Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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Apeiron

Citazione di: sgiombo il 18 Ottobre 2018, 21:14:17 PM(Penso che Apeiron mi consideri fra quelli che hanno già risposto a questa sua domanda).

P.S.: pignoleria fastidiosa -lo so, ma non posso farci niente più che scusarmene: sono fatto così- "Apeiron" é neutro, e dunque, poiché mi sembra che il nostro ottimo interlocutore sia maschio, usandolo credo non attribuisca a sé la caratteristica alquanto megalomane -salvo autoironia- di essere "Infinito" ma faccia per così dire un omaggio" all' "indeterminato" di Anassimandro (non so se lo interpreto bene).  


Primo: sì, sei uno di quelli che ha già risposto (almeno in parte) alla domanda. La mia "esclusione" era più che altro intesa come un "non è necessario che venga ripetuto ciò che è già stato detto"  :) ovviamente, anche chi ha già risposto può ridire la propria (anche perché a volte ribadire lo stesso concetto porta a chiarimenti).


Secondo: sono un maschio... sulla genesi dello pseudonimo avevo già detto qualcosa qui (anche se per "farla breve" l'ho fatta troppo semplice). il bello di "Apeiron" è che un concetto "negativo", che dice "ciò che non è" (e a me il linguaggio "negativo"/"apofatico" piace moltissimo, mi dà un gran senso di libertà). In particolare,  è anche una dedica ad Anassimandro, che, secondo me, ha avuto il merito di aver introdotto nella filosofia greca un concetto estremamente "astratto": visto che la realtà "finita" è fatta di cose "determinate"/"definite", per Anassimandro il Principio degli esseri finiti doveva essere "oltre" tali determinazioni e quindi  "non determinato", "senza confini" (le "determinazioni" sono "confini" visto che "definiscono"...), "non definito" (e quindi "misterioso"), "non limitato", "non finito", "assoluto" (etimologicamente "assoluto" significa in realtà "slegato", "libero da vincoli"...) ecc in realtà, secondo me, pochi hanno raggiunto il grado di astrazione di Anassimandro (ad oggi non concordo con la filosofia Anassimandro, ma sono convinto che tale "non determinato" sia una "realtà" e non un "mero nulla"). Inoltre, vedo il mio approccio alla filosofia, alla religione/spiritualità, alla scienza, all'arte ecc (anche) come un tentativo di contemplare e di "aprirmi/abbandonarmi" all'infinito, all'ignoto, all'indeterminato (e quindi anche un anelito alla Libertà...) ecc  :)  (non escludo che in tutto ciò ci sia, effettivamente, un po' di megalomania...)  ;D


Cerco di rispondere alle altre cose in due-tre giorni! Ciao  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Citazione di: sgiombo il 18 Ottobre 2018, 22:08:39 PM
A me pare che la discussione iniziata da SamuelSilver (su mia "istigazione", per così dire) concernesse la filosofia della mente.

Concordo... secondo me la discussione sul "perché la scienza è valida" è ancora "in tema"  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

#347
Citazione di: Apeiron

... perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare ...

... Secondo voi il materialismo da solo è sufficiente per spiegare l'efficacia della scienza? (secondo me no - è uno dei motivi per cui ritengo il materialismo errato. Ero curioso di sentire se, secondo voi, il materialismo poteva spiegare l'efficacia della scienza.)


Anassimandro non avrebbe avuto dubbi, avendo usato in maniera del tutto materialistica la matematica a posteriori esattamente come l'aveva materialisticamente ereditata da mercanti che contavano pecore, staia di grano e anfore d'olio.* Perchè la matematica, checchè ne pensino i pitagorici e Platone, è nata proprio per questi usi. Ed anche quando ha dovuto includere il nulla e l'apeiron nei suoi calcoli, l'ha fatto in seguito a materialissime necessità di calcolo della scienza applicata. Il materialismo spiega benissimo la scienza, perchè la scienza è materialista fin dalla nascita essendo antitetica alle spiegazioni del reale fondate sui numi. Dai quali, nel corso dei secoli, si è (astrologia, alchimia, magia) e ci ha liberato (almeno dalle cose più pacchiane).

* C'è un ottimo libro dello scienziato-filosofo Carlo Rovelli su Anassimandro
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 22:39:44 PM
Anassimandro non avrebbe avuto dubbi, avendo usato in maniera del tutto materialistica la matematica a posteriori esattamente come l'aveva materialisticamente ereditata da mercanti che contavano pecore, staia di grano e anfore d'olio.* Perchè la matematica, checchè ne pensino i pitagorici e Platone, è nata proprio per questi usi. Ed anche quando ha dovuto includere il nulla e l'apeiron nei suoi calcoli, l'ha fatto in seguito a materialissime necessità di calcolo della scienza applicata. Il materialismo spiega benissimo la scienza, perchè la scienza è materialista fin dalla nascita essendo antitetica alle spiegazioni del reale fondate sui numi. Dai quali, nel corso dei secoli, si è (astrologia, alchimia, magia) e ci ha liberato (almeno dalle cose più pacchiane).
CARLO
A dire il vero, i numeri nascono come simboli sacri (di fatto, sono archetipi dell'ordine quantitativo). I Caldei e gli Egizi attorno al 3.000 a.c. hanno tramandato testimonianze scritte riguardanti la numerologia che veniva da loro considerata scienza sacra.
E la stessa scuola pitagorica, che fece della matematica una scienza, era una congregazione religiosa i cui adepti osservavano la pratica del celibato e varie ritualità di purificazione del corpo e dell'anima. Essi consideravano i numeri come le "lettere dell'alfabeto" con cui il Demiurgo creò il mondo.
 
Anzi, senti cosa ne pensa l'"esoterico" René Guénon:
 
<<...Le scienze profane, di cui il mondo moderno è così orgoglioso, altro non sono se non «residui» degenerati di antiche scienze tradizionali, così come la stessa quantità, a cui esse si sforzano di tutto ricondurre, non è, nella loro visione delle cose, se non il « residuo » di un'esistenza svuotata di tutto ciò che costituiva la sua essenza; è così che queste scienze, o pretese tali, lasciandosi sfuggire, oppure eliminando di proposito tutto ciò che veramente è essenziale, si rivelano in definitiva incapaci di fornire la spiegazione reale di qualsiasi cosa.
Allo stesso modo che la scienza tradizionale dei numeri è tutt'altra cosa dall'aritmetica profana dei moderni, sia pure con tutte le estensioni algebriche o d'altro genere di cui è suscettibile, così esiste anche una «geometria sacra» non meno profondamente diversa da quella scienza «scolastica», che oggi si designa con lo stesso nome di geometria.(...)
Cercheremo di far vedere in modo ancor più completo, e da un punto di vista più generale, quale sia la vera natura delle scienze tradizionali, e per conseguenza quale abisso le separi dalle scienze profane che ne sono come una caricatura ed una parodia; ciò permetterà di valutare la decadenza subita dalla mentalità umana nel passare dalle prime alle seconde, nonché di vedere, in rapporto alla situazione rispettiva dell'oggetto dei loro studi, come questa decadenza segua appunto strettamente la marcia discendente del ciclo percorso dalla nostra umanità>>.   [R. GUENON: Il Regno della quantità e i segni dei tempi - pg. 14-15]

 

Ipazia

Citazione di: Carlo Pierini il 18 Ottobre 2018, 23:53:16 PM

CARLO
A dire il vero, i numeri nascono come simboli sacri (di fatto, sono archetipi dell'ordine quantitativo). I Caldei e gli Egizi attorno al 3.000 a.c. hanno tramandato testimonianze scritte riguardanti la numerologia che veniva da loro considerata scienza sacra.
E la stessa scuola pitagorica, che fece della matematica una scienza, era una congregazione religiosa i cui adepti osservavano la pratica del celibato e varie ritualità di purificazione del corpo e dell'anima. Essi consideravano i numeri come le "lettere dell'alfabeto" con cui il Demiurgo creò il mondo.


