Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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Carlo Pierini

#210
Cit. CARLO
Quindi noi crediamo per fede che la Terra giri intorno al Sole e non viceversa? ...O che siano i batteri la causa di certe malattie infettive?


SGIOMBO
In ultima analisi sì, come qualsiasi altra verità scientifica, dal momento che, come ci ha insegnato David Hume, non si può dimostrare né mostrare che il divenire naturale seguirà sempre anche in futuro le regolarità osservate nel passato e al presente (mai, quante che esse siano e siano state).

CARLO
Non si può dimostrare nemmeno che domani 5x8 sarà ancora uguale a 40, cioè, che l'ordine logico che oggi governa il mondo domani non sarà più lo stesso. Ma se questo fosse un motivo sufficiente per affermare che anche la logica è un'ingannevole "apparenza", allora dovremmo considerare "apparenza" anche gli insegnamenti di Hume che su questa stessa logica si fondano. Pertanto, se vuoi pensare che Hume abbia ragione, allora devi anche pensare che l'indimostrabilità dell'eternità delle leggi di natura nulla toglie alla loro piena validità attuale, altrimenti seghi il ramo sul quale sei seduto.
In altre parole, gli insegnamenti di Hume sono aria fritta, così come lo è il suo "esse est percipi". Perché se fosse vero che <<nulla può essere dimostrato>> e che dunque <<non esistono verità indubitabili>>, allora anche queste affermazioni sarebbero indimostrabili e dunque dubitabili, prive di significato. Torniamo a quello che io considero il primo principio della logica: <<la verità non può essere negata>>.

Cit. CARLO
Il tuo è un circolo vizioso verbale. Nella conoscenza reale, invece, se osservo, per esempio, degli alberi che si agitano, ho bisogno di pensare che esista una causa chiamata "vento", mentre non ho alcun bisogno di ipotizzare l'esistenza di un "vento in sé" che sia altro dal "vento".
Insomma, per gli uomini normali, "in sé" è solo un modo per isolare discorsivamente "la cosa" dai suoi effetti su altre cose e su di noi, non per affermare una entità diversa e separata dalla "cosa" stessa.


SGIOMBO
Nella conoscenza reale, se osservo, per esempio, degli alberi che si agitano, e una causa del loro agitarsi chiamata "vento", le quali cose non esistono quando non le osservo, per spiegarmi come mai puntualmente ri-esistono se le ri-osservo credo che anche quando non li osservo e dunque, non esistono tali fenomeni, continuino ed esistere delle cose in sé ad esse corrispondenti (che per non cadere in una patente contraddizione devo pensare che dai fenomeni stessi siano diverse) che allorché si vengono a trovare in determinati rapporti con la cosa in sé che sono io, soggetto di esperienza fenomenica cosciente, allora nella mia esperienza cosciente stessa (di cui in tali circostanze vengono ad essere oggetti) esistono i fenomeni albero, vento, ecc..


CARLO
Continui a seguire il criterio delirante di Hume dell'identità oggetto-percezione (esse est percipi) affermando che il vento e l'albero non esistono quando non le osservi; e da questa aberrazione derivi la necessità della "cosa in sé". E' evidente quindi che, se la premessa è falsa, la conclusione non ha alcun valore.

Cit. CARLO
Quando io pronuncio un nome che non può essere associato ad alcun evento percepibile, quel nome è solo un rumore e nient'altro. Ecco, il sarchiapone e il noumeno sono due esempi di tale rumore privo di significato. E, se vuoi, ti ci aggiungo anche la ...supercazzola in omaggio.  

SGIOMBO
Sarchiapone, supercazzola (e altre eventuali stronzate) non esistono come fenomeni (sono fenomeni inesistenti) in quanto non si osservano; invece il noumeno non si osserva ma (con le caratteristiche che ti ho pazientissimamente ma inutilmente illustrato innumerevoli volte, anche poco sopra) non si può dimostrare né che non esista né che esista; solo che credendo che esista ci si spiegano cose che si osservano come l'intersoggettività (indimostrabile ma necessaria alla conoscenza scientifica) dei fenomeni materiali e i rapporti cervello-coscienza.


CARLO
Certo, anche la credenza nell'esistenza dei vampiri spiega cose intersoggettive che si osservano, come l'usanza primitiva di mettere una treccia d'aglio o un crocefisso vicino al letto; ma questo non significa che credere nell'esistenza dei vampiri sia qualcosa di più di una sciocca superstizione.
Che vuoi dire con <<l'intersoggettività è necessaria alla scienza>>?

Cit. CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.

SGIOMBO
Il noumeno kantiano é un' ottima siegazione di cose come l'intersoggettività (indimostrabile ma necessaria alla conoscenza scientifica) dei fenomeni materiali e i rapporti cervello-coscienza.
Invece l' esistenza di un principio metafisico che governa il mondo, e la pretesa che da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose é precisamente una sparata idealistica campata in aria, la quale non ha nulla a che vedere con le fisicissime (e non affatto metafisiche!) leggi del divenire naturale.


CARLO
Intanto, <<fisiche>> sono le grandezze sensibili, quantificabili, osservabili, non quei modelli metafisici che ordinano le loro relazioni e che noi chiamiamo "leggi della natura", le quali non sono osservabili, ma è possibile risalire ad esse solo attraverso un processo metafisico di astrazione.
In secondo luogo, queste stesse leggi naturali (di cui tu neghi o affermi l'esistenza a seconda di come ti fa comodo) sono ben lungi dal giustificare la comparsa, per esempio, di quei complessi e misteriosi modelli biologici che chiamiamo "specie viventi"; né spiegano la presenza in ciascuna specie di quei modelli tipici di comportamento che chiamiamo istinti; né spiegano l'esistenza di quei modelli di significato universalmente diffusi nella cultura umana (non riducibili a cause storico-contingenti) che la Storia comparata della cultura ha messo in luce nel proprio dominio di ricerca e che ha chiamato "strutture archetipiche".
Pertanto, l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, non è campata in aria come lo è l'ipotesi della "cosa in sé", ma è una necessità logica fondata sull'osservazione dei fatti.

SGIOMBO
L'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto dimostrata dall' esperienza scientifica, ma é anzi un' ineludibile conditio sine qua non indimostrabile della conoscenza scientifica stessa, come ci ha insegnato il grandissimo David Hume.

CARLO
...E il "grandissimo" Hume ti ha spiegato le ragioni per le quali delle cose <<inesistenti>> dovrebbero costituire una <<ineludibile conditio-sine-qua-non della conoscenza scientifica>>?
Per esempio, l'esistenza del pianeta Plutone è stata scoperta molto tempo prima della sua osservazione reale (lo chiamarono "pianeta X") proprio perché agli inizi del '900 divenne una conditio-sine-qua-non della conoscenza astronomica; e dell'atomo e di tante altre entità fisiche possiamo dire la stessa cosa. Allora, non ti sorge il sospetto che la dimostrazione dell'esistenza delle leggi di natura o di qualunque altra cosa che non sia direttamente osservabile risieda proprio nel loro essere una <<ineludibile conditio-sine-qua-non della conoscenza>>?
Pertanto, se hai dubbi sull'esistenza di entità che sono indispensabili alla conoscenza, quanti dubbi dovresti avere sull'esistenza del noumeno che è assolutamente inutile in ogni disciplina della ricerca?

Cit. CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare - come quella geocentrica, per esempio -, poi mi fai sapere i risultati.

SGIOMBO
Ti é già stato risposto (inutilmente) innumerevoli volte e non solo da me che queste sciocchezze non c' entrano nulla con una corretta e precisa concezione dell'eliocentrismo (approssimativo perché il centro del sole non é precisamente il centro del sistema a causa degli effetti gravitazionali "minori" dei pianeti, satelliti, comete, ecc.).

CARLO
E io ho risposto (inutilmente) che la scoperta secondo cui il centro di massa del sistema solare non coincide con il centro del Sole (ma cade comunque al suo interno), è una verità in più che conferma la verità generale dell'eliocentrismo e la falsità essenziale del geocentrismo. Possibile che non riesci a capire la differenza che c'è tra una teoria "sballata" come il geocentrismo e una teoria come l'eliocentrismo grazie alla quale possiamo cogliere persino dettagli come questo (centro di massa non coincidente col centro del Sole) o come quello della precessione del perielio dell'orbita di Mercurio, oppure come la scoperta che la Luna si allontana dalla Terra di circa 3 centimetri all'anno, ecc.? Tutti questi aggiustamenti successivi non confutano l'eliocentrismo, ma, al contrario, ne rafforzano la validità.

Adesso devo uscire, completerò stasera la risposta.



VERDI - Vieni t'affretta, op. Macbeth
https://youtu.be/ddr0dwPlYVM
 
TESTO:
(Lady Macbeth istiga Macbeth al regicidio)
...Vieni t'affretta! Accendere
Ti vo' quel freddo core!
L'audace impresa a compiere
Io ti darò valore;
Di Scozia a te promettono
Le profetesse il trono...
Che tardi? Accetta il dono,
Ascendivi a regnar).

Carlo Pierini

#211
2a parte

Cit. SGIOMBO
Rendersi conto che terra, sole, ecc. sono meri fenomeni il cui "esse est percipi" (Berkeley e Hume) non ha proprio nulla a che vedere col darne giudizi errati (e nemmeno col darne giudizi esatti)!

CARLO
Ribadisco: "esse est percipi" è privo di senso perché elimina sia il soggetto che l'oggetto della percezione. Se vogliamo essere onesti, dobbiamo dire che <<l'essere è la corretta interpretazione di ciò che si osserva>>; nel nostro caso specifico: il geocentrismo è una interpretazione errata del moto reale dei pianeti, mentre l'eliocentrismo (la cui approssimazione è progressivamente riducibile col perfezionarsi degli strumenti di misura) è una interpretazione sostanzialmente corretta. Infatti, con il primo non saremmo in grado di andare nemmeno sulla Luna, mentre con il secondo abbiamo inviato sonde nell'intero sistema solare.
Nel processo conoscitivo reale cioè il "percipi" è assolutamente marginale per la comprensione dell'"esse". Ciò che è fondamentale è la corretta interpretazione di ciò che Hume omette: l'oggetto percepito.


SGIOMBO
La percezione é certa (se e quanto accade); invece soggetto e oggetto in sé di essa (...) no.

CARLO
Altro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;
2 - un soggetto può avere una falsa percezione (allucinazione o proiezione), cioè può percepire come reale e concreto qualcosa che invece è solo la proiezione di un contenuto che appartiene alla sua sfera inconscia.
Ergo, la percezione è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva del soggetto.

"Il fatto che l'inconscio appaia proiettato non ha in sé nulla di sorprendente: è come se non potesse venir percepito in altro modo. [...] Naturalmente la proiezione non è un evento volontario, ma qualcosa che muove incontro alla coscienza "dal di fuori", un'apparenza dell'oggetto, dove il soggetto resta ignaro di essere lui stesso la fonte di luce che fa brillare l'"occhio di gatto" della proiezione.     [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.105]

"Normalmente l'immagine inconscia manca di una proiezione nello spazio, benché eccezionalmente possa anche apparire per così dire all'esterno. Questo modo di manifestarsi va designato come arcaico. [...] Negli stadi primitivi di evoluzione, l'immagine interna si trasferisce facilmente nello spazio come visione o come allucinazione uditiva, senza per questo essere patologica". [JUNG: Tipi psicologici- pg.490]

SGIOMBO
Soggetto e oggetto si possono credere (superando il solipsismo) solo per fede.

CARLO
Riesci a cogliere la differenza che corre tra la fede nell'esistenza della "teiera celeste" (di Russell) e la fede nell'esistenza degli atomi?

Cit. SGIOMBO
Le cose in sé si manifestano "di tanto in tanto (non per tutta la durata della loro esistenza/accadimento) alla coscienza, ma come fenomeni; dunque sono "qualcosa" e non "nulla":

Cit. CARLO
Lo vedi che cominciamo a capirci? La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno) che è implicita nell'affermazione abusata dei kantiani: <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>.
Cominci a capire cioè che è proprio la cosa in sé la causa dei fenomeni e che dunque non è impossibile risalire gradualmente da essi alla causa.
Ecco, Platone aggiunge solo una "piccola" considerazione in più; lui dice che quella "cosa in sé" che conosceremo grazie alle sue molteplici manifestazioni fenomeniche corrisponderà con il modello metafisico originario da cui essa discende: il vero noumeno, la causa prima della "cosa in sé", ...in termini analoghi a quelli secondo cui ad ogni creazione umana corrisponde l'idea che l'ha forgiata, il progetto (la causa prima) da cui essa discende.


SGIOMBO
E' ovvio (e l' ho sostenuto un' infinità di volte) che La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno); ma tantomeno c' é quell' identità che pretenderebbe il senso comune:
"essere in sé (indipendentemente da eventuali manifestazioni di sé)" =/= "manifestarsi" ! ! !

CARLO
Se la cosa in sé è la causa dei fenomeni, se i fenomeni sono conoscibili, e se la scienza è stata capace centinaia di volte di risalire dai fenomeni (osservabili) alla causa che li produce (inosservabile), io non vedo alcun motivo (che non sia un dogma puro) per porre dei limiti alla conoscenza della "cosa in sé". E la negazione di questi limiti di conoscenza non significa affatto affermare l'identità tra fenomeni e cosa in sé, perché il passaggio dall'effetto alla causa non è immediato, ma è il frutto di un corretto processo di interpretazione-astrazione dei fenomeni, proprio come Newton riuscì a ricavare il suo principio gravitazionale attraverso l'interpretazione in chiave dinamica delle tre leggi cinematiche di Keplero.

SGIOMBO
Peraltro Kant non afferma affatto (anzi, il contrario, sia pure attraverso la ragion pratica!) che <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>, ma invece che <<percepiamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>: c' é una bella differenza (per chi non sia accecato dai pregiudizi del senso comune) ! ! !

CARLO
Questa è un'aggravante, non un'attenuante, perché così facendo si nega ogni possibilità di conoscenza. Invece la scienza non percepisce solo i fenomeni, ma conosce anche molte di quelle che tu hai chiamato le <<fisicissime leggi del divenire>>, che non sono affatto oggetto di percezione.
Insomma, le tue e quelle di Kant sono elucubrazioni astratte e sradicate da ogni confronto con la conoscenza reale, quindi perlopiù arbitrarie e infondate.
Ma meno male che i ricercatori, quelli che producono conoscenza vera, e non chiacchiere, ignorano Kant, altrimenti andremmo ancora in giro con le carrozze a cavalli e cureremmo le infezioni e l'ipertensione con i salassi.

SGIOMBO
NOTA BENE: La mia pazienza ha un limite.

CARLO

Fosse solo la tua pazienza ad avere un limite!



