Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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sgiombo

X Apeiron (e chiunque voglia leggere)

Non sai quanto ho aspettato e quanto mi abbia fatto piacere leggere che c' era un tuo intervento (ma sono addirittura tre! Troppa grazia!) in questa discussione!

(Fine della sviolinata; peraltro sincera).

In questo momento non ho troppo tempo, comincerò col considerare il tuo primo intervento.

Innanzitutto, per intenderci (dimmi se sbaglio), credo che quello che tu chiami indifferentemente "mente" ovvero "coscienza" (sinonimi) si identifichi con quello che io chiamo "mente" o "pensiero" (sostanzialmente la cartesiana "res cogitans"; ma intesa alla Hume come meramente fenomenica, e non alla Cartesio come reale anche se non percepita coscientemente, anche quando non é in atto ovvero fenomenicamente presente).
E chiami "materia" come me l' altra "parte" della "realtà fenomenica" (postulabile essere) intersoggettiva (e non meramente soggettiva come é la mente o coscienza, che io chiamo solo "mente" e non "coscienza", eventualmente "pensiero").
Quella che io chiamo "coscienza" o "esperienza (fenomenica) cosciente", che comprende tanto la materia quanto ciò che io chiamo soltanto "mente" (o al massimo "pensiero": la res cogitans) e tu anche "coscienza" (la res cogitans), tu la chiami "realtà fenomenica".
Se questa "traduzione" é esatta, e dunque se ben ti comprendo, mi sembra di concordare con la tua critica del materialismo (la materia fa parte della "realtà fenomenica di Apeiron" ovvero della "coscienza o esperienza cosciente di Sgiombo" e dunque non sussiste in sé indipendentemente dall' accadere delle sensazioni fenomeniche coscienti, non é reale se e quando queste -delle quali e di nient' altro che delle quali fa parte- non accadono realmente).
E infatti sia per te che per me il solipsismo é inconfutabile (razionalmente, per inferenza o per constatazione empirica; e il fatto che tu creda che la migliore confutazione del solipsismo avvenga a livello etico mi sembra ti avvicini tantissimo al Kant della Critica della ragion pratica).

E vengo ai motivi di dissenso.
A me non pone problemi il realismo indiretto, per il quale la nostra conoscenza della realtà oggettiva, in sé, quale é/diviene indipendentemente dalle sensazioni coscienti che eventualmente se ne hanno, non é precisamente conoscenza diretta di essa (contro il realismo ingenuo), ma invece una sorta di "conoscenza indiretta e distorta", in quanto é propriamente conoscenza di ciò che nella nostra "realtà fenomenica-Ap" ovvero "esperienza cosciente-Sg" ad essa corrisponde.
Si tratta semplicemente di un limite della nostra possibile conoscenza, di cui é bene avere consapevolezza (evitando di cadere nelle pie illusioni del senso comune e del suo realismo ingenuo).
Concordo che di conseguenza non possiamo che disporre di "ipotesi" circa la "realtà vera" nel senso di "in sé", quale é indipendentemente dalle sensazioni fenomeniche (infatti quelle che personalmente propongo, per esempio a proposito dei rapporti cervello-coscienza -a là Apeiron: cervello-realtà fenomenica- non sono che ipotesi esplicative).
Concordo anche con la tua critica della "inseità" delle qualità secondarie, che anche per me sono altrettanto fenomeniche di quelle secondarie, anche se contrariamente a queste direttamente misurabili intersoggettivamente (indirettamente lo sono anche le secondarie: frequenza, intensità, ecc. delle onde luminose, ecc.).
Per me però la realtà in sé non é totalmente inconoscibile.
Non é sensibile, esperibile empiricamente, e dunque non é conoscibile con quella certezza che l' immediata constatazione empirica conferisce alla conoscenza dei fenomeni; ma se ne possono fare ipotesi, che potrebbero anche essere vere anche se non se ne può avere certezza.
Credo che per Kant fosse effettivamente totalmente inconoscibile (attraverso la ragion pura); per me (si parva licet) in proposito si possono fare ipotesi di cui non può aversi certezza, ma che spiegano tante cose e potrebbero anche essere vere (oltre che false).

Invece non capsico in che senso lo spazio "fisico", contro Kant, non coincide necessariamente con quello "esperienziale".

Secondo me la "materialità", come la intendono il senso comune (o realismo ingenuo) e il monismo materialistico, non c'è come "cose in sé", e ciò che rimane di essa sono solamente le esperienze coscienti dei vari individui (mi sembrerebbe di capire che così sia anche per te).

Però non vedo alcun problema nel fatto (indimostrabile logicamente né empiricamente constatabile: Hume!" Credibile arbitrariamente, per fede) che la materia si comporta in modo "regolare" (e dunque é scientificamente conoscibile, tecnicamente "dominabile" entro certi limiti; e inoltre secondo me quindi ha senso valutare eticamente il comportamento umano).
Infatti la "materia" é sì completamente diversa ed indipendentemente da quella che chiami la "mente" o "coscienza" (io solo "mente" o "pensiero: res cogitans), ma non lo é affatto invece da quella che chiami "realtà fenomenica" (io "coscienza" o "esperienza fenomenica cosciente").
Ma indipendentemente da questo perché mai non dovrebbe poter divenire ordinatamente?

Concordo anche con la tua critica dell' idealismo, inteso come pretesa che i fenomeni mentali (per te si possono chiamare anche di coscienza: la res cogitans) siano reali in sé non in maniera meramente fenomenica: pretesa infondata del tutto esattamente come quella analoga del materialismo.
Ma il fatto che la materia divenga ordinatamente per me non richiede affatto l' esistenza di alcun Dio creatore, né "proiettore nella nostra coscienza (mondo fenomenico per te) dei suoi contenuti sensibili" alla maniera di Berkeley (o anche di Malebranche): può benissimo divenire ordinatamente "per fatti suoi", perché é fatta così (da sempre, non per opera intenzionale di nessuno), perché "così é se vi pare, e anche se non vipare".

sgiombo

Errata corrige: "qualità secondarie" erroneamente per "qualità primarie, ovviamente.

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2018, 12:31:20 PM
Riguardo alla relazione "meccanica quantistica"-"materialismo vs idealismo vs dualismo" ecc, secondo me la meccanica quantistica di per sé non porta a nessuna conclusione.

Per esempio, non è nemmeno vero che per tutti i sostenitori dell'interpretazione di Copenaghen, la realtà dipende dalle osservazioni. Ad esempio, Bohr sosteneva altro, si veda questo mio post (e magari la discussione che ne è seguita, dove si spiega che la posizione di Bohr era meno "ontologica" di quanto si pensa. Ad esempio, pensava che noi potevamo indagare la realtà fisica con l'ausilio di "concetti classici" - definiti anche da procedure sperimentali - e che quindi potevamo conoscere il mondo quantistico solo attraverso il "mezzo" degli apparati sperimentali e quindi attraverso i concetti classici.). Ovviamente, ciò non significa che alcuni eminenti fisici non sostengono una cosa del genere. Si veda, Wheeler e Wigner che sostenevano che "la coscienza causa il collasso" del pacchetto d'onda (Wheeler forum la teoria dell'universo partecipatorio, per il quale l'universo dipende dall'esistenza di osservatori coscienti). Oppure si veda cosa dice Andrei Linde, si veda il video in questo link (è in inglese ma si possono attivare i sottotitoli... il video non è nuovissimo, visto che non erano ancora state scoperte le onde gravitazionali). Anche Heinsenberg era di un'ottica più "soggettivistica" di Bohr, per quanto ne so. Su Linde in italiano c'è pochissimo. In inglese, c'è molto di più. Ma in genere su tutta questa questione c'è più in inglese. Ovviamente non c'entra niente questa teoria in cui la coscienza è vista come "rilevante" nella fisica con i proclami pseudo-scientifici che si sentono a riguardo (come ad esempio, che la meccanica quantistica dimostra "la legge di attrazione". Purtroppo, alcuni sfruttano le opinioni di illustri scienziati per i loro fini).
Citazione
La questione dei "rapporti MQ-dualismo mente/cervello" come si poneva fra me e CarloPierini, sulla quale auspicavo l' autorevole (e ovviamente non indiscutibile) valutazione di un "esperto in materia" o "addetto ai lavori", non era precisamente questa.


