Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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sgiombo

Citazione di: Apeiron il 06 Ottobre 2018, 19:07:49 PM
Se devo "dire la mia", preferisco l'idea che mente e materia interagiscono (secondo me sono distinte e quindi probabilmente sono un "dualista interazionalista"). Non ho idea di "come" interagiscono. E, onestamente, non me la sento di cercare una spiegazione di come ciò avvenga con la conoscenza scientifica odierna. Non è detto che non si possa fare, ma personalmente mi sembra azzardato provarci. Il motivo per cui ritengo che mente e materia siano distinte e che interagiscano tra loro è che credo che l'etica funzioni "bene" solo assumendo il "libero arbitrio" (so di essere "non razionale" a "credere nel libero arbitrio", ma mi sembra l'ipotesi più ragionevole). Sgiombo, direi che abbiamo già avuto la discussione sul libero arbitrio e la conversazione è finita con un "pareggio" (abbiamo concordato di dissentire). Onestamente, sia il parallelismo (mente e materia esistono ed evolvono "in parallelo") che l'epifenomenalismo (la mente si origina dalla materia e non influisce sulla materia) mi paiono errate. Secondo me mente e materia si condizionano a vicenda e tale influenza non è né deterministica né probabilistica. Ovviamente, il mio non è un argomento "scientifico" e non spiego come tale interazione avvenga, quindi non mi vergogno assolutamente a dire che è un "mero atto di fede" (con però la precisazione che tale atto di fede secondo me è ragionevolmente basato su riflessioni sull'etica).
CitazioneConcordo sui disaccordi, salvo precisare (ribadire) che invece secondo me é il libero arbitrio a essere inconciliabile con (impedire la fondazione de-) l' etica, la quale necessita del determinismo (almeno in un' accezione "debole", probabilistico-statistico).


Carlo Pierini

#241
Citazione di: Apeiron il 06 Ottobre 2018, 18:47:42 PM
Ciao Carlo:

CitazioneNon proprio. Il Tao è il Principio trascendente di cui materia e spirito rappresentano le polarità immanenti. In altre parole, l'alternativa a "materialismo" e "idealismo" è la complementarità di materia e spirito nell'unità superiore del Principio primo.
Quindi, non: << mente materia>>, ma: <<sia mente che materia>>.

APEIRON
Mmm, ammetto che ho letto solo il Tao te Ching e lo Zuanghzi (neanche tutto quest'ultimo) ma non mi pare che il Tao sia identificato con la coppia complementare yin-yang. Non dico che che la complementarietà sia estranea al Taoismo (direi ovviamente una falsità) ma il Tao mi sembra descritto come "qualcosa" di indescrivibile. Capitolo 1:
"Il Tao che può essere detto
non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra
,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature
.
...
CARLO
Se fosse assolutamente indescrivibile non sarebbe stato chiamato né "Tao", né "principio del Cielo e della Terra", né "madre delle diecimila creature". Evidentemente si tratta dell'Uno trascendente da cui discende sia il Cielo-Yin (lo Spirito), sia la Terra-Yang (la Materia), ma che non può identificarsi né col Cielo né con la Terra presi in sé separatamente, ma solo con l'unità (inosservabile) verso cui entrambi convergono complementarmente.
La stessa intuizione è espressa anche nella filosofia occidentale dalla tradizione alchemica:

"L'essere degli esseri è unico. Generando, si separa in due principi".  [J. BÖHME: Dell'impronta delle cose - pg.214]

...da Nicola Cusano:

"Ho trovato un luogo in cui Tu sarai scoperto in maniera rivelata, luogo cinto dalla coincidenza degli opposti. Ed è questo il muro del paradiso nel quale tu abiti, la cui porta è custodita dallo spirito più alto della ragione, che bisogna vincere se si vuole che l'ingresso si apra. Ti si potrà vedere al di là della coincidenza degli opposti, ma mai al di qua".  [N. CUSANO: De visione Dei]

...da Eraclito:

"Per Eraclito, questa connessione dialettica che produce armonia mediante opposizione non è un modo tra i tanti con cui opera la Natura, ma è il modo fondamentale con cui essa si dispiega producendo cose ed eventi (...). Analogamente, per i taoisti, il nesso tra Yin e Yang non è un nesso tra gli altri, non è uno dei tanti rapporti tra opposti, ma è il prototipo di ogni rapporto oppositivo, anzi, l'unico nesso in grado di spiegare la costituzione delle cose e la formazione degli eventi. (...) Lo Yin e lo Yang si riflettono, si sovrappongono, si regolano l'un l'altro, (...) Regolano reciprocamente l'ordine del loro susseguirsi, inducono reciprocamente il volversi dei loro turni (...) secondo la modalità dell'alternanza (...), secondo la modalità della complementarità (...) e della continuità".   [G. PASQUALOTTO: Il Tao della filosofia - pp. 31-32]

Per altre convergenze su questa stessa idea generale, puoi leggere i primi tre post del thread: "Perché un Principio universale?":
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-un-principio-universale/

CitazioneCit. CARLO
Il platonismo (Filone, Plotino, Dionigi l'Aeropagita, Agostino, Boezio, ecc.) identifica il Demiurgo platonico con il Logos o Verbo divino, comprendente le "forme", cioè i modelli eterni (metafisici) del reale, gli archetipi del creato.

APEIRON
Ok, grazie. Ma personalmente non vedo tale equazione così esplicita negli scritti di Platone. Si dice solo che le anime possono conoscere le Forme, così come gli occhi possono vedere gli oggetti luminosi. Inoltre, la Forma del Bene è vista come l'origine di tutto, il "Sole" dell'esistenza.

CARLO
Appunto. Gli archetipi visti nel loro insieme come "Bene" originario.

APEIRON
Nel Parmenide si dice che non è né "essere" né "non essere". E mi pare che la cosa venga detta per l'Uno anche da Plotino. Anche in tal caso, l'Uno mi sembra essere né mente né materia, ma la loro causa. D'altro canto, è vero che in Plotino subito dopo l'Uno, c'è la Nous.

CARLO
Beh, quando si tratta di dare uno "statuto" filosofico al Principio (trascendente) non si può farlo se non ricorrendo a paradossi, cioè, a coppie di significati opposti. Per questo si chiama anche "Principio degli opposti".

CitazioneCit. CARLO
Tommaso non identifica l'anima con il corpo, ma la considera la "forma" del corpo, cioè il suo archetipo. Mortale il primo, eterno il secondo.

APEIRON
Infatti, non ho detto che i due sono identici. Ma che per Tommaso ci sono entrambi. E che l'essere umano è "fatto" sia di mente che di materia (corpo). In realtà, non sono sicuro della relazione tra mente ed anima. Da quanto scrivi sembra che non coincidano.

CARLO
In una accezione generale "mente", "anima", "psiche" sono essenzialmente sinonimi, sebbene "anima" meglio si addica all'aspetto più intimo e spirituale della psiche, e "mente" all'aspetto per così dire "mondano"

CitazioneCit. CARLO
Le conoscenze scientifiche non ci dicono assolutamente nulla sull'origine della vita, né della coscienza.

APEIRON
Posso concordare che siamo ancora distanti da capire come si siano originate la vita e la coscienza (e forse non lo capiremo neanche nel futuro...) ma non è un po' troppo dire così?   voglio dire: le nostre attuali conoscenze scientifiche ci dicono che la Terra esiste da 4,5 miliardi di anni e che la vita biologica è iniziata circa 4 miliardi di anni fa. La vita senziente da meno tempo, direi. Magari prima del Big Bang c'erano forme di vita senziente. Ma, diciamo, 13 miliardi di anni fa è praticamente sicuro che non c'era da nessuna parte vita biologica.
A meno che non si creda in "altri reami di esistenza" non rilevabili, difficilmente si può negare che in questo universo la coscienza e la vita siano nate dopo. (Escludendo, ovviamente una o più eventuali "coscienze trascendenti").

CARLO
Molte concezioni religiose della nostra tradizione affermano la presenza di uno "spirito dormiente" persino nella pietra, cioè, nella materia non biologica. E nessuno può dire se la loro intuizione è autentica oppure illusoria.

Apeiron

Rispondo a @sgiombo:

CitazionePurtroppo non conosco il buddismo (ho comprato qualcosa di Pasqualotto e ho intenzione di leggerlo), ma a me sembra ovvio che la menteSg (o mente-coscienzaAp sia costituita da "contenuti" (cogitantes; mentre la materia é costituita da contenuti "extensi": entrambi essendo realtà fenomenicaAp o coscienzaSg).

Capisco cosa intendi, però l'unica precisazione che volevo fare è separare la "qualità" del conoscere da quella dei contenuti mentali. Per esempio, se pensi al numero "2", c'è la consapevolezza ("coscienza") del numero 2 ("contenuto mentale che è oggetto della consapevolezza"). In pratica terrei separata "la consapevolezza" dal suo oggetto (anche se, in realtà, la consapevolezza ha un oggetto). Riguardo a Pasqualotto, mi pare (a memoria) che al Sari piaccia. Se piace al Sari, dovrebbe essere una buona lettura  :)


CitazioneMi sembrano la stessa cosa (meramente fenomenica: "esse est percipi"!) diversamente conosciuta (più o meno fedelmente o approfonditamente).

