Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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Apeiron

#405
Citazione di: sgiombo il 22 Ottobre 2018, 11:53:13 AM
Citazione di: sgiombo il 22 Ottobre 2018, 08:38:12 AM
Citazione di: Apeiron il 21 Ottobre 2018, 22:17:35 PM
Sgiombo,

CitazioneUna (Kantiana! Proprio così: rilevata dal grande konigsberghese da te tanto vituperato e insultato!)

Non ricordo di aver mai fatto una cosa simile (tra l'altro avevo preso spunto da lui). Se ho fatto una cosa simile mi spiace molto. Forse l'ho interpretato male e sicuramente su certe cose dissento. Ma non mi pare di averlo insultato e vituperato. L'ho pure difeso ;D


(sulle altre questioni tornerò fra qualche giorno)


Si é trattato di un banale equivoco di cui mi scuso:

Ti avevo momentaneamente confuso con CarloPierini cui obiettavi (spero non ti offenda: era una confusione del tutto involontaria).

Scrivo questo a correzione della mio intervento -errato- #389).

Nessun problema @sgiombo  :) grazie per i chiarimenti.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

@viator,


CitazioneSalve Apeiron. Funziona perché riesce a prevedere il futuro. Usando un linguaggio che definisca in modo convenzionale le cause (12+7(= ?)) chi comunica è certo che l'effetto deve essere (19). Ma se la convenzione viene condivisa da tutti, chi ha comunicato ciò sarà anche sicuro che l'effetto da lui previsto verrà previsto, approvato e condiviso da tutti gli aderenti alla convenzione. Il comunicante sarà quindi riuscito a prevedere - prima di averne conferma ed anche nel silenzio di ogni altro - che per tutti si è verificato l'effetto di veder risultare "19".

In mancanza di informazioni quantificabili, o in situazioni al cui interno si possono introdurre - dall'esterno - dati imprevisti, ciò non è possibile.

Lo stendere una espressione matematica significa costruire un sistema di cause note (il valore delle singole quantità) il cui interagire è predeterminato dalla stessa struttura (non importa se convenzionale) di ciò che si sta scrivendo, la quale risulta non influenzabile da altri fattori imprevedibili esterni alla stessa.


Capisco quello che vuoi dire... ma onestamente non userei il linguaggio di causalità ma implicazione logica (a meno che tu non vedi la causalità fisica come una sorta di implicazione logica). In particolare, se come sostieni la matematica è puramente formale staresti parlando di causalità per descrivere relazioni formali tra segni. Cosa che trovo molto strana.  

Citazione[font="Segoe UI", "Helvetica Neue", "Liberation Sans", "Nimbus Sans L", Arial, sans-serif]Perciò potremo contare su di un sistema "chiuso" di cause (dati) certe perché conosciute (quantificate) le quali non potranno che produrre effetti (risultati) certi e conoscibili.

In meteorologia la matematica viene sempre più estesamente utilizzata. Se tutte le variabili atmosferiche risultassero quantificate simultaneamente, le previsioni meteorologiche diventerebbero scienza esatta.

Naturalmente ciò non è possibile e non lo sarà mai per via del principio di indeterminazione, poiché i dati atmosferici sono talmente numerosi e dinamici da non poter venir raccolti tutti simultaneamente.

Spero di non essere risultato oscuro (come qualcuno ogni tanto mi fa notare) e neppure troppo metafisico (come qualcun altro mi ha trovato.....con ciò deliziandomi). Salutoni.[/font]


Ma il punto è che - se accettiamo il convenzionalismo - mentre è perfettamente comprensibile il motivo per cui le regole decise "ad hoc" producono determinati risultati non è a priori comprensibile il motivo per cui possiamo usare tali regole (che sto assumendo essere) convenzionali si possano utilizzare per descrivere il comportamento di fenomeni (i quali non sono "convenzioni", in teoria). In pratica, perché tali regole formali dovrebbero funzionare per descrivere i fenomeni materiali?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

@ sgiombo:
La tesi è il neoplatonismo "geometrico" galileiano (e di molti metafisici), non il fatto che "universo" sia una matafora del mondo (che essi, metafisicamente, ritengono scritto in linguaggio matematico).

Sul perdere tempo scherzavo. Il testo del Saggiatore è talmente trasparente da evitarci qualsiasi sforzo ermeneutico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Apeiron

CitazioneAPEIRON
CitazioneSu Anassimandro, avevo sentito l'interpretazione di Semeraro in terza superiore. Pur non essendo d'accordo ammetto che è interessante. 

CitazioneCARLO
CitazioneNemmeno io sono d'accordo con la sua sola interpretazione unilaterale apeiron=terra separatadall'interpretazione opposta complementare apeiron=infinito. Solo insieme esse esprimono la natura paradossale del Principio (specificando i diversi rispetti dell'una e dell'altra).

Ciao Carlo, 

Ah ok, forse ho capito adesso... Non stai dicendo per Anassimandro aveva entrambi i significati ma della tua concezione di apeiron come Principio di Complementarità (mi pareva di capire che la parola apeiron aveva entrambi i significati, cosa che mi sembrava strano). Scusami se ti ho travisato (in caso contrario ribadisco il mio dissenso)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

L'interpretazione di Semeraro è puramente linguistico-filologica, come da link da me postato. Non contrappone, o combina, metafisicamente, terra e infinito, ma una etimologia di apeiron all'altra.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Apeiron. Ma le convenzioni sono utili, non infallibili. La realtà fenomenica non può essere assolutamente prevedibile, neppure la più banale, semplice, consuetudinaria.
Il fatto che tutti i giorni il sole sia sorto per lungo tempo ha costituito una semplice constatazione della regolarità di ciò che nessuno spiegava.
La spiegazione razionale di ciò ci ha solo rassicurati circa il fatto che ciò dovrebbe verificarsi ancora lungamente in futuro.
Nessuna scienza può però garantirci che domani il fenomeno si ripeta.
Consuetudine prima e scienza poi sono solo gli elementi che ci incentivano a scegliere di credere in ciò.
Perciò convenzioni, linguaggi, aritmetiche e costruzioni scientifiche non hanno alcun potere nel generare o nell'influire sui fenomeni e quindi non possono prevedere alcunchè. Generano la fiducia nelle nostre capacità di "previsione" che potrà rivelarsi vincente solo A POSTERIORI, lasciandoci soddisfatti ed inducendoci ad insistere in quello che è solo UN AZZARDO CON PIU' CHE RAGIONEVOLI PROBABILITA' DI VINCITA.
E poichè vivere significa fare delle scelte, meglio basarle sulle regolarità che abbiamo già sperimentato. Per questo molti hanno già dei programmi per le prossime giornate. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 24 Ottobre 2018, 10:23:59 AM
@ sgiombo:
La tesi è il neoplatonismo "geometrico" galileiano (e di molti metafisici), non il fatto che "universo" sia una matafora del mondo (che essi, metafisicamente, ritengono scritto in linguaggio matematico).

Sul perdere tempo scherzavo. Il testo del Saggiatore è talmente trasparente da evitarci qualsiasi sforzo ermeneutico.

