Perchè il materialismo basta

Aperto da SamuelSilver, 15 Settembre 2018, 19:04:40 PM

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SamuelSilver

Citazione di: sgiombo il 27 Settembre 2018, 09:58:43 AM
Dissento decisamente circa i rapporti fra scienza (scienze in senso stretto, "naturali") e filosofia.
Quest' ultima é per me é (fra l' altro, anche: in questa sede tralascio ontologia, etica, estetica e forse qualcosaltro che al momento non mi sovviene) critica razionalistica delle conoscenze tutte (gnoseologia), compresa la conoscenza scientifica (valutazione dei limiti, delle condizioni, del significato della conoscenza; anche scientifica: epistemologia). E dunque é assurdo cercare risposte più definitive, anche riguardo a teorie filosofiche, rivolgendosi alla scienza.
E' invece la filosofia che cerca risposte, non saprei dire quanto definitive e in che senso, circa le questioni di che cosa é la scienza, se, in che senso, a quali condizioni, entro quali limiti la scienza sia possibile da ricercarsi e sia vera.
Fra le risposte (filosofiche) che personalmente ho trovato a queste questioni (e che qui e ora non sto ad argomentare) vi é il fatto che la conoscenza scientifica é possibile unicamente di ciò che é (constatabile essere) misurabile e (postulabile, ma non dimostrabile né constatabile, essere) intersoggettivo (la materia); che non esaurisce la realtà in toto, della quale fa parte infatti anche ciò che non é misurabile né intersoggettivo (il pensiero).
E che della materia la scienza costituisca l' unico (non solo il più affidabile) tipo di conoscenza della caratteristiche generali astratte universali e costanti del suo proprio divenire ordinato; e questo malgrado necessiti di alcune conditiones sine qua non le quali non sono dimostrabili né empiricamente rilevabili, ma solo credibili infondatamente, irrazionalmente, letteralmente "per fede", quali lo stesso divenire ordinato e la stessa intersoggettività della materia (come ci ha insegnato il grandissimo -per me "sommo"- filosofi (David Hume).
(Nota che disporre di questa consapevolezza dei limiti della razionalità scientifica significa non già essere meno razionalisti, ma invece essere razionalisti più conseguenti che ignorarli, coltivando "pie illusioni" infondate in proposito).


Secondo me le "scienze umane" compresa la psicologia, sono ben altro genere di conoscenza rispetto alle "scienze naturali", cioè alla scienza in senso stretto o "forte" perché il loro ambito di indagine é fortemente caratterizzato (e comunque comprende come fattore non trascurabile in alcun modo) la realtà mentale o di pensiero non misurabile, né postulabile essere intersoggettiva.


Secondo il mio modesto parere, anche in questo intervento circa il problema monismo/dualismo, come in altri tuoi e come fanno anche altri ottimi frequentatori del forum (in particolare Apeiron, che mi piacerebbe moltissimo intervenisse anche in questa discussone), tendi a confondere "mente" ovvero "pensiero" (sostanzialmente la cartesiana "res cogitans") con "coscienza", la quale li comprende entrambi.
Tanto la materia quanto la mente sono ("contenuti di") coscienza, "dati" fenomenici, (insiemi-successioni di) sensazioni, reali unicamente se e quando accadono ("sono in atto") in quanto tali: "esse est percipi" (Berkeley e soprattutto Hume).
Dunque per me abbiamo costantemente prova non della mente (o "non materia"; termine che non mi piace perché sembra indebitamente suggerire "a là Phil", una qualche forma di "primogenitura ontologica", una maggiore o maggiormente certa realtà, della materia sul pensiero), ma invece dei fenomeni, tanto materiali quanto mentali (del tutto parimenti costituenti il "campo ontologico" dei fenomeni, quello immediatamente constatabile, ciò che più sicuramente conosciamo, del quale meno possiamo dubitare che di qualsiasi altra "cosa").
Non c' é (indubitabilmente)<<un mondo in cui esiste la materia, ma dato che c'è un caso in cui la materia sembra comportarsi in modo diverso dal solito (ossia nella "mente"), si attribuisce erroneamente a questo diverso comportamento una natura ontologica indipendente categorizzandolo artificiosamente come "mente non-materiale">>; ma invece c' é (indubitabilmente) un mondo in cui esistono (insiemi - successioni immediatamente constatabile di ) sensazioni fenomeniche, delle quali le une sono materiali, le altre mentali, e né le une spiegano le altre, né le altre spiegano le une (é invece il concetto di "noumeno" che a mio parere consente di spiegare le une e le altre).


Dunque secondo me in realtà c' é un dualismo (materia - pensiero) dei fenomeni e un monismo ("neutro": né materiale, né mentale) del noumeno.
E la questione non é quale preteso monismo (cioè quale dei due ordini) dei fenomeni possa meglio spiegare l' altro: essi si spiegano reciprocamente l' un l' altro e sono complessivamente spiegati entrambi dal monismo neutro del noumeno.


Se per "sostanza" (termine alquanto "veterofilosofico", secondo me alquanto oscuro) intendiamo ciò che é oggettivamente reale (anche indipendentemente dall' accadere delle soggettive esperienze fenomeniche: meramente soggettive nel caso delle loro componenti mentali, intersoggettive nel caso di quelle materiali, ma comunque in entrambi i casi del tutto parimenti soggettive "in generale"), allora concordo che essa é unica; ma non che sia materiale né mentale dal momento che altrimenti sarebbe comunque inevitabilmente soggettiva (monismo "neutro", se vogliamo).
Se invece intendiamo ciò che soggettivamente appare, allora bisogna ammettere che essa é duale, non essendo, del tutto parimenti, né il pensiero identificabile con (né riducibile a, emergente da, sopravveniente a) la materia, né viceversa.
Che sia conoscibile scientificamente (in senso stretto) e che sia intersoggettiva la sola materia e non la mente (invece non conoscibile scientificamente e meramente soggettiva) non fa sì che la prima spieghi la seconda: é invece casomai l' ipotesi del noumeno che può spiegare l' una e l' altra.


Né la mente crea la materia né la materia crea la mente (in modi in entrambi i casi del tutto inspiegabili, parimenti misteriosi, incomprensibili, "magici"), ma invece al noumeno oggettivo (a certi, limitati, determinati casi del divenire del noumeno) corrispondono biunivocamente esperienze fenomeniche coscienti "in generale" soggettive, con le loro componenti materiali intersoggettive e mentali meramente soggettive).
Per me questa é (già "a portata di mano") la spiegazione del tutto (filosofica); spiegazione che non si potrebbe ragionevolmente cercare "scientificamente" dal momento che scienza può conoscere solo la materia e non la mente e che la questione é quella dei rapporti fra materia e mente, e dunque include" come sua "parte integrante" la mente non scientificamente indagabile (ma solo filosoficamente).


In conclusione credo di poter dire che da queste considerazioni mi sembra emerga la profonda differenza fra il mio atteggiamento "filosofico" e il tuo "scientifico" (che in tutta modestia ti inviterei a considerare se non sia il caso di rivederlo, dal momento che mi pare evidente non possa risolvere la questione, mentre che la filosofia ne possa proporre -almeno- una soluzione -se non anche più reciprocamente alternative- a mio parere decisamente soddisfacente).

Grazie (a tutti) per l' attenzione.
Si, il mio atteggiamento è più pro-scienza. Ovviamente non trovo la filosofia inutile e di basso livello (altrimenti non sarei qui), ma anzi è molto interessante in quanto fornisce modi ragionevoli e utili di vedere ed approcciarsi alla realtà. Tuttavia trovo la scienza più chiara e meno sfumata, da qui deriva il mio atteggiamento. Ovviamente ho altri motivi che non starò qui a spiegare in quanto fuori argomento, magari farò un topic a parte. 

Per quanto riguarda la confusione tra mente e coscienza vorrei giustificarmi dicendo che, a parer mio, la tua descrizione di mente, coscienza e noumeno fornita in questo commento mi fa pensare che la tua proposta sia più monista di quanto sembri. 
Mi sembra infatti di cogliere una specie di dualismo dentro il dualismo che alla fin fine implica un monismo di fondo. Come hai detto tu, "c'è un dualismo dei fenomeni e un monismo del noumeno", ma qui tu stai già differenziando due diversi piani ontologici distinti: i fenomeni e il noumeno.
Anche a me non piace il termine sostanza, ma non sapevo quale altro usare per spiegarmi meglio e si, la intendo come realtà oggettiva indipendente da noi. Quindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni. 

Se si afferma che la realtà è monista, si implica che tutto ciò che esiste, compresi i fenomeni soggettivi, sono frutto di questa realtà e che quindi sono fatti della stessa "sostanza". Ne consegue che bisogna considerare i fenomeni soggettivi coscienti, che tu distingui tra materiali e mentali, come una delle tante forme di questa "sostanza" che compone la realtà.

Se tu intendevi invece dire altro, leggerò con interesse la tua eventuale risposta.