HÄNDEL: Crede l'uom - Op. Trionfo del Disinganno
https://youtu.be/OELy-RIV6EM

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 29 Settembre 2018, 14:01:25 PM
Ignorate, come mi ero ripromesso le cazzate già trite e ritrite, e i soliti tuoi fraintendimenti reiterati già tantissime volte che con tutta evidenza non riesci a superare mie modeste tesi (oltre che di Hume, Kant e probabilmente altri grandi che al momento non mi sovvengono), vengo ad alcune tue affermazioni errate nuove (o almeno che mi risultano tali; potrei non averle notate, se già esposte nel forum).



Citazione
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Settembre 2018, 14:01:25 PMCARLO
Non si può dimostrare nemmeno che domani 5x8 sarà ancora uguale a 40, cioè, che l'ordine logico che oggi governa il mondo domani non sarà più lo stesso. Ma se questo fosse un motivo sufficiente per affermare che anche la logica è un'ingannevole "apparenza", allora dovremmo considerare "apparenza" anche gli insegnamenti di Hume che su questa stessa logica si fondano. Pertanto, se vuoi pensare che Hume abbia ragione, allora devi anche pensare che l'indimostrabilità dell'eternità delle leggi di natura nulla toglie alla loro piena validità attuale, altrimenti seghi il ramo sul quale sei seduto.
In altre parole, gli insegnamenti di Hume sono aria fritta, così come lo è il suo "esse est percipi". Perché se fosse vero che <<nulla può essere dimostrato>> e che dunque <<non esistono verità indubitabili>>, allora anche queste affermazioni sarebbero indimostrabili e dunque dubitabili, prive di significato. Torniamo a quello che io considero il primo principio della logica: <<la verità non può essere negata>>.

Citazione
Confondi i giudizi sintetici a posteriori con quelli analitici a priori.
5 x 8 farà sempre 40 nell' aritmetica corrente, e contrariamente alle conoscenze delle scienze naturali é assolutamente certo per il semplice fatto che si tratta di un giudizio sintetico a priori che applica regole di inferenza logica (in particolare di calcolo in questo caso) arbitrariamente stabilite a concetti arbitrariamente considerati.
"Paga" però inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà (né che ci sono nella realtà 40 ladroni né che non ci sono; di nessun tipo di ente od evento ci dice se ve ne sono 40 o meno, né, nel caso ce ne fossero, se sarebbero divisi in 8 gruppi di 5 o viceversa oppure no).
Invece quelli delle scienze naturali sono giudizi sintetici a posteriori, conoscitivamente fecondi (ci dicono per esempio che i corpi massivi si attraggono), che tuttavia "pagano" la loro fecondità conoscitiva con un' insuperabile incertezza (teorica, in linea di principio: nulla ci garantisce che alla prossima osservazione la mela staccatasi dal ramo anziché cadere a terra non salirà in cielo o non resterà sospesa a mezz' aria, per quante siano le osservazioni che finora puntualmente, immancabilmente hanno rilevato la caduta a terra; il che ovviamente non toglie che sia "ragionevole" credere infondatamente che siano certe e comportarsi in patica come se lo fossero).
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CARLO
Intanto, <<fisiche>> sono le grandezze sensibili, quantificabili, osservabili, non quei modelli metafisici che ordinano le loro relazioni e che noi chiamiamo "leggi della natura", le quali non sono osservabili, ma è possibile risalire ad esse solo attraverso un processo metafisico di astrazione. 
In secondo luogo, queste stesse leggi naturali (di cui tu neghi o affermi l'esistenza a seconda di come ti fa comodo) sono ben lungi dal giustificare la comparsa, per esempio, di quei complessi e misteriosi modelli biologici che chiamiamo "specie viventi"; né spiegano la presenza in ciascuna specie di quei modelli tipici di comportamento che chiamiamo istinti; né spiegano l'esistenza di quei modelli di significato universalmente diffusi nella cultura umana (non riducibili a cause storico-contingenti) che la Storia comparata della cultura ha messo in luce nel proprio dominio di ricerca e che ha chiamato "strutture archetipiche".
Pertanto, l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, non è campata in aria come lo è l'ipotesi della "cosa in sé", ma è una necessità logica fondata sull'osservazione dei fatti.
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Citazione
Il processo di astrazione non é affatto metafisico ma semplicemente mentale, cogitativo, cognitivo (e le scienze naturali lo applicano all' osservazione del mondo fisico, materiale, naturale: nulla di "metafisico").
 
E le leggi fisiche sono aspetti generali astratti (rilevati costantemente, "sempre finora", in determinate osservazioni concrete in numero finito e postulati arbitrariamente, indimostrabilmente -Hume!- essere universali e costanti, validi per qualsiasi osservazione passata, presente e futura, "all' infinito nel tempo e nello spazio") del divenire naturale; aspetti astratti dal pensiero (umano) dai casi concreti particolari osservabili (e discernibili, nelle osservazioni di cui sono parte integrante, dagli aspetti particolari concreti pure appartenenti alle osservazioni stesse: aspetti generali astratti di quanto di fisico-naturale si osserva; niente di metafisico, niente che abbia qualcosa a che vedere con farneticazioni idealistiche infondate razionalmente come le idee platoniche o gli archetipi jungiani).
 
 
Le specie viventi e gli istinti animali non sono "modelli" (non li fa creati un Dio seguendo un progetto, alla maniera in cui i "modelli" di auto, di vestisti, di edifici, ecc. sono costruiti da soggetti intenzionali umani: antropomorfismo superatissimo dalla scienza moderna) e non hanno proprio nulla di "misterioso".
Invece le "strutture archetipiche" non sono che (spesso forzate, in varia misura arbitrarie ed errate; talora interessanti e con elementi di verità) astrazioni nell' ambito delle credenze presenti nelle varie culture, razionalmente riconducibili in ultima analisi ai caratteri generali, etologici (almeno in arte non esclusivamente umani) del comportamento umano, così come sono, in maggiore o minor misura a seconda dei casi, "culturalmente declinati".
E l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, è del tutto campata in aria e arbitrariamente proposta senza alcun fondamento razionale, sulla base di mere analogie superficiali e non criticamente fondate.
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CARLO
Altro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;

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Citazione
E chi lo dice? Platone? Jung?
Non é affatto autocontraddittorio, insensato immaginare, ipotizzare che tutto ciò che accade (che é constatato con certezza assolutamente indubitabile) sia limitato agli eventi "percezioni coscienti" e nient' altro.
Ergo fino a prova contraria (alla constatazione empirica -logicamente impossibile, per definizione- o a una dimostrazione logica che qualcosa d' altro oltre agli eventi "percezioni coscienti" esiste-accade realmente la totalità del reale di cui possa aversi certezza non eccede queste ultime.
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2 - un soggetto può avere una falsa percezione (allucinazione o proiezione), cioè può percepire come reale e concreto qualcosa che invece è solo la proiezione di un contenuto che appartiene alla sua sfera inconscia.
Ergo, la percezione è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva del soggetto.

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Citazione
A parte la pretesa dell' inconsapevolezza ("inconscio"), le allucinazioni mostrano che l' oggetto é l' "ultima cosa da considerare certa"; ma lo é parimenti anche il soggetto, non essendo autocontraddittoria, essendo coerente, logicamente corretta, l' ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).
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Cit. CARLO
Lo vedi che cominciamo a capirci? La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno) che è implicita nell'affermazione abusata dei kantiani: <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>.
Cominci a capire cioè che è proprio la cosa in sé la causa dei fenomeni e che dunque non è impossibile risalire gradualmente da essi alla causa.
 Ecco, Platone aggiunge solo una "piccola" considerazione in più; lui dice che quella "cosa in sé" che conosceremo grazie alle sue molteplici manifestazioni fenomeniche corrisponderà con il modello metafisico originario da cui essa discende: il vero noumeno, la causa prima della "cosa in sé", ...in termini analoghi a quelli secondo cui ad ogni creazione umana corrisponde l'idea che l'ha forgiata, il progetto (la causa prima) da cui essa discende.


SGIOMBO
E' ovvio (e l' ho sostenuto un' infinità di volte) che La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno); ma tantomeno c' é quell' identità che pretenderebbe il senso comune:
"essere in sé (indipendentemente da eventuali manifestazioni di sé)" =/= "manifestarsi" ! ! !

CARLO
Se la cosa in sé è la causa dei fenomeni, se i fenomeni sono conoscibili, e se la scienza è stata capace centinaia di volte di risalire dai fenomeni (osservabili) alla causa che li produce (inosservabile), io non vedo alcun motivo (che non sia un dogma puro) per porre dei limiti alla conoscenza della "cosa in sé". E la negazione di questi limiti di conoscenza non significa affatto affermare l'identità tra fenomeni e cosa in sé, perché il passaggio dall'effetto alla causa non è immediato, ma è il frutto di un corretto processo di interpretazione-astrazione dei fenomeni, proprio come Newton riuscì a ricavare il suo principio gravitazionale attraverso l'interpretazione in chiave dinamica delle tre leggi cinematiche di Keplero.
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Citazione
Qui purtroppo sono costretto a perdere tempo (inutilmente di certo) per precisare che nella precedente risposta alla tua affermazione, sperando di spiegarmi in breve, avevo lasciato correre un' imprecisione inerente il concetto (da te allora usato) di "noumeno come causa dei fenomeni".-
Come ho già scritto altre volte nel forum (in particolare in risposta ad Apeiron) di "causazione" in senso proprio, cioè come conseguenza calcolabile di leggi del divenire esprimibili attraverso equazioni matematiche (per l' appunto applicabili a procedimenti di calcolo) si può parlare unicamente nell' ambito dei fenomeni materiali, per la loro misurabilità (per esempio fenomeni non ancora osservati ma osservabili in linea di principio possono causare altri fenomeni direttamente osservati, come nel caso di Nettuno, e dunque essere calcolati come cause di essi in senso stretto).
Il rapporto fra noumeno e fenomeni é solo in senso lato e non del tutto proprio considerabile di "causazione", coì come in seno lato e non del tutto proprio si può parlare di "causazione" nell' ambito dei fenomeni mentali.
Comunque anche considerando il concetto di "causazione" in questo senso lato, gli eventi fenomenici (direttamente osservabili o calcolabili) che sono cause fenomeniche di altri eventi fenomenici (i loro effetti) non esulano dai fenomeni dei quali l' "esse est percipi" (Berkeley e Hume), reali unicamente come insiemi - successioni di percezioni se, quando, fintanto che accadono come tali; mentre invece se qualcosa é reale anche allorché i fenomeni non lo sono, onde spiegare le "puntuali" ricomparse-riaccadimenti reali dei fenomeni stessi nelle opportune condizioni di osservazione in quanto loro "casa in senso lato", per non cadere in plateale contraddizione deve trattarsi di qualcosa d' altro, qualcosa di da esse ben diverso: non apparente (non fenomeno" ma casomai congetturabile (noumeno).
 
 
 
N.B.: Poiché non dubito che ripeterai ancora una volta le solite obiezioni alle mie tesi (più o meno fraintese), preciso che anche stavolta eviterò di reiterare (inutilmente) argomentazioni già ripetutamente svolte, con la precisazione che in questo caso "ci tace non acconsente affatto"; mi limiterò anche stavolta a risposte ad (eventuali, improbabili) affermazioni nuove da parte tua e non alle solite reiterazioni.
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VERDI - Vieni t'affretta, op. Macbeth
https://youtu.be/ddr0dwPlYVM

TESTO:
(Lady Macbeth istiga Macbeth al regicidio)
...Vieni t'affretta! Accendere
Ti vo' quel freddo core!
L'audace impresa a compiere
Io ti darò valore;
Di Scozia a te promettono
Le profetesse il trono...
Che tardi? Accetta il dono,
Ascendivi a regnar).
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Carlo Pierini

#213
Cit. CARLO
Non si può dimostrare nemmeno che domani 5x8 sarà ancora uguale a 40, cioè, che l'ordine logico che oggi governa il mondo domani non sarà più lo stesso. Ma se questo fosse un motivo sufficiente per affermare che anche la logica è un'ingannevole "apparenza", allora dovremmo considerare "apparenza" anche gli insegnamenti di Hume che su questa stessa logica si fondano. Pertanto, se vuoi pensare che Hume abbia ragione, allora devi anche pensare che l'indimostrabilità dell'eternità delle leggi di natura nulla toglie alla loro piena validità attuale, altrimenti seghi il ramo sul quale sei seduto.
In altre parole, gli insegnamenti di Hume sono aria fritta, così come lo è il suo "esse est percipi". Perché se fosse vero che <<nulla può essere dimostrato>> e che dunque <<non esistono verità indubitabili>>, allora anche queste affermazioni sarebbero indimostrabili e dunque dubitabili, prive di significato. Torniamo a quello che io considero il primo principio della logica: <<la verità non può essere negata>>.


SGIOMBO
Confondi i giudizi sintetici a posteriori con quelli analitici a priori.
5 x 8 farà sempre 40 nell'aritmetica corrente, e contrariamente alle conoscenze delle scienze naturali é assolutamente certo per il semplice fatto che si tratta di un giudizio sintetico a priori che applica regole di inferenza logica (in particolare di calcolo in questo caso) arbitrariamente stabilite a concetti arbitrariamente considerati.


CARLO
1 - Le regole del calcolo matematico non sono affatto arbitrarie, così come non è arbitrario affermare che sono necessarie 10 mele se voglio darne 2 per ciascuno a 5 ragazzi.
2 - Resta il fatto che non puoi dimostrare che domani le <<regole di inferenza logica>> saranno le stesse di oggi; e ciò nulla toglie alla loro piena validità. Pertanto, se ritieni assolutamente certe queste regole non ci sono motivi per pensare che, se oggi è valida l'equazione matematica E=mc2, domani non lo sarà più. In futuro potrà cambiare l'interpretazione di questa formula, oppure potremo restringere il suo dominio di validità - com'è successo alla dinamica newtoniana -, ma nell'ambito del dominio che le è proprio, essa resterà valida finché saranno valide le regole della matematica che la esprimono. Non esiste alcun motivo per credere che le leggi della logica siano più certe delle leggi della fisica.

SGIOMBO
[L'aritmetica] però "paga" inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà (né che ci sono nella realtà 40 ladroni né che non ci sono; di nessun tipo di ente od evento ci dice se ve ne sono 40 o meno, né, nel caso ce ne fossero, se sarebbero divisi in 8 gruppi di 5 o viceversa oppure no). Invece quelli delle scienze naturali sono giudizi sintetici a posteriori, conoscitivamente fecondi (ci dicono per esempio che i corpi massivi si attraggono), che tuttavia "pagano" la loro fecondità conoscitiva con un' insuperabile incertezza teorica.

CARLO
Se la conoscenza scientifica è costituita dall'unione complementare di metafisica e fisica, cioè, di logica/matematica e fenomeni fisici, è naturale che né la logica/matematica da sola, né i fenomeni fisici da soli possono essere considerati conoscenza.