Metaforico é l' uso del termine "libro (scritto in caratteri matematici)" per il letterale "universo".
Questo é ciò che rilevavo, a prescindere dal neoplatonismo galileiano, sul qual ho dei seri dubbi, ma non mi interessa approfondire l' argomento.

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 24 Ottobre 2018, 19:52:05 PM
Metaforico é l' uso del termine "libro (scritto in caratteri matematici)" per il letterale "universo".
Questo é ciò che rilevavo, a prescindere dal neoplatonismo galileiano, sul qual ho dei seri dubbi, ma non mi interessa approfondire l' argomento.
Ovvero guardiamo il dito di una irrilevante questione semantica e ignoriamo la luna che non poca acqua porta al mulino del disegno divino, dell'idealismo e dello scientismo. Evidentemente il materialismo non basta:ci vuole un dio che non gioca a dadi  :(
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

#413
Citazione di: Ipazia il 25 Ottobre 2018, 09:22:46 AM
Citazione di: sgiombo il 24 Ottobre 2018, 19:52:05 PM
Metaforico é l' uso del termine "libro (scritto in caratteri matematici)" per il letterale "universo".
Questo é ciò che rilevavo, a prescindere dal neoplatonismo galileiano, sul qual ho dei seri dubbi, ma non mi interessa approfondire l' argomento.
Ovvero guardiamo il dito di una irrilevante questione semantica e ignoriamo la luna che non poca acqua porta al mulino del disegno divino, dell'idealismo e dello scientismo. Evidentemente il materialismo non basta:ci vuole un dio che non gioca a dadi  :(


Senti Ipazia, "la scienza é lunga e la vita é breve" (Ippocrate), e se permetti coltivo gli interessi che più mi aggradano senza preoccuparmi dell' eventuale approvazione o meno da parte tua o di chiunque altro.

Poiché hai pignolescamente ma erroneamente criticato una mia osservazione sul carattere metaforico delle parole di Galileo da te citate, mi sono permesso di precisare la correttezza della mia interpretazione, senza seguirti nelle tue considerazioni sul "platonismo galileiano", circa il quale -ripeto- ho per lo meno seri dubbi (anche circa la sua rilevanza circa le questioni cui qui accenni, sulle quali sono ripetutamente intervenuto esponendo a chiare lettere le mie convinzioni), ma preferisco dedicare il mio tempo non illimitato ad altri argomenti per me -a mio giudizio insindacabile da parte di chiunque- più interessanti (ognuno ha le sue convinzioni circa quali siano le "dita" e quali le "lune", ovvero, fuor di metafora, a quali argomenti valga la pena di dedicare il proprio tempo e la propria attenzione; evidentemente le mie sono diverse dalle tue).

Se poi volessi continuare in questa pignolissima sequenza di repliche e controrepliche, la cosa mi interesserebbe ovviamente ancor meno e dunque ignorerei la tua eventuale ulteriore risposta.

Apeiron

Citazione di: viator il 24 Ottobre 2018, 17:21:29 PM
Salve Apeiron. Ma le convenzioni sono utili, non infallibili. La realtà fenomenica non può essere assolutamente prevedibile, neppure la più banale, semplice, consuetudinaria.

Salve Viator,

"a priori" sì. Concordo. 

Se prendiamo sul serio il cosiddetto problema dell'induzione (espresso da Russell nel celebre esempio del "tacchino induttivista"), allora non possiamo nemmeno dire che l'esperienza ci "mostra" che ci sono regolarità. 
Ovviamente, se anche accettiamo l'esistenza di regolarità, se non le conosciamo perfettamente ne consegue che a priori non possiamo essere certi di nessuna predizione. 

CitazioneIl fatto che tutti i giorni il sole sia sorto per lungo tempo ha costituito una semplice constatazione della regolarità di ciò che nessuno spiegava.
La spiegazione razionale di ciò ci ha solo rassicurati circa il fatto che ciò dovrebbe verificarsi ancora lungamente in futuro.
Nessuna scienza può però garantirci che domani il fenomeno si ripeta.

"A priori" si può andare anche oltre, dicendo che tale "constatazione" potrebbe essere errata: nulla ci garantisce a priori che l'osservazione di fenomeni che appaiono regolari implichi che ci siano regolarità nei fenomeni come ben espressamente detto da Hume oltre che da Russell. Oppure considera quanto dice (il "primo") Wittgenstein, che ha estremizzato questo scetticismo:
"
6.3 L'esplorazione della logica significa l'esplorazione d'ogni conformità a una legge. E fuori della logica tutto è accidente.
...
6.363  Il procedimento dell'induzione consiste nell'assumere la legge più semplice che possa esser accordata con le nostre esperienze.
6.3631 Questo procedimento tuttavia ha una fondazione non logica, ma solo psicologica.
È chiaro che non esiste ragione di credere che davvero avverrà il caso più semplice.
6.36311    Che il sole domani sorgerà è un'ipotesi; e ciò vuol dire: noi non sappiamo se esso sorgerà.
" (Tractatus Logico-Philosophicus - corsivo nel testo)
in pratica, Wittgenstein nega che l'esperienza ci possa dare alcuna vera conoscenza. Secondo lui, le uniche certezze possibili erano quelle matematiche e logiche. Ma solo ipotesi...

ovviamente, ci suggerisce fortemente che ci sono regolarità...

CitazioneConsuetudine prima e scienza poi sono solo gli elementi che ci incentivano a scegliere di credere in ciò.

Qui dici la stessa cosa di Hume. Anche per lui, le credenze si basano prima di tutto sull'abitudine...

CitazionePerciò convenzioni, linguaggi, aritmetiche e costruzioni scientifiche non hanno alcun potere nel generare o nell'influire sui fenomeni e quindi non possono prevedere alcunchè.

Appunto. Questo è il punto che volevo fare. Se la matematica è meramente convenzionale, (1) perché a volte funziona così bene? (2) perché succede che certe "innovazioni" nel campo della matematica che sono nate senza alcuna intenzione applicativa, alla fine diventano addirittura quasi insostituibili nella pratica scientifica? A priori, non sappiamo nemmeno se ci sono regolarità o no (faccio notare, che la casualità stessa è una regolarità...lo si capisce dal fatto che è facilmente esprimibile matematicamente). Anche ammettendo che ci siano regolarità nei fenomeni materiali, rimane il problema di giustificare il fatto che, a priori, tale regolarità potrebbe essere a noi incomprensibile.

Citazione Generano la fiducia nelle nostre capacità di "previsione" che potrà rivelarsi vincente solo A POSTERIORI, lasciandoci soddisfatti ed inducendoci ad insistere in quello che è solo UN AZZARDO CON PIU' CHE RAGIONEVOLI PROBABILITA' DI VINCITA.
E poichè vivere significa fare delle scelte, meglio basarle sulle regolarità che abbiamo già sperimentato. Per questo molti hanno già dei programmi per le prossime giornate. Saluti.

Vero. Però, se si fa la ragionevole assunzione che le "regolarità della natura" sono parzialmente comprensibili da noi e che quindi la scienza è più che un semplice azzardo, rimane da discutere la natura del rapporto tra matematica e regolarità naturali  :)

Buona serata!