CarloPierini sostiene una tesi di filosofia della mente "dualistica interazionistica" proposta dal neurofisiologo John Eccles e dal noto filosofo Karl Popper per la quale esiste una mente immateriale o anima (dotata di libero arbitrio) che interagisce con la materia senza violare le leggi fisiche e la chiusura causale del mondo fisico, per così dire "insinuandosi negli spazi di manovra lasciati aperti dell' indeterminismo quantistico"
Infatti essa (la mente) "determinerebbe" l' indeterminismo quantistico (inteso "a là Copenhagen come ontologico, oltre che gnoseologico o epistemologico), decidendo quale delle varie alternative possibili (diversamente probabili, secondo proporzioni statistiche probabilistiche determinate) di fatto si verifica in ciascun singolo evento "microscopico" (e dunque indeterministico secondo il pr. di indeterminazione), in occasione degli eventi di eccitazione-inibizione trans-sinaptica dei neuroni: in sostanza (ma CarloPierini mi corregga se lo ritiene necessario) la mente liberamente interverrebbe nel divenire naturale stabilendo se e quali vescicole presinaptiche vengano svuotate nello spazio sinaptico all'arrivo di un potenziale d' azione, così da determinare un'eccitazione o una inibizione trans-sinaptica, stante che le leggi fisiche (della MQ) non lo prevedono, non lo impongono ma si limitano a stabilire le probabilità secondo cui le diverse alternative possibili si verificano in serie numerose di casi.

Per parte mia ritengo poco verosimile che l' ordine di grandezza delle vescicole presinaptiche e le membrane cellulari dei neuroni (costituite da numerose macromolecole lipoproteiche) sia tale (sufficientemente "microscopico") da consentire un ruolo effettivo e conseguenze rilevabili negli eventi che le riguardano all' indeterminismo quantistico, e dunque un intervento causale efficace da parte di una mente immateriale (o anima) che non violi le leggi fisiche ovvero la chiusura causale del mondo fisico, come sostenuto da Eccles-Popper.



Infine, credo che per Berkeley la conoscenza scientifica possa essere vista come una "corretta interpretazione" o, meglio, di un'approssimata descrizione di "ciò che è percepito".
Citazione
E' esattamente quel che penso anch' io (e credo David Hume).



Nel post precedente, non ho ben specificato che Kant non è un realista indiretto perché, per lui, anche le qualità primarie (quantitative) degli oggetti della nostra esperienza non sono indipendenti da tutte le menti. Però visto che le nostre esperienze coscienti hanno una struttura simile, in tutte gli oggetti hanno proprietà quantitative...
Citazione
A me questa sembra una tesi realistica indiretta: esiste realmente una cosa in sé che condiziona (non "causalmente in senso proprio", secondo me) le caratteristiche intersoggettive (comprese le proporzioni fra le qualità primarie di enti es eventi materiali) nelle diverse esperienze fenomeniche soggettive

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2018, 19:39:08 PM
Alcune precisazioni riguardo a quanto affermato oggi:

1) Non ho mai ben capito se Berkeley rifiutasse l'esistenza della materia o se invece si limitasse a dire che anche per essa vale il principio  "esse est percipi". Onestamente, visto che era cristiano e che il Cristianesimo dà molta importanza alla "carne", mi sorprenderebbe che considerasse la materia come "illusoria". Forse, riteneva che per esistere dovesse essere percepita da Dio.
Citazione
le  mie letture (attente) di Berkeley risalgono (però) a molti anni fa, e potrei sbagliare.

Per lui la materia é reale ma unicamente in quanto insiemi-successioni di sensazioni nell' ambito delle coscienze in cui questi accadono (compresa quella di Dio, che ne garantirebbe l' esistenza anche se, per assurdo, tutti gli uomini contemporaneamente dormissero).
E' Dio a far si che le sensazioni accadano nelle varie esperienze coscienti, come tali (non come oggetti reali anche allorché non son percepiti).


Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2018, 16:03:09 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2018, 12:31:20 PM
Citazione
CarloPierini sostiene una tesi di filosofia della mente "dualistica interazionistica" proposta dal neurofisiologo John Eccles e dal noto filosofo Karl Popper per la quale esiste una mente immateriale o anima (dotata di libero arbitrio) che interagisce con la materia senza violare le leggi fisiche e la chiusura causale del mondo fisico, per così dire "insinuandosi negli spazi di manovra lasciati aperti dell' indeterminismo quantistico"
Infatti essa (la mente) "determinerebbe" l'indeterminismo quantistico (inteso "a là Copenhagen come ontologico, oltre che gnoseologico o epistemologico), decidendo quale delle varie alternative possibili (diversamente probabili, secondo proporzioni statistiche probabilistiche determinate) di fatto si verifica in ciascun singolo evento "microscopico" (e dunque indeterministico secondo il pr. di indeterminazione), in occasione degli eventi di eccitazione-inibizione trans-sinaptica dei neuroni: in sostanza (ma CarloPierini mi corregga se lo ritiene necessario) la mente liberamente interverrebbe nel divenire naturale stabilendo se e quali vescicole presinaptiche vengano svuotate nello spazio sinaptico all'arrivo di un potenziale d' azione, così da determinare un'eccitazione o una inibizione trans-sinaptica, stante che le leggi fisiche (della MQ) non lo prevedono, non lo impongono ma si limitano a stabilire le probabilità secondo cui le diverse alternative possibili si verificano in serie numerose di casi.

Per parte mia ritengo poco verosimile che l' ordine di grandezza delle vescicole presinaptiche e le membrane cellulari dei neuroni (costituite da numerose macromolecole lipoproteiche) sia tale (sufficientemente "microscopico") da consentire un ruolo effettivo e conseguenze rilevabili negli eventi che le riguardano all' indeterminismo quantistico, e dunque un intervento causale efficace da parte di una mente immateriale (o anima) che non violi le leggi fisiche ovvero la chiusura causale del mondo fisico, come sostenuto da Eccles-Popper.

CARLO
Non posso che rimandarti a quanto scrive sinteticamente Eccles in proposito:

"Secondo la nostra teoria si ipotizza che gli eventi mentali influiscano semplicemente sulla probabilità di un'emissione vescicolare, che viene scatenata da un impulso pre-sinaptico. Tale effetto di un evento mentale verrebbe esercitato sul reticolo vescicolare presinaptico paracristallino, che complessivamente agisce controllando la probabilità di emissione di una singola vescicola dall'insieme delle numerose vescicole in esso inglobate.
La prima questione che può essere sollevata riguarda l'entità dell'effetto che potrebbe essere prodotto da un'onda di probabilità della meccanica quantistica: la massa della vescicola è abbastanza grande da oltrepassare i limiti del principio di indeterminazione di Heisemberg? Margenau adatta la comune equazione di indeterminazione a questo calcolo (...) dimostrando che l'emissione probabilistica di una vescicola dal reticolo sinaptico potrebbe essere idealmente modificata da un'intenzione mentale che agisca analogamente a un campo quantico di probabilità.
La seconda questione riguarda l'ordine di grandezza dell'effetto, che consiste semplicemente in una variazione delle probabilità di emissione di una singola vescicola. L'entità di tale effetto è troppo limitata per modificare gli schemi di attività neuronale persino in piccole zone del cervello. Ad ogni modo, ciascuna cellula piramidale della corteccia cerebrale viene raggiunta da migliaia di bottoni sinaptici. L'ipotesi è che il campo di probabilità dell'intenzione mentale sia ampiamente distribuito non solo alle sinapsi di quel neurone, ma anche a quelle di gran parte degli altri neuroni con funzioni simili appartenenti allo stesso dendrone ".   [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg.104/5]

"Il controllo mentale sull'attività cerebrale è talmente profuso da poter presumere una dominanza dell'io sul cervello. Ora, per la prima volta, è stata proposta l'ipotesi sul modo in cui queste influenze mentali potrebbero controllare le attività cerebrali senza infrangere le leggi di conservazione della fisica. Così alla critica materialista di Dennett, di Changeux e di Edelman viene meno la propria base scientifica. Le spiegazioni materialiste al problema mente-cervello, come la teoria dell'identità, possono essere ormai considerate prive di alcun fondamento scientifico e, persino, superstizioni durate troppo a lungo, come anche del materialismo promissorio. Tutte queste teorie sembrano ormai insostenibili. Ciascuno di noi possiede naturalmente la credenza dualista nell'interazione fra io e cervello, ma la filosofia riduzionista e materialista prevalente ne ha imposto il rigetto. Si tratta di una filosofia ingenua, eppure ha raggiunto lo status di "oggetto di fede". [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg. 200]

sgiombo

Al di là delle di molte valutazioni di Eccles contenute nella seconda citazione da cui dissento in gran parte (lo so, non é una novità), mi sembra di averne esposto (e proposto alla considerazione di Apeiron) molto fedelmente (in pochissime parole, con un efficace sforzo di sintesi e con una correttezza, malgrado i profondissimi dissensi, delle quali senza falsa modestia mi compiaccio) la tesi dualistica-interzionistica (che ribadisco di ritenere errata e falsa).

