Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

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Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneAllora mi chiedo: dove sta depositata la definizione esatta del valore oggettivo della vita? Nel nostro cuore? Nella filosofia di qualcuno? Se tale definizione non è per niente chiara, né chiarificabile, una volta che ogni chiarificazione avrebbe bisogno a sua volta di essere chiarificata, cos'è allora questo valore oggettivo della vita?
Il valore oggettivo della vita è il Mistero della vita che nessuno può svelare totalmente (per volere divino secondo me, purtroppo per gli altri), ma che ognuno sperimenta in corpo e coscienza, e sta depositato in ciò che tu con la tua fede definisci essere l'amore; e che, metafisico o anti-metafisico, dirige le tue scelte etiche e, soprattutto, morali.
Hai voglia ad auto-ritenerti anti-tutto, ma da come e perché svolgi il tuo lavoro, da come e perché relazioni con gli altri, da come e perché leggi dei libri anziché altri, da come e perché hai speranza in quella determinata utopia, già sei diventato un valore oggettivo della vita, secondo la tua personale opinione.
Qual è la tua posizione sulla creazione dell'Universo e della vita? ...qual è la tua idea di benessere sociale? ...qual è la tua opinione sul testamento biologico? ...che posizione hai preso all'ultimo referendum? ...qual è il motivo che ti ha fatto decidere di recidere burocraticamente il tuo sacerdozio? Ecco, dentro di te c'è un filo rosso che collega tutte le tue personali risposte e le conseguenti decisioni pratiche: quello è il valore oggettivo della vita secondo te, ed è quello che definisce l'esistenza e l'essere di @Angelo Cannata, anche se anarchicamente.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 08:46:03 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 04:33:13 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 00:08:39 AMNon ne esci... io ho la regina...
A mio parere non è mai possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi dovrebbe uscire e chi dovrebbe entrare, chi ha la regina e se esiste una regina. Dalla frequentazione dei Vangeli mi è rimasto impresso come, specialmente in quello di Giovanni, riguardo al momento in cui Gesù fu processato, il lettore venga condotto a chiedersi chi è che sta facendo da giudice, Pilato, il sinedrio, il popolo nei confronti di Gesù oppure Gesù nei confronti di tutti costoro. Anche questo è relativismo: stabilire chi è giudice e chi imputato, chi vinto e chi vincitore, o se sia tutt'altro il senso di ciò che si sta verificando, dipende dalla prospettiva da cui scegliamo di interpretare le cose. Da un punto di vista di relativismo appare umanamente interessante abituarsi a frequentare sempre più prospettive, mai accontentarsi di una sola. Anche questo era un insegnamento che raccomandavano i miei professori di Bibbia: mai studiare la Bibbia accompagnandosi con un commentario solo: minimo due, meglio se sono di più. Questo fa abituare alla mentalità che non esiste un senso (delle cose, di un testo, della vita, ecc.), tanto meno il senso, ma sempre molteplici sensi, tutti dipendenti dal nostro essere umani, quindi relativi.

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 05:01:30 AMP.S. Ma poi non capisco come mai ti sei sentito attaccato personalmente, visto che parli di armi, di partita a scacchi, non ne esci, ecc. E che è, la terza guerra mondiale? Io avevo semplicemente espresso un mio modo di considerare il relativismo. Se la senti come guerra penso che per me non sia il caso di proseguire.
E chi ha mai detto che bisogna accontentarsi di una sola prospettiva?Avere molteplici possibilità di interpretazione e di prospettiva, non significa affatto, come sostieni tu, che quindi nessuna prospettiva ha significato. Tutte le prospettive però, per essere prospettive, ricorrono allo stesso linguaggio interpretativo, a cui tu , come nichilista, neghi qualunque validità. Di più, neghi qualunque validità di qualunque cosa, persino della tua stessa esistenza e quindi ,a mio parere, trovo estremamente contraddittorio che tu adesso venga ad affermare l'importanza di avere molteplici prospettive. Importanza rispetto a che cosa, visto che neghi il concetto stesso di importanza? Per quello che riguarda la regina...sei tu, Angelo, che hai iniziato questa discussione con fare arrogante e dileggiante le opinioni altrui, non io...e non è un caso che , sia io che un altro utente, ci siamo sentiti offesi da questo atteggiamento. Pertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio... ;D Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla ::)

Negare il concetto di importanza segue dal negare il concetto di "gerarchia delle prospettive". Ma ammettere una gerarchie tra le prospettive non è dogmatismo. Semmai dogmatismo è anche dire: "io ho la mia prospettiva e siccome nessuna è più importante della mia allora non ha senso che io impari altre prospettive. Perchè d'altronde se comunque sono prospettive come la mia anche conoscendole, la mia nuova prospettiva sarà tanto importante quanto quella che ora! Quindi non ci guadagnerei nulla". Questo discorso vale per ogni relativismo (quindi anche per quello "temporale" di Phil).

