Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 09:14:44 AMCARLO (al medesino Phil):

Appunto. Il tuo "possibilismo" è solo millantato, mentre il tuo atteggiamento, di fatto, è perfettamente identico a quello di un monista "talebano".  Infatti il talebano se ne frega della psicologia perché è certo che la mente non esista e che, quindi la psicologia non possa essere che una pseudo-scienza. Quindi, non sarebbe forse più semplice ammettere di essere semplicemente un monista convinto, invece di nasconderlo dietro a una nuvola di superflue circonvoluzioni verbali? (# 171)


CitazioneCommento mio (di Sgiombo):.

Non vedo come si possa non vedere che questo  é -quasi letteralmente; eccetto il riferimento alla psicologia come scienza- quanto da me (e non solo da me) ripetutissimamente contestato a Phil con dovizia di argomentazioni ed esempi.

CARLO
Non mi sono riferito alla psicologia <<come scienza>>, ma ho parlato di <<pseudo-scienza>> se riferita ad una psiche non esistente in sé. E questa non è una ambiguità, perché ho già chiarito più volte che se per "scienza" intendiamo la Scienza propriamente detta (applicazione del metodo matematico-sperimentale) la psicologia non fa parte della Scienza; e che si può considerare "scienza" solo nella sua accezione generale di "disciplina che fornisce sufficienti garanzie della propria validità". 

Carlo Pierini

#181
Citazione di: Phil il 26 Settembre 2018, 13:30:46 PM
Citazione di: viator il 25 Settembre 2018, 22:04:37 PM
Non ditemi che questa fecondissima discussione sta per finire !! Per di più nei personalismi un poco acidi e senza aver raggiunto una qualche ragionevole verità !
Con questa osservazione (in stile "castigat ridendo mores"  ;) ) fornisci tre elementi, a mio giudizio, molto interessanti: discussione feconda, personalismi e ragionevole verità.

Parto dalla recente esperienza personale: la richiesta di autoidentificarmi come "monista", secondo me è animata dall'esigenza concettuale di incanalare il discorso nell'alveo della classica (e per questo, a suo modo, accogliente) dicotomia monismo/dualismo, il caro vecchio "tertium non datur" per cui "o con me, o contro di me", ovvero "se argomenti contro le mie tesi, allora devi essere sostenitore della tesi simmetricamente opposta", escludendo a priori posizioni oblique, ibride, non orto-dosse e non canonizzabili in standard da manuale.
Questo spiegherebbe come mai quando parlo di affinità con il monismo, tale affermazione resta impressa e viene annotata diligentemente, ma quando (poche righe sotto) specifico che non sono monista al 100% (citando poi relativismo, agnosticismo, possibilismo, etc.), tale specificazione rimane curiosamente "non pervenuta", sotto traccia (nonostante le ripetizioni), pur essendo affermazione più rilevante della precedente, poiché la disambigua.

Perché l'interlocutore sceglie di credere solo ad alcune delle affermazioni complementari fra loro? Misteri della mente umana?
Forse no; qui, a mio giudizio, entrano in gioco i suddetti tre elementi: nel momento in cui l'interlocutore non ci mostra una ragionevole verità (o almeno qualcosa che possiamo identificare come tale), la fertilità del discorso viene spesso compromessa da personalismi; si glissa sul tema e si inizia a parlare dell'interlocutore (che assurge a topic). Nei migliori dei casi, la conversazione ristagna; in altri casi, la capacità di argomentare con osservazioni pertinenti viene risucchiata da polemiche dispersive, si smette quindi di fare filosofia (e si inizia a far politica: slogan, strumentalizzazioni di affermazioni, alleanze, schadenfreude, etc.).
Se l'altro non ci mostra la sua verità (possibilmente rigida, chiusa e con link a wikipedia) siamo un po' a disagio: se non possiamo concordare, non sappiamo cosa criticare, dove scagliare i dardi pungenti del nostro assennato dissenso (spesso attacchiamo per non doverci/saperci difendere); per cui, in assenza di bersagli, li creiamo per antitesi congetturale (estorcendo al testo altrui affermazioni che non gli appartengono, popolandolo di fantasmatiche insinuazioni che lo fanno rientrare in cliché più familiari e "affrontabili").
Le argomentazioni altrui che non sfociano in (auto)dichiarate certezze, ma restano aperte a domande, dubbi e pluralismi vari, non vengono considerate come tali, perché destabilizzano: se il nostro interlocutore dice "forse" o "è possibile" ci disarma (almeno finché restiamo nella logica binaria del "si o no") e per difenderci "blindiamo" le nostre idee etichettandole (non dimostrandole) come evidenti, oggettive e sorrette da rispettabile tradizione. Oppure, un po' spaesati, raccogliamo prontamente le armi della "legittima difesa personale" e lo accusiamo di averci insidiosamente provocato, perché quel "forse" non è autentico (non può esserlo!) e quell'"è possibile" è sarcastico (e deve esserlo!); in caso di mancanza di altri appigli plausibili, usiamo l'artiglieria pesante: l'imputazione di autocontraddizione, di negazione dell'evidenza, etc.

