Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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sgiombo

Apeiron:
 
Capisco... penso che qui ci sia una differenza di vedute  ( di fatto è ciò che mi rendeva perplesso di quanto avevo scritto un po' di tempo fa..
Per me l'idealismo trascendentale ci dice mondo fenomenico è "la realtà vista da noi". In fisica, la nozione che più ci assomiglia, secondo me è la nozione di "sistema di riferimento". Già nella fisica classica, per esempio, i corpi, come proprietà intrinseca, la "velocità". In realtà, la velocità, contrariamente a quello che ci suggerirebbe la nostra intuizione non è una proprietà intrinseca degli oggetti ma una proprietà degli oggetti in relazione ad un altro "oggetto". Dunque, frasi come "l'automobile va ai 100km/h" sono incomplete perché manca la qualificazione del sistema di riferimento. Per esempio, è, invece, corretto dire: "l'automobile va ai 100km/h nel riferimento in quiete dell'autovelox". [Carlo Rovelli ha esteso questo tipo di ragionamento a tutte le quantità fisiche (!). Questo tipo di ragionamento, ovvero di concepire la realtà in modo "relazionalistico" (non "relativistico" nel senso della filosofia post-moderna!!!) secondo me ha avuto molto successo! E, personalmente, ci vedo analogie con la filosofia di Kant, Schopenhauer ecc anche se nel caso di Rovelli la coscienza non ha un ruolo privilegiato... ]
 
Sgiombo:
 
Ma la questione rilevante non é quella (per me ovvia) della relatività e non assolutezza di qualsiasi misura misura fisica.
 
Il fatto ontologicamente importante é che, contrariamente al "senso comune" ( cui aderiscono generalmente i fisici come tutte le altre categorie di persone), delle cose materiali (le cui qualità e rispettivo divenire sono ovviamente relative) l' "esse est pecipi" (Berkeley): esse sono reali solo e unicamente come fenomeni ovvero mere "apparenze sensibili", insiemi - successioni di sensazioni  e  solo se e quando e fintanto che in quanto tali (mere "apparenze sensibili", insiemi - successioni di sensazioni ) accadono; mentre se qualcosa é reale anche in sé, cioé indipendentemente dal loro accadere (anche se e quando esse realmente non accadono), per non cadere in una plateale contraddizione bisogna ammettere che si tratta di altre, diverse cose, non apparenti (non fenomeni) ma solo congetturabili (solo noumeno).
 
 
 
 
Apeiron:
 
Allo stesso modo, secondo me, l'idealismo trascendentale ci dice che io non vedo "il mondo" ma vedo il "mondo visto da me". Dunque, così si capisce perché Schopenhauer può dire che "l'oggetto senza soggetto non è pensabile", ovvero non possiamo pensare al mondo "al di fuori" della nostra prospettiva. In pratica, il mondo fenomenico non si riduce alle sole "sensazioni" bensì è la "realtà vista da noi".
 
Sgiombo:
 
Che differenza c'é?
Io non ne vedo.
 
 
 
 
Apeiron:
 
Per questo motivo usare le categorie dell'intelletto, come la causalità, diventa problematico nel caso della "realtà in sé". Non a caso, Kant, a differenza di Hume riteneva che potevamo, limitandoci al mondo fenomenico, usare la causalità senza problemi. 
 
Sgiombo:
 
E sbagliava (casomai senza problemi pratici; non certo senza problemi teorici, come sostenuto da Hume.
 
 
 
 
Apeiron:
 
Dunque, secondo me, il mondo fenomenico non si riduce alle sole sensazioni ma anche alle loro cause (ovviamente, io sto assumendo come "vera" la causalità anche se Hume ha ragione nel dire che non possiamo saperlo dalla sola induzione...): in fin dei conti, la conoscenza che abbiamo di esse è sempre associata al nostro "punto di vista", per così dire. Se i fenomeni materiali si riducono alle semplici sensazioni, "oggetti non osservabili" dal nostro apparato percettivo come elettroni, quarks ecc non esistono nel "mondo materiale
 
Spero di essermi spiegato (anche se ammetto che non sono stato chiaro...consiglio di pensare ai sistemi di riferimento per capire meglio). 
 
Sgiombo:
 
Ma in realtà le cause dei fenomeni sono altri fenomeni né più né meno dei loro effetti. di oggetti .Sono cose non osservate ma osservabili o comunque anche se non osservabili ricavabili inferenzialmente da quanto direttamente osservato, e dunque reali non più di quanto sia reale il direttamente osservato, ovvero non più che come apparenze fenomeniche non reali allorché ciò da cui sono inferite non é reale in quanto insieme – successione di mere apparenze sensibili.
Allorché non é visto un albero non esiste l' albero e dunque non esistono nemmeno gli atomi, i quark, ecc. che lo costituiscono; se qualcosa esiste anche allora (come credo per fede), non é l' albero, né ciò che circa la sua costituzione possiamo inferire, che ciò sia visibile o meno: se é invisibile, allora é invisibile come il noumeno ma non é in sé come il noumeno, non é il noumeno; é bensì ciò che di invisibile costituisce i fenomeni. E infatti se nella realtà in toto non ci fossero enti coscienti soggetti di esperienza fenomenica, nemmeno ci sarebbero, oltre agli oggetti fenomenici macroscopici, nemmeno i loro costituenti di cui si ha (ma solo se si é soggetti di coscienza) inferenza: non ci sarebbe l' universo materiale (fenomenico; né i fenomeni mentali, di pensiero).
 
Non vedo che ci azzecchino i sistemi di riferimento.
 
 
 
 
Sgiombo:
 
Sono assolutamente certo che sia vero che i fenomeni materiali (del tutto al pari di quelli mentali) non si identificano affatto col noumeno.Ciò di cui non posso avere certezza che sia vero é invece che il noumeno (il congetturabile reale in sé) anziché essere costituito da nulla (non esistere affatto realmente; o anziché essere costituito da altro ancora) sia qualcosa in divenire in corrispondenza biunivoca con i fenomeni.
 
Apeiron:
 
Nota: qui cerco di usare il tuo gergo e di essere consistente col tuo sistema...
 
"Corrispondenza biunivoca" significa che esiste una "funzione" F, tale che ad ogni elemento di un insieme X si associa uno e un solo elemento di un insieme Y (e viceversa).
 
