipo di informazione diversa dalle informazioni concettuali sugli opposti. Ovvero si, io potrei conoscere il bene e il male, concettualmente, ma non potrei dire di conoscerli veramente. La vera conoscenza è diretta. Facendo il solito esempio sull'interferenza e sulla traittoria delle particelle: noi possiamo sapere indirettamente i comportamenti che potrebbero avere le particelle, ma la vera conoscenza di una (interferenza) o l'altra (direzione delle particelle) dipende solo dall'esperienza diretta e nell'esperienza diretta non possiamo conoscere entrambi gli opposti. Tutto però dipende dall'informazione e  dall'uso che ne vogliamo fare. Potremmo dire che i robot un giorno avranno coscienza. Potremmo dirlo a due condizioni: la prima condizione è essere certi di possedere un tipo di informazione auto-cosciente, ovvero conoscere concettualmente che tipo di informazione è. La seconda condizione è quella diretta, ogni robot dovrà sentirsi cosciente...
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 07 Agosto 2018, 22:48:14 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 07 Agosto 2018, 20:47:21 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Agosto 2018, 12:46:19 PM
CARLO
Per il momento poggia sulla sola logica: se la Complementarità è valida in campi del sapere tanto distanti e indipendenti tra loro (psicologia, storia comparata del simbolo e delle idee religiose, epistemologia, etica, teologia, ecc.), allora l'ipotesi della sua universalità (affermata intuitivamente in tutto l'arco della storia del pensiero umano) merita di essere presa in seria considerazione.

Non avendo una risposta esplicita alla prima domanda, è difficile capire se applicando x (ciò che non conosciamo) la complemetarità è valida.

Dovresti fare uno sforzo di sintesi.

Ad esempio io potrei dire che X (cio che tu non hai detto) è rappresentato dall'informazione. Nell'altro forum ne avevo parlato diffusamente.

Ad esempio coscienza e conoscenza sono fatti della stessa sostanza, anzi sono la stessa cosa e vengono rappresentati da un tipo di informazione auto-referenziale (il sapere di sapere).  Anche in m.q. si parla di informazione rispetto ad esempio alla traiettoria di una particella o della figura di interferenza. Piu in generale si parla di informazione probabilistica.
Quindi gli opposti complementari sono opposti rispetto al tipo di informazione di cui noi abbiamo conoscenza (coscienza).
Qui va fatta una certa distinzione e un certo ragionamento. Ammettiamo si possa conoscere il bene e il male.  Siccome sono opposti, che tipo di conoscenza posso averne?
Sicuramente posso avere una conoscenza diretta del male o del bene, non posso (o non potrei) conoscere entrambi in modo diretto. Indirettamente invece potrei avere informazioni sulla distinzione tra il bene e il male, ma solo direttamente abbiamo la percezione cosciente di qualcosa che è bene o che sia male.  
Per cui l'informazione diretta e cosciente di uno degli opposti è un tipo di informazione diversa dalle informazioni concettuali sugli opposti. Ovvero si, io potrei conoscere il bene e il male, concettualmente, ma non potrei dire di conoscerli veramente. 

CARLO
Bene e male non sono opposti complementari, ma contraddittori. Leggi almeno questo thread dalla Risposta #8 in avanti, dove ho sinteticamente chiarito questo aspetto.

IL_DUBBIO
La vera conoscenza è diretta. Facendo il solito esempio sull'interferenza e sulla traiettoria delle particelle: noi possiamo sapere indirettamente i comportamenti che potrebbero avere le particelle, ma la vera conoscenza di una (interferenza) o l'altra (direzione delle particelle) dipende solo dall'esperienza diretta e nell'esperienza diretta non possiamo conoscere entrambi gli opposti. Tutto però dipende dall'informazione e  dall'uso che ne vogliamo fare. 

CARLO
Non ho applicato la complementarità alla Fisica, quindi non so cosa risponderti.

IL_DUBBIO
Potremmo dire che i robot un giorno avranno coscienza. Potremmo dirlo a due condizioni: la prima condizione è essere certi di possedere un tipo di informazione auto-cosciente, ovvero conoscere concettualmente che tipo di informazione è. La seconda condizione è quella diretta, ogni robot dovrà sentirsi cosciente...