Pare che la nostra mente rifugga l'incertezza più dell'errore...
(ad esempio, il fatto che abbia appena usato la parola "mente" dopo aver affermato che sarebbe interessante provare ad analizzare alcune questioni sospendendone precauzionalmente il concetto, ad alcuni potrebbe sembrare contraddittorio: "o la neghi o la affermi! Cos'è questa storia della sospensione, di aspettare di verificarla... non abbiamo tempo da perdere qui, dicci subito: si o no?"  ;D ).


P.s.
Questa predica, nonostante l'uso del "noi", insinua, fra le righe, che sono bello e bravo? Secondo me, no; significa piuttosto che sono brutto (perché non rispetto l'estetica del discorso dicotomico) e cattivo (perché indico la strada per deviare dalla "zona di comfort", in veste di cattiva compagnia, non filosofica ma filosofistica  ;) ).

CARLO
Tagliamo la testa al ...topo: cos'è che distingue, nei fatti, il tuo percorso di ricerca da quello di un monista "talebano"?
Per capirci con un esempio reale che riguarda me: nel momento in cui il mio monismo-materialismo talebano fu scosso dalla "famosa" esperienza visionaria e aprì una crepa di "possibilismo" nella mia concezione del mondo, io sentii il bisogno di prendere in seria considerazione e di approfondire metodicamente tutte le obiezioni (da qualunque campo provenissero) che vengono mosse al materialismo e di metterle a confronto con quelle che lo sostengono. Tant'è, che in questi ultimi trent'anni mi sono letto almeno due volte i venti ponderosi volumi che costituiscono l'opera omnia di Jung (Freud e molti altri psicologi "materialisti" già li avevo approfonditi in precedenza), almeno cinquanta volumi dei principali studiosi di Storia comparata delle idee religiose, ...e poi tutti e dieci i volumi della "Storia della Filosofia" di Abbagnano, con particolare riguardo ai filosofi religiosi, ...e tralascio il restante 90% di materiale di studio per non riempire una decina di pagine di titoli di pubblicazioni (per esempio, passai un anno intero - orario di ufficio - nella Biblioteca Nazionale di Roma).
Insomma, per me un vero "possibilista" è chi dedica al paradigma "avversario" la stessa attenzione (in termini di tempo e di materiale di studio) che egli dedica al proprio paradigma di appartenenza; e che solo alla fine decide se esso sia più attendibile del proprio oppure no. Ecco: tu sei un "possibilista" come lo sono stato io, oppure, semplicemente, ti limiti a un generico "non escludo", fregandotene tuttavia di approfondire con impegno e serietà tutte le motivazioni avversarie, ritenendole <<non dimostrate>>, come se il materialismo fosse una teoria dimostrata?



DELIBES: Duetto dei fiori, op. Lakmé
https://youtu.be/2GPNZGwMS0w

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 15:11:39 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 09:14:44 AM
CitazioneCommento mio (di Sgiombo):.

Non vedo come si possa non vedere che questo  é -quasi letteralmente; eccetto il riferimento alla psicologia come scienza- quanto da me (e non solo da me) ripetutissimamente contestato a Phil con dovizia di argomentazioni ed esempi.

CARLO
Non mi sono riferito alla psicologia <<come scienza>>, ma ho parlato di <<pseudo-scienza>> se riferita ad una psiche non esistente in sé. E questa non è una ambiguità, perché ho già chiarito più volte che se per "scienza" intendiamo la Scienza propriamente detta (applicazione del metodo matematico-sperimentale) la psicologia non fa parte della Scienza; e che si può considerare "scienza" solo nella sua accezione generale di "disciplina che fornisce sufficienti garanzie della propria validità".

In linea teorica concordo (almeno mi pare, salvo sempre possibili fraintendimenti, viste ne nostre notevoli difficoltà a comprenderci correttamente).

Personalmente tendo a usare il termine "scienza umana" (anche per la psicologia, almeno in linea teorica, di principio), contrapposto a quello "scienza naturale"; anche se di fatto non vedo grandi conquiste scientifiche reali, effettive in campo psicologico (salvo quelle cui accennava SamuelSilver nella Risposta #25 della discussione su "La psicologia e la psichiatria hanno valore di scienza?"; lui peraltro le valutava di "entità" ben maggiore di me; e non ritengo punto scientifica nessuna delle varie scuole della psicoanalisi, ben sapendo che in ciò dissentiamo, ma non interessandomi approfondire l' argomento, almeno per ora).

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
Tagliamo la testa al ...topo: cos'è che distingue, nei fatti, il tuo percorso di ricerca da quello di un monista "talebano"?
Mio percorso di ricerca?
Citazione di: Phil il 22 Settembre 2018, 00:32:56 AM
forse sono pastore, di sicuro non sono ricercatore!  :)
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2018, 13:26:52 PM
l'invito (a chi è più grande di me) è: perché non provare ad affrontare quelle problematiche senza partire dal concetto di mente?
Nei fatti non faccio nessun percorso di ricerca; il mio era un spunto per una ipotesi di ricerca per chi ne ha le competenze (mi lusinghi!  ;D ).


Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
per me un vero "possibilista" è chi dedica al paradigma "avversario" la stessa attenzione (in termini di tempo e di materiale di studio) che egli dedica al proprio paradigma di appartenenza
Intendi che il possibilista dovrebbe dedicare il tempo che dedica al possibilismo anche agli altri paradigmi? Per come abito la pericolante "crepa del possibilismo"(cit.) direi che il possibilismo (a ben vedere, non lo intenderei come paradigma) necessita degli altri paradigmi proprio in quanto sue possibilità d'applicazione; senza di essi non può esistere "paradigma possibilista" (a cosa verrebbe applicato?).
In fondo, non si dedica "tempo e studio" al possibilismo, semplicemente ci si confronta con gli altri approcci: per me, il possibilismo non è il punto di partenza di tale confronto, ma il punto di arrivo (non garantito!); si inizia cercando di capire un tipo di approccio e ci si può ritrovare ad essere possibilisti in merito, ma si potrebbe anche concludere che tale approccio non ha senso o è falsificato dai fatti.
Per me, non si è possibilisti a priori, si è possibilisti nei confronti di qualcosa a posteriori:
del dualismo
Citazione di: Phil il 24 Settembre 2018, 16:56:33 PM
Il mio cosiddetto "monismo" ("philismo" per gli amici) contempla la possibilità del dualismo
di molte altre ipotesi
Citazione di: Phil il 24 Settembre 2018, 16:56:33 PM
per me sono possibili: la "prova contraria", la falsificazione del mio punto di vista, l'esistenza di una divinità, l'origine da un pianeta differente, la trascendenza della mente e molte altre eventualità
poiché
Citazione di: Phil il 24 Settembre 2018, 16:56:33 PM
Essere possibilista (possibile effetto collaterale dello scetticismo metodologico) significa non negare a priori una possibilità infalsificata e al contempo non darla per realizzata, almeno fino a prova contraria.
Se la prova contraria c'è stata, se la possibilità è stata falsificata (cruciale qui il ruolo della temporalità) non mi pare abbia senso essere possibilisti. Almeno questo è come intendo il possibilismo (sicuramente sono possibili altre interpretazioni del termine).

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
e che solo alla fine decide
La fine è quando muoio  ;) e non ho fretta di avere una verità certa (v. ultimo post), in fondo potrei anche non ottenerla mai...

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
Ecco: tu sei un "possibilista" come lo sono stato io, oppure, semplicemente, ti limiti a un generico "non escludo", fregandotene tuttavia di approfondire con impegno e serietà tutte le motivazioni avversarie, [...]?
Se devo proprio scegliere solo fra queste due ipotesi, sto al gioco: per adesso e fino a prova contraria, indubbiamente la seconda opzione ;D

Carlo Pierini

#184
Citazione di: Phil il 26 Settembre 2018, 20:04:42 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
per me un vero "possibilista" è chi dedica al paradigma "avversario" la stessa attenzione (in termini di tempo e di materiale di studio) che egli dedica al proprio paradigma di appartenenza

PHIL
Intendi che il possibilista dovrebbe dedicare il tempo che dedica al possibilismo anche agli altri paradigmi?
CARLO
...E' tornato il nero di seppia! Ricordi?  :)   ...Circonvoluzioni verbali costruite, non per chiarire, ma per con-fondere, per offuscare la verità.
Il possibilismo non è una visione del mondo a cui <<dedicarsi>>, ma è il nome che diamo all'incertezza sulla verità della nostra visione del mondo di fronte all'affacciarsi della possibilità che una visione del mondo diversa e incompatibile con la nostra sia più veritiera di quest'ultima.
Quindi intendo - come era già chiaro prima che spruzzassi il tuo "nero di seppia", che il vero possibilista dedicherà al paradigma "candidato possibile" lo stesso tempo-attenzione-impegno che dedica al proprio paradigma abituale di appartenenza.

PHIL
In fondo, non si dedica "tempo e studio" al possibilismo, semplicemente ci si confronta con gli altri approcci: per me, il possibilismo non è il punto di partenza di tale confronto, ma il punto di arrivo (non garantito!); si inizia cercando di capire un tipo di approccio e ci si può ritrovare ad essere possibilisti in merito, ma si potrebbe anche concludere che tale approccio non ha senso o è falsificato dai fatti.
Per me, non si è possibilisti a priori, si è possibilisti nei confronti di qualcosa a posteriori: del dualismo.