Nel tuo caso: X='mondo fenomenico', Y='noumeno'.
Però, X={'fenomeni mentali','fenomeni materiali'} (ovvero X, il mondo fenomenico, è formato da fenomeni mentali e materiali)
Y = F(X) e di conseguenza per biunivocità: Y = F('fenomeni mentali','fenomeni materiali')
 
Ergo, di conseguenza è possibile scrivere Y come: Y = (F('fenomeni mentali'),F('fenomeni materiali'))
 
Dunque: F('fenomeni mentali') e F('fenomeni materiali') corrispondono a, rispettivamente, 'fenomeni mentali' e 'fenomeni materiali'. La funzione inversa di F, di fatto, è la rappresentazione che darebbe la coscienza del noumeno (sto sempre )
 
Se 'fenomeni mentali' e 'fenomeni materiali' sono indipendenti anche F('fenomeni mentali') e F('fenomeni materiali') sono tra di loro indipendenti e, quindi, nel noumeno non si può trovare alcuna ragione per evitare il problema...
 
Sgiombo:
 
Non ti seguo in questi formalismi astratti.
 
"Corrispondenza biunivoca" significa che per ogni determinata situazione del noumeno c'é una e una sola determinata situazione dei fenomeni (se ci sono fenomeni; cioé in quelle situazioni del noumeno -non tutte- che hanno corrispondenze coscienti); e che per ogni determinata situazione dei fenomeni mentali (res cogitans) c'é (per lo meno potenzialmente: se si va a cercarla empiricamente in maniera adeguata) una e una sola determinata situazione dei fenomeni materiali (res extensa; se ci sono fenomeni mentali; cioé in quelle situazioni dei fenomeni materiali -non tutte: sonno senza sogni, coma- che hanno corrispondenze mentali).
 
E non ci vedo alcun problema.
 
 
CONTINUA 
 

sgiombo

CONTINUAZIONE

Sgiombo:
 
Contrariamente a Spinoza (ma penso concordemente con quanto empiricamente osservabile direttamente e ricavabile dai resoconti introspettivi indirettamente) non credo che a "ogni preciso aspetto" della Sostanza Divina -per dirlo col grande olandese: per me del noumeno o cosa in sé- corrisponda sempre e comunque un preciso aspetto di ogni suo attributo -per me manifestazione fenomenica- ma invece che nelle varie esperienze fenomeniche coscienti solo una parte del noumeno abbia corrispondenze biunivoche materiali e una parte (ancora minore) ne abbia di materiali (ma questa "asimmetria" non mi sembra inficiare minimamente la teoria e piuttosto essere più adeguata a quanto empiricamente rilevabile); inoltre contrariamente al grande Spinoza mi limito a credere che esistano solo i due tipi di fenomeni (materiali e mentali) di fatto rilevabili e rilevati senza postularne infiniti altri non osservabili.
 
Apeiron:
Tuttavia anche in questo caso, devi ammettere che alcuni dei "precisi aspetti" della "Sostanza Divina" siano la causa della mente. Infatti, ammettendo che ci siano altri aspetti non "rappresentati" otteniamo (ma in questo caso la corrispondenza non è più biunivoca...):
 
Sgiombo:
 
E' biunivoca in tutti i casi in cui c' é.
 
Ma perché mai dovrebbe necessariamente esserci sempre?
 
Apeiron:
 
Y = {F('fenomeni materiali'),F('fenomeni mentali'),...}
dove "..." sono gli altri aspetti. Ora, se ammettiamo che, in qualche modo, la mente è insorta, dobbiamo dire che la ragione di tale insorgenza deve essere in questi "...". Ma questo, di fatto, equivale a dire che la ragione dell'insorgenza della mente è completamente ignota. In pratica, l'insorgenza della mente (e quindi anche dell'esperienza cosciente) sono completamente intelligibili.
 
Sgiombo:
Per forza nel cercare spiegazioni prima o poi ci si imbatte in spiegazioni a loro volta inspiegate.
 
Niente di strano!
 
 
 
 
 
Sgiombo:
Solitamente in neurologia si ritiene che il sonno più profondo (R.E.M.) sia quelle in cui si sogna.
 
Ma "sonno senza sogni" =/= "assenza di coscienza".
 
Apeiron:
Chiedo per semplice curiosità
Ma il "sonno profondo" non è la fase NON-R.E.M. dove le attività cerebrali e metaboliche sono al minimo?   E lo stato R.E.M non è, di fatto, quello più simile alla veglia dal punto di vista della attività?
 
Sgiombo:
 
Al sonno REM si giunge per progressivo "approfondimento" da precedenti fasi più "leggere" (avrai fatto caso che anche soggettivamente di solito se in una pennichella pomeridiana capita di sognare quando ci si sveglia si ha l' impressione di aver dormito più profondamente che quando non si sogna.
 
 
 
 
Sgiombo:
 
La regolarità del divenire deve essere presente anche nel noumeno perché si possano spiegare con le corrispondenze biunivoche i rapporti fra cervello e coscienza e l' intersoggettività dei fenomeni materiali: tutte cose che (si assume indimostrabilmente) divengono regolarmente.
 
Infatti per me quello della "matematica che funziona" non é assolutamente per niente affatto un problema ma qualcosa di del tutto ovvio.
Ma non per la corrispondenza biunivoca fra fenomeni e noumeno (che secondo me non c' entra per nulla), ma semplicemente perché la matematica pura é fatta di deduzioni logiche da astrazioni assiomatizzate di osservazioni concrete fisiche materiali (fenomeni materiali, quantitativamente misurabili).


 
Apeiron:
 
In realtà, non è problematico se assumi che tali regolarità siano così "bene" rappresentabili da concetti matematici astratti come numeri immaginari, spazi di Hilbert ecc  
 
Sgiombo:
 
Ma allora (anche per te) dove mai starebbe la "problematicità"?

Apeiron

#422
Sgiombo,

Il discorso che volevo fare è questo. Secondo Kant, a differenza di Hume e Berkeley, la nostra mente non è una tabula rasa ma "ordina" l'esperienza attraverso le intuizioni a priori, come ad esempio la causalità. Tale "ordine" rende l'esperienza comprensibile e ne rende possibile una analisi con la ragione.

Ora, l'esperienza più immediata che abbiamo sono le "sensazioni". Tuttavia, se la nostra esperienza è ordinata con la causalità, ciò implica che le sensazioni sono causate dagli oggetti esterni (alla nostra esperienza cosciente) . Per Kant questi "oggetti esterni" erano però parte del mondo fenomenico anche se non erano percepiti (Kant riteneva che l'esistenza dei fenomeni non richiedeva la percezione, a differenza di Berkeley). Quindi abbiamo una antonomia: da un lato la causalità è un modo con cui la mente "organizza" l'esperienza. Dall'altro invece gli oggetti esterni pur essendo "esterni" sono parte del mondo fenomenico e quindi sono necessari per l'"organizzazione" dell'esperienza cosciente stessa.