Carlo Pierini

Citazione di: viator il 16 Settembre 2018, 18:55:19 PM
Salve. Per Carlo Pierini. Affermi che la coscienza faccia parte della mente.
Il fatto che si possa essere contemporaneamente coscienti e dementi (mentre invece è impossibile una produzione mentale in stato di incoscienza - e guarda che stiamo parlando di mentalismo - non di psichismo) sembra dimostri che le cose stiano diversamente.

CARLO
Demenza non significa "assenza di mente", ma "disturbo mentale",  cioè, si tratta di una psicopatologia grave.

VIATOR
Facciamo che la gerarchia evolutiva (e poi quindi anche funzionale) dei contenuti cerebrali sia invece la seguente : sistema nervoso (strumento che mette in relazione l'interno del corpo con il suo esterno) - percezione sensoriale (traduzione degli stimoli in codice psichico) - psiche (contenente semplicemente ed unicamente - alla nostra nascita - l'istinto di sopravvivenza) - memoria (serbatoio delle esperienze che devono confrontarsi con l'istinto di sopravvivenza) - coscienza (la capacità psichica di distinguere il sé dal fuori di sé - si inaugura il mondo culturale umano) - mente (capacità di connettere tra di loro cause ed effetti) - intelletto (capacità di esprimere in modo codificato e comunicabile i rapporti tra le cause e gli effetti)- ragione (capacità di selezionare i comportamenti in base alla loro utilità) - capacità di astrazione (capacità di estrapolare l'ignoto dal noto) - trascendenza(capacità di esprimere concetti non basati sull'esperienza della percezione).

Trovi convincente, incompleto, deludente o demenziale un simile percorso ? 

CARLO
Lo trovo improvvisato, ingenuo, vago, e soprattutto poco attinente all'argomento della discussione.

sgiombo

#197
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 13:12:49 PM

Si, il mio atteggiamento è più pro-scienza. Ovviamente non trovo la filosofia inutile e di basso livello (altrimenti non sarei qui), ma anzi è molto interessante in quanto fornisce modi ragionevoli e utili di vedere ed approcciarsi alla realtà. Tuttavia trovo la scienza più chiara e meno sfumata, da qui deriva il mio atteggiamento. Ovviamente ho altri motivi che non starò qui a spiegare in quanto fuori argomento, magari farò un topic a parte.

Per quanto riguarda la confusione tra mente e coscienza vorrei giustificarmi dicendo che, a parer mio, la tua descrizione di mente, coscienza e noumeno fornita in questo commento mi fa pensare che la tua proposta sia più monista di quanto sembri.
Mi sembra infatti di cogliere una specie di dualismo dentro il dualismo che alla fin fine implica un monismo di fondo. Come hai detto tu, "c'è un dualismo dei fenomeni e un monismo del noumeno", ma qui tu stai già differenziando due diversi piani ontologici distinti: i fenomeni e il noumeno.
Anche a me non piace il termine sostanza, ma non sapevo quale altro usare per spiegarmi meglio e si, la intendo come realtà oggettiva indipendente da noi. Quindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

Se si afferma che la realtà è monista, si implica che tutto ciò che esiste, compresi i fenomeni soggettivi, sono frutto di questa realtà e che quindi sono fatti della stessa "sostanza". Ne consegue che bisogna considerare i fenomeni soggettivi coscienti, che tu distingui tra materiali e mentali, come una delle tante forme di questa "sostanza" che compone la realtà.

Se tu intendevi invece dire altro, leggerò con interesse la tua eventuale risposta.

Si, ci siamo intesi (su quel che penso io, naturalmente; che ovviamente -ca va sans dire- non é detto coincida e di fatto evidentemente non coincide con quanto pensi tu).

Lo descrivi molto correttamente, come un dualismo fra noumeno e fenomeni (e in subordine come un monismo "neutro", né materiale né mentale limitatamente al noumeno e come un dualismo materiale-mentale limitatamente ai fenomeni).
Mi viene di definirlo "monismo -neutro- del noumeno, dualismo -materiale/mentale- dei fenomeni" per il fatto che il problema vine di fatto posto generalmente come monismo (materialistico o idealistico) o dualismo materiale-mentale; ma effettivamente la tua definizione é più formalmente precisa e calzante.



CitazioneQuindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

Perché non dovrebbe esistere?
Non dovrebbe esistere se si trattasse di un "monismo assoluto".
Ma invece, come rilevi giustamente tu stesso, é un "dualismo assoluto" fra noumeno e fenomeni, e dunque letteralmente "il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni".

Il mio monismo é relativo, limitato al noumeno; mentre il mio dualismo (pure) relativo (ben diverso dal dualismo assoluto noumeno-fenomeni), é limitato ai fenomeni.

Carlo Pierini

Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 13:12:49 PMQuindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

CARLO
Anche tu parli del noumeno come se fosse qualcosa. Hai la minima idea di cosa sia?

viator

#199
Salve Carlo. Non comprendo perchè tu spesso voglia puntualizzare circa argomenti dei quali non sei evidentemente padrone.
La demenza (alla quale non ho mai attribuito il significato che mi contesti) consiste nella mancanza (o sensibile difettosità) della funzione mentale. E' pertanto condizione e patologia che riguarda appunto la neuropatologia e non (se non di riflesso) la psicologia o la psichiatria.
La demenza non intacca la funzione psichica. La mancanza o riduzione della funzione mentale (funzione ed ambito ulteriore e "superiore" a quello psichico) produce la "regressione" dell'individuo il cui comportamento vedrà affermarsi i propri contenuti di radice psichica, i quali ovviamente tenderanno ad imporsi, venendo a mancare la funzione ed il controllo mentale.
Non esistono ovviamente degli animali dementi. Semplicemente perchè essi non hanno mai posseduto una mente. Essi possiedono invece (eccome !) una psiche.
Comprendi quindi la diversità tra una psiche (l'istinto e l'inconsapevole) ed una mente (il raziocinio consapevole) ?.
Per quanto riguarda il percorso da me descritto, improvvisato lo è sicuramente (non sono solito prendere appunti, stendere bozze o consultare fonti quando scrivo qualcosa), ingenuo pure lo è sicuramente (nel senso che è certamente privo di malizia), vago......beh, ogni tanto mi capita di far presente di preferire le sintesi sbagliate alle troppo prolisse analisi giuste. E poi, scusa, io ho chiesto di valutare il percorso, non il mio modo di esprimermi !.
Naturalmente ti confermo i miei complimenti per i tanti temi dei quali ti mostri padrone.
Pensa a me, che , poverino, sono unicamente uno schiavo dell'ignoranza ! Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Carlo Pierini

Citazione di: viator il 27 Settembre 2018, 17:16:38 PM
Salve Carlo. Non comprendo perchè tu spesso voglia puntualizzare circa argomenti dei quali non sei evidentemente padrone.
La demenza (alla quale non ho mai attribuito il significato che mi contesti) consiste nella mancanza (o sensibile difettosità) della funzione mentale. E' pertanto condizione e patologia che riguarda appunto la neuropatologia e non (se non di riflesso) la psicologia o la psichiatria.
La demenza non intacca la funzione psichica. La mancanza o riduzione della funzione mentale (funzione ed ambito ulteriore e "superiore" a quello psichico) produce la "regressione" dell'individuo il cui comportamento vedrà affermarsi i propri contenuti di radice psichica, i quali ovviamente tenderanno ad imporsi, venendo a mancare la funzione ed il controllo mentale.
Non esistono ovviamente degli animali dementi. Semplicemente perchè essi non hanno mai posseduto una mente. Essi possiedono invece (eccome !) una psiche.
Comprendi quindi la diversità tra una psiche (l'istinto e l'inconsapevole) ed una mente (il raziocinio consapevole) ?.

CARLO
Non c'è bisogno di tante sottigliezze per sapere che psiche e mente sono sostanzialmente sinonimi: basta aprire un vocabolario. Se lo farai, scoprirai anche che il "raziocinio" (la ragione) e gli istinti sono funzioni della psiche (o mente) e che la consapevolezza è una delle sue principali (e misteriose) proprietà. 
Se poi vogliamo riformare il vocabolario, io non ho niente in contrario, ma non ne vedo la ragione.

VIATOR
Per quanto riguarda il percorso da me descritto, improvvisato lo è sicuramente (non sono solito prendere appunti, stendere bozze o consultare fonti quando scrivo qualcosa), ingenuo pure lo è sicuramente (nel senso che è certamente privo di malizia), vago......beh, ogni tanto mi capita di far presente di preferire le sintesi sbagliate alle troppo prolisse analisi giuste. E poi, scusa, io ho chiesto di valutare il percorso, non il mio modo di esprimermi !.
Naturalmente ti confermo i miei complimenti per i tanti temi dei quali ti mostri padrone.
Pensa a me, che , poverino, sono unicamente uno schiavo dell'ignoranza ! .