... e con cui i faraoni costruivano le piramidi  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

#350
APEIRON
il bello di "Apeiron" è che un concetto "negativo", che dice "ciò che non è" (e a me il linguaggio "negativo"/"apofatico" piace moltissimo, mi dà un gran senso di libertà). In particolare,  è anche una dedica ad Anassimandro, che, secondo me, ha avuto il merito di aver introdotto nella filosofia greca un concetto estremamente "astratto": visto che la realtà "finita" è fatta di cose "determinate"/"definite", per Anassimandro il Principio degli esseri finiti doveva essere "oltre" tali determinazioni e quindi  "non determinato", "senza confini" (le "determinazioni" sono "confini" visto che "definiscono"...), "non definito" (e quindi "misterioso"), "non limitato", "non finito", "assoluto"

CARLO
Il tuo è un approccio ingenuo, cioè univoco, unilaterale, mentre il Principio può essere avvicinato "asintoticamente" solo per mezzo di paradossi, cioè, di attributi opposti complementari. Già ho accennato che esso, come Archè, come Causa originaria di tutto, dello spazio, del tempo e di ciò che essi contengono, è massimamente trascendente, al di fuori dello spazio e del tempo; ma come Legge delle cose create, come principio conservatore che mantiene in vita il Tutto, è onnipresente, cioè, massimamente immanente. Ciò coincide con l'idea di Dio inteso sia come Padre che come Figlio, o del Tao inteso sia come "eterno Tao" sia come le "diecimila cose" yin-yang immanenti, o della coppia Brahma e Visnu, intesi rispettivamente, come Creatore e Preservatore.
Infatti, il filologo Giovanni Semerano (L'infinito: un equivoco millenario) sottolinea che il termine ápeiron deriva dal semitico 'apar (polvere, terra), accadico eperu, biblico 'afar, e ricorda che in greco epeiros, dorico apeiros, eolico aperros, indica la terra, il fango.
Scrive Semerano:

«Da tempo immemorabile, circa ventitré secoli fa, il mondo culturale dell'Occidente subisce la sfida di quella voce, ápeiron, che l'antico pensatore milesio pose come una roccia scabra e grande a suggello della sua opera "Sulla natura" ed è più che una pietra di confine, è il viatico dall'eternità al nulla. I posteri che intesero 'illimitato', 'infinito', tradirono l'antica fede del filosofo nell'infinita maternità della terra che attende di raccogliere nel suo seno ciò che essa stessa ha prodotto». [G. SEMERANO: L'infinito: un equivoco millenario - pg. 56].

APEIRON
...etimologicamente "assoluto" significa in realtà "slegato", "libero da vincoli"... ecc.
in realtà, secondo me, pochi hanno raggiunto il grado di astrazione di Anassimandro (ad oggi non concordo con la filosofia Anassimandro, ma sono convinto che tale "non determinato" sia una "realtà" e non un "mero nulla"). Inoltre, vedo il mio approccio alla filosofia, alla religione/spiritualità, alla scienza, all'arte ecc. (anche) come un tentativo di contemplare e di "aprirmi/abbandonarmi" all'infinito, all'ignoto, all'indeterminato (e quindi anche un anelito alla Libertà...) ecc  :)  (non escludo che in tutto ciò ci sia, effettivamente, un po' di megalomania...)  ;D

CARLO
Ricordati delle due vie opposte-complementari, i due occhi dei saggi: quello del cuore e della libera contemplazione e quello dell'intelletto e della conoscenza. L'uno ispira, illumina e conferma l'altro.
E' un vero peccato che nella storia del pensiero umano si alterni il sacrificio dell'uno o dell'altro sull'altare del suo opposto.

Apeiron

#351
Citazione di: viator il 18 Ottobre 2018, 21:15:15 PM
Salve Apeiron. Circa "perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare", la matematica, oltre a presentare la caratteristica illustrata da Ipazia, fissa certe regolarità in modo da inscriverle in un sistema al cui interno le condizioni, a differenza che nella realtà, sono rigidamente fissate ed invarianti e non appunto discrete e fluttuanti.

Fissa cioè  le premesse perché il risultato sia loro conseguenza. E' quindi ovvio che funzioni.

Essa dice : viene creato l'ambito matematico il cui requisito esistenziale è che 1+1 faccia sempre 2.

Nella realtà invece può capitare che 1+1 faccia 2, 3, 4, 5 etc.
Succede con il sesso ed è funzione della fecondità di 1+1.
In biologia è anche peggio : nel caso della riproduzione cellulare potremo avere che 1-0.5=1 e 1:2=2.

Ciao Viator,

ci sono un po' di problemi qui. Ne cito due.

Primo: anche se fosse vero il "convenzionalismo" (la visione per la quale la matematica è una mera convenzione umana), rimane da dimostrare perché tali convenzioni si applicano così bene in certi casi.
Per esempio, anche se, ammettiamo che nel caso della riproduzione cellulare "1:1 = 2", ciò non toglie che, per esempio la Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio era uno degli indizi per cui la gravità Newtoniana era una teoria incompleta, per un errore estremamente piccolo. E, invece, la teoria di Einstein ha dato una predizione a tutti gli effetti "perfetta". Quindi, anche se in biologia non valesse, la matematica dei numeri reali dà ottime predizioni in fisica. Ergo, si deve ammettere che la materia sia sufficientemente "regolare" in modo da permetterci di fare così bene un'analisi quantitativa. A priori, questo è strano  :) E non solo per le ragioni citate da @sgiombo, ma più che altro perché - ammettendo di ragionevolmente accettare l'esistenza di queste regolarità - è piuttosto strano che se la matematica nasce da una semplice convenzione umana riusciamo a descrivere così bene l'evoluzione dei fenomeni. Quindi, la domanda rimane: qual è la ragione (=l'ipotesi più ragionevole) con cui possiamo spiegare la "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali" (cito Wigner)?

Secondo: a volte "innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?

Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 22:39:44 PM
Citazione di: Apeiron... perché secondo te la matematica riesce a dare predizioni così tanto accurate. Dopotutto, la matematica sembra essere una semplice creazione dell'intelletto umano e secondo me non è ovvio a priori che debba funzionare ... ... Secondo voi il materialismo da solo è sufficiente per spiegare l'efficacia della scienza? (secondo me no - è uno dei motivi per cui ritengo il materialismo errato. Ero curioso di sentire se, secondo voi, il materialismo poteva spiegare l'efficacia della scienza.)
Anassimandro non avrebbe avuto dubbi, avendo usato in maniera del tutto materialistica la matematica a posteriori esattamente come l'aveva materialisticamente ereditata da mercanti che contavano pecore, staia di grano e anfore d'olio.* Perchè la matematica, checchè ne pensino i pitagorici e Platone, è nata proprio per questi usi. Ed anche quando ha dovuto includere il nulla e l'apeiron nei suoi calcoli, l'ha fatto in seguito a materialissime necessità di calcolo della scienza applicata. Il materialismo spiega benissimo la scienza, perchè la scienza è materialista fin dalla nascita essendo antitetica alle spiegazioni del reale fondate sui numi. Dai quali, nel corso dei secoli, si è (astrologia, alchimia, magia) e ci ha liberato (almeno dalle cose più pacchiane). * C'è un ottimo libro dello scienziato-filosofo Carlo Rovelli su Anassimandro

Ciao Ipazia,

anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.

Per quanto riguarda Rovelli, so che apprezza molto il filosofo greco. E lo prende come esempio di pensatore originale. Se fosse stato solo un "uomo pratico" probabilmente non si sarebbe mai messo a speculare sull'origine delle cose, sul fatto che la Terra sia "sospesa nel vuoto", che "l'alto e il basso" sono concetti relativi spiegando perché erano relativi (= "relativi" nel senso che sono validi in determinate situazioni...) ecc. Questo tipo di speculazioni, per un greco antico che non aveva alcuna possibilità di verificarle empiricamente erano, appunto, speculazioni teoriche basate sull'assunto che la nostra ragione poteva riuscire, anche senza conoscenza empirica diretta, a comprendere le cose. Assunzione che, in realtà, la dice lunga sul filosofo (perché mai la "realtà materiale" dovrebbe essere comprensibile con ragionamenti umani?). Inoltre, lo stesso Rovelli apprezza molto la filosofia e ritiene che i filosofi possano aiutare la scienza.

Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico")  possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso,  si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Ottobre 2018, 11:31:28 AMAPEIRON il bello di "Apeiron" è che un concetto "negativo", che dice "ciò che non è" (e a me il linguaggio "negativo"/"apofatico" piace moltissimo, mi dà un gran senso di libertà). In particolare, è anche una dedica ad Anassimandro, che, secondo me, ha avuto il merito di aver introdotto nella filosofia greca un concetto estremamente "astratto": visto che la realtà "finita" è fatta di cose "determinate"/"definite", per Anassimandro il Principio degli esseri finiti doveva essere "oltre" tali determinazioni e quindi "non determinato", "senza confini" (le "determinazioni" sono "confini" visto che "definiscono"...), "non definito" (e quindi "misterioso"), "non limitato", "non finito", "assoluto" CARLO Il tuo è un approccio ingenuo, cioè univoco, unilaterale, mentre il Principio può essere avvicinato "asintoticamente" solo per mezzo di paradossi, cioè, di attributi opposti complementari. Già ho accennato che esso, come Archè, come Causa originaria di tutto, dello spazio, del tempo e di ciò che essi contengono, è massimamente trascendente, al di fuori dello spazio e del tempo; ma come Legge delle cose create, come principio conservatore che mantiene in vita il Tutto, è onnipresente, cioè, massimamente immanente. Ciò coincide con l'idea di Dio inteso sia come Padre che come Figlio, o del Tao inteso sia come "eterno Tao" sia come le "diecimila cose" yin-yang immanenti, o della coppia Brahma e Visnu, intesi rispettivamente, come Creatore e Preservatore. Infatti, il filologo Giovanni Semerano (L'infinito: un equivoco millenario) sottolinea che il termine ápeiron deriva dal semitico 'apar (polvere, terra), accadico eperu, biblico 'afar, e ricorda che in greco epeiros, dorico apeiros, eolico aperros, indica la terra, il fango. Scrive Semerano: «Da tempo immemorabile, circa ventitré secoli fa, il mondo culturale dell'Occidente subisce la sfida di quella voce, ápeiron, che l'antico pensatore milesio pose come una roccia scabra e grande a suggello della sua opera "Sulla natura" ed è più che una pietra di confine, è il viatico dall'eternità al nulla. I posteri che intesero 'illimitato', 'infinito', tradirono l'antica fede del filosofo nell'infinita maternità della terra che attende di raccogliere nel suo seno ciò che essa stessa ha prodotto». [G. SEMERANO: L'infinito: un equivoco millenario - pg. 56]. APEIRON ...etimologicamente "assoluto" significa in realtà "slegato", "libero da vincoli"... ecc. in realtà, secondo me, pochi hanno raggiunto il grado di astrazione di Anassimandro (ad oggi non concordo con la filosofia Anassimandro, ma sono convinto che tale "non determinato" sia una "realtà" e non un "mero nulla"). Inoltre, vedo il mio approccio alla filosofia, alla religione/spiritualità, alla scienza, all'arte ecc. (anche) come un tentativo di contemplare e di "aprirmi/abbandonarmi" all'infinito, all'ignoto, all'indeterminato (e quindi anche un anelito alla Libertà...) ecc :) (non escludo che in tutto ciò ci sia, effettivamente, un po' di megalomania...) ;D CARLO Ricordati delle due vie opposte-complementari, i due occhi dei saggi: quello del cuore e della libera contemplazione e quello dell'intelletto e della conoscenza. L'uno ispira, illumina e conferma l'altro. E' un vero peccato che nella storia del pensiero umano si alterni il sacrificio dell'uno o dell'altro sull'altare del suo opposto.

Ciao Carlo,

Secondo me, invece, non è poi così "ingenuo" anche se penso di capire e rispetto il tuo punto di vista.