Dunque per Kant la nostra esperienza cosciente è "ordinata" dalla causalità e per questo motivo implica la presenza di oggetti esterni. Tuttavia, tale "esperienza" è "nostra", ovvero di un particolare "punto di vista". Ma siccome la struttura dell'esperienza implica la presenza degli oggetti esterni ad essa, ciò significa che sensazioni e loro cause sono "oggetti per un soggetto". In altre parole, se la causalità è un modo con cui la mente organizza l'esperienza e se gli oggetti esterni sono cause delle sensazioni, ne segue che devi pensare tali oggetti come oggetti in relazione ad un soggetto (da qui l'analogia con i valori delle velocità misurati in relazione a un sistema di riferimento...). Nota che questa non è una posizione ontologica (gli oggetti esterni esistono in dipendenza dal soggetto) ma epistemologica (sono pensabili in relazione ad un soggetto). Nota che per "oggetti esterni" intendo cause delle sensazioni e quindi cose come atomi,elettroni ecc, cose non "visibili". Assumendo dunque che l'esperienza ha una struttura causale si deve assumere l'esistenza di oggetti esterni (nota che il realismo diretto direbbe che la causalità è una proprietà delle "cose esterne indipendenti dalla mente". La filosofia di Kant su di ciò rimane agnostico ma dice che se si accetta il solo fatto che la nostra esperienza è caratterizzata dalla causalità si devono accettare gli oggetti esterni (e anche rapporti causali tra di loro)...). Il fatto che gli oggetti siano esterni ma non pensabili se non in relazione al soggetto costituisce una antinomia :)

È più chiaro adesso?  :) sul resto torno domani...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#423
Sgiombo,


CitazioneApeiron:

Allo stesso modo, secondo me, l'idealismo trascendentale ci dice che io non vedo "il mondo" ma vedo il "mondo visto da me". Dunque, così si capisce perché Schopenhauer può dire che "l'oggetto senza soggetto non è pensabile", ovvero non possiamo pensare al mondo "al di fuori" della nostra prospettiva. In pratica, il mondo fenomenico non si riduce alle sole "sensazioni" bensì è la "realtà vista da noi".

Sgiombo:

Che differenza c'é?
Io non ne vedo.

Visto che nel caso di K & S (=Kant e Schopenhauer) il mondo fenomenico comprende anche le cause della sensazione, la differenza c'è  :)


CitazioneApeiron:

Per questo motivo usare le categorie dell'intelletto, come la causalità, diventa problematico nel caso della "realtà in sé". Non a caso, Kant, a differenza di Hume riteneva che potevamo, limitandoci al mondo fenomenico, usare la causalità senza problemi.

Sgiombo:

E sbagliava (casomai senza problemi pratici; non certo senza problemi teorici, come sostenuto da Hume.

Concordo, visto che non possiamo avere la "certezza" che la causalità valga nella nostra esperienza (d'altronde secondo me uno degli errori di K & S è stato quello di non vedere che la loro teoria dell'idealismo trascendentale è un'ipotesi - assunta questa ipotesi, ovvero che la mente ordina l'esperienza causalmente, comunque non c'è certezza sul noumeno...). Però, assumendo vera l'ipotesi ragionevole che vale, si può usarla senza problemi e dedurre che noi possiamo conoscere anche il "mondo esterno" (d'altronde, l'intenzione di Kant era proprio quella di dare una giustificazione alla scienza. Che poi ci sia riuscito o meno, è un altro discorso. Dire che per Kant, però la scienza si limita al solo studio delle sensazioni (visive, uditive...) non è corretto. Non a caso, nella Critica, se non erro, dice che il campo magnetico pur non essendo "percepibile" esiste e può essere indagato dalla scienza...)

Aggiungo a quanto detto ieri, che per l'idealismo trascendentale è problematico utilizzare le categorie dell'intelletto e l'intuizione a-priori fuori dal "mondo fenomenico" (ovvero dall'oggetto rispetto al soggetto) proprio perché tali "facoltà" servono per "ordinare" l'esperienza. In pratica, per l'idealismo trascendentale l'oggetto "indipendente" dal soggetto è "impensabile" (anche se, specialmente nel caso di Schopenhauer, sembra che l'idealismo trascendentale metta la questione in termini ontologici avvicinandosi a Berkeley...). Personalmente leggo la cosa in modo abbastanza sottile: senza soggetto l'oggetto non può essere concepito. Per questo motivo per Kant era problematico concepire la "realtà in sé".

Come dicevo, sono affascinato da questa prospettiva ma non convintissimo. D'altronde se la causalità è un modo con cui la nostra mente ordina l'esperienza, sembra che l'idealismo tedesco (Fichte, Hegel, Schelling) sia la formulazione coerente dell'idealismo Kantiano. Ovvero che il soggetto crea l'oggetto! per Kant, un soggetto che crea l'oggetto è solo un soggetto che ha l'intuizione intellettuale, in altre parole Dio come era concepito da Kant. Il punto è che la "realtà esterna" è parte della rappresentazione sembra difficile riuscire a non "scivolare" nella posizione di Hegel (non a caso, per Hegel, l'Io era lo Spirito e noi siamo "modi" dello Spirito. Quindi, in un certo senso, il "mondo esterno" è una creazione del nostro "vero Io", ovvero lo Spirito...) [posizione tra l'altro simile a certe filosofie Vedanta dell'induismo...]. Per Kant, l'"io trascendentale" ordina i fenomeni, non li crea. Su di questo punto posso capire, per certi versi, anche la frustrazione di @Carlo Pierini nei confronti di Kant (anche se, volendo, in Kant puoi addirittura vedere la "coppia di opposti" soggetto-oggetto).

Posso accettare la prospettiva in modo "debole", ovvero dicendo che la conoscenza ha sempre la forma di un oggetto in relazione ad un soggetto (con la precisazione che tale conoscenza è perfettamente normale che sia valida anche per altri soggetti - o anche tutti, ovvero che ci siano verità universali...). E accetto che non si può sapere se la "realtà in sé" indipendente dai soggetti è concepibile con le categorie (ci vorrebbe una sorta di intuizione intellettuale per avere conoscenza di ciò, per usare un termine kantiano oppure una qualche forma di "conoscenza" molto "particolare", una rivelazione divina ecc... in pratica, possiamo dire che se Dio esiste, allora visto che il suo intelletto "crea" può conoscere la realtà-così-come-è).