X @sgiombo,

volevo chiederti una curiosità sul parallelismo. Per quanto capisco io, il parallelismo tratta come indipendenti la materia e la mente. Perciò, mente e materia non interagiscono tra di loro. Dunque, ciò significa che i fenomeni materiali sono causati da altri fenomeni materiali (rispettando l'assunzione della chiusura causale) e che fenomeni mentali sono causati da fenomeni mentali. Se ciò è vero, però, come spieghi l'insorgenza dei fenomeni mentali quando si "attiva" la coscienza in un essere senziente (assumo che, per te, la coscienza di un essere ha un inizio)?

X @sgiombo e @Ipazia,

secondo me Galilei era vicino ad una qualche forma di neoplatonismo. Il testo ovviamente è metaforico nel senso che l'universo non è un libro. Ma, secondo me, testo sembra assumere che le regolarità della natura siano matematiche. Faccio notare che questa ipotesi è rafforzata dal fatto che in quel periodo tra gli studiosi della natura c'è stato un "revival" nell'interesse nelle filosofie di stampo (neo-)platonico, vedi per esempio Keplero (che aveva un rapporto epistolare con Galilei). Galilei, inoltre, era convintissimo del fatto che la scienza naturale dovesse essere espressa matematicamente. Questa forte assunzione che le leggi naturali fossero esprimibili in forma matematica ha chiaramente forti somiglianze con la visione platonica/neo-platonica (e pitagorica). E visto, che in quel periodo c'era un forte "revival" di tali metafisiche, mi sembra ragionevole pensare che il pensiero di Galilei fosse stato influenzato da tali filosofie e che, di conseguenza, la sua "visione delle cose" non fosse poi così diversa da quella neo-platonica (in fin dei conti, visto che Galilei era credente non è poi così assurdo pensare che credesse che Dio avesse "modellato" l'universo secondo le "idee" matematiche...). 

(mi affascina la metafisica di stampo platonico e quindi la mia valutazione potrebbe avere un "bias". Però, contestualizzando il pensiero di Galileo, penso di aver fatto il possibile per restare quanto più "oggettivo"  :) )
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

#415
@ apeiron

Anche in campo artistico, la scoperta delle regole della prospettiva e l'approfondimento delle relazioni numeriche tra i suoni nell'armonia musicale (il padre di Galileo, Vincenzo, era un insigne teorico musicale), riconfermavano l'idea platonica del carattere universale normativo della matematica.
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sgiombo

Citazione di: Apeiron il 26 Ottobre 2018, 19:44:35 PM

CitazioneViator:
Perciò convenzioni, linguaggi, aritmetiche e costruzioni scientifiche non hanno alcun potere nel generare o nell'influire sui fenomeni e quindi non possono prevedere alcunchè.

Appunto. Questo è il punto che volevo fare. Se la matematica è meramente convenzionale, (1) perché a volte funziona così bene? (2) perché succede che certe "innovazioni" nel campo della matematica che sono nate senza alcuna intenzione applicativa, alla fine diventano addirittura quasi insostituibili nella pratica scientifica? A priori, non sappiamo nemmeno se ci sono regolarità o no (faccio notare, che la casualità stessa è una regolarità...lo si capisce dal fatto che è facilmente esprimibile matematicamente). Anche ammettendo che ci siano regolarità nei fenomeni materiali, rimane il problema di giustificare il fatto che, a priori, tale regolarità potrebbe essere a noi incomprensibile.
Citazione
Con tutto quanto rispondi a Viator concordo pienamente, salvo il ritenere problematico il fatto che  che certe "innovazioni" nel campo della matematica che sono nate senza alcuna intenzione applicativa, alla fine diventano addirittura quasi insostituibili nella pratica scientifica, che in me non provoca nessuno stupore: che astrazioni matematiche possano essere state elaborate prima e successivamente si rilevino applicabili a (ovvero teoricamente ricavabili da; N.B.: applicabili eventualmente, e non necessariamente da applicare come pretenderebbero pitagorismo, platonismo, neoplatonismo, idealismi vari, ecc.) fenomeni fisici, posto che i fenomeni fisici sono misurabili e inoltre assunti (indimostrabilmente) come succedentisi secondo regolarità universali e costanti, mi sembra quanto di più ovvio e non problematico possa darsi.

Ho dei dubbi sulla tua affermazione che la casualità é facilmente esprimibile matematicamente.
Forse intendevi dire che sono facilmente esprimibili e trattabili, calcolabili matematicamente gli aspetti relativamente (non assolutamente) deterministici della casualità relativa (ovvero determinismo relativo) di tipo probabilistico statistico, assumendo che (salvo che per l' interpretazione conformistica della M Q) la realtà così descrivibile e calcolabile sia oggettivamente-ontologicamente deterministica e solo soggettivamente-gnoseologicamente (ma solo in parte; e non integralmente-assolutamente nemmeno per quanto riguarda questa parte) casuale o indeterministica (nel caso della M Q, se hanno ragione i "danesi" e i loro largamente ma non unanimemente preponderanti seguaci, si tratterebbe di un indeterminismo ovvero casualismo oggettivo-ontologico, ma comunque pur sempre limitato, relativo, parziale -id est di un determinismo oggettivo-ontologico limitato, relativo, parziale- dal momento che solo un caos "autentico", letterale, senza alcunché di determinato, universalmente e costantemente fisso e immutabile -nemmeno le proporzioni fra diversi possibili casi in numeri elevati di osservazioni- costituirebbe un indeterminismo integrale, assoluto).

Altrimenti non saprei come si potrebbe considerare esprimibile matematicamente questo caos "puro", integrale, assoluto. 


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X @sgiombo,

volevo chiederti una curiosità sul parallelismo. Per quanto capisco io, il parallelismo tratta come indipendenti la materia e la mente. Perciò, mente e materia non interagiscono tra di loro. Dunque, ciò significa che i fenomeni materiali sono causati da altri fenomeni materiali (rispettando l'assunzione della chiusura causale) e che fenomeni mentali sono causati da fenomeni mentali. Se ciò è vero, però, come spieghi l'insorgenza dei fenomeni mentali quando si "attiva" la coscienza in un essere senziente (assumo che, per te, la coscienza di un essere ha un inizio)?
Citazione
Queste tue parole esprimono benissimo le mie convinzioni "parallelistiche" (salvo forse -mi scuso, ma sono pignolo di natura- il fatto che ritengo casualità in senso proprio o stretto -cioé esprimibile mediante equazioni matematiche- e dunque calcolabile, almeno in teoria, nei singoli casi concreti quella intercorrente fra i fenomeni materiali; in senso non del tutto proprio o largo quella fra i fenomeni menali, non esprimibile mediante equazioni matematiche e dunque non calcolabile: previsioni "verosimili" o "degne di credito" ma non "matematicamente certe").