I problemi con la tua visione sono, ad esempio:
1) il principio di complementarità potrebbe non spiegare tutto (come dicevo, concordo che "c'è della verità", se vuoi ammetto anche che c'è veramente "molta più verità di quello che si crede" in quel "ragionamento". Però, mi sembra un po' eccessivo pensare che "spiega così tanto" come pensi tu...)
2) se tale Principio è trascendente su di esso con la sola ragione possiamo dire niente di sicuro (su cosa si basterebbero i ragionamenti, su quali assiomi? ) . Ergo, l'unico modo per conoscerlo veramente è "averne esperienza diretta". Per chi non ha avuto queste "esperienze", ammesso che ci siano e che la loro interpretazione sia "corretta", quello che rimane è "avere fede" nella esperienza altrui (ciò vale anche per le Rivelazioni o le "Ispirazioni Divine", visto che in fin dei conti anche se deriverebbero da un "intervento esterno", vengono "vissute", "sperimentate").
3)  le stesse "spiegazioni" del "perché esiste qualcosa?" che partono da un Principio non sono comunque, secondo me, totalmente convincenti. Pensa all'emanazione di Plotino. Plotino spiega che l'Uno è "sovrabbondante" e quindi deve per forza "emanare". Ma è una spiegazione pienamente convincente?  ::) oppure secondo Spinoza tutti i modi derivano da Dio come le conseguenze di un teorema derivano dal teorema stesso. Ma...come deriva? Perché la realtà deve seguire così fedelmente il ragionamento (ammesso che non sia inconsistente)? Oppure usando Platone: cosa significa che gli universali "partecipano" nei particolari? Come avviene tale "partecipazione"? Onestamente, non mi sembrano così "convincenti" razionalmente. Secondo me si deve sempre ammettere un lato "incomprensibile" o "misterioso", qualsiasi filosofia scegli. Perché ci deve essere per forza un Principio e non possiamo invece ammettere che forse c'è la "regressione infinita" (la quale ha anch'essa i suoi problemi...)?  (nel film Ghost in the Shell si dice: "once you start doubting, there is no end to it" - "quando si inizia a dubitare, non c'è una fine").
4) non ci vedo altra via quindi che affermare la nostra ignoranza su moltissime questioni (ah, non credo che nessuna religione sia interamente "apofatica" o "catafatica". Ovviamente, alcune si concentrano su uno e danno meno importanza all'altro ecc). Non ho mai detto che non si possa dire niente. Solamente che, senza "atti di fede", questioni come "qual è l'origine delle cose" ecc rimangono tutti indimostrabili ecc. Personalmente preferisco l'apofatismo perché, in fin dei conti, se il "Trascendente" è "fuori dalla realtà ordinaria", esso non può essere che "ineffabile" (ad esempio, se diciamo che è "fuori dal tempo" non ho alcuna obiezione a dire che è "eterno" e quindi darne una "descrizione positiva" per così dire. Ma tale descrizione positiva deriva da una negazione.). Ammetto di avere fede nel dire che tale "Trascendente" non è un "mero nulla". Secondo me, però la ragione (senza rivelazioni ecc) può solo dire che se tale "Trascendente" non è un "mero nulla" può solo dire "cosa non è" (a-spaziale, a-temporale...). Inoltre, l'apofatismo permette di evitare forme di dogmatismo, di essere "sicuri" su ciò di cui non si può esserlo ecc ecc (se poi uno vuole anche avere "fede" è un altro discorso. 

Dunque, Carlo, tu credi nel Principio di Complementarità perché lo consideri "ragionevole" (e quindi ammetti spazio anche alla "fede")? O ritieni che si possa dimostrare? Questa sicurezza si basa solo sui ragionamenti o si deve, necessariamente, basare, almeno in parte, su esperienze "straordinarie", sull'interpretazione di tali esperienze proprie o altrui ecc? Ritieni che la sola ragione è sufficiente? 

L'intelletto è importantissimo anche nel buddhismo, per esempio. Tuttavia, nelle religioni è sempre "subordinato" all'"esperienza". La teologia si basa sulla fede nella verità della Rivelazione (senza il supporto delle Scritture, anche la "più alta teologia" non sarebbe teologia). Può essere usato per dare argomentazioni a favore. Ma, secondo me, non potrà mai dimostrare.

Come vedi, la discussione sarebbe lunghissima (motivo per cui non intendevo continuarla qui e ora). Ergo, io rispetto il tuo punto di vista e ti ringrazio dei consigli. Mi fa piacere "studiarlo". Ma se non mi convince pienamente, penso di avere buone ragioni...  :) Ma come dice la citazione di Ghost in the Shell "[al dubbio] non c'è mai fine". Lo riconosco. E siccome un approccio più "apofatico" richiede meno "dogmatismo" di uno "catafatico" preferisco un approccio più sbilanciato verso l'apofatismo (in verità, ci sono alcuni che vanno oltre il mio approccio apofatico e rinunciano a praticamente tutta "la via positiva" mantenendo un silenzio estremo...).


Su Anassimandro, avevo sentito l'interpretazione di Semeraro in terza superiore. Pur non essendo d'accordo ammetto che è interessante.

Purtroppo, ritengo che abbia varie difficoltà. Per esempio, Eraclito dice: "andando, non puoi trovare i confini (peirata) dell'anima. Così profondo è il suo logos" (frammento DK22 B 45). Senofane parla anch'egli dell'apeiron nel senso di "infinito". Ergo, sono dell'idea che la "lettura classica" di "apeiron" è corretta. Tutti i commentatori greci non hanno mai menzionato "la terra". Mi pare che ci siano forti indizi per la "lettura classica". Di nuovo, come dice la citazione di Ghost in The Shell "[al dubbio] non c'è mai fine".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Per Carlo, 

Ci sono anche altri problemi volendo. Le "applicazioni" della complementarità sono tante. Ma questo non significa che esse siano uguali o che una di esse non sia vera. Inoltre, la somiglianza nelle descrizioni non implica che siano veramente simili (pensa al sale e allo zucchero. Sono bianchi, hanno una forma simile ma se li assaggi sono duversi ;D).

Quello che voglio dire, è che secondo me il tuo sistema è molto interessante. Non concordo però che sia così "evidente"... (e non ho capito se per te è dimostrabile con la sola ragione oppure con ragione ed analisi dell'esperienza "ordinaria"  :)) 
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

#353
Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 12:46:21 PM


Ciao Viator,

ci sono un po' di problemi qui. Ne cito due.

Primo: anche se fosse vero il "convenzionalismo" (la visione per la quale la matematica è una mera convenzione umana), rimane da dimostrare perché tali convenzioni si applicano così bene in certi casi.
Per esempio, anche se, ammettiamo che nel caso della riproduzione cellulare "1:1 = 2", ciò non toglie che, per esempio la Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio era uno degli indizi per cui la gravità Newtoniana era una teoria incompleta, per un errore estremamente piccolo. E, invece, la teoria di Einstein ha dato una predizione a tutti gli effetti "perfetta". Quindi, anche se in biologia non valesse, la matematica dei numeri reali dà ottime predizioni in fisica. Ergo, si deve ammettere che la materia sia sufficientemente "regolare" in modo da permetterci di fare così bene un'analisi quantitativa. A priori, questo è strano  :) E non solo per le ragioni citate da @sgiombo, ma più che altro perché - ammettendo di ragionevolmente accettare l'esistenza di queste regolarità - è piuttosto strano che se la matematica nasce da una semplice convenzione umana riusciamo a descrivere così bene l'evoluzione dei fenomeni. Quindi, la domanda rimane: qual è la ragione (=l'ipotesi più ragionevole) con cui possiamo spiegare la "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali" (cito Wigner)?

Secondo: a volte "innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?


Ciao Ipazia,

anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.

Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico")  possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso,  si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).

Ciao, Apeiron.

Concordo pienamente con quasi tutto ciò che obietti ai tre interlocutori in questo intervento (anche a CarloPierini; ho tagliato la tua risposta a quest' ultimo perché non ho proprio nulla da obiettarvi).