Carlo Pierini

#231
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2018, 21:17:04 PM
Al di là delle di molte valutazioni di Eccles contenute nella seconda citazione da cui dissento in gran parte (lo so, non é una novità), mi sembra di averne esposto (e proposto alla considerazione di Apeiron) molto fedelmente (in pochissime parole, con un efficace sforzo di sintesi e con una correttezza, malgrado i profondissimi dissensi, delle quali senza falsa modestia mi compiaccio) la tesi dualistica-interzionistica (che ribadisco di ritenere errata e falsa).

CARLO
Le opinioni personali hanno valore solo se fondate su solide osservazioni. Ma io leggo solo opinioni e costruzioni verbali astratte e macchinose, sradicate dall'esperienza psicologica umana reale.

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 05 Ottobre 2018, 22:25:01 PM
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2018, 21:17:04 PM
Al di là delle di molte valutazioni di Eccles contenute nella seconda citazione da cui dissento in gran parte (lo so, non é una novità), mi sembra di averne esposto (e proposto alla considerazione di Apeiron) molto fedelmente (in pochissime parole, con un efficace sforzo di sintesi e con una correttezza, malgrado i profondissimi dissensi, delle quali senza falsa modestia mi compiaccio) la tesi dualistica-interzionistica (che ribadisco di ritenere errata e falsa).

CARLO
Le opinioni personali hanno valore solo se fondate su solide osservazioni. Ma io leggo solo opinioni e costruzioni verbali astratte e macchinose, sradicate dall'esperienza psicologica umana reale.
Ma non dovresti leggere solo quanto scrivi tu...

Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 06 Ottobre 2018, 09:28:22 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 05 Ottobre 2018, 22:25:01 PM
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2018, 21:17:04 PM
Al di là delle di molte valutazioni di Eccles contenute nella seconda citazione da cui dissento in gran parte (lo so, non é una novità), mi sembra di averne esposto (e proposto alla considerazione di Apeiron) molto fedelmente (in pochissime parole, con un efficace sforzo di sintesi e con una correttezza, malgrado i profondissimi dissensi, delle quali senza falsa modestia mi compiaccio) la tesi dualistica-interzionistica (che ribadisco di ritenere errata e falsa).

CARLO
Le opinioni personali hanno valore solo se fondate su solide osservazioni. Ma io leggo solo opinioni e costruzioni verbali astratte e macchinose, sradicate dall'esperienza psicologica umana reale.
SGIOMBO
Ma non dovresti leggere solo quanto scrivi tu...
CARLO
Io sto contrapponendo ciò che scrivi tu non con quanto scrivo io, ma con quanto risulta dall'osservazione dei fatti, dall'esperienza. Una teoria non deve essere solo coerente in sé sul piano logico-concettuale, ma deve soprattutto essere conforme all'esperienza reale. 
Se quella branca della filosofia che chiamiamo "scienza" è diventata grande, è proprio perché considera insufficienti le elucubrazioni filosofiche pure, cioè, non supportate da un confronto metodico e capillare con l'esperienza. Non è altro che la concordanza con i fatti ciò che conferisce verità alle nostre tesi.

Apeiron

#234
Ciao Carlo:


CitazioneNon proprio. Il Tao è il Principio trascendente di cui materia e spirito rappresentano le polarità immanenti. In altre parole, l'alternativa a "materialismo" e "idealismo" è la complementarità di materia e spirito nell'unità superiore del Principio primo.
Quindi, non: << mente materia>>, ma: <<sia mente che materia>>.

Mmm, ammetto che ho letto solo il Tao te Ching e lo Zuanghzi (neanche tutto quest'ultimo) ma non mi pare che il Tao sia identificato con la coppia complementare yin-yang. Non dico che che la complementarietà sia estranea al Taoismo (direi ovviamente una falsità) ma il Tao mi sembra descritto come "qualcosa" di indescrivibile. Capitolo 1:
"Il Tao che può essere detto
non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.
Perciò chi non ha mai desideri
ne contempla l'arcano,
chi sempre desidera
ne contempla il termine.
Quei due hanno la stessa estrazione
anche se diverso nome
ed insieme sono detti mistero,
mistero del mistero,
porta di tutti gli arcani.",
Nel Capitolo 2 "essere" e "non essere" e molte altre coppie di opposti vengono viste come complementari. Il Tao è detto "vuoto" (cap 4), il Capitolo 14 dice:
"A guardarlo non lo vedi,
di nome è detto l'Incolore.
Ad ascoltarlo non lo odi,
di nome è detto l'Insonoro.
Ad afferrarlo non lo prendi,
di nome è detto l'Informe.
Questi tre non consentono di scrutarlo a fondo,
ma uniti insieme formano l'Uno.
Non è splendente in alto
non è oscuro in basso,
nel suo volversi incessante non gli puoi dar nome
e di nuovo si riconduce all'immateriale.
È la figura che non ha figura,
l'immagine che non ha materia:
è l'indistinto e l'indeterminato.
Ad andargli incontro non ne vedi l'inizio,
ad andargli appresso non ne vedi la fine.
Attieniti fermamente all'antico Tao
per guidare gli esseri di oggi
e potrai conoscere il principio antico.
È questa l'orditura del Tao.
"
Inoltre ricorre l'idea che bisogna diventare come "legno non scolpito". Mi pare che il Tao sia senza caratteristiche e quindi con possibilità infinite. Nel Capitolo 2 dello Zhaungzi si dice che la "saggezza degli uomini antichi arrivava molto lontano. Dove? Fino a quando le cose non esistevano". In sostanza, mi sembra che il Principio più che una complementarietà sia visto come una pura vacua Potenzialità. Però, solo quando ci si svuota. Dal capitolo 1 del Tao Te Ching, le "cose" si manifestano quando non si contempla "l'arcano". Le due descrizioni non sono contraddittorie ma il Tao è descritto come "l'informe", "l'indistinto" ecc. Intendevo questo, io.
Ah, Qui c'è la versione italiana del Tao Te Ching che ho usato.

In pratica, è come se il Tao (il Principio) e le "diecimila creature", caratterizzate dalla complementarietà yin-yang fossero come due "facce" della stessa medaglia, per così dire. 

CitazioneIl platonismo (Filone, Plotino, Dionigi l'Aeropagita, Agostino, Boezio, ecc.) identifica il Demiurgo platonico con il Logos o Verbo divino, comprendente le "forme", cioè i modelli eterni (metafisici) del reale, gli archetipi del creato.


Ok, grazie. Ma personalmente non vedo tale equazione così esplicita negli scritti di Platone. Si dice solo che le anime possono conoscere le Forme, così come gli occhi possono vedere gli oggetti luminosi. Inoltre, la Forma del Bene è vista come l'origine di tutto, il "Sole" dell'esistenza. Nel Parmenide si dice che non è né "essere" né "non essere". E mi pare che la cosa venga detta per l'Uno anche da Plotino. Anche in tal caso, l'Uno mi sembra essere né mente né materia, ma la loro causa. D'altro canto, è vero che in Plotino subito dopo l'Uno, c'è la Nous. E concordo che la teologia di Giovanni sia simile al pensiero neoplatonico.

CitazioneTommaso non identifica l'anima con il corpo, ma la considera la "forma" del corpo, cioè il suo archetipo. Mortale il primo, eterno il secondo.

Infatti, non ho detto che i due sono identici. Ma che per Tommaso ci sono entrambi. E che l'essere umano è "fatto" sia di mente che di materia (corpo). In realtà, non sono sicuro della relazione tra mente ed anima. Da quanto scrivi sembra che non coincidano.

CitazioneLe conoscenze scientifiche non ci dicono assolutamente nulla sull'origine della vita, né della coscienza.