CARLO
Io invece direi che possiamo parlare di futuri robot dotati di coscienza SOLO se la coscienza è il nome che diamo all'attività del cervello, ma NON se la coscienza è un'entità immateriale che interagisce col cervello (si veda il dualismo-interazionismo di J. Eccles: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/mente-e-cervello-una-complementarita-di-opposti/).
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Il_Dubbio il 08 Agosto 2018, 18:06:47 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Agosto 2018, 22:48:14 PM

CARLO
Bene e male non sono opposti complementari, ma contraddittori. Leggi almeno questo thread dalla Risposta #8 in avanti, dove ho sinteticamente chiarito questo aspetto.


Bhe allora nemmeno la complementarità di Bohr rientra fra le complementarità alla "Pierini". Infatti l'adeguadezza nella conoscenza di una elimina l'altra, per cui per come poni tu la questione anche gli elementi complementari di Bohr sono in sostanza contradditori.

A questo punto ritengo che per complementare vuoi intendere:  due (o almeno due) elementi che, anche se sembrano distinti (°dialetticamente),  non lo sono nella sostanza.
E qui va capito cosa intendere per "sostanza".  Ad esempio una delle coppie (l'ho letto da quel che hai scritto) potrebbe essere spirito/materia. Io ci aggiungo mente/cervello che potrebbe anche sostituire in senso dialettico spirito/materia.
Mente/cervello potrebbero cosi essere complementari (alla "Pierini"), ma in che senso sarebbero opposti? Sarebbero concilianti (cioè complementari) se fossero due entità distinte, ma non li vedrei come entità opposte. Opposte rispetto a cosa? Se la complementarità riguardasse invece all'assunto di Bohr allora qualche ragione potrebbe esserci, ovvero sarebbe impossibile, osservando il cervello, vedere la mente, o al contrario usando la mente controllare il cervello. 
Poi nella sostanza se la mente e il cervello fossero complementari come tu vorresti che fossero, la loro distinzione sarebbe solo dialettica, per cui nella sostanza non ci sarebbe distinzione fra mente e cervello. Mi fermo a questa coppia... perchè mi sembrava quella piu vicina alla nostra esperienza.
In sintesi mi manca il punto di partenza. Se abbiamo capito cosa è per te complementare, non si comprende perche queste coppie debbano essere opposte, se poi è vero che non debbano nemmeno contraddirsi (nella sostanza). Ovvero mente e materia potrebbero essere anche complementari, ma non sono opposte...ma neanche dialetticamente...per cui per loro non vale il principio universale a cui tu vuoi giungere?
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 08 Agosto 2018, 23:14:20 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Agosto 2018, 18:06:47 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Agosto 2018, 22:48:14 PM

CARLO
Bene e male non sono opposti complementari, ma contraddittori. Leggi almeno questo thread dalla Risposta #8 in avanti, dove ho sinteticamente chiarito questo aspetto.


IL_DUBBIO
Beh, allora nemmeno la complementarità di Bohr rientra fra le complementarità alla "Pierini". Infatti l'adeguadezza nella conoscenza di una elimina l'altra, per cui per come poni tu la questione anche gli elementi complementari di Bohr sono in sostanza contradditori.


CARLO
E' ciò che ho detto sopra: <<...quella di Bohr può essere considerata un'intuizione, ma non una teoria vera e propria, perché egli ha parlato di complementarità tra i due comportamenti (ondulatorio e particellare) del campo elettromagnetico, ma non ha mai indicato - così come vuole il paradigma dialettico - quella grandezza (fisica o metafisica che sia) di cui i due comportamenti rappresentino le "due facce della medaglia", cioè quel "tertium comparationis" unificante DA CUI derivare logicamente le due "nature" della luce, o VERSO CUI farle convergere unitariamente>>.
In altre parole, le due "nature" della luce (onda/particella) da un lato continuano ad apparirci come contraddittorie, ma dall'altro sappiamo che gli eventi naturali non sono mai contraddittori e che, dunque, è la nostra interpretazione che deve contenere in sé qualcosa di erroneo. ...Ma cosa? Il problema è ancora aperto, epistemologicamente irrisolto. E la dichiarazione di Bohr sulla loro complementarità non ha convinto nessun fisico, perché non ha chiarito nulla: la sua è solo un'intuizione non sviluppata, incompiuta.