L' unica osservazione che mi sento di rivolgerti é che per parte mia non ho mai trovato nulla si problematico o di "strano" nell' applicabilità della matematica al modo fisico; anche nei casi di teorizzazioni matematiche elaborate prima di "trovare" aspetti del divenire naturale a i quali dopo si possono applicare.
Se il divenire naturale é "ordinato" e non caotico, cioé se é mutamento parziale - relativo ovvero fissità parziale - relativa (una sorta di "sintesi dialettica" fra mutamento assoluto - integrale (ovvero caotico) -tesi- e fissità assoluta - integrale (parmenidea - severiniana) -antitesi- e se la realtà materiale - naturale é misurabile rilevando rapporti esprimibili mediante numeri fra i suoi "oggetti" (enti ed eventi concreti o loro caratteristiche astratte; e questo é indubbio, immediatamente constatabile empiricamente, mentre l' ordine del suo divenire, come anche la sua intersoggettività, non é né mostrabile empiricamente né dimostrabile logicamente), allora che le astrazioni matematiche, oltre ad esserne di fatto state ricavate (ma non "di diritto" dimostrate empiricamente ovvero sinteticamente a posteriori bensì logicamente ovvero analiticamente a priori), vi si possano applicare (cioè riconoscere il fatto che, seppure preventivamente elaborate ipoteticamente "a ruota libera" per così dire, sono in linea teorica, di principio da essa astraibili) mi sembra quanto di più ovvio e meno stupefacente possa darsi.

E divenire ordinato, intersoggettività e misurabilità sono aspetti che si possono considerare reali di fatto (anche se non tutti dimostrabili; alcuni meramente per fede) del mondo fenomenico materiale (della natura materiale - naturale).
E come ben dici (soprattutto rispondendo a CarloPieirni) non avrebbe senso chiedersene il "perché"; anche perché -ma che schifo di gioco di parole!- ne deriverebbe inevitabilmente un regresso all' infinito: per parafrasare Pirandello, "così é se vi pare", e anche se non vi pare.

Apeiron

Citazione di: sgiombo il 20 Ottobre 2018, 15:44:58 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 12:46:21 PM


Ciao Viator,

ci sono un po' di problemi qui. Ne cito due.

Primo: anche se fosse vero il "convenzionalismo" (la visione per la quale la matematica è una mera convenzione umana), rimane da dimostrare perché tali convenzioni si applicano così bene in certi casi.
Per esempio, anche se, ammettiamo che nel caso della riproduzione cellulare "1:1 = 2", ciò non toglie che, per esempio la Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio era uno degli indizi per cui la gravità Newtoniana era una teoria incompleta, per un errore estremamente piccolo. E, invece, la teoria di Einstein ha dato una predizione a tutti gli effetti "perfetta". Quindi, anche se in biologia non valesse, la matematica dei numeri reali dà ottime predizioni in fisica. Ergo, si deve ammettere che la materia sia sufficientemente "regolare" in modo da permetterci di fare così bene un'analisi quantitativa. A priori, questo è strano  :) E non solo per le ragioni citate da @sgiombo, ma più che altro perché - ammettendo di ragionevolmente accettare l'esistenza di queste regolarità - è piuttosto strano che se la matematica nasce da una semplice convenzione umana riusciamo a descrivere così bene l'evoluzione dei fenomeni. Quindi, la domanda rimane: qual è la ragione (=l'ipotesi più ragionevole) con cui possiamo spiegare la "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali" (cito Wigner)?

Secondo: a volte "innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?


Ciao Ipazia,

anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.

Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico")  possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso,  si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).

Ciao, Apeiron.

Concordo pienamente con quasi tutto ciò che obietti ai tre interlocutori in questo intervento (anche a CarloPierini; ho tagliato la tua risposta a quest' ultimo perché non ho proprio nulla da obiettarvi).

L' unica osservazione che mi sento di rivolgerti é che per parte mia non ho mai trovato nulla si problematico o di "strano" nell' applicabilità della matematica al modo fisico; anche nei casi di teorizzazioni matematiche elaborate prima di "trovare" aspetti del divenire naturale a i quali dopo si possono applicare.
Se il divenire naturale é "ordinato" e non caotico, cioé se é mutamento parziale - relativo ovvero fissità parziale - relativa (una sorta di "sintesi dialettica" fra mutamento assoluto - integrale (ovvero caotico) -tesi- e fissità assoluta - integrale (parmenidea - severiniana) -antitesi- e se la realtà materiale - naturale é misurabile rilevando rapporti esprimibili mediante numeri fra i suoi "oggetti" (enti ed eventi concreti o loro caratteristiche astratte; e questo é indubbio, immediatamente constatabile empiricamente, mentre l' ordine del suo divenire, come anche la sua intersoggettività, non é né mostrabile empiricamente né dimostrabile logicamente), allora che le astrazioni matematiche, oltre ad esserne di fatto state ricavate (ma non "di diritto" dimostrate empiricamente ovvero sinteticamente a posteriori bensì logicamente ovvero analiticamente a priori), vi si possano applicare (cioè riconoscere il fatto che, seppure preventivamente elaborate ipoteticamente "a ruota libera" per così dire, sono in linea teorica, di principio da essa astraibili) mi sembra quanto di più ovvio e meno stupefacente possa darsi.

E divenire ordinato, intersoggettività e misurabilità sono aspetti che si possono considerare reali di fatto (anche se non tutti dimostrabili; alcuni meramente per fede) del mondo fenomenico materiale (della natura materiale - naturale).
E come ben dici (soprattutto rispondendo a CarloPieirni) non avrebbe senso chiedersene il "perché"; anche perché -ma che schifo di gioco di parole!- ne deriverebbe inevitabilmente un regresso all' infinito: per parafrasare Pirandello, "così é se vi pare", e anche se non vi pare.


Ciao sgiombo,

bene o male concordo con quanto dici. 

Con un po' precisazioni però. 