Posso concordare che siamo ancora distanti da capire come si siano originate la vita e la coscienza (e forse non lo capiremo neanche nel futuro...) ma non è un po' troppo dire così?  :) voglio dire: le nostre attuali conoscenze scientifiche ci dicono che la Terra esiste da 4,5 miliardi di anni e che la vita biologica è iniziata circa 4 miliardi di anni. La vita senziente da meno tempo, direi. Magari prima del Big Bang c'erano forme di vita senziente. Ma, diciamo, 13 miliardi di anni fa è praticamente sicuro che non c'era da nessuna parte vita biologica.

A meno che non si creda in "altri reami di esistenza" non rilevabili, difficilmente si può negare che in questo universo la coscienza e la vita siano nate dopo. (Escludendo, ovviamente una o più eventuali "coscienze trascendenti").

Ciao @sgiombo,

CitazioneInnanzitutto, per intenderci (dimmi se sbaglio), credo che quello che tu chiami indifferentemente "mente" ovvero "coscienza" (sinonimi) si identifichi con quello che io chiamo "mente" o "pensiero" (sostanzialmente la cartesiana "res cogitans"; ma intesa alla Hume come meramente fenomenica, e non alla Cartesio come reale anche se non percepita coscientemente, anche quando non é in atto ovvero fenomenicamente presente).
E chiami "materia" come me l' altra "parte" della "realtà fenomenica" (postulabile essere) intersoggettiva (e non meramente soggettiva come é la mente o coscienza, che io chiamo solo "mente" e non "coscienza", eventualmente "pensiero").
Quella che io chiamo "coscienza" o "esperienza (fenomenica) cosciente", che comprende tanto la materia quanto ciò che io chiamo soltanto "mente" (o al massimo "pensiero": la res cogitans) e tu anche "coscienza" (la res cogitans), tu la chiami "realtà fenomenica".

Direi che l'unico appunto che ti faccio è che io distinguo anche tra la coscienza/mente e i "contenuti mentali". Per esempio, l'emozione della rabbia, pur essendo mentale, non è "mente" ma, piuttosto, è una sua caratteristica. Prendendo un'immagine buddhista, così come si possono distinguere le fiamme in base a ciò che stanno bruciando, allo stesso modo è possibile distinguere la mente a seconda del particolare stato mentale e di ciò ci cui la mente è consapevole (per esempio, se si sta contemplando un'immagine visiva, la mente "ha come oggetto" tale immagine). In pratica, è come se la nostra mente continuasse a cambiare "forma" (in molte scuole buddhiste (forse tutte), e io tendo a concordare con ciò, vi è l'idea che vi sia una sorta di "corrente mentale". Ovvero, la mente non è qualcosa di immutabile, ma piuttosto una successione di "momenti di coscienza").
Per il resto, credo che hai capito.

CitazioneInvece non capsico in che senso lo spazio "fisico", contro Kant, non coincide necessariamente con quello "esperienziale".

Parto da qui... per la questione dello spazio esperienziale, pensa a quello visivo. Secondo te, deve avere la stessa geometria di quello (curvo) della relatività generale? personalmente non vedo questa necessità. in realtà, penso che lo spazio "esperienziale" sia una sorta di "costruzione" che viene fatta integrando le informazioni dei cinque sensi. Per Kant lo spazio "esperienziale" era Euclideo (perché, per lui, era l'unico concetto di "spazio"... personalmente, non sono nemmeno sicuro di ciò). E da qui, lui credendo che per forza lo spazio della fisica dovesse coincidere con quello dell'esperienza cosciente, ha concluso che per forza la fisica doveva lavorare con lo spazio Euclideo (su ciò, tuttavia, c'è motivo di dissenso. Alcuni, pensano che Kant non credeva in questa "necessità" della piattezza dello spazio).

CitazioneA me non pone problemi il realismo indiretto, per il quale la nostra conoscenza della realtà oggettiva, in sé, quale é/diviene indipendentemente dalle sensazioni coscienti che eventualmente se ne hanno, non é precisamente conoscenza diretta di essa (contro il realismo ingenuo), ma invece una sorta di "conoscenza indiretta e distorta", in quanto é propriamente conoscenza di ciò che nella nostra "realtà fenomenica-Ap" ovvero "esperienza cosciente-Sg" ad essa corrisponde.

Sai, sono un po' confuso su questa questione... a dirti il vero. Nel senso: se ci limitiamo alla nostra esperienza cos'è la realtà materiale? Sensazioni visive, uditive, tattili (in "tattili" ci inserisco anche la proprioricezione, anche se probabilmente è improprio farlo, ma concedimi questa possibile "licenza poetica"  ;) ), gustative, olfattive. Chiaramente, noi non percepiamo le cellule. Negare che esse esistano però sembra poco sensato, vero? Se la materialità fosse solo l'insieme delle nostre sensazioni, le cellule cosa sono? Una possibile soluzione è dire che, in fin dei conti, noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale. Ma, ad essere onesto, non ho mai visto alcun idealista dare una spiegazione chiara della relazione tra le nostre sensazioni "materiali" e le "parti invisibili" di esse. Se quanto ho detto ha senso, si può ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi" (qui concordi anche tu...).

D'altro canto, però, se ammettiamo che il quasar esiste indipendentemente da noi, come possiamo dire che è parte della "materia"? E qui c'è il dilemma a cui mi riferivo, per citare l'Amleto di Shakespeare. In fin dei conti, Kant ci dice che le nostre categorie si applicano nella nostra esperienza e non possiamo usarle "fuori" da essa (Kant usa l'immagine dell'isola. Il mondo fenomenico è come l'isola in cui possiamo usare le categorie e le intuizioni. il noumeno è il misterioso oceano. Ovviamente, come tutte le analogie è piuttosto limitata!).Ergo, per Kant, parlare del "quasar in sé" indipendente da tutte le coscienze è problematico. Lo vedi il dilemma? Siamo tentati di uscire dalla nostra esperienza, eppure a rigore non possiamo. Possiamo al massimo parlare di realtà inter-soggettiva, ma non possiamo parlare della realtà indipendente da tutte le coscienze. Filosoficamente, condivido. Non è una posizione relativista, per come il termine è inteso nella nostra cultura occidentale, perché non implica l'assenza di verità condivise e inter-soggettive. In un senso però è relativista perché dice che, in pratica, non possiamo "uscire" dalle nostre menti e non possiamo fare "affermazioni" sulla "realtà esterna" (non a caso, ogni affermazione che facciamo su tale realtà segue le nostre categorie, no? Parliamo di particelle che si muovono nello spazio, no? Del "divenire temporale", "il flusso del tempo" indipendente da noi, no?). Per questo Kant asseriva che il noumeno è totalmente inconoscibile. A rigore, è improprio parlarne in termini di causalità, tempo, spazio ecc.