CARLO
Nero di seppia!  :)  

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
Ecco: tu sei un "possibilista" come lo sono stato io, oppure, semplicemente, ti limiti a un generico "non escludo", fregandotene tuttavia di approfondire con impegno e serietà tutte le motivazioni avversarie, [...]?
PHIL
Se devo proprio scegliere solo fra queste due ipotesi, sto al gioco: per adesso e fino a prova contraria, indubbiamente la seconda opzione ;D

CARLO
Braaaavo! Ci voleva tanto a dire che sei essenzialmente un monista per fede (il monismo non è scienza) e che, però, pretendi una prova scientifica per farti cambiare idea? E' vero che la tua posizione manca di coerenza, ma puoi stare tranquillo lo stesso: nel nostro paese c'è piena libertà di fede.  ;)



OFFENBACH: Barcarolle, op. Les contes d'Hoffmann
https://youtu.be/0u0M4CMq7uI?t=62

OFFENBACH: Les oiseaux dans la charmille, op. Les contes d'Hoffmann
https://youtu.be/mVUpKIFHqZk

Carlo Pierini

#185
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 19:58:44 PM...e non ritengo punto scientifica nessuna delle varie scuole della psicoanalisi, ben sapendo che in ciò dissentiamo, ma non interessandomi approfondire l'argomento, almeno per ora).
CARLO
Dire che <<dissentiamo>> è un eufemismo a tuo favore. Diciamo, piuttosto, che io ho delle fondate ragioni per pensare che la psicologia junghiana fornisca sufficienti garanzie della propria validità, e che tu, invece, non conosci queste ragioni e che (almeno per il momento) non ti interessa conoscerle. Pertanto, più che di <<dissenso>>, io parlerei di contrapposizione tra un giudizio fondato e un giudizio a-priori, cioè, tra un giudizio e un pre-giudizio.



MOZART: Ruhe Sanft, op. Zaide
https://youtu.be/jSQqbJPoSbw

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 21:14:10 PM
Il possibilismo non è una visione del mondo a cui <<dedicarsi>>
Allora concordiamo, avevo solo frainteso la tua affermazione  :) 

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 21:48:43 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 19:58:44 PM...e non ritengo punto scientifica nessuna delle varie scuole della psicoanalisi, ben sapendo che in ciò dissentiamo, ma non interessandomi approfondire l'argomento, almeno per ora).
CARLO
Dire che <<dissentiamo>> è un eufemismo a tuo favore. Diciamo, piuttosto, che io ho delle fondate ragioni per pensare che la psicologia junghiana fornisca sufficienti garanzie della propria validità, e che tu, invece, non conosci queste ragioni e che (almeno per il momento) non ti interessa conoscerle. Pertanto, più che di <<dissenso>>, io parlerei di contrapposizione tra un giudizio fondato e un giudizio a-priori, cioè, tra un giudizio e un pre-giudizio.



MOZART: Ruhe Sanft, op. Zaide
https://youtu.be/jSQqbJPoSbw
CitazioneA volte basta "un assaggio" per decidere a ragion veduta che non ci conviene continuare la "degustazione", preferendo di gran lunga ben diversi "piatti" (e tu di "assaggi" ce ne hai proposti non pochi, per me più che sufficienti per decidere di dedicarmi ad altro).

SamuelSilver

Perdonate l'assenza di qualsiasi tipo di risposta da parte mia, nonostante avessi detto che avrei rispososto, ma questo è stato un periodo piuttosto impegnato. Ho cercato di leggere più o meno tutti i commenti (tranne gli ultimi) e vorrei quindi dire anche la mia.
 
Per ora risponderò solo ad alcune parti che non riguardano direttamente il dibattito monismo-dualismo, poi, spero,  parlerò anche di quello e dell'elenco di Carlo Pierini alla risposta 15 quando avrò ragionato meglio.
 
Dal mio punto di vista la filosofia è utile solo in quanto fornisce spunti interessanti per approcciarsi a certi problemi e per svolgere ricerche, oltre che per definire le regole morali e comportamentali che uno segue. Essa però rimane solo un grosso bacino di teorie e non può essere messa allo stesso livello della scienza che cerca anche verifiche empiriche. Se vogliamo risposte più definitive, anche riguardo a teorie filosofiche, bisogna rivolgersi alla scienza. "Ma la scienza ha un sacco di limiti! Per esempio..." potrebbe dire qualcuno, ma qual è l'alternativa? Il ragionamento filosofico? No, perchè, come ho già detto, filosofia e scienza sono su due livelli non paragonabili. Altra possibile obiezione: "Ma allora ti limiti a constatare che una cosa non ha alternative e questo basta per renderla legittima? Bisognerebbe cercare attivamente delle alternative senza rimanere passivi e dogmatici!". Esatto, ma mentre queste alternative si cercano bisogna basarsi su quello che ora sembra più affidabile e poi, dato che la definizione di scienza è molto vaga, è molto probabile che queste alternative siano solo delle modifiche e dei miglioramenti al metodo scientifico. 
 
Piccola parentesi per Carlo Pierini: la psicologia NON è filosofia. Essa non può essere vista come la parte empirica della filosofia perchè, come ho già detto, la psicologia non si esaurisce nella psicologia dinamica e,  anche se si considerasse solo quella dinamica, essa non sarebbe comunque scientifica o empirica e quindi  non potrebbe rivestire il ruolo di parte empirica della filosofia.
 
Ora entriamo nel vivo. In generale mi trovo molto d'accordo con ciò che scrive Phil, ma a parer mio egli non è riuscito a rispondere adeguatamente alle critiche, fondate e legittime, di Sgiombo e di Carlo Pierini, quindi ci proverò io. Effettivamente si potrebbe dire che noi esperiamo il non-materiale ogni volta che siamo coscienti e la cosa può essere approcciata in quattro diversi modi.
 