CARLO
Non buttarti giù: di fronte alla Sapientia Dèi, io non ne so molto più di te.


VERDI: D'Egitto là sui lidi, op. Nabucco
https://youtu.be/Ookel_AHqeQ

SamuelSilver

Citazione di: Carlo Pierini il 27 Settembre 2018, 16:18:55 PM
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 13:12:49 PMQuindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

CARLO
Anche tu parli del noumeno come se fosse qualcosa. Hai la minima idea di cosa sia?
In che senso? Non so come è fatto ma concettualmente è la vera realtà delle cose, ciò che esiste, bisogna aggiungere altro? Premetto che non ne so molto di Kant quindi ho saltato le parti in cui tu e Sgiombo parlavate delle varie accezioni del noumeno, per cui forse ho detto cose già dette e contestate. Se poi si vuole parlare della vaghezza dei termini filosofici (e talvolta anche scientifici) in generale, ci sarebbero libri da scrivere a riguardo, ma questo è una altro discorso.

Carlo Pierini

#202
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 22:52:51 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Settembre 2018, 16:18:55 PM
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 13:12:49 PMQuindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

CARLO
Anche tu parli del noumeno come se fosse qualcosa. Hai la minima idea di cosa sia?

SAMUELSILVER
In che senso? Non so come è fatto ma concettualmente è la vera realtà delle cose, ciò che esiste, bisogna aggiungere altro?
CARLO
Credo che si dovrebbero aggiungere le ragioni della sua inconoscibilità.
Voglio dire: se le cose si mostrano alla conoscenza, se, cioè, possiamo conoscere un numero crescente di verità su di esse, per quale motivo la loro "vera realtà" dovrebbe rimanere eternamente sconosciuta?
Insomma che relazione c'è tra le cose e le "cose in sé"? Perché le prime sono conoscibili mentre le seconde non dovrebbero esserlo?

Per tua comodità, ti copio-incollo l'obiezione che ho sollevato a Sgiombo:

"Noumeno" deriva originariamente da "nous" che coincide più o meno con la "ragione eterna ordinatrice del mondo", con l'"intelletto divino" o "primo motore" aristotelico, ma anche col "demiurgo" o "iperuranio" o "cielo delle idee archetipiche" platonici. Pertanto, il suo significato corrisponde essenzialmente con quello di "archetipo", di "idea originaria o modello metafisico della "cosa".
Cosicché esso è intelligibile proprio in virtù del fatto che, essendo modello della "cosa", l'intelletto può risalire ad esso attraverso la conoscenza dei "fenomeni" nei quali la cosa stessa si mostra all'osservazione e attraverso la riflessione razionale. Un po' come lo scienziato che, dall'osservazione dei fenomeni, risale (attraverso processi di astrazione) alle leggi che li governano (e che non sono direttamente osservabili).

Poi arriva Kant, che, mutilandolo nella sua connotazione di "modello metafisico della cosa" e dandogli il nome di "cosa in sé", lo trasforma in una nullità epistemica, in un fonema-fantasma. Di esso, infatti, sappiamo ciò che non è, ma non sappiamo assolutamente ciò che è: non-è la cosa, non-è fenomeno, non-è modello della cosa, non-ha alcuna relazione né con la cosa né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla".



MOZART: Sinfonia K95 II
https://youtu.be/0uEgMV0ZWi0?t=187

SamuelSilver

Per Carlo Pierini
Credo di capire la tua obiezione, tuttavia dal mio punto di vista il problema non è tanto il fatto che il noumeno è inconoscibile, ma che, anche se lo conoscessimo, non sapremmo di avere a che fare con esso. Non piace molto neanche a me il termine "noumeno", io parlerei del tessuto che forma la realtà. Ma come facciamo a sapere se i nostri cinque sensi e i nostri ragionamenti sono sufficienti per cogliere questo tessuto o se invece rimane al di fuori della nostra portata? Secondo me non si può, per cui direi di non porsi il problema. Infatti, il monismo in cui io credo, è compatibile sia con l'eventualità in cui la realtà è colta in tutto e per tutto da noi, sia con l'eventualità in cui rimane al di fuori delle nostre concezioni. Non mi sembra di aver mai parlato di noumeno se non quando converso con Sgiombo, e anche in quei casi non credo di aver mai tirato in ballo la sua inconoscibilità se non per seguire i suoi ragionamenti. Se può confondere il fatto che ho scritto "Non so come è fatto" nel commento scorso, ti chiederei di sostituirlo con un più neutro "Credo di non sapere come è fatto".

Carlo Pierini

#204
Citazione di: SamuelSilver il 28 Settembre 2018, 08:53:29 AM
Per Carlo Pierini
Credo di capire la tua obiezione, tuttavia dal mio punto di vista il problema non è tanto il fatto che il noumeno è inconoscibile, ma che, anche se lo conoscessimo, non sapremmo di avere a che fare con esso. Non piace molto neanche a me il termine "noumeno", io parlerei del tessuto che forma la realtà. Ma come facciamo a sapere se i nostri cinque sensi e i nostri ragionamenti sono sufficienti per cogliere questo tessuto o se invece rimane al di fuori della nostra portata?

CARLO
Perché l'esistenza di quel fenomeno culturale chiamato "rivoluzione scientifica" ci ha mostrato ampiamente che il mondo è conoscibile. Se non lo fosse, per esempio, non avremmo mai potuto stabilire che è la Terra a girare intorno al sole e non - come si mostra ai nostri sensi - il contrario. Ci ha mostrato cioè che la conoscenza non coincide con il famoso "percipi" di Berkeley, ma con la corretta interpretazione del "percipi".
Insomma, la scienza ha rivelato migliaia di verità sul mondo e ha cancellato per sempre migliaia di superstizioni. Quindi non vedo alcuna ragione per credere che quelle verità siano solo "apparenza", cioè, che esse non siano invece aspetti di quella "vera realtà" a cui Kant dà - disonestamente - il nome di "noumeno" e a cui attribuisce dogmaticamente il carattere di inconoscibilità. E dico "disonestamente", perché l'uso di un medesimo termine per indicare un concetto che da duemila anni ha un significato radicalmente diverso, è estremamente ingannevole.
Insomma dove sta scritto che non siano proprio i nostri sensi e la nostra capacità di astrazione gli strumenti necessari e sufficienti alla conoscenza di quella "vera realtà" delle cose che Kant chiama ingannevolmente "noumeno"?

SAMUELSILVER
Secondo me non si può, per cui direi di non porsi il problema. Infatti, il monismo in cui io credo, è compatibile sia con l'eventualità in cui la realtà è colta in tutto e per tutto da noi, sia con l'eventualità in cui rimane al di fuori delle nostre concezioni. Non mi sembra di aver mai parlato di noumeno se non quando converso con Sgiombo, e anche in quei casi non credo di aver mai tirato in ballo la sua inconoscibilità se non per seguire i suoi ragionamenti. Se può confondere il fatto che ho scritto "Non so come è fatto" nel commento scorso, ti chiederei di sostituirlo con un più neutro "Credo di non sapere come è fatto".

CARLO
Se il noumeno è inconoscibile per definizione, allora, per definizione, NESSUNO può sapere "come è fatto", poiché il suo significato non è distinguibile dal significato di "nulla". Pertanto, il suo uso in una teoria è privo di senso a priori.



MOZART: Conc. piano n.17 K453 III
https://youtu.be/CWv-BUfpKfA?t=1487

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 28 Settembre 2018, 03:42:51 AM

Credo che si dovrebbero aggiungere le ragioni della sua inconoscibilità.
Voglio dire: se le cose si mostrano alla conoscenza, se, cioè, possiamo conoscere un numero crescente di verità su di esse, per quale motivo la loro "vera realtà" dovrebbe rimanere eternamente sconosciuta?
Insomma che relazione c'è tra le cose e le "cose in sé"? Perché le prime sono conoscibili mentre le seconde non dovrebbero esserlo?
Citazione
Confondi "percepire sensibilmente", "sentire!", "avere coscienza di" con "conoscere".

Ciò che percepiamo sensibilmente, sentiamo, di cui abbiamo coscienza (che é ciò che la scienza può conoscere e di fatto conosce, ciò su cui "possiamo conoscere un numero crescente di verità") é ciò che sentiamo, gli insiemi - successioni di sensazioni che proviamo ovvero di "apparenze" (dal greco e a là Kant; e con buona pace di Platone: "fenomeni).
Il loro "esse est percipi" (Berkeley e soprattutto Hume), ovvero la la loro realtà consiste unicamente nell' essere percepiti coscientemente, essi sono reali solo se e quando e in quanto accadono realmente come meri insiemi - successioni di sensazioni nell' ambito di esperienze coscienti.
Se qualcosa (come credo per fede, non essendo dimostrabile logicamente e men che meno -per definizione- constatabile empiricamente) realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni (di modo che per esempio se riapro gli occhi di nuovo puntualmente esiste l' albero qui davanti a me nel giardino del mio vicino di casa o se ripenso a me stesso di nuovo puntualmente riesisto come insieme - successione di pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.), ebbene questo "qualcosa" non può essere l' insieme di sensazioni o fenomeni materiali o mentali che allora non esistevano (per esempio prima, quando avevo gli occhi chiusi e non pensavo a me stesso): crederlo sarebbe cadere in una platealissima contraddizione pretendendo che qualcosa sia reale anche se e quando, anche allorché non é reale. SIC ! ! !.
Cioé tale "qualcosa", per definizione, onde evitare una pazzesca contraddizione, non é apparente (
dal greco e a là Kant: "fenomeni)" alla coscienza, bensì qualcosa di puramente congetturabile (dal greco e a là Kant; e con buona pace di Platone: "noumeno").