Il fatto (indimostrabile, ma che ovviamente credo anch' io per fede, nel caso delle "altre", eccedenti la "mia propria" immediatamente vissuta) dell' inizio (e della fine) delle esperienze fenomeniche coscienti secondo me non ha una spiegazione, ma deve essere accettato (se lo si crede) come un "dato reale" non ulteriormente indagabile, criticabile, spiegabile.
Talora nella realtà in sé o noumeno accadono determinati eventi (si danno determinate circostanze) tali che ad esse, nella realtà fenomenica materiale accadente nell' ambito delle esperienze coscienti (per lo meno potenzialmente accadenti) di uomini, altri animali o eventuale "altro ancora" vi sono sistemi nervosi sufficientemente complessi (o "qualcosa di funzionalmente simile")  e funzionanti in determinati modi (non sonno senza sogni o coma): e allora, in questi casi iniziano ad esistere determinate esperienze fenomeniche coscienti a tali funzionamenti di tali sistemi nervosi (o "funzionalmente analoghi marchingegni") biunivocamente corrispondenti, esperienze fenomeniche coscienti che poi, allorché si danno altre determinate circostanze della realtà in sé o noumeno cessano di esistere).
Ciò evidentemente implica -cosa che potrebbe apparire alquanto problematica ma che non ritengo tale da inficiare l' ipotesi teorica, l' ontologia- una certa asimmetria fra res extensa fenomenica e res ecogitans altrettanto fenomenica, con la prima che esisterebbe anche in assenza della seconda (quando sulla terra non esistevano animali coscienti qualche "visitatore extraterrestre" dotato di coscienza avrebbe potuto rilevarci la materia in assenza di altre esperienze coscienti oltre quella di tale fantomatico osservatore; i cervelli continuano ad esistere anche allorché i rispettivi "titolari" stanno dormendo senza sogni o magari sono in coma).
Ma cercare di superare queste perplessità (che ripeto di non ritenere comunque invalidanti la teoria) richiederebbe un' "esplorazione" alquanto fantasiosa e "malferma", fantastica e del tutto debbia e incerta nel "periglioso pelago" del pampsichismo.



In realtà il motivo principale che mi ha indotto a postulare l' esistenza del noumeno, in alternativa a una sorta di Leibniziana "armonia prestabilita" fra le diverse esperienze coscienti, per spiegare intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti cervello/coscienza (fra l' altro in maniera meno "ipoteticamente dispendiosa" ovvero "più ockamisticamente corretta"), é proprio il fatto che quest' altra ipotesi non spiegherebbe secondo me l' esistenza di "enormi vuoti di coscienza spaziotemporali nella storia" e nella "geografia"dell' universo.
Come si potrebbe spiegare la corrispondenza poliunivoca fra esperienze fenomeniche coscienti dall' esistenza discontinua, in particolare attraverso quei lunghissimi e larghissimi intervalli di tempo e di spazio nei quali non vi sono (nel mondo fenomenico materiale intersoggettivo) animali coscienti che possano "passare il testimone dell' esistenza dei fenomeni materiali stessi", in assenza di una corrispondente realtà in sé o noumeno persistente senza discontinuità?
Ha certamente senso dire che v' é una universale corrispondenza puntuale e costante fra fenomeni materiali intersoggettivi e fra menti e cervelli senza qualcosa di persistente che giustifichi transitivamente tale corrispondenza negli enormi intervalli spaziotemporali in cui fenomeni (materiali e più estesamente ancora mentali) non ne esistono proprio; transitivamente" nel senso che tutti i fenomeni corrispondono a enti ed eventi della realtà in sé o noumeno, la quale esiste e diviene anche in tutte le enormi parti e per tutti quei lunghissimi tempi dell' universo nei quali non ci sono -se non in via meramente potenziale- fenomeni materiali di "cervelli e affini", e dunque non ci sono fenomeni (esperienze coscienti) in generale, di modo tale che quando e dove di nuovo le condizioni del noumeno vengono ad essere tale che esistono effettivamente, attualmente fenomeni materiali "tipo cervelli e affini" e dunque che esistano esperienze fenomeniche coscienti i loro "contenuti" materiali per il fatto di corrispondere biunivocamente alla realtà in sé che é sempre e dovunque esistita con continuità corrispondono al divenire dei fenomeni materiali anche in quegli enormi "buchi vuoti spaziotemporali" nei quali essi erano puramente potenziali e nessuno li ha mai osservati (e nulla di fenomenico é di fatto, attualmente, effettivamente, realmente accaduto di corrispondente ai fenomeni coscienti accaduti prima e dopo e oltre di essi).

Se non sono stato chiaro cercherò di svolgere meglio il ragionamento.
Il "nocciolo della questione é la dubbia sensatezza di una corrispondenza fra fenomeni nella discontinuità attuale di fatto (continuità meramente potenziale: "se qualcuno -che di fatto  realmente non c'é- osservasse") della "storia e geografia dell' universo materiale" attraverso quei grandi lassi di tempo e spazio nei quali fenomeni materiali intersoggettivi possono darsi per l' appunto solo potenzialmente, senza che alcunché di realmente in atto accada (a meno che, per l' appunto realmente in atto, effettivamente reale continui ad essere il divenire del noumeno, sia pure non tale da fare esistere soggetti di esperienza fenomenica cosciente, anche attraverso tali enormi "intervalli vuoti di fenomeni""



Apeiron

@ipazia,


Citazione@ apeiron

Anche in campo artistico, la scoperta delle regole della prospettiva e l'approfondimento delle relazioni numeriche tra i suoni nell'armonia musicale (il padre di Galileo, Vincenzo, era un insigne teorico musicale), riconfermavano l'idea platonica del carattere universale normativo della matematica.


Vero anche questo! Ed è anche vero, tra l'altro, che a quei tempi non c'era una "iperspecializzazione" come adesso, ovvero c'era molto più "dialogo" tra le varie discipline (questo, in pratica, significa che allora c'era più "scambio di idee" ...)  :)

Tra l'altro la mia "fascinazione" alla visione platonica/neo-platonica deriva proprio dal fatto che "trovo" la matematica praticamente ovunque, sia nella natura che anche nell'operato umano (anche nei campi dove, spesso, una conoscenza della matematica è abbastanza ignorata...). 

@sgiombo,


CitazioneCon tutto quanto rispondi a Viator concordo pienamente, salvo il ritenere problematico il fatto che  che certe "innovazioni" nel campo della matematica che sono nate senza alcuna intenzione applicativa, alla fine diventano addirittura quasi insostituibili nella pratica scientifica, che in me non provoca nessuno stupore: che astrazioni matematiche possano essere state elaborate prima e successivamente si rilevino applicabili a (ovvero teoricamente ricavabili da; N.B.: applicabili eventualmente, e non necessariamente da applicare come pretenderebbero pitagorismo, platonismo, neoplatonismo, idealismi vari, ecc.) fenomeni fisici, posto che i fenomeni fisici sono misurabili e inoltre assunti (indimostrabilmente) come succedentisi secondo regolarità universali e costanti, mi sembra quanto di più ovvio e non problematico possa darsi.

Non mi sarei mai aspettato di concordare su questo  ;D  secondo me è uno dei casi in cui qualcosa può "colpire profondamente" una persona e lasciare indifferente un'altra.  Secondo me è una cosa strabiliante che tali "innovazioni" diventano così "utili". Ti fa quasi pensare che probabilmente una parte estremamente rilevante (  :o ) di ciò che è "scoperto" nello studio della matematica pura ha applicazioni pratiche. In questo io vedo qualcosa di molto "strano". Tu no. Personalmente, questo suggerisce che fenomeni mentali e materiali "funzionano" in modo analogo...

