Perché per la mente umana è così importante che la vita abbia un "senso"?

Aperto da Socrate78, 21 Novembre 2018, 20:57:33 PM

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Socrate78

L'uomo, e la religione e gran parte della filosofia lo dimostrano, ha sempre sentito l'esigenza di "dare un senso" all'esistenza, cioè di decidere un motivo per cui siamo al mondo e in questo modo decidere come comportarsi e quali atteggiamenti invece evitare. Dare un senso è quindi rassicurante, serve ad avere certezze, prova ne è il fatto che la sensazione di "non senso" è all'origine di angosce più o meno grandi e persino di depressioni quando la caduta di senso è accompagnata anche da altri problemi. Io invece, può sembrare assai strano ma in fondo è così, sarei decisamente più felice se avessi la certezza che di fatto NON esiste alcun senso prestabilito. Infatti stabilire che si vive per uno scopo ben preciso e non per un altro ritenuto irrilevante o persino errato secondo me ci vincola moltissimo e ci rende schiavi di quel senso che la società, la cultura di appartenenza, ha già deciso per noi: se la tua personalità è in sintonia con quel significato astratto allora va tutto a gonfie vele, ma se invece non è così ecco che emergono conflitti, sensi di colpa, nevrosi, insomma le certezze prestabilite schiavizzano l'uomo. Io ritengo sia opportuno che la filosofia smascheri tutti i "sensi" stabiliti a priori rivelandone la fondamentale inconsistenza e lasci quindi libero l'individuo di decidere lui come vivere, senza condizionamenti. Quelli che si aggrappano al "senso" prestabilito alla fine sono dei deboli, per chi è veramente forte il senso è soltanto una palla al piede. Siete d'accordo?

viator

Salve Socrate78. Perché la ricerca di un senso della vita rappresenta semplicemente l'espressione psichica - quindi ultrabiologica - dell'istinto di sopravvivenza.

Il corpo vuole sopravvivere biologicamente e cerca di farlo attraverso tale istinto.
Una volta che in un corpo si siano instaurate una psiche e soprattutto una COSCIENZA, anch'esse per sopravvivere al loro livello hanno bisogno di sostenersi a qualcosa che sia oltre la biologia corporale.

Per questo, essendo psiche e coscienza degli "extra" (delle specie di "optionals" della carrozzeria corporea), necessitano di una motivazione "extra" che noi chiamiamo senso della vita. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

ciao Socrate78,
non sono d'accordo.
L'osservazione di come "gira il mondo", le sue regolarità e i suoi diversi cicli, quelle che scientificamente chiamiamo leggi, da sempre o nei miti, o nelle  filosofie o religioni vennero e vengono interpretate come senso.
L'argomento è vasto se applicabili a più domini,dal naturale all'etico morale.
Personalmente se c'è un senso è inquietante, non rassicurante o consolatorio, perchè per quanto possiamo osservare, riflettere, considerare e alla fine stabilire interpretativamente, la verità "è una soggettiva dal balcone da cui noi vediamo il mondo": è una prospettiva.
Se si pensa che vi sia un senso, il nostro comportamento ne viene influito.
Si può scegliere che non vi sia un senso e "lasciarsi vivere",che è una forma di oblio.

La libertà è un'altro grosso problema.Liberi da che cosa(negativa), liberi per che cosa(positiva)?
Questa società contemporanea in teoria è la più libera: un gran "casino"

Ipazia

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Sono d'accordo,ma.....
I deboli che si aggrappano formano un gruppo forte , rispetto al quale i forti isolati risultano deboli satelliti , costretti comunque a girarci attorno.
Quindi il senso ha a che fare con la creazione di una società.
Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo , e in fondo è fin troppo facile da smascherare , quanto pericoloso farlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Mettere in dubbio quel senso in effetti significa mettere in allarme l'istinto di sopravvivenza della società che lo ha adottato come collante.
L'esigenza di un senso nasce in ultima analisi da un istinto sociale , e la società , una volta costituita , si difende difendendo il suo senso .
Le società comunque si evolvono e ciò comporta modifiche di senso , le quali si hanno solo se si è usata sufficiente tolleranza verso il libero pensiero.
La domanda è: ci vuole più coraggio a restare liberi pensatori o ad aderire in modo acritico ad una società ?
Da che parte sto io dovrebbe essere chiaro , ma mi sforzo di immedesimarmi nell'altra parte , senza riuscire ad identificarmi (purtroppo ? ).
Mi è toccata questa parte e me la tengo.
Ci vuole coraggio , e io ce l'ho , ma non mi sembra che la forza stia dalla mia parte.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2018, 22:30:09 PM
...
Se si pensa che vi sia un senso, il nostro comportamento ne viene influito.
Si può scegliere che non vi sia un senso e "lasciarsi vivere",che è una forma di oblio.

