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Perché fare filosofia?

Aperto da Gasacchino, 27 Agosto 2016, 15:10:57 PM

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maral

E' una conclusione a cui sono pervenuto dopo una serie di incontri con Carlo Sini: credo che per molti versi rifletta il suo pensiero. Ma non solo il suo, anche, penso, quello del secondo Wittgenstein.

Apeiron

Do anche io la mia opinione.

La ricerca filosofica è il tentativo di comprendere il più possibile la "realtà". Nasce da un bisogno intrinseco dell'uomo, che secondo me tutti hanno ma di cui non tutti ne sono coscienti, di avere una "visione del mondo". Chiaramente è un "surplus" nella vita e quindi per forza di cose richiede molta fatica, specialmente quando si è in un ambiente dove questa ricerca non è contemplata. 

Perchè mi dedico alla filosofia? Beh semplicemente perchè non voglio passare la mia vita "dormendo" (nel senso che voglio essere sempre cosciente per quanto possibile di quello che sta succedendo). Fin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione. Se nessuno si fosse mai messo a filosofare saremo ancora nelle caverne: questo perchè senza la filosofia non si è coscienti dei problemi e quando uno non è cosciente di un problema come può trovare una soluzione al problema?

Chiarisco subito con un esempio: la scienza e la tecnica sono "figlie" della filosofia perchè sicuramente sono nate dal bisogno di prevedere e comprendere i fenomeni naturali (scienza) e di cambiare la realtà in modo da renderla adatta al nostro benessere (la tecnologia). Chiaramente uno prima di imbarcarsi ad esempio nella scienza deve riconoscere che l'ignoranza è un problema e questo è già filosofia.

Inoltre ci sono applicazioni della filosofia anche al carattere esistenziale ed etico. Nel primo caso è la filosofia che ci spinge a chiederci ad esempio domande come: "come posso ridurre la sofferenza?", "come posso uscire dall'angoscia", "come posso dare uno scopo alla mia esistenza?". Nel tentativo di rispondere a queste domande sono nate le religioni, l'arte e anche la psicologia. Nel secondo caso una riflessione ci mostra subito che non è affatto banale chiedersi come "ci si deve comportare", "che principi etici bisogna seguire ecc". Da qui è nata se vogliamo anche la politica.

Perchè dunque faccio filosofia? Perchè credo che sia l'attività più caratteristicamente umana di tutte, e avendo una sola vita e sapendo che questa vita è breve e piena di affanni voglio "viverla" al meglio. Tutto qui. So che non è una vita facile (non ho conosciuto nessuna persona angosciosa quanto me, per esempio) però d'altronde piuttosto di vivere una vita "da macchina" preferisco soffrire per la libertà e per la comprensione delle cose.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

cvc

Citazione di: Apeiron il 08 Ottobre 2016, 13:02:07 PM
Do anche io la mia opinione.

La ricerca filosofica è il tentativo di comprendere il più possibile la "realtà". Nasce da un bisogno intrinseco dell'uomo, che secondo me tutti hanno ma di cui non tutti ne sono coscienti, di avere una "visione del mondo". Chiaramente è un "surplus" nella vita e quindi per forza di cose richiede molta fatica, specialmente quando si è in un ambiente dove questa ricerca non è contemplata. 

Perchè mi dedico alla filosofia? Beh semplicemente perchè non voglio passare la mia vita "dormendo" (nel senso che voglio essere sempre cosciente per quanto possibile di quello che sta succedendo). Fin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione. Se nessuno si fosse mai messo a filosofare saremo ancora nelle caverne: questo perchè senza la filosofia non si è coscienti dei problemi e quando uno non è cosciente di un problema come può trovare una soluzione al problema?

Chiarisco subito con un esempio: la scienza e la tecnica sono "figlie" della filosofia perchè sicuramente sono nate dal bisogno di prevedere e comprendere i fenomeni naturali (scienza) e di cambiare la realtà in modo da renderla adatta al nostro benessere (la tecnologia). Chiaramente uno prima di imbarcarsi ad esempio nella scienza deve riconoscere che l'ignoranza è un problema e questo è già filosofia.