Nel Teeteto si dice che la meraviglia è alla base della filosofia e quindi io potrei dirti che il mio approccio è "più filosofico" del tuo sulla questione. Tu, invece, puoi dirmi che non è razionale vedere "troppo" in tali cose e che, di conseguenza, io sbaglio a essere "meravigliato" della cosa.
Penso che qui il dissenso è impossibile da "risolvere"...


CitazioneHo dei dubbi sulla tua affermazione che la casualità é facilmente esprimibile matematicamente.
Forse intendevi dire che sono facilmente esprimibili e trattabili, calcolabili matematicamente gli aspetti relativamente (non assolutamente) deterministici della casualità relativa (ovvero determinismo relativo) di tipo probabilistico statistico, assumendo che (salvo che per l' interpretazione conformistica della M Q) la realtà così descrivibile e calcolabile sia oggettivamente-ontologicamente deterministica e solo soggettivamente-gnoseologicamente (ma solo in parte; e non integralmente-assolutamente nemmeno per quanto riguarda questa parte) casuale o indeterministica (nel caso della M Q, se hanno ragione i "danesi" e i loro largamente ma non unanimemente preponderanti seguaci, si tratterebbe di un indeterminismo ovvero casualismo oggettivo-ontologico, ma comunque pur sempre limitato, relativo, parziale -id est di un determinismo oggettivo-ontologico limitato, relativo, parziale- dal momento che solo un caos "autentico", letterale, senza alcunché di determinato, universalmente e costantemente fisso e immutabile -nemmeno le proporzioni fra diversi possibili casi in numeri elevati di osservazioni- costituirebbe un indeterminismo integrale, assoluto).

Altrimenti non saprei come si potrebbe considerare esprimibile matematicamente questo caos "puro", integrale, assoluto. 

Intendevo più o meno quello che dici tu. Possiamo fare eccellenti modellizzazioni matematiche dei risultati dei lanci dei dadi ("dimenticandoci" che, in realtà, i lanci sono fenomeni "caotici" e quindi "determinisitici"), assumendo che sono completamente "randomici". La teoria della probabilità d'altronde è una branca della matematica e, di conseguenza, è possibile fare predizioni e modelli matematici di fenomeni causali (in questo senso). Concordo sul fatto che il "caos totale" (da non confondersi con il "caos" nella fisica) è inesprimibile matematicamente (e direi totalmente incomprensibile). Il "puro probabilismo" è una regolarità e direi anche piuttosto "comprensibile" (è ciò che tale "regolarità" implica che, probabilmente, può risultare molto "strano"...)





CitazioneQueste tue parole esprimono benissimo le mie convinzioni "parallelistiche" (salvo forse -mi scuso, ma sono pignolo di natura- il fatto che ritengo casualità in senso proprio o stretto -cioé esprimibile mediante equazioni matematiche- e dunque calcolabile, almeno in teoria, nei singoli casi concreti quella intercorrente fra i fenomeni materiali; in senso non del tutto proprio o largo quella fra i fenomeni menali, non esprimibile mediante equazioni matematiche e dunque non calcolabile: previsioni "verosimili" o "degne di credito" ma non "matematicamente certe").



Ok! (Io uso un significato un po' più ampio del termine "causalità" ma capisco il tuo punto di vista) Grazie per la tua interessante delucidazione del tuo punto di vista. Faccio alcuni commenti di seguito.





CitazioneCiò evidentemente implica -cosa che potrebbe apparire alquanto problematica ma che non ritengo tale da inficiare l' ipotesi teorica, l' ontologia- una certa asimmetria fra res extensa fenomenica e res ecogitans altrettanto fenomenica, con la prima che esisterebbe anche in assenza della seconda (quando sulla terra non esistevano animali coscienti qualche "visitatore extraterrestre" dotato di coscienza avrebbe potuto rilevarci la materia in assenza di altre esperienze coscienti oltre quella di tale fantomatico osservatore; i cervelli continuano ad esistere anche allorché i rispettivi "titolari" stanno dormendo senza sogni o magari sono in coma).
Ma cercare di superare queste perplessità (che ripeto di non ritenere comunque invalidanti la teoria) richiederebbe un' "esplorazione" alquanto fantasiosa e "malferma", fantastica e del tutto debbia e incerta nel "periglioso pelago" del pampsichismo.




 Se i fenomeni materiali continuano ad esistere anche in assenza di coscienze o comunque "non esistono in relazione ad esse" (=teleologia - es. principio antropico - oppure la posizione di Schopenhauer per cui senza coscienze la realtà materiale non è nemmeno "pensabile"*)  che differenza c'è tra essi e il noumeno? In pratica, mi sembra che tu identifichi - a meno di una corrispondenza biunivoca - i fenomeni materiali col noumeno ammettendo anche che, in realtà, non puoi avere "certezza" che ciò sia vero. 



Sul panpsichismo, la ritengo una teoria "interessante", eliminerebbe il problema dell'asimmetria di cui parli però concordo che è un "periglioso pelago". Una forma un po' più debole pare essere il "pan-esperienzialismo" di Whitehead, proposto nell'ambito della sua "filosofia del processo" (non ho ben capito la sua teoria anche perché non ho mai letto i suoi lavori, ma sembra abbastanza interessante). Bene o male, per evitare questa asimmetria Spinoza aveva assunto che ad ogni "corpo" corrispondeva una "mente", ovvero appoggiava una qualche forma di panpsichismo (anche se il termine non lo trovi mai nei suoi scritti).



(Probabilmente per il coma non è vero, ma ritengo che nel sonno profondo sia ancora una coscienza e quindi non ci sia un "vuoto" in questo caso...)



*[sto ancora provando a vedere se, senza ricorrere al "noumeno" come viene concepito da te è possibile rendere conto dell'inter-soggettività dei fenomeni (ci sono vari motivi per questo mio tentativo come quello dell'applicabilità delle categorie e così via..)... ho trovato alcuni argomenti a favore altri contrari (per questo motivo dicevo quando ho iniziato la discussione sulla matematica che non ero molto sicuro di quello che ho detto...)]






CitazioneIn realtà il motivo principale che mi ha indotto a postulare l' esistenza del noumeno, in alternativa a una sorta di Leibniziana "armonia prestabilita" fra le diverse esperienze coscienti, per spiegare intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti cervello/coscienza (fra l' altro in maniera meno "ipoteticamente dispendiosa" ovvero "più ockamisticamente corretta"), é proprio il fatto che quest' altra ipotesi non spiegherebbe secondo me l' esistenza di "enormi vuoti di coscienza spaziotemporali nella storia" e nella "geografia"dell' universo.





Capisco il tuo punto di vista e l'ipotesi sembra abbastanza sensata.



 Però il problema è che se la tua teoria è vera, come spieghi l'insorgenza della coscienza? Sicuramente la spiegazione è "nel noumeno". Ma contrariamente alla tua "corrispondenza biunivoca" tra fenomeno e noumeno sembra che il noumeno sia in grado, per così dire, di "generare" la coscienza, cosa che il fenomeno non è in grado di fare. D'altro canto, il problema rimane anche se i fenomeni mentali hanno una corrispondenza biunivoca col noumeno (cerco di usare il tuo "gergo" per evitare fraintendimenti). Infatti, se c'è una corrispondenza biunivoca tra fenomeni e noumeni ci deve essere necessariamente una corrispondenza biunivoca tra fenomeni e noumeno che riguarda il "parallelismo" tra fenomeni mentali e materiali. Ergo, mi sembra che nel tuo modello il problema si sposti al noumeno... 