Nuovamente, capisco il tuo punto di vista, però... pensa alla prospettiva. La prospettiva è certamente una proprietà dello spazio visivo. Però, non è una proprietà di quello studiato dalla fisica. 

CitazioneSe la materia é solo l'insieme delle nostre sensazioni materiali (come infatti é), le cellule sono le nostre sensazioni materiali scientificamente conosciute (osservate per mezzo del microscopio)... In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale.
...
Se la materia é solo l'insieme delle nostre sensazioni materiali (come infatti é), le cellule sono le nostre sensazioni materiali scientificamente conosciute (osservate per mezzo del microscopio).
...
 E non si 
può, ma anzi si deve ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi"

Ok!  :) sono d'accordo!... 


Concordo fino a:


APEIRON
Però, in fin dei conti, la scienza ci suggerisce che, per esempio, il Big Bang sia avvenuto 14 miliardi di anni fa e "a quel tempo" non c'erano coscienze.
Citazione SGIOMBO
CitazionePersonalmente non accetto questo "suggerimento".


Potresti chiarire qui?


CitazioneMi sembra alquanto ovvio (salvo l' affermazione , dalla quale, con Hume, dissento dall' affermazione che poiché "il mondo è semplicemente rappresentazione" [verissimo fin qui, secondo me]; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza [lo nego: non ne ha necessariamente bisogno ma potrebbe anche darsi -anche se per fede non lo credo- rappresentazione senza soggetto e senza oggetto]").

Schopenhauer dice che la rappresentazione è sempre riferita ad un soggetto/i. Ergo, la rappresentazione necessita sia dell'oggetto sia del soggetto. Non capisco perché dici che ci può essere una rappresentazione senza né oggetto né soggetto (che senso ha chiamarla "rappresentazione" :) ?).   


CitazioneMa la materia (mi era sembrato che concordassi!)...
Hai ragione, mi sono confuso (mi sono confuso anche in un altro punto, vedi dopo)  ;D


CitazioneDissento completamente da questa valutazione (per quel che credo -senza troppa certezza- di sapere di Kant.
 Comunque per parte mia dissento "abissalmente" da questa accezione di "noumeno"!

Invece a me, onestamente, non dispiace. Se la nostra conoscenza si limita al fenomeno, i modelli che ci facciamo del noumeno sono semplici "ipostatizazzioni". Non sono il noumeno. Wittgenstein direbbe "Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere" (Tractatus proposizione 7). Io userei un "dovrebbe" ma concordo con lo "spirito" della frase :)
Poi ovviamente tale interpretazione può essere anche intesa come una negazione del noumeno. Dire che il "noumeno" non c'è, però, è ancora un'altra ipostatizzazione. 

CitazioneA me sembra molto ragionevole farne [Apeiron: sul nuomeno] le considerazioni che propongo a scopo esplicativo della realtà fenomenica cosciente.


Qui c'è un altro dilemma secondo me. Ne avevamo già discusso e non eravamo giunti ad una conclusione comune. Nel senso che, in realtà, tu sostieni che tra noumeno e fenomeni c'è una corrispondenza biunivoca (in modo molto simile a quanto pensava anche Spinoza). Secondo me, invece, una tale affermazione è problematica. 

Se accettiamo che tempo, causalità ecc si possono riferire ai fenomeni, il noumeno deve essere "fuori" dal tempo dalla causalità ecc. Non a caso, la Volontà di Schopenhauer era a-temporale e a-causale (e quindi anche priva di teleologia). Non a caso, per Schopenhauer, la Volontà non è causa dei fenomeni. Personalmente, la posizione di Schopenhauer mi sembra errata visto che, ironicamente, la "Volontà" è qualcosa di ben comprensibile. In pratica, ha ipostatizzato il noumeno (che però non dovrebbe essere ipostatizzato, essendo inconoscibile). 

Ma, ahimè, ho l'impressione che finiamo a trovarci in dissenso un'altra volta se iniziamo a discuterne  ;D

Citazione
CitazioneInfatti concordavo con la tua affermazione che "Infine, credo che per Berkeley la conoscenza scientifica possa essere vista come una "corretta interpretazione" o, meglio, di un'approssimata descrizione di "ciò che è percepito" (vedi quanto scritto qui sopra sulal conoscenza dei quasar, cellule, atomi, ecc.).

Qui invece farei una precisazione... Berkeley introduce una causa ontologica dei fenomeni. Schopenhauer e Kant no. Per loro, si andava fuori dall'ambito di validità del principio di causa. Infatti la causalità si applica ai fenomeni. Chiedersi "cosa causa i fenomeni?" è andare fuori dall'ambito di validità.
 Per questo motivo a differenza di Berkeley, il problema di cosa succede quando tutti dormono non si pone (ho un po' esagerato a dire che le posizioni sono "simili". Presentano analogie, ma dire che sono "simili" può essere fuorviante). [Su questo mi ero un po' confuso  ;) ]

Rispondo a Carlo,


CitazioneSe fosse assolutamente indescrivibile non sarebbe stato chiamato né "Tao", né "principio del Cielo e della Terra", né "madre delle diecimila creature". Evidentemente si tratta dell'Uno trascendente da cui discende sia il Cielo-Yin (lo Spirito), sia la Terra-Yang (la Materia), ma che non può identificarsi né col Cielo né con la Terra presi in sé separatamente, ma solo con l'unità (inosservabile) verso cui entrambi convergono complementarmente....

Anzitutto ti ringrazio per le citazioni. Molto interessante  :)

Ma secondo me il Tao è completamente indescrivibile. Qualsiasi concetto che ti fai sul Tao, "non è l'eterno Tao" (ovvero, per usare un'espressione usata nella risposta a spiombo: ogni ipostatizzazione del Tao non è il Tao). Questo non significa dire che è "completamente inconoscibile" (qui hai ragione) ma darne una spiegazione concettuale è impossibile. Anche "l'archetipo degli archetipi", "l'archetipo delle coppie" ecc sono tutte descrizioni concettuali, Tao che possono essere "detti", nominati. Ma, l'eterno Tao è "oltre". Non ha caratteristiche. Senza attributi. Quindi, in realtà, nemmeno una "Unità". Non a caso, il capitolo 42 dice che l'Uno segue il Tao. 

Secondo me "contemplare l'arcano" significa proprio questo. Abbandonare tutte le descrizioni concettuali. Lasciar andare tutti i concetti. Apprezzare il "mistero del mistero". Se si può spiegare, allora non è più un vero "mistero"... Ma è un "qualcosa" completamente "indistinto" come dice il capitolo 14. Solo quando arrivi all'assenza di concettualizzazioni, puoi vedere la comprensione dove "non ci sono cose" (come dice la citazione del Capitolo 2 dello Zhaungzi).

Secondo me il punto del Taoismo non è trovare una spiegazione concettuale. Ma, usare i concetti per andare "oltre" essi. 
Un po' come il dito e la Luna dello Zen e la scala di Wittgenstein e il successivo Silenzio ("Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere")...

Ma mi sembra che un po' di tempo fa avevamo fatto una discussione simile in cui dicevi che lo spirito orientale di "abbandonare" i concetti non ti convinceva (spero di non ricordarmi male...). Onestamente, a me affascina. Mi dà l'idea di "qualcosa più grande", di un mistero da contemplare. E tale approccio è anche simile all'apofatismo occidentale (che tra l'altro è basato anche sul platonismo). In pratica, si arriva a "rinunciare" ai concetti non per un "rifiuto di conoscere". Si "trascendono" i concetti, per così dire.



CitazioneAPEIRON
Ok, grazie. Ma personalmente non vedo tale equazione così esplicita negli scritti di Platone. Si dice solo che le anime possono conoscere le Forme, così come gli occhi possono vedere gli oggetti luminosi. Inoltre, la Forma del Bene è vista come l'origine di tutto, il "Sole" dell'esistenza.

CARLO
Appunto. Gli archetipi visti nel loro insieme come "Bene" originario.

Penso che concordiamo sulla Forma del Bene, ma forse qui usiamo due linguaggi diversi. Direi che essi sono l'"emanazione" della Forma del Bene.

CitazioneCARLO
Beh, quando si tratta di dare uno "statuto" filosofico al Principio (trascendente) non si può farlo se non ricorrendo a paradossi, cioè, a coppie di significati opposti. Per questo si chiama anche "Principio degli opposti". 

Come prima, non sono sicuro se siamo d'accordo  o no ;D per me nel neo-Platonismo gli opposti vengono "trascesi" quando si "sale di livello" nella scala ontologica. Nel senso: se "essere" e "non essere" sono la coppia di opposti, l'Uno è oltre essi. 

CitazioneIn una accezione generale "mente", "anima", "psiche" sono essenzialmente sinonimi, sebbene "anima" meglio si addica all'aspetto più intimo e spirituale della psiche, e "mente" all'aspetto per così dire "mondano"

Ok.

CitazioneCARLO
Molte concezioni religiose della nostra tradizione affermano la presenza di uno "spirito dormiente" persino nella pietra, cioè, nella materia non biologica. E nessuno può dire se la loro intuizione è autentica oppure illusoria.



Capisco. Accetti il "panpsichismo" (o una posizione simile, quindi). 

Ad ogni modo, ho pensato che ti potrebbe piacere il concetto di "interpenetrazione" presente in particolare nel Buddhismo dell'Asia Orientale (non sono un grande esperto, ma se cerchi dovresti trovare qualcosa di interessante da fonti più attendibili di me  ;D ). 