SGIOMBO
in linea di principio: nulla ci garantisce che alla prossima osservazione la mela staccatasi dal ramo anziché cadere a terra non salirà in cielo o non resterà sospesa a mezz' aria, per quante siano le osservazioni che finora puntualmente, immancabilmente hanno rilevato la caduta a terra; il che ovviamente non toglie che sia "ragionevole" credere infondatamente che siano certe e comportarsi in patica come se lo fossero).

CARLO
Prima rifiuti il dualismo-interazionismo perché sei certo che le leggi della fisica non possono essere MAI violate, e poi te ne esci con questa cazzata della <<mela a mezz'aria>>? Che fine hanno fatto le tue <<regole di inferenza logica>>?
La probabilità che una mela resti sospesa a mezz'aria è la stessa che 8/2 dia come risultato 82. E non è un caso che sia proprio un'equazione matematica (a=F/m) la garante della caduta della mela.

CARLO
Intanto, <<fisiche>> sono le grandezze sensibili, quantificabili, osservabili, non quei modelli metafisici che ordinano le loro relazioni e che noi chiamiamo "leggi della natura", le quali non sono osservabili, ma è possibile risalire ad esse solo attraverso un processo metafisico di astrazione.
In secondo luogo, queste stesse leggi naturali (di cui tu neghi o affermi l'esistenza a seconda di come ti fa comodo) sono ben lungi dal giustificare la comparsa, per esempio, di quei complessi e misteriosi modelli biologici che chiamiamo "specie viventi"; né spiegano la presenza in ciascuna specie di quei modelli tipici di comportamento che chiamiamo istinti; né spiegano l'esistenza di quei modelli di significato universalmente diffusi nella cultura umana (non riducibili a cause storico-contingenti) che la Storia comparata della cultura ha messo in luce nel proprio dominio di ricerca e che ha chiamato "strutture archetipiche".
Pertanto, l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, non è campata in aria come lo è l'ipotesi della "cosa in sé", ma è una necessità logica fondata sull'osservazione dei fatti.


SGIOMBO
Il processo di astrazione non é affatto metafisico ma semplicemente mentale, cogitativo, cognitivo (e le scienze naturali lo applicano all' osservazione del mondo fisico, materiale, naturale: nulla di "metafisico").

CARLO
Quando mi avrai dimostrato che un numero è una grandezza fisica, ne riparleremo.

SGIOMBO
Le leggi fisiche sono aspetti generali astratti (rilevati costantemente, "sempre finora", in determinate osservazioni concrete in numero finito e postulati arbitrariamente, indimostrabilmente -Hume!- essere universali e costanti, validi per qualsiasi osservazione passata, presente e futura, "all' infinito nel tempo e nello spazio") del divenire naturale; aspetti astratti dal pensiero (umano) dai casi concreti particolari osservabili (e discernibili, nelle osservazioni di cui sono parte integrante, dagli aspetti particolari concreti pure appartenenti alle osservazioni stesse: aspetti generali astratti di quanto di fisico-naturale si osserva; niente di metafisico, niente che abbia qualcosa a che vedere con farneticazioni idealistiche infondate razionalmente come le idee platoniche o gli archetipi junghiani).

CARLO
Sì, la conosco questa filastrocca dell'indimostrabilità di qualunque cosa. Peccato che sia anch'essa indimostrabile. ...Oppure vuoi dire che è dimostrabile solo quello che scrivi tu e nient'altro?

SGIOMBO
Le specie viventi e gli istinti animali non sono "modelli" (non li fa creati un Dio seguendo un progetto, alla maniera in cui i "modelli" di auto, di vestisti, di edifici, ecc. sono costruiti da soggetti intenzionali umani: antropomorfismo superatissimo dalla scienza moderna) e non hanno proprio nulla di "misterioso".

Invece le "strutture archetipiche" non sono che (spesso forzate, in varia misura arbitrarie ed errate; talora interessanti e con elementi di verità) astrazioni nell'ambito delle credenze presenti nelle varie culture, razionalmente riconducibili in ultima analisi ai caratteri generali, etologici (almeno in arte non esclusivamente umani) del comportamento umano, così come sono, in maggiore o minor misura a seconda dei casi, "culturalmente declinati".
E l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, è del tutto campata in aria e arbitrariamente proposta senza alcun fondamento razionale, sulla base di mere analogie superficiali e non criticamente fondate.


CARLO
Chiacchiere! Definiscimi il termine "modello", e poi ne riparliamo.

Cit. CARLO
Altro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;


SGIOMBO
E chi lo dice? Platone? Jung?

CARLO
No, me lo devi dire tu. Cosa intendi per "percezione"?

Cit. CARLO
2 - un soggetto può avere una falsa percezione (allucinazione o proiezione), cioè può percepire come reale e concreto qualcosa che invece è solo la proiezione di un contenuto che appartiene alla sua sfera inconscia. Ergo, la percezione è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva del soggetto.

SGIOMBO
E' coerente, logicamente corretta, l'ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).

CARLO
Se rileggi meglio, capirai che io non ho detto che le allucinazioni e le proiezioni siano <<percezioni di niente>>.
Pertanto fammi un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>.

CARLO
Se la cosa in sé è la causa dei fenomeni, se i fenomeni sono conoscibili, e se la scienza è stata capace centinaia di volte di risalire dai fenomeni (osservabili) alla causa che li produce (inosservabile), io non vedo alcun motivo (che non sia un dogma puro) per porre dei limiti alla conoscenza della "cosa in sé". E la negazione di questi limiti di conoscenza non significa affatto affermare l'identità tra fenomeni e cosa in sé, perché il passaggio dall'effetto alla causa non è immediato, ma è il frutto di un corretto processo di interpretazione-astrazione dei fenomeni, proprio come Newton riuscì a ricavare il suo principio gravitazionale attraverso l'interpretazione in chiave dinamica delle tre leggi cinematiche di Keplero.

SGIOMBO
Qui purtroppo sono costretto a perdere tempo (inutilmente di certo) per precisare che nella precedente risposta alla tua affermazione, sperando di spiegarmi in breve, avevo lasciato correre un' imprecisione inerente il concetto (da te allora usato) di "noumeno come causa dei fenomeni".-
Come ho già scritto altre volte nel forum (in particolare in risposta ad Apeiron) di "causazione" in senso proprio, cioè come conseguenza calcolabile di leggi del divenire esprimibili attraverso equazioni matematiche (per l' appunto applicabili a procedimenti di calcolo) si può parlare unicamente nell' ambito dei fenomeni materiali, per la loro misurabilità (per esempio fenomeni non ancora osservati ma osservabili in linea di principio possono causare altri fenomeni direttamente osservati, come nel caso di Nettuno, e dunque essere calcolati come cause di essi in senso stretto).
Il rapporto fra noumeno e fenomeni é solo in senso lato e non del tutto proprio considerabile di "causazione", coì come in seno lato e non del tutto proprio si può parlare di "causazione" nell' ambito dei fenomeni mentali.
Comunque anche considerando il concetto di "causazione" in questo senso lato, gli eventi fenomenici (direttamente osservabili o calcolabili) che sono cause fenomeniche di altri eventi fenomenici (i loro effetti) non esulano dai fenomeni dei quali l' "esse est percipi" (Berkeley e Hume), reali unicamente come insiemi - successioni di percezioni se, quando, fintanto che accadono come tali; mentre invece se qualcosa é reale anche allorché i fenomeni non lo sono, onde spiegare le "puntuali" ricomparse-riaccadimenti reali dei fenomeni stessi nelle opportune condizioni di osservazione in quanto loro "casa in senso lato", per non cadere in plateale contraddizione deve trattarsi di qualcosa d' altro, qualcosa di da esse ben diverso: non apparente (non fenomeno" ma casomai congetturabile (noumeno).


CARLO
Se prima non mi fai un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>, tutto quello che hai scritto qui è impossibile da interpretare.


VERDI: Mercè dilette amiche, op. Vespri siciliani
https://youtu.be/gbOM1WZv8gE

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 30 Settembre 2018, 11:49:44 AMCit. CARLO

CARLO
1 - Le regole del calcolo matematico non sono affatto arbitrarie, così come non è arbitrario affermare che sono necessarie 10 mele se voglio darne 2 per ciascuno a 5 ragazzi.

CitazioneAh sì? E allora come le dimostri?
O da quali osservazioni empiriche le ricavi?
Oppure su quali "tavole della legge" scritte da quale Dio o in quale testo da lui dettato a quale profeta le leggi?
 
10/5 (é sempre) = 2 indipendentemente da qualsiasi osservazione di mele, pere o quant' altro. E lo é per le regole (gli assiomi e postulati) dell' aritmetica e per le definizioni dei numeri e delle operazioni arbitrariamente stabilite.

2 - Resta il fatto che non puoi dimostrare che domani le <<regole di inferenza logica>> saranno le stesse di oggi; e ciò nulla toglie alla loro piena validità. Pertanto, se ritieni assolutamente certe queste regole non ci sono motivi per pensare che, se oggi è valida l'equazione matematica E=mc2, domani non lo sarà più. In futuro potrà cambiare l'interpretazione di questa formula, oppure potremo restringere il suo dominio di validità - com'è successo alla dinamica newtoniana -, ma nell'ambito del dominio che le è proprio, essa resterà valida finché saranno valide le regole della matematica che la esprimono. Non esiste alcun motivo per credere che le leggi della logica siano più certe delle leggi della fisica.
CitazioneIdem per le regole di inferenza logica: si stabiliscono, non si dimostrano né si osservano empiricamente (casomai empiricamente si potranno compiere osservazioni alle quali applicarle (come si applicano anche le regole dell' aritmetica per dividere equamente dieci mele o pere o quant' altro fra cinque ragazzi o a cinque altre persone o animali).
 
L' eventuale falsificazione, in un domani, di e = mcc non avverrà per il mutare della logica ma per (nuove; o meglio considerate) osservazioni empiriche.
Poiché oggi la scienza afferma che sono valide sempre e comunque (illimitatamente), se domani si stabilirà che sono  valide solo limitatamente a determinati ambiti, allora vuol dire che si sarà appurato che qualcosa di falso (oltre a qualcosa di vero, ovviamente) oggi la scienza dice.
 
Le regole (non: leggi) della logica sono assolutamente certe in quanto dipendono solo dalla loro arbitraria stipulazione; le leggi della fisica non lo sono in ultima analisi perché sempre teoricamente falsificabili in linea di principio da nuove osservazioni empiriche (o in teoria anche da migliori valutazioni di osservazioni empiriche già disponibili).



SGIOMBO
[L'aritmetica] però "paga" inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà (né che ci sono nella realtà 40 ladroni né che non ci sono; di nessun tipo di ente od evento ci dice se ve ne sono 40 o meno, né, nel caso ce ne fossero, se sarebbero divisi in 8 gruppi di 5 o viceversa oppure no). Invece quelli delle scienze naturali sono giudizi sintetici a posteriori, conoscitivamente fecondi (ci dicono per esempio che i corpi massivi si attraggono), che tuttavia "pagano" la loro fecondità conoscitiva con un' insuperabile incertezza teorica.

CARLO
Se la conoscenza scientifica è costituita dall'unione complementare di metafisica e fisica, cioè, di logica/matematica e fenomeni fisici, è naturale che né la logica/matematica da sola, né i fenomeni fisici da soli possono essere considerati conoscenza.
CitazionePrescindendo dal senso in cui la matematica pura può essere considerata conoscenza e scienza (conoscenza scientifica; ed é certa), diverso da quello proprio delle scienze naturali, non capisco il senso della (presunta) obiezione: non ho mai sostenuto quanto qui neghi, ma invece sostenuto l' incertezza insuperabile in linea di principio della conoscenza scientifica nel senso delle scienze naturali: (delle leggi del divenire naturale).



CARLO
Prima rifiuti il dualismo-interazionismo perché sei certo che le leggi della fisica non possono essere MAI violate, e poi te ne esci con questa cazzata della <<mela a mezz'aria>>? Che fine hanno fatto le tue <<regole di inferenza logica>>?
La probabilità che una mela resti sospesa a mezz'aria è la stessa che 8/2 dia come risultato 82. E non è un caso che sia proprio un'equazione matematica (a=F/m) la garante della caduta della mela.
CitazioneQui confondi la dubitabilità o incertezza in linea teorica, di principio delle leggi di natura con la loro negazione (maiavvenuta da parte mia!): ho sempre chiarissimamente affermato che se la conoscenza scientifica é vera (cosa indimostrabile; che credo arbitrariamente, per fede), allora é necessaria la chiusura causale del mondo fisico; ergo: un dualismo pensiero-materia di tipo interazionista non é possibile.
Le regole di inferenza logica c' entrano come i cavoli a merenda (se si prescinde dal fatto ovvio che le applico, spero correttamente, nei miei ragionamenti).
E c' é una differenza "qualitativa", incommensurabile fra la certezza che 8/2 =/= 82 e la certezza in ultima analisi non sussistente (é credibile per fede ma non dimostrabile né empiricamente rilevabile) della seconda legge della dinamica di Newton (f = ma).
Però la certezza della logica e della matematica pura (giudizi analitici apriori) si paga ineluttabilmente con la loro "sterilità conoscitiva (di come é o non é la realtà)", così come la fecondità conoscitiva delle leggi fisiche si paga con la loro ineluttabile incertezza.



SGIOMBO
Il processo di astrazione non é affatto metafisico ma semplicemente mentale, cogitativo, cognitivo (e le scienze naturali lo applicano all' osservazione del mondo fisico, materiale, naturale: nulla di "metafisico").

CARLO
Quando mi avrai dimostrato che un numero è una grandezza fisica, ne riparleremo.
CitazioneUn numero considerato astrattamente é matematica pura e non scienze naturali.
Nelle scienza naturali tantissimi numeri rilevati dalla osservazione dei fatti concreti (dalla costante gravitazionale, alla lunghezza di Plank, alle masse delle particelle "elementari", alla velocità della luce, ecc., ecc., ecc.) sono grandezze fisiche (e non affatto "metafisiche"!!!).



SGIOMBO
Le leggi fisiche sono aspetti generali astratti (rilevati costantemente, "sempre finora", in determinate osservazioni concrete in numero finito e postulati arbitrariamente, indimostrabilmente -Hume!- essere universali e costanti, validi per qualsiasi osservazione passata, presente e futura, "all' infinito nel tempo e nello spazio") del divenire naturale; aspetti astratti dal pensiero (umano) dai casi concreti particolari osservabili (e discernibili, nelle osservazioni di cui sono parte integrante, dagli aspetti particolari concreti pure appartenenti alle osservazioni stesse: aspetti generali astratti di quanto di fisico-naturale si osserva; niente di metafisico, niente che abbia qualcosa a che vedere con farneticazioni idealistiche infondate razionalmente come le idee platoniche o gli archetipi junghiani).