  • Secondo me il materialismo non riesce a dare una spiegazione delle regolarità. Inversamente, ad esempio, un platonico potrebbe dare la risposta della partecipazione dell Forme che, seppur problematica per certi versi, è un tentativo, un'ipotesi. E, spesso, mi pare che chi fa questo tipo di ipotesi si rende conto che sono ipotesi. Quello che mi sembra di vedere a volte, è che tra i materialisti non ci si rende conto che anche il materialismo è una ipotesi e inoltre spesso si sente dire che le "altre ipotesi" sono falsificate dalla scienza (cosa che è impossibile...). Ma su questo concordi  ;) 
  •  La straordinaria precisione della matematica - aldilà dei vari scetticismi filosofici che ci fanno capire la limitatezza della nostra ragione - ci induce a fare la ragionevolissima ipotesi che riusciamo a conoscere molto bene la realtà materiale. Ora, se ci sono regolarità e la matematica le "approssima" così bene, questo significa che, secondo me, in un certo senso la matematica si scopre. Magari non nel modo ipotizzato da Platone, ma, ad ogni modo, significa che sia il nostro ragionamento che la realtà materiale hanno regolarità affini, altrimenti non potremmo capirle.
  • Il problema dei numeri complessi è che... tutte le osservabili - anche in meccanica quantistica - sono numeri reali, non complessi. Nelle osservazioni non comparirà mai un numero complesso. Quindi empiricamente non c'è una vera ragione per introdurli. Eppure, la meccanica quantistica li richiede (o per lo meno, non sono a conoscenza di formulazioni che non li richiedono). Se non si usano i numeri complessi, la meccanica quantistica non si può fare (i numeri complessi compaiono anche nelle trasformate di Fourier utilizzate in elettronica classica e nella teoria delle onde classiche... la differenza è che in questi casi, è semplice questione di formalismo. Non sono necessari). I numeri complessi, perciò non possiamo "scoprire" i numeri complessi con le osservazioni. 
  • Ad essere sincero (su quanto dici alla fine), sono ben aperto a domandarsi il "perché" ed anche a tentare di formulare una risposta (o accettarne una). Quello che volevo dire è che, in pratica, la ragione da sola non può decidere. Così come non può decidere il solo studio dei testi, della scienza ecc. Con la ragione semmai, si arriva allo scetticismo. Non è futile cercare di andare oltre. Però, secondo me, se si vuole andare oltre si deve almeno in parte procedere per fede o per quelle "esperienze straordinarie" di cui parlavo (ed eventualmente le loro interpretazioni). [Personalmente, credo che queste "esperienze" si somigliano veramente, ovvero che ci sia veramente "qualcosa di analogo". Ma ammetto che lo dico perché lo "credo"/"ipotizzo", non perché lo "so"...]

Per fare un esempio l'antinomia della causalità temporale (che è una sottospecie di "causalità"): 

  • Se si ha un inizio nella catena causale temporale, tale inizio richiede un salto logico (ad es: una causa non causata (Causa Prima)...).
  • Se non c'è un inizio, allora si deve accettare che la catena causale non ha un inizio nel tempo. Ma se non vi è stato inizio, deve essere passata un'infinità di tempo prima di arrivare ad oggi. 
Come vedi, la logica qui arriva all'antinomia. E la scelta si fa per "fede", o magari perché una delle ipotesi risulta più "ragionevole"  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Correzione: "tutte le osservabili - anche in meccanica quantistica - sono numeri reali, non complessi. Nelle osservazioni non comparirà mai un numero complesso" NO. Volevo dire che "tutti i risultati delle misure - anche in meccanica quantistica - sono numeri reali, non complessi. elle osservazioni non comparirà mai un numero complesso"". Per "osservabile" in fisica si intende la "grandezza fisica" (le quali in meccanica quantistica sono operatori).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Carlo Pierini

#356
APEIRON
I problemi con la tua visione sono, ad esempio:
1) il principio di complementarità potrebbe non spiegare tutto (come dicevo, concordo che "c'è della verità", se vuoi ammetto anche che c'è veramente "molta più verità di quello che si crede" in quel "ragionamento". Però, mi sembra un po' eccessivo pensare che "spiega così tanto" come pensi tu...)
Perché ci deve essere per forza un Principio e non possiamo invece ammettere che forse c'è la "regressione infinita" (la quale ha anch'essa i suoi problemi...)?  (nel film Ghost in the Shell si dice: "once you start doubting, there is no end to it" - "quando si inizia a dubitare, non c'è una fine").

CARLO
Perché ti sembra "eccessivo"? Forse perché hai stabilito a-priori che non debba esistere alcun principio universale super-disciplinare? ...E che dunque qualsiasi concetto che si presenti come tale, deve essere considerato illusorio?
Io, invece seguo la logica opposta. Se osservo:

1 - che la scienza è una complementarità di opposti di grande valore epistemico tra metafisica e fisica (filosofia e mondo, logica/matematica e fenomeni fisici);
2 - che in psicologia Jung ha scritto venti volumi per mostrare gli innumerevoli aspetti nei quali le dinamiche dell'anima umana si configurano come complementarità di opposti;
3 - che in neurobiologia il problema mente-cervello risulta molto più coerente con l'osservazione se lo si concepisce come una complementarità di opposti;
4 - che la simbologia si fonda sul principio di analogia che è una conseguenza diretta del Principio di complementarità;
5 - che persino la virtù e la giurisprudenza son essenzialmente delle complementarità di qualità/entità opposte;
6 - che l'archetipo della complementarità è in assolto il più diffuso nella storia del pensiero umano (taoismo, alchimia, dialettica, mitologia, ritualità, ecc.);
7 - ....ecc., ecc... (ci sono molte altre osservazioni che supportano la fondatezza del Principio);

...allora l'ipotesi che la Complementarità sia un Principio universale non è più una possibilità astratta, ma un'ipotesi molto più ragionevole e più fondata della tua "regressione infinita" e dei tuoi "dubbi senza fine", i quali sono determinanti solo se applicati a elucubrazioni astratte, ma perdono ogni valore di fronte ad osservazioni di fatti oggettivi che supportano l'ipotesi.

APEIRON
2) se tale Principio è trascendente su di esso con la sola ragione possiamo dire niente di sicuro (su cosa si basterebbero i ragionamenti, su quali assiomi? ). Ergo, l'unico modo per conoscerlo veramente è "averne esperienza diretta".

CARLO
Dei principi della fisica, per esempio, non si ha esperienza diretta, poiché non sono fenomeni, ma trascendono i fenomeni. Tuttavia è possibile risalire ad essi attraverso l'osservazione comparata dei fenomeni e attraverso l'astrazione intellettuale. Ecco, per il Principio di complementarità vale lo stesso discorso.
Insomma, tu continui a scambiare un'ipotesi fondata sull'osservazione con una possibilità filosofica pura che, come tale, avrebbe lo stesso valore (fideistico) della sua negazione (la "regressione infinita").

APEIRON
3)  le stesse "spiegazioni" del "perché esiste qualcosa?" che partono da un Principio non sono comunque, secondo me, totalmente convincenti.

CARLO
La spiegazione, per esempio, del principio di conservazione della materia-energia (proprio come quella del Principio di complementarità) non sono le stesse del "perché esiste qualcosa?", ma si fondano sull'osservazione delle innumerevoli modalità reali secondo cui l'energia si conserva trasformandosi.

APERON
Oppure usando Platone: cosa significa che gli universali "partecipano" nei particolari? Come avviene tale "partecipazione"? Onestamente, non mi sembrano così "convincenti" razionalmente. Secondo me si deve sempre ammettere un lato "incomprensibile" o "misterioso", qualsiasi filosofia scegli.

CARLO
Come avviene che il principio di conservazione della materia-energia partecipi ad ogni trasformazione energetica? Non lo sappiamo, ma ciò non toglie nulla alla sua esistenza e alla sua piena validità.

APERON
Dunque, Carlo, tu credi nel Principio di Complementarità perché lo consideri "ragionevole" (e quindi ammetti spazio anche alla "fede")? O ritieni che si possa dimostrare? Questa sicurezza si basa solo sui ragionamenti o si deve, necessariamente, basare, almeno in parte, su esperienze "straordinarie", sull'interpretazione di tali esperienze proprie o altrui ecc? Ritieni che la sola ragione è sufficiente?