Si può obiettare (come fa Phil) che tuttavia abbiamo costantemente prova della materia e che quindi potrebbe essere utile considerare la mente come una delle tante forme di materia.
 
Si può affermare (come fa Sgiombo) che, al contrario, abbiamo costantemente prova della non-materia e che quindi potrebbe essere ugualmente utile considerare la materia una delle tante forme della mente.
 
A questo punto Phil dice che, tuttavia, la mente è un concetto artificiale che viene rinforzato e supportato solo dal fatto che, chi conosce questo concetto, spiega i fenomeni inspiegabili con il suddetto concetto, andando ad autoalimentarsi. Si avrebbe quindi un mondo in cui esiste la materia, ma dato che c'è un caso in cui la materia sembra comportarsi in modo diverso dal solito (ossia nella "mente"), si attribuisce erroneamente a questo diverso comportamento una natura ontologica indipendente categorizzandolo artificiosamente come "mente non-materiale".
 
Infine (e questo lo aggiungo io) si potrebbe di nuovo obiettare che potrebbe essere la materia il concetto artificioso che si autoalimenta. Esisterebbe quindi un mondo mentale, ma dato che c'è una situazione in cui la mente si comporta in modo diverso dal solito (ossia nella "materia"), si attribuisce erroneamente a questo diverso comportamento una natura ontologicamente indipendente categorizzandolo artificiosamente come "materia non-mentale".
 
Queste sono tutte affermazioni moniste, quindi il problema in questo tipo di dibattito non è se il dualismo è valido come il monismo, ma se il monismo non-materialista è valido quanto quello materialista: infatti il dibattito è nato per far notare a Phil che non c'è un apparente motivo per ipotizzare l'inesistenza della mente come tesi di ricerca rispetto all'inesistenza della materia.
 
Secondo me, tuttavia, questo tipo di dibattito è superfluo. Finché siamo d'accordo che esiste un solo tipo di sostanza (lo so che Sgiombo, Carlo Pierini a altri non lo sono, ma mi sto riferendo solo al dibattito sopra citato) e che questa sostanza è quindi tutta sullo stesso piano ontologico, evitando di cadere nel problema della comunicazione tra due piani diversi (di cui Carlo Pierini ha parlato e che cercherò di commentare più avanti), non ha importanza se sia tutta mente o tutta materia. In entrambi i casi essa si comporta nel modo illustrato e studiato dalle varie scienze e non potendo sapere in quale dei due casi ci troviamo, non è utile porsi il problema: basta presupporre il monismo in generale e la cosa è fatta.

Si potrebbe tuttavia obiettare che i due tipi di monismo non siano alla fin fine uguali e che non abbiano la stessa probabilità di essere veri, affermando che un mondo di mente non-materiale (ossia un sogno, stiamo praticamente parlando di idealismo) abbia la capacità di creare comportamenti uguali a quelli che noi chiamiamo "materiali", mentre un mondo di materia non-mentale non abbia la capacità di creare comportamenti uguali a quelli che noi chiamiamo "mentali". Ebbene, con questo topic il mio intento era proprio quello di smentire questa seconda affermazione. Inoltre, il fatto che un mondo non-materiale possa creare l'illusione della materia mentre un mondo materiale non possa creare l'illusione della mente è supportato solo dal presupposto che la non-materia abbia poteri incomprensibili e inconcepibili e che quindi possa fare quello che vuole proprio perchè è trascendente (e qui per me viene fuori la poca chiarezza del termine "non-materia", di cui Viator ha parlato nel suo topic "L'immateriale"). In altre parole, si ipotizza una sostanza incomprensibile a priori che può fare tutto ciò che vuole per poter spiegare i fenomeni inspiegabili dalla sostanza comprensibile, la materia (e qui sono d'accordo con il discorso del Jolly di Phil, anche nonostante le obiezioni di Sariputra). Tuttavia secondo me, fare questa ipotesi ha la stessa validità di ipotizzare che la materia possa creare l'illusione della mente ma che ancora non capiamo come faccia; ma, per fare ricerca, questa seconda ipotesi è più utile della prima. In conclusione, siamo partiti dall'obiezione che i due monismi non sono uguali, constatiamo che non si potrà mai verificare quale dei due sia vero e concludiamo che bisogna basarsi solo sull'utilità di essi scegliendo quindi il secondo.

Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 22:28:35 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 21:48:43 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 19:58:44 PM...e non ritengo punto scientifica nessuna delle varie scuole della psicoanalisi, ben sapendo che in ciò dissentiamo, ma non interessandomi approfondire l'argomento, almeno per ora).
CARLO
Dire che <<dissentiamo>> è un eufemismo a tuo favore. Diciamo, piuttosto, che io ho delle fondate ragioni per pensare che la psicologia junghiana fornisca sufficienti garanzie della propria validità, e che tu, invece, non conosci queste ragioni e che (almeno per il momento) non ti interessa conoscerle. Pertanto, più che di <<dissenso>>, io parlerei di contrapposizione tra un giudizio fondato e un giudizio a-priori, cioè, tra un giudizio e un pre-giudizio.