La libertà è un'altro grosso problema.Liberi da che cosa(negativa), liberi per che cosa(positiva)?
Questa società contemporanea in teoria è la più libera: un gran "casino"

La libertà è l'indicatore del senso della vita. Anche una vita obliata, apparentemente senza senso, lo riacquista all'istante mettendola in gabbia: il senso sta fuori dalla gabbia. Vale per ogni animale incluso l'umano. La cui specificità è la creazione di gabbie mentali. Così perfette da non apparire neppure gabbie e così abili da mascherarsi nel loro opposto. Va bene chiamare in causa le istituzioni che hanno prodotto la civiltà: esse danno un senso, ma quale ? Anche qui è sempre il negativo a illuminare il senso della vita. Nella vita antica stava fuori dal binomio astieniti-prega, nella moderna sta fuori del - perfettamente omologo - binomio lavora-consuma.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Dare un senso è importante per poter sviluppare le proprie potenzialità, più che per essere rassicurati.
Il problema non è il fatto che una certa dottrina ti offre un senso prestabilito a cui ci si deve adeguare, ma il fatto che non si capisca che i significati comuni vanno incarnati e quindi declinati secondo la prospettiva personale.
Nel Rinascimento non c'era tutta questa sensibilità alla propria autonomia di giudizio. Voglio dire che non temevano che la loro coscienza potesse essere colonizzata da qualche specifico sapere. Avevano la grande capacità di attraversare il sapere senza dover continuamente individuare nemici. Potevano conoscere perfettamente la teologia scolastica come la filosofia classica e la nuova filosofia della natura, senza sentire contraddizioni.
Al limite la loro intolleranza era riservata alla Chiesa in quanto istituzione.
Ai nostri tempi invece vengono moltiplicate le contrapposizioni. Non dico che non si debba esercitare la negazione – per poter poi abbracciare ciò che ci è affine –, ma a volte sembra che il percorso sia troppo breve e tutto interessato al "no" finale.

bobmax

Il bisogno di senso deriva dalla consapevolezza del bene e del male. E dalla constatazione che non sembra proprio esserci giustizia in questo mondo.

Il bisogno di senso può condurci, se vissuto esistenzialmente, ossia con fede nella Verità, al "limite". Dove la ragione deve accettare il proprio naufragio.

Perché da un lato il mondo funziona così, e dall'altro questo mondo non è accettabile, in quanto non è giusto!

Nella ricerca della Verità, ogni possibile significato che dia un perché al male finisce inevitabilmente con il dover essere rifiutato.

Sì è così tentati di abbandonarsi al nichilismo. L'assenza di senso è allora vissuta come conferma dell'inesistenza della Verità.
La vita è così e basta.

Senza avvedersi che è proprio l'assenza di senso a pretendere da noi il passo decisivo.
Il passo verso la Verità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

doxa

Prima di domandarsi il senso della vita bisogna chiedersi cos'è la vita, cos'è un essere vivente.

Interrogarsi sul senso della vita significa indagare anche il significato della morte. Vita e morte sono in tandem.

Il biologo e genetista Edoardo Boncinelli nel suo saggio titolato "Vita" dice che un essere vivente è materia organizzata,  limitata nel tempo e nello spazio, capace di metabolizzare, riprodursi ed evolvere.

I costituenti sono cellule e macromolecole, ma è  il possesso del genoma che fa l'essere vivente. 

la consapevolezza di dover morire è un peso che accompagna l'uomo in ogni circostanza, per quanto si sforzi di vivere come se così non fosse. E proprio per sopportare questo pesante fardello, l'uomo ha inventato l'anima, affinché almeno una parte di sé potesse essere immortale e incorruttibile, non deperire col tempo e non essere annientata.

