Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Duc in altum!

**  scritto da Sariputra:
CitazioneSi potrebbe anche dire: è come agisci e non quello che dici, che parla per te. Su questo sono perfettamente d'accordo
Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?".

Questo esempio ci dimostra che le chiacchiere dei buoni propositi nei nostri bip mentali, innanzi all'inevitabilità della scelta, se le porta il vento, quello che resta è l'operato in virtù della volontà.
Innanzi a una scelta o a una decisione, il dubbio si ridimensiona, il relativismo scompare, giacché l'azione è qualcosa di assoluto in quel momento.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Angelo Cannata

#181
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 23:42:15 PMPer la questione dell'off topic: beh da quando abbiamo iniziato a discutere del relativismo ho come l'impressione di essere andati off topic
Il relativismo non dovrebbe essere off topic: ho avviato il discorso evidenziando che il discorso di Ceravolo, come lui stesso ha accennato all'inizio, è una metafisica. Il relativismo è una critica della metafisica.

Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata;
CitazioneIl relativismo è una critica della metafisica.
Ma sia il relativismo che la metafisica sono nient'altro che mezzi e non il fine dell'esistenza: le scelte quotidiane.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Apeiron

@Angelo Cannata,
sì in realtà dovevo esprimermi meglio (come al solito...). Volevo rassicurare Sariputra che secondo me il suo non era "off-topic" o almeno lo era tanto quanto i post che non rispondevano più alla domanda inziale. Poi con la discussione in realtà non ho problemi a continuare anche se era off-topic  :D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

#184
Citazione di: maral il 15 Febbraio 2017, 22:17:02 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Febbraio 2017, 08:53:19 AM
Spero proprio che dopo la risoluzione dei problemi tecnici mi spiegherai più comprensibilmente le tue affermazioni.
Per esempio che "conoscendo non si consce ciò che é (reale?) poiché ciò che è viene sempre tradito nell'atto stesso del conoscerlo dicendolo: che significa "tradire"?
Che il dire qualcosa é diverso dall' essere reale qualcosa é quanto da sempre sostengo vigorosamente anch' io.
Ma ciò non toglie che ciò che è reale possa in linea di principio essere detto (che possa essere la denotazione di un concetto di cui si predica che é/accade realmente).

No non può, se per essere reale si intende la cosa come è in sé e per sé. La cosa per come è in sé è tradita nell'atto stesso in cui la si definisce dicendola.

CitazioneDire che una cosa è come è in sé e per sé, indipendentemente dal fatto di essere inoltre detta esserlo è in linea teorica di principio possibilissimo e sensatissimo.
Non vi è nulla di contraddittorio (ergo: è un' ipotesi sensatissima, del tutto tranquillamente proponibile come tale -ipotesi- sia che sia inoltre di fatto vera, sia che sia inoltre di fatto falsa) nel dire che una certa cosa è in un certo modo e sarebbe tale e quale anche se non fosse detta esserlo: semplicemente si intendende con questa affermazione che fra quella che sarebbe la realtà nel caso tale cosa, oltre ad essere reale, sia inoltre detta esserlo e quella che sarebbe la realtà nel caso che tale cosa non sia inoltre detta essere reale l' unica e sola differenza (reale; aggettivo pleonastico) starebbe nel fatto del dirla o meno, fatto che in un caso realmente accadrebbe, nell' altro realmente non accadrebbe: in nient' altro la realtà sarebbe diversa fra i due casi ipotetici considerati.

E nell' atto del dirla essere come é non ci vedo alcun "tradimento" di niente e nessuno.




CitazioneInoltre (per farmi capire) mi dovresti tradurre in italiano l' affermazione che
Citazione L'essere "reali" dei cavalli contrapposto all'essere "irreale" degli ippogrifi, non consiste nel fatto che qualcosa come un cavallo lo possiamo toccare, vedere, misurare, mentre qualcosa come un ippogrifo no, al massimo sognare, ma che mentre qualcosa che significa "cavallo" ha un posto nella rappresentazione che ci si dà nel mondo, qualcosa come un ippogrifo no, ove la rappresentazione che si dà del mondo non è una rappresentazione assoluta. ma partecipa del nostro esserci noi stessi rappresentati come soggetti che vedono cavalli e non ippogrifi.

Perché in italiano "essere reali" come lo sono i cavalli significa proprio poter essere toccato, visto, misurato realmente, mentre "essere qualcosa di immaginario" come lo sono gli ippogrifi significa potere al massimo essere toccato, visto, misurato solo in sogno, nella fantasia o in un' allucinazione.
Il problema è che noi non tocchiamo, né vediamo semplicemente cavalli, ma qualcosa che per noi assume mentalmente tale significato e i significati non si toccano con le dita né si vedono con gli occhi, anche se qualcosa deve essere esperita per avere significato. Questo per me è fondamentale, poiché implica che l'allucinazione non è qualcosa di irreale in senso oggettivo, ma è irreale in rapporto a una soggettività condivisa che non è per nulla arbitraria, ma è il risultato di un contesto che determina il senso di verità o falsità su cui convengono necessariamente e con limitate possibilità di scarto i soggetti che vivono e operano in quel contesto. In definitiva chi vede ippogrifi non vede l'irreale più di chi vede cavalli, semplicemente è fuori dal contesto di senso soggettivamente condiviso nel mondo in cui vive. Ed è questo che ha delle enormi conseguenze sulla sua vita, non certo la questione di cosa sia in sé reale o no (che nessuno vede).
CitazioneDunque secondo te se uno ha un' allucinazione o un sogno ciò che percepisce è altrettanto reale di ciò che vedrebbe realmente in condizioni veglia e di sanità psichica, senza effetti di farmaci psicotropi.
Ma purtroppo è di fatto accaduto che persone che avevano assunto farmaci allucinogeni avessero visioni (allucinatorie) di passerelle che univano la loro stanza al centesimo piano di un grattacielo a quella del grattacielo di fronte e abbiano pensato bene di camminarci sopra.
Beh, purtroppo per loro, non c è stata "soggettività condivisa che non è per nulla arbitraria", né " risultato di un contesto che determina il senso di verità o falsità" che tenesse e si sono tragicamente sfracellati al suolo.