Inoltre ci sono applicazioni della filosofia anche al carattere esistenziale ed etico. Nel primo caso è la filosofia che ci spinge a chiederci ad esempio domande come: "come posso ridurre la sofferenza?", "come posso uscire dall'angoscia", "come posso dare uno scopo alla mia esistenza?". Nel tentativo di rispondere a queste domande sono nate le religioni, l'arte e anche la psicologia. Nel secondo caso una riflessione ci mostra subito che non è affatto banale chiedersi come "ci si deve comportare", "che principi etici bisogna seguire ecc". Da qui è nata se vogliamo anche la politica.

Perchè dunque faccio filosofia? Perchè credo che sia l'attività più caratteristicamente umana di tutte, e avendo una sola vita e sapendo che questa vita è breve e piena di affanni voglio "viverla" al meglio. Tutto qui. So che non è una vita facile (non ho conosciuto nessuna persona angosciosa quanto me, per esempio) però d'altronde piuttosto di vivere una vita "da macchina" preferisco soffrire per la libertà e per la comprensione delle cose.
Ottimo intervento che condivido in pieno, soprattutto perché risalta non l'aspetto accademico o speculativo ed erudito della filosofia, ma quello che riguarda la presa di coscienza di fronte al mondo ed alla vita. Non possiamo essere tutti dei Platone o dei Kant, possiamo invece impegnarci per fare luce sui nostri perché, cosa a cui gran parte del mondo pare rinunciarvi. Occorre lottare perché le necessità della vita quotidiana non impediscano di soddisfare la necessità di filosofare.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Apeiron

#18
Aggiungo inoltre un po' di riflessioni che non ho scritto nel post precedente.
(1) uno dei problemi della società moderna è appunto quello che si considera la filosofia come un "lavoro specialistico", cioè ristretto all'accademia (riprendendo quello che ha giustamente detto cvc). Secondo me l'impulso a filosofare non è "accademico" ma "esistenziale" (anche chi dice di odiare la filosofia inevitabilmente filosofa...)
(2) l'ideale sarebbe l'equilibrio, cioè vivere sia la quotidianità sia filosofare. Tuttavia è appunto un ideale. Nel mio caso sono un disastro nella quotidianità. Però se dovessi scegliere tra una lunga vita "dormendo" e una vita breve "riflessiva", scelgo la seconda anche se ciò ovviamente mi crea ansia.
(3) Secondo me l'esistenzialismo è una "filosofia di base" che tutti dovrebbero fare;
(4) La quotidianità è sempre stata un "intralcio" alla riflessione oltre che alle varie attività creative (questo anche per mancanza di fiducia iniziale che si ha per le attività originali). Ho sempre visto come i grandi pensatori hanno lavorato nonostante le avversità;
(5) riflessione più "pessimista", anzi direi tragica. Si filosofa perchè la vita stessa è "insoddisfacente". D'altronde siamo esseri fugaci dotati di un'autocoscienza e lottiamo ogni giorno per la nostra vita e dei nostri cari, pur sapendo che un giorno "perderemo". In questo link "http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/thanissaro/affirming.html" (è in inglese) vengono discussi i concetti di "samvega" (shock, tremore davanti alla "miseria" dell'esistenza) e "pasada" (fiducia che è possibile "venirne fuori") del buddismo. Indipendentemente dal fatto di essere buddisti o meno non si può che concordare, secondo me, che la realtà è terrificante se la si analizza correttamente. Lo scopo (finale) della filosofia, secondo me, è quello di liberarci da ignoranza, paura, conflitto ecc in modo tale da  "perfezionare" l'umanità - iniziando da se stessi.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