I fenomeni sono sensibili (e non necessariamente conoscibili; comunque di fatto conoscibili scientificamente, almeno quelli materiali), mentre il noumeno é congetturabile ma non sensibile: questa é la differenza, o se vuoi -in un certo senso- la relazione fra di essi! 


Per tua comodità, ti copio-incollo l'obiezione che ho sollevato a Sgiombo:

"Noumeno" deriva originariamente da "nous" che coincide più o meno con la "ragione eterna ordinatrice del mondo", con l'"intelletto divino" o "primo motore" aristotelico, ma anche col "demiurgo" o "iperuranio" o "cielo delle idee archetipiche" platonici. Pertanto, il suo significato corrisponde essenzialmente con quello di "archetipo", di "idea originaria o modello metafisico della "cosa".
Cosicché esso è intelligibile proprio in virtù del fatto che, essendo modello della "cosa", l'intelletto può risalire ad esso attraverso la conoscenza dei "fenomeni" nei quali la cosa stessa si mostra all'osservazione e attraverso la riflessione razionale. Un po' come lo scienziato che, dall'osservazione dei fenomeni, risale (attraverso processi di astrazione) alle leggi che li governano (e che non sono direttamente osservabili).

Poi arriva Kant, che, mutilandolo nella sua connotazione di "modello metafisico della cosa" e dandogli il nome di "cosa in sé", lo trasforma in una nullità epistemica, in un fonema-fantasma. Di esso, infatti, sappiamo ciò che non è, ma non sappiamo assolutamente ciò che è: non-è la cosa, non-è fenomeno, non-è modello della cosa, non-ha alcuna relazione né con la cosa né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla".

Citazione
Ma non pretenderai mica che Kant dovesse pagare il copyright a Platone per avere usato in tutt' altro senso (razionalmente ben comprensibile e giustificato) una parola che quel discepolo di Socrate aveva impiegato venti secoli prima volendo intendere un ben diverso concetto (idealisticamente infondato, gratuito, e quasi letteralmete "campato in aria" ? ! ? ! ? ! ).

Ma non dirai sul serio, spero!

Per Kanti il noumeno non é "modello" di alcunché, ma é invece l' insieme delle "cose in sé", reali (anche) indipendentemente dalle sensazioni o apparenze sensibili coscienti (fenomeni), e dunque non apparenti alla coscienza, non sensibili; ma (e in questo non lo seguo più; da qui in avanti mi limito ad esporne in "sintesi mostruosamente selvaggia e almeno un po' banalizzata" le convinzioni) non per questo non conoscibili, anche se non mediante la "ragion pura" bensì solo attraverso la "ragion pratica" (ovvero non razionalmente in senso stretto o proprio: non per constatazione empirica o deduzione logica) come comprendenti Dio eterno, infinitamente buono e giusto e le anime immortali da Dio premiate o punite, per il loro operato, dopo la morte corporea.

Dunque é falso che per Kant il noumeno "
non-ha alcuna relazione né con la cosa [in sè, N.d.R.] né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla":

sciocchezze che del pensiero di Kant costituiscono solo penosissimi travisamenti!



CARLO

Perché l'esistenza di quel fenomeno culturale chiamato "rivoluzione scientifica" ci ha mostrato ampiamente che il mondo è conoscibile. Se non lo fosse, per esempio, non avremmo mai potuto stabilire che è la Terra a girare intorno al sole e non - come si mostra ai nostri sensi - il contrario. Ci ha mostrato cioè che la conoscenza non coincide con il famoso "percipi" di Berkeley, ma con la corretta interpretazione del "percipi".
CitazioneCi ha mostrato che é conoscibile scientificamente (in senso stretto) solo il mondo dei fenomeni materiali (e non quello dei fenomeni mentali e men che meno quello delle cose in sé o noumeno; sempre con buona pace di Platone).

Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l' "eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé" (indipendentemente dall' accadere in quanto determinato insieme - successione di sensazioni o fenomeni se e quando attualmente accadono e niente più). Ma casomai reale "in sé" (indipendentemente dall' accadere di tale insieme - successione di sensazioni o "fenomeni", anche se e quando esse attualmente non accadono é qualcos' altro di non -autocontraddittoriamente!- apparente ma invece di congetturabile (dal greco e a la Kant, con buona pace di Platone: noumeno) che a tali fenomeni potrà casomai biunivocamente corrispondere (aggiunta mia modestissima, non opinione di Kant)



Insomma, la scienza ha rivelato migliaia di verità sul mondo e ha cancellato per sempre migliaia di superstizioni.

Citazione
Rispettivamente verità e superstizioni circa il mondo (realissimo, ma comunque meramente) fenomenico!



Quindi non vedo alcuna ragione per credere che quelle verità siano solo "apparenza", cioè, che esse non siano invece 
aspetti di quella "vera realtà" a cui Kant dà - disonestamente - il nome di "noumeno" e a cui attribuisce dogmaticamente il carattere di inconoscibilità. E dico "disonestamente", perché l'uso di un medesimo termine per indicare un concetto che da duemila anni ha un significato radicalmente diverso, è estremamente ingannevole.
Citazione(Ancora con sta penosa pretesa "del copyright"!)

Quelle scientifiche sono verità circa aspetti di quella vara realtà fenomenica che Kant, sulla scia di Berkeley e Hume (pretendendo a mio modesto parere fallacemente di superare quest' ultimo), aveva acutamente distinto dalla realtà dei fenomeni, superando un infondato e autocontraddittorio pregiudizio del senso comune (del quale tu, in ottima -per te- compagnia di Platone mi sembri pienamente prigioniero.

Insomma dove sta scritto che non siano proprio i nostri sensi e la nostra capacità di astrazione gli strumenti necessari e sufficienti alla conoscenza di quella "vera realtà" delle cose che Kant chiama ingannevolmente "noumeno"?
CitazioneFraintendimento particolarmente penoso:

Kant non chiamava ingannevolmente "noumeno", ma invece veracemente "fenomeni" la vera realtà (letteralmente, senza virgolette) conoscibile e in parte di fatto conosciuta scientificamente con i necessari e sufficienti strumenti costituiti dai nostri sensi e la nostra capacità di astrazione e di ragionamento logico

Se il noumeno è inconoscibile per definizione, allora, per definizioneNESSUNO può sapere "come è fatto", poiché il suo significato non è distinguibile dal significato di "nulla". Pertanto, il suo uso in una teoria è privo di senso a priori.

CitazioneA parte il fatto che

"inconoscibile =/= "nulla" (sono concetti ben distinti, diversi),

Vedi sopra circa il tuo continuo fraintendimento fra insensibilità (ovvero non apparenza alla coscienza) del noumeno kantiano e inconoscibilità.





Carlo Pierini

#206
Cit. CARLO
Credo che si dovrebbero aggiungere le ragioni della sua inconoscibilità.
Voglio dire: se le cose si mostrano alla conoscenza, se, cioè, possiamo conoscere un numero crescente di verità su di esse, per quale motivo la loro "vera realtà" dovrebbe rimanere eternamente sconosciuta?
Insomma che relazione c'è tra le cose e le "cose in sé"? Perché le prime sono conoscibili mentre le seconde non dovrebbero esserlo?


SGIOMBO
Confondi "percepire sensibilmente", "sentire!", "avere coscienza di" con "conoscere".
Ciò che percepiamo sensibilmente, sentiamo, di cui abbiamo coscienza (che é ciò che la scienza può conoscere e di fatto conosce, ciò su cui "possiamo conoscere un numero crescente di verità") é ciò che sentiamo, gli insiemi - successioni di sensazioni che proviamo ovvero di "apparenze" (dal greco e a là Kant; e con buona pace di Platone: "fenomeni).


CARLO
Il termine "apparenza" ha senso quando esiste una cosa che appare e un soggetto a cui questa cosa appare, altrimenti il termine apparenza è essa stessa ...una apparenza, cioè un inganno. Quindi se vogliamo chiamare "cosa" tale apparenza, essa non è altro che il mostrarsi della cosa in sé - come fenomeno - alla conoscenza; cioè la "cosa in sé" si mostra come cosa fenomenica", conformemente alla connotazione originaria di "noumeno".
Pertanto l'affermazione "esse est percipi" è solo una mistificazione verbale nella quale scompaiono sia il soggetto che l'oggetto della percezione. L'affermazione corretta è: "Esse est iusta interpretatio rei".