Comunque, poiché credi che "chi vede ippogrifi non vede l'irreale più di chi vede cavalli, semplicemente è fuori dal contesto di senso soggettivamente condiviso nel mondo" ti sconsiglio di recarti al lavoro in groppa a un  ippogrifo, per quanto tu ritenga tali equini alati "non più irreali dei cavalli", se ci tieni ad arrivarci ed evitare il rischio di essere licenziato.

maral

#185
Citazione di: Angelo Cannata il 16 Febbraio 2017, 05:04:15 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 23:42:15 PMPer la questione dell'off topic: beh da quando abbiamo iniziato a discutere del relativismo ho come l'impressione di essere andati off topic
Il relativismo non dovrebbe essere off topic: ho avviato il discorso evidenziando che il discorso di Ceravolo, come lui stesso ha accennato all'inizio, è una metafisica. Il relativismo è una critica della metafisica.
Si penso ci sia stato uno spostamento del tema da un piano ontologico a uno etico, ma probabilmente anche la questione del nulla , come ogni questione metafisica o logica, nasconde alla sua radice una ragione etica. Il motivo etico è stato enunciato molto chiaramente da Cannata che l'ha inteso nel senso di una destabilizzazione critica di qualsiasi principio metafisico a priori, in ragione di un dialogo sempre aperto. Questa necessità etica per Cannata, significa riconoscere il soggetto, o meglio direi, i soggetti al plurale (soggetti che si parlano, soggetti che si ascoltano, criticano e replicano). La pluralità soggettiva è fondamentale per incrinare l'Uno granitico che ogni metafisica vuole imporre a tutti come saldissimo fondamento universale a fronte del quale, per sentirsi ognuno (ogni soggetto) felice, occorre ubbidire con fede (è interessante questo riflesso di felicità soggettiva che viene a riverberare, almeno per quanto riguarda il Cristianesimo, dal principio trascendente, come indicato da Duc, meriterebbe una riflessione accurata). In nome del soggetto e si potrebbe dire di una metafisica che si allarghi alla pluralità soggettiva, Cannata rigetta altri tipi di inclusioni nella metafisica, come la dialeteia o la storicità (da me intesa in senso di prassi), mentre trova piuttosto nella scienza un'etica migliore, infatti anche se anche la scienza vuole eliminare la soggettività dal giudizio, lo fa solo a posteriori (quindi con maggiore umiltà), secondo verifica procedurale oggettiva che stabilisce oggettivamente come va da parte di tutti valutato il fenomeno per trasformare ipotesi soggettive in teorie oggettive. In realtà anche qui a ben vedere c'è un'assunzione a priori oggettiva che riguarda proprio il presupposto di realtà che fonda il metodo, ma resta ben nascosta e tanto vale.
Quello che noto è che, comunque la si metta, dalla metafisica non si esce, non ne esce nemmeno la soggettualità di Cannata che piuttosto la allarga (forse il pensiero orientale e in particolare buddista riesce a farne a meno, ma, da occidentale ne dubito), anche se sono perfettamente d'accordo che l'ammissione di una pluralità soggettiva è di base per evitare proprio quel nichilismo che la pretesa totalizzante, assoluta e unitaria delle impostazioni metafisiche (che sono sempre al plurale, con grande dispetto di chi punta all'assoluto fondamento monolitico) vorrebbe esorcizzare, mentre in realtà non fa altro che evocare, come l'altra faccia della sua stessa moneta.
Il dubbio e la critica sono quindi essenziali per introdurre a piccole dosi proprio quel nulla (attraverso gli altri che in qualche misura sono sempre il nulla relativo di noi stessi) che inteso in senso assoluto è morte assoluta, è l'assoluta contraddizione che tanto ci angoscia. Ma penso anche che se la critica è irrinunciabile, va messa in crisi anche la soggettualità e qui mi pare che si possa partire proprio dalla domanda (passata inosservata) di Acquario:  "Dove sei quando non sei presente a te stesso?" , perché il soggetto non è sempre presente, anzi, lo è raramente, perché il dubbio qui è che anche il soggetto, così fondamentale, in fondo non sia che un effetto di contesto, una sorta di ippogrifo, o una costruzione "immaginifica" di prassi culturali, il soggetto è solo una categoria del pensiero che si immagina mentre fa. Ma certamente a ragionare di questo si produrrebbe un altro spostamento dal tema e forse Acquario non intendeva la questione nel senso di una critica al soggetto, gli propongo quindi di aprire una nuova riflessione specifica, se vuole.