DrEvol

Io credo che ogni domanda che l'essere umano si pone, se non è fuori della realtà, ha una sua corretta risposta. Se ciò non fosse così, il perseguimento della saggezza e della conoscenza della realtà sarebbero inutili. Ai tempi degli antichi greci, la filosofia non era separata dalla scienza, e quindi faceva parte della conoscenza della realtà. Chiedersi qual è il significato della propria esistenza è una domanda che ha la sua corretta risposta ed è ciò che la filosofia e la conoscenza propongono di fare. Dopo tutto, per un essere concettivo quale è l'essere umano, filosofare è inevitabile per tutti, perché avere una filosofia significa pensare, voler conoscere se è un bene agire in un modo o in un altro. Nessun essere concettivo può esistere senza distinguere il bene dal male, senza pensare a ciò che nuoce la propria vita e a ciò che la promuove e ci fa felici. Il fatto che la maggior parte delle persone sia superficiale ed abbia una visione superficiale della propria vita non significa che non seguono una loro filosofia, significa che la loro filosofia non va molto in profondità e quindi limitano tutte le loro potenzialità per crearsi una vita migliore. Penso che non ci sia nulla di più pratico per vivere bene del pensiero filosofico nelle domande che ci poniamo e nella determinazione di trovare risposte ad esse.

Mariano

Avevo intenzione di aprire un nuovo topic sulla "funzione della filosofia", e mi sono imbattuto in questo che ho seguito con molto interesse.
Alcuni successivi piacevoli interventi però (a mio avviso) si sono discostati dalla domanda iniziale lasciandosi trasportare dal desiderio di filosofeggiare (termine che intendo in modo positivo) e tralasciando quanto ritengo sia il profondo senso del perché, e cioè qual'è lo scopo, qual'è la finalità di chi filosofa.
Idealisticamente ritengo che la filosofia, come anche la teologia, debbano avere lo scopo di aiutare l'essere umano a vivere in equilibrio con tutto quanto ci circonda per raggiungere la cosiddetta saggezza.
Come farlo?
Non ne ho minimamente idea, ma forse la soluzione va cercata dentro ciascuno di noi piuttosto che sui libri di storia della filosofia che svolgono l'importantissimo compito di insegnarci a ragionare.
Concordo quindi pienamente con "Apeiron" e cvc"

Angelo Cannata

La filosofia per me è tentativo di individuare, e di conseguenza poi affrontare, le domande più radicali che è possibile porci. Radicali può essere inteso in senso logico (il perché di ogni perché, andando all'indietro per quanto la nostra mente riesce, quindi meta-domande) oppure in senso vitale, intendendo cioè non la ricerca logica delle domande "prime", ma la ricerca delle domande più necessarie; tanto per fare un esempio, nel secondo senso può essere considerata della massima radicalità la domanda di come procurarsi da mangiare.

Per quanto riguarda il senso logico di radicalità, si giunge presto a un punto di resa: è logico prevedere che, qualunque sia la risposta al "perché fare filosofia", poi nascerà la domanda del perché riguardo a quella risposta, e poi il perché del perché, e così all'infinito. Per esempio, se diciamo che si fa filosofia perché è la più umana delle attività, nascerà subito la domanda come mai è la più umana delle attività e in che senso è la più umana delle attività; e alla risposta a queste domande nasceranno ovviamente i relativi perché che ne chiedono conto. Dunque, come minimo a causa della limitatezza della nostra mente e della durata della nostra esistenza, è inevitabile interrompere in certi punti la ricerca dei perché, perché essi sono infiniti e noi no.

D'altra parte, proprio perché è mestiere della filosofia cercare il logicamente più radicale, è ovvio che essa si porrà anche l'interrogativo: "che senso ha chiedersi il perché della filosofia?". Con questa domanda non voglio tornare alla catena infinita dei perché: credo piuttosto che essa faccia anche sorgere dei sospetti: per esempio, forse facciamo filosofia semplicemente per motivi psicologici, per voglia di esercitare un potere sulle idee, per la sensazione di potenza e di benessere che ci viene data dall'impressione di aver capito delle cose. In questo senso c'è da sospettare che la serva tracia non rappresenti poi soltanto un'ignorantella incapace di porsi domande teoretiche, ma qualcosa di più forte, dei sospetti che anche i filosofi più scaltriti sono costretti a porsi.