CitazioneSGIOMBO
A volte basta "un assaggio" per decidere a ragion veduta che non ci conviene continuare la "degustazione", preferendo di gran lunga ben diversi "piatti" (e tu di "assaggi" ce ne hai proposti non pochi, per me più che sufficienti per decidere di dedicarmi ad altro).

CARLO
Certo, a volte è necessario anche questo. Ma è un rischio. Infatti, quando io "assaggiai" Jung per la prima volta, indignato, chiusi il suo libro dopo una trentina di pagine e promisi a me stesso che non avrei mai più sprecato il mio tempo con dei "mistici mascherati da psicologi" come lui.  Cosa cazzo voleva dire questo Jung, mi chiesi, con quel concetto roboante e vuoto che chiamava "archetipo" e che relazionava a concetti altrettanto vuoti come "spirito", "Sé", "immagini transpersonali", ecc.? ...Ecco, lo capii una decina di anni dopo, quando proprio l'"immagine transpersonale di un archetipo" irruppe nella mia vita e mise a soqquadro il mio modo di guardare al mondo e a me stesso.
Insomma, non c'è mai una <<ragion veduta>>, finché non conosciamo abbastanza a fondo il territorio ...nemico.
<<...Questo è un nodo avviluppato...!!>>

ROSSINI: Questo è un nodo avviluppato, op. Cenerentola
https://youtu.be/NB14yuKef1s?t=48

Carlo Pierini

#190
SAMUELSILVER
Piccola parentesi per Carlo Pierini: la psicologia NON è filosofia. Essa non può essere vista come la parte empirica della filosofia perchè, come ho già detto, la psicologia non si esaurisce nella psicologia dinamica e,  anche se si considerasse solo quella dinamica, essa non sarebbe comunque scientifica o empirica e quindi  non potrebbe rivestire il ruolo di parte empirica della filosofia.

CARLO
Se la fisica (in senso lato) è chiamata anche "filosofia della natura", non vedo perché la psicologia non possa essere chiamata "filosofia della mente".
La filosofia nasce come "amore per la conoscenza", quindi, in una accezione generale, le varie discipline della conoscenza non sono altro che altrettante specializzazioni della filosofia. Non capisco, pertanto, i criteri della tua rigida "tassonomia".

https://it.wikipedia.org/wiki/Filosofia_della_mente

E non ho capito nemmeno cosa intendi quando parli di <<due tipi di monismo>>.



GALUPPI: Torna in quell'onda chiara, op. La Scusa
https://youtu.be/d4OSqC7fL88?t=826

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 23:26:46 PM

Insomma, non c'è mai una <<ragion veduta>>, finché non conosciamo abbastanza a fondo il territorio ...nemico.
<<...Questo è un nodo avviluppato...!!>>

Ma chi stabilisce quando lo si conosce "abbastanza a fondo"?

Come diceva Ippocrate "la scienza é lunga e la vita é breve" e bisogna scegliere a quali interessi dedicarsi piuttosto che a quali altri.
Personalmente sono un razionalista e cerco conoscenze fondate sull' osservazione empirica e sulle dimostrazioni logiche, non fidandomi di alcuna "rivelazione" mistica o comunque non empirica o logica, ragion per cui non mi interessa nulla di Jung.

(A questo punto finisco il presente scambio di battute perché fuori tema e perché non ho altro da aggiungere sembrandomi sufficientemente chiarite le differenze di "atteggiamento epistemologico" fra noi; preciso che ciò non significa ovviamente che "tacendo acconsentirò" alla tua probabile ulteriore obiezione, compresa anche un' eventuale tua pretesa d negare il mio razionalismo).

sgiombo

Dissento decisamente circa i rapporti fra scienza (scienze in senso stretto, "naturali") e filosofia.
Quest' ultima é per me é (fra l' altro, anche: in questa sede tralascio ontologia, etica, estetica e forse qualcosaltro che al momento non mi sovviene) critica razionalistica delle conoscenze tutte (gnoseologia), compresa la conoscenza scientifica (valutazione dei limiti, delle condizioni, del significato della conoscenza; anche scientifica: epistemologia). E dunque é assurdo cercare risposte più definitive, anche riguardo a teorie filosofiche, rivolgendosi alla scienza.
E' invece la filosofia che cerca risposte, non saprei dire quanto definitive e in che senso, circa le questioni di che cosa é la scienza, se, in che senso, a quali condizioni, entro quali limiti la scienza sia possibile da ricercarsi e sia vera.
Fra le risposte (filosofiche) che personalmente ho trovato a queste questioni (e che qui e ora non sto ad argomentare) vi é il fatto che la conoscenza scientifica é possibile unicamente di ciò che é (constatabile essere) misurabile e (postulabile, ma non dimostrabile né constatabile, essere) intersoggettivo (la materia); che non esaurisce la realtà in toto, della quale fa parte infatti anche ciò che non é misurabile né intersoggettivo (il pensiero).
E che della materia la scienza costituisca l' unico (non solo il più affidabile) tipo di conoscenza della caratteristiche generali astratte universali e costanti del suo proprio divenire ordinato; e questo malgrado necessiti di alcune conditiones sine qua non le quali non sono dimostrabili né empiricamente rilevabili, ma solo credibili infondatamente, irrazionalmente, letteralmente "per fede", quali lo stesso divenire ordinato e la stessa intersoggettività della materia (come ci ha insegnato il grandissimo -per me "sommo"- filosofi (David Hume).
(Nota che disporre di questa consapevolezza dei limiti della razionalità scientifica significa non già essere meno razionalisti, ma invece essere razionalisti più conseguenti che ignorarli, coltivando "pie illusioni" infondate in proposito).
 