Però, in fin dei conti, la scienza ci suggerisce che, per esempio, il Big Bang sia avvenuto 14 miliardi di anni fa e "a quel tempo" non c'erano coscienze. Schopenhauer afferma: "Imperocché «nessun oggetto senza soggetto» è il principio, che rende per sempre impossibile ogni materialismo. Sole e pianeti, senza un occhio che li veda e un intelletto che li conosca, si possono bensì esprimere a parole: ma queste parole sono per la rappresentazione un sideroxylon. È vero d'altra parte che la legge di causalità e l'osservazione e la ricerca della natura, che su quella si fonda, ci conducono necessariamente alla certezza che ogni più perfetto stato organico della materia ha seguito nel tempo uno stato più grossolano: che cioè gli animali sono comparsi prima degli uomini, i pesci prima degli animali terrestri, le piante anche prima dei pesci, la materia inorganica prima della organica; che quindi la materia primitiva ha dovuto traversare una lunga serie di modificazioni, innanzi che il primo occhio si aprisse.E tuttavia l'esistenza del mondo intero rimane sempre dipendente da questo primo occhio che si è aperto – fosse pure stato l'occhio di un insetto – come dall'indispensabile intermediario della conoscenza, per la quale e nella quale esclusivamente il mondo esiste, e senza la quale esso non può nemmeno essere pensato: perché il mondo è semplicemente rappresentazione; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza. Anzi, quella medesima lunga successione di tempi, riempita da innumerevoli trasformazioni, attraverso cui la materia si elevò di forma in forma fino all'avvento del primo animale conoscente, può esser pensata soltanto nell'identità di una coscienza: di cui essa costituisce la serie delle rappresentazioni e la forma della conoscenza. Senza quest'identità, tale successione perde ogni senso e non è più nulla. Così vediamo da un lato l'esistenza del mondo intero dipendere di necessità dal primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto; e dall'altro lato con la stessa necessità questo primo animale conoscente dipendere in tutto e per tutto da una lunga catena anteriore di cause e di effetti, alla quale esso viene ad aggiungersi come un piccolo anello" (Schopenhauer, Mondo Come Volontà e Rappresentazione)
Paradossale, no? Eppure...eppure... se la materia fosse slegata completamente dalla mente, come potrebbe la nostra mente conoscerla? Stranamente, le osservazioni di Kant e Schopenhauer mi sembrano "giuste". In fin dei conti, noi concepiamo le cose sempre da un certo punto di vista. Ma come è la realtà indipendente da ogni punto di vista?!? Ah, si può porre sensatamente una tale realtà "indipendente da tutti"? I nostri concetti possono veramente applicarsi ad essa? Tu dici sì. Io non ne sarei, se voglio essere onesto, così sicuro (almeno se voglio restare in ambito filosofico. Chiaramente, posso dire che il paradosso di Schopenhauer si risolve se ci sono altre coscienze inosservabili, per cui l'universo diventa un oggetto ecc ecc). Si dice che Kant abbia postulato il noumeno come "concetto limite". Tale "concetto limite" non punterebbe ad "una realtà esterna". Ma sulla "realtà indipendente da ogni punto di vista" non si può dire niente. Anzi, è paradossale pure parlarne. Schopenhauer ha erroneamente identificato tale noumeno con la Volontà.

Su Berkeley, ok. Non sembra così diverso da quanto dice Schopenhauer nella citazione sopra, d'altronde.

E sulla limitazione della conoscenza... Direi che possiamo dire che, notando come la scienza non ha trovato tutti i "segreti" della realtà fenomenica, direi che non abbiamo nemmeno la conoscenza della realtà fenomenica ;)

P.S. Faccio notare che Schopenhauer aveva una teoria teleologica (ne sono abbastanza sicuro) riguardo all'evoluzione biologica. Però, ha scritto il suo libro prima della pubblicazione del lavoro di Darwin e Wallace.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#235
Citazione di: Carlo Pierini il 05 Ottobre 2018, 18:24:25 PM
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2018, 16:03:09 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2018, 12:31:20 PM
Citazione
CarloPierini sostiene una tesi di filosofia della mente "dualistica interazionistica" proposta dal neurofisiologo John Eccles e dal noto filosofo Karl Popper per la quale esiste una mente immateriale o anima (dotata di libero arbitrio) che interagisce con la materia senza violare le leggi fisiche e la chiusura causale del mondo fisico, per così dire "insinuandosi negli spazi di manovra lasciati aperti dell' indeterminismo quantistico"
Infatti essa (la mente) "determinerebbe" l'indeterminismo quantistico (inteso "a là Copenhagen come ontologico, oltre che gnoseologico o epistemologico), decidendo quale delle varie alternative possibili (diversamente probabili, secondo proporzioni statistiche probabilistiche determinate) di fatto si verifica in ciascun singolo evento "microscopico" (e dunque indeterministico secondo il pr. di indeterminazione), in occasione degli eventi di eccitazione-inibizione trans-sinaptica dei neuroni: in sostanza (ma CarloPierini mi corregga se lo ritiene necessario) la mente liberamente interverrebbe nel divenire naturale stabilendo se e quali vescicole presinaptiche vengano svuotate nello spazio sinaptico all'arrivo di un potenziale d' azione, così da determinare un'eccitazione o una inibizione trans-sinaptica, stante che le leggi fisiche (della MQ) non lo prevedono, non lo impongono ma si limitano a stabilire le probabilità secondo cui le diverse alternative possibili si verificano in serie numerose di casi.

Per parte mia ritengo poco verosimile che l' ordine di grandezza delle vescicole presinaptiche e le membrane cellulari dei neuroni (costituite da numerose macromolecole lipoproteiche) sia tale (sufficientemente "microscopico") da consentire un ruolo effettivo e conseguenze rilevabili negli eventi che le riguardano all' indeterminismo quantistico, e dunque un intervento causale efficace da parte di una mente immateriale (o anima) che non violi le leggi fisiche ovvero la chiusura causale del mondo fisico, come sostenuto da Eccles-Popper.

CARLO
Non posso che rimandarti a quanto scrive sinteticamente Eccles in proposito:

"Secondo la nostra teoria si ipotizza che gli eventi mentali influiscano semplicemente sulla probabilità di un'emissione vescicolare, che viene scatenata da un impulso pre-sinaptico. Tale effetto di un evento mentale verrebbe esercitato sul reticolo vescicolare presinaptico paracristallino, che complessivamente agisce controllando la probabilità di emissione di una singola vescicola dall'insieme delle numerose vescicole in esso inglobate.
La prima questione che può essere sollevata riguarda l'entità dell'effetto che potrebbe essere prodotto da un'onda di probabilità della meccanica quantistica: la massa della vescicola è abbastanza grande da oltrepassare i limiti del principio di indeterminazione di Heisemberg? Margenau adatta la comune equazione di indeterminazione a questo calcolo (...) dimostrando che l'emissione probabilistica di una vescicola dal reticolo sinaptico potrebbe essere idealmente modificata da un'intenzione mentale che agisca analogamente a un campo quantico di probabilità.
La seconda questione riguarda l'ordine di grandezza dell'effetto, che consiste semplicemente in una variazione delle probabilità di emissione di una singola vescicola. L'entità di tale effetto è troppo limitata per modificare gli schemi di attività neuronale persino in piccole zone del cervello. Ad ogni modo, ciascuna cellula piramidale della corteccia cerebrale viene raggiunta da migliaia di bottoni sinaptici. L'ipotesi è che il campo di probabilità dell'intenzione mentale sia ampiamente distribuito non solo alle sinapsi di quel neurone, ma anche a quelle di gran parte degli altri neuroni con funzioni simili appartenenti allo stesso dendrone ".   [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg.104/5]

"Il controllo mentale sull'attività cerebrale è talmente profuso da poter presumere una dominanza dell'io sul cervello. Ora, per la prima volta, è stata proposta l'ipotesi sul modo in cui queste influenze mentali potrebbero controllare le attività cerebrali senza infrangere le leggi di conservazione della fisica. Così alla critica materialista di Dennett, di Changeux e di Edelman viene meno la propria base scientifica. Le spiegazioni materialiste al problema mente-cervello, come la teoria dell'identità, possono essere ormai considerate prive di alcun fondamento scientifico e, persino, superstizioni durate troppo a lungo, come anche del materialismo promissorio. Tutte queste teorie sembrano ormai insostenibili. Ciascuno di noi possiede naturalmente la credenza dualista nell'interazione fra io e cervello, ma la filosofia riduzionista e materialista prevalente ne ha imposto il rigetto. Si tratta di una filosofia ingenua, eppure ha raggiunto lo status di "oggetto di fede". [J. ECCLES: Come l'Io controlla il suo cervello - pg. 200]


Carlo e sgiombo, onestamente credo che potrei deludervi. In realtà non ne so molto.
So che ci sono varie teorie quantistiche della coscienza. Ero a conoscenza di quella di Penrose (ma non l'ho mai capita bene). Ho un'alta stima di Penrose, ma trovo questi tentativi di spiegare la coscienza come "speculativi" (non ho intenzione di criticare né Eccles, che mi sembra un rispettabilissimo scienziato pur non conoscendo il suo lavoro, né Carlo che sostiene questa teoria). Ritengo infatti che la meccanica quantistica stessa sia ancora da capire pienamente e quindi utilizzarla per spiegare qualcosa di estremamente complesso come la relazione mente-cervello sia un po' "temerario".

So che il fisico Tegmark ha criticato questo tipo di studi, dicendo che la decorrenza quantistica (che è però essa stessa una spiegazione un po' controversa del collasso) non permette che la meccanica quantistica si applichi nel nostro cervello. In pratica, secondo Tegmark, non ci sono le condizioni per cui si possa applicare la meccanica quantistica in quella situazione perché le interazioni tra i sistemi quantistici e l'ambiente esterno sarebbero troppo rilevanti. Però, mi pare che la stessa critica di Tegmark sia stata a sua volta criticata. Ma non ho approfondito l'argomento, mi spiace.