Ah, so che a te non piace molto Kant (anche se, secondo me, per certi versi potresti trovare il "principio di complementarietà" anche lì) ma potrebbe piacerti l'idealismo trascendentale (magari "modificandolo" un po'...).

(Forse però stiamo andando "off topic"... come mi succede spesso :( )
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 07 Ottobre 2018, 19:49:54 PMRispondo a @sgiombo:
Riguardo a Pasqualotto, mi pare (a memoria) che al Sari piaccia. Se piace al Sari, dovrebbe essere una buona lettura  :) 
CitazioneInfatti me l' ha proprio consigliato lui (una garanzia!).



CitazioneMi sembrano la stessa cosa (meramente fenomenica: "esse est percipi"!) diversamente conosciuta (più o meno fedelmente o approfonditamente).
Nuovamente, capisco il tuo punto di vista, però... pensa alla prospettiva. La prospettiva è certamente una proprietà dello spazio visivo. Però, non è una proprietà di quello studiato dalla fisica.
CitazioneVeramente non vedo contraddizioni.
E lo studio della prospettiva (per esempio da parte dei pittori del rinascimento) mi sembra artigianato (ma invero quasi sempre, "di regola", arte!), cioé tecnica spicciola, scienza, per quanto elementare, applicata. 




APEIRON
Però, in fin dei conti, la scienza ci suggerisce che, per esempio, il Big Bang sia avvenuto 14 miliardi di anni fa e "a quel tempo" non c'erano coscienze.
Citazione SGIOMBO
CitazionePersonalmente non accetto questo "suggerimento".
Potresti chiarire qui?
CitazioneBeh, pur non essendo un "addetto ai lavori professionale", ho sempre cercato di considerare con senso critico quanto mi capita di leggere (divulgazione, ovviamente, data la premessa, ma quasi sempre da parte di "autorità in materia" come Hawking, Hack, Green, Rees) le teorie del "B.b" (molteplici, corredate di sempre nuovi "epicicli tolemaici" ad ogni osservazione che non quadrava), che non mi hanno mai convinto (sarebbe troppo lungo spiegare...). 
Un po' come ho sempre fatto anche a proposito della meccanica quantistica, sulla quale fino a una quindicina di anni fa mi sembra che fra glia addetti ai lavori (mi risulta che nella divulgazione sia ancora così) vi fosse un consenso "bulgaro" verso l' interpretazione di Copenhagen, mentre più di recente sono stato confortato dal leggere che qualcosa si sta muovendo verso le interpretazioni "deterministiche ontologiche - indeterministiche epistemiche" (sempre esistite ma quasi ridicolizzate o presentate come "eccentricità di scienziati anticonformisti a tutti i costi" o, nel caso di Einstein, semirincoglioniti dalla vecchiaia o almeno nostalgicamente attaccati ai paradigmi prevalenti nella loro ripianta gioventù: proprio lui, SIC!)




CitazioneMi sembra alquanto ovvio (salvo l' affermazione , dalla quale, con Hume, dissento dall' affermazione che poiché "il mondo è semplicemente rappresentazione" [verissimo fin qui, secondo me]; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza [lo nego: non ne ha necessariamente bisogno ma potrebbe anche darsi -anche se per fede non lo credo- rappresentazione senza soggetto e senza oggetto]").
Schopenhauer dice che la rappresentazione è sempre riferita ad un soggetto/i. Ergo, la rappresentazione necessita sia dell'oggetto sia del soggetto. Non capisco perché dici che ci può essere una rappresentazione senza né oggetto né soggetto (che senso ha chiamarla "rappresentazione" :) ?).  
CitazioneIl mio grandissimo, amatissimo Hume a mio parere spinge alle estreme conseguenza la critica razionale e lo scetticismo metodico cartesiani arrivando alla conclusione che potrebbero benissimo essere reali solo le sensazioni, i fenomeni, senza alcunché d' altro (soggetto, "io personale" e oggetti:) infatti non é contraddittorio ipotizzarlo.
Di esistere come soggetto della mia coscienza ovviamente lo credo, ma per fede. come per fede nego il solipsismo e credo nel divenire ordinato in concatenazioni causa-effetto della realtà materiale naturale (fenomenica: "esse est percicpi"!).




CitazioneDissento completamente da questa valutazione (per quel che credo -senza troppa certezza- di sapere di Kant.
Comunque per parte mia dissento "abissalmente" da questa accezione di "noumeno"!
Invece a me, onestamente, non dispiace. Se la nostra conoscenza si limita al fenomeno, i modelli che ci facciamo del noumeno sono semplici "ipostatizazzioni". Non sono il noumeno. Wittgenstein direbbe "Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere" (Tractatus proposizione 7). Io userei un "dovrebbe" ma concordo con lo "spirito" della frase :)
Poi ovviamente tale interpretazione può essere anche intesa come una negazione del noumeno. Dire che il "noumeno" non c'è, però, è ancora un'altra ipostatizzazione.
CitazioneConcordo che il noumeno potrebbe anche essere "nulla", non esistere.
Le mie (e di Kant -si parva licet- e altri) sono secondo me interessantissime ipotesi, che spiegano molte cose.
Non concordo con Wittgenstaein (che peraltro in vecchiaia ha parlato non poco di cose di dubbia "parlabilità"): per me su ciò di cui non si può parlare con certezza é più che lecito fare ipotesi coerenti e sensate (essendo ben consapevoli della loro natura dubbia).




CitazioneA me sembra molto ragionevole farne [Apeiron: sul nuomeno] le considerazioni che propongo a scopo esplicativo della realtà fenomenica cosciente.
Qui c'è un altro dilemma secondo me. Ne avevamo già discusso e non eravamo giunti ad una conclusione comune. Nel senso che, in realtà, tu sostieni che tra noumeno e fenomeni c'è una corrispondenza biunivoca (in modo molto simile a quanto pensava anche Spinoza). Secondo me, invece, una tale affermazione è problematica.

Se accettiamo che tempo, causalità ecc si possono riferire ai fenomeni, il noumeno deve essere "fuori" dal tempo dalla causalità ecc. Non a caso, la Volontà di Schopenhauer era a-temporale e a-causale (e quindi anche priva di teleologia). Non a caso, per Schopenhauer, la Volontà non è causa dei fenomeni. Personalmente, la posizione di Schopenhauer mi sembra errata visto che, ironicamente, la "Volontà" è qualcosa di ben comprensibile. In pratica, ha ipostatizzato il noumeno (che però non dovrebbe essere ipostatizzato, essendo inconoscibile).

Ma, ahimè, ho l'impressione che finiamo a trovarci in dissenso un'altra volta se iniziamo a discuterne  ;D
CitazioneD' accordo nel non approfondire ulteriormente dissensi difficilissimamente sanabili.
Accenno sol al fatto che circa il tempo non vedo alcun problema, mentre sulla causalità ti ripeto che per me in senso stretto é applicabile solo alla materia (fenomenica!), mentre postulo indimostrabilmente (ma indimostrabile =/= inconoscibile e ancor più =/= non ipotizzabile, nella consapevolezza del sua carattere dubbio) un semplice "divenire di pari passo" fra fenomeni e noumeno (e fra fenomeni cerebrali e fenomeni mentaliSg ovvero di pensiero).




Citazione
CitazioneInfatti concordavo con la tua affermazione che "Infine, credo che per Berkeley la conoscenza scientifica possa essere vista come una "corretta interpretazione" o, meglio, di un'approssimata descrizione di "ciò che è percepito" (vedi quanto scritto qui sopra sulal conoscenza dei quasar, cellule, atomi, ecc.).
Qui invece farei una precisazione... Berkeley introduce una causa ontologica dei fenomeni. Schopenhauer e Kant no. Per loro, si andava fuori dall'ambito di validità del principio di causa. Infatti la causalità si applica ai fenomeni. Chiedersi "cosa causa i fenomeni?" è andare fuori dall'ambito di validità.
Per questo motivo a differenza di Berkeley, il problema di cosa succede quando tutti dormono non si pone (ho un po' esagerato a dire che le posizioni sono "simili". Presentano analogie, ma dire che sono "simili" può essere fuorviante). [Su questo mi ero un po' confuso  ;) ]
CitazioneSulla negazione della causalità (in senso stretto) fra noumeno e fenomeni ho già accennato la mia convinzione, coincidente con quanto affermi di Kant e di Schopenauer).

Ma il Dio di Berkeley mi sembra  almeno altrettanto ontologico (metafisico) del noumeno kantiano (che la Critica della ragion pratica afferma comprendere anche Dio)


Carlo Pierini

#244
Cit. CARLO
Se fosse assolutamente indescrivibile non sarebbe stato chiamato né "Tao", né "principio del Cielo e della Terra", né "madre delle diecimila creature". Evidentemente si tratta dell'Uno trascendente da cui discende sia il Cielo-Yin (lo Spirito), sia la Terra-Yang (la Materia), ma che non può identificarsi né col Cielo né con la Terra presi in sé separatamente, ma solo con l'unità (inosservabile) verso cui entrambi convergono complementarmente....