 
Secondo me le "scienze umane" compresa la psicologia, sono ben altro genere di conoscenza rispetto alle "scienze naturali", cioè alla scienza in senso stretto o "forte" perché il loro ambito di indagine é fortemente caratterizzato (e comunque comprende come fattore non trascurabile in alcun modo) la realtà mentale o di pensiero non misurabile, né postulabile essere intersoggettiva.
 
 
Secondo il mio modesto parere, anche in questo intervento circa il problema monismo/dualismo, come in altri tuoi e come fanno anche altri ottimi frequentatori del forum (in particolare Apeiron, che mi piacerebbe moltissimo intervenisse anche in questa discussone), tendi a confondere "mente" ovvero "pensiero" (sostanzialmente la cartesiana "res cogitans") con "coscienza", la quale li comprende entrambi.
Tanto la materia quanto la mente sono ("contenuti di") coscienza, "dati" fenomenici, (insiemi-successioni di) sensazioni, reali unicamente se e quando accadono ("sono in atto") in quanto tali: "esse est percipi" (Berkeley e soprattutto Hume).
Dunque per me abbiamo costantemente prova non della mente (o "non materia"; termine che non mi piace perché sembra indebitamente suggerire "a là Phil", una qualche forma di "primogenitura ontologica", una maggiore o maggiormente certa realtà, della materia sul pensiero), ma invece dei fenomeni, tanto materiali quanto mentali (del tutto parimenti costituenti il "campo ontologico" dei fenomeni, quello immediatamente constatabile, ciò che più sicuramente conosciamo, del quale meno possiamo dubitare che di qualsiasi altra "cosa").
Non c' é (indubitabilmente)<<un mondo in cui esiste la materia, ma dato che c'è un caso in cui la materia sembra comportarsi in modo diverso dal solito (ossia nella "mente"), si attribuisce erroneamente a questo diverso comportamento una natura ontologica indipendente categorizzandolo artificiosamente come "mente non-materiale">>; ma invece c' é (indubitabilmente) un mondo in cui esistono (insiemi - successioni immediatamente constatabile di ) sensazioni fenomeniche, delle quali le une sono materiali, le altre mentali, e né le une spiegano le altre, né le altre spiegano le une (é invece il concetto di "noumeno" che a mio parere consente di spiegare le une e le altre).
 
 
Dunque secondo me in realtà c' é un dualismo (materia - pensiero) dei fenomeni e un monismo ("neutro": né materiale, né mentale) del noumeno.
E la questione non é quale preteso monismo (cioè quale dei due ordini) dei fenomeni possa meglio spiegare l' altro: essi si spiegano reciprocamente l' un l' altro e sono complessivamente spiegati entrambi dal monismo neutro del noumeno.
 
 
Se per "sostanza" (termine alquanto "veterofilosofico", secondo me alquanto oscuro) intendiamo ciò che é oggettivamente reale (anche indipendentemente dall' accadere delle soggettive esperienze fenomeniche: meramente soggettive nel caso delle loro componenti mentali, intersoggettive nel caso di quelle materiali, ma comunque in entrambi i casi del tutto parimenti soggettive "in generale"), allora concordo che essa é unica; ma non che sia materiale né mentale dal momento che altrimenti sarebbe comunque inevitabilmente soggettiva (monismo "neutro", se vogliamo).
Se invece intendiamo ciò che soggettivamente appare, allora bisogna ammettere che essa é duale, non essendo, del tutto parimenti, né il pensiero identificabile con (né riducibile a, emergente da, sopravveniente a) la materia, né viceversa.
Che sia conoscibile scientificamente (in senso stretto) e che sia intersoggettiva la sola materia e non la mente (invece non conoscibile scientificamente e meramente soggettiva) non fa sì che la prima spieghi la seconda: é invece casomai l' ipotesi del noumeno che può spiegare l' una e l' altra.
 
 
Né la mente crea la materia né la materia crea la mente (in modi in entrambi i casi del tutto inspiegabili, parimenti misteriosi, incomprensibili, "magici"), ma invece al noumeno oggettivo (a certi, limitati, determinati casi del divenire del noumeno) corrispondono biunivocamente esperienze fenomeniche coscienti "in generale" soggettive, con le loro componenti materiali intersoggettive e mentali meramente soggettive).
Per me questa é (già "a portata di mano") la spiegazione del tutto (filosofica); spiegazione che non si potrebbe ragionevolmente cercare "scientificamente" dal momento che scienza può conoscere solo la materia e non la mente e che la questione é quella dei rapporti fra materia e mente, e dunque include" come sua "parte integrante" la mente non scientificamente indagabile (ma solo filosoficamente).
 