Se devo "dire la mia", preferisco l'idea che mente e materia interagiscono (secondo me sono distinte e quindi probabilmente sono un "dualista interazionalista"). Non ho idea di "come" interagiscono. E, onestamente, non me la sento di cercare una spiegazione di come ciò avvenga con la conoscenza scientifica odierna. Non è detto che non si possa fare, ma personalmente mi sembra azzardato provarci. Il motivo per cui ritengo che mente e materia siano distinte e che interagiscano tra loro è che credo che l'etica funzioni "bene" solo assumendo il "libero arbitrio" (so di essere "non razionale" a "credere nel libero arbitrio", ma mi sembra l'ipotesi più ragionevole). Sgiombo, direi che abbiamo già avuto la discussione sul libero arbitrio e la conversazione è finita con un "pareggio" (abbiamo concordato di dissentire). Onestamente, sia il parallelismo (mente e materia esistono ed evolvono "in parallelo") che l'epifenomenalismo (la mente si origina dalla materia e non influisce sulla materia) mi paiono errate. Secondo me mente e materia si condizionano a vicenda e tale influenza non è né deterministica né probabilistica. Ovviamente, il mio non è un argomento "scientifico" e non spiego come tale interazione avvenga, quindi non mi vergogno assolutamente a dire che è un "mero atto di fede" (con però la precisazione che tale atto di fede secondo me è ragionevolmente basato su riflessioni sull'etica).

Ah, ultima cosa... tempo fa avevo usato il termine "mente" in modo non coincidente con quello di "coscienza". Mentre assumevo che fossero sinonimi per gli esseri senzienti, dicevo che anche i computer avessero una "mente" senza essere senzienti perché elaborano l'informazione. Mi rendo conto che ho usato un linguaggio improprio.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#236
Precisazione

Io scrivo:

CitazioneChiaramente, noi non percepiamo le cellule. Negare che esse esistano però sembra poco sensato, vero? Se la materialità fosse solo l'insieme delle nostre sensazioni, le cellule cosa sono? Una possibile soluzione è dire che, in fin dei conti, noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale. Ma, ad essere onesto, non ho mai visto alcun idealista dare una spiegazione chiara della relazione tra le nostre sensazioni "materiali" e le "parti invisibili" di esse. Se quanto ho detto ha senso, si può ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi" (qui concordi anche tu...).

sgiombo scrive:


CitazioneConcordo anche con la tua critica della "inseità" delle qualità secondarie, che anche per me sono altrettanto fenomeniche di quelle secondarie, anche se contrariamente a queste direttamente misurabili intersoggettivamente (indirettamente lo sono anche le secondarie: frequenza, intensità, ecc. delle onde luminose, ecc.).

Ovviamente, ciò non dice molto  della realtà materiale che non è direttamente osservata da noi. Però, è anche vero che possiamo inferire tramite l'analisi della realtà materiale osservata, l'esistenza e le caratteristiche della realtà materiale da noi non osservabile adesso. E la verifica delle nostre predizioni non è altro che una o più osservazioni sperimentali (da cui possiamo inferire l'esistenza di realtà materiali non osservabili).

Inoltre, Schopenhauer non afferma, se si fa attenzione, che l'universo materiale è "apparso" a causa del "primo occhio". Ma che, in realtà, è necessaria l'introduzione del "primo occhio" per rendere conto dell'evoluzione dell'universo. C'è una teleologia di fondo, però: la comparsa della coscienza, in pratica, è un "evento" necessario. Questo è per certi versi simile a quanto Wheeler sostiene nella sua teoria dell'universo partecipatorio.

Onestamente, ho molte perplessità anche se, dal punto di vista epistemologico, ritengo corretto che, a rigore, le nostre categorie si possono applicare solo in relazione all'esperienza. In pratica, possiamo inferire dell'esistenza della storia passata dell'universo analizzando la nostra esperienza attuale e non possiamo fare a meno di tener conto di ciò.

(In pratica siamo davanti ad una "antinomia" a livello epistemologico... così almeno interpreto anche Schopenhauer)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 06 Ottobre 2018, 13:07:57 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Ottobre 2018, 09:28:22 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 05 Ottobre 2018, 22:25:01 PM
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2018, 21:17:04 PM
Al di là delle di molte valutazioni di Eccles contenute nella seconda citazione da cui dissento in gran parte (lo so, non é una novità), mi sembra di averne esposto (e proposto alla considerazione di Apeiron) molto fedelmente (in pochissime parole, con un efficace sforzo di sintesi e con una correttezza, malgrado i profondissimi dissensi, delle quali senza falsa modestia mi compiaccio) la tesi dualistica-interzionistica (che ribadisco di ritenere errata e falsa).

CARLO
Le opinioni personali hanno valore solo se fondate su solide osservazioni. Ma io leggo solo opinioni e costruzioni verbali astratte e macchinose, sradicate dall'esperienza psicologica umana reale.
SGIOMBO
Ma non dovresti leggere solo quanto scrivi tu...
CARLO
Io sto contrapponendo ciò che scrivi tu non con quanto scrivo io,

Grazie, lo sapevo benissimo.

Ma invece  a me pare evidentissimo che le tue parole di cui sopra calzano perfettamente a te e non a me.

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 06 Ottobre 2018, 18:47:42 PM



Direi che l'unico appunto che ti faccio è che io distinguo anche tra la coscienza/mente e i "contenuti mentali". Per esempio, l'emozione della rabbia, pur essendo mentale, non è "mente" ma, piuttosto, è una sua caratteristica. Prendendo un'immagine buddhista, così come si possono distinguere le fiamme in base a ciò che stanno bruciando, allo stesso modo è possibile distinguere la mente a seconda del particolare stato mentale e di ciò ci cui la mente è consapevole (per esempio, se si sta contemplando un'immagine visiva, la mente "ha come oggetto" tale immagine). In pratica, è come se la nostra mente continuasse a cambiare "forma" (in molte scuole buddhiste (forse tutte), e io tendo a concordare con ciò, vi è l'idea che vi sia una sorta di "corrente mentale". Ovvero, la mente non è qualcosa di immutabile, ma piuttosto una successione di "momenti di coscienza").
Per il resto, credo che hai capito.
CitazionePurtroppo non conosco il buddismo (ho comprato qualcosa di Pasqualotto e ho intenzione di leggerlo), ma a me sembra ovvio che la menteSg (o mente-coscienzaAp sia costituita da "contenuti" (cogitantes; mentre la materia é costituita da contenuti "extensi": entrambi essendo realtà fenomenicaAp o coscienzaSg).



CitazioneInvece non capisco in che senso lo spazio "fisico", contro Kant, non coincide necessariamente con quello "esperienziale".

Parto da qui... per la questione dello spazio esperienziale, pensa a quello visivo. Secondo te, deve avere la stessa geometria di quello (curvo) della relatività generale? personalmente non vedo questa necessità. in realtà, penso che lo spazio "esperienziale" sia una sorta di "costruzione" che viene fatta integrando le informazioni dei cinque sensi. Per Kant lo spazio "esperienziale" era Euclideo (perché, per lui, era l'unico concetto di "spazio"... personalmente, non sono nemmeno sicuro di ciò). E da qui, lui credendo che per forza lo spazio della fisica dovesse coincidere con quello dell'esperienza cosciente, ha concluso che per forza la fisica doveva lavorare con lo spazio Euclideo (su ciò, tuttavia, c'è motivo di dissenso. Alcuni, pensano che Kant non credeva in questa "necessità" della piattezza dello spazio).
CitazioneMi sembrano la stessa cosa (meramente fenomenica: "esse est percipi"!) diversamente conosciuta (più o meno fedelmente o approfonditamente).



CitazioneA me non pone problemi il realismo indiretto, per il quale la nostra conoscenza della realtà oggettiva, in sé, quale é/diviene indipendentemente dalle sensazioni coscienti che eventualmente se ne hanno, non é precisamente conoscenza diretta di essa (contro il realismo ingenuo), ma invece una sorta di "conoscenza indiretta e distorta", in quanto é propriamente conoscenza di ciò che nella nostra "realtà fenomenica-Ap" ovvero "esperienza cosciente-Sg" ad essa corrisponde.