APEIRON
Anzitutto ti ringrazio per le citazioni. Molto interessante  :)
Ma secondo me il Tao è completamente indescrivibile. Qualsiasi concetto che ti fai sul Tao, "non è l'eterno Tao" (ovvero, per usare un'espressione usata nella risposta a spiombo: ogni ipostatizzazione del Tao non è il Tao). Questo non significa dire che è "completamente inconoscibile" (qui hai ragione) ma darne una spiegazione concettuale è impossibile. Anche "l'archetipo degli archetipi", "l'archetipo delle coppie" ecc sono tutte descrizioni concettuali, Tao che possono essere "detti", nominati. Ma, l'eterno Tao è "oltre". Non ha caratteristiche. Senza attributi. Quindi, in realtà, nemmeno una "Unità". Non a caso, il capitolo 42 dice che l'Uno segue il Tao.
Secondo me "contemplare l'arcano" significa proprio questo. Abbandonare tutte le descrizioni concettuali. Lasciar andare tutti i concetti. Apprezzare il "mistero del mistero". Se si può spiegare, allora non è più un vero "mistero"... Ma è un "qualcosa" completamente "indistinto" come dice il capitolo 14. Solo quando arrivi all'assenza di concettualizzazioni, puoi vedere la comprensione dove "non ci sono cose" (come dice la citazione del Capitolo 2 dello Zhaungzi).
Secondo me il punto del Taoismo non è trovare una spiegazione concettuale. Ma, usare i concetti per andare "oltre" essi.
Un po' come il dito e la Luna dello Zen e la scala di Wittgenstein e il successivo Silenzio ("Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere")...
Ma mi sembra che un po' di tempo fa avevamo fatto una discussione simile in cui dicevi che lo spirito orientale di "abbandonare" i concetti non ti convinceva (spero di non ricordarmi male...). Onestamente, a me affascina. Mi dà l'idea di "qualcosa più grande", di un mistero da contemplare. E tale approccio è anche simile all'apofatismo occidentale (che tra l'altro è basato anche sul platonismo). In pratica, si arriva a "rinunciare" ai concetti non per un "rifiuto di conoscere". Si "trascendono" i concetti, per così dire.

CARLO
Se il Tao - o Dio - è Principio o Legge del mondo, il mondo stesso sarà "fatto a immagine e somiglianza" del Principio, cosicché attraverso la conoscenza del mondo sarà virtualmente possibile risalire alla conoscenza del Principio. Come lo Yin è analogia dello Yang, ciascuna delle "diecimila creature" sarà analogia del Tao.
Questa è anche l'idea di Tommaso nel suo concetto di "analogia entis", secondo la quale l'essere di Dio e l'essere delle creature non sono identici, ma nemmeno radicalmente diversi, bensì legati da una relazione di analogia; cosicché, nella conoscenza del mondo (e di noi stessi) conosceremo l'immagine di Dio che vi si rispecchia, come la conoscenza dei fenomeni fisici ci conduce alle leggi e ai principi che li governano.

Cit. CARLO
Beh, quando si tratta di dare uno "statuto" filosofico al Principio (trascendente) non si può farlo se non ricorrendo a paradossi, cioè, a coppie di significati opposti. Per questo si chiama anche "Principio degli opposti".

APEIRON
Come prima, non sono sicuro se siamo d'accordo o no ;D per me nel neo-Platonismo gli opposti vengono "trascesi" quando si "sale di livello" nella scala ontologica. Nel senso: se "essere" e "non essere" sono la coppia di opposti, l'Uno è oltre essi.

CARLO
Quando si parla di "trascendenza" non possiamo in nessun caso intenderla come trascendenza assoluta, cioè, come assoluta separazione, poiché si tratta del Principio del mondo, non di un principio separato dal mondo ("oltre"). La mente umana trascende il mondo materiale, ma non è separata da essa; così pure il Principio trascende sia la materia che la mente, ma non sarebbe principio di entrambe se ne fosse separato in senso assoluto. Torniamo, cioè, ai TRE livelli interagenti dell'essere: mondo-anima-Dio, cioè, alla Grande Triade dei cinesi, alla triade yin-yang-Tao e all'Uni-trinitarietà di molte altre tradizioni. Vedi anche i primi tre post del thread: "La conoscenza come rito eucaristico":
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-come-rito-eucaristico/

Cit. CARLO
Molte concezioni religiose della nostra tradizione affermano la presenza di uno "spirito dormiente" persino nella pietra, cioè, nella materia non biologica. E nessuno può dire se la loro intuizione è autentica oppure illusoria.

APEIRON
Capisco. Accetti il "panpsichismo" (o una posizione simile, quindi).

CARLO
Sì, l'ipotesi di un processo evolutivo dialettico originario materia-mente mi sembra molto più ragionevole del considerare la mente come un fenomeno emergente dalla complessità dei processi biologici. Del resto, yin e yang costituiscono un'unità inscindibile e non vedo per quale ragione dovremmo far emergere l'uno dall'altro, piuttosto che entrambi dal Tao originario.

APEIRON
Ah, so che a te non piace molto Kant (anche se, secondo me, per certi versi potresti trovare il "principio di complementarietà" anche lì) ma potrebbe piacerti l'idealismo trascendentale (magari "modificandolo" un po'...).

CARLO
No, la filosofia di Kant, costruita per compartimenti stagni e incomunicanti (il noumeno, il fenomeno, il trascendent-ale, Dio) mi sembra un'aberrazione del pensiero, la fonte di quel virus che ha contagiato e reso sterile la filosofia moderna: il relativismo.
E non è un caso che il dualismo di Sgiombo (contagiato da Kant) sia anch'esso costruito su un parallelismo di entità incomunicanti. Talis pater, talis filius.


GEORGE EZDRA: Listen to the man
https://youtu.be/ZS0WvzRVByg

Carlo Pierini

#245
APEIRON
Per esempio, non è nemmeno vero che per tutti i sostenitori dell'interpretazione di Copenaghen, la realtà dipende dalle osservazioni. (...) La posizione di Bohr era meno "ontologica" di quanto si pensa. Ad esempio, pensava che noi potevamo indagare la realtà fisica con l'ausilio di "concetti classici" - definiti anche da procedure sperimentali - e che quindi potevamo conoscere il mondo quantistico solo attraverso il "mezzo" degli apparati sperimentali e quindi attraverso i concetti classici.


CARLO
Senti cosa scrive Ilya Prigogine a proposito dei problemi della MQ:

<<Le conseguenze della meccanica quantistica apparvero inaccettabili a molti fisici, ivi compreso Einstein, e molti concepirono esperimenti mentali per sottolineare le assurde conseguenze della meccanica quantistica. Negli ultimi anni alcuni di questi esperimenti mentali sono stati effettivamente condotti (se ne può trovare un eccellente resoconto in una recente pubblicazione di Bernard d'Espagnat: The Quantum Theory and Reality, in <<Scientific American>>, vol. CCXLI, 1979,, pp. 128-140), e curiosamente, queste laceranti conseguenze della meccanica quantistica sono state confermate. Come Niels Bohr ha spesso sottolineato, a causa del senso più debole in cui si può parlare di localizzazione di un oggetto in meccanica quantistica, avviene che dobbiamo abbandonare il realismo della fisica classica. Per Bohr, la costante di Planck definisce come non decomponibile l'interazione tra un sistema quantistico e gli strumenti di misura. È il fenomeno quantistico considerato nel suo insieme, interazione di misurazione inclusa, a cui possiamo assegnare dei valori numerici. Ogni descrizione implica una scelta degli strumenti di misurazione, una scelta della domanda che vogliamo porre. In questo senso, la risposta, il risultato della misurazione, non ci fornirà l'accesso ad una realtà data. Dobbiamo decidere quale tipo di misurazione vogliamo effettuare e quale tipo di questione vogliamo porre al sistema. Il numero quantico misurato caratterizzerà il sistema nello stato in cui noi abbiamo scelto di descriverlo. (...) Ciò dà luogo ad una molteplicità di punti di vista e, ancora una volta, ad un distacco dall'oggettività classica. L'oggettività classica vuol dire che la sola descrizione <<oggettiva>> è la descrizione completa del sistema in quanto tale, indipendentemente da come lo si osserva.
Bohr ha spesso sottolineato anche la novità di una scelta positiva che si introduce tramite la misurazione, nella meccanica quantistica. Il fisico deve scegliere il suo linguaggio, deve scegliere lo strumento sperimentale microscopico. Bohr espresse questa idea tramite il principio di complementarietà, che può essere considerato un'estensione delle relazioni di indeterminazione di Heisenberg. Noi possiamo misurare le coordinate o i momenti, ma non entrambi contemporaneamente. Non c'è un unico linguaggio teorico in cui si esprimano le variabili a cui può essere attribuito un valore ben definito che possa esaurire il contenuto fisico di un sistema. I vari linguaggi possibili ed i vari punti di vista sul sistema sono complementari. Essi riguardano la stessa realtà, anche se è impossibile ricondurli ad un'unica descrizione. Questa natura irriducibile dei punti di vista su di un'unica e sola realtà esprime l'impossibilità di un'eventuale scoperta di un punto di vista dal quale, come un dio potrebbe fare, sia visibile simultaneamente la realtà nella sua interezza. Ma la lezione del principio di complementarietà non è una lezione di rassegnazione. Bohr usava dire che non poteva pensare al significato della meccanica quantistica senza provare un senso di vertigine, e sicuramente siamo trascinati vertiginosamente lontani dalle confortanti abitudini del buon senso: la realtà è troppo ricca, le sue linee portanti sono troppo complesse perché un unico riflettore possa illuminarla nella sua interezza.
La vera lezione da imparare dal principio di complementarità, e che forse può essere tradotta in altri campi di conoscenza (come Bohr cercò di fare per tutto il corso della sua vita), consiste nel sottolineare la ricchezza della realtà, che straripa da ogni possibile linguaggio, da ogni possibile struttura logica. Ogni linguaggio può esprimere solo una parte, anche se con successo. Così la musica non è esaurita da nessuno dei suoi stili: il mondo del suono è troppo più ricco di ogni linguaggio musicale, che sia la musica esquimese, quella di Bach o di Schönberg; ma ogni linguaggio è una scelta, un'esplorazione elettiva e, in quanto tale, possibilità di pienezza>>. [I. PRIGOGINE & I. STENGERS: La nuova alleanza - pp. 227-228]

Apeiron

Scusate la tardiva risposta...