IL_DUBBIO
Ad esempio una delle coppie (l'ho letto da quel che hai scritto) potrebbe essere spirito/materia. Io ci aggiungo mente/cervello che potrebbe anche sostituire in senso dialettico spirito/materia.
Mente/cervello potrebbero cosi essere complementari (alla "Pierini"), ma in che senso sarebbero opposti? Sarebbero concilianti (cioè complementari) se fossero due entità distinte, ma non li vedrei come entità opposte. Opposte rispetto a cosa?

CARLO
La "spiritualità" è un aspetto della mente, così come l'istintualità animale è un aspetto del cervello, della materia biologica. Quindi l'opposizione è quella tra Natura e Cultura, tra eros e ethos, tra istinti e valori civili. Come scrive Jung:

"Spirito e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]

<<L'erotismo è per sua natura ambiguo e lo sarà sempre. [...] Esso appartiene da un lato all'originaria natura animale dell'uomo, la quale sopravvivrà fin quando l'uomo avrà un corpo animale; dall'altro lato l'erotismo è apparentato con le forme più alte dello spirito: ma fiorisce soltanto quando spirito e istinto trovano il giusto accordo. Se l'uno o l'altro aspetto manca ne deriva uno squilibrio o una unilateralità che degenera facilmente nel morboso. Un eccesso di animalità svisa l'uomo civilizzato, troppa civiltà crea animali ammalati>>. [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.67]

IL_DUBBIO
In sintesi mi manca il punto di partenza. Se abbiamo capito cosa è per te complementare, non si comprende perché queste coppie debbano essere opposte, se poi è vero che non debbano nemmeno contraddirsi (nella sostanza). Ovvero mente e materia potrebbero essere anche complementari, ma non sono opposte...ma neanche dialetticamente...per cui per loro non vale il principio universale a cui tu vuoi giungere?

CARLO
Il punto di partenza è ciò che Jung ha chiamato (nella citazione precedente)  <<il giusto accordo>>, cioè, l'armonizzazione degli opposti, in mancanza della quale si hanno due tipi opposti di squilibrio conflittuale: quello di chi (come certi mistici) rimuove (e disprezza) l'istinto in nome della spiritualità e quello di chi (come Nietzsche) rimuove (e disprezza) la spiritualità in nome degli istinti.
Per una comprensione più immediata di questa opposizione, in un altro thread ho messo a confronto un brano di Jung e uno di Nietzsche:

<<Non dobbiamo mai dimenticare le nostre premesse storiche: solo da poco più di mille anni siamo andati a cadere dai rozzi principi del politeismo in una religione orientale evolutissima, che ha elevato lo spirito immaginoso del semiselvaggio a un'altezza non corrispondente al livello del suo sviluppo spirituale. Per mantenersi in un modo o in un altro a tale altezza, era inevitabile che si dovesse rimuovere largamente la sfera degli istinti. Per questo la pratica religiosa e la morale assumono un carattere decisamente violento, anzi, quasi maligno. Gli istinti rimossi non si evolvono in maniera naturale, ma continuano a vegetare nell'inconscio sotto forma della barbarie primigenia. Cosicché, noi vorremmo raggiungere le vette di una religione filosofica, ma in realtà non ne siamo capaci. Tutt'alpiù possiamo "crescere" fin lassù>>.  [JUNG: Il segreto del fiore d'oro - pg.56]

<<La fede cristiana è fin da principio sacrificio, sacrificio di ogni libertà, di ogni orgoglio, di ogni coscienza di sé e contemporaneamente assoggettamento e mortificazione e mutilazione di sé. [...] Non era esistita mai e in nessun luogo una simile audacia nel rovesciamento di tutti gli antichi valori. E' l'Oriente, il profondo Oriente, lo schiavo orientale che in questo modo prende la sua vendetta su Roma e sulla sua aristocratica e frivola tolleranza, la vendetta del "cattolicesimo" romano della fede. [...]
Ovunque la nevrosi religiosa si è presentata fino ad ora sulla terra, la ritroviamo collegata a tre pericolose prescrizioni dietetiche: solitudine, digiuno, e castità>>.  [NIETZSCHE: Al di là del bene e del male, fr. 46-47]
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Il_Dubbio il 09 Agosto 2018, 14:33:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 08 Agosto 2018, 23:14:20 PM