Ti correggo Sari su una cosa. Anche nel buddismo c'è una "verità eterna" ed quella del trittico anicca-anatta-dukkha (ossia il Dhamma stesso). La suprema prospettiva è appunto quella che conduce alla Liberazione. Nel cristianesimo la "verità eterna" è quella di Dio. Ciò non toglie tuttavia che il dialogo tra le religioni può aiutare ai componenti di una determinata religione di conoscere meglio la propria. Nell'esempio del messaggio precedente anche se una religione vede tutto il paesaggio può ancora imparare dalle altre i dettagli su cui  non si è soffermata. Di certo una religione non può rifiutare un dogma (il buddismo senza "anicca" non sarebbe più tale ecc), tuttavia è bene essere comunque aperti al dialogo per il discorso dei dettagli. Ad esempio personalmente trovo molto problematico l'esasperato dualismo del cristianesimo...

In ogni caso anche se riprendendo il discorso delle angolazioni e del paesaggio, io fossi in una angolazione che mi fa vedere tutto continuerei a dialogare proprio per istruire l'altro di ciò che vedo io e per imparare dall'altro dettagli che ho trascurato. Negare il paesaggio tuttavia mi sembra del tutto assurdo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#152
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:51:18 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 08:46:03 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 04:33:13 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 00:08:39 AMNon ne esci... io ho la regina...
A mio parere non è mai possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi dovrebbe uscire e chi dovrebbe entrare, chi ha la regina e se esiste una regina. Dalla frequentazione dei Vangeli mi è rimasto impresso come, specialmente in quello di Giovanni, riguardo al momento in cui Gesù fu processato, il lettore venga condotto a chiedersi chi è che sta facendo da giudice, Pilato, il sinedrio, il popolo nei confronti di Gesù oppure Gesù nei confronti di tutti costoro. Anche questo è relativismo: stabilire chi è giudice e chi imputato, chi vinto e chi vincitore, o se sia tutt'altro il senso di ciò che si sta verificando, dipende dalla prospettiva da cui scegliamo di interpretare le cose. Da un punto di vista di relativismo appare umanamente interessante abituarsi a frequentare sempre più prospettive, mai accontentarsi di una sola. Anche questo era un insegnamento che raccomandavano i miei professori di Bibbia: mai studiare la Bibbia accompagnandosi con un commentario solo: minimo due, meglio se sono di più. Questo fa abituare alla mentalità che non esiste un senso (delle cose, di un testo, della vita, ecc.), tanto meno il senso, ma sempre molteplici sensi, tutti dipendenti dal nostro essere umani, quindi relativi.