SGIOMBO
Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni, [...] ebbene questo "qualcosa" non può essere l'insieme di sensazioni o fenomeni materiali o mentali che allora non esistevano (per esempio prima, quando avevo gli occhi chiusi e non pensavo a me stesso): crederlo sarebbe cadere in una platealissima contraddizione pretendendo che qualcosa sia reale anche se e quando, anche allorché non é reale. SIC ! ! !.
Cioé tale "qualcosa", per definizione, onde evitare una pazzesca contraddizione, non é apparente (dal greco e a là Kant: "fenomeni)" alla coscienza, bensì qualcosa di puramente congetturabile (dal greco e a là Kant; e con buona pace di Platone: "noumeno").


CARLO
Il tuo è un ragionamento alla rovescia. In realtà, noi ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa). Altrimenti non esiste alcun motivo per ipotizzare l'esistenza di alcunché. Pertanto la tua ipotesi: << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è priva di senso perché noi non siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa se non esistono fenomeni che ne siano la manifestazione; perciò, è privo di senso anche il ragionamento che ne segue.

SGIOMBO
I fenomeni sono sensibili (e non necessariamente conoscibili; comunque di fatto conoscibili scientificamente, almeno quelli materiali), mentre il noumeno é congetturabile ma non sensibile: questa é la differenza, o se vuoi -in un certo senso- la relazione fra di essi!

CARLO
Certo, anche il "sarchiapone" è <<congetturabile e non sensibile>>, ma non significa nulla, se non associamo ad esso dei fenomeni di cui supponiamo che esso sia la causa.

Cit. CARLO
"Noumeno" deriva originariamente da "nous" che coincide più o meno con la "ragione eterna ordinatrice del mondo", con l'"intelletto divino" o "primo motore" aristotelico, ma anche col "demiurgo" o "iperuranio" o "cielo delle idee archetipiche" platonici. Pertanto, il suo significato corrisponde essenzialmente con quello di "archetipo", di "idea originaria o modello metafisico della "cosa".
Cosicché esso è intelligibile proprio in virtù del fatto che, essendo modello della "cosa", l'intelletto può risalire ad esso attraverso la conoscenza dei "fenomeni" nei quali la cosa stessa si mostra all'osservazione e attraverso la riflessione razionale. Un po' come lo scienziato che, dall'osservazione dei fenomeni, risale (attraverso processi di astrazione) alle leggi che li governano (e che non sono direttamente osservabili).

Poi arriva Kant, che, mutilandolo nella sua connotazione di "modello metafisico della cosa" e dandogli il nome di "cosa in sé", lo trasforma in una nullità epistemica, in un fonema-fantasma. Di esso, infatti, sappiamo ciò che non è, ma non sappiamo assolutamente ciò che è: non-è la cosa, non-è fenomeno, non-è modello della cosa, non-haalcuna relazione né con la cosa né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla".


SGIOMBO
Ma non pretenderai mica che Kant dovesse pagare il copyright a Platone per avere usato in tutt' altro senso (razionalmente ben comprensibile e giustificato) una parola che quel discepolo di Socrate aveva impiegato venti secoli prima volendo intendere un ben diverso concetto (idealisticamente infondato, gratuito, e quasi letteralmete "campato in aria" ? ! ? ! ? ! ).

CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.

SGIOMBO

Per Kanti il noumeno non é "modello" di alcunché, ma é invece l'insieme delle "cose in sé", reali (anche) indipendentemente dalle sensazioni o apparenze sensibili coscienti (fenomeni),

CARLO
Continui a ragionare alla rovescia. Qualcosa che non si manifesta MAI all'esperienza, equivale ad un NULLA, quindi, il solo nominarlo (dargli un nome) è già un abuso dell'intelletto.

SGIOMBO
Dunque é falso che per Kant il noumeno "non-ha alcuna relazione né con la cosa [in sè, N.d.R.] né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla".

CARLO
Su questo argomento sai dire solo dei "no", ma non ho ancora visto né una sua definizione né un minimo di chiarimento su quale sia la sua relazione con la cosa, cioè, con l'esperienza.

Cit. CARLO
Perché l'esistenza di quel fenomeno culturale chiamato "rivoluzione scientifica" ci ha mostrato ampiamente che il mondo è conoscibile. Se non lo fosse, per esempio, non avremmo mai potuto stabilire che è la Terra a girare intorno al sole e non - come si mostra ai nostri sensi - il contrario. Ci ha mostrato cioè che la conoscenza non coincide con il famoso "percipi" di Berkeley, ma con la corretta interpretazione del "percipi".

SGIOMBO
Ci ha mostrato che é conoscibile scientificamente (in senso stretto) solo il mondo dei fenomeni materiali (e non quello dei fenomeni mentali e men che meno quello delle cose in sé o noumeno; sempre con buona pace di Platone)

CARLO
E chi l'ha detto che i fenomeni mentali non siano conoscibili, dal momento che si manifestano in milioni di modi diversi all'esperienza? Il fatto che non siano conoscibili attraverso gli strumenti della scienza - che sono limitati al "fisicamente quantificabile" - non vuol dire che la mente sia inaccessibile alla conoscenza intesa in senso generale. E' vero che tu ignori la psicologia, ma l'ignoranza preclude a ogni giudizio su ciò che si ignora.

SGIOMBO
Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l' "eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé"


CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare (come quella geocentrica, per esempio), poi mi fai sapere i risultati.
...E, comunque, se è approssimativo l'eliocentrismo impiegato dagli ingegneri della Nasa, che devono comunque confrontarsi con i fatti e con la precisione estrema delle loro previsioni, figuriamoci quanto può essere approssimativa la tua teoria "dualista parallelista", che si adatta alla realtà solo se eliminiamo dal nostro vocabolario termini fondamentali per la nostra civiltà come "libertà", "responsabilità etica", "intenzionalità", "attività in vista di scopi", "conflittualità tra istinti biologici e ideali morali", "manifestazioni dell'inconscio", ecc..
Se il dualismo "parallelista" non sa spiegare nemmeno le ragioni per le quali ciascuno di noi sa distinguere benissimo una azione volontaria da un riflesso condizionato indipendente dalla nostra volontà, c'è poco da stigmatizzare l'eliocentrismo come irreale o approssimativo.


PUCCINI: Donna non vidi mai, op. Manon Lescaut
https://youtu.be/TJgrHQGjvzc?t=13

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 28 Settembre 2018, 18:31:33 PMCARLO
Il termine "apparenza" ha senso quando esiste una cosa che appare e un soggetto a cui questa cosa appare, altrimenti il termine apparenza è essa stessa ...una apparenza, cioè un inganno. Quindi se vogliamo chiamare "cosa" tale apparenza, essa non è altro che il mostrarsi della cosa in sé - come fenomeno - alla conoscenza; cioè la "cosa in sé" si mostra come cosa fenomenica", conformemente alla connotazione originaria di "noumeno".
Pertanto l'affermazione "esse est percipi" è solo una mistificazione verbale nella quale scompaiono sia il soggetto che l'oggetto della percezione. L'affermazione corretta è: "Esse est iusta interpretatio rei"
Citazione
Questi sono letteralmente pre-giudizi di senso comune.

Le uniche "cose" di cui vi sia certezza indubitabile (se e quando accadono) sono quegli eventi che diconsi "fenomeni" o manifestazioni coscienti o sensazioni o percezioni, ecc.
Niente e nessuno ci garantisce che oltre alle sensazioni (materiali e/o mentali) accada altro: la realtà, per quel che se ne può sapere con certezza, potrebbe anche essere limitata ad esse (il solipsismo non é superabile se non con un atto di fede).
Dunque niente e nessuno ci garantisce (fra l' altro, nemmeno) che esistano-accadano cose in sé reali anche allorché le sensazioni non lo sono (le quali cose in sé comunque, se esistono come credo per fede, onde non cadere in una platealissima contraddizione affermando che sono reali anche se e quando non sono reali, non possono essere che altri, diversi enti e/o eventi che i fenomeni o percezioni coscienti stessi.




SGIOMBO
Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni, [...] ebbene questo "qualcosa" non può essere l'insieme di sensazioni o fenomeni materiali o mentali che allora non esistevano (per esempio prima, quando avevo gli occhi chiusi e non pensavo a me stesso): crederlo sarebbe cadere in una platealissima contraddizione pretendendo che qualcosa sia reale anche se e quando, anche allorché non é reale. SIC ! ! !.
Cioé tale "qualcosa", per definizione, onde evitare una pazzesca contraddizione, non é apparente (dal greco e a là Kant: "fenomeni)" alla coscienza, bensì qualcosa di puramente congetturabile (dal greco e a là Kant; e con buona pace di Platone: "noumeno").