Parto da sgiombo:

CitazioneVeramente non vedo contraddizioni.
E lo studio della prospettiva (per esempio da parte dei pittori del rinascimento) mi sembra artigianato (ma invero quasi sempre, "di regola", arte!), cioé tecnica spicciola, scienza, per quanto elementare, applicata. 

Sì, capisco. Comunque, quello che volevo dire è che, strettamente parlando, la "prospettiva" è una proprietà essenziale del nostro spazio visivo, mentre chiaramente non lo è per lo spazio "fisico" (che poi si possa "ricostruire" il nostro spazio visivo a partire da uno spazio euclideo è un altro discorso...). Quindi è anche normale trovare che le proprietà dello spazio che scopriamo dagli esperimenti scientifici non sono esattamente le stesse di quelle che potremmo dedurre da una analisi della nostra visione.

CitazioneBeh, pur non essendo un "addetto ai lavori professionale", ho sempre cercato di considerare con senso critico quanto mi capita di leggere (divulgazione, ovviamente, data la premessa, ma quasi sempre da parte di "autorità in materia" come Hawking, Hack, Green, Rees) le teorie del "B.b" (molteplici, corredate di sempre nuovi "epicicli tolemaici" ad ogni osservazione che non quadrava), che non mi hanno mai convinto (sarebbe troppo lungo spiegare...). 
Un po' come ho sempre fatto anche a proposito della meccanica quantistica, sulla quale fino a una quindicina di anni fa mi sembra che fra glia addetti ai lavori (mi risulta che nella divulgazione sia ancora così) vi fosse un consenso "bulgaro" verso l' interpretazione di Copenhagen, mentre più di recente sono stato confortato dal leggere che qualcosa si sta muovendo verso le interpretazioni "deterministiche ontologiche - indeterministiche epistemiche" (sempre esistite ma quasi ridicolizzate o presentate come "eccentricità di scienziati anticonformisti a tutti i costi" o, nel caso di Einstein, semirincoglioniti dalla vecchiaia o almeno nostalgicamente attaccati ai paradigmi prevalenti nella loro ripianta gioventù: proprio lui, SIC!)
Capisco. Specialmente per la meccanica quantistica. In particolar modo, in questo caso, se si considera che non c'è alcun consenso sull'interpretazione della meccanica quantistica. 
Ad ogni modo, se ti può consolare, ultimamente mi capita di leggere da vari cosmologi che "l'universo è nato dal nulla", in particolare da Lawrence Krauss. Il problema è che tale "spontanea nascita" del nostro universo sarebbe dovuta a "leggi casuali". Come se, in pratica, noi potessimo descrivere l'origine del cosmo dal nulla (?) e che tale origine fosse probabilistica. Un'opinione del genere mi sembra, dopo essere passato "al vaglio" di una critica filosofica, assurda. Eppure pare che non sia così poco diffusa  :-\


CitazioneIl mio grandissimo, amatissimo Hume a mio parere spinge alle estreme conseguenza la critica razionale e lo scetticismo metodico cartesiani arrivando alla conclusione che potrebbero benissimo essere reali solo le sensazioni, i fenomeni, senza alcunché d' altro (soggetto, "io personale" e oggetti:) infatti non é contraddittorio ipotizzarlo.
Di esistere come soggetto della mia coscienza ovviamente lo credo, ma per fede. come per fede nego il solipsismo e credo nel divenire ordinato in concatenazioni causa-effetto della realtà materiale naturale (fenomenica: "esse est percicpi"!).
Ok, grazie della precisazione!

CitazioneMa il Dio di Berkeley mi sembra  almeno altrettanto ontologico (metafisico) del noumeno kantiano (che la Critica della ragion pratica afferma comprendere anche Dio)
Credo che la differenza con tra il Dio di Berkeley e il noumeno di Kant è che con il primo, per Berkeley, si può entrare in relazione e quindi può "entrare" nella realtà fenomenica (pur non essendo propriamente un fenomeno essendo anche trascendente la realtà fenomenica). Ma non sono sicuro di ciò e spero di non travisare la posizione di Berkeley. 

Rispondo ora a Carlo,


CitazioneCARLO
Se il Tao - o Dio - è Principio o Legge del mondo, il mondo stesso sarà "fatto a immagine e somiglianza" del Principio, cosicché attraverso la conoscenza del mondo sarà virtualmente possibile risalire alla conoscenza del Principio. Come lo Yin è analogia dello Yang, ciascuna delle "diecimila creature" sarà analogia del Tao.
Questa è anche l'idea di Tommaso nel suo concetto di "analogia entis", secondo la quale l'essere di Dio e l'essere delle creature non sono identici, ma nemmeno radicalmente diversi, bensì legati da una relazione di analogia; cosicché, nella conoscenza del mondo (e di noi stessi) conosceremo l'immagine di Dio che vi si rispecchia, come la conoscenza dei fenomeni fisici ci conduce alle leggi e ai principi che li governano. 

Concordo con il ragionamento sulla relazione principio-"creature". Però sono stato impreciso, prima. Se "il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao" (o se si considerano le parole già citate del Change tzu*) allora ogni "Tao" che può essere descritto, come anche il "Tao come principio" non è l'"eterno Tao". Ergo, quanto tu dici si applica fino ad un certo punto nell'esperienza taoista, secondo me. In realtà, l'obbiettivo finale dovrebbe essere il Silenzio. La Pura Contemplazione non-concettuale. Tutte le distinzioni collassano e, anche forse, l'unità*. Tutto ciò viene "trasceso".

*sempre nel Capitolo 2 dello Zhaungzi, subito prima dell'altra citazione, c'è anche un altro passo interessante: "Se siamo già diventati uno come posso dire qualcosa? L'uno e ciò che ho detto circa l'uno lo rendono due e i due uniti al primo danno tre..." In pratica è come se critica il monismo come inconsistente (anche se il taoismo viene descritto come "monista"). Questo sembra essere supportato dal radicale apofatismo suggerito da frasi come "il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao" (e l'apofatismo è utilissimo a non attaccarsi troppo ai concetti - da qui il mio richiamo alla metafora Zen del dito e della Luna) :)



CitazioneQuando si parla di "trascendenza" non possiamo in nessun caso intenderla come trascendenza assoluta, cioè, come assoluta separazione, poiché si tratta del Principio del mondo, non di un principio separato dal mondo ("oltre"). La mente umana trascende il mondo materiale, ma non è separata da essa; così pure il Principio trascende sia la materia che la mente, ma non sarebbe principio di entrambe se ne fosse separato in senso assoluto. Torniamo, cioè, ai TRE livelli interagenti dell'essere: mondo-anima-Dio, cioè, alla Grande Triade dei cinesi, alla triade yin-yang-Tao e all'Uni-trinitarietà di molte altre tradizioni. Vedi anche i primi tre post del thread: "La conoscenza come rito eucaristico":
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-come-rito-eucaristico/


Capito. Grazie! Sì, concordo, il principio del mondo (se c'è) non può essere né separato né uguale al mondo (non si può né dire trascendente, né immanente). E concordo che la complementarietà torna in molte culture. L'"unione dialettica" è un argomento che affascina anche a me, comunque. Però, come dicevo prima, non mi convince che possa essere definito come "il messaggio ultimo" del Taoismo. 

CitazioneCARLO
Sì, l'ipotesi di un processo evolutivo dialettico originario materia-mente mi sembra molto più ragionevole del considerare la mente come un fenomeno emergente dalla complessità dei processi biologici. Del resto, yin e yang costituiscono un'unità inscindibile e non vedo per quale ragione dovremmo far emergere l'uno dall'altro, piuttosto che entrambi dal Tao originario.

Capito. Il panpsichismo affascina molto anche me e ogni tanto mi trovo a "supportarlo". Però, ho forti difficoltà a "immaginarmi" la mente degli oggetti "inanimati". Comunque, ciò non toglie che sia una prospettiva interessante. 