Ma forse questi sono solo miei deliri  :-\

Il parallelismo con i sistemi di riferimento è che, in fisica, è impossibile, di fatto, parlare delle "osservazioni" indipendentemente dal sistema di riferimento. Se ci fosse un "riferimento privilegiato" questo probabilmente vedrebbe i "veri valori" delle grandezze fisiche. Ma, il riferimento privilegiato è ormai un concetto abbandonato... inoltre c'è pure, volendo, l'analogia nel fatto che la "realtà" indipendente dai sistemi di riferimento è abbastanza difficile da considerare come l'oggetto dello studio della fisica. Semmai la fisica studia gli elementi "comuni" che si trovano nei vari riferimenti (ad esempio le grandezze "invarianti" - per fare un esempio: la velocità della luce, nella relatività ristretta, è la stessa nei sistemi di riferimento inerziali... ma ciò non significa che tale "velocità" è una grandezza indipendente dai riferimenti inerziali, ovvero che ha senso parlare di "(valore della) velocità della luce" quando non ci si riferisce ad un riferimento). Forse così l'analogia è un po' più chiara. Non a caso, è proprio per questo che mi affascina la nozione dell'"oggetto" che può essere concepito "in relazione ad un soggetto" (o forse è un mero delirio della mia mente  ;D )  


CitazioneSgiombo:

Ma in realtà le cause dei fenomeni sono altri fenomeni né più né meno dei loro effetti. di oggetti .Sono cose non osservate ma osservabili o comunque anche se non osservabili ricavabili inferenzialmente da quanto direttamente osservato, e dunque reali non più di quanto sia reale il direttamente osservato, ovvero non più che come apparenze fenomeniche non reali allorché ciò da cui sono inferite non é reale in quanto insieme – successione di mere apparenze sensibili.
Allorché non é visto un albero non esiste l' albero e dunque non esistono nemmeno gli atomi, i quark, ecc. che lo costituiscono; se qualcosa esiste anche allora (come credo per fede), non é l' albero, né ciò che circa la sua costituzione possiamo inferire, che ciò sia visibile o meno: se é invisibile, allora é invisibile come il noumeno ma non é in sé come il noumeno, non é il noumeno; é bensì ciò che di invisibile costituisce i fenomeni. E infatti se nella realtà in toto non ci fossero enti coscienti soggetti di esperienza fenomenica, nemmeno ci sarebbero, oltre agli oggetti fenomenici macroscopici, nemmeno i loro costituenti di cui si ha (ma solo se si é soggetti di coscienza) inferenza: non ci sarebbe l' universo materiale (fenomenico; né i fenomeni mentali, di pensiero).

...E quindi probabilmente concordiamo  ;D ma se ci sono anche le cause delle sensazioni nel mondo fenomenico non vedo perché dobbiamo "scomodare" il noumeno per spiegare l'inter-soggettività e l'interazione tra i vari soggetti (o almeno questo credo che sia il motivo per cui dici che ci deve essere una corrispondenza biunivoca  :) ). Quello che, semmai, è contro-intuitivo è che le cause delle sensazioni sono altri fenomeni quando il mondo fenomenico è una "rappresentazione" (o nella mia "lettura" quando ).



CitazioneSgiombo:

Non ti seguo in questi formalismi astratti.

"Corrispondenza biunivoca" significa che per ogni determinata situazione del noumeno c'é una e una sola determinata situazione dei fenomeni (se ci sono fenomeni; cioé in quelle situazioni del noumeno -non tutte- che hanno corrispondenze coscienti); e che per ogni determinata situazione dei fenomeni mentali (res cogitans) c'é (per lo meno potenzialmente: se si va a cercarla empiricamente in maniera adeguata) una e una sola determinata situazione dei fenomeni materiali (res extensa; se ci sono fenomeni mentali; cioé in quelle situazioni dei fenomeni materiali -non tutte: sonno senza sogni, coma- che hanno corrispondenze mentali).

E non ci vedo alcun problema.


Ok scusami per la puntigliosità, ma volevo proprio capire il senso della "biunivocità"  :)



CitazioneApeiron:

Y = {F('fenomeni materiali'),F('fenomeni mentali'),...}
dove "..." sono gli altri aspetti. Ora, se ammettiamo che, in qualche modo, la mente è insorta, dobbiamo dire che la ragione di tale insorgenza deve essere in questi "...". Ma questo, di fatto, equivale a dire che la ragione dell'insorgenza della mente è completamente ignota. In pratica, l'insorgenza della mente (e quindi anche dell'esperienza cosciente) sono completamente intelligibili.

Sgiombo:
Per forza nel cercare spiegazioni prima o poi ci si imbatte in spiegazioni a loro volta inspiegate.

Niente di strano!


Capito, ma qui per forza ritieni che ci deve essere "altro" nel noumeno oltre a ciò che corrisponde a fenomeni mentali e materiali. E che in questo "altro" risieda la ragione della presenza della coscienza. Vuoi dire questo, giusto?  :)



CitazioneSgiombo:

Al sonno REM si giunge per progressivo "approfondimento" da precedenti fasi più "leggere" (avrai fatto caso che anche soggettivamente di solito se in una pennichella pomeridiana capita di sognare quando ci si sveglia si ha l' impressione di aver dormito più profondamente che quando non si sogna.


Ok ma, ciononostante non capisco perché lo si chiama "sonno profondo". Concordo che quando si sogna si ha quell'impressione di cui parli. Però, mi sembra più "riposante" il sonno "senza sogni" (non a caso nella fase non-REM più profonda l'attività cerebrale è minore). In effetti non ho mai capito la funzione del REM, se non come una sorta di tentativo di mantenere il sonno (ipotesi mia, molto probabilmente è una cavolata  ;D )

CitazioneSgiombo:

La regolarità del divenire deve essere presente anche nel noumeno perché si possano spiegare con le corrispondenze biunivoche i rapporti fra cervello e coscienza e l' intersoggettività dei fenomeni materiali: tutte cose che (si assume indimostrabilmente) divengono regolarmente.

Infatti per me quello della "matematica che funziona" non é assolutamente per niente affatto un problema ma qualcosa di del tutto ovvio.
Ma non per la corrispondenza biunivoca fra fenomeni e noumeno (che secondo me non c' entra per nulla), ma semplicemente perché la matematica pura é fatta di deduzioni logiche da astrazioni assiomatizzate di osservazioni concrete fisiche materiali (fenomeni materiali, quantitativamente misurabili).