PS è la terza volta che, volendo intervenire in questa riflessione, il messaggio mi svanisce nel nulla (assoluto?). Spero che stavolta il forum funzioni, altrimenti dovrò accettare il decreto del destino ineluttabile: il nulla assoluto esiste, è quello che inghiotte i miei messaggi.  :)

maral

#186
Citazione di: sgiombo il 16 Febbraio 2017, 18:35:40 PM
Dire che una cosa è come è in sé e per sé, indipendentemente dal fatto di essere inoltre detta esserlo è in linea teorica di principio possibilissimo e sensatissimo.
Non vi è nulla di contraddittorio (ergo: è un' ipotesi sensatissima, del tutto tranquillamente proponibile come tale -ipotesi- sia che sia inoltre di fatto vera, sia che sia inoltre di fatto falsa) nel dire che una certa cosa è in un certo modo e sarebbe tale e quale anche se non fosse detta esserlo: semplicemente si intendende con questa affermazione che fra quella che sarebbe la realtà nel caso tale cosa, oltre ad essere reale, sia inoltre detta esserlo e quella che sarebbe la realtà nel caso che tale cosa non sia inoltre detta essere reale l' unica e sola differenza (reale; aggettivo pleonastico) starebbe nel fatto del dirla o meno, fatto che in un caso realmente accadrebbe, nell' altro realmente non accadrebbe: in nient' altro la realtà sarebbe diversa fra i due casi ipotetici considerati.

E nell' atto del dirla essere come é non ci vedo alcun "tradimento" di niente e nessuno.
No, perché il dirla significa prendere coscienza di quella cosa ed è proprio il prenderne coscienza che la tradisce. Essa è quello che è, non vi è dubbio, e noi la viviamo sapendo le cose, ma solo finché non le conosciamo e conoscendole creiamo un mondo che significa, il mondo del linguaggio ove le parole con cui tentiamo di rendere conto delle cose non sono mai le cose. E' esattamente come dici tu quando dici che una "montagna" c'è anche quando ci passo vicino senza vederla, solo che quello vicino a cui passo non è la "montagna", la montagna la costruisce la mia mente nel suo significato nel momento in cui la conosco, non è la montagna reale che non posso assolutamente conoscere in sé, è la montagna significato per me (che per alcuni aspetti di significato altri soggetti condividono e per altri no)
Perché in italiano "essere reali" come lo sono i cavalli significa proprio poter essere toccato, visto, misurato realmente, mentre "essere qualcosa di immaginario" come lo sono gli ippogrifi significa potere al massimo essere [/size]toccato, visto, misurato solo in sogno, nella fantasia o in un' allucinazione


CitazioneDunque secondo te se uno ha un' allucinazione o un sogno ciò che percepisce è altrettanto reale di ciò che vedrebbe realmente in condizioni veglia e di sanità psichica, senza effetti di farmaci psicotropi.
Ma purtroppo è di fatto accaduto che persone che avevano assunto farmaci allucinogeni avessero visioni (allucinatorie) di passerelle che univano la loro stanza al centesimo piano di un grattacielo a quella del grattacielo di fronte e abbiano pensato bene di camminarci sopra.
Beh, purtroppo per loro, non c è stata "soggettività condivisa che non è per nulla arbitraria", né " risultato di un contesto che determina il senso di verità o falsità" che tenesse e si sono tragicamente sfracellati al suolo.


Perché la condividevano con altri la loro "realtà"? Il punto è questo, noi vediamo dei significati, sentiamo cosa vedono gli altri. Io vedo una passerella, tu vedi un baratro ... andiamoci cauti su quello che c'è e cerchiamo di capire come funzionano le cose nel contesto che ce le fa significare.
Comunque, come tutti gli esseri viventi, in generale sappiamo vivere finché viviamo, il problema è che vivendo come esseri umani vogliamo sapere di vivere. E quel "di vivere" fa una differenza enorme dal semplice "vivere".



CitazioneComunque, poiché credi che "chi vede ippogrifi non vede l'irreale più di chi vede cavalli, semplicemente è fuori dal contesto di senso soggettivamente condiviso nel mondo" ti sconsiglio di recarti al lavoro in groppa a un  ippogrifo, per quanto tu ritenga tali equini alati "non più irreali dei cavalli", se ci tieni ad arrivarci ed evitare il rischio di essere licenziato.


Lo farei volentieri 1) se dal contesto in cui vivo mi si presentassero degli ippogrifi e io fossi capace di cavalcarli (avrei, credo dei problemi anche se mi si presentasse un cavallo comunque), 2) se questo contesto fosse condiviso dal mio datore di lavoro, cosa che al momento, purtroppo, non accade (e se chi non vede ippogrifi è il tuo datore di lavoro è buona regola assecondarlo, il suo contesto è di sicuro più determinante). :)

Il matto è colui che dice "io conosco con certezza come stanno le cose nella realtà", non matto è invece chi sa di sognare anche quando si pensa desto e con gli occhi bene aperti e può dire all'altro "vedi, sto sognando, tu invece cosa sogni?"

Angelo Cannata

Citazione di: maral il 17 Febbraio 2017, 22:23:37 PM
... anche se anche la scienza vuole eliminare la soggettività dal giudizio, lo fa solo a posteriori (quindi con maggiore umiltà), secondo verifica procedurale oggettiva che stabilisce oggettivamente come va da parte di tutti valutato il fenomeno per trasformare ipotesi soggettive in teorie oggettive. In realtà anche qui a ben vedere c'è un'assunzione a priori oggettiva che riguarda proprio il presupposto di realtà che fonda il metodo, ma resta ben nascosta e tanto vale.
Quello che noto è che, comunque la si metta, dalla metafisica non si esce,
La scienza non ha come scopo l'eliminazione della soggettività, proprio perché essa non è una filosofia metafisica. Essa si serve di metafisiche da intendere come teorie tutte da verificare, ma, una volta che una teoria venga verificata dall'esperienza, non per questo essa si trasforma in una certezza metafisica in senso filosofico. La scienza è essa stessa soggettività, essa è tutta soggettiva dall'inizio alla fine, da quando immagina che il sangue sia blu fino a quando, dopo una serie di esperimenti, conclude che esso è rosso. Essa non stabilisce "come va da parte di tutti valutato il fenomeno": essa dice soltanto: "abbiamo fatto degli esperimenti e sono venuti fuori questi risultati". Ma i risultati non stabiliscono niente, poiché essi possono e devono essere a loro volta criticati, affinché si progredisca. I risultati propongono soltanto delle convenienze ("conviene trattare il sangue come se fosse rosso"), non dicono "d'ora in poi guai a chi si azzarda a ipotizzare che il sangue sia blu"; chi volesse perseverare nell'ipotizzare che il sangue sia blu è benvenuto, poiché la scienza non cerca altro che cercare, cercare e ancora cercare, criticare, sperimentare e mettere in discussione i risultati degli esperimenti. Non vedo quindi come si possa dire, in questo caso in riferimento alla scienza, che dalla metafisica non si esce.