CARLO
Sì, la conosco questa filastrocca dell'indimostrabilità di qualunque cosa. Peccato che sia anch'essa indimostrabile. ...Oppure vuoi dire che è dimostrabile solo quello che scrivi tu e nient'altro?
CitazioneInfatti é indimostrabile anche l' indimostrabilità delle leggi fisiche (quando mai l' avrei negato? Ho sempre affermato che il grandissimo David Hume ce l' ha "mostrato" o "insegnato", nel senso che é il primo che se ne é reso conto -a prescindere dall' impossibile certezza o meno dl fatto stesso- evitando sempre accuratamente di scrivere che ce l' avrebbe "dimostrato").
 
Ma l' onere della prova spetta a chi afferma presunte certezze, non a chi avanza dei dubbi (sospende il giudizio; che é la definizione dello scetticismo; mentre non la é invece affatto la contraddittoria affermazione della falsità di ogni credenza).



SGIOMBO
Le specie viventi e gli istinti animali non sono "modelli" (non li fa creati un Dio seguendo un progetto, alla maniera in cui i "modelli" di auto, di vestisti, di edifici, ecc. sono costruiti da soggetti intenzionali umani: antropomorfismo superatissimo dalla scienza moderna) e non hanno proprio nulla di "misterioso".

Invece le "strutture archetipiche" non sono che (spesso forzate, in varia misura arbitrarie ed errate; talora interessanti e con elementi di verità) astrazioni nell'ambito delle credenze presenti nelle varie culture, razionalmente riconducibili in ultima analisi ai caratteri generali, etologici (almeno in arte non esclusivamente umani) del comportamento umano, così come sono, in maggiore o minor misura a seconda dei casi, "culturalmente declinati".
E l'ipotesi che esistano modelli metafisici che guidino il divenire naturale, è del tutto campata in aria e arbitrariamente proposta senza alcun fondamento razionale, sulla base di mere analogie superficiali e non criticamente fondate.


CARLO
Chiacchiere! Definiscimi il termine "modello", e poi ne riparliamo.
CitazioneNo, scusa, ma fino a prova contraria sei tu che affermi le teorie "modellistiche o archetipiche platonico-jungiane".
Comunque che cosa sono, se non una definizione, le mie parole di cui sopra <<Invece le "strutture archetipiche" non sono che (spesso forzate, in varia misura arbitrarie ed errate; talora interessanti e con elementi di verità) astrazioni nell'ambito delle credenze presenti nelle varie culture, razionalmente riconducibili in ultima analisi ai caratteri generali, etologici (almeno in arte non esclusivamente umani) del comportamento umano, così come sono, in maggiore o minor misura a seconda dei casi, "culturalmente declinati">>?



Cit. CARLO
Altro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;


SGIOMBO
E chi lo dice? Platone? Jung?

CARLO
No, me lo devi dire tu. Cosa intendi per "percezione"?
CitazioneNo guarda che di solito l' onere della prova spetta a chi afferma con certezza, non a chi mette in dubbio.
 
Le percezioni sono ciò di cui meno che di qualsiasi altra "cosa" (ente o evento) é possibile dubitare: tutto ciò di cui si ha immediata consapevolezza (allorché sono reali, accadono; e ***se*** hanno realmente oggetti e un soggetto, questi -che si presume siano reali anche indipendentemente da esse, anche se e quando esse non lo sono- sono "altro", diversi enti e/o eventi che esse: negare questa affermazione sarebbe cadere in una platealissima contraddizione!).



Cit. CARLO
2 - un soggetto può avere una falsa percezione (allucinazione o proiezione), cioè può percepire come reale e concreto qualcosa che invece è solo la proiezione di un contenuto che appartiene alla sua sfera inconscia. Ergo, la percezione è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva del soggetto.
CitazioneA parte il fatto che "percezione che appartiene alla sfera inconscia" é una contraddizione in termini, qui porti acqua al mio mulino: se la percezione può benissimo essere solo la proiezione di un contenuto soggettivo, senza oggetto, allora gli oggetti delle percezioni non sono certi essere reali, potrebbero benissimo non esserlo (come anche il soggetto, peraltro).
 
La conseguenza inevitabile delle tue considerazioni sulle allucinazioni é che casomai la realtà dell' oggetto della percezione, da essa diverso, e non la percezione stessa, è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva [e veritiera, N.d.R.] del soggetto: se l' allucinazione accade, essa é realmente una percezione (allucinatoria); sono invece i suoi pretesi oggetti a non essere reali!



SGIOMBO
E' coerente, logicamente corretta, l'ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).

CARLO
Se rileggi meglio, capirai che io non ho detto che le allucinazioni e le proiezioni siano <<percezioni di niente>>.
Pertanto fammi un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>.
CitazioneA sì?
Dunque per te se uno in un deserto ha l' allucinazione di "qualcosa" come un' oasi, l' oasi da costui vista (la cui visione da parte sua <<non é percezione di niente>> di reale) é qualcosa di reale e non invece niente di reale?

Come al solito (é almeno al terza volta in quest' ultimo intervento!) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!



CARLO
Se prima non mi fai un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>, tutto quello che hai scritto qui è impossibile da interpretare.
CitazioneVedi sopra.


VERDI: Mercè dilette amiche, op. Vespri siciliani
https://youtu.be/gbOM1WZv8gE

Carlo Pierini

#215
CARLO
1 - Le regole del calcolo matematico non sono affatto arbitrarie, così come non è arbitrario affermare che sono necessarie 10 mele se voglio darne 2 per ciascuno a 5 ragazzi.

SGIOMBO
Ah sì? E allora come le dimostri?
O da quali osservazioni empiriche le ricavi?

CARLO
Lo dimostro contando empiricamente le mele che hanno in mano i ragazzi dopo la distribuzione.
...E tu vorresti dimostrare la verità di una teoria mente-cervello, senza nemmeno sapere come si dimostra la validità di una moltiplicazione?

SGIOMBO
. E lo é per le regole (gli assiomi e postulati) dell'aritmetica e per le definizioni dei numeri e delle operazioni arbitrariamente stabilite.

CARLO
Non sai distinguere la validità di una operazione matematica dalla verità che essa esprime in una applicazione pratica. L'espressione 10/5=2 è sempre matematicamente valida; invece è sempre vero che servono 10 mele per distribuirne 2 per ciascuno a 5 ragazzi, e che serve una forza di 10 Nw affinché una massa di 5 Kg assuma una accelerazione di 2 m/sec2. Insomma, le regole della logica non sono né arbitrarie né fini a se stesse, ma esprimono l'ordine a cui il linguaggio deve obbedire affinché rispecchi fedelmente gli eventi oggettivi che deve rappresentare.
I numeri, cioè, non sono caduti dal cielo, ma sono astrazioni soggettive derivate dall'osservazione della realtà. Come dice Russell:

<<Devono esserci voluti secoli e secoli per scoprire che una coppia di fagiani e un paio di giorni hanno in comune il numero due>>. [B. RUSSELL: Introduzione alla filosofia Matematica - pg.20]

Cit. CARLO
2 - Resta il fatto che non puoi dimostrare che domani le <<regole di inferenza logica>> saranno le stesse di oggi; e ciò nulla toglie alla loro piena validità. Pertanto, se ritieni assolutamente certe queste regole non ci sono motivi per pensare che, se oggi è valida l'equazione matematica E=mc2, domani non lo sarà più. In futuro potrà cambiare l'interpretazione di questa formula, oppure potremo restringere il suo dominio di validità - com'è successo alla dinamica newtoniana -, ma nell'ambito del dominio che le è proprio, essa resterà valida finché saranno valide le regole della matematica che la esprimono. Non esiste alcun motivo per credere che le leggi della logica siano più certe delle leggi della fisica.

SGIOMBO
L' eventuale falsificazione, in un domani, di E = mc2 non avverrà per il mutare della logica ma per (nuove; o meglio considerate) osservazioni empiriche.

CARLO
Non è affatto detto. Potrebbe trattarsi di una autentica legge della natura e, come tale, immutabile. Esistono centinaia di verità scientifiche che sono definitive e inconfutabili.

SGIOMBO
Poiché oggi la scienza afferma che sono valide sempre e comunque (illimitatamente), se domani si stabilirà che sono valide solo limitatamente a determinati ambiti, allora vuol dire che si sarà appurato che qualcosa di falso (oltre a qualcosa di vero, ovviamente) oggi la scienza dice.

CARLO
Parli a vanvera. La scienza presuppone che le leggi della natura siano immutabili come lo sono le leggi della matematica; ma sa bene che a volte ciò che appare come legge generale può rivelarsi come un caso particolare di una legge più generale. Ma in quel dominio particolare la legge continua ad essere valida. Tant'è che, per esempio, la Nasa usa le leggi di Newton per spedire le sonde nello spazio, sebbene esse si siano rivelate come casi particolari della Relatività einsteiniana. Quindi la Relatività non ha falsificato la dinamica classica, ma ne ha limitato il dominio di validità;

SGIOMBO
[L'aritmetica] però "paga" inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà (né che ci sono nella realtà 40 ladroni né che non ci sono; di nessun tipo di ente od evento ci dice se ve ne sono 40 o meno, né, nel caso ce ne fossero, se sarebbero divisi in 8 gruppi di 5 o viceversa oppure no). Invece quelli delle scienze naturali sono giudizi sintetici a posteriori, conoscitivamente fecondi (ci dicono per esempio che i corpi massivi si attraggono), che tuttavia "pagano" la loro fecondità conoscitiva con un' insuperabile incertezza teorica.

CARLO
Se la conoscenza scientifica è costituita dall'unione complementare di metafisica e fisica, cioè, di logica/matematica e fenomeni fisici, è naturale che né la logica/matematica da sola, né i fenomeni fisici da soli possono essere considerati conoscenza.

SGIOMBO
Prescindendo dal senso in cui la matematica pura può essere considerata conoscenza e scienza (conoscenza scientifica; ed é certa), diverso da quello proprio delle scienze naturali, non capisco il senso della (presunta) obiezione: non ho mai sostenuto quanto qui neghi, ma invece sostenuto l' incertezza insuperabile in linea di principio della conoscenza scientifica nel senso delle scienze naturali: (delle leggi del divenire naturale).

CARLO
Sai leggere quello che scrivi?: hai detto che la matematica <<"paga" inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà>>.

Cit. CARLO
Prima rifiuti il dualismo-interazionismo perché sei certo che le leggi della fisica non possono essere MAI violate, e poi te ne esci con questa cazzata della <<mela a mezz'aria>>? Che fine hanno fatto le tue <<regole di inferenza logica>>?
La probabilità che una mela resti sospesa a mezz'aria è la stessa che 8/2 dia come risultato 82. E non è un caso che sia proprio un'equazione matematica (a=F/m) la garante della caduta della mela.

SGIOMBO
Qui confondi la dubitabilità o incertezza in linea teorica, di principio delle leggi di natura con la loro negazione (mai avvenuta da parte mia!): ho sempre chiarissimamente affermato che se la conoscenza scientifica é vera (cosa indimostrabile; che credo arbitrariamente, per fede), allora é necessaria la chiusura causale del mondo fisico; ergo: un dualismo pensiero-materia di tipo interazionista non é possibile.

CARLO
Solo tu puoi fare affermazioni tanto contorte e ambigue. E' necessaria, o non è necessaria la chiusura causale? Non lo sai nemmeno tu. E non puoi saperlo, perché in fisica non esiste una cosa subdola e indefinita come un "principio di chiusura causale", ma esistono leggi e principi ben definiti che il dualismo non viola affatto. Quindi le tue sono solo elucubrazioni prive di fondamento.

Cit. CARLO
La conoscenza scientifica è costituita dall'unione complementare di metafisica e fisica, cioè, di logica/matematica e fenomeni fisici; quindi è naturale che né la logica/matematica da sola, né i fenomeni fisici da soli possono essere considerati conoscenza.

Cit. SGIOMBO
Il processo di astrazione non é affatto metafisico ma semplicemente mentale, cogitativo, cognitivo (e le scienze naturali lo applicano all' osservazione del mondo fisico, materiale, naturale: nulla di "metafisico").

Cit. CARLO
Quando mi avrai dimostrato che un numero è una grandezza fisica, ne riparleremo.

SGIOMBO
Un numero considerato astrattamente é matematica pura e non scienze naturali.

CARLO
Bravo! La matematica pura non è fisica ma è meta-fisica. Quindi ogni operazione matematica è un processo astratto, metafisico.

SGIOMBO
Nelle scienza naturali tantissimi numeri rilevati dalla osservazione dei fatti concreti (dalla costante gravitazionale, alla lunghezza di Plank, alle masse delle particelle "elementari", alla velocità della luce, ecc., ecc., ecc.) sono grandezze fisiche (e non affatto "metafisiche"!!!).

CARLO
Bravo! La metafisica dei numeri applicata complementariamente ai fenomeni fisici si trasforma in quegli elementi di conoscenza scientifica chiamati "velocità della luce", "costante di Plank", costante gravitazionale, ecc..


Cit. SGIOMBO
Le leggi fisiche sono aspetti generali astratti (rilevati costantemente, "sempre finora", in determinate osservazioni concrete in numero finito e postulati arbitrariamente, indimostrabilmente - Hume! - essere universali e costanti, validi per qualsiasi osservazione passata, presente e futura, "all' infinito nel tempo e nello spazio") del divenire naturale; aspetti astratti dal pensiero (umano) dai casi concreti particolari osservabili (e discernibili, nelle osservazioni di cui sono parte integrante, dagli aspetti particolari concreti pure appartenenti alle osservazioni stesse: aspetti generali astratti di quanto di fisico-naturale si osserva; niente di metafisico, niente che abbia qualcosa a che vedere con farneticazioni idealistiche infondate razionalmente come le idee platoniche o gli archetipi junghiani).

Cit. CARLO
Sì, la conosco questa filastrocca dell'indimostrabilità di qualunque cosa. Peccato che sia anch'essa indimostrabile. ...Oppure vuoi dire che è dimostrabile solo quello che scrivi tu e nient'altro?

SGIOMBO
Infatti é indimostrabile anche l'indimostrabilità delle leggi fisiche (quando mai l'avrei negato? Ho sempre affermato che il grandissimo David Hume ce l' ha "mostrato" o "insegnato", nel senso che é il primo che se ne é reso conto -a prescindere dall' impossibile certezza o meno dl fatto stesso - evitando sempre accuratamente di scrivere che ce l' avrebbe "dimostrato").
Ma l'onere della prova spetta a chi afferma presunte certezze, non a chi avanza dei dubbi (sospende il giudizio; che é la definizione dello scetticismo; mentre non la é invece affatto la contraddittoria affermazione della falsità di ogni credenza).