Apeiron:

In realtà, non è problematico se assumi che tali regolarità siano così "bene" rappresentabili da concetti matematici astratti come numeri immaginari, spazi di Hilbert ecc  

Sgiombo:

Ma allora (anche per te) dove mai starebbe la "problematicità"?


La "problematicità" è che tale assunzione si possa fare :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

CitazioneConcordo, visto che non possiamo avere la "certezza" che la causalità valga nella nostra esperienza (d'altronde secondo me uno degli errori di K & S è stato quello di non vedere che la loro teoria dell'idealismo trascendentale è un'ipotesi - assunta questa ipotesi, ovvero che la mente ordina l'esperienza causalmente, comunque non c'è certezza sul noumeno...).

Puntualizzo che è un'ipotesi che non può essere verificata. E, inoltre, concordo che la "causalità" sia innata nel nostro intelletto (e l'esperienza per essere comprensibile deve essere "ordinata" - se non lo è già - per essere compatibile con le forme dell'intelletto...). E non solo nel nostro, visto che anche gli animali hanno il senso della causalità, come spiega Schopenhauer per esempio: "Che il conoscimento di causa ed effetto, come forma universale dell'intelletto, sia insito a priori negli animali, è invero già pienamente sicuro del fatto che quel conoscimento è per essi, come per noi, la condizione prima d'ogni conoscimento intuitivo del mondo esterno. Se poi si vuole averne ancora una prova particolare, basti considerar per esempio come finanche un giovanissimo cane non osi saltar giù dalla tavola, per quanto desiderio ne abbia, perché prevede l'effetto del peso del suo corpo; pur senza aver prima sperimentato questa caduta. " (Schopenhauer, Mondo come Volontà e Rappresentazione, tomo 1, capitolo 1) Ciò che non può essere verificato è che nell'esperienza la causalità "valga" (ovvero che la nostra esperienza è già ordinata...) ed è impossibile verificarlo empiricamente.

Ah, inoltre, puntualizzo anche che il "realismo diretto classico" afferma che la "realtà-in-sé" è caratterizzata da causalità ecc e che quindi può essere "compresa direttamente". Per Schopenhauer, ciò non era vero. Per Kant, rimaneva un problema "insoluto". Io, personalmente ritengo che il nostro intelletto ha determinate categorie e che la nostra mente faccia un lavoro di "ordinamento" dell'esperienza per renderla comprensibile. Tuttavia, ritengo che la realtà stessa sia ordinata (come già dicevo tra i motivi possibili per cui ciò sia possibile, ci può essere (ipotesi tra di loro non necessariamente esclusive): il fatto che mente e materia sono inter-dipendenti, una qualche forma di panpsichismo, il fatto che il mondo sia stato creato da Dio ecc)...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2018, 12:08:14 PM

... basti considerar per esempio come finanche un giovanissimo cane non osi saltar giù dalla tavola, per quanto desiderio ne abbia, perché prevede l'effetto del peso del suo corpo; pur senza aver prima sperimentato questa caduta. ... " (Schopenhauer, Mondo come Volontà e Rappresentazione, tomo 1, capitolo 1)

Valesse pure per i pargoli umani (sempre così desiderosi di farsi male) !  :(
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Apeiron

Citazione di: Ipazia il 01 Novembre 2018, 12:40:51 PM
Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2018, 12:08:14 PM

... basti considerar per esempio come finanche un giovanissimo cane non osi saltar giù dalla tavola, per quanto desiderio ne abbia, perché prevede l'effetto del peso del suo corpo; pur senza aver prima sperimentato questa caduta. ... " (Schopenhauer, Mondo come Volontà e Rappresentazione, tomo 1, capitolo 1)

Valesse pure per i pargoli umani (sempre così desiderosi di farsi male) !  :(

Hai ragione, effettivamente Schopenhauer dice una cosa poco giustificata ;D d'altronde a volte certi istinti o desideri sopravanzano l'istinto di sopravvivenza (o anche quello di "non farsi male") 


Ma allo stesso tempo, secondo me, i comportamenti che seguono istinti e i desideri si basano sull'intuizione della causalità. Non riesco a comprendere tali comportamenti negli esseri senzienti senza una intuizione della causalità (che ovviamente può benissimo essere pre-concettuale, come mostra l'esempio del cagnolino nei riguardi dell'istinto di autoconservazione). Quindi, secondo me, l'intuizione della causalità è innata.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2018, 14:16:32 PM

Hai ragione, effettivamente Schopenhauer dice una cosa poco giustificata ;D d'altronde a volte certi istinti o desideri sopravanzano l'istinto di sopravvivenza (o anche quello di "non farsi male")


Ma allo stesso tempo, secondo me, i comportamenti che seguono istinti e i desideri si basano sull'intuizione della causalità. Non riesco a comprendere tali comportamenti negli esseri senzienti senza una intuizione della causalità (che ovviamente può benissimo essere pre-concettuale, come mostra l'esempio del cagnolino nei riguardi dell'istinto di autoconservazione). Quindi, secondo me, l'intuizione della causalità è innata.

Sì, nell'uomo è probabile che "certi istinti o desideri sopravanzino l'istinto di sopravvivenza". Dovremmo imparare dai nostri cani ad essere un po' più saggi e dare più importanza a quello che sta scritto nel nostro DNA. Che certamente, al di là di ogni intuizione e "giudizio sintetico a priori", è tarato per evitarci i guai peggiori.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2018, 00:07:01 AM
Sgiombo,

Il discorso che volevo fare è questo. Secondo Kant, a differenza di Hume e Berkeley, la nostra mente non è una tabula rasa ma "ordina" l'esperienza attraverso le intuizioni a priori, come ad esempio la causalità. Tale "ordine" rende l'esperienza comprensibile e ne rende possibile una analisi con la ragione.
Citazione
Ma anche per l' empirismo esistono tendenze comportamentali (e non conoscenze! Mi dispiace per Chomsky) innate a "trattare mentalmente" i dati empirici (acquisiti a posteriori), a compiere induzioni, deduzioni, abduzioni, ecc.: una "tabula rasa" non reca alcuna scritta, ma il modo in cui é fatta (lucida, opaca, bianca, nera, rigida, elastica, dura, molle, ecc.) ha evidenti conseguenze circa ciò che vi si può scrivere e come e ciò che non vi si può scrivere e perché.