Citazione di: maral il 17 Febbraio 2017, 22:23:37 PM
... non ne esce nemmeno la soggettualità di Cannata
Ciò è vero nella prima fase del relativismo: ho detto infatti che il relativista non è altro che un metafisico che decide di tener conto del soggetto. Una volta che però il soggetto venga fatto entrare nella metafisica, esso sconvolge tutto e quindi anche la cognizione di se stesso. Relativismo significa infatti messa in questione anzitutto del significato del verbo essere, cosicché non ha più alcun senso chiedersi se qualcosa esista oppure no; poi significa anche messa in questione del significato di ogni parola, cosicché non è più possibile distinguere il soggetto dall'oggetto. In questo senso, nel momento in cui il relativista critica la metafisica di aver trascurato il soggetto, lo fa servendosi del concetto di soggetto adoperato dalla metafisica, concetto che egli conosce bene, essendo stato lui stesso in precedenza un metafisico.

Citazione di: maral il 17 Febbraio 2017, 22:23:37 PM
va messa in crisi anche la soggettualità e qui mi pare che si possa partire proprio dalla domanda (passata inosservata) di Acquario:  "Dove sei quando non sei presente a te stesso?" , perché il soggetto non è sempre presente, anzi, lo è raramente
Credo che, prima di chiederci dove siamo quando non siamo presenti a noi stessi, dovremmo chiederci il significato di "presente a te stesso", significato che mi sembra tutt'altro che chiaro e tutt'altro che chiarificabile: infatti non esiste alcun modo con cui io possa far provare ad altri quello che io provo quando ritengo di essere "presente a me stesso". Inoltre, ogni concetto al riguardo è senza dubbio condizionato dalla nostra cultura, le nostre categorie, le esperienze vissute, la lingua, il tempo. Già in me stesso l'esperienza di "presenza a me stesso" non è sempre la stessa esperienza, poiché io sono in divenire, insieme alla mia coscienza e tutto quanto mi costituisce.

maral

#188
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Febbraio 2017, 23:13:34 PM
La scienza non ha come scopo l'eliminazione della soggettività, proprio perché essa non è una filosofia metafisica. Essa si serve di metafisiche da intendere come teorie tutte da verificare, ma, una volta che una teoria venga verificata dall'esperienza, non per questo essa si trasforma in una certezza metafisica in senso filosofico. La scienza è essa stessa soggettività, essa è tutta soggettiva dall'inizio alla fine, da quando immagina che il sangue sia blu fino a quando, dopo una serie di esperimenti, conclude che esso è rosso. Essa non stabilisce "come va da parte di tutti valutato il fenomeno": essa dice soltanto: "abbiamo fatto degli esperimenti e sono venuti fuori questi risultati". Ma i risultati non stabiliscono niente, poiché essi possono e devono essere a loro volta criticati, affinché si progredisca. I risultati propongono soltanto delle convenienze ("conviene trattare il sangue come se fosse rosso"), non dicono "d'ora in poi guai a chi si azzarda a ipotizzare che il sangue sia blu"; chi volesse perseverare nell'ipotizzare che il sangue sia blu è benvenuto, poiché la scienza non cerca altro che cercare, cercare e ancora cercare, criticare, sperimentare e mettere in discussione i risultati degli esperimenti. Non vedo quindi come si possa dire, in questo caso in riferimento alla scienza, che dalla metafisica non si esce.
Ma assolutamente no, la scienza mira a stabilire cosa oggettivamente funziona e si basa su criteri rigorosamente oggettivi per stabilirlo, il soggetto deve rimanere fuori dalla porta del laboratorio. Certo che poi i risultati saranno sempre criticabili in linea di principio (in realtà non è proprio così, stai sicuro che se vai da uno scienziato e gli proponi l'ipotesi del sangue blu quello per prima cosa chiama uno psichiatra), ma lo saranno sulla base di un'oggettività quanto mai rigorosa e proceduralizzata in cui il soggetto con le sue istanze individuali resta del tutto estraneo. Ho fatto per vent'anni il ricercatore e so bene cosa gli si chiede, non certo la sua soggettività, quella va proprio proceduralmente esclusa!  
Citazione di: maral il 17 Febbraio 2017, 22:23:37 PM
Ciò è vero nella prima fase del relativismo: ho detto infatti che il relativista non è altro che un metafisico che decide di tener conto del soggetto. Una volta che però il soggetto venga fatto entrare nella metafisica, esso sconvolge tutto e quindi anche la cognizione di se stesso. Relativismo significa infatti messa in questione anzitutto del significato del verbo essere, cosicché non ha più alcun senso chiedersi se qualcosa esista oppure no; poi significa anche messa in questione del significato di ogni parola, cosicché non è più possibile distinguere il soggetto dall'oggetto. In questo senso, nel momento in cui il relativista critica la metafisica di aver trascurato il soggetto, lo fa servendosi del concetto di soggetto adoperato dalla metafisica, concetto che egli conosce bene, essendo stato lui stesso in precedenza un metafisico.
Restiamo comunque nell'ambito di un mettere tutto in discussione, la qual cosa va benissimo, ma non vi è dubbio a mio avviso che la totalità discutibile (su cui sono d'accordo) risuona, proprio in quanto totalità, di una grande metafisica. Mettere in discussione il verbo essere non basta per eliminare la metafisica, si può fare una metafisica anche basandola su un divenire assoluto, "tutto è divenire" è di nuovo una proposizione metafisica con enormi pretese di indiscutibilità (non parliamo poi di un nichilistico "tutto è nulla"). L'unico modo di cavarsela per far fuori la metafisica è allora mantenersi nei limiti di giudizi parziali riconoscendone la necessaria e imprescindibile debolezza (Vattimo docet) e abbandonarsi a ermeneutiche infinite.