CARLO
Ritengo che si possa dimostrare nello stesso modo (mutatis mutandis) in cui si dimostra la validità del principio di conservazione: mostrando la sua conformità con i fatti osservati, con l'esperienza. L'esperienza "straordinaria" che ho avuto è solo indicativa, non dimostrativa.

APEIRON
Su Anassimandro, avevo sentito l'interpretazione di Semeraro in terza superiore. Pur non essendo d'accordo ammetto che è interessante.

CARLO
Nemmeno io sono d'accordo con la sua sola interpretazione unilaterale apeiron=terra separata dall'interpretazione opposta complementare apeiron=infinito. Solo insieme esse esprimono la natura paradossale del Principio (specificando i diversi rispetti dell'una e dell'altra).

APEIRON
Ci sono anche altri problemi volendo. Le "applicazioni" della complementarità sono tante. Ma questo non significa che esse siano uguali o che una di esse non sia vera. Inoltre, la somiglianza nelle descrizioni non implica che siano veramente simili (pensa al sale e allo zucchero. Sono bianchi, hanno una forma simile ma se li assaggi sono dIversi ;D).
Quello che voglio dire, è che secondo me il tuo sistema è molto interessante. Non concordo però che sia così "evidente"... (e non ho capito se per te è dimostrabile con la sola ragione oppure con ragione ed analisi dell'esperienza "ordinaria").

CARLO
Se avessi letto tutti i miei interventi, avresti capito che il Principio non si fonda né sull'esperienza "straordinaria" personale, nella sulla ragione pura, ma sulla ragione applicata all'osservazione dei fatti.

Ipazia

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 12:46:21 PM

Ciao Ipazia,

anche se così fosse resterebbero i problemi di cui sopra (vedi la risposta a Viator). Anzi, sarebbe anche "peggio"! In fin dei conti, se anche la matematica fosse stata "ideata" per tali motivi pratici, ciò non toglie che rimane da spiegare perché una "mera convenzione umana" fa eccellenti predizioni sulla "realtà materiale", la quale, si suppone, essere indipendente dalle nostre menti (o da eventuali altre menti - sto, infatti, supponendo qui ai fini della discussione che il materialismo sia vero e che, di conseguenza, le nostre menti e quindi anche le loro convenzioni siano dipendenti dalla materia, la quale è, invece, indipendente da esse. Il materialismo (quello "solito", per lo meno), inoltre, esclude a priori la possibilità che per esempio le "verità matematiche" o "le leggi della fisica" siano "realtà"...). Dunque, anche se Pitagora e Platone fossero in errore nel dire qual è stata l'origine della matematica, rimane da spiegare perché, in fin dei conti funziona così bene tanto che in realtà non solo gli strumenti matematici sono utilissimi a fare predizioni accurate ma anche che concetti matematici astratti, come i numeri complessi, alla fine diventano essenziali alle teorie della fisica. Secondo me, Anassimandro avrebbe avuto dubbi.
Guarda che i conti tornavano anche quando si contava in stadi e stai. Alla fine si è imposto il sistema decimale per la sua praticità. Se la matematica era così "trascendentale" il sistema decimale si sarebbe imposto subito e non avremmo dovuto aspettare gli arabi che ci trasmisero lo zero prendendolo dagli indiani. Il che è una bella sconfessione della concezione pitagorico-platonica della matematica: guardando le stelle metafisiche sono caduti nella buca dello zero. Che alcuni calcoli fisici si servano dei numeri complessi non significa nulla più del fatto che una funzione che pareva avere solo un significato matematico alla fine è tornata utile anche in calcoli di fisica. Oggi è una guerra per matematizzare la teoria del Tutto: stringhe e matematiche non euclidee a gogò. Peccato che dietro non ci stia alcuna matematica trascendente che riveli la verità, detta anche noumeno, ai nostri poveri fisici.  ;D

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 12:46:21 PM

Per quanto riguarda Rovelli, so che apprezza molto il filosofo greco. E lo prende come esempio di pensatore originale. Se fosse stato solo un "uomo pratico" probabilmente non si sarebbe mai messo a speculare sull'origine delle cose, sul fatto che la Terra sia "sospesa nel vuoto", che "l'alto e il basso" sono concetti relativi spiegando perché erano relativi (= "relativi" nel senso che sono validi in determinate situazioni...) ecc. Questo tipo di speculazioni, per un greco antico che non aveva alcuna possibilità di verificarle empiricamente erano, appunto, speculazioni teoriche basate sull'assunto che la nostra ragione poteva riuscire, anche senza conoscenza empirica diretta, a comprendere le cose. Assunzione che, in realtà, la dice lunga sul filosofo (perché mai la "realtà materiale" dovrebbe essere comprensibile con ragionamenti umani?). Inoltre, lo stesso Rovelli apprezza molto la filosofia e ritiene che i filosofi possano aiutare la scienza.
La cosmogonia è il problema della scienza, la sua archè. L'alternativa sono i numi, che nessun "scienziato", neppure all'epoca di Anassimandro, poteva accettare. Oggi abbiamo il big-bang. La grandezza di Anassimandro, al pari dell'atomismo di Democrito, è di essersi sganciato dal paradigma dell'epoca: acqua-aria-terra-fuoco.

Citazione di: Apeiron il 20 Ottobre 2018, 12:46:21 PM

Il punto, Ipazia, è che secondo me il materialismo usa la scienza come "prova" della sua validità ma non dà alcun argomento convincente sul perché la scienza, che è nata dal ragionamento (non solo "matematico")  possa essere così efficace. Un teista o un deista, per esempio, direbbe semplicemente che la materia è stata "creata ed ordinata" da Dio. Un platonico direbbe che le regolarità che osserviamo "rimandano" alle Forme/Idee. Il materialismo, invece, pur non potendo usare la scienza per rifiutare spiegazioni "non materialistiche" delle regolarità materiali non ne fornisce alcuna e, inoltre, spesso si basa sull'idea che la scienza elimina ogni altra prospettiva (ben diverso, sarebbe, una sorta di agnosticismo o scetticismo. In questo caso,  si direbbe che è una questione irrisolvibile. Ma lo scetticismo non è materialismo. Il materialismo è una ben precisa tesi).

Dice niente che oltre il 90% degli scienziati sia ateo ? Che, al di fuori dei sofismi, si sposa perfettamente col materialismo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

#358
cit,Ipazia:
Dice niente che oltre il 90% degli scienziati sia ateo ? Che, al di fuori dei sofismi, si sposa perfettamente col materialismo.