Ora, l'esperienza più immediata che abbiamo sono le "sensazioni". Tuttavia, se la nostra esperienza è ordinata con la causalità, ciò implica che le sensazioni sono causate dagli oggetti esterni (alla nostra esperienza cosciente) . Per Kant questi "oggetti esterni" erano però parte del mondo fenomenico anche se non erano percepiti (Kant riteneva che l'esistenza dei fenomeni non richiedeva la percezione, a differenza di Berkeley). Quindi abbiamo una antonomia: da un lato la causalità è un modo con cui la mente "organizza" l'esperienza. Dall'altro invece gli oggetti esterni pur essendo "esterni" sono parte del mondo fenomenico e quindi sono necessari per l'"organizzazione" dell'esperienza cosciente stessa.
Citazione
No che le nostre sensazioni non sono causate dagli oggetti esterni ma invece da altre sensazioni (di cui sono gli effetti, ad esempio la cenere vista del fuoco visto: tutti fenomeni, cause ed effetti!).
Con cose in sé o noumeno si può solo dire che sono in rapporto di coesistenza-codivenire puntuale ed univoco.

Potrei sbagliarmi, ma credo proprio che per Kant, come per me (si parva licet...) gli oggetti esterni alla nostra coscienza sono cose in sé o noumeno, ben diversi dai fenomeni, i quali "richiedevano la percezione" essendo interni alla nostra coscienza.

Quella della concatenazione causale dei fenomeni (solo materiali -res extensa- se intesa in senso stretto o forte: calcolabilità matematica), indimostrabile (Hume) ma necessaria alla conoscenza scientifica, é un' altra questione, diversa da quella del rapporto fenomeni - noumeno.


Dunque per Kant la nostra esperienza cosciente è "ordinata" dalla causalità e per questo motivo implica la presenza di oggetti esterni. Tuttavia, tale "esperienza" è "nostra", ovvero di un particolare "punto di vista". Ma siccome la struttura dell'esperienza implica la presenza degli oggetti esterni ad essa, ciò significa che sensazioni e loro cause sono "oggetti per un soggetto". In altre parole, se la causalità è un modo con cui la mente organizza l'esperienza e se gli oggetti esterni sono cause delle sensazioni, ne segue che devi pensare tali oggetti come oggetti in relazione ad un soggetto (da qui l'analogia con i valori delle velocità misurati in relazione a un sistema di riferimento...). Nota che questa non è una posizione ontologica (gli oggetti esterni esistono in dipendenza dal soggetto) ma epistemologica (sono pensabili in relazione ad un soggetto). Nota che per "oggetti esterni" intendo cause delle sensazioni e quindi cose come atomi,elettroni ecc, cose non "visibili". Assumendo dunque che l'esperienza ha una struttura causale si deve assumere l'esistenza di oggetti esterni (nota che il realismo diretto direbbe che la causalità è una proprietà delle "cose esterne indipendenti dalla mente". La filosofia di Kant su di ciò rimane agnostico ma dice che se si accetta il solo fatto che la nostra esperienza è caratterizzata dalla causalità si devono accettare gli oggetti esterni (e anche rapporti causali tra di loro)...). Il fatto che gli oggetti siano esterni ma non pensabili se non in relazione al soggetto costituisce una antinomia :)

È più chiaro adesso?  :) sul resto torno domani...
Citazione
Come potete dimostrare (tu e Kant) che l' esperienza, per il fatto di essere ordinabile (interpretabile causalmente), ma senza che lo si possa dimostrare, dal nostro pensiero (soggettivo) implicherebbe necessariamente la presenza di oggetti esterni (e pure di un soggetto - eventuale oggetto interno riflessivamente)?

Le sensazioni, reali discontinuamente, non possono coincidere con i loro oggetti o/e soggetti , che (si assume indimostrabilmente) continuano ad essere reali anche nelle fasi di discontinuità fenomenica cosciente.

Gli oggetti esterni esistono (se esistono) e sono pensabili in relazione ad un soggetto ma non come "interni" alla sua esperienza fenomenica (che altrimenti sarebbero mere sensazioni, reali solo e unicamente se e quando e in quanto che accadessero come tali: mere sensazioni; esistenti discontinuamente) bensì come cose in sé o noumeno ad essa """esterno""".

Cause delle sensazioni e quindi cose come atomi, elettroni ecc, cose non "visibili" fanno parte dello e costituiscono lo insieme dei fenomeni materiali (res extensa), direttamente esperiti o indirettamente inferiti: se io chiudo gli occhi schermo e tastiera e ciò di cui (inferisco che) sono costituiti (probabilmente -inferenza non falsificata- determinate configurazioni di particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.) non esistono fino a quando non li riapro.
Per non cadere in contraddizione si deve pensare che se qualcosa esiste anche quando ho gli occhi chiusi, allora si tratta di ben altro che le sensazioni materiali costituenti schermo e tastiera e ciò di cui inferisco che tali sensazioni sono costituite. 

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2018, 11:16:18 AM
CitazioneApeiron:

Allo stesso modo, secondo me, l'idealismo trascendentale ci dice che io non vedo "il mondo" ma vedo il "mondo visto da me". Dunque, così si capisce perché Schopenhauer può dire che "l'oggetto senza soggetto non è pensabile", ovvero non possiamo pensare al mondo "al di fuori" della nostra prospettiva. In pratica, il mondo fenomenico non si riduce alle sole "sensazioni" bensì è la "realtà vista da noi".

Sgiombo:

Che differenza c'é?
Io non ne vedo.

Visto che nel caso di K & S (=Kant e Schopenhauer) il mondo fenomenico comprende anche le cause della sensazione, la differenza c'è  :)
Citazione
Mi sembra di averti già risposto che (anche per Kant almeno) poiché il mondo fenomenico comprende anche le cause della sensazione, la differenza non c'è: il mondo fenomenico si riduce alle sole "sensazioni" ovvero è la "realtà vista da noi"; io vedo "il mondo" ovvero vedo il "mondo visto da me"

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CitazioneCitazione Apeiron:

Per questo motivo usare le categorie dell'intelletto, come la causalità, diventa problematico nel caso della "realtà in sé". Non a caso, Kant, a differenza di Hume riteneva che potevamo, limitandoci al mondo fenomenico, usare la causalità senza problemi. 

Sgiombo:

E sbagliava (casomai senza problemi pratici; non certo senza problemi teorici, come sostenuto da Hume.