Citazione
CitazioneSe non sono stato chiaro cercherò di svolgere meglio il ragionamento.
Il "nocciolo della questione é la dubbia sensatezza di una corrispondenza fra fenomeni nella discontinuità attuale di fatto (continuità meramente potenziale: "se qualcuno -che di fatto  realmente non c'é- osservasse") della "storia e geografia dell' universo materiale" attraverso quei grandi lassi di tempo e spazio nei quali fenomeni materiali intersoggettivi possono darsi per l' appunto solo potenzialmente, senza che alcunché di realmente in atto accada (a meno che, per l' appunto realmente in atto, effettivamente reale continui ad essere il divenire del noumeno, sia pure non tale da fare esistere soggetti di esperienza fenomenica cosciente, anche attraverso tali enormi "intervalli vuoti di fenomeni""




Sei stato chiarissimo. Però, non mi hai convinto pienamente  :)





(Rimane poi la questione di come capire perché la regolarità è presente anche nel noumeno [e, ovviamente, rimane anche il problema del "perché la matematica funziona?" che per me sembra un "problema" e per te no  :)  d'altronde visto che per te fenomeno e noumeno devono avere una corrispondenza biunivoca ne segue che, per forza di cose, anche la regolarità nel noumeno è ben "approssimabile" dalla matematica. ]...ma ovviamente, su ciò si può anche rimanere scettici e non formulare ipotesi...)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Apeiron:
 
In questo [il fatto che capita che prima si stabiliscano teorizzazioni matematiche pure e poi si trovino applicazioni di esse ad aspetti del divenire naturale materiale] io vedo qualcosa di molto "strano". Tu no
 
Penso che qui il dissenso è impossibile da "risolvere"...
 
Sgiombo:

Sono perfettamente d' accordo sul disaccordo.

 
 
 
 
Aperion:
 
Intendevo più o meno quello che dici tu. Possiamo fare eccellenti modellizzazioni matematiche dei risultati dei lanci dei dadi ("dimenticandoci" che, in realtà, i lanci sono fenomeni "caotici" e quindi "determinisitici"), assumendo che sono completamente "randomici". La teoria della probabilità d'altronde è una branca della matematica e, di conseguenza, è possibile fare predizioni e modelli matematici di fenomeni causali (in questo senso). Concordo sul fatto che il "caos totale" (da non confondersi con il "caos" nella fisica) è inesprimibile matematicamente (e direi totalmente incomprensibile). Il "puro probabilismo" è una regolarità e direi anche piuttosto "comprensibile" (è ciò che tale "regolarità" implica che, probabilmente, può risultare molto "strano"...)

Sgiombo:
 
Il "caos" della fisica si identifica con i fenomeni "caotici" e quindi "deterministici" (= in linea teorica di principio "perfettamente" prevedibili-postvedibili e calcolabili purché se ne conoscano con adeguata completezza e precisione le condizioni particolari concrete a un dato istante e leggi generali astratte del loro divenire; cosa di fatto impossibile), come i lanci dei dati?
Spero proprio che mi risponderai affermativamente, poiché altrimenti vorrebbe dire che non ho capito nulla di quanto qui scrivi).
 
 
 
 
Apeiron:
 
Se i fenomeni materiali continuano ad esistere anche in assenza di coscienze o comunque "non esistono in relazione ad esse" (=teleologia - es. principio antropico - oppure la posizione di Schopenhauer per cui senza coscienze la realtà materiale non è nemmeno "pensabile"*)  che differenza c'è tra essi e il noumeno? In pratica, mi sembra che tu identifichi - a meno di una corrispondenza biunivoca - i fenomeni materiali col noumeno ammettendo anche che, in realtà, non puoi avere "certezza" che ciò sia vero. 

Sgiombo:
 
I fenomeni materiali non continuano affatto ad esistere anche in assenza di coscienze* dal momento che non sono nient' altro che "contenuti" o "costituenti di coscienze (esperienze fenomeniche coscienti)*, venendo meno le quali essi stessi inevitabilmente vengono meno: quando un uomo (o altro animale cosciente) dorme senza sognare non esistono i fenomeni materiali (e anche mentali) propri de- (ovvero: costituenti la e costituiti da) -la "sua propria" esperienza cosciente**, ma continuano ad esistere i fenomeni materiali facenti parte delle esperienze coscienti* di chi osserva tale uomo o altro animale (e il rispettivo cervello in particolare): ma se non esistessero (queste ultime) coscienze*, ovvero "in assenza di (queste) coscienze*", allora i fenomeni materiali (costituenti tale uomo o animale) non esisterebbero (se queste coscienze* venissero meno, allora tali fenomeni materiali non continuerebbero affatto ad esistere).
 
Infatti i fenomeni (materiali e mentali) non esistono "in relazione" ad alcuna coscienza, ma invece in quanto costituenti esperienze coscienti e nient' altro e costituiti da esperienze coscienti e da nient' altro.
Qui tu non vedi differenza fra fenomeni materiali e noumeno proprio perché ricadi ancora una volta nella confusione fra queste due ben diverse cose: i fenomeni materiali non sono affatto reali in sé (non sono affatto il noumeno), ma invece unicamente in quanto insiemi - successioni di percezioni fenomeniche: "Esse est percipi" (Berkeley)!
E' la solita indebita ipostatizzazione dei fenomeni come pretese cose in sé propria del senso comune.
 
Sono assolutamente certo che sia vero che i fenomeni materiali (del tutto al pari di quelli mentali) non si identificano affatto col noumeno.
Ciò di cui non posso avere certezza che sia vero é invece che il noumeno (il congetturabile reale in sé) anziché essere costituito da nulla (non esistere affatto realmente; o anziché essere costituito da altro ancora) sia qualcosa in divenire in corrispondenza biunivoca con i fenomeni.
 
 
 
 
Apeiron:
 
Sul panpsichismo, la ritengo una teoria "interessante", eliminerebbe il problema dell'asimmetria di cui parli però concordo che è un "periglioso pelago". Una forma un po' più debole pare essere il "pan-esperienzialismo" di Whitehead, proposto nell'ambito della sua "filosofia del processo" (non ho ben capito la sua teoria anche perché non ho mai letto i suoi lavori, ma sembra abbastanza interessante). Bene o male, per evitare questa asimmetria Spinoza aveva assunto che ad ogni "corpo" corrispondeva una "mente", ovvero appoggiava una qualche forma di panpsichismo (anche se il termine non lo trovi mai nei suoi scritti).

Sgiombo:
 
Non ritengo un reale problema l' asimmetria di cui parlo.
 
Di Whitehead ho letto (anni fa!) La scienza e il mondo moderno, ma sinceramente non me ne ricordo nulla (non credo parlasse di quanto qui accenni perché mi sembrerebbe strano non ricordarmene).
 