CARLO
Hume non ha mostrato un bel niente se non ha spiegato le ragioni per le quali le leggi della logica dovrebbero essere più immutabili delle leggi della fisica

Cit. CARLO
Altro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;

SGIOMBO
E chi lo dice? Platone? Jung?

CARLO
No, me lo devi dire tu. Cosa intendi per "percezione"?

SGIOMBO
E' tutto ciò di cui si ha immediata consapevolezza

CARLO
Apppunto: <<ciò>> e <<si>> sono rispettivamente l'oggetto e il soggetto della <<...Immediata consapevolezza>>.

Cit. CARLO
2 - un soggetto può avere una falsa percezione (allucinazione o proiezione), cioè può percepire come reale e concreto qualcosa che invece è solo la proiezione di un contenuto che appartiene alla sua sfera inconscia. Ergo, la percezione è l'ultima cosa da considerare certa, se non è mediata dall'interpretazione attiva del soggetto.

SGIOMBO
A parte il fatto che "percezione che appartiene alla sfera inconscia" é una contraddizione in termini,

CARLO
L'inconscio è come l'atomo (o come la "cosa in sé"): non è immediatamente osservabile, ma è causa di fenomeni che coinvolgono o alterano la coscienza o si manifestano ad essa secondo modalità tipiche (sia sane che patologiche).

SGIOMBO
E' coerente, logicamente corretta, l'ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).

CARLO
Se rileggi meglio, capirai che io non ho detto che le allucinazioni e le proiezioni siano <<percezioni di niente>>.
Pertanto fammi un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>.

SGIOMBO
Dunque per te se uno in un deserto ha l'allucinazione di "qualcosa" come un'oasi, l'oasi da costui vista (la cui visione da parte sua <<non é percezione di niente>> di reale) é qualcosa di reale e non invece niente di reale?

CARLO
Hai mai sentito parlare di quel tipo di rifrazione ottica in prossimità del suolo che crea l'effetto "specchio d'acqua"? Ecco, non si tratta di una percezione del nulla, ma della percezione di luce rifratta.

SGIOMBO
Come al solito (é almeno al terza volta in quest' ultimo intervento!) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!

CARLO
Ma non dire eresie! Solo tu puoi avere il coraggio di parlare di percezioni senza un soggetto che percepisce né un oggetto percepito.



VERDI: Scorrendo uniti, op. Rigoletto
https://youtu.be/_0-g5O6Kwds

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 01 Ottobre 2018, 00:28:51 AM
CARLO
1 - Le regole del calcolo matematico non sono affatto arbitrarie, così come non è arbitrario affermare che sono necessarie 10 mele se voglio darne 2 per ciascuno a 5 ragazzi.

SGIOMBO
Ah sì? E allora come le dimostri?
O da quali osservazioni empiriche le ricavi?

CARLO
Lo dimostro contando empiricamente le mele che hanno in mano i ragazzi dopo la distribuzione.
...E tu vorresti dimostrare la verità di una teoria mente-cervello, senza nemmeno sapere come si dimostra la validità di una moltiplicazione?
Citazione
E infatti io lo so.

Sei tu che la ignori e confondi la constatazione empirica della divisione in parti uguali di oggetti concreti (facendo al massimo della matematica applicata; molto elementare) con la divisione come operazione astratta della matematica pura.

O credi forse che chiunque debba dividere -che ne so?-  3 500 744 : 17 si procuri 3 500 744 oggetti concreti fra loro simili (contandoli!) e proceda a separarli in 17 gruppi ugualmente numerosi ("questo al primo gruppo, questo al secondo, questo al terzo -omissis- questo al diciassettesimo, questo al primo, ecc., ecc., ecc.) e poi conti quelli di ciascun gruppo?



SGIOMBO
. E lo é per le regole (gli assiomi e postulati) dell'aritmetica e per le definizioni dei numeri e delle operazioni arbitrariamente stabilite.

CARLO
Non sai distinguere la validità di una operazione matematica dalla verità che essa esprime in una applicazione pratica. L'espressione 10/5=2 è sempre matematicamente valida; invece è sempre vero che servono 10 mele per distribuirne 2 per ciascuno a 5 ragazzi, e che serve una forza di 10 Nw affinché una massa di 5 Kg assuma una accelerazione di 2 m/sec2. Insomma, le regole della logica non sono né arbitrarie né fini a se stesse, ma esprimono l'ordine a cui il linguaggio deve obbedire affinché rispecchi fedelmente gli eventi oggettivi che deve rappresentare.
I numeri, cioè, non sono caduti dal cielo, ma sono astrazioni soggettive derivate dall'osservazione della realtà. Come dice Russell:

<<Devono esserci voluti secoli e secoli per scoprire che una coppia di fagiani e un paio di giorni hanno in comune il numero due>>. [B. RUSSELL: Introduzione alla filosofia Matematica - pg.20]
Citazione
La confusione fra matematica pura e matematica applicata la fai solo e unicamente tu, non io!

Così come tu confondi anche "la storia" della matematica pura, le vicende concrete che hanno portato alla sua elaborazione e sviluppo (cui Russell accenna nella citazione da te riportata del tutto a sproposito) con la fondazione assiomatica, la giustificazione teorica di essa.
 
Le regole della logica e della matematica pure possono ben essere applicate alle scienze naturali (e non solo); ma ciò non toglie che siano arbitrariamente stabilite per definizioni, assiomi e postulati  (e infatti non me le hai dimostrate logicamente, né me le hai mostrate empiricamente; ne hai solo fatto qualche banale applicazione pratica.
 
Non é affatto vero che sempre 10/2 = 5 perché servono 10 mele per distribuirne 2 per ciascuno a 5 ragazzi, ma al contrario é vero che servono 10 mele per distribuirne 2 per ciascuno a 5 ragazzi perché sempre 10/2 = 5.



Cit. CARLO
2 - Resta il fatto che non puoi dimostrare che domani le <<regole di inferenza logica>> saranno le stesse di oggi; e ciò nulla toglie alla loro piena validità. Pertanto, se ritieni assolutamente certe queste regole non ci sono motivi per pensare che, se oggi è valida l'equazione matematica E=mc2, domani non lo sarà più. In futuro potrà cambiare l'interpretazione di questa formula, oppure potremo restringere il suo dominio di validità - com'è successo alla dinamica newtoniana -, ma nell'ambito del dominio che le è proprio, essa resterà valida finché saranno valide le regole della matematica che la esprimono. Non esiste alcun motivo per credere che le leggi della logica siano più certe delle leggi della fisica.
Citazione
Ulteriore plateale, ridicolissima confusione fra due ben diverse cose: le inferenze logiche, che sono giudizi analitici a priori e un giudizio sintetico a posteriori come e = mcc (le prime sono certe ma conoscitivamente sterili, le seconde sono conoscitivamente fertili ma dubbie).
Le regole della logica (ma forse intendevi i teoremi, le inferenze rese possibili utilizzando le regole della logica) non solo sono più certe delle leggi naturali, ma anzi sono unicamente certe, mentre le leggi naturali non lo sono proprio.
 
Quanto alle modificazioni delle leggi di natura,
 
il fatto che da universalmente valide siano poi considerate valide relativamente "entro certi limiti" == le leggi modificate erano false in assoluto (vere relativamente a quello che successivamente viene identificato con il loro limitato campo di applicazione).



SGIOMBO
L' eventuale falsificazione, in un domani, di E = mc2 non avverrà per il mutare della logica ma per (nuove; o meglio considerate) osservazioni empiriche.

CARLO
Non è affatto detto. Potrebbe trattarsi di una autentica legge della natura e, come tale, immutabile. Esistono centinaia di verità scientifiche che sono definitive e inconfutabili.
Citazione
No, guarda che in linea di principio nessuna legge di natura é definitiva e inconfutabile, ma invece tutte sono sempre falsificabili in linea di principio (come di fatto tante volte già accaduto anche di fatto).

Credo che nemmeno gli scientisti più baldanzosi e acritici si sentirebbero di sostenere una tale sciocchezza.



SGIOMBO
Poiché oggi la scienza afferma che sono valide sempre e comunque (illimitatamente), se domani si stabilirà che sono valide solo limitatamente a determinati ambiti, allora vuol dire che si sarà appurato che qualcosa di falso (oltre a qualcosa di vero, ovviamente) oggi la scienza dice.

CARLO
Parli a vanvera. La scienza presuppone che le leggi della natura siano immutabili come lo sono le leggi della matematica;

Citazione
Altra clamorosa confusione (e via andare ! ! ! ).

Che fa parlare a vanvera te, non me!

Quella fra postulata (e indimostrabile: Hume!) universalità e costanza (immutabilità oggettiva, ontologica) delle leggi di natura (che qualche scienziato filosoficamente poco fondato e qualche filosofo irrazionalista vegano; il che implicherebbe, perché possa darsi conoscenza scientifica, l'esistenza di "metaleggi" immutabili regolanti il mutare delle -pseudo- "leggi") e il mutare della conoscenza (soggettiva, gnoseologica) di esse, la loro correzione o al limite il superamento "integrale" di esse da parte di tutt' altre leggi, che mai può essere escluso in linea di principio.



ma sa bene che a volte ciò che appare come legge generale può rivelarsi come un caso particolare di una legge più generale. Ma in quel dominio particolare la legge continua ad essere valida. Tant'è che, per esempio, la Nasa usa le leggi di Newton per spedire le sonde nello spazio, sebbene esse si siano rivelate come casi particolari della Relatività einsteiniana. Quindi la Relatività non ha falsificato la dinamica classica, ma ne ha limitato il dominio di validità;

Citazione
Poiché oggi la scienza afferma che sono valide sempre e comunque (illimitatamente), se domani si stabilirà che sono valide solo limitatamente a determinati ambiti, allora vuol dire che si sarà appurato che qualcosa di falso (oltre a qualcosa di vero, ovviamente) oggi la scienza dice.


La relatività, limitando il dominio di validità della meccanica classica, che si presumeva illimitato l' ha falsificata in senso assoluto (in assoluto ciò che diceva era falso) anche se correggendola (=emendandola dai suoi errori; in particolare quello di essere considerata di precisione assoluta -contrariamente alle sue applicazioni a fatti concreti sempre inevitabilmente approssimativa: cerca di non confondere le cose almeno stavolta!- ed estendibile illimitatamente alla realtà, compresi i moti a velocità prossime a quella della luce), cioè falsificandola in assoluto, ne ha confermati la relativa validità (applicabilità "con buona approssimazione" ad ambiti limitati della realtà fisica.
 
(Preciso che non ho intenzione di perdere altro tempo per cercare di farti capire che "correzione" = falsificazione assoluta (falsificazione in assoluto), compatibile con una conferma limitata, relativa: se nella tua replica dimostrerai, come temo fortemente, di non averla capita: chi tace non acconsente ! ! !)



CARLO
Se la conoscenza scientifica è costituita dall'unione complementare di metafisica e fisica, cioè, di logica/matematica e fenomeni fisici, è naturale che né la logica/matematica da sola, né i fenomeni fisici da soli possono essere considerati conoscenza.

SGIOMBO
Prescindendo dal senso in cui la matematica pura può essere considerata conoscenza e scienza (conoscenza scientifica; ed é certa), diverso da quello proprio delle scienze naturali, non capisco il senso della (presunta) obiezione: non ho mai sostenuto quanto qui neghi, ma invece sostenuto l' incertezza insuperabile in linea di principio della conoscenza scientifica nel senso delle scienze naturali: (delle leggi del divenire naturale).

CARLO
Sai leggere quello che scrivi?: hai detto che la matematica <<"paga" inesorabilmente la sua certezza con una inevitabile "sterilità conoscitiva" in quanto non ci dice nulla sulla realtà>>.
Citazione
Infatti confermo (precisando -ma non sarebbe affatto necessario- che parlavo della matematica pura): 5 x 8 = 40 non ci dice né che ci sono 5 gruppi di 8 mele, né che non ci sono, né che ci sono 5 gruppi di 8 pere né che non ci sono, ecc.: non ci dice proprio nulla su ciò che c' é e ciò che non c' é.
 
Ma tu invece sai leggere quello che scrivo?



Cit. CARLO
Prima rifiuti il dualismo-interazionismo perché sei certo che le leggi della fisica non possono essere MAI violate, e poi te ne esci con questa cazzata della <<mela a mezz'aria>>? Che fine hanno fatto le tue <<regole di inferenza logica>>?
La probabilità che una mela resti sospesa a mezz'aria è la stessa che 8/2 dia come risultato 82. E non è un caso che sia proprio un'equazione matematica (a=F/m) la garante della caduta della mela.

SGIOMBO
Qui confondi la dubitabilità o incertezza in linea teorica, di principio delle leggi di natura con la loro negazione (mai avvenuta da parte mia!): ho sempre chiarissimamente affermato che se la conoscenza scientifica é vera (cosa indimostrabile; che credo arbitrariamente, per fede), allora é necessaria la chiusura causale del mondo fisico; ergo: un dualismo pensiero-materia di tipo interazionista non é possibile.

CARLO
Solo tu puoi fare affermazioni tanto contorte e ambigue. E' necessaria, o non è necessaria la chiusura causale? Non lo sai nemmeno tu. E non puoi saperlo, perché in fisica non esiste una cosa subdola e indefinita come un "principio di chiusura causale", ma esistono leggi e principi ben definiti che il dualismo non viola affatto. Quindi le tue sono solo elucubrazioni prive di fondamento.
Citazione
Sol tu puoi non capire concetti tanto chiari e lineari.

E sparare colossali sciocchezze come "in fisica non esiste una cosa subdola e indefinita come un "principio di chiusura causale", ma esistono leggi e principi ben definiti che il dualismo [interazionistico, N.d.R] non viola affatto".



SGIOMBO
Un numero considerato astrattamente é matematica pura e non scienze naturali.

CARLO
Bravo! La matematica pura non è fisica ma è meta-fisica. Quindi ogni operazione matematica è un processo astratto, metafisico.
Citazione
Bravo un corno!


La matematica pura é metafisica come Cicciolina é vergine!
 
Astrazione =/= metafisica


Astrazione == riconoscimento di ciò che é comune a più elementi concreti; può operarsi di elementi concreti fisici (come é la proposta di leggi scientifiche) o anche al limite di concetti metafisici (dai concetti metafisici concreti di "Dio", "Angelo Gabriele", "angelo Raffaele" e "anima umana di Carlo Pierini" e "anima umana di Tizio De Cais" si può astrarre il concetto metafisico astratto di "spirito").



SGIOMBO
Nelle scienza naturali tantissimi numeri rilevati dalla osservazione dei fatti concreti (dalla costante gravitazionale, alla lunghezza di Plank, alle masse delle particelle "elementari", alla velocità della luce, ecc., ecc., ecc.) sono grandezze fisiche (e non affatto "metafisiche"!!!).