Concordo, visto che non possiamo avere la "certezza" che la causalità valga nella nostra esperienza (d'altronde secondo me uno degli errori di K & S è stato quello di non vedere che la loro teoria dell'idealismo trascendentale è un'ipotesi - assunta questa ipotesi, ovvero che la mente ordina l'esperienza causalmente, comunque non c'è certezza sul noumeno...). Però, assumendo vera l'ipotesi ragionevole che vale, si può usarla senza problemi e dedurre che noi possiamo conoscere anche il "mondo esterno" (d'altronde, l'intenzione di Kant era proprio quella di dare una giustificazione alla scienza. Che poi ci sia riuscito o meno, è un altro discorso. Dire che per Kant, però la scienza si limita al solo studio delle sensazioni (visive, uditive...) non è corretto. Non a caso, nella Critica, se non erro, dice che il campo magnetico pur non essendo "percepibile" esiste e può essere indagato dalla scienza...)
Citazione
Non vedo come se ne possa dedurre che noi possiamo conoscere anche il "mondo esterno" alla nostra coscienza fenomenica, ovvero il noumeno.

Secondo me (ma non ne sono un esegeta attendibile) Kant intendeva dire che nell' ambito dei fenomeni (scientificamente conoscibili) e in quanto entità - eventi di tale ambito (fenomeni, per quanto indiretti, inferiti e non direttamente esperiti) il campo magnetico pur non essendo "percepibile" si può inferire che esiste, e può essere indagato dalla scienza.
( Ma se così non fosse, non avrei problemi a dissentire da Kant).

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Personalmente leggo la cosa in modo abbastanza sottile: senza soggetto l'oggetto non può essere concepito. Per questo motivo per Kant era problematico concepire la "realtà in sé".
Citazione
"Concepire la "realtà in sé" é problematico di per sé (scusa l' orrendo gioco di parole).

Per Hume (il mio principale maestro, e dunque anche per me) invece le sensazioni (materiali e mentali) possono benissimo essere concepite non solo senza oggetto (in sé), ma anche senza soggetto (in sé): "esse est percipi"! 

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Il parallelismo con i sistemi di riferimento è che, in fisica, è impossibile, di fatto, parlare delle "osservazioni" indipendentemente dal sistema di riferimento. Se ci fosse un "riferimento privilegiato" questo probabilmente vedrebbe i "veri valori" delle grandezze fisiche. Ma, il riferimento privilegiato è ormai un concetto abbandonato... inoltre c'è pure, volendo, l'analogia nel fatto che la "realtà" indipendente dai sistemi di riferimento è abbastanza difficile da considerare come l'oggetto dello studio della fisica. Semmai la fisica studia gli elementi "comuni" che si trovano nei vari riferimenti (ad esempio le grandezze "invarianti" - per fare un esempio: la velocità della luce, nella relatività ristretta, è la stessa nei sistemi di riferimento inerziali... ma ciò non significa che tale "velocità" è una grandezza indipendente dai riferimenti inerziali, ovvero che ha senso parlare di "(valore della) velocità della luce" quando non ci si riferisce ad un riferimento). Forse così l'analogia è un po' più chiara. Non a caso, è proprio per questo che mi affascina la nozione dell'"oggetto" che può essere concepito "in relazione ad un soggetto" (o forse è un mero delirio della mia mente  ;D )  
Citazione
Non vedo che c' entri tutto ciò con la realtà meramente fenomenica, ben diversa dalla cosa in sé o noumeno, di tutto ciò che la scienza può studiare e conoscere

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CitazioneSgiombo:

Ma in realtà le cause dei fenomeni sono altri fenomeni né più né meno dei loro effetti. di oggetti .Sono cose non osservate ma osservabili o comunque anche se non osservabili ricavabili inferenzialmente da quanto direttamente osservato, e dunque reali non più di quanto sia reale il direttamente osservato, ovvero non più che come apparenze fenomeniche non reali allorché ciò da cui sono inferite non é reale in quanto insieme – successione di mere apparenze sensibili.
Allorché non é visto un albero non esiste l' albero e dunque non esistono nemmeno gli atomi, i quark, ecc. che lo costituiscono; se qualcosa esiste anche allora (come credo per fede), non é l' albero, né ciò che circa la sua costituzione possiamo inferire, che ciò sia visibile o meno: se é invisibile, allora é invisibile come il noumeno ma non é in sé come il noumeno, non é il noumeno; é bensì ciò che di invisibile costituisce i fenomeni. E infatti se nella realtà in toto non ci fossero enti coscienti soggetti di esperienza fenomenica, nemmeno ci sarebbero, oltre agli oggetti fenomenici macroscopici, nemmeno i loro costituenti di cui si ha (ma solo se si é soggetti di coscienza) inferenza: non ci sarebbe l' universo materiale (fenomenico; né i fenomeni mentali, di pensiero).

...E quindi probabilmente concordiamo  ;D ma se ci sono anche le cause delle sensazioni nel mondo fenomenico non vedo perché dobbiamo "scomodare" il noumeno per spiegare l'inter-soggettività e l'interazione tra i vari soggetti (o almeno questo credo che sia il motivo per cui dici che ci deve essere una corrispondenza biunivoca  :) ). Quello che, semmai, è contro-intuitivo è che le cause delle sensazioni sono altri fenomeni quando il mondo fenomenico è una "rappresentazione" (o nella mia "lettura" quando ).
Citazione
Non ci intendiamo.

Le cause delle sensazioni nel mondo fenomenico sono altre sensazioni (fenomeni) e non il noumeno (che é """fuori""" dal mondo fenomenico).

Bisogna scomodare il noumeno se non ci si vuole accontentare, come spiegazione, di una sorta di leibniziana armonia prestabilita. 

Ma perché mai dovrebbe essere contro-intuitivo che le cause delle sensazioni sono altri fenomeni quando il mondo fenomenico è una "rappresentazione" (o nella mia "lettura" quando ). ? ? ?

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Capito, ma qui per forza ritieni che ci deve essere "altro" nel noumeno oltre a ciò che corrisponde a fenomeni mentali e materiali. E che in questo "altro" risieda la ragione della presenza della coscienza. Vuoi dire questo, giusto?  :)
Citazione
Nel noumeno deve esserci anche altro se il mio cervello lo puoi vedere anche allorché dormo senza sognare (e nulla corrisponde a miei -infatti inesistenti- fenomeni mentali) e se devo credere che la terra é esistita senza animali coscienti (= se qualcuno avesse osservato nella maniera adeguata l' avrebbe vista e sentita) per la di gran lunga maggior parte della sua esistenza fino ad oggi (= esistevano anche allora enti ed eventi in sé tali che si sarebbe potuta osservare la terra, ma di fatto non esisteva nessuna osservazione della terra, ovvero essi di fatto non corrispondevano biunivocamente ad alcun fenomeno).