Citazione di: maral il 17 Febbraio 2017, 22:23:37 PM
Credo che, prima di chiederci dove siamo quando non siamo presenti a noi stessi, dovremmo chiederci il significato di "presente a te stesso", significato che mi sembra tutt'altro che chiaro e tutt'altro che chiarificabile: infatti non esiste alcun modo con cui io possa far provare ad altri quello che io provo quando ritengo di essere "presente a me stesso". Inoltre, ogni concetto al riguardo è senza dubbio condizionato dalla nostra cultura, le nostre categorie, le esperienze vissute, la lingua, il tempo. Già in me stesso l'esperienza di "presenza a me stesso" non è sempre la stessa esperienza, poiché io sono in divenire, insieme alla mia coscienza e tutto quanto mi costituisce.
Presente a me stesso lo intendo essere coscienti di se stessi, non esserci (che sempre siamo), ma sapere di esserci che è enormemente diverso. Ora, quello che noto in me (ma mi pare anche in quasi tutti coloro che incontro e conosco) è che questo sapere di esserci accade assai raramente e molto limitatamente e il sospetto è che se il soggetto è propriamente colui che sa di esserci (in altre parole che conosce), esso accada raramente. Questo implica che il soggetto, come l'oggetto che ne è controparte, non possono essere assunti come punto stabile per la critica di alcunché. Soggetto e oggetto sono insieme fusi nel vivere, nel saper vivere che non sa di vivere, ma solo vive, inconsapevolmete.

Angelo Cannata

#189
Citazione di: maral il 18 Febbraio 2017, 00:28:03 AMMa assolutamente no, la scienza mira a stabilire cosa oggettivamente funziona e si basa su criteri rigorosamente oggettivi per stabilirlo, il soggetto deve rimanere fuori dalla porta del laboratorio. Certo che poi i risultati saranno sempre criticabili in linea di principio (in realtà non è proprio così, stai sicuro che se vai da uno scienziato e gli proponi l'ipotesi del sangue blu quello per prima cosa chiama uno psichiatra), ma lo saranno sulla base di un'oggettività quanto mai rigorosa e proceduralizzata in cui il soggetto con le sue istanze individuali resta del tutto estraneo. Ho fatto per vent'anni il ricercatore e so bene cosa gli si chiede, non certo la sua soggettività, quella va proprio proceduralmente esclusa!
Dipende da cosa vogliamo intendere con la parola "oggettivo".

In filosofia metafisica, oggettivo significa indipendente dal soggetto, ma a questo punto è bene specificare: l'indipendenza intesa dalla metafisica è perenne. Facciamo un esempio per capirci meglio: quando la metafisica afferma che ogni oggetto è costituito di materia e di forma, essa sostiene che tale struttura degli oggetti non è una schema mentale creato dalla mente umana; tale struttura è piuttosto la natura stessa degli oggetti, motivo per cui gli oggetti sono sempre stati cosi, sono così e saranno sempre così, in eterno. Da un punto di vista metafisico non sono previste evoluzioni di schemi mentali, non sono previsti errori umani: la metafisica filosofica avanza proprio la pretesa di essere un sistema di pensiero che non risente in maniera alcuna dei limiti della mente umana.

Uno scienziato, di fronte alla mia ipotesi che il sangue sia blu, può chiamare uno psichiatra se ci troviamo in un contesto di scherzo oppure di ignoranza filosofica. Nessuna persona al mondo può stabilire che ci siano acquisizioni scientifiche che in futuro non possano essere smentite. Tutt'al più ci può essere una convenienza nel dedicare gli sforzi a un tipo di ricerca piuttosto che ad un altro, ma questo è tutto un altro discorso. Tu hai fatto per vent'anni il ricercatore e tutti i ricercatori hanno due limiti ben precisi: 1) sono mortali; 2) non hanno risorse infinite. È questo che fa sì che si chieda loro di dedicarsi a quelle ricerche che con più probabilità lasciano intravedere di far ottenere risultati utili. Ma da un punto di vista teorico nessun ricercatore può permettersi di affermare che il colore rosso del sangue sia una certezza eterna: si può solo affermare che tutte le esperienze compiute finora fanno risultare conveniente trattare il sangue come un oggetto di colore rosso. Non è la stessa cosa. Non esistono in questo mondo ricercatori in grado di poter stabilire cosa si potrà scoprire e cosa non si potrà mai scoprire nel futuro: il motivo è semplice: non mi pare che esistano ricercatori che possiedano superpoteri di chiaroveggenza, con la sfera di cristallo. Se, in un contesto di discussione epistemologica, uno scienziato pensa di mandarmi dalla psichiatra perché ho ipotizzato che il sangue sia blu, significa che questo scienziato ritiene di avere una sfera di cristallo che gli consente pieni poteri sul futuro.