Contrariamente a Spinoza (ma penso concordemente con quanto empiricamente osservabile direttamente e ricavabile dai resoconti introspettivi indirettamente) non credo che a "ogni preciso aspetto" della Sostanza Divina -per dirlo col grande olandese: per me del noumeno o cosa in sé- corrisponda sempre e comunque un preciso aspetto di ogni suo attributo -per me manifestazione fenomenica- ma invece che nelle varie esperienze fenomeniche coscienti solo una parte del noumeno abbia corrispondenze biunivoche materiali e una parte (ancora minore) ne abbia di materiali (ma questa "asimmetria" non mi sembra inficiare minimamente la teoria e piuttosto essere più adeguata a quanto empiricamente rilevabile); inoltre contrariamente al grande Spinoza mi limito a credere che esistano solo i due tipi di fenomeni (materiali e mentali) di fatto rilevabili e rilevati senza postularne infiniti altri non osservabili.
 
 
 
 
 
Apeiron:
 
(Probabilmente per il coma non è vero, ma ritengo che nel sonno profondo sia ancora una coscienza e quindi non ci sia un "vuoto" in questo caso...)
 
Sgiombo:
 
Solitamente in neurologia si ritiene che il sonno più profondo (R.E.M.) sia quelle in cui si sogna.
 
Ma "sonno senza sogni" =/= "assenza di coscienza".
 
 
 
 
Sgiombo:

In realtà il motivo principale che mi ha indotto a postulare l' esistenza del noumeno, in alternativa a una sorta di Leibniziana "armonia prestabilita" fra le diverse esperienze coscienti, per spiegare intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti cervello/coscienza (fra l' altro in maniera meno "ipoteticamente dispendiosa" ovvero "più ockamisticamente corretta"), é proprio il fatto che quest' altra ipotesi non spiegherebbe secondo me l' esistenza di "enormi vuoti di coscienza spaziotemporali nella storia" e nella "geografia"dell' universo.

Apeiron:
 
Capisco il tuo punto di vista e l'ipotesi sembra abbastanza sensata.
Però il problema è che se la tua teoria è vera, come spieghi l'insorgenza della coscienza? Sicuramente la spiegazione è "nel noumeno". Ma contrariamente alla tua "corrispondenza biunivoca" tra fenomeno e noumeno sembra che il noumeno sia in grado, per così dire, di "generare" la coscienza, cosa che il fenomeno non è in grado di fare. D'altro canto, il problema rimane anche se i fenomeni mentali hanno una corrispondenza biunivoca col noumeno (cerco di usare il tuo "gergo" per evitare fraintendimenti). Infatti, se c'è una corrispondenza biunivoca tra fenomeni e noumeni ci deve essere necessariamente una corrispondenza biunivoca tra fenomeni e noumeno che riguarda il "parallelismo" tra fenomeni mentali e materiali. Ergo, mi sembra che nel tuo modello il problema si sposti al noumeno
 
Sgiombo:
 
Non vedo problemi: l' insorgere della coscienza """dalla""" realtà in sé in determinate circostanze (e non """dalla""" materia dei cervelli, che sono in coscienze di già insorte! E che non vanno confusi col noumeno o cosa in sé!) é un dato di fatto non ulteriormente analizzabile: così é se vi pare (e anche se non vi pare).
Le triplici virgolette perché si tratta solo metaforicamente di una relazione causale o men che meno spaziale: letteralmente di mera corrispondenza biunivoca.
 
Il fenomeno non può generare nessuna coscienza per il semplice fatto che esso stesso non é nient' altro che coscienza "di già generata" (semmai da qualcos' altro di non fenomenico). 
 
Ovvio che i fenomeni mentali, né più ne meno di quelli materiali, hanno una corrispondenza biunivoca col noumeno: quale mai sarebbe il "problema spostato nel noumeno"?
 
Essendovi una corrispondenza biunivoca tra fenomeni (tanto materiali -res extensa- quanto mentali –res cogitans-) e noumeno ci deve essere ovviamente un "parallelismo" tra fenomeni mentali (res cogitans) e materiali (res extensa), dal momento che gli uni e gli altri divengono in corrispondenza biunivoca (parallelamente) a quella stessa "cosa (in sé!)" che é  il divenire del noumeno: due rette parallele entrambe ad una terza retta sono parallele anche fra loro).
 
 
 
 
Apeiron:
 
(Rimane poi la questione di come capire perché la regolarità è presente anche nel noumeno [e, ovviamente, rimane anche il problema del "perché la matematica funziona?" che per me sembra un "problema" e per te no d'altronde visto che per te fenomeno e noumeno devono avere una corrispondenza biunivoca ne segue che, per forza di cose, anche la regolarità nel noumeno è ben "approssimabile" dalla matematica. ]...ma ovviamente, su ciò si può anche rimanere scettici e non formulare ipotesi...)


Sgiombo:
 
La regolarità del divenire deve essere presente anche nel noumeno perché si possano spiegare con le corrispondenze biunivoche i rapporti fra cervello e coscienza e l' intersoggettività dei fenomeni materiali: tutte cose che (si assume indimostrabilmente) divengono regolarmente
 
Infatti per me quello della "matematica che funziona" non é assolutamente per niente affatto un problema ma qualcosa di del tutto ovvio.
Ma non per la corrispondenza biunivoca fra fenomeni e noumeno (che secondo me non c' entra per nulla), ma semplicemente perché la matematica pura é fatta di deduzioni logiche da astrazioni assiomatizzate di osservazioni concrete fisiche materiali (fenomeni materiali, quantitativamente misurabili).

Apeiron

Sgiombo,


CitazioneSgiombo:
 
Il "caos" della fisica si identifica con i fenomeni "caotici" e quindi "deterministici" (= in linea teorica di principio "perfettamente" prevedibili-postvedibili e calcolabili purché se ne conoscano con adeguata completezza e precisione le condizioni particolari concrete a un dato istante e leggi generali astratte del loro divenire; cosa di fattoimpossibile), come i lanci dei dati?
Spero proprio che mi risponderai affermativamente, poiché altrimenti vorrebbe dire che non ho capito nulla di quanto qui scrivi).

Hai capito bene  :)



CitazioneI fenomeni materiali non continuano affatto ad esistere anche in assenza di coscienze* dal momento che non sono nient' altro che "contenuti" o "costituenti di coscienze (esperienze fenomeniche coscienti)*, venendo meno le quali essi stessi inevitabilmente vengono meno: quando un uomo (o altro animale cosciente) dorme senza sognare non esistono i fenomeni materiali (e anche mentali) propri de- (ovvero: costituenti la e costituiti da) -la "sua propria" esperienza cosciente**, ma continuano ad esistere i fenomeni materiali facenti parte delle esperienze coscienti* di chi osserva tale uomo o altro animale (e il rispettivo cervello in particolare): ma se non esistessero (queste ultime) coscienze*, ovvero "in assenza di (queste) coscienze*", allora i fenomeni materiali (costituenti tale uomo o animale) non esisterebbero (se queste coscienze* venissero meno, allora tali fenomeni materiali non continuerebbero affatto ad esistere).