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CitazioneSgiombo:

La regolarità del divenire deve essere presente anche nel noumeno perché si possano spiegare con le corrispondenze biunivoche i rapporti fra cervello e coscienza e l' intersoggettività dei fenomeni materiali: tutte cose che (si assume indimostrabilmente) divengono regolarmente.

Infatti per me quello della "matematica che funziona" non é assolutamente per niente affatto un problema ma qualcosa di del tutto ovvio.
Ma non per la corrispondenza biunivoca fra fenomeni e noumeno (che secondo me non c' entra per nulla), ma semplicemente perché la matematica pura é fatta di deduzioni logiche da astrazioni assiomatizzate di osservazioni concrete fisiche materiali (fenomeni materiali, quantitativamente misurabili).



Apeiron:

In realtà, non è problematico se assumi che tali regolarità siano così "bene" rappresentabili da concetti matematici astratti come numeri immaginari, spazi di Hilbert ecc  

Sgiombo:

Ma allora (anche per te) dove mai starebbe la "problematicità"?


La "problematicità" è che tale assunzione si possa fare :)
CitazionePer me é buio pesto: continuo a non vederla.

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2018, 12:08:14 PM
CitazioneConcordo, visto che non possiamo avere la "certezza" che la causalità valga nella nostra esperienza (d'altronde secondo me uno degli errori di K & S è stato quello di non vedere che la loro teoria dell'idealismo trascendentale è un'ipotesi - assunta questa ipotesi, ovvero che la mente ordina l'esperienza causalmente, comunque non c'è certezza sul noumeno...).

Puntualizzo che è un'ipotesi che non può essere verificata. E, inoltre, concordo che la "causalità" sia innata nel nostro intelletto (e l'esperienza per essere comprensibile deve essere "ordinata" - se non lo è già - per essere compatibile con le forme dell'intelletto...).
CitazionePer me (con gli empiristi "classici" e contro Chomsky) di innato nel nostro intelletto non c' é alcuna conoscenza, ma solo tendenze comportamentali (pratiche e teoriche).





Apeiron

sgiombo,

ci sono tre problemi che faranno slittare la mia risposta: ovvero il fatto che su alcune cose sono confuso io, il fatto che su altre mi sono spiegato male e, infine, la presenza di alcuni equivoci dati da "equivoci", ovvero dal fatto che usiamo le parole in modo diverso (per esempio, attualmente non riesco proprio a capire come si possa affermare che "le sensazioni sono causate da altre sensazioni"  ::) - ho il fortissimo sospetto che usiamo il termine "sensazione" in modo diverso). Dovrai lasciarmi un po' di tempo per risponderti  :)


(ahimè, non ti garantisco che gli equivoci (?) spariranno  :( )


Citazione di: Ipazia il 01 Novembre 2018, 18:58:59 PM
Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2018, 14:16:32 PMHai ragione, effettivamente Schopenhauer dice una cosa poco giustificata ;D d'altronde a volte certi istinti o desideri sopravanzano l'istinto di sopravvivenza (o anche quello di "non farsi male") Ma allo stesso tempo, secondo me, i comportamenti che seguono istinti e i desideri si basano sull'intuizione della causalità. Non riesco a comprendere tali comportamenti negli esseri senzienti senza una intuizione della causalità (che ovviamente può benissimo essere pre-concettuale, come mostra l'esempio del cagnolino nei riguardi dell'istinto di autoconservazione). Quindi, secondo me, l'intuizione della causalità è innata.
Sì, nell'uomo è probabile che "certi istinti o desideri sopravanzino l'istinto di sopravvivenza".

Forse non solo nell'uomo  :) anzi, credo proprio che a volte sia vero anche negli altri animali...

Citazione di: Ipazia il 01 Novembre 2018, 18:58:59 PM
Dovremmo imparare dai nostri cani ad essere un po' più saggi e dare più importanza a quello che sta scritto nel nostro DNA. Che certamente, al di là di ogni intuizione e "giudizio sintetico a priori", è tarato per evitarci i guai peggiori.

Certamente! l'uomo -  direi più che altro l'adulto - dovrebbe senz'altro fare più attenzione al suo DNA  :)


Secondo me la causalità, come dicevo, si manifesta "innatamente" nella mente. Ma non come "contenuto di conoscenza" ma proprio come "funzionamento". Basta pensare a come funzionano i comportamenti che seguono anche gli istinti più basilari. In questo, senso, direi - come ipotesi per me ragionevole - che la "causalità" è una "intuizione"/"forma a-priori" presente in tutte le menti...


E direi che oltre a conoscere il nostro corpo, ci servirebbe la consapevolezza di come "funziona" la mente. D'altronde, "mente e corpo" (per usare il linguaggio di sgiombo) sono gli aspetti della nostra esperienza cosciente.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Citazione di: Apeiron il 02 Novembre 2018, 15:16:00 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Novembre 2018, 18:58:59 PM

Sì, nell'uomo è probabile che "certi istinti o desideri sopravanzino l'istinto di sopravvivenza".

Forse non solo nell'uomo  :) anzi, credo proprio che a volte sia vero anche negli altri animali...

Nella difesa della prole certamente. Nell'uomo molto di più. Spesso anche in forma autolesionistica, quando ci sono induzioni mitologiche di mezzo.

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 02 Novembre 2018, 15:54:13 PM
Citazione di: Apeiron il 02 Novembre 2018, 15:16:00 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Novembre 2018, 18:58:59 PM

Sì, nell'uomo è probabile che "certi istinti o desideri sopravanzino l'istinto di sopravvivenza".

Forse non solo nell'uomo  :) anzi, credo proprio che a volte sia vero anche negli altri animali...

Nella difesa della prole certamente. Nell'uomo molto di più. Spesso anche in forma autolesionistica, quando ci sono induzioni mitologiche di mezzo.


Non solo.
Come in altri mammiferi quando c' é di mezzo la difesa reale e non affatto mitologica della prole, così nell' uomo anche quando ci sono aspirazioni della più varia natura, comunque spesso fondate su una buona conoscenza razionale della realtà e non su miti più o meno immaginari e falsi.

Ipazia

Certo. Ma volevo evidenziare gli aspetti patologici della questione. Dando per scontati quelli di sano umanesimo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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