Citazione di: maral il 18 Febbraio 2017, 00:28:03 AMPresente a me stesso lo intendo essere coscienti di se stessi, non esserci (che sempre siamo), ma sapere di esserci che è enormemente diverso.
Non è che "essere coscienti di se stessi" sia più chiaro di "presente a me stesso": cosa vuol dire essere coscienti? Ci sono mille modi umani di essere coscienti, semicoscienti, coscienti ma condizionati dal momento. Lo stesso riguarda il concetto di "sapere".

Angelo Cannata

#190
Aggiungo qualche altra precisazione per tentare di essere più chiaro.

In ambito scientifico il termine "oggettivo" ha un significato pratico: si considera oggettivo ciò che è stato oggetto di prova scientifica. Ma le prove scientifiche non hanno alcun potere sul futuro: esse possono riferirsi soltanto a ciò che è stato esaminato. Riguardo al futuro possono esprimere soltanto delle probabilità, le quali non potranno mai essere certezza immune da ogni dubbio. In questo senso, per esempio, non è possibile affermare, con la severità stringente tipica della metafisica, che non esistono uova di pollo quadrate, poiché, per poterlo affermare, bisognerebbe controllare tutte le uova di questo mondo, uno per uno, ma non solo; bisognerebbe controllare tutte le uova del passato, del presente e anche del futuro. La scienza può affermare che tutte le uova sono ovali solo dando a "tutte" un senso pratico, sbrigativo, non stringente con la stessa pretesa di assolutezza avanzata dalla metafisica. In metafisica "tutto" significa veramente "tutto", includendo anche il non osservato e anche il futuro.

La metafisica ritiene di poter esprimere affermazioni universali, estese a tutto l'esistente, passato, presente e futuro. Essa fa questo discorso allo scienziato: "Tu scienziato mi puoi dire soltanto come sono le uova che tu hai controllato; fine. Io posso fare di più: attraverso criteri di ragione e di logica riesco a pronunciarmi anche su ciò che non è stato controllato; e mi pronuncio esprimendo non probabilità o convenienze, ma certezze in grado di oltrepassare ogni possibilità umana di dubbio: certezze totali".

Dunque, in metafisica "oggettivo" ha un valore teorico. Teorico in questo senso non significa senza applicazione sulla pratica; significa piuttosto che non risente dei limiti della pratica, ma si applica ad essa ad occhi chiusi, senza alcun bisogno di controlli o verifiche. Teorico in questo senso significa illimitato.

sgiombo

#191
Citazione di: maral il 17 Febbraio 2017, 23:03:10 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Febbraio 2017, 18:35:40 PM
Dire che una cosa è come è in sé e per sé, indipendentemente dal fatto di essere inoltre detta esserlo è in linea teorica di principio possibilissimo e sensatissimo.
Non vi è nulla di contraddittorio (ergo: è un' ipotesi sensatissima, del tutto tranquillamente proponibile come tale -ipotesi- sia che sia inoltre di fatto vera, sia che sia inoltre di fatto falsa) nel dire che una certa cosa è in un certo modo e sarebbe tale e quale anche se non fosse detta esserlo: semplicemente si intendende con questa affermazione che fra quella che sarebbe la realtà nel caso tale cosa, oltre ad essere reale, sia inoltre detta esserlo e quella che sarebbe la realtà nel caso che tale cosa non sia inoltre detta essere reale l' unica e sola differenza (reale; aggettivo pleonastico) starebbe nel fatto del dirla o meno, fatto che in un caso realmente accadrebbe, nell' altro realmente non accadrebbe: in nient' altro la realtà sarebbe diversa fra i due casi ipotetici considerati.

E nell' atto del dirla essere come é non ci vedo alcun "tradimento" di niente e nessuno.
No, perché il dirla significa prendere coscienza di quella cosa ed è proprio il prenderne coscienza che la tradisce. Essa è quello che è, non vi è dubbio, e noi la viviamo sapendo le cose, ma solo finché non le conosciamo e conoscendole creiamo un mondo che significa, il mondo del linguaggio ove le parole con cui tentiamo di rendere conto delle cose non sono mai le cose.
CitazioneChe le parole con cui tentiamo di rendere conto delle cose non sono mai le cose mi sembra perfettamente ovvio (altrimenti non proporremmo che giudizi analitici a priori).
Ma ciò non toglie che (per lo meno in linea di principio; e potendo sempre dubitarne, che è ben altro che avere la certezza del contrario!) delle parole con le quali predichiamo qualcosa della realtà possa darsi denotazione reale e che le connotazioni delle parole con cui predichiamo circa la realtà possano essere almeno in parte "fedeli" e non "traditrici" nel caratterizzare le denotazioni reali cui si riferiscono




E' esattamente come dici tu quando dici che una "montagna" c'è anche quando ci passo vicino senza vederla, solo che quello vicino a cui passo non è la "montagna", la montagna la costruisce la mia mente nel suo significato nel momento in cui la conosco, non è la montagna reale che non posso assolutamente conoscere in sé, è la montagna significato per me (che per alcuni aspetti di significato altri soggetti condividono e per altri no)
Perché in italiano "essere reali" come lo sono i cavalli significa proprio poter
CitazioneLa mia mente non "costruisce la montagna" (altrimenti la mia personale mente avrebbe "costruito" dozzine di bellissime donne desiderose di soddisfare ogni mia voglia! Oltre a tante altre cose più serie e rispettabili), bensì il concetto della montagna, avente per denotazione la montagna reale (della quale eventualmente predica veracemente la realtà; ma l' esistenza reale della montagna non dipende affatto da questo concetto e da questa eventuale predicazione; e anche se altri soggetti attribuiscono al concetto della montagna, avente la stessa denotazione reale, connotazioni in parte diverse).