CitazioneCARLO
No, la filosofia di Kant, costruita per compartimenti stagni e incomunicanti (il noumeno, il fenomeno, il trascendent-ale, Dio) mi sembra un'aberrazione del pensiero, la fonte di quel virus che ha contagiato e reso sterile la filosofia moderna: il relativismo.
Ah ok! Io lo vedo più come una forma di scetticismo anche se, in realtà, posso capire perché con "forzando" la filosofia kantiana si rischia di degenerare nel relativismo ("assoluto"). Fai conto però che Kant, praticamente, vedeva l'etica come qualcosa che tendeva a quel "noumeno" che la ragione non poteva raggiungere. Non a caso, Kant scrive tutto il suo secondo libro dicendo che l'"imperativo" etico presente in tutti noi ci fa "postulare" Dio, l'anima immortale e la libertà. E tale imperativo, secondo Kant, doveva essere lo stesso per tutti. Perciò, secondo Kant, ciò che non si poteva dire con la "ragione pura" poteva essere detto con la "ragione pratica". Considerando anche la sua "teoria dell'etica" Kant è ben lontano sia dal relativismo che dallo scetticismo. 

Ad ogni modo, forse ti potrebbe interessare Schopenhauer.

CitazioneCARLO
Senti cosa scrive Ilya Prigogine a proposito dei problemi della MQ:
...

Molto interessante! C'è da dire che Bohr era molto attratto dalla "complementarità degli opposti" (tant'è che, ad un certo punto, scelse come suo stemma il simbolo dello yin e yang e come motto "contraria sunt complementa"). Considerando ciò, la lettura di Prigogine potrebbe essere la "giusta interpretazione" della visione delle cose di Bohr. Anche se, da quanto so io lui considerava come problematica la domanda "qual è lo stato di una particella quando non è osservato?" perché secondo lui non si poteva parlare di stato al di fuori della misurazione (in quanto lo stato sarebbe sempre stato descritto da "concetti classici").  Probabilmente io e Prigogine non stiamo dicendo cose diverse, anche se, ammetto, che la mia conoscenza del pensiero di Bohr deriva da "letteratura secondaria", ovvero la mia è una interpretazione dell'interpretazione del pensiero di Bohr fatta da diversi studiosi  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2018, 23:53:27 PM
 quello che volevo dire è che, strettamente parlando, la "prospettiva" è una proprietà essenziale del nostro spazio visivo, mentre chiaramente non lo è per lo spazio "fisico" (che poi si possa "ricostruire" il nostro spazio visivo a partire da uno spazio euclideo è un altro discorso...). Quindi è anche normale trovare che le proprietà dello spazio che scopriamo dagli esperimenti scientifici non sono esattamente le stesse di quelle che potremmo dedurre da una analisi della nostra visione.
Citazione
Lo spazio, "facendo parte" (essendo una caratteristica astratta) de fenomeni materiali può essere postulato essere intersoggettivo; e la sua conoscenza può essere progressivamente "approfondita" (allo stesso modo atomi, molecole, particlelle-onde, ecc. non sono la stessa cosa della materia che immediatamente constatiamo).




Capisco. Specialmente per la meccanica quantistica. In particolar modo, in questo caso, se si considera che non c'è alcun consenso sull'interpretazione della meccanica quantistica.
Ad ogni modo, se ti può consolare, ultimamente mi capita di leggere da vari cosmologi che "l'universo è nato dal nulla", in particolare da Lawrence Krauss. Il problema è che tale "spontanea nascita" del nostro universo sarebbe dovuta a "leggi casuali". Come se, in pratica, noi potessimo descrivere l'origine del cosmo dal nulla (?) e che tale origine fosse probabilistica. Un'opinione del genere mi sembra, dopo essere passato "al vaglio" di una critica filosofica, assurda. Eppure pare che non sia così poco diffusa  :-\
Citazione
Concordo in pieno!
Mi sembra un tipico caso delle assurdità irrazionalistiche ("leggi casuali" é un' evidente, "mostruosa" autocontraddizione; circa un unicum quale é il "nostro" universo non ha senso parlare di probabilità, mentre ammettere che ce ne siano altri, a parte l' improprietà terminologica dato che "universo" significa "tutto e solo ciò che é reale", fa rigirare nella tomba il buon Ockam) in cui tendono a cadere gli scienziati che disprezzano e ignorano la filosofia, stigmatizzate dal buon vecchio Engels. 




CitazioneMa il Dio di Berkeley mi sembra  almeno altrettanto ontologico (metafisico) del noumeno kantiano (che la Critica della ragion pratica afferma comprendere anche Dio)
Credo che la differenza con tra il Dio di Berkeley e il noumeno di Kant è che con il primo, per Berkeley, si può entrare in relazione e quindi può "entrare" nella realtà fenomenica (pur non essendo propriamente un fenomeno essendo anche trascendente la realtà fenomenica). Ma non sono sicuro di ciò e spero di non travisare la posizione di Berkeley.
CitazioneSì, sembra anche a me (se non altro perché era un vescovo anglicano, un cristiano, e anche piuttosto autorevole).




(Rivolto a Carlo Pierini)
Capito. Il panpsichismo affascina molto anche me e ogni tanto mi trovo a "supportarlo". Però, ho forti difficoltà a "immaginarmi" la mente degli oggetti "inanimati". Comunque, ciò non toglie che sia una prospettiva interessante.

Non a caso, Kant scrive tutto il suo secondo libro dicendo che l'"imperativo" etico presente in tutti noi ci fa "postulare" Dio, l'anima immortale e la libertà. E tale imperativo, secondo Kant, doveva essere lo stesso per tutti. Perciò, secondo Kant, ciò che non si poteva dire con la "ragione pura" poteva essere detto con la "ragione pratica". Considerando anche la sua "teoria dell'etica" Kant è ben lontano sia dal relativismo che dallo scetticismo. 
Citazione
Anche su queste due questioni concordo in pieno.


Carlo Pierini

Cit. CARLO
Se il Tao - o Dio - è Principio o Legge del mondo, il mondo stesso sarà "fatto a immagine e somiglianza" del Principio, cosicché attraverso la conoscenza del mondo sarà virtualmente possibile risalire alla conoscenza del Principio. Come lo Yin è analogia dello Yang, ciascuna delle "diecimila creature" sarà analogia del Tao.
Questa è anche l'idea di Tommaso nel suo concetto di "analogia entis", secondo la quale l'essere di Dio e l'essere delle creature non sono identici, ma nemmeno radicalmente diversi, bensì legati da una relazione di analogia; cosicché, nella conoscenza del mondo (e di noi stessi) conosceremo l'immagine di Dio che vi si rispecchia, come la conoscenza dei fenomeni fisici ci conduce alle leggi e ai principi che li governano.

APEIRON
Concordo con il ragionamento sulla relazione principio-"creature". Però sono stato impreciso, prima. Se "il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao" (o se si considerano le parole già citate del Change tzu*) allora ogni "Tao" che può essere descritto, come anche il "Tao come principio" non è l'"eterno Tao".

CARLO
Se il Tao è l'Unità ultima, non ci possono essere due Tao, l'"eterno" e il "descrivibile". Evidentemente, con questa distinzione si vuol solo sottolineare l'inosservabilità del Principio, la sua trascendenza, pur restando salva la sua conoscibilità attraverso processi di astrazione fondati sull'osservazione della dinamica (immanente) yin-yang e della loro tendenza-convergenza all'armonia dell'Uno.
Il Tao, cioè, corrisponde col "nous" platonico: è l'archetipo delle "diecimila creature", il loro eterno modello originario.

APEIRON
Ergo, quanto tu dici si applica fino ad un certo punto nell'esperienza taoista, secondo me. In realtà, l'obbiettivo finale dovrebbe essere il Silenzio. La Pura Contemplazione non-concettuale. Tutte le distinzioni collassano e, anche forse, l'unità*. Tutto ciò viene "trasceso".

CARLO
La "Pura Contemplazione non-concettuale" è l'ALTRA via del Tao, la via soggettiva-interiore, la quale tuttavia non esclude la modalità oggettiva-esteriore, ma, anzi ne è l'aspetto complementare.
Insomma, l'Incolore, l'Insonoro, l'Informe, il Vuoto, non corrisponde al Nulla, ma all'unità del Tutto, cioè, al fondamento ultimo trascendente di ciò che, sul piano immanente, è colore, suono, forma, pienezza dei sensi. E' l'equivalente del Verbo-Logos occidentale <<...per mezzo del quale Tutto è stato fatto>> o dello sfuggente "Mercurius duplex et versipellis" degli alchimisti, dalla natura paradossale.

APEIRON
*sempre nel Capitolo 2 dello Zhaungzi, subito prima dell'altra citazione, c'è anche un altro passo interessante: "Se siamo già diventati uno come posso dire qualcosa? L'uno e ciò che ho detto circa l'uno lo rendono due e i due uniti al primo danno tre..." In pratica è come se critica il monismo come inconsistente (anche se il taoismo viene descritto come "monista"). Questo sembra essere supportato dal radicale apofatismo suggerito da frasi come "il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao" (e l'apofatismo è utilissimo a non attaccarsi troppo ai concetti - da qui il mio richiamo alla metafora Zen del dito e della Luna) :)

CARLO
Il monismo è un'altra cosa: è l'assolutizzazione di uno dei due opposti a scapito dell'ontologia dell'altro. Invece, l'unità del Tao non fagocita la dualità ontologica di yin e yang poiché esso appartiene ad un piano superiore, trascende la dualità. E' l'analogia-complementarità costitutiva-originaria di yin e yang che permettono la loro convergenza verso un'unità superiore senza tuttavia perdere la propria sovranità-alterità-ontologia individuale. Nello stesso modo in cui gli amanti, pur essendo due, trovano la loro unità in quel tertium superiore (quando c'è) che chiamiamo "amore". L'amore non annulla rispettivamente la virilità e la femminilità degli amanti ma, anzi, paradossalmente, li esalta, li porta al loro massimo compimento nell'unità. Per questo l'amore innalza fino al ...Tao, o al Cielo, o all'Infinito (o ci sprofonda all'inferno la sua perdita), ed è ancora per questo che il rito del matrimonio si celebra in presenza di un sacerdote che lo "consacra" non come semplice unione, ma come "unione in Dio (o in Cristo)". ...E torniamo, così, al concetto di uni-trinità del Principio.