Sai, sono un po' confuso su questa questione... a dirti il vero. Nel senso: se ci limitiamo alla nostra esperienza cos'è la realtà materiale? Sensazioni visive, uditive, tattili (in "tattili" ci inserisco anche la proprioricezione, anche se probabilmente è improprio farlo, ma concedimi questa possibile "licenza poetica"  ;) ), gustative, olfattive. Chiaramente, noi non percepiamo le cellule. Negare che esse esistano però sembra poco sensato, vero? Se la materialità fosse solo l'insieme delle nostre sensazioni, le cellule cosa sono? Una possibile soluzione è dire che, in fin dei conti, noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale. Ma, ad essere onesto, non ho mai visto alcun idealista dare una spiegazione chiara della relazione tra le nostre sensazioni "materiali" e le "parti invisibili" di esse. Se quanto ho detto ha senso, Citazione da: Apeiron - Sat Oct 06 2018 18:47:42 GMT+0200 (Ora legale dell'Europa centrale)




CitazioneCitazione
CitazioneInvece non capisco in che senso lo spazio "fisico", contro Kant, non coincide necessariamente con quello "esperienziale".

Parto da qui... per la questione dello spazio esperienziale, pensa a quello visivo. Secondo te, deve avere la stessa geometria di quello (curvo) della relatività generale? personalmente non vedo questa necessità. in realtà, penso che lo spazio "esperienziale" sia una sorta di "costruzione" che viene fatta integrando le informazioni dei cinque sensi. Per Kant lo spazio "esperienziale" era Euclideo (perché, per lui, era l'unico concetto di "spazio"... personalmente, non sono nemmeno sicuro di ciò). E da qui, lui credendo che per forza lo spazio della fisica dovesse coincidere con quello dell'esperienza cosciente, ha concluso che per forza la fisica doveva lavorare con lo spazio Euclideo (su ciò, tuttavia, c'è motivo di dissenso. Alcuni, pensano che Kant non credeva in questa "necessità" della piattezza dello spazio).
CitazioneMi sembrano la stessa cosa (meramente fenomenica: "esse est percipi"!) diversamente conosciuta (più o meno fedelmente).



CitazioneA me non pone problemi il realismo indiretto, per il quale la nostra conoscenza della realtà oggettiva, in sé, quale é/diviene indipendentemente dalle sensazioni coscienti che eventualmente se ne hanno, non é precisamente conoscenza diretta di essa (contro il realismo ingenuo), ma invece una sorta di "conoscenza indiretta e distorta", in quanto é propriamente conoscenza di ciò che nella nostra "realtà fenomenica-Ap" ovvero "esperienza cosciente-Sg" ad essa corrisponde.

Sai, sono un po' confuso su questa questione... a dirti il vero. Nel senso: se ci limitiamo alla nostra esperienza cos'è la realtà materiale? Sensazioni visive, uditive, tattili (in "tattili" ci inserisco anche la proprioricezione, anche se probabilmente è improprio farlo, ma concedimi questa possibile "licenza poetica"  ;) ), gustative, olfattive. Chiaramente, noi non percepiamo le cellule. Negare che esse esistano però sembra poco sensato, vero? Se la materialità fosse solo l'insieme delle nostre sensazioni, le cellule cosa sono? Una possibile soluzione è dire che, in fin dei conti, noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale. Ma, ad essere onesto, non ho mai visto alcun idealista dare una spiegazione chiara della relazione tra le nostre sensazioni "materiali" e le "parti invisibili" di esse. Se quanto ho detto ha senso, si può ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi" (qui concordi anche tu...). 
CitazioneSe la materia é solo l'insieme delle nostre sensazioni materiali (come infatti é), le cellule sono le nostre sensazioni materiali scientificamente conosciute (osservate per mezzo del microscopio).
Infatti (concordo) noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale.
A me (che non sono idealista) questo pare evidente, non mi pone problemi relativi alla relazione tra le nostre sensazioni materiali (senza virgolette) e le "parti invisibili" (a occhio nudo; ma o visibili attraverso il microscopio o -atomi e quanto é più piccolo degli atomi- deducibili da quanto si vede).
Se la materia é solo l'insieme delle nostre sensazioni materiali (come infatti é), le cellule sono le nostre sensazioni materiali scientificamente conosciute (osservate per mezzo del microscopio).
Infatti (concordo) noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale.








CitazioneInvece non capisco in che senso lo spazio "fisico", contro Kant, non coincide necessariamente con quello "esperienziale".

Parto da qui... per la questione dello spazio esperienziale, pensa a quello visivo. Secondo te, deve avere la stessa geometria di quello (curvo) della relatività generale? personalmente non vedo questa necessità. in realtà, penso che lo spazio "esperienziale" sia una sorta di "costruzione" che viene fatta integrando le informazioni dei cinque sensi. Per Kant lo spazio "esperienziale" era Euclideo (perché, per lui, era l'unico concetto di "spazio"... personalmente, non sono nemmeno sicuro di ciò). E da qui, lui credendo che per forza lo spazio della fisica dovesse coincidere con quello dell'esperienza cosciente, ha concluso che per forza la fisica doveva lavorare con lo spazio Euclideo (su ciò, tuttavia, c'è motivo di dissenso. Alcuni, pensano che Kant non credeva in questa "necessità" della piattezza dello spazio).
CitazioneMi sembrano la stessa cosa (meramente fenomenica: "esse est percipi"!) diversamente conosciuta (più o meno fedelmente).



CONTINUA

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 06 Ottobre 2018, 18:47:42 PM
CONTINUAZIONE
Parto da qui... per la questione dello spazio esperienziale, pensa a quello visivo. Secondo te, deve avere la stessa geometria di quello (curvo) della relatività generale? personalmente non vedo questa necessità. in realtà, penso che lo spazio "esperienziale" sia una sorta di "costruzione" che viene fatta integrando le informazioni dei cinque sensi. Per Kant lo spazio "esperienziale" era Euclideo (perché, per lui, era l'unico concetto di "spazio"... personalmente, non sono nemmeno sicuro di ciò). E da qui, lui credendo che per forza lo spazio della fisica dovesse coincidere con quello dell'esperienza cosciente, ha concluso che per forza la fisica doveva lavorare con lo spazio Euclideo (su ciò, tuttavia, c'è motivo di dissenso. Alcuni, pensano che Kant non credeva in questa "necessità" della piattezza dello spazio).

CitazioneA me non pone problemi il realismo indiretto, per il quale la nostra conoscenza della realtà oggettiva, in sé, quale é/diviene indipendentemente dalle sensazioni coscienti che eventualmente se ne hanno, non é precisamente conoscenza diretta di essa (contro il realismo ingenuo), ma invece una sorta di "conoscenza indiretta e distorta", in quanto é propriamente conoscenza di ciò che nella nostra "realtà fenomenica-Ap" ovvero "esperienza cosciente-Sg" ad essa corrisponde.

Sai, sono un po' confuso su questa questione... a dirti il vero. Nel senso: se ci limitiamo alla nostra esperienza cos'è la realtà materiale? Sensazioni visive, uditive, tattili (in "tattili" ci inserisco anche la proprioricezione, anche se probabilmente è improprio farlo, ma concedimi questa possibile "licenza poetica"  ;) ), gustative, olfattive. Chiaramente, noi non percepiamo le cellule. Negare che esse esistano però sembra poco sensato, vero? Se la materialità fosse solo l'insieme delle nostre sensazioni, le cellule cosa sono? Una possibile soluzione è dire che, in fin dei conti, noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale. Ma, ad essere onesto, non ho mai visto alcun idealista dare una spiegazione chiara della relazione tra le nostre sensazioni "materiali" e le "parti invisibili" di esse. Se quanto ho detto ha senso, si può ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi" (qui concordi anche tu...).
Citazione
Se la materia é solo l'insieme delle nostre sensazioni materiali (come infatti é), le cellule sono le nostre sensazioni materiali scientificamente conosciute (osservate per mezzo del microscopio).
Infatti (concordo) noi sappiamo dell'esistenza delle cellule tramite l'analisi della nostra esperienza. E quindi, anche se, ovviamente, non possiamo avere la sensazione visiva, tattile ecc di una cellula, essa "compone" la materia della nostra esperienza cosciente. In pratica, la scienza diviene la corretta interpretazione della realtà fenomenica materiale.
A me (che non sono idealista questo pare evidente, non mi pone problemi relativi alla relazione tra le nostre sensazioni materiali (senza virgolette) e le "parti invisibili" (a occhio nudo; ma o visibili attraverso il microscopio o -atomi e quanto é più piccolo degli atomi- deducibili da quanto si vede).
E non si può, ma anzi si deve ancora parlare di cellule, atomi, quasars ecc senza neanche scomodare la "realtà indipendente da noi"



D'altro canto, però, se ammettiamo che il quasar esiste indipendentemente da noi, come possiamo dire che è parte della "materia"?
Citazione
Ma infatti il quasar non esiste indipedentemente dalla ("nostra") esperienza coscienteSg / mondofenomenicoAp.