CitazioneDunque secondo te se uno ha un' allucinazione o un sogno ciò che percepisce è altrettanto reale di ciò che vedrebbe realmente in condizioni veglia e di sanità psichica, senza effetti di farmaci psicotropi.
Ma purtroppo è di fatto accaduto che persone che avevano assunto farmaci allucinogeni avessero visioni (allucinatorie) di passerelle che univano la loro stanza al centesimo piano di un grattacielo a quella del grattacielo di fronte e abbiano pensato bene di camminarci sopra.
Beh, purtroppo per loro, non c è stata "soggettività condivisa che non è per nulla arbitraria", né " risultato di un contesto che determina il senso di verità o falsità" che tenesse e si sono tragicamente sfracellati al suolo.


Perché la condividevano con altri la loro "realtà"? Il punto è questo, noi vediamo dei significati, sentiamo cosa vedono gli altri. Io vedo una passerella, tu vedi un baratro ... andiamoci cauti su quello che c'è e cerchiamo di capire come funzionano le cose nel contesto che ce le fa significare.
Comunque, come tutti gli esseri viventi, in generale sappiamo vivere finché viviamo, il problema è che vivendo come esseri umani vogliamo sapere di vivere. E quel "di vivere" fa una differenza enorme dal semplice "vivere".

CitazioneIl punto per me è di non sfracellarmi, oltre che di sapere come è la realtà e non come ci si può immaginare eventualmente che sia, sia pure eventualmente condividendo anche questa immaginazione con altri (non "il vedere dei significati arbitrari" ma invece il sapere -se possibile- ciò che è reale; perché fra l' altro se vedo allucinatoriamente una passerella dove c' è un baratro reale non è che pretendendo di andarci sopra si sfracellano solo quelli che vedono veracemente  il baratro mentre io sono sano e salvo: no, invece mi ci sfracello realmente anch' io alla faccia della mia visione allucinatoria della passerella! E, almeno per ora, non ho alcuna intenzione di suicidarmi).




CitazioneComunque, poiché credi che "chi vede ippogrifi non vede l'irreale più di chi vede cavalli, semplicemente è fuori dal contesto di senso soggettivamente condiviso nel mondo" ti sconsiglio di recarti al lavoro in groppa a un  ippogrifo, per quanto tu ritenga tali equini alati "non più irreali dei cavalli", se ci tieni ad arrivarci ed evitare il rischio di essere licenziato.

Lo farei volentieri 1) se dal contesto in cui vivo mi si presentassero degli ippogrifi e io fossi capace di cavalcarli (avrei, credo dei problemi anche se mi si presentasse un cavallo comunque), 2) se questo contesto fosse condiviso dal mio datore di lavoro, cosa che al momento, purtroppo, non accade (e se chi non vede ippogrifi è il tuo datore di lavoro è buona regola assecondarlo, il suo contesto è di sicuro più determinante). :)

CitazioneOvviamente era solo un' esempio.
Allora parliamo di una bicicletta immaginaria.
In questo caso se dal contesto in cui vivi ti si presentasse una bicilcetta immaginaria spererei proprio che non cercheresti di usarla per andare al lavoro (ma che impiegheresti invece un' eventuale bicicletta reale); e questo anche se condividesse il contesto della bicicletta immaginaria pure il tuo datore di lavoro: non ci arriveresti lo stesso col pericolo di essere licenziato; a meno che il tuo datore di lavoro (che, per inciso ben presto fallirebbe e dunque resteresti comunque disoccupato) avesse pure l' allucinazione di vedere il tuo cartellino timbrato.




Il matto è colui che dice "io conosco con certezza come stanno le cose nella realtà", non matto è invece chi sa di sognare anche quando si pensa desto e con gli occhi bene aperti e può dire all'altro "vedi, sto sognando, tu invece cosa sogni?"

CitazioneColui che dice "io conosco con certezza come stanno le cose nella realtà" è un presuntuoso che si sbaglia (che dice il falso), ma non è affatto necessariamente matto.
Matto è invece necessariamente chi immagina da sveglio o sogna un ippogrifo e dice all' altro. "c' è realmente un ippogrifo, dal momento che lo sogno o lo immagino e fra sogni e realtà non c' è alcuna differenza: sono entrambi del tutto parimenti reali" (che mi sembra quanto da te sempre affermato; mentre sono io che invece affermo che se sogno o immagino un ippogrifo dico all' altro "sto sognando o immaginando un ippogrifo, il quale dunque, contrariamente a tantissimi cavalli, non è reale").


sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Febbraio 2017, 23:13:34 PM

 La scienza è essa stessa soggettività, essa è tutta soggettiva dall'inizio alla fine, da quando immagina che il sangue sia blu fino a quando, dopo una serie di esperimenti, conclude che esso è rosso. Essa non stabilisce "come va da parte di tutti valutato il fenomeno": essa dice soltanto: "abbiamo fatto degli esperimenti e sono venuti fuori questi risultati". Ma i risultati non stabiliscono niente, poiché essi possono e devono essere a loro volta criticati, affinché si progredisca. I risultati propongono soltanto delle convenienze ("conviene trattare il sangue come se fosse rosso"), non dicono "d'ora in poi guai a chi si azzarda a ipotizzare che il sangue sia blu"; chi volesse perseverare nell'ipotizzare che il sangue sia blu è benvenuto, poiché la scienza non cerca altro che cercare, cercare e ancora cercare, criticare, sperimentare e mettere in discussione i risultati degli esperimenti. Non vedo quindi come si possa dire, in questo caso in riferimento alla scienza, che dalla metafisica non si esce.