CARLO
E' ciò che ho detto sopra: <<...quella di Bohr può essere considerata un'intuizione, ma non una teoria vera e propria, perché egli ha parlato di complementarità tra i due comportamenti (ondulatorio e particellare) del campo elettromagnetico, ma non ha mai indicato - così come vuole il paradigma dialettico - quella grandezza (fisica o metafisica che sia) di cui i due comportamenti rappresentino le "due facce della medaglia", cioè quel "tertium comparationis" unificante DA CUI derivare logicamente le due "nature" della luce, o VERSO CUI farle convergere unitariamente>>.
In altre parole, le due "nature" della luce (onda/particella) da un lato continuano ad apparirci come contraddittorie, ma dall'altro sappiamo che gli eventi naturali non sono mai contraddittori e che, dunque, è la nostra interpretazione che deve contenere in sé qualcosa di erroneo. ...Ma cosa? Il problema è ancora aperto, epistemologicamente irrisolto. E la dichiarazione di Bohr sulla loro complementarità non ha convinto nessun fisico, perché non ha chiarito nulla: la sua è solo un'intuizione non sviluppata, incompiuta.

No, Bohr non credo, ma ho riferito un passaggio di Anton Zeilinger che attribuisce la causa alla grandezza della sorgente. E' come se tu attivassi il rubinetto di casa al massimo e vorresti che desse lo stresso spruzzo che potrebbe dare la pompa che usa un pompiere per spegnere gli incendi. Quindi qui parliamo di limite fisico. I rubinetti li usi in casa per lavarti i denti, mentre le pompe idrauliche le usi esternamente ad esempio per irrigare un campo. E' chiaro che una pompa idraulica emette una quantità gigantesca di acqua al secondo ed essa sarà complementare al rubinetto di casa. L'effetto sarà diverso e non è possibile avere lo stesso effetto di una pompa idraulica con un rubinetto di casa.

Potrebbe essere utile il concetto di complementarità negli insiemi. Ad esempio i numeri naturali formano un unico insieme, ma i numeri pari sono complementari ai numeri dispari. In questo caso avrai un solo insieme di numeri naturali e due sottoinsiemi complementari.
Prendiamo la coppia che hai citato "natura/cultura", e spirito/istinto.
Io formerei un solo insieme di eventi naturali e due sottoinsiemi che chiamiamo istinto e spirito (o anche cultura).
Non vedo quindi una differenza fra natura e spirito e natura e istinto. Fanno parte tutti dello stesso insieme naturale e si dividono in due sottoinsiemi complementari.

Ora, sappiamo tutti qual è la differenza fra un numero pari ed un numero dispari. Come sappiamo la differenza fra un comportamento ondulatorio e uno corpuscolare. E sappiamo anche la differenza fra un rubinetto di casa e una pompa idraulica. Il fatto che esistano delle differenze non significa però che non appartengano ad un unico insieme, come infatti pari e dispari appartengono all'insieme dei numeri naturali; rubinetti e pompe idrauliche all'insieme degli spruzzatori di acqua e i comportamenti ondulatorio e corpuscolare  all'insieme dei comportamenti della materia.