CARLO
Il tuo è un ragionamento alla rovescia. In realtà, noi ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa). Altrimenti non esiste alcun motivo per ipotizzare l'esistenza di alcunché.

Citazione

Causa =/ effetto.

Ergo: se "ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa)" i fenomeni (effetto) sono altre, diverse "cose" (enti/eventi) che la cosa (in sé ovvero il noumeno).




Pertanto la tua ipotesi: << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è priva di senso perché noi siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa solo se esistono fenomeni che ne siano la manifestazione; perciò, è privo di senso anche il ragionamento che ne segue.


Citazione
Pertanto la mia ipotesi << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è sensatissima: snoi siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa [in sé, N.d.R] solo se esistono fenomeni che ne siano la manifestazione non ne consegue affatto (non ne può conseguire secondo logica) la plateale contraddizione per la quale la manifestazione cosciente (fenomeno) si identificherebbe con la cosa in sé reale anche indipendentemente dalla (eventuale) realtà dei fenomeni, cioé anche allorché, se e quando la manifestazione cosciente non é reale.
 


SGIOMBO
I fenomeni sono sensibili (e non necessariamente conoscibili; comunque di fatto conoscibili scientificamente, almeno quelli materiali), mentre il noumeno é congetturabile ma non sensibile: questa é la differenza, o se vuoi -in un certo senso- la relazione fra di essi!


CARLO
Certo, anche il "sarchiapone" è <<congetturabile e non sensibile>>, ma non significa nulla, se non associamo ad esso dei fenomeni di cui supponiamo che esso sia la causa.

Citazione
Ancora con sta storia del sarchiapone, che c' entra come i cavoli a merenda!

Se il sachiapone esistesse (in quanto insieme - successione di fenomeni, al pari di qualsiasi altro ente o evento di cui si abbia coscienza), allora allorché non vediamo il sarchiapone esistono cose in sé diverse dal sarchiapone stesso (sono reali anche allorché esso non é reale!) al sarchiapone (fenomeni) corrispondenti; il che spiega come mai appena guardassimo nella giusta direzione vedremmo il sarchiapone: "cosa in sé" o "noumeno" (a là Kant, che piaccia o meno a Platone) é un concetto sensatissimo!
Se (come di fatto accade) il sarchiapone non esiste, non esiste nemmeno la cosa in sé che ad esso corrisponderebbe se esso esistesse (periodo ipotetico dell' irrealtà).




SGIOMBO
Ma non pretenderai mica che Kant dovesse pagare il copyright a Platone per avere usato in tutt' altro senso (razionalmente ben comprensibile e giustificato) una parola che quel discepolo di Socrate aveva impiegato venti secoli prima volendo intendere un ben diverso concetto (idealisticamente infondato, gratuito, e quasi letteralmete "campato in aria" ? ! ? ! ? ! ).
CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.

Citazione
Credo pressocché l' esatto contrario, come credo di aver dimostrato anche appena sopra.

Le leggi scientifiche del divenire naturale (benché non dimostrabili: Hume!) sono ben altro che le idee platoniche!




SGIOMBO

Per Kanti il noumeno non é "modello" di alcunché, ma é invece l'insieme delle "cose in sé", reali (anche) indipendentemente dalle sensazioni o apparenze sensibili coscienti (fenomeni),
CARLO
Continui a ragionare alla rovescia. Qualcosa che non si manifesta MAI all'esperienza, equivale ad un NULLA, quindi, il solo nominarlo (dargli un nome) è già un abuso dell'intelletto.

CitazioneRagionare alla rovescia non credo abbia senso (emordnilap isarf aresnep o erevircs?).

Le cose in sé si manifestano "di tanto in tanto (non per tutta la durata della loro esistenza/accadimento) alla coscienza, ma come fenomeni; dunque (se ci sono; come credo per fede non essendo dimostrabile né tantomeno -per definizione- mostrabile empiricamente) sono "qualcosa" e non "nulla" (oso sperare che capisca  il ragionamento e non mi venga ad obiettare: "se ci sono, sono qualcosa é una tautologia" o magari" "ma prima bisogna dimostrare che ci sono": si tratta di un concetto sensatissimo che credo abbia una denotazione reale onde spiegare la realtà fenomenica empiricamente constatabile e in particolare l' intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti cervello-coscienza. Ma temo di essere troppo ottimista).




SGIOMBO
Dunque é falso che per Kant il noumeno "non-ha alcuna relazione né con la cosa [in sè, N.d.R.] né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla":
CARLO
Su questo argomento sai dire solo dei "no", ma non ho ancora visto né una sua definizione né un minimo di chiarimento su quale sia la sua relazione con la cosa, cioè, con l'esperienza.

Citazione"Non c'é peggior cieco di chi non voglia vedere, né peggior sordo di chi non voglia sentire" (attribuito a Gesù Cristo).




CARLO
E chi l'ha detto che i fenomeni mentali non siano conoscibili, dal momento che si manifestano in milioni di modi diversi all'esperienza? Il fatto che non siano conoscibili attraverso gli strumenti della scienza - che sono limitati al "fisicamente quantificabile" - non vuol dire che la mente sia inaccessibile alla conoscenza intesa in senso generale. E' vero che tu ignori la psicologia, ma l'ignoranza preclude a ogni giudizio su ciò che si ignora.
CitazioneE chi avrebbe mai detto che i fenomeni mentali non sarebbero conoscibili in assoluto?

Io sostengo che non sono conoscibili scientificamente (per lo meno in senso stretto) in quanto non misurabili quantitativamente attraverso rapporti esprimibili con numeri e postulabili essere intersoggettivi.

Della psicologia (o per lo meno della psicoanalisi) ho una cattiva opinione, anche come scienza umana.





SGIOMBO
Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l' "eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé"


CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare (come quella geocentrica, per esempio), poi mi fai sapere i risultati.
CitazioneMa che cavolo c' entra ?!?!?!

Rendersi conto che terra, sole, ecc. sono meri fenomeni il cui "esse est percipi" (Berkeley e Hume) non ha proprio nulla a che vedere col darne giudizi errati (e nemmeno col darne giudizi esatti)!





...E, comunque, se è approssimativo l'eliocentrismo impiegato dagli ingegneri della Nasa, che devono comunque confrontarsi con i fatti e con la precisione estrema delle loro previsioni, figuriamoci quanto può essere approssimativa la tua teoria "dualista parallelista", che si adatta alla realtà solo se eliminiamo dal nostro vocabolario termini fondamentali per la nostra civiltà come "libertà", "responsabilità etica", "intenzionalità", "attività in vista di scopi", "conflittualità tra istinti biologici e ideali morali", "manifestazioni dell'inconscio", ecc..
Se il dualismo "parallelista" non sa spiegare nemmeno le ragioni per le quali ciascuno di noi sa distinguere benissimo una azione volontaria da un riflesso condizionato indipendente dalla nostra volontà, c'è poco da stigmatizzare l'eliocentrismo come irreale o approssimativo.
CitazionePenosa tirata moralistica (e non: etica!) fondata su un totale fraintendimento delle mie teorie filosofiche.

Che l' elicentrismo sia approssimativo te lo ha già dimostrato un altro pazientissimo inetrlocutore che non ricordo più (Inverno? Viator? Qualcunaltro? Mi scuso con l' interessato, ma ho seguito alquanto distrattamente la discussione sull' interminabile tormentone pieriniano della rivoluzione copernicana, che mi ha stufato da gran tempo).


Carlo Pierini

#208
Citazione di: sgiombo il 28 Settembre 2018, 19:35:55 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Settembre 2018, 18:31:33 PM
CARLO
l'affermazione "esse est percipi" è solo una mistificazione verbale nella quale scompaiono sia il soggetto che l'oggetto della percezione. L'affermazione corretta è: "Esse est iusta interpretatio rei"

CitazioneSGIOMBO
Dunque niente e nessuno ci garantisce (fra l' altro, nemmeno) che esistano-accadano cose in sé reali anche allorché le sensazioni non lo sono (le quali cose in sé comunque, se esistono come credo per fede, onde non cadere in una platealissima contraddizione affermando che sono reali anche se e quando non sono reali, non possono essere che altri, diversi enti e/o eventi che i fenomeni o percezioni coscienti stessi.

CARLO
Quindi noi crediamo per fede che la Terra giri intorno al Sole e non viceversa? ...O che siano i batteri la causa di certe malattie infettive?

Cit. SGIOMBO
Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni

Cit. CARLO
Il tuo è un ragionamento alla rovescia. In realtà, noi ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa). Altrimenti non esiste alcun motivo per ipotizzare l'esistenza di alcunché.

SGIOMBO
Se "ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa)" i fenomeni (effetto) sono altre, diverse "cose" (enti/eventi) che la cosa (in sé ovvero il noumeno).