E qui c'è il dilemma a cui mi riferivo, per citare l'Amleto di Shakespeare. In fin dei conti, Kant ci dice che le nostre categorie si applicano nella nostra esperienza e non possiamo usarle "fuori" da essa (Kant usa l'immagine dell'isola. Il mondo fenomenico è come l'isola in cui possiamo usare le categorie e le intuizioni. il noumeno è il misterioso oceano.
Citazione
Metafora che trovo non calzante e fuorviante: fra isola e oceano inesplorato c' é continuità, come fra oggetti macroscopici e direttamente osservati e oggetti dedotti dalle osservazioni dirette(sono fenomeni entrambi), mentre fra fenomeni e noumeno no.



Ovviamente, come tutte le analogie è piuttosto limitata!).Ergo, per Kant, parlare del "quasar in sé" indipendente da tutte le coscienze è problematico. Lo vedi il dilemma?
Citazione
 No: secondo me se Kant vivesse oggi non parlerebbe di "quasar in sé" indipendente da tutte le coscienze, ma di "quasar fenomenico intersoggettivo".



Siamo tentati di uscire dalla nostra esperienza, eppure a rigore non possiamo. Possiamo al massimo parlare di realtà inter-soggettiva, ma non possiamo parlare della realtà indipendente da tutte le coscienze.
CitazioneIn perfetta concordanza col Kant della Critica della ragion pura (circa la realtà materiale).



Filosoficamente, condivido. Non è una posizione relativista, per come il termine è inteso nella nostra cultura occidentale, perché non implica l'assenza di verità condivise e inter-soggettive. In un senso però è relativista perché dice che, in pratica, non possiamo "uscire" dalle nostre menti e non possiamo fare "affermazioni" sulla "realtà esterna" (non a caso, ogni affermazione che facciamo su tale realtà segue le nostre categorie, no? Parliamo di particelle che si muovono nello spazio, no? Del "divenire temporale", "il flusso del tempo" indipendente da noi, no?). Per questo Kant asseriva che il noumeno è totalmente inconoscibile. A rigore, è improprio parlarne in termini di causalità, tempo, spazio ecc.
Citazione
 
Esatto.
Ma non ci colgo alcunché di problematico. Nè di "relativistico, data l' intersoggettività della materia (fenomenica).



Però, in fin dei conti, la scienza ci suggerisce che, per esempio, il Big Bang sia avvenuto 14 miliardi di anni fa e "a quel tempo" non c'erano coscienze.
Citazione
Personalmente non accetto questo "suggerimento".



Schopenhauer afferma: "Imperocché «nessun oggetto senza soggetto» è il principio, che rende per sempre impossibile ogni materialismo. Sole e pianeti, senza un occhio che li veda e un intelletto che li conosca, si possono bensì esprimere a parole: ma queste parole sono per la rappresentazione un sideroxylon. È vero d'altra parte che la legge di causalità e l'osservazione e la ricerca della natura, che su quella si fonda, ci conducono necessariamente alla certezza che ogni più perfetto stato organico della materia ha seguito nel tempo uno stato più grossolano: che cioè gli animali sono comparsi prima degli uomini, i pesci prima degli animali terrestri, le piante anche prima dei pesci, la materia inorganica prima della organica; che quindi la materia primitiva ha dovuto traversare una lunga serie di modificazioni, innanzi che il primo occhio si aprisse.E tuttavia l'esistenza del mondo intero rimane sempre dipendente da questo primo occhio che si è aperto – fosse pure stato l'occhio di un insetto – come dall'indispensabile intermediario della conoscenza, per la quale e nella quale esclusivamente il mondo esiste, e senza la quale esso non può nemmeno essere pensato: perché il mondo è semplicemente rappresentazione; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza. Anzi, quella medesima lunga successione di tempi, riempita da innumerevoli trasformazioni, attraverso cui la materia si elevò di forma in forma fino all'avvento del primo animale conoscente, può esser pensata soltanto nell'identità di una coscienza: di cui essa costituisce la serie delle rappresentazioni e la forma della conoscenza. Senza quest'identità, tale successione perde ogni senso e non è più nulla. Così vediamo da un lato l'esistenza del mondo intero dipendere di necessità dal primo essere conoscente, per quanto sia quest'ultimo ancora imperfetto; e dall'altro lato con la stessa necessità questo primo animale conoscente dipendere in tutto e per tutto da una lunga catena anteriore di cause e di effetti, alla quale esso viene ad aggiungersi come un piccolo anello" (Schopenhauer, Mondo Come Volontà e Rappresentazione)
Paradossale, no?
CitazioneMi sembra alquanto ovvio (salvo l' affermazione , dalla quale, con Hume, dissento dall' affermazione che poiché "il mondo è semplicemente rappresentazione" [verissimo fin qui, secondo me]; e tale essendo, abbisogna del soggetto conoscente come fondamento della sua esistenza [lo nego: non ne ha necessariamente bisogno ma potrebbe anche darsi -anche se per fede non lo credo- rappresentazione senza soggetto e senza oggetto]").



Eppure...eppure... se la materia fosse slegata completamente dalla mente, come potrebbe la nostra mente conoscerla?
Citazione
Ma la materia (mi era sembrato che concordassi!), contrariamente al noumeno o cose in sé, lungi dall' essere "slegata completamente (non dalla menteAp ma) dal mondo fenomenicoAp / cosicenzaSg ne é parte integrante e nient' altro che parte integrante: "esse est percipi"!



Stranamente, le osservazioni di Kant e Schopenhauer mi sembrano "giuste". In fin dei conti, noi concepiamo le cose sempre da un certo punto di vista. Ma come è la realtà indipendente da ogni punto di vista?!? Ah, si può porre sensatamente una tale realtà "indipendente da tutti"? I nostri concetti possono veramente applicarsi ad essa? Tu dici sì. Io non ne sarei, se voglio essere onesto, così sicuro (almeno se voglio restare in ambito filosofico. Chiaramente, posso dire che il paradosso di Schopenhauer si risolve se ci sono altre coscienze inosservabili, per cui l'universo diventa un oggetto ecc ecc).
Citazione
Infatti, cosa indimostrabile né tantomeno (per definizione) mostrabile, ma non impossibile (la credo per fede).
Però l' universo (materiale) non diventa un oggetto (di sensazione: noumeno!), ma soltanto fenomeni intersoggettivi.



Si dice che Kant abbia postulato il noumeno come "concetto limite". Tale "concetto limite" non punterebbe ad "una realtà esterna".
Citazione
Dissento completamente da questa valutazione (per quel che credo -senza troppa certezza- di sapere di Kant.
Comunque per parte mia dissento "abissalmente" da questa accezione di "noumeno"!



Ma sulla "realtà indipendente da ogni punto di vista" non si può dire niente. Anzi, è paradossale pure parlarne. Schopenhauer ha erroneamente identificato tale noumeno con la Volontà.

Citazione
A me sembra molto ragionevole farne le considerazioni che propongo a scopo esplicativo della realtà fenomenica cosciente.



Su Berkeley, ok. Non sembra così diverso da quanto dice Schopenhauer nella citazione sopra, d'altronde.
Citazione
 Concordo.
Infatti concordavo con la tua affermazione che "Infine, credo che per Berkeley la conoscenza scientifica possa essere vista come una "corretta interpretazione" o, meglio, di un'approssimata descrizione di "ciò che è percepito" (vedi quanto scritto qui sopra sulal conoscenza dei quasar, cellule, atomi, ecc.).

E sulla limitazione della conoscenza... Direi che possiamo dire che, notando come la scienza non ha trovato tutti i "segreti" della realtà fenomenica, direi che non abbiamo nemmeno la conoscenza della realtà fenomenica ;)



Citazione
Pure qui concordo: non una conoscenza completa, "perfetta".


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