E' chiaro che non tutto è semplice  e lineare. C'è sempre qualche "dubbio" che appare qua e la. Ad esempio qual è la differenza fra spirito e istinto? Anche se resta il fatto che facciano parte entrambi degli eventi naturali, cosa ci spinge a classificarli in modo diverso? Ma poi sono effettivamente complementari come lo sono i pari e i dispari nei numeri naturali? Da qui possono partire opinioni personali, ma fino a questo punto io non credo si possa avere opinioni diverse.  Non credo cioè che un atteggiamento culturale non sia un atteggiamento naturale sempre che non si riesca a costruire una definizione di "naturale" contradditoria con un atteggiamento culturale. Secondo me le cose naturali sono quelle che sono possibili, ed anche se ci fosse qualcosa che sembrerebbe fatta in modo da sembrare contro-natura, solo per il fatto di essere stata attuata lo imprigiona per sempre nei fatti naturali, ovvero possibili.
Tra un fatto istintivo e uno culturale esiste una specie di impalcatura creata dalla storia e dalla memoria, stilata attraverso i modi e le consuetudini di un popolo (leggi, religioni, intrattenimenti ecc.), che rende gli eventi culturali differibili dagli eventi istinitivi.  Non potrebbe cioè accadere che per istinto, cioè senza passare attraverso la memoria, la storia, lo studio ecc, uno scriva la divina commedia. Anche qui io ci trovo una causa fisica dipendente dai gradi di libertà. Uno uovo è stato creato nel tempo attraverso tanti cicli naturali. Può la natura creare un uovo senza passare  attraverso la storia di quell'uovo? Certamente la natura non lo impedisce, ma i gradi di libertà che servirebbero per ricomporre un uovo senza passare attraverso la sua storia sono cosi numerosi che tale evento è praticamente impossibile. Come infatti non vedremo mai l'uovo sbattuto per terra ricomporsi "istinitivamente". Per cui questa è secondo me la differenza.
Poi ci sarebbero sicuramente dubbi sull'insorgenza della coscienza. Se per alcuni è un evento primordiale (ma sempre naturale) per altri è appunto l'apice di una evoluzione storica. Esiste però li un grosso problema non risolto che però mi porterebbe lontano dal tema che mi vede abbastanza scettico nel ritenere la complementarità come un principio universale.
Secondo me il principio universale da trovare è nella teoria dell'informazione che si attua nell'interazione fra l'informatore e l'informato. Quando parlo di interazione parlo asetticamente di due enti interagenti non per forza di cose coscienti. Ma è ovvio che credo che la forma cosciente sia una forma di interazione, di stile e modi ed effetti, diversi dalle interazioni senza coscienza. Qui però sono io a non aver ancora trovato le differenze.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 09 Agosto 2018, 16:25:12 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Agosto 2018, 14:33:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 08 Agosto 2018, 23:14:20 PM


CARLO
E' ciò che ho detto sopra: <<...quella di Bohr può essere considerata un'intuizione, ma non una teoria vera e propria, perché egli ha parlato di complementarità tra i due comportamenti (ondulatorio e particellare) del campo elettromagnetico, ma non ha mai indicato - così come vuole il paradigma dialettico - quella grandezza (fisica o metafisica che sia) di cui i due comportamenti rappresentino le "due facce della medaglia", cioè quel "tertium comparationis" unificante DA CUI derivare logicamente le due "nature" della luce, o VERSO CUI farle convergere unitariamente>>.
In altre parole, le due "nature" della luce (onda/particella) da un lato continuano ad apparirci come contraddittorie, ma dall'altro sappiamo che gli eventi naturali non sono mai contraddittori e che, dunque, è la nostra interpretazione che deve contenere in sé qualcosa di erroneo. ...Ma cosa? Il problema è ancora aperto, epistemologicamente irrisolto. E la dichiarazione di Bohr sulla loro complementarità non ha convinto nessun fisico, perché non ha chiarito nulla: la sua è solo un'intuizione non sviluppata, incompiuta.

No, Bohr non credo, ma ho riferito un passaggio di Anton Zeilinger che attribuisce la causa alla grandezza della sorgente. E' come se tu attivassi il rubinetto di casa al massimo e vorresti che desse lo stresso spruzzo che potrebbe dare la pompa che usa un pompiere per spegnere gli incendi. Quindi qui parliamo di limite fisico. I rubinetti li usi in casa per lavarti i denti, mentre le pompe idrauliche le usi esternamente ad esempio per irrigare un campo. E' chiaro che una pompa idraulica emette una quantità gigantesca di acqua al secondo ed essa sarà complementare al rubinetto di casa. L'effetto sarà diverso e non è possibile avere lo stesso effetto di una pompa idraulica con un rubinetto di casa.