CARLO
Bravo! La metafisica dei numeri applicata complementariamente ai fenomeni fisici si trasforma in quegli elementi di conoscenza scientifica chiamati "velocità della luce", "costante di Plank", costante gravitazionale, ecc..
Citazione
E bravissimo, ulteriore confusione ! ! !
Fra matematica e metafisica (ho perso il conto delle confusioni).

Gli "elementi di conoscenza scientifica" di cui parli (parliamo) sono puramente e semplicemente grandezze fisiche (ovvero aspetti quantitativi della realtà naturale espresse da numeri.

 
(Anche a questo proposito preciso che non ho intenzione di perdere inutilmente altro tempo per cercare di farti capire le differenze fra matematica, astrazione e metafisica, se nella tua replica dimostrerai, come temo fortemente, di non averla capita: chi tacerà non acconsentirà ! ! !)


CONTINUA

sgiombo

CONTINUAZIONE

CARLO
Hume non ha mostrato un bel niente se non ha spiegato le ragioni per le quali le leggi della logica dovrebbero essere più immutabili delle leggi della fisica
Sgiombo:
Non c' é peggior cieco e sordo di fronte a quanto ci ha insegnato Hume di chi non voglia vedere e sentire.
Peraltro conosco bene Hume, e non ricordo che abbia mai affermato che le leggi –ma credo che casomai avrebbe parlato di "regole"- della logica debbano esser più immutabili di quelle della fisica (che sono assunte indimostrabilmente essere immutabili; è la loro conoscenza, ciò che se ne sa, che in linea di principio potrebbe sempre mutare).



CARLOAltro ragionamento alla rovescia. "Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;SGIOMBOE chi lo dice? Platone? Jung?CARLONo, me lo devi dire tu. Cosa intendi per "percezione"?
SGIOMBO
E' tutto ciò di cui si ha immediata consapevolezza
CARLO
Apppunto: <<ciò>> e <<si>> sono rispettivamente l'oggetto e il soggetto della <<...Immediata consapevolezza>>.

Sgiombo:
Appunto un corno: <<ciò>> di cui [e] <<si>> ha immediata consapevolezza sono le percezioni; oltre alle quali potrebbe benissimo non darsi realmente alcunché: né soggetto, né oggetto.

Ma tu continui ad essere prigioniero dei pregiudizi del più vieto senso comune, per il quale, poiché solitamente si descrive una percezione in prima persona (notazione meramente grammaticale; si può benissimo esprimere anche con una costruzione verbale impersonale: "fa caldo", "ci si vede bene", "si sentì un gran rumore", ecc,), allora ci dovrebbe per forza essere una persona facente la parte del "soggetto".



SGIOMBO
A parte il fatto che "percezione che appartiene alla sfera inconscia" é una contraddizione in termini,
CARLO
L'inconscio è come l'atomo (o come la "cosa in sé"): non è immediatamente osservabile, ma è causa di fenomeni che coinvolgono o alterano la coscienza o si manifestano ad essa secondo modalità tipiche (sia sane che patologiche).

Sgiombo:
Qui mi sono sbagliato, saltando nella citazione delle tue parole la precisazione "proiezione di un contenuto che appartiene": é vero che é possibile (ma che sarebbe certo, é tutto un altro discorso!) che qualcosa di inconscio si riveli alla coscienza indirettamente per il tramite di percezioni coscienti.

Ma era una considerazione del tutto marginale alla diatriba: le allucinazioni sono ritenute (per una serie di ragioni che non sto ad illustrare) percezioni reali (se realmente accadono) di nulla di reale (la loro realtà é limitata alle percezioni stesse e a nient' altro, cosa che potrebbe ben darsi, non essendo dimostrabile il contrario, di tutte le percezioni, anche di quelle non allucinatorie od oniriche, che per una serie di ragioni che non sto ad illustrare sono comunemente ritenute percezioni reali di qualcosa di reale; "qualcosa" che comunque, per non cadere in una spettacolarissima contraddizione, deve essere da esse diverso, non apparente alla coscienza: cosa in sé o noumeno).



SGIOMBO
E' coerente, logicamente corretta, l'ipotesi che tutto ciò che accade siano le percezioni (da parte di nessuno; non aventi alcun soggetto, così come le allucinazioni sono percezioni di niente, non aventi alcun oggetto).
CARLO
Se rileggi meglio, capirai che io non ho detto che le allucinazioni e le proiezioni siano <<percezioni di niente>>.Pertanto fammi un esempio reale di <<percezione da parte di nessuno>>.

Sgiombo:
Infatti -checché tu dica o non dica- le allucinazioni sono percezioni di niente di reale (ma solo di immaginario) per definizione.

Sei tu che hai l' onere di provare che non può darsi percezione senza nessun soggetto (né oggetti), perché sei tu che fai questa affermazione, mentre io mi limito ad affermare che non é certo che sia vera, e dunque non ho onere di prova alcuno...




SGIOMBO
Dunque per te se uno in un deserto ha l'allucinazione di "qualcosa" come un'oasi, l'oasi da costui vista (la cui visione da parte sua <<non é percezione di niente>> di reale) é qualcosa di reale e non invece niente di reale?
CARLO
Hai mai sentito parlare di quel tipo di rifrazione ottica in prossimità del suolo che crea l'effetto "specchio d'acqua"? Ecco, non si tratta di una percezione del nulla, ma della percezione di luce rifratta. 

Sgiombo:
L' ho sentita, ma una allucinazione (o un sogno) é un' altra cosa.
E anche in caso di miraggio si vede qualcosa che non c é la dove lo si vede, si vede per esempio un' oasi dove non c' é alcuna oasi.



SGIOMBO
Come al solito (é almeno al terza volta in quest' ultimo intervento!) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!
CARLO
Ma non dire eresie! Solo tu puoi avere il coraggio di parlare di percezioni senza un soggetto che percepisce né un oggetto percepito.

Sgiombo:

No, caro mio.
Può farlo chiunque sottoponga a critica razionale i pregiudizi del senso comune.
Però, bellissima come "argomentazione" (si fa per dire!) "Ma non dire eresie! Solo tu puoi avere il coraggio di parlare" di qualcosa!
Complimenti! 



Ovviamente ho risposto solo ad argomentazioni nuove che non avevo già adeguatamente criticato.E così farò anche le prossima volta (il che significa che in caso di ripetizione ulteriore solamente di affermazioni già confutate più che a sufficienza non riponderò proprio, con l' ovvia precisazione -repetita iuvant- che anche in questo caso chi tace non acconsente).Ho già perso troppo tempo a ripetere inutilmente un' infinità di volte le stesse argomentazioni.

Carlo Pierini

#218
Cit. CARLO
Insomma, le regole della logica non sono né arbitrarie né fini a se stesse, ma esprimono l'ordine a cui il linguaggio deve obbedire affinché rispecchi fedelmente gli eventi oggettivi che deve rappresentare.

SGIOMBO
Le regole della logica e della matematica pure possono ben essere applicate alle scienze naturali (e non solo); ma ciò non toglie che siano arbitrariamente stabilite per definizioni, assiomi e postulati  (e infatti non me le hai dimostrate logicamente, né me le hai mostrate empiricamente; ne hai solo fatto qualche banale applicazione pratica.

CARLO
Eh sì, per chi, come te, sostiene che la percezione non ha bisogno di un soggetto che percepisce né di un oggetto percepito, le regole della logica non possono che essere arbitrarie.

Cit. SGIOMBO
L' eventuale falsificazione, in un domani, di E = mc2 non avverrà per il mutare della logica ma per (nuove; o meglio considerate) osservazioni empiriche.

Cit. CARLO
Non è affatto detto. Potrebbe trattarsi di una autentica legge della natura e, come tale, immutabile. Esistono centinaia di verità scientifiche che sono definitive e inconfutabili.


SGIOMBO
No, guarda che in linea di principio nessuna legge di natura é definitiva e inconfutabile, ma invece tutte sono sempre falsificabili in linea di principio (come di fatto tante volte già accaduto anche di fatto).
Credo che nemmeno gli scientisti più baldanzosi e acritici si sentirebbero di sostenere una tale sciocchezza.

CARLO
Io non sto sostenendo l'infallibilità della scienza, ma l'immutabilità delle leggi di natura. Le reazioni chimiche che avvenivano 10 miliardi di anni fa avvengono anche oggi secondo le stesse leggi.
Altra cosa sarebbe affermare che la scienza conosce tutte le leggi della natura, o che tutte quelle che essa oggi considera leggi lo siano veramente. La conoscenza è un cammino graduale che procede per prove ed errori, ma procede.

Cit. CARLO
Tant'è che, per esempio, la Nasa usa le leggi di Newton per spedire le sonde nello spazio, sebbene esse si siano rivelate come casi particolari della Relatività einsteiniana. Quindi la Relatività non ha falsificato la dinamica classica, ma ne ha limitato il dominio di validità;

SGIOMBO
La relatività, limitando il dominio di validità della meccanica classica, che si presumeva illimitato l'ha falsificata in senso assoluto (in assoluto ciò che diceva era falso)

CARLO
Usi le parole a sproposito. Se le leggi di Newton fossero state falsificate in assoluto, sarebbero inutilizzabili, invece sono impiegate in TUTTE le applicazioni in cui siano necessarie nozioni di dinamica dei corpi materiali

SGIOMBO
Un numero considerato astrattamente é matematica pura e non scienze naturali.

Cit. CARLO
Bravo! La matematica pura non è fisica ma è meta-fisica. Quindi ogni operazione matematica è un processo astratto, metafisico.


SGIOMBO
Astrazione = riconoscimento di ciò che é comune a più elementi concreti; può operarsi di elementi concreti fisici (come é la proposta di leggi scientifiche) o anche al limite di concetti metafisici (dai concetti metafisici concreti di "Dio", "Angelo Gabriele", "angelo Raffaele" e "anima umana di Carlo Pierini" e "anima umana di Tizio De Cais" si può astrarre il concetto metafisico astratto di "spirito").


CARLO
Bravo. "Astrazione" non è un fenomeno fisico, ma un processo di pensiero. Una legge scientifica non la osserviamo, ma la astraiamo. E tutto ciò che non fa parte della fisica, per definizione, è metafisica (meta=oltre).
Il termine "metafisica" fa parte del linguaggio umano da più di due millenni e nessuno ha mai scoperto nulla che ne vanifichi il significato.

Cit SGIOMBO
Nelle scienza naturali tantissimi numeri rilevati dalla osservazione dei fatti concreti (dalla costante gravitazionale, alla lunghezza di Plank, alle masse delle particelle "elementari", alla velocità della luce, ecc., ecc., ecc.) sono grandezze fisiche (e non affatto "metafisiche"!!!).

Cit. CARLO
Bravo! La metafisica dei numeri applicata complementariamente ai fenomeni fisici si trasforma in quegli elementi di conoscenza scientifica chiamati "velocità della luce", "costante di Plank", costante gravitazionale, ecc..


SGOMBO
Gli "elementi di conoscenza scientifica" di cui parli (parliamo) sono puramente e semplicemente grandezze fisiche (ovvero aspetti quantitativi della realtà naturale espresse da numeri.


CARLO
Se non capisci che i numeri non sono entità fisiche, ma archetipi metafisici (come sostenevano anche Pitagora e Galilei), io non lo ripeterò più.
Senti cosa dice Jung degli archetipi, e poi confrontalo con ciò che scrive il logico matematico G. Frege:

<<Le idee che conquistano, le idee cosiddette vere, gli archetipi, hanno in sé un che di particolare: sorgono da una regione atemporale, da un essere-sempre-esistite, da un terreno psichico primordiale su cui lo spirito effimero del singolo individuo cresce come una pianta. [...] Esse provengono da un qualcosa che è più grande della persona singola. Non siamo noi a produrre idee, sono piuttosto le idee che formano noi>>.  [JUNG: Contrasto tra Freud e Jung - pg.211]

<<La Logica è una scienza delle leggi più generali dell'esser vero. (...) E' come un'isola deserta fra i ghiacciai: è là molto tempo prima di essere scoperta; così anche le leggi matematiche valgono già da prima della loro scoperta. Cosicché i pensieri veri, non solo sono indipendenti dal nostro riconoscerli tali, ma sono indipendenti anche dal nostro pensarli. Essi non appartengono a coloro che li pensano, bensì si presentano nello stesso modo e come gli stessi pensieri a tutti coloro che li concepiscono. (...)
Un TERZO REGNO va riconosciuto. Ciò che vi appartiene concorda da un lato con le rappresentazioni, perché non può venir percepito con i sensi, e d'altro lato con le cose, perché non ha bisogno di alcun portatore ai contenuti della cui coscienza appartenere. (...) E' vero non soltanto a partire dal momento in cui è stato scoperto; proprio come un pianeta è in un rapporto di azione reciproca con altri pianeti già prima che lo si scopra>>. [G. FREGE, tratto da: "La filosofia di Gottlob Frege", di C. BIANCHI - pg. 150]

Cit. CARLO
"Percepire" pre-suppone l'esistenza di un soggetto che percepisce e di un oggetto che è la causa della percezione.
1 - senza un soggetto percipiente non esiste percezione;

Cit. SGIOMBO
E chi lo dice? Platone? Jung?

Cit. CARLO
No, me lo devi dire tu. Cosa intendi per "percezione"?

Cit. SGIOMBO
E' tutto ciò di cui si ha immediata consapevolezza.

CARLO
Apppunto: <<ciò>> e <<si>> sono rispettivamente l'oggetto e il soggetto della <<...immediata consapevolezza>>.

SGIOMBO:
Appunto un corno: <<ciò>> di cui [e] <<si>> ha immediata consapevolezza sono le percezioni; oltre alle quali potrebbe benissimo non darsi realmente alcunché: né soggetto, né oggetto.

CARLO
Con i giochi di parole non si fanno camminare i treni. <<Ciò>> equivale a <<qualcosa>>, non al nulla; e <<si>> equivale a <<noi>>, non a nessuno. La frase significa: <<La percezione è qualcosa di cui noi siamo immediatamente consapevoli>>.

SGIOMBO
si può benissimo esprimere anche con una costruzione verbale impersonale: "fa caldo", "ci si vede bene", "si sentì un gran rumore", ecc,), allora ci dovrebbe per forza essere una persona facente la parte del "soggetto".

CARLO
"Fa caldo" non esprime una percezione soggettiva, ma un dato oggettivo (= "la temperatura è alta").
Invece, "ci si vede bene" significa "noi vediamo bene le cose".
Queste sono questioni da asilo infantile, non da forum di filosofia.

Cit. SGIOMBO
A parte il fatto che "percezione che appartiene alla sfera inconscia" é una contraddizione in termini,


Cit. CARLO
L'inconscio è come l'atomo (o come la "cosa in sé"): non è immediatamente osservabile, ma è causa di fenomeni che coinvolgono o alterano la coscienza o si manifestano ad essa secondo modalità tipiche (sia sane che patologiche).