CARLO
Il tuo è un circolo vizioso verbale. Nella conoscenza reale, invece, se osservo, per esempio, degli alberi che si agitano, ho bisogno di pensare che esista una causa chiamata "vento", mentre non ho alcun bisogno di ipotizzare l'esistenza di un "vento in sé" che sia altro dal "vento".
Insomma, per gli uomini normali, "in sé" è solo un modo per isolare discorsivamente "la cosa" dai suoi effetti su altre cose e su di noi, non per affermare una entità diversa e separata dalla "cosa" stessa.

SGIOMBO
la mia ipotesi << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è sensatissima: se noi siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa [in sé, N.d.R] solo se esistono fenomeni che ne siano la manifestazione non ne consegue affatto (non ne può conseguire secondo logica) la plateale contraddizione per la quale la manifestazione cosciente (fenomeno) si identificherebbe con la cosa in sé reale anche indipendentemente dalla (eventuale) realtà dei fenomeni, cioé anche allorché, se e quando la manifestazione cosciente non é reale.

CARLO
...Che, tradotto in linguaggio umano, significa....?

Cit. CARLO
Certo, anche il "sarchiapone" è <<congetturabile e non sensibile>>, ma non significa nulla, se non associamo ad esso dei fenomeni di cui supponiamo che esso sia la causa.


SGIOMBO
Se il sarchiapone esistesse (in quanto insieme - successione di fenomeni, al pari di qualsiasi altro ente o evento di cui si abbia coscienza), allora allorché non vediamo il sarchiapone esistono cose in sé diverse dal sarchiapone stesso (sono reali anche allorché esso non é reale!) al sarchiapone (fenomeni) corrispondenti; il che spiega come mai appena guardassimo nella giusta direzione vedremmo il sarchiapone: "cosa in sé" o "noumeno" (a là Kant, che piaccia o meno a Platone) é un concetto sensatissimo!
Se (come di fatto accade) il sarchiapone non esiste, non esiste nemmeno la cosa in sé che ad esso corrisponderebbe se esso esistesse (periodo ipotetico dell' irrealtà).

CARLO
Continui con i ragionamenti alla rovescia, oltreché contorti. Quando io pronuncio un nome che non può essere associato ad alcun evento percepibile, quel nome è solo un rumore e nient'altro. Ecco, il sarchiapone e il noumeno sono due esempi di tale rumore privo di significato. E, se vuoi, ti ci aggiungo anche la ...supercazzola in omaggio.   :)                  

Cit. CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.

SGIOMBO
Le leggi scientifiche del divenire naturale (benché non dimostrabili: Hume!) sono ben altro che le idee platoniche!

CARLO
Ciò che per noi oggi è l'insieme delle "leggi della natura" un tempo era chiamato "la ragione ordinatrice del mondo" cioè, il "nous", da cui deriva "noumeno". E che la natura non sia caotica, ma ordinata, è evidente a chiunque. Tu stesso rifiuti il dualismo-interazionismo perché credi (a torto) che violi le leggi della Fisica.

Cit. SGIOMBO
Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l'"eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé"


Cit. CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare - come quella geocentrica, per esempio -, poi mi fai sapere i risultati.

SGIOMBO
Ma che cavolo c' entra ?!?!?!

CARLO
Infatti non c'entra: le tue elucubrazioni astratte non c'entrano con la realtà concreta. ...Fatti una domanda e datti una risposta.  :)

SGIOMBO
Rendersi conto che terra, sole, ecc. sono meri fenomeni il cui "esse est percipi" (Berkeley e Hume) non ha proprio nulla a che vedere col darne giudizi errati (e nemmeno col darne giudizi esatti)!

CARLO
Ribadisco: "esse est percipi" è privo di senso perché elimina sia il soggetto che l'oggetto della percezione. Se vogliamo essere onesti, dobbiamo dire che <<l'essere è la corretta interpretazione di ciò che si osserva>>; nel nostro caso specifico: il geocentrismo è una interpretazione errata del moto reale dei pianeti, mentre l'eliocentrismo (la cui approssimazione è progressivamente riducibile col perfezionarsi degli strumenti di misura) è una interpretazione sostanzialmente corretta. Infatti, con il primo non saremmo in grado di andare nemmeno sulla Luna, mentre con il secondo abbiamo inviato sonde nell'intero sistema solare.
Nel processo conoscitivo reale cioè il "percipi" è assolutamente marginale per la comprensione dell'"esse". Ciò che è fondamentale è la corretta interpretazione di ciò che Hume omette: l'oggetto percepito.

SGIOMBO
Le cose in sé si manifestano "di tanto in tanto (non per tutta la durata della loro esistenza/accadimento) alla coscienza, ma come fenomeni; dunque sono "qualcosa" e non "nulla":

CARLO
Lo vedi che cominciamo a capirci? La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno) che è implicita nell'affermazione abusata dei kantiani: <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>.
Cominci a capire cioè che è proprio la cosa in sé la causa dei fenomeni e che dunque non è impossibile risalire gradualmente da essi alla causa.
Ecco, Platone aggiunge solo una "piccola" considerazione in più; lui dice che quella "cosa in sé" che conosceremo grazie alle sue molteplici manifestazioni fenomeniche corrisponderà con il modello metafisico originario da cui essa discende: il vero noumeno, la causa prima della "cosa in sé", ...in termini analoghi a quelli secondo cui ad ogni creazione umana corrisponde l'idea che l'ha forgiata, il progetto (la causa prima) da cui essa discende.




PUCCINI: Sempre con fe' sincera, op. Tosca
https://youtu.be/eH1JrHsyaVs?t=65

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 28 Settembre 2018, 22:29:31 PM
Citazione di: sgiombo il 28 Settembre 2018, 19:35:55 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Settembre 2018, 18:31:33 PM
CARLO
l'affermazione "esse est percipi" è solo una mistificazione verbale nella quale scompaiono sia il soggetto che l'oggetto della percezione. L'affermazione corretta è: "Esse est iusta interpretatio rei"

CitazioneSGIOMBO
Dunque niente e nessuno ci garantisce (fra l' altro, nemmeno) che esistano-accadano cose in sé reali anche allorché le sensazioni non lo sono (le quali cose in sé comunque, se esistono come credo per fede, onde non cadere in una platealissima contraddizione affermando che sono reali anche se e quando non sono reali, non possono essere che altri, diversi enti e/o eventi che i fenomeni o percezioni coscienti stessi.

CARLO
Quindi noi crediamo per fede che la Terra giri intorno al Sole e non viceversa? ...O che siano i batteri la causa di certe malattie infettive? 

CitazioneIn ultima analisi sì, come qualsiasi altra verità scientifica, dal momento che, come ci ha insegnato David Hume, non si può dimostrare né mostrare che il divenire naturale seguirà sempre anche in futuro le regolarità osservate nel passato e al presente (mai, quante che esse siano e siano state).




CARLO
Il tuo è un circolo vizioso verbale. Nella conoscenza reale, invece, se osservo, per esempio, degli alberi che si agitano, ho bisogno di pensare che esista una causa chiamata "vento", mentre non ho alcun bisogno di ipotizzare l'esistenza di un "vento in sé" che sia altro dal "vento".
Insomma, per gli uomini normali, "in sé" è solo un modo per isolare discorsivamente "la cosa" dai suoi effetti su altre cose e su di noi, non per affermare una entità diversa e separata dalla "cosa" stessa.

CitazioneMa quale mai circolo vizioso ? ! ? ! ? ! 

Nella conoscenza reale, se osservo, per esempio, degli alberi che si agitano, e una causa del loro agitarsi chiamata "vento", le quali cose non esistono quando no le osservo, per spiegarmi come mai puntualmente ri-esistono se le ri-osservo (ovviamente salvo il caso l' albero sia stato abbattuto o il vento sia cessato; oso sperare comprenderai il ragionamento e non comincerai a parlare di questa precisazione del tutto irrilevante per la questione: cavolo, come sono ottimista!) credo che anche quando non li osservo e dunque, non esistono tali fenomeni, continuino ed esistere delle cose in sé ad esse corrispondenti (che per non cadere in una patente contraddizione devo pensare che dai fenomeni stessi siano diverse) che allorché si vengono a trovare in determinati rapporti con la cosa in sé che sono io, soggetto di esperienza fenomenica cosciente, allora nella mia esperienza cosciente stessa (di cui in tali circostanze vengono ad essere oggetti) esistono i fenomeni albero, vento, ecc.  

SGIOMBO
la mia ipotesi << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è sensatissima: se noi siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa [in sé, N.d.R] solo se esistono fenomeni che ne siano la manifestazione non ne consegue affatto (non ne può conseguire secondo logica) la plateale contraddizione per la quale la manifestazione cosciente (fenomeno) si identificherebbe con la cosa in sé reale anche indipendentemente dalla (eventuale) realtà dei fenomeni, cioé anche allorché, se e quando la manifestazione cosciente non é reale.

CARLO
...Che, tradotto in linguaggio umano, significa....?

CitazioneE' linguaggio umano (per chi abbia l' interesse, la pazienza, l' intelligenza e la mente scevra da pregiudizi per capirlo, ovviamente).