Capisco... penso che qui ci sia una differenza di vedute  ( di fatto è ciò che mi rendeva perplesso di quanto avevo scritto un po' di tempo fa... :-[

Per me l'idealismo trascendentale ci dice mondo fenomenico è "la realtà vista da noi". In fisica, la nozione che più ci assomiglia, secondo me è la nozione di "sistema di riferimento". Già nella fisica classica, per esempio, i corpi, come proprietà intrinseca, la "velocità". In realtà, la velocità, contrariamente a quello che ci suggerirebbe la nostra intuizione non è una proprietà intrinseca degli oggetti ma una proprietà degli oggetti in relazione ad un altro "oggetto". Dunque, frasi come "l'automobile va ai 100km/h" sono incomplete perché manca la qualificazione del sistema di riferimento. Per esempio, è, invece, corretto dire: "l'automobile va ai 100km/h nel riferimento in quiete dell'autovelox". [Carlo Rovelli ha esteso questo tipo di ragionamento a tutte le quantità fisiche (!). Questo tipo di ragionamento, ovvero di concepire la realtà in modo "relazionalistico" (non "relativistico" nel senso della filosofia post-moderna!!!) secondo me ha avuto molto successo! E, personalmente, ci vedo analogie con la filosofia di Kant, Schopenhauer ecc anche se nel caso di Rovelli la coscienza non ha un ruolo privilegiato... ]

Allo stesso modo, secondo me, l'idealismo trascendentale ci dice che io non vedo "il mondo" ma vedo il "mondo visto da me". Dunque, così si capisce perché Schopenhauer può dire che "l'oggetto senza soggetto non è pensabile", ovvero non possiamo pensare al mondo "al di fuori" della nostra prospettiva. In pratica, il mondo fenomenico non si riduce alle sole "sensazioni" bensì è la "realtà vista da noi". Per questo motivo usare le categorie dell'intelletto, come la causalità, diventa problematico nel caso della "realtà in sé". Non a caso, Kant, a differenza di Hume riteneva che potevamo, limitandoci al mondo fenomenico, usare la causalità senza problemi. Dunque, secondo me, il mondo fenomenico non si riduce alle sole sensazioni ma anche alle loro cause (ovviamente, io sto assumendo come "vera" la causalità anche se Hume ha ragione nel dire che non possiamo saperlo dalla sola induzione...): in fin dei conti, la conoscenza che abbiamo di esse è sempre associata al nostro "punto di vista", per così dire. Se i fenomeni materiali si riducono alle semplici sensazioni, "oggetti non osservabili" dal nostro apparato percettivo come elettroni, quarks ecc non esistono nel "mondo materiale".  

Spero di essermi spiegato (anche se ammetto che non sono stato chiaro...consiglio di pensare ai sistemi di riferimento per capire meglio). 





CitazioneSono assolutamente certo che sia vero che i fenomeni materiali (del tutto al pari di quelli mentali) non si identificano affatto col noumeno.
Ciò di cui non posso avere certezza che sia vero é invece che il noumeno (il congetturabile reale in sé) anziché essere costituito da nulla (non esistere affatto realmente; o anziché essere costituito da altro ancora) sia qualcosa in divenire in corrispondenza biunivoca con i fenomeni.


Nota: qui cerco di usare il tuo gergo e di essere consistente col tuo sistema...


"Corrispondenza biunivoca" significa che esiste una "funzione" F, tale che ad ogni elemento di un insieme X si associa uno e un solo elemento di un insieme Y (e viceversa).

Nel tuo caso: X='mondo fenomenico', Y='noumeno'. 
Però, X={'fenomeni mentali','fenomeni materiali'} (ovvero X, il mondo fenomenico, è formato da fenomeni mentali e materiali)
Y = F(X) e di conseguenza per biunivocità: Y = F('fenomeni mentali','fenomeni materiali')

Ergo, di conseguenza è possibile scrivere Y come: Y = (F('fenomeni mentali'),F('fenomeni materiali'))

Dunque: F('fenomeni mentali') e F('fenomeni materiali') corrispondono a, rispettivamente, 'fenomeni mentali' e 'fenomeni materiali'. La funzione inversa di F, di fatto, è la rappresentazione che darebbe la coscienza del noumeno (sto sempre ). 

Se 'fenomeni mentali' e 'fenomeni materiali' sono indipendenti anche F('fenomeni mentali') e F('fenomeni materiali') sono tra di loro indipendenti e, quindi, nel noumeno non si può trovare alcuna ragione per evitare il problema...


CitazioneContrariamente a Spinoza (ma penso concordemente con quanto empiricamente osservabile direttamente e ricavabile dai resoconti introspettivi indirettamente) non credo che a "ogni preciso aspetto" della Sostanza Divina -per dirlo col grande olandese: per me del noumeno o cosa in sé- corrisponda sempre e comunque un preciso aspetto di ogni suo attributo -per me manifestazione fenomenica- ma invece che nelle varie esperienze fenomeniche coscienti solo una parte del noumeno abbia corrispondenze biunivoche materiali e una parte (ancora minore) ne abbia di materiali (ma questa "asimmetria" non mi sembra inficiare minimamente la teoria e piuttosto essere più adeguata a quanto empiricamente rilevabile); inoltre contrariamente al grande Spinoza mi limito a credere che esistano solo i due tipi di fenomeni (materiali e mentali) di fatto rilevabili e rilevati senza postularne infiniti altri non osservabili.


Tuttavia anche in questo caso, devi ammettere che alcuni dei "precisi aspetti" della "Sostanza Divina" siano la causa della mente. Infatti, ammettendo che ci siano altri aspetti non "rappresentati" otteniamo (ma in questo caso la corrispondenza non è più biunivoca...):

Y = {F('fenomeni materiali'),F('fenomeni mentali'),...}
dove "..." sono gli altri aspetti. Ora, se ammettiamo che, in qualche modo, la mente è insorta, dobbiamo dire che la ragione di tale insorgenza deve essere in questi "...". Ma questo, di fatto, equivale a dire che la ragione dell'insorgenza della mente è completamente ignota. In pratica, l'insorgenza della mente (e quindi anche dell'esperienza cosciente) sono completamente intelligibili. 

CitazioneSgiombo:
 
Solitamente in neurologia si ritiene che il sonno più profondo (R.E.M.) sia quelle in cui si sogna.
 
Ma "sonno senza sogni" =/= "assenza di coscienza".
 

Chiedo per semplice curiosità  :)
Ma il "sonno profondo" non è la fase NON-R.E.M. dove le attività cerebrali e metaboliche sono al minimo?  ::) E lo stato R.E.M non è, di fatto, quello più simile alla veglia dal punto di vista della attività?


Sgiombo:
 
La regolarità del divenire deve essere presente anche nel noumeno perché si possano spiegare con le corrispondenze biunivoche i rapporti fra cervello e coscienza e l' intersoggettività dei fenomeni materiali: tutte cose che (si assume indimostrabilmente) divengono regolarmente
 
Infatti per me quello della "matematica che funziona" non é assolutamente per niente affatto un problema ma qualcosa di del tutto ovvio.
Ma non per la corrispondenza biunivoca fra fenomeni e noumeno (che secondo me non c' entra per nulla), ma semplicemente perché la matematica pura é fatta di deduzioni logiche da astrazioni assiomatizzate di osservazioni concrete fisiche materiali (fenomeni materiali, quantitativamente misurabili).




In realtà, non è problematico se assumi che tali regolarità siano così "bene" rappresentabili da concetti matematici astratti come numeri immaginari, spazi di Hilbert ecc  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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