Credo che nelle altre risposte abbiate anche sfiorato un altro aspetto importante della questione: se non abbiamo chiaro cosa significa fare filosofia, come possiamo pensare di rispondere alla domanda del suo perché?

Ora, la filosofia, qualunque cosa s'intenda con essa, quali che i siano i motivi per cui si fa, ha compiuto un cammino storico e mi sembra che oggi riconosca che non sia poi tanto fruttuoso interrogarsi sul perché fare filosofia e cosa significhi "filosofia". A me sembra che oggi la filosofia, proprio per tutto il cammino che si ritrova alle spalle, ritenga che sia suo compito, piuttosto che chiedersi ancora i perché e i percome, porsi in dialogo con le forme di concretezza del mondo storico di oggi. Quindi porsi in dialogo con la politica, i problemi sociali, i bisogni umani; porsi in dialogo non per andare a cercare domande radicali teoretiche, ma per tentare di dare contributi per agire subito, ora, presto, immediatamente. Ciò non significa agire senza pensare, ma agire forti di un pensare che ormai in gran parte è stato fatto; non dico che abbiamo finito di pensare, che non c'è più altro da pensare; dico che abbiamo finito di pensare in certi modi troppo teoretici, troppo logici, troppo lontani dal bisogno della gente di mangiare, avere giustizia, sperimentare miglioramenti. La filosofia non ha certo risposte pronte per questi problemi, ma può dare contributi enormi, grazie al suo specifico cammino fatto fino al presente e soprattutto grazie al suo sapersi mettere in questione, in autocritica, proprio mettendo in questione certi modi troppo teoretici, troppo occidentali di fare filosofia.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 29 Ottobre 2016, 22:44:45 PM

Ora, la filosofia, qualunque cosa s'intenda con essa, quali che i siano i motivi per cui si fa, ha compiuto un cammino storico e mi sembra che oggi riconosca che non sia poi tanto fruttuoso interrogarsi sul perché fare filosofia e cosa significhi "filosofia". A me sembra che oggi la filosofia, proprio per tutto il cammino che si ritrova alle spalle, ritenga che sia suo compito, piuttosto che chiedersi ancora i perché e i percome, porsi in dialogo con le forme di concretezza del mondo storico di oggi. Quindi porsi in dialogo con la politica, i problemi sociali, i bisogni umani; porsi in dialogo non per andare a cercare domande radicali teoretiche, ma per tentare di dare contributi per agire subito, ora, presto, immediatamente. Ciò non significa agire senza pensare, ma agire forti di un pensare che ormai in gran parte è stato fatto; non dico che abbiamo finito di pensare, che non c'è più altro da pensare; dico che abbiamo finito di pensare in certi modi troppo teoretici, troppo logici, troppo lontani dal bisogno della gente di mangiare, avere giustizia, sperimentare miglioramenti. La filosofia non ha certo risposte pronte per questi problemi, ma può dare contributi enormi, grazie al suo specifico cammino fatto fino al presente e soprattutto grazie al suo sapersi mettere in questione, in autocritica, proprio mettendo in questione certi modi troppo teoretici, troppo occidentali di fare filosofia.

CitazioneMi sembra che quello che auspichi, (o meglio affermi essere in atto) più che un cambiamento radicale, sia una radicalizzazione (mi piacciono i giochi di parole quasi come le virgolette e le particelle pronominali!) di un' aspetto che in varia misura nei diversi autori e accanto ad altri aspetti é sempre stato proprio della filosofia (radicalizzazione dettata dalla drammatica portata dei problemi oggi di fronte all' umanità e delle conseguenze delle possibili scelte sbagliate che se ne possono dare).

E comunque non esclude il continuare a porsi anche problemi più teorici e 
la ricerca di domande radicali teoretiche e delle possibili risposte ad esse. E che anzi anche questo possa essere per lo meno utile, se non necessario, per affrontare adeguatamente i problemi pratici drammaticamente incombenti

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