SGIOMBO:
Infatti - checché tu dica o non dica - le allucinazioni sono percezioni di niente di reale (ma solo di immaginario) per definizione.

CARLO
Certo, anche le nevrosi depressive sono percezioni "immaginarie", ma il loro <<essere niente>> può condurre persino al suicidio.
Il problema è che, se sei totalmente ignaro di quali e quanti sono gli eventi psichici che hanno resa necessaria in psicologia la formulazione del concetto di inconscio, dovresti informarti, perché io non posso certo riassumerlo in poche righe. Posso solo proporti - a scopo indicativo - qualche citazione di Jung:

<<L'inconscio, anche per l'uomo civile, si rivela come qualcosa di obiettivo che, entro determinati limiti, si sottrae alla nostra volontà cosciente: non possiamo reprimere tutte le nostre emozioni, né mutare in buon'umore il cattivo umore, né sognare a volontà. Anche il più intelligente degli uomini può talora essere dominato da pensieri da cui, per quanti sforzi faccia, non si può liberare>>.   [JUNG: Realtà dell'anima - pg.19]


<<Tutti gli stati di nevrosi sono contraddistinti dal medesimo fatto: qualcosa di ignoto ha preso possesso di una parte maggiore o minore della psiche e persiste indisturbato nella sua esistenza avversa e nociva contro ogni raziocinio e contro ogni energia cosciente, manifestando così la potenza dell'inconscio e il suo potere di piegare la volontà consapevole; è proprio ciò che si chiama "essere posseduti">>.     [JUNG: L'Io e l'inconscio - pg.146]

Cit. SGIOMBO
Sei tu che hai l' onere di provare che non può darsi percezione senza nessun soggetto (né oggetti), perché sei tu che fai questa affermazione, mentre io mi limito ad affermare che non é certo che sia vera, e dunque non ho onere di prova alcuno...

SGIOMBO
Dunque per te se uno in un deserto ha l'allucinazione di "qualcosa" come un'oasi, l'oasi da costui vista (la cui visione da parte sua <<non é percezione di niente>> di reale) é qualcosa di reale e non invece niente di reale?


CARLO
Hai mai sentito parlare di quel tipo di rifrazione ottica in prossimità del suolo che crea l'effetto "specchio d'acqua"? Ecco, non si tratta di una percezione del nulla, ma della percezione di luce rifratta.

SGIOMBO
L'ho sentita, ma una allucinazione (o un sogno) é un' altra cosa.


CARLO
Appunto: una allucinazione è l'irruzione temporanea di un contenuto inconscio talmente intenso e "oggettivamente altro" dalla coscienza che viene proiettato all'esterno come se si trattasse di una presenza fisica.

SGIOMBO
E anche in caso di miraggio si vede qualcosa che non c é la dove lo si vede, si vede per esempio un'oasi dove non c' é alcuna oasi.

CARLO
E' l'effetto "specchio d'acqua" che fa credere si tratti di un'oasi.

SGIOMBO
Come al solito (é almeno al terza volta in quest' ultimo intervento!) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!

CARLO
Ma non dire eresie! Solo tu puoi avere il coraggio di parlare di percezioni senza un soggetto che percepisce né un oggetto percepito.

SGIOMBO:
No, caro mio.
Può farlo chiunque sottoponga a critica razionale i pregiudizi del senso comune.


CARLO
Sono ancora in attesa che tu mi faccia un esempio reale di percezione senza soggetto e senza oggetto.



BRAHMS: Danza ungherese n. 5, violino
https://youtu.be/eENEFWCNUVY?t=12

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 01 Ottobre 2018, 23:43:03 PM
Cit. CARLO
Bravo! La matematica pura non è fisica ma è meta-fisica. Quindi ogni operazione matematica è un processo astratto, metafisico.


SGIOMBO
Astrazione = riconoscimento di ciò che é comune a più elementi concreti; può operarsi di elementi concreti fisici (come é la proposta di leggi scientifiche) o anche al limite di concetti metafisici (dai concetti metafisici concreti di "Dio", "Angelo Gabriele", "angelo Raffaele" e "anima umana di Carlo Pierini" e "anima umana di Tizio De Cais" si può astrarre il concetto metafisico astratto di "spirito").


CARLO
Bravo. "Astrazione" non è un fenomeno fisico, ma un processo di pensiero. Una legge scientifica non la osserviamo, ma la astraiamo. E tutto ciò che non fa parte della fisica, per definizione, è metafisica (meta=oltre).
Il termine "metafisica" fa parte del linguaggio umano da più di due millenni e nessuno ha mai scoperto nulla che ne vanifichi il significato.
CitazioneSi. ma qualcuno lo stravolge completamente.

Per esempio CarloPierini.
Che cade in un paralogismo:

"Diverso" =/= "situato altre".

Ovvero non tutto ciò che non é fisica é oltre la ficia (= é metafisica): potrebbe anche essere "al di qua", di "lato" sopra" o "sotto" per restare nella metafora topologica; fuor di metafora, il diverso da qualcosa (contrariamente al contrario: "diverso" =/= "contrario") può essere moltelice, anche numerosamente molteplice, e diversificato "al suo interno", non é necessariamente univoco. 




CARLO
Se non capisci che i numeri non sono entità fisiche, ma archetipi metafisici (come sostenevano anche Pitagora e Galilei), io non lo ripeterò più.

CitazioneHo capito.
Sei un realista degli universali (dovevo aspettarmelo).

Dunque, siccome sono un realista, concordo che (anche) sugli universali c' é poco o nulla da discutere (bisognerebbe in teoria "partire dai principi più elementari").



Senti cosa dice Jung degli archetipi, e poi confrontalo con ciò che scrive il logico matematico G. Frege:

<<Le idee che conquistano, le idee cosiddette vere, gli archetipi, hanno in sé un che di particolare: sorgono da una regione atemporale, da un essere-sempre-esistite, da un terreno psichico primordiale su cui lo spirito effimero del singolo individuo cresce come una pianta. [...] Esse provengono da un qualcosa che è più grande della persona singola. Non siamo noi a produrre idee, sono piuttosto le idee che formano noi>>.  [JUNG: Contrasto tra Freud e Jung - pg.211] 

<<La Logica è una scienza delle leggi più generali dell'esser vero. (...) E' come un'isola deserta fra i ghiacciai: è là molto tempo prima di essere scoperta; così anche le leggi matematiche valgono già da prima della loro scoperta. Cosicché i pensieri veri, non solo sono indipendenti dal nostro riconoscerli tali, ma sono indipendenti anche dal nostro pensarli. Essi non appartengono a coloro che li pensano, bensì si presentano nello stesso modo e come gli stessi pensieri a tutti coloro che li concepiscono. (...) 
Un TERZO REGNO va riconosciuto. Ciò che vi appartiene concorda da un lato con le rappresentazioni, perché non può venir percepito con i sensi, e d'altro lato con le cose, perché non ha bisogno di alcun portatore ai contenuti della cui coscienza appartenere. (...) E' vero non soltanto a partire dal momento in cui è stato scoperto; proprio come un pianeta è in un rapporto di azione reciproca con altri pianeti già prima che lo si scopra>>. [G. FREGE, tratto da: "La filosofia di Gottlob Frege", di C. BIANCHI - pg. 150]
CitazioneFarneticazioni idealistiche (e -infatti- confusione fra pensiero e realtà, fra conoscenza della realtà e e realtà, fra giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori).



CARLO
Con i giochi di parole non si fanno camminare i treni. <<Ciò>> equivale a <<qualcosa>>, non al nulla; e <<si>> equivale a <<noi>>, non a nessuno. La frase significa: <<La percezione è qualcosa di cui noi siamo immediatamente consapevoli>>.
CitazioneBravo, mi hai tolto le parole di bocca:

Con i giochi di parole non si fanno camminare i treni.

"ciò" in quella frase significa "la percezione" (senza necessariamente soggetto ed oggetto) e "si" é un pronome impersonale, non indica alcuna persona agente o subente.



SGIOMBO
si può benissimo esprimere anche con una costruzione verbale impersonale: "fa caldo", "ci si vede bene", "si sentì un gran rumore", ecc,), allora ci dovrebbe per forza essere una persona facente la parte del "soggetto".

CARLO
"Fa caldo" non esprime una percezione soggettiva, ma un dato oggettivo (= "la temperatura è alta").

CitazioneTant' é vero che un esquimese probabilmente dirà soggettivamente "fa caldo" nentre un congolese dirà soggettivamente "fa freddo" entrambi trovandosi insieme alla medesima temperatura oggettiva di 15° centigradi!



Invece, "ci si vede bene" significa "noi vediamo bene le cose".
Queste sono questioni da asilo infantile, non da forum di filosofia.
CitazioneInfatti, Queste sono questioni da asilo infantile, non da forum di filosofia.

Affermare che <<
"ci si vede bene" significa "noi vediamo bene le cose">> significa (a sua volta; mi spiace per il gioco di parole) dare per scontato quello che sarebbe da dimostrare, ovvero la realtà anche di un soggetto e di oggetti delle sensazioni, oltre alle sensazioni stesse.



SGIOMBO:
Infatti - checché tu dica o non dica - le allucinazioni sono percezioni di niente di reale (ma solo di immaginario) per definizione.

CARLO
Certo, anche le nevrosi depressive sono percezioni "immaginarie", ma il loro <<essere niente>> può condurre persino al suicidio.
Il problema è che, se sei totalmente ignaro di quali e quanti sono gli eventi psichici che hanno resa necessaria in psicologia la formulazione del concetto di inconscio, dovresti informarti, perché io non posso certo riassumerlo in poche righe. Posso solo proporti - a scopo indicativo - qualche citazione di Jung:

<<L'inconscio, anche per l'uomo civile, si rivela come qualcosa di obiettivo che, entro determinati limiti, si sottrae alla nostra volontà cosciente: non possiamo reprimere tutte le nostre emozioni, né mutare in buon'umore il cattivo umore, né sognare a volontà. Anche il più intelligente degli uomini può talora essere dominato da pensieri da cui, per quanti sforzi faccia, non si può liberare>>.   [JUNG: Realtà dell'anima - pg.19]

CitazioneChe c' entra il fatto (del tutto evidente, banalissimo) che "non possiamo reprimere tutte le nostre emozioni, né mutare in buon'umore il cattivo umore, né sognare a volontà. Anche il più intelligente degli uomini può talora essere dominato da pensieri da cui, per quanti sforzi faccia, non si può liberare" con l' esistenza del fantomatico "inconscio".

L' irrazionalità umana é autentica quanto la razionalità (sono complementari; absit iniuria -idealistica jungiana- verbis), ma non é ' "inconscio": quando non riesco a reprimere la mia voglia di mangiare troppo mi rendo perfettamente conto (sono consapevolissimo) di non riuscire 
a reprimere la mia voglia di mangiare troppo che mi fa male alla salute.



CARLO
Appunto: una allucinazione è l'irruzione temporanea di un contenuto inconscio talmente intenso e "oggettivamente altro" dalla coscienza che viene proiettato all'esterno come se si trattasse di una presenza fisica.
CitazioneFarneticazione idealistica: non c' é bisogno di alcun "contenuto inconscio" (se si sottintende "della coscienza" si tratta di una contraddizione in termini) perché l' allucinazione accada: basta che nella corteccia del cervello corrispondente alla coscienza di cui si tratta accadano determinati eventi  neurofisiologici identici a quelli che accadono anche durante una sensazione autentica, ma provocati non da stimoli sensoriali esogeni bensì da altri eventi neurofisiologici endogeni (cerebrali).



CARLO
Sono ancora in attesa che tu mi faccia un esempio reale di percezione senza soggetto e senza oggetto.
CitazioneCome al solito (ho perso il conto delle volte) tu, che pretendi di affermare la realtà certa di qualcosa (il soggetto e gli oggetti di percezioni) pretendi indebitamente che l' onere della prova (empirica, nella fattispecie) spetti a me che nego tale certezza!!!


Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 02 Ottobre 2018, 10:38:33 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Ottobre 2018, 23:43:03 PMCARLO
Invece, "ci si vede bene" significa "noi vediamo bene le cose".
Queste sono questioni da asilo infantile, non da forum di filosofia.
Citazione
SGIOMBO
Infatti, Queste sono questioni da asilo infantile, non da forum di filosofia.

Affermare che <<
"ci si vede bene" significa "noi vediamo bene le cose">> significa (a sua volta; mi spiace per il gioco di parole) dare per scontato quello che sarebbe da dimostrare, ovvero la realtà anche di un soggetto e di oggetti delle sensazioni, oltre alle sensazioni stesse.

CARLO
Con chi spera di convincermi che, per un uomo morto e al buio, "vedere" significhi qualcosa, ogni parola è sprecata.

Apeiron

Visto che sono stato "invocato", dirò brevemente la "mia" sulla questione. Non sarà una confutazione dell'idealismo o del materialismo, ma voglio dire perché secondo me entrambe sono posizioni "estreme". 