Non è esattamente così.
Una ricerca sociologica della Rice University, condotta da Elaine Howard Ecklund, che ha studiato e analizzato la posizione religiosa di migliaia di scienziati dimostrerebbe che nella loro vita è assolutamente compatibile la presenza della fede religiosa e dell'indagine scientifica.
Nel 2015 è stata presentata l'ultima indagine di questo filone: concentrandosi esclusivamente su fisici e biologi, è stato loro inviato un sondaggio al quale hanno risposto in 10.000 circa (su 609 dei quali sono state svolte approfondite interviste qualitative). Sono stati intervistati solamente scienziati di Hong Kong, India, Italia, Taiwan, Turchia, Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Il dato interessante è che, tranne in Francia e Regno Unito, in tutti gli altri Paesi analizzati gli scienziati che credono in Dio sono più numerosi di quelli che si definiscono atei o agnostici. In Italia, ad esempio, quasi il 60% dei fisici e biologi crede in Dio mentre soltanto il 20% è ateo e il 23% agnostico. Più numerosi gli scienziati credenti, seppur di poco, anche negli Stati Uniti: il 36% afferma di credere in Dio contro il 35% degli atei e il 29% degli agnostici.
Nel Regno Unito e in Francia sono invece maggiori gli scienziati che non credono in Dio, mentre dati completamente opposti si trovano in Turchia (85% degli scienziati è credente contro il 6% di atei e il 9% di agnostici), in India(79% contro 11% di atei e agnostici), a Taiwan (74% contro 14% e 15%) e Hong Kong (54% contro 26% e 20%). Sbaglierebbe chi volesse trascurare i dati emersi nei Paesi non occidentali,  infatti  la Cina  è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, nella classifica delle nazioni con la miglior qualità di ricerca scientifica. L'India è 13esima, dietro l'Italia (8°) ma davanti a Paesi come Olanda, Russia, Belgio e Finlandia.
Da questo studio gli scienziati intervistati tendono ad avere una percentuale di affiliazione religiosa inferiore rispetto al totale della popolazione. Se gli italiani affiliati religiosamente sono infatti l'88%, gli scienziati che professano una religione sono il 63%. Non essere affiliati religiosamente, ovviamente, non equivale a non credere in Dio. «Nella maggior parte delle regioni», hanno spiegato i ricercatori, «gli scienziati risultano essere più laici rispetto alla popolazione generale. Tuttavia gli scienziati non credono che la scienza abbia un influsso secolarizzante; invece, la maggior parte pensa che religione e scienza operino in sfere separate. La nostra ricerca rivela che, anche nel più laico dei contesti, scienza e religione in genere non sembrano essere in conflitto nella vita dei singoli scienziati».
In un'indagine del 2014, sempre della Rice University, è stato rilevato che negli Stati Uniti, su 10.000 scienziati americani li 18% frequenta servizi religiosi settimanalmente, rispetto al 20% della popolazione generale degli Stati Uniti; il 15% si considera molto religioso, contro il 19% della popolazione generale degli Stati Uniti; il 13,5% legge settimanalmente testi religiosi, contro il 17% della popolazione degli Stati Uniti e il 19% degli scienziati prega più volte al giorno, contro il 26% della popolazione degli Stati Uniti. Dunque le percentuali di credenti e del loro impegno religioso sono piuttosto simili tra gli scienziati americani e la popolazione generale.

Gianpaolo Bellini, ordinario di Fisica Nucleare e Subnucleare presso l'Università degli Studi di Milano, dice: «Sono un fisico delle particelle elementari e credo che una logica così enormemente estesa non possa essere casuale. Dietro alla forma e all'ordine dell'universo c'è, secondo me, un input. Se alcuni dati della natura fossero stati anche solo minimamente diversi da quel che sono, la vita sulla Terra non sarebbe stata possibile». Gli ha fatto eco il noto fisico Lucio Rossi, cattolico praticante e tra i responsabili del CERN di Ginevra: «Mi sono convinto che l'ipotesi che tutto sia nato per caso è molto più difficile da accettare che non l'esistenza di Dio. Al Cern siamo in molti credenti, e non solo cristiani».
Fonte: 'Repubblica'

Gli scienziati dell'Indian Institute of Science di Bangalore ogni mattina si recano al tempio a pregare, a tracciarsi il segno della casta alla quale appartengono sulla fronte e dopo vanno all'università a scrivere saggi e trattati sulla teoria dei quanti.

Senza frontiere-Suketu Mehta- 2010
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

viator

#359
Salve Apeiron.
Citazione........ammettendo di ragionevolmente accettare l'esistenza di queste regolarità - è piuttosto strano che se la matematica nasce da una semplice convenzione umana riusciamo a descrivere così bene l'evoluzione dei fenomeni. Quindi, la domanda rimane: qual è la ragione (=l'ipotesi più ragionevole) con cui possiamo spiegare la "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali" (cito Wigner)?
CitazioneQuando stabiliamo che 12+7=19 noi stiamo ragionando di cause ed effetti. Attribuendo un valore alla prima parte dell'eguaglianza lo definiamo come causa. Quale è l'effetto di tale causa (che potremmo anche chiamare situazione) ? Poiché intendiamo usare un linguaggio convenzionale ed omogeneo, stabiliremo che l'effetto verrà a chiamarsi 19. D'ora in avanti 12+7 farà sempre 19 per chiunque poiché abbiamo anche fissato un insieme di regole (l'aritmetica) che, da noi memorizzate, ci diranno ogni volta quale effetto verrà prodotto dall'accostamento di certi simboli (1-9...lo 0 poi con un suo ruolo ausiliario e particolare !). Ecco fatto ! Ora ci basterà quantificare il quantificabile e tutti gli effetti risulteranno prevedibili sulla base delle loro cause "matematiche".
Perciò l'immenso pregio ed in insieme l'inesorabile limite della matematica e della scienza che la utilizzi è il suo potersi riferire all'enumerabile-quantificabile.
Fuori di questo (che rappresenta la CERTEZZA CONVENZIONALE) la scienza può solo fornire probabilità non importa quanto affidabili, alle quali noi possiamo - e spesso decidiamo - di affidarci.

L'alba di domani rappresenta una certezza convenzionale comodissima, di significato positivo e perdipiù finora mai smentita : perché mai non dovremmo basarci su di essa nel regolare le nostre vite ?.

Citazione.........innovazioni" matematiche che sembrano non avere alcuna utilità pratica, vengono poi usate nella fisica (e nella scienza in generale). Un esempio sono i numeri complessi. Furono introdotti senza alcuno scopo pratico (se non quello di "scoprire la matematica" che, secondo me, non è uno scopo pratico). Adesso sono usati in continuazione. E la meccanica quantistica non funziona senza i numeri complessi. Ed è la teoria che ci fornisce, per ora, i risultati migliori. Dunque: perché strumenti matematici ideati senza alcuna ragione pratica finiscono addirittura per essere importantissimi nella fisica?
Ho il sospetto che, essendo la matematica non una scienza bensì in linguaggio utilizzabile sia dalla comunicazione che dalla scienza, la matematica quantistica finisca solo per essere un sottolinguaggio (dialetto ?) o gergo creato ad uso della fisica delle particelle.
Essa credo sia stata creata per superare i limiti posti dal principio di indeterminazione.
Tale principio afferma implicitamente, tra le numerose sue conseguenze, che -pur essendo tutto in sé numerabile- non tutto potrà da noi venir quantificato.
La matematica quantistica tutto sommato è quindi una specie di convenzione al quadrato.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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