Ipazia

Concordo pienamente. E' il negativo, la morte (quel che ne consegue, perché l'atto di morire é ancora un momento della vita), a riempire di senso la vita. A maggior ragione per chi non crede nell'aldilà. Fossimo immortali (sul serio) il senso della vita sarebbe totalmente differente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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anthonyi

Socrate, il bisogno di un direzionamento esteriore per le nostre azioni nasce dagli stessi meccanismi che fanno di noi una realtà sociale piuttosto che un gruppo di individui indipendenti l'uno dall'altro.
La scelta individuale deve essere socialmente sensata, cioè coerente con un'idea di fondo dei valori della società. L'idea di senso, come faceva notare anche Ipazia, limita la nostra libertà perché questo è funzionale alla definizione di un ordine sociale.

Kobayashi

Citazione di: altamarea il 22 Novembre 2018, 21:04:09 PMPrima di domandarsi il senso della vita bisogna chiedersi cos'è la vita, cos'è un essere vivente. Interrogarsi sul senso della vita significa indagare anche il significato della morte. Vita e morte sono in tandem. Il biologo e genetista Edoardo Boncinelli nel suo saggio titolato "Vita" dice che un essere vivente è materia organizzata, limitata nel tempo e nello spazio, capace di metabolizzare, riprodursi ed evolvere. I costituenti sono cellule e macromolecole, ma è il possesso del genoma che fa l'essere vivente. la consapevolezza di dover morire è un peso che accompagna l'uomo in ogni circostanza, per quanto si sforzi di vivere come se così non fosse. E proprio per sopportare questo pesante fardello, l'uomo ha inventato l'anima, affinché almeno una parte di sé potesse essere immortale e incorruttibile, non deperire col tempo e non essere annientata.


Un ragionamento decisamente riduttivo. La ricerca di senso non ha a che fare solo con la morte, ma anche con cose come libertà, coscienza, bellezza, amore etc. Esperienze che se fossero solo il prodotto dello sforzo di rimuovere la paura della morte sarebbero fragili come certe costruzioni religiose (le idee di una vita oltre la morte a cui praticamente nessuno crede veramente). Invece hanno la forza di qualcosa di fondamentale, di irriducibile.

Del resto che dopo millenni di ricerca filosofica su questi temi ci si debba oggi affidare alla biologia mi sembra il segno per la nostra civiltà di un fallimento clamoroso.

Ipazia

Citazione di: Kobayashi il 24 Novembre 2018, 08:58:46 AM

Un ragionamento decisamente riduttivo. La ricerca di senso non ha a che fare solo con la morte, ma anche con cose come libertà, coscienza, bellezza, amore etc. Esperienze che se fossero solo il prodotto dello sforzo di rimuovere la paura della morte sarebbero fragili come certe costruzioni religiose (le idee di una vita oltre la morte a cui praticamente nessuno crede veramente). Invece hanno la forza di qualcosa di fondamentale, di irriducibile.

Del resto che dopo millenni di ricerca filosofica su questi temi ci si debba oggi affidare alla biologia mi sembra il segno per la nostra civiltà di un fallimento clamoroso.

Concordo: della filosofia. Che a forza di cercare nel mondo dietro il mondo i suoi fondamenti non si accorgeva, e continua a non accorgersi, di averli lì davanti: la vita umana. Da riempire di senso nella sua caducità e unicità (l'unico Uno che meriti la maiuscola). Cosa che gli umani fanno da sempre a prescindere e spesso contro i postulati metafisici dettati dalla falsa coscienza e dai veri interessi, riempiendola di libertà, coscienza, bellezza, amore, (conoscenza,..) per quello che è loro dato possibile fare. E le stelle stanno a guardare mentre la bella addormentata continua a sognare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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Kobayashi

È buona cosa criticare la metafisica, poi però non ci si deve aspettare che la filosofia possa avere la stessa robustezza del passato e quindi, delusi, definirla come irrilevante o addormentata se procede per tentativi fragili.
Del resto, cara Ipazia, per essere terra-terra, la filosofia che ciascuno di noi sperimenta non è un adeguarsi faticoso ai sistemi riprodotti nei volumi della propria biblioteca, ma uno sforzo personale che si declina in parte nello studio, in parte nello scrivere, in parte nel parlare ad alta voce come dei pazzi...
Siamo noi a doverci svegliare. Impariamo ad essere un po' più spudorati nello sfruttare l'immenso deposito di sapere che abbiamo a disposizione per la costruzione della nostra verità... ma che sia una verità bella, ricca, feconda, lussureggiante! Non la striminzita formula di un certo materialismo (o di un certo fondamentalismo della ragione).

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