Secondo il materialismo, solo ciò che è materiale "esiste". O più precisamente, nelle versioni meno ingenue, la realtà fondamentale è "materiale". Mentre pensieri, emozioni, "senso dell'io" e così via sono realtà "emergenti", "cose" come le particelle sono invece fondamentali. Questa posizione sembra essere confermata dal "senso comune". Però, a mio giudizio, il materialismo ha serie difficoltà, specialmente dal punto di vista epistemologico. 
Primo: tale "realtà materiale" viene conosciuta tramite la coscienza. In questo senso, come dice @sgiombo, vi è una componente "materiale" nella nostra esperienza cosciente (personalmente, "esperienza cosciente" e "coscienza" sono concetti separati. Coscienza, secondo me, è "ciò che ha cognizione" ma "sono dettagli"...). Dunque, tutta la nostra conoscenza della realtà materiale deriva dall'esperienza sensibile, ovvero da ciò che noi "percepiamo". Però anche le sensazioni materiali non esistono indipendentemente dalla nostra mente. Quindi, il solipsismo è inconfutabile. [tra parentesi, credo che la migliore confutazione del solipsismo avvenga a livello etico, ovvero quando si apprezza l'"altro"...]. Ovviamente, a meno che non vogliamo essere solipsisti questa argomentazione non ha molto senso. Inversamente, però, è piuttosto imbarazzante per il "realismo ingenuo". In fin dei conti, assumendo che noi percepiamo una realtà esterna, a meno che non crediamo che le nostre sensazioni siano la realtà, dobbiamo ammettere che la nostra coscienza può "organizzare" le nostre sensazioni, dandoci una rappresentazione "distorta" (ma magari utile per la nostra sopravvivenza) delle cose. Ergo, il realismo ingenuo si trasforma in un realismo indiretto.
Secondo: Assumendo però il realismo indiretto, abbiamo un secondo problema epistemologico. Se la nostra esperienza è una mera rappresentazione "distorta" della realtà esterna, è chiaro che un'analisi empirica non può che al massimo darci "ipotesi" (inglese: "guesses") circa la "realtà vera". Questa posizione fu, storicamente, accettata da Cartesio, Spinoza e Locke (e in parte da Galileo) - notare che metto anche l'empirista Locke - per i quali però mentre le qualità secondarie (colori, suoni ecc) erano meramente soggettive, le qualità primarie erano, invece, oggettive. Le "substantie" esterne erano caratterizzate dalle loro qualità primarie, che erano quantitative. Ritengo che molti scienziati mantengano anche oggi questa seconda posizione. Il problema, però, è che la distinzione tra qualità primarie e secondarie, pur essendo sensata, non ci dà minimamente la certezza che le "grandezze quantitative" siano veramente indipendenti dalla mente (o, se si accetta l'inter-soggettività, da tutte le menti). Infatti, tali proprietà si "trovano" ancora nell'esperienza cosciente. Ergo, il realista indiretto in realtà, paradossalmente, è o costretto ad accettare un realismo "ingenuo" (le grandezze quantitative sono indipendenti dalle menti) - perdonate la parola ma uso il gergo filosofico (in realtà questo tipo di realismo ingenuo è molto sofisticato) - oppure a relegare la "realtà esterna" (la "cosa in sé") come totalmente inconoscibile (alcune interpretazioni di Kant ritengono che la sua posizione era questa. Ma non c'è consenso, vista l'oscurità dei suoi scritti)
Terzo: Però, se le grandezze quantitative sono indipendenti da tutte le menti e noi le "vediamo" così come sono tramite un'analisi della nostra esperienza cosciente (in fin dei conti la "forza" della scienza è il suo carattere empirico - di per sé la scienza non necessita di alcun dogma metafisico) abbiamo il paradosso per cui diciamo che diciamo di conoscere qualcosa "oltre" la nostra esperienza senza però averne veramente la possibilità. Se accettiamo che "la cosa in sé" come inconoscibile, allora abbiamo altri problemi. In fin dei conti, tale "realtà totalmente inconoscibile" dovrebbe, per così dire, essere "legata" alla nostra coscienza e dovrebbe far insorgere la nostra esperienza. Ergo, allo stesso tempo, non è "totalmente inconoscibile". Tuttavia il vantaggio di questa posizione è che non dice niente su qualcosa "oltre" l'esperienza ma ci dice, invece, che le verità scientifiche sono inter-soggettive perché, in fin dei conti, abbiamo una struttura della mente simile e le nostre "rappresentazioni" sono caratterizzate da simili caratteristiche. L'errore di Kant (stando ad alcune sue interpretazioni, ma non c'è consenso) è stato quello di dire che lo spazio deve essere per forza Euclideo (quindi fu "falsificato" dalla Relatività Generale). Se però accettiamo, che lo spazio è semplicemente "posizioni e distanze" capiamo che esso è veramente una caratteristica a-priori della nostra esperienza (indipendentemente da cosa dice la scienza sullo "spazio fisico", che tra l'altro, qui grosso errore di Kant, non coincide necessariamente con quello "esperienziale". Quello "fisico" in realtà è una grandezza fisica - se consideriamo il "tempo", capiamo meglio. In fin dei conti, pur essendo il "fluire del tempo" una caratteristica a-priori della nostra esperienza, tale "fluire" non è per niente quantitativo.).
Quarto: Ergo, siamo ad un bivio. O tale "materialità" c'è ma non è conoscibile (e quindi, in particolare, la realtà non è necessariamente "materiale" come la intendiamo noi) o tale "materialità" non c'è e ciò che rimane sono solamente le esperienze coscienti dei vari individui. Quindi epistemologicamente, il materialismo, come è comunemente inteso non ha una vera giustificazione epistemologica (uno, ovviamente può "fare spallucce" di ciò).
Quinto: vi è però un altro problema. L'esperienza ci mostra che la materia si comporta in modo "regolare" e, anzi, tale assunzione, corroborata dall'osservazione scientifica ci porta a dire che è effettivamente così. Mentre per l'idealismo non è un problema tale regolarità perché la "realtà è mentale" (potrebbe esserlo, ma, in fin dei conti, l'idealismo trova facilmente la giustificazione dicendo, ad esempio, che il pensiero matematico è, effettivamente, "pensiero"). Più difficile è giustificare che una "materia", completamente diversa ed indipendentemente dalla mente, sia in realtà "regolare" e che abbia proprietà conoscibili da una "coscienza" (nel mio gergo, "coscienza" e "mente" sono "la parte dell'esperienza cosciente che ha cognizione" e quindi non coincidono con essa - la mente/coscienza è fenomenica e non è indipendente dalla realtà fenomenica). Se la materia fosse indipentente dalla coscienza, perché è regolare? Qual è inoltre lo status "ontologico" di queste regolarità se il materialismo è vero? Vi è una ragione perché tali regolarità siano "visibili" nella materia? Il materialismo non riesce a rispondere a ciò.

Dal canto suo, l'idealismo (anche nelle sue versioni più sofisticate) è una presa di posizione non razionalmente giustificata. In fin dei conti, ci dice che, in realtà, che le menti/coscienze sono fondamentali e la materia no. Però, anche tale posizione è indimostrabile, dal punto di vista filosofico. Però, per esempio, riesce a spiegare la "regolarità" dell'esperienza. Per esempio, se si accetta l'esistenza di una Mente Creatrice che ha creato la materialità, allora in tal caso abbiamo che tale materialità è dipendente da tale Mente e magari indipendente da tutte le menti dell'universo (non ho mai capito se Berkeley accettasse questa posizione che, in realtà, è simile o identica a quella di San Tommaso d'Aquino oppure rigettasse l'esistenza stessa della materia. In fin dei conti, se non erro San Tommaso diceva che Dio ha creato e sostiene le cose in ogni momento...). Oppure, se accettiamo quello che certe scuole di pensiero orientale dicono, non c'è mai stato un momento in cui il mondo fosse "privo" di coscienze (sostanziali come nell'Induismo o momentanee come nel Buddhismo. In ambo i casi, non c'è consenso su tale questione. Per esempio, almeno parte della scuola Yogacara buddhista sembra essere stata "idealista" ma non tutto il pensiero Buddhista rigetta la materialità) e quindi possiamo pensare che, in realtà, l'universo stesso sia una sorta di "sogno condiviso".


La mia posizione è una sorta di agnosticismo. Mi sembra quella più razionale. In fin dei conti, sia il materialismo che l'idealismo hanno alcuni problemi ad auto-giustificarsi. Forse la mia posizione è più vicina a quella idealista perché, secondo me, il "quinto punto", quello delle regolarità, difficilmente è giustificato dal materialismo. D'altro canto, la posizione idealistica secondo cui la realtà è una sorta di sogno, pur essendo filosoficamente interessante, non mi convince pienamente.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#222
Riguardo alla relazione "meccanica quantistica"-"materialismo vs idealismo vs dualismo" ecc, secondo me la meccanica quantistica di per sé non porta a nessuna conclusione.

Per esempio, non è nemmeno vero che per tutti i sostenitori dell'interpretazione di Copenaghen, la realtà dipende dalle osservazioni. Ad esempio, Bohr sosteneva altro, si veda questo mio post (e magari la discussione che ne è seguita, dove si spiega che la posizione di Bohr era meno "ontologica" di quanto si pensa. Ad esempio, pensava che noi potevamo indagare la realtà fisica con l'ausilio di "concetti classici" - definiti anche da procedure sperimentali - e che quindi potevamo conoscere il mondo quantistico solo attraverso il "mezzo" degli apparati sperimentali e quindi attraverso i concetti classici.). Ovviamente, ciò non significa che alcuni eminenti fisici non sostengono una cosa del genere. Si veda, Wheeler e Wigner che sostenevano che "la coscienza causa il collasso" del pacchetto d'onda (Wheeler forum la teoria dell'universo partecipatorio, per il quale l'universo dipende dall'esistenza di osservatori coscienti). Oppure si veda cosa dice Andrei Linde, si veda il video in questo link (è in inglese ma si possono attivare i sottotitoli... il video non è nuovissimo, visto che non erano ancora state scoperte le onde gravitazionali). Anche Heinsenberg era di un'ottica più "soggettivistica" di Bohr, per quanto ne so. Su Linde in italiano c'è pochissimo. In inglese, c'è molto di più. Ma in genere su tutta questa questione c'è più in inglese. Ovviamente non c'entra niente questa teoria in cui la coscienza è vista come "rilevante" nella fisica con i proclami pseudo-scientifici che si sentono a riguardo (come ad esempio, che la meccanica quantistica dimostra "la legge di attrazione". Purtroppo, alcuni sfruttano le opinioni di illustri scienziati per i loro fini).

Una precisazione sulla posizione di San Tommaso d'Aquino. Ovviamente, lui era un dualista per quanto riguarda il nostro universo. Noi siamo fatti di materia (il corpo) e di mente (anima, spirito ecc). Ma la materia stessa però è una creazione di Dio, che è mentale. Per Berkeley, invece, la materia non era diversa dalla "materia" che ci appare nei sogni. Ma secondo me, considerando che per Berkeley le cose esistevano anche quando non erano percepite grazie all'esistenza di Dio, le due posizioni non sono così diverse.

Infine, credo che per Berkeley la conoscenza scientifica possa essere vista come una "corretta interpretazione" o, meglio, di un'approssimata descrizione di "ciò che è percepito".

Nel post precedente, non ho ben specificato che Kant non è un realista indiretto perché, per lui, anche le qualità primarie (quantitative) degli oggetti della nostra esperienza non sono indipendenti da tutte le menti. Però visto che le nostre esperienze coscienti hanno una struttura simile, in tutte gli oggetti hanno proprietà quantitative...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#223
Alcune precisazioni riguardo a quanto affermato oggi:

1) Non ho mai ben capito se Berkeley rifiutasse l'esistenza della materia o se invece si limitasse a dire che anche per essa vale il principio  "esse est percipi". Onestamente, visto che era cristiano e che il Cristianesimo dà molta importanza alla "carne", mi sorprenderebbe che considerasse la materia come "illusoria". Forse, riteneva che per esistere dovesse essere percepita da Dio.

2) Riguardo alla posizione di Heisenberg... per lui il pacchetto d'onda era una "ampiezza di probabilità". In pratica, per lui anche quando il sistema quantistico non era osservato, lo stato coincideva con tale ampiezza di probabilità. All'atto della misura il pacchetto collassa e dà un preciso risultato. Per Bohr, invece, da quanto ho capito ha senso parlare di "stato del sistema" solo all'atto della misura (prima della misura, i concetti classici non si applicano... per Bohr si può dire solo questo). Ho detto che per Heisenberg l'interpretazione è più "soggettivistica" per due motivi: primo perché il "collasso" è qualcosa di "reale" e quindi le osservazioni hanno un effetto reale e secondo perché è difficile pensare alla "probabilità" come qualcosa di "fisico" e quindi postulare che lo stato di un sistema fisico sia un'ampiezza di probabilità si presta a facili interpretazioni idealistiche. Vi è poi anche un'altra interpretazione in cui la mente svolge un ruolo fondamentale, l'interpretazione a "molte menti" di Dieter Zeh.

3) Ovviamente tra "idealismo" e "materialismo" ci sono varie alternative. Per esempio, nel Taoismo mi sembra che il principio primo non sia né mente né materia. Idem per certe interpretazioni del Platonismo che non contemplano il Demiurgo, la realtà deriva dalle Forme, che pur essendo conoscibili, non sono strettamente parlando "mentali" (e anche nel caso del Demiurgo, la materia viene "formata" dal Demiurgo e non viene creata - ah, il Demiurgo platonico non è "malvagio" come quello degli gnostici, ma è una figura "positiva"). Ovviamente, non è nemmeno idealista (né materialista, ovviamente) la posizione di San Tommaso d'Aquino in quanto sia mente che materia sono reali (in fin dei conti sia la mente che la materia sono create e sostenute da Dio). Anche se, in quest'ultimo caso, c'è una Mente creatrice e quindi che precede la materia (quindi, limitatamente a questo, è una posizione più vicina all'idealismo).

4) Effettivamente, per le nostre attuali conoscenze scientifiche, le coscienze si sono originate dopo la materia (o meglio, è un argomento contro l'idealismo più che a favore dell'idealismo). Questo dà supporto al materialismo rispetto all'idealismo ma non spiega il punto "quinto" che ho enumerato in precedenza (ovviamente interpretazioni idealistiche come l'universo participatory di Wheeler ne sono ben consapevoli...).

5) Prima che il Sari mi bacchetti, devo dire che la scuola Yogacara è una scuola buddhista. Altre accettano l'esistenza degli oggetti esterni. Non so dire quanto sia diffusa quella idealista, per così dire.

Ok, spero di aver fatto tutte le precisazioni che dovevano essere fatte  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Carlo Pierini

#224
Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2018, 19:39:08 PM
3) Ovviamente tra "idealismo" e "materialismo" ci sono varie alternative. Per esempio, nel Taoismo mi sembra che il principio primo non sia né mente né materia.

CARLO
Non proprio. Il Tao è il Principio trascendente di cui materia e spirito rappresentano le polarità immanenti. In altre parole, l'alternativa a "materialismo" e "idealismo" è la complementarità di materia e spirito nell'unità superiore del Principio primo.
Quindi, non: << mente materia>>, ma: <<sia mente che materia>>.

APEIRON
Idem per certe interpretazioni del Platonismo che non contemplano il Demiurgo, la realtà deriva dalle Forme, che pur essendo conoscibili, non sono strettamente parlando "mentali".

CARLO
Il platonismo (Filone, Plotino, Dionigi l'Aeropagita, Agostino, Boezio, ecc.) identifica il Demiurgo platonico con il Logos o Verbo divino, comprendente le "forme", cioè i modelli eterni (metafisici) del reale, gli archetipi del creato.

"In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". (Giovanni, 1:1-4)

Persino il pagano Proclo identificava gli archetipi con le divinità del politeismo.

APEIRON
Ovviamente, non è nemmeno idealista (né materialista, ovviamente) la posizione di San Tommaso d'Aquino in quanto sia mente che materia sono reali.

CARLO
Tommaso non identifica l'anima con il corpo, ma la considera la "forma" del corpo, cioè il suo archetipo. Mortale il primo, eterno il secondo.

APEIRON
4) Effettivamente, per le nostre attuali conoscenze scientifiche, le coscienze si sono originate dopo la materia (o meglio, è un argomento contro l'idealismo più che a favore dell'idealismo).

CARLO
Le conoscenze scientifiche non ci dicono assolutamente nulla sull'origine della vita, né della coscienza.


VANESSA PARADIS - Joe le taxi
https://youtu.be/IKxMTFvo_0s

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