D. RETTORE: Amore stella
https://youtu.be/yS0VAi0mgnI

A. BOCELLI: Il mistero dell'amore
https://youtu.be/rxRwiXAdjIw

F. MANNOIA: Ascolta l'Infinito
https://youtu.be/arZOgIC7ilM

Cit. CARLO
Quando si parla di "trascendenza" non possiamo in nessun caso intenderla come trascendenza assoluta, cioè, come assoluta separazione, poiché si tratta del Principio del mondo, non di un principio separato dal mondo ("oltre"). La mente umana trascende il mondo materiale, ma non è separata da essa; così pure il Principio trascende sia la materia che la mente, ma non sarebbe principio di entrambe se ne fosse separato in senso assoluto. Torniamo, cioè, ai TRE livelli interagenti dell'essere: mondo-anima-Dio, cioè, alla Grande Triade dei cinesi, alla triade yin-yang-Tao e all'Uni-trinitarietà di molte altre tradizioni. Vedi anche i primi tre post del thread: "La conoscenza come rito eucaristico":
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-come-rito-eucaristico/

APEIRON
Capito. Grazie! Sì, concordo, il principio del mondo (se c'è) non può essere né separato né uguale al mondo (non si può né dire trascendente, né immanente). E concordo che la complementarietà torna in molte culture. L'"unione dialettica" è un argomento che affascina anche a me, comunque. Però, come dicevo prima, non mi convince che possa essere definito come "il messaggio ultimo" del Taoismo.

CARLO
Il Taoismo è solo una delle molteplici espressioni del Principio di complementarità, più poetica che propriamente logico-filosofica.

Cit. CARLO
Sì, l'ipotesi di un processo evolutivo dialettico originario materia-mente mi sembra molto più ragionevole del considerare la mente come un fenomeno emergente dalla complessità dei processi biologici. Del resto, yin e yang costituiscono un'unità inscindibile e non vedo per quale ragione dovremmo far emergere l'uno dall'altro, piuttosto che entrambi dal Tao originario.

APEIRON
Capito. Il panpsichismo affascina molto anche me e ogni tanto mi trovo a "supportarlo". Però, ho forti difficoltà a "immaginarmi" la mente degli oggetti "inanimati". Comunque, ciò non toglie che sia una prospettiva interessante.

CARLO
Credo si debba immaginarla, appunto, come "mente dormiente" che, però si attiva nei momenti cruciali dell'evoluzione del mondo. Scrivevo tempo fa a un altro interlocutore:

A me sembra ragionevole pensare che in quel gran salto qualitativo che noi osserviamo nel passaggio tra la chimica organica e la chimica vivente, nella materia abbia agito qualcosa di "altro" dalla materia stessa, quel seme originario della mente che nell'uomo germoglierà e si innalzerà fino a trasformarsi in quel mistero che chiamiamo coscienza e a produrre "frutti" assolutamente nuovi rispetto al passato (conoscenza, etica, arte, religione, civiltà, ecc.).
E' la comparsa della mente e la sua interazione dia-lettica con la materia che, secondo me, trasforma la chimica non-vivente in quel processo teleologico che chiamiamo "evoluzione darwiniana". E nessuno può escludere la possibilità che le famose mutazioni genetiche che sono alla base di questo processo non siano affatto casuali, ma che siano invece guidate in qualche modo dalla mente.
A questo proposito, mi sono andato a rileggere alcuni passi di un libro che lessi una decina di anni fa: "Entropia, sintropia, informazione" di G. e S. Arcidiacono (un fisico e un biologo), nel quale si dice:

"In questo modello di Universo [proposto nel 1957 dagli Arcidiacono], non abbiamo più separatamente i fenomeni entropici e sintropici, ma in ogni fenomeno (sia fisico che biologico) dobbiamo avere due "componenti", entropica e sintropica strettamente connesse ed inseparabili. Di conseguenza, otteniamo i fenomeni entropici puri quando la componente sintropica tende ad annullarsi, e viceversa [...] Otteniamo in questo modo una nuova versione perfezionata della teoria unitaria, cioè una concezione non più dualistica, ma unitaria della realtà". Infatti, nella nostra teoria le due componenti non sono più in opposizione, ma piuttosto "complementari" e indissolubili perché espressione della armoniosa unità del cosmo". [Giuseppe e Salvatore ARCIDIACONO: Entropia, sintropia, informazione - pg. 30]

Ecco, siccome è la mente - non la materia chimica - che presenta proprietà finalistiche, sono propenso a credere che sia la mente stessa a organizzare la materia in senso sintropico-evoluzionistico-finalistico. Infatti continuano gli Arcidiacono:

"Volendo spiegare l'origine dei viventi con la casualità, dobbiamo considerare equiprobabili tutti gli eventi elementari. Poiché la formazione di una singola molecola proteica ha una probabilità quasi nulla, risulta come sia impossibile la sua costituzione pur in un arco di tempo corrispondente all'età dell'Universo.. Da ciò deriva come la formazione dei viventi, anche i più semplici, sia da ritenere impossibile nell'ambito del solo schema dei fenomeni ENTROPICI casuali (raggi X, raggi cosmici, infrarossi e ultravioletti, oppure "errori di trascrizione" nel processo di duplicazione del DNA).
In conclusione, sulla base della teoria di Darwin [...] dovremmo osservare un aumento del grado di omogeneità dei viventi, invece del gran numero di processi di differenziazione che constatiamo guardando la natura intorno a noi. Tale difficoltà può essere superata ricorrendo all'introduzione dei fenomeni SINTROPICI accanto a quelli entropici.
Non solo nello sviluppo di un singolo vivente, ma anche nello sviluppo della Vita si osserva una differenziazione sempre più grande, mediante variazioni che NON SONO CASUALI, ma orientate finalisticamente verso forme sempre più armoniche e complesse. Tale argomentare consente la risoluzione del problema relativo all'origine delle specie fornendo inoltre una conferma che i fenomeni della vita sono essenzialmente di tipo sintropico, in perfetto accordo con i dati geologici e paleontologici. Si spiega inoltre, in modo estremamente semplice, il fenomeno della variazione delle forme viventi e la ragione perché queste esistono, anche se la loro probabilità è pressoché nulla partendo da ipotesi di tipo entropico. Luigi Fantappiè sostiene che la coordinazione verso certi fini non deriva più dalla selezione naturale, che opera nelle forme più differenti conservando solo le più armoniche, ma è governata dal principio di finalità, che regola i fenomeni sintropici. Con tale asserzione non si vuole escludere l'azione della selezione naturale, ma sottolineare come la sua influenza per la evoluzione sia in effetti marginale, anche perché la selezione può agire solo a partire da forme pre-esistenti. [...]
Per concludere si può asserire che la formazione di specie sempre più differenziate non è prodotta da cause esterne, ma è mossa dai fini successivi, in coerenza con quanto richiesto dai principi base dei fenomeni SINTROPICI".  [Giuseppe e Salvatore ARCIDIACONO: Entropia, sintropia, informazione - pg. 67]

"Le mutazioni ENTROPICHE, come accettato comunemente, sono mutazioni di scarsa entità e producono alterazioni casuali nella struttura del materiale ereditario. Se si tratta di alterazioni negative saranno "regressive" o anche letali e si trasferiscono in una teratologia marginale che non può nuocere alla grande stabilità della specie. Le mutazioni di questo tipo rappresentano proprio il disordine legato al fatale aumento dell'entropia. Le mutazioni SINTROPICHE, invece, sono "spontanee", determinate da requisiti interni, logici e strutturali. Sono endogene e non casuali ed involvono una modificazione stabile e diretta del DNA. [...] Tali mutazioni possono assumere una grande ampiezza e sono in grado di riaggiustare armonicamente l'intero programma che caratterizza un certo organismo.
Le mutazioni NEUTRALI mantengono le condizioni iniziali e possono essere identificate con l'equilibrio di Hardy-Weinberg. Un esempio lo si può trovare nelle alterazioni prodotte nella struttura del citocroma c. Accettando l'esistenza delle "mutazioni sintropiche" si riesce a spiegare il motivo per cui l'evoluzione non consista in un processo graduale e lento, ma in un processo che avviene PER SALTI, mediante bruschi passaggi da una forma verso un'altra". [Giuseppe e Salvatore ARCIDIACONO: Entropia, sintropia, informazione - pg. 67]

Cit. CARLO
No, la filosofia di Kant, costruita per compartimenti stagni e incomunicanti (il noumeno, il fenomeno, il trascendent-ale, Dio) mi sembra un'aberrazione del pensiero, la fonte di quel virus che ha contagiato e reso sterile la filosofia moderna: il relativismo.