CitazioneConstato che, oltre che della metafisica" hai un' opinione del tutto personale anche della scienza (e non ne concludo affatto: "guai a te che ti azzardi ad avere un' opinione personalissima!". E oso sperare che non mi attribuirai indebitamente tale intenzione, magari "inconscia").

Comunque nessuna metafisica in quanto tale (ma casomai qualche particolare, determinato metafisico in quanto intollerante; e a mio parere di fatto non di rado particolari determinati metafisici scientisti sono fra i più intolleranti in circolazione) dice "d' ora in poi guai a chi si azzarda ad ipotizzare qualcosa (qualsiasi cosa!)".
Casomai dice "chi afferma qualcosa erra, afferma il falso".
Perché invece la scienza di chi afferma che la terra é piatta o che il cancro si cura con pannicelli caldi cosa dice?
Che a furia di cercare e ricercare si potrebbe anche scoprire che la terra é piatta o che i pannicelli caldi curano il tumore?



sgiombo

#193
A proposito del fatto che secondo la scienza Riguardo al futuro possono esprimere soltanto delle probabilità, le quali non potranno mai essere certezza immune da ogni dubbio. In questo senso, per esempio, non è possibile affermare, con la severità stringente tipica della (presunta) metafisica, che non esistono uova di pollo quadrate, poiché, per poterlo affermare, bisognerebbe controllare tutte le uova di questo mondo, uno per uno, ma non solo; che bisognerebbe controllare tutte le uova del passato, del presente e anche del futuro. La scienza può affermare che tutte le uova sono ovali solo dando a "tutte" un senso pratico, sbrigativo, non stringente con la stessa pretesa di assolutezza avanzata dalla (presunta) metafisica; che In metafisica "tutto" significa veramente "tutto", includendo anche il non osservato e anche il futuro,

mi corre l' obbligo (verso la memoria di colui che più di ogni altro mi ha indicato la via verso la ragione e la verità, nei limiti in cui questa sia attingibile e non oltre) di rilevare che questo discorso sulla indimostrabilità dell' induzione, secondo quanto storicamente documentato e constatabile (finora) l' ha fatto per primo il grandissimo filosofo David Hume con la sua critica filosofica razionale al concetto di "causalità" (e non affatto alcuno scienziato).

E che in nessuno scritto (articolo, trattato; a partire da Galileo e Newton in poi) che sia unicamente, integralmente scientifico (senza nulla di metafisico) é scritto che le tesi circa il divenire naturale materiale che vi sono esposte descrivono solamente quanto finora di fatto osservato; bensì se ne afferma la validità anche indefinitamente per il futuro (in condizioni simili a quelle descritte).
Soltanto se l' autore fa, per esempio come premessa all' esposizione delle sue tesi propriamente scientifiche, qualche considerazione metafisica (a mio parere sicuramente tale; anche se a seconda del significato che si attribuisce alle parole qualcuno potrebbe considerarla latamente filosofica o per lo meno epistemologica; comunque filosofica e non scientifica; cosa ovviamente non vietata, ma il crederla scienza é come la notte hegeliana in cui tutte le vacche sembrano nere), soltanto se l' autore fa anche della filosofia, oltre che della scienza, può accadere che vi si leggano considerazioni simili di evidente ascendenza humeiana (dal filosofo e non scienziato David Hume).

La filosofia (in generale; ma anche la metafisica, almeno in un' accezione diffusa e non vietabile da parte di chi non sia dogmatico) fa questo discorso allo scienziato: "Tu scienziato mi puoi dire soltanto come sono le uova; fine. Io posso fare di più: attraverso criteri di ragione e di logica riesco a farti rendere conto anche del fatto che questa tua affermazione é degna di dubbio.

In generale "metafisica" non é sinonimo di "dogmatismo" (anche se vi possono essere metafisiche dogmatiche; e di fatto lo scientismo é una delle più evidentemente dogmatiche), né "relativismo" di "tolleranza".

donquixote

Citazione di: Angelo Cannata il 18 Febbraio 2017, 01:01:55 AMFacciamo un esempio per capirci meglio: quando la metafisica afferma che ogni oggetto è costituito di materia e di forma, essa sostiene che tale struttura degli oggetti non è una schema mentale creato dalla mente umana; tale struttura è piuttosto la natura stessa degli oggetti, motivo per cui gli oggetti sono sempre stati cosi, sono così e saranno sempre così, in eterno.

Solo per chiarire, ma l'esempio qui sopra è un concentrato di errori. Prima di tutto non c'entra niente con la metafisica. Ma proprio niente. La metafisica non potrà mai affermare una cosa del genere perchè l'oggetto costituito di materia e forma è un oggetto "fisico", non metafisico, e quindi di esso si occupa la fisica. La metafisica può affermare tranquillamente che esistono oggetti costituiti solo di forma e non di materia, anzi si occupa solo di quelli. Inoltre l'oggetto fisico appartiene al mondo del divenire mentre la metafisica si occupa dell'essere. E poi la struttura fisica degli oggetti considerati come "sinolo" di materia e forma è chiaramente uno schema mentale umano, che "separa" la materia dalla forma (e anche un oggetto dall'altro) per potersi rappresentare meglio l'oggetto nelle sue componenti basiche (è ovvio che non si può "concretamente" separare la materia dalla forma, per cui questa visione è solo una rappresentazione schematica che si adotta ai fini della comprensione umana). E già che ci siamo vorre sottolineare che con "forma" non si intende forma spaziale (come a dire forma quadrata, rotonda o rettangolare) ma si intende il complesso delle caratteristiche che fanno di quell'oggetto ciò che è, la sua "anima". Materia e forma possono essere resi anche con sostanza (materia) ed essenza (forma).
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Discussioni simili (5)