Cit. CARLO
Certo, anche il "sarchiapone" è <<congetturabile e non sensibile>>, ma non significa nulla, se non associamo ad esso dei fenomeni di cui supponiamo che esso sia la causa.


SGIOMBO
Se il sarchiapone esistesse (in quanto insieme - successione di fenomeni, al pari di qualsiasi altro ente o evento di cui si abbia coscienza), allora allorché non vediamo il sarchiapone esistono cose in sé diverse dal sarchiapone stesso (sono reali anche allorché esso non é reale!) al sarchiapone (fenomeni) corrispondenti; il che spiega come mai appena guardassimo nella giusta direzione vedremmo il sarchiapone: "cosa in sé" o "noumeno" (a là Kant, che piaccia o meno a Platone) é un concetto sensatissimo!
Se (come di fatto accade) il sarchiapone non esiste, non esiste nemmeno la cosa in sé che ad esso corrisponderebbe se esso esistesse (periodo ipotetico dell' irrealtà).

CARLO
Continui con i ragionamenti alla rovescia, oltreché contorti. Quando io pronuncio un nome che non può essere associato ad alcun evento percepibile, quel nome è solo un rumore e nient'altro. Ecco, il sarchiapone e il noumeno sono due esempi di tale rumore privo di significato. E, se vuoi, ti ci aggiu
ngo anche la ...supercazzola in omaggio.   :)                  

Citazione
Continui a brancolare nel buio dei pregiudizi del senso comune.

percepibile =/= reale

Sarchaipone, supercazzola (e altre eventuali stronzate) non esistono come fenomeni (sono fenomeni inesistenti) in quanto non si osservano; invece il noumeno non si osserva ma (con le caratteristiche che ti ho pazientissimamente ma inutilmente illustrato innumerevoli volte, anche poco sopra) non si può dimostrare né che non esista né che esista; solo che credendo che esista ci si spiegano cose che si osservano come l' intersoggettività (indimostrabile ma necessaria alla conoscenza scientifica) dei fenomeni materiali e i rapporti cervello-coscienza.

Cit. CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.

CitazioneIl noumeno kantiano é un' ottima siegazione di cose come l' intersoggettività (indimostrabile ma necessaria alla conoscenza scientifica) dei fenomeni materiali e i rapporti cervello-coscienza.
Invece l' esistenza di 
un principio metafisico che governa il mondo, e la pretesa che da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose é precisamente una sparata idealistica campata in aria, la quale non ha nulla a che vedere con le fisicissime (e non affatto metafisiche!) leggi del divenire naturale.

Peraltro 
l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto dimostrata dall' esperienza scientifica, ma é anzi un' ineludibile conditio sine qua non indimostrabile della conoscenza scientifica stessa, come ci ha insegnato il grandissimo David Hume. 


SGIOMBO
Le leggi scientifiche del divenire naturale (benché non dimostrabili: Hume!) sono ben altro che le idee platoniche!

CARLO
Ciò che per noi oggi è l'insieme delle "leggi della natura" un tempo era chiamato "la ragione ordinatrice del mondo" cioè, il "nous", da cui deriva "noumeno". E che la natura non sia caotica, ma ordinata, è evidente a chiunque. Tu stesso rifiuti il dualismo-interazionismo perché credi (a torto) che violi le leggi della Fisica.

CitazioneAnche ciò che oggi chiamiamo "sistema solare elicentrico" una volta era chiamato "universo geocentrico": due errori felicemente superati!

Grazie, ma che la natura sia ordinata e non caotica lo sapevo già.
...Solo che in più io so anche che ciò é credibile solo per fede e non mostrabile empiricamente né dimostrabile logicamente.

Cit. SGIOMBO
Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l'"eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé"

Cit. CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare - come quella geocentrica, per esempio -, poi mi fai sapere i risultati.

CitazioneTi é già stato risposto (inutilmente) innumerevoli volte e non solo da me che queste sciocchezze non c' entrano nulla con una corretta e precisa concezione dell' eliocentrismo (approssimativo perché il centro del sole non é precisamente il centro del sistema a causa degli effetti gravitazionali "minori" dei pianeti, satelliti, comete, ecc.).


CARLO
Ma che cavolo c' entra ?!?!?!
SGIOMBO
Infatti non c'entra: le tue elucubrazioni astratte non c'entrano con la realtà concreta. ...Fatti una domanda e datti una risposta.  :) 




SGIOMBO
Rendersi conto che terra, sole, ecc. sono meri fenomeni il cui "esse est percipi" (Berkeley e Hume) non ha proprio nulla a che vedere col darne giudizi errati (e nemmeno col darne giudizi esatti)!

CARLO
Ribadisco: "esse est percipi" è privo di senso perché elimina sia il soggetto che l'oggetto della percezione. Se vogliamo essere onesti, dobbiamo dire che <<l'essere è la corretta interpretazione di ciò che si osserva>>; nel nostro caso specifico: il geocentrismo è una interpretazione errata del moto reale dei pianeti, mentre l'eliocentrismo (la cui approssimazione è progressivamente riducibile col perfezionarsi degli strumenti di misura) è una interpretazione sostanzialmente corretta. Infatti, con il primo non saremmo in grado di andare nemmeno sulla Luna, mentre con il secondo abbiamo inviato sonde nell'intero sistema solare.
Nel processo conoscitivo reale cioè il "percipi" è assolutamente marginale per la comprensione dell'"esse". Ciò che è fondamentale è la corretta interpretazione di ciò che Hume omette: l'oggetto percepito.

CitazioneInfatti ribadisci i soliti errati pregiudizi del senso comune.

La percezione é certa (se e quanto accade); invece soggetto e oggetto in sé di essa (da essa diversi, onde evitare una plateale contraddizione, perché esistenti anche indipendentemente da essa, se e quando essa non esiste) no: si possono credere (superando il solipsismo) solo per fede.

Continua pure a sproloquiare di ben altro che del problema fenomeni-noumeno, come eliocentrismo e geocentrismo; ma io non alcuna intenzione di seguire i tuoi sproloqui non pertinenti.

Che "nel processo conoscitivo reale cioè il "percipi" è assolutamente marginale per la comprensione dell'"esse". Ciò che è fondamentale è la corretta interpretazione di ciò che Hume omette: l'oggetto percepito" é precisamente quanto il senso comune erroneamente, falsamente crede (il perché te lì ho già illustrato innumerevoli volte)..

SGIOMBO
Le cose in sé si manifestano "di tanto in tanto (non per tutta la durata della loro esistenza/accadimento) alla coscienza, ma come fenomeni; dunque sono "qualcosa" e non "nulla":

CARLO
Lo vedi che cominciamo a capirci? 
La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno) che è implicita nell'affermazione abusata dei kantiani: <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>. 
Cominci a capire cioè che è proprio la cosa in sé la causa dei fenomeni e che dunque non è impossibile risalire gradualmente da essi alla causa.
Ecco, Platone aggiunge solo una "piccola" considerazione in più; lui dice che quella "cosa in sé" che conosceremo grazie alle sue molteplici manifestazioni fenomeniche corrisponderà con il modello metafisico originario da cui essa discende: il vero noumeno, la causa prima della "cosa in sé", ...in termini analoghi a quelli secondo cui ad ogni creazione umana corrisponde l'idea che l'ha forgiata, il progetto (la causa prima) da cui essa discende.

CitazioneLo vedi che continui a non capire una mazza?
(Niente di male, non é che capire le mie tesi sia obbligatorio per chichessia).

E' ovvio (e l' ho sostenuto un' infinità di volte) che La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno); ma tantomeno c' é quell' identità che pretenderebbe il senso comune:

"essere in sé (indipendentemente da eventuali manifestazioni di sé)" =/= "manifestarsi" ! ! !

Peraltro Kant non afferma affatto (anzi, il contrario, sia pure attraverso la ragion pratica!) che 
<<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>, ma invece che <<percepiamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>: c' é una bella differenza (per chi non sia accecato dai pregiudizi del senso comune) ! ! ! 
Ciò che dici di Platone non sono che arbitrarie, razionalmente infondate elucubrazioni idealistiche.
E anche platealmente antropomorfistiche come risulta lampnate dalla precisazione finale.




NOTA BENE: La mia pazienza ha un limite.

Non dubito che obietterai ancora ripetendo i soliti pregiudizi del senso comune e platonici (e probabilmente i soliti tormentoni su eliocentrismo, supercazzole e sarchiaponi che c' entrano come i cavoli a merenda).
Ma poiché non é che una tesi diventi più vera ogni volta che la si ripete tale e quale, salvo eventuali nuove argomentazioni (molto meno probabili che una vittoria alla lotteria!|) eviterò di perdere tempo e pazienza replicando ancora.

Con l' ovvia e forse pleonastica (ma non si sa mai...) precisazione che in questo caso "chi tace non acconsente affatto".





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