CARLO
Non capisco cosa vuoi dire. Uno stesso raggio di luce si comporta come un'onda oppure come una "pioggia" di particelle a seconda del materiale con cui interferisce, indipendentemente dalla grandezza della sorgente. Per esempio: se colpirà un prisma si comporterà come un'onda (rifrazione), se invece colpirà una superficie metallica si comporterà come una "pioggia" di particelle (effetto fotoelettrico). Quindi, che c'entra la grandezza della sorgente?
Idem per il resto del tuo commento: non so come ricondurlo al tema della Complementarità degli opposti.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Il_Dubbio il 09 Agosto 2018, 21:16:07 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 09 Agosto 2018, 16:25:12 PM
CARLO
Non capisco cosa vuoi dire. Uno stesso raggio di luce si comporta come un'onda oppure come una "pioggia" di particelle a seconda del materiale con cui interferisce, indipendentemente dalla grandezza della sorgente. Per esempio: se colpirà un prisma si comporterà come un'onda (rifrazione), se invece colpirà una superficie metallica si comporterà come una "pioggia" di particelle (effetto fotoelettrico). Quindi, che c'entra la grandezza della sorgente?
Idem per il resto del tuo commento: non so come ricondurlo al tema della Complementarità degli opposti.

Hai ragione, le questioni riguardanti la complementarità onda/particella sono complesse e andrebbero spiegate punto su punto. Se vuoi puoi leggere il velo di Einstein di Anton Zeilinger dove certe problematiche sono spiegate meglio di come possa fare io in pochi passi.

Per quanto riguarda tutto il resto, io ho risposto a questo argomento perchè mi sembrava interessante, solo che non capivo (e da come ti sei espresso non capirò mai) le basi, ovvero il significato dei termini usati. Ho capito che io ho un'idea di complementarità diversa dalla tua, ma mentre io conosco la mia e ho spiegato i suoi termini, non ho capito la tua. Ed è per questo che non riesci a ricondurlo al tuo tema. Se solo si potesse capire che vuol dire per te complementare potremmo anche chiamarlo girolamo, ci comprenderemmo meglio :) Ma dire che complementare vuol dire solo ciò che tu hai in mente, allora non ne verremo mai a capo, sempre che si capisca e che sia definito senza ombra di dubbio il significato che tu dai al termine.
Titolo: Re:Perché un Principio universale?
Inserito da: Carlo Pierini il 09 Agosto 2018, 23:10:54 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Agosto 2018, 21:16:07 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 09 Agosto 2018, 16:25:12 PM
CARLO
Non capisco cosa vuoi dire. Uno stesso raggio di luce si comporta come un'onda oppure come una "pioggia" di particelle a seconda del materiale con cui interferisce, indipendentemente dalla grandezza della sorgente. Per esempio: se colpirà un prisma si comporterà come un'onda (rifrazione), se invece colpirà una superficie metallica si comporterà come una "pioggia" di particelle (effetto fotoelettrico). Quindi, che c'entra la grandezza della sorgente?
Idem per il resto del tuo commento: non so come ricondurlo al tema della Complementarità degli opposti.


Hai ragione, le questioni riguardanti la complementarità onda/particella sono complesse e andrebbero spiegate punto su punto. Se vuoi puoi leggere il velo di Einstein di Anton Zeilinger dove certe problematiche sono spiegate meglio di come possa fare io in pochi passi.

Per quanto riguarda tutto il resto, io ho risposto a questo argomento perchè mi sembrava interessante, solo che non capivo (e da come ti sei espresso non capirò mai) le basi, ovvero il significato dei termini usati. Ho capito che io ho un'idea di complementarità diversa dalla tua, ma mentre io conosco la mia e ho spiegato i suoi termini, non ho capito la tua. Ed è per questo che non riesci a ricondurlo al tuo tema. Se solo si potesse capire che vuol dire per te complementare potremmo anche chiamarlo girolamo, ci comprenderemmo meglio :) Ma dire che complementare vuol dire solo ciò che tu hai in mente, allora non ne verremo mai a capo, sempre che si capisca e che sia definito senza ombra di dubbio il significato che tu dai al termine.


CARLO
Comincia col leggere questo mio thread:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

. ..e, se non capisci, chiedimi chiarimenti all'interno dello stesso thread.


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