APEIRON
Ah ok! Io lo vedo più come una forma di scetticismo anche se, in realtà, posso capire perché con "forzando" la filosofia kantiana si rischia di degenerare nel relativismo ("assoluto"). Fai conto però che Kant, praticamente, vedeva l'etica come qualcosa che tendeva a quel "noumeno" che la ragione non poteva raggiungere. Non a caso, Kant scrive tutto il suo secondo libro dicendo che l'"imperativo" etico presente in tutti noi ci fa "postulare" Dio, l'anima immortale e la libertà. E tale imperativo, secondo Kant, doveva essere lo stesso per tutti. Perciò, secondo Kant, ciò che non si poteva dire con la "ragione pura" poteva essere detto con la "ragione pratica". Considerando anche la sua "teoria dell'etica" Kant è ben lontano sia dal relativismo che dallo scetticismo.

CARLO
Avendo a che fare con un "noumeno" inosservabile, inconoscibile e assolutamente separato dalla cosa fenomenica, e con un Dio assolutamente trascendente e separato da ogni esperienza, non si può che sfociare nel relativismo e nell'agnosticismo.

Continua....

Carlo Pierini

Cit. CARLO
Senti cosa scrive Ilya Prigogine a proposito dei problemi della MQ:
...
Molto interessante! C'è da dire che Bohr era molto attratto dalla "complementarità degli opposti" (tant'è che, ad un certo punto, scelse come suo stemma il simbolo dello yin e yang e come motto "contraria sunt complementa"). Considerando ciò, la lettura di Prigogine potrebbe essere la "giusta interpretazione" della visione delle cose di Bohr. Anche se, da quanto so io lui considerava come problematica la domanda "qual è lo stato di una particella quando non è osservato?" perché secondo lui non si poteva parlare di stato al di fuori della misurazione (in quanto lo stato sarebbe sempre stato descritto da "concetti classici").  Probabilmente io e Prigogine non stiamo dicendo cose diverse, anche se, ammetto, che la mia conoscenza del pensiero di Bohr deriva da "letteratura secondaria", ovvero la mia è una interpretazione dell'interpretazione del pensiero di Bohr fatta da diversi studiosi  ;D
 
CARLO
Io considero la MQ come una scienza in statu nascendi, quindi non do molto credito a chi pretende di trarne delle conclusioni filosofiche definitive. Del resto la fisica si trova al cospetto dei tre più grandi misteri dell'esistenza: lo spazio, il tempo e la mente umana (il soggetto) la cui scarsissima conoscenza ci impone la massima prudenza filosofica.
Io propendo a credere, cioè, che la MQ non sia una teoria vera e propria, ma una costruzione ad hoc che non spiega ancora nulla, ma che si limita ad osservare ciò che succede, nell'ignoranza più totale delle cause e, quindi, al di fuori di qualsiasi comprensione.
Un po' come la teoria geocentrica, che si limitava a matematizzare ciò che si osservava, ma a cui mancava la dinamica newtoniana-einsteiniana ai fini di una corretta spiegazione del moto degli astri.
Infatti, scrivono alcuni fisici:
 
<<Credo di poter dire con sicurezza che nessuno (...) comprende la meccanica quantistica. (...) Se credete di aver capito la teoria dei quanti, vuol dire che non l'avete capita>>. (Richard Feynman)
 
<<Non esiste un mondo quantistico. C'è soltanto una descrizione quantistica astratta>>. (Niels Bohr)
 
<<Non mi fu risparmiato lo shock che ogni fisico abituato al modo di pensare classico subiva quando sentiva parlare per la prima volta il postulato fondamentale della teoria quantistica di Bohr>>. (Wolfgang Pauli)
 
<<Espressioni come "la natura corpuscolare della luce" o "la natura ondulatoria degli elettroni" sono ambigue, perché i concetti di corpuscolo e di onda sono ben definiti solamente in fisica classica, nel cui ambito ovviamente luce ed elettroni sono, rispettivamente, onde elettromagnetiche e corpuscoli materiali>>. (Niels Bohr)
 
<<Se questi dannati salti quantici dovessero esistere, rimpiangerò di essermi occupato di meccanica quantistica!>>. (Erwin Schrödinger)
 
<<Riassumendo, allora, il potenziale quantistico è in grado di costituire una connessione non locale [una connessione nell'universo che è più rapida della velocità della luce, in violazione della teoria di Einstein della relatività generale, che afferma che nulla può andare più veloce della velocità della luce], dipendendo direttamente dallo stato del tutto, in un modo che non è riducibile a un preassegnato rapporto tra le parti. Non solo determina un'attività organizzata e coordinata di interi insiemi di particelle, ma determina anche quale sottoinsieme relativamente indipendente, nel caso, ci può essere all'interno di un tutto più grande>>. (David Bohm)

Ipazia

Tutte le teorie scientifiche sono rappresentazioni antropomorfiche della realtà ma, contrariamente alle favole, ciò che descrivono ha la capacità di produrre tecnologia, ovvero di incidere sulla realtà. Che la natura faccia o non faccia salti può avere qualche effetto filosofico, ma sarebbe meglio coinvolgere la filosofia in ambiti che non la rendano una comica caricatura della scienza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

Citazione di: Ipazia il 11 Ottobre 2018, 16:41:47 PM
Tutte le teorie scientifiche sono rappresentazioni antropomorfiche della realtà 

CARLO
Anche quello che hai appena scritto è una rappresentazione antropomorfica di "tutte le teorie scientifiche". Ma ciò non toglie nulla alla possibilità che tali rappresentazioni rispecchino fedelmente la realtà, cioè, che esprimano la verità.

IPAZIA
ma, contrariamente alle favole, ciò che descrivono ha la capacità di produrre tecnologia, ovvero di incidere sulla realtà. 

CARLO
Se consideri che le più grandi civiltà umane si sono costruite intorno a delle favole (miti sacri), allora anche le favole incidono profondamente sulla realtà.



PLATTERS: The great pretender
https://youtu.be/FyM8NVl4yBY

Ipazia

Citazione di: Carlo Pierini il 11 Ottobre 2018, 18:03:49 PM

Se consideri che le più grandi civiltà umane si sono costruite intorno a delle favole (miti sacri), allora anche le favole incidono profondamente sulla realtà.
Ottima osservazione. Basta pensare al capitalismo: miti, catechisti, taumaturghi e liturgie.
Ma incidono solo sull'universo antropologico. L'universo fisico non risponde alle favole e la scienza si occupa di universo fisico. Quando invade l'universo antropologico diventa pure essa favola, finchè non arriverà la, sospetto anch'essa mitica, era dell'Oltreuomo e della gaia scienza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve. Lo scopo della scienza non è l'acquisizione dell'onniscienza, la scoperta dell' origine del mondo, del suo scopo o destino, la rivelazione della verità.

Il suo scopo molto più semplice ed utile è la produzione di strumenti. Materiali o concettuali.
Macchine, strutture e procedure.

Essa si pone quindi al di fuori di qualsiasi filosofia, credenza od etica.

Per tornare all'originale quesito di questo di questo thread, il materialismo e la scienza non bastano (per spiegare all'uomo tutto quanto egli vorrebbe sapere o per dargli tutto ciò che esso vorrebbe avere). Ma funzionano assai bene nel migliorare le nostre condizioni - appunto MATERIALI - di vita.

Purtroppo materialismo e scienza non potranno mai avere alcuna influenza sulle nostre condizioni ESISTENZIALI.
Ma, ripeto, sarà bene tenersi stretta la scienza è conferire al materialismo utilità e dignità non diverse dallo spiritualismo. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Carlo Pierini

Citazione di: viator il 11 Ottobre 2018, 23:34:22 PM
Salve. Lo scopo della scienza non è l'acquisizione dell'onniscienza, la scoperta dell' origine del mondo, del suo scopo o destino, la rivelazione della verità.
Il suo scopo molto più semplice ed utile è la produzione di strumenti. Materiali o concettuali.
Macchine, strutture e procedure.

CARLO
Forse non ci hai fatto caso, ma solo la rivelazione di nuove verità permette alla scienza la produzione di strumenti nuovi, materiali o concettuali che siano. Perché con le teorie fasulle, con le false conoscenze non si produce un bel niente.
Quindi, diciamo piuttosto che la scienza nasce come filo-sofia, cioè, come amore per la conoscenza, per la verità, e che la tecnologia è il frutto di conoscenze acquisite, di verità svelate.

Non capisco, pertanto, questa smania generale di voler seppellire/censurare/rimuovere ad ogni costo il concetto di verità e di voler ridurre l'intera cultura in chiacchiere allo stato puro, dalla filosofia alla scienza: <<il sapere riguarda la "cosa", non la "cosa in sé">>, <<noi conosciamo la mappa, non il territorio>>, <<l'essere è solo la percezione, non l'essere in sé>>, <<il mondo non esiste, se non come rappresentazione antropomorfa>>, <<la scienza non è "episteme", ma solo "doxa">>, <<Dio è inconoscibile, quindi non oggetto di scienza>>, ...e via piagnucolando e decostruendo, cioè, gettando sconsideratamente fango su una delle facoltà più nobili dell'umanità: la facoltà di conoscere sé stessa e il mondo!! 
...E meno male che siamo in un NG di filosofia!!!



ZUCCHERO - Nice (Nietzsche) che dice
https://youtu.be/M4apUpLQRl0

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