 
In conclusione credo di poter dire che da queste considerazioni mi sembra emerga la profonda differenza fra il mio atteggiamento "filosofico" e il tuo "scientifico" (che in tutta modestia ti inviterei a considerare se non sia il caso di rivederlo, dal momento che mi pare evidente non possa risolvere la questione, mentre che la filosofia ne possa proporre -almeno- una soluzione -se non anche più reciprocamente alternative- a mio parere decisamente soddisfacente).
 
Grazie (a tutti) per l' attenzione.

Carlo Pierini

#193
Citazione di: sgiombo il 27 Settembre 2018, 08:29:31 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 23:26:46 PM
Insomma, non c'è mai una <<ragion veduta>>, finché non conosciamo abbastanza a fondo il territorio ...nemico.
<<...Questo è un nodo avviluppato...!!>>

SGIOMBO
Ma chi stabilisce quando lo si conosce "abbastanza a fondo"?

CARLO
Il buon senso. Se dici che la psicologia non ti è mai interessata, vuol dire che non la conosci abbastanza a fondo.

SGIOMBO
Personalmente sono un razionalista e cerco conoscenze fondate sull'osservazione empirica e sulle dimostrazioni logiche, non fidandomi di alcuna "rivelazione" mistica o comunque non empirica o logica, ragion per cui non mi interessa nulla di Jung.

CARLO
Anch'io sono un razionalista che non dà alcun credito ad affermazioni che non siano fondate sull'osservazione empirica e sulla logica più rigorosa. Per questo trovo estremamente solido l'approccio di Jung al tema delle esperienze "mistiche". Nel campo della psicologia, sono solo tre gli studiosi che hanno affrontato seriamente questo argomento: Abraham Maslow, Roberto Assaggioli e Jung; ma mentre i primi due si limitano ad annotare gli effetti di queste esperienze sull'evoluzione psicologica di chi le vive, Jung è l'unico ad aver fornito loro una cornice paradigmatica profondamente coerente e conforme alle osservazioni accumulate in questi ultimi 70-80 anni nel campo della Storia comparata del mito e delle idee religiose (M. Eliade, R. Guénon, J. Evola, J. Campbell, E. Zolla, R. Alleau, J. Hillman, W. Williamson, G. Durand, E. Cassirer, ecc.).
Insomma, una teoria psicologica che comprenda in sé anche una dinamica delle esperienze "mistiche" è ben altro che fare affermazioni dettate da rivelazioni mistiche. E il fatto stesso che tu confonda ingenuamente queste due possibilità, la dice lunga sul tuo livello di conoscenza dell'argomento.



HAYDN: Sinf. n. 13, II (fino a 9:18)
https://youtu.be/nfpu_njPjdQ?t=193

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 27 Settembre 2018, 10:12:55 AM


SGIOMBO

Personalmente sono un razionalista e cerco conoscenze fondate sull'osservazione empirica e sulle dimostrazioni logiche, non fidandomi di alcuna "rivelazione" mistica o comunque non empirica o logica, ragion per cui non mi interessa nulla di Jung.

(A questo punto finisco il presente scambio di battute perché fuori tema e perché non ho altro da aggiungere sembrandomi sufficientemente chiarite le differenze di "atteggiamento epistemologico" fra noi; preciso che ciò non significa ovviamente che "tacendo acconsentirò" alla tua probabile ulteriore obiezione, compresa anche un' eventuale tua pretesa d negare il mio razionalismo).

CARLO
Anch'io sono un razionalista che non dà alcun credito ad affermazioni che non siano fondate sull'osservazione empirica e sulla logica più rigorosa. Per questo trovo estremamente solido l'approccio di Jung al tema delle esperienze "mistiche". Nel campo della psicologia, sono solo tre gli studiosi che hanno affrontato seriamente questo argomento: Abraham Maslow, Roberto Assaggioli e Jung; ma mentre i primi due si limitano ad annotare gli effetti di queste esperienze sull'evoluzione psicologica di chi le vive, Jung è l'unico ad aver fornito loro una cornice paradigmatica profondamente coerente e conforme alle osservazioni accumulate in questi ultimi 70-80 anni nel campo della Storia comparata del mito e delle idee religiose (M. Eliade, R. Guénon, J. Evola, J. Campbell, E. Zolla, R. Alleau, J. Hillman, W. Williamson, G. Durand, E. Cassirer, ecc.).
Insomma, una teoria psicologica che comprenda in sé anche una dinamica delle esperienze "mistiche" è ben altro che fare affermazioni dettate da rivelazioni mistiche. E il fatto stesso che tu confonda ingenuamente queste due possibilità, la dice lunga sul tuo livello di conoscenza dell'argomento.


CitazioneCome volevasi dimostrare.

Passo e chiudo (stavolta definitivamente).

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