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 05:01:30 AMP.S. Ma poi non capisco come mai ti sei sentito attaccato personalmente, visto che parli di armi, di partita a scacchi, non ne esci, ecc. E che è, la terza guerra mondiale? Io avevo semplicemente espresso un mio modo di considerare il relativismo. Se la senti come guerra penso che per me non sia il caso di proseguire.
E chi ha mai detto che bisogna accontentarsi di una sola prospettiva?Avere molteplici possibilità di interpretazione e di prospettiva, non significa affatto, come sostieni tu, che quindi nessuna prospettiva ha significato. Tutte le prospettive però, per essere prospettive, ricorrono allo stesso linguaggio interpretativo, a cui tu , come nichilista, neghi qualunque validità. Di più, neghi qualunque validità di qualunque cosa, persino della tua stessa esistenza e quindi ,a mio parere, trovo estremamente contraddittorio che tu adesso venga ad affermare l'importanza di avere molteplici prospettive. Importanza rispetto a che cosa, visto che neghi il concetto stesso di importanza? Per quello che riguarda la regina...sei tu, Angelo, che hai iniziato questa discussione con fare arrogante e dileggiante le opinioni altrui, non io...e non è un caso che , sia io che un altro utente, ci siamo sentiti offesi da questo atteggiamento. Pertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio... ;D Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla ::)
Negare il concetto di importanza segue dal negare il concetto di "gerarchia delle prospettive". Ma ammettere una gerarchie tra le prospettive non è dogmatismo. Semmai dogmatismo è anche dire: "io ho la mia prospettiva e siccome nessuna è più importante della mia allora non ha senso che io impari altre prospettive. Perchè d'altronde se comunque sono prospettive come la mia anche conoscendole, la mia nuova prospettiva sarà tanto importante quanto quella che ora! Quindi non ci guadagnerei nulla". Questo discorso vale per ogni relativismo (quindi anche per quello "temporale" di Phil). Ti correggo Sari su una cosa. Anche nel buddismo c'è una "verità eterna" ed quella del trittico anicca-anatta-dukkha (ossia il Dhamma stesso). La suprema prospettiva è appunto quella che conduce alla Liberazione. Nel cristianesimo la "verità eterna" è quella di Dio. Ciò non toglie tuttavia che il dialogo tra le religioni può aiutare ai componenti di una determinata religione di conoscere meglio la propria. Nell'esempio del messaggio precedente anche se una religione vede tutto il paesaggio può ancora imparare dalle altre i dettagli su cui non si è soffermata. Di certo una religione non può rifiutare un dogma (il buddismo senza "anicca" non sarebbe più tale ecc), tuttavia è bene essere comunque aperti al dialogo per il discorso dei dettagli. Ad esempio personalmente trovo molto problematico l'esasperato dualismo del cristianesimo... In ogni caso anche se riprendendo il discorso delle angolazioni e del paesaggio, io fossi in una angolazione che mi fa vedere tutto continuerei a dialogare proprio per istruire l'altro di ciò che vedo io e per imparare dall'altro dettagli che ho trascurato. Negare il paesaggio tuttavia mi sembra del tutto assurdo.

Infatti il Buddhismo non ha mai negato l'importanza della fede nell'insegnamento di Buddha. Se non hai fiducia che quell'insegnamento sia vero, non vai da nessuna parte. La fede è una componente importante di ogni pratica spirituale ed è necessaria per il progresso in quel "particolare" cammino che hai intrapreso. La fede la riponi in quello che la tua riflessione logica personale ( e non solo logica , ma che investe l'intera situazione esistenziale ) ti fa ritenere come la prospettiva migliore in cui ti sei imbattuto e aumenta quando verifichi che , seguendola, c'è una diminuzione della tua sofferenza esistenziale. Questo non significa affatto sminuire, e credo che un buddhista coerente mai lo farebbe , le prospettive altrui. Semplicemente si ha fiducia, perché lo si sperimenta giorno dopo giorno, dopo giorno che si è sul cammino giusto per liberarsi dall'angoscia esistenziale. Nel Dharma ( almeno in quello vero...) non c'è mai esaltazione della propria dottrina e dileggio di quelle altrui, invita semplicemente a "venire e vedere"...
Credo che la fiducia sia necessaria in ogni campo. Se lo scienziato non ha alcuna fiducia negli strumenti di ricerca, come può progredire nella ricerca stessa? Ovvia che si renda perfettamente conto che dispone di strumenti limitati...ma questo non gli impedisce di andare avanti, perché, se anche limitati,  i risultati non sono necessariamente falsi.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

acquario69

#153
Sariputra scrive:
CitazionePertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio...

Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla


A questo punto della discussione leggendo gli interventi  "metafisici e antimetafisici"   ;D  ..mi piacerebbe  proporre un quesito che riporto qui sotto e che secondo me potrebbe portare ad altre importanti considerazioni al tema proposto.

..ed e' questo;

"Dove sei quando non sei presente a te stesso?"

Sariputra

Citazione di: Duc in altum! il 15 Febbraio 2017, 09:42:46 AM** scritto da Angelo Cannata:
CitazioneAllora mi chiedo: dove sta depositata la definizione esatta del valore oggettivo della vita? Nel nostro cuore? Nella filosofia di qualcuno? Se tale definizione non è per niente chiara, né chiarificabile, una volta che ogni chiarificazione avrebbe bisogno a sua volta di essere chiarificata, cos'è allora questo valore oggettivo della vita?
Il valore oggettivo della vita è il Mistero della vita che nessuno può svelare totalmente (per volere divino secondo me, purtroppo per gli altri), ma che ognuno sperimenta in corpo e coscienza, e sta depositato in ciò che tu con la tua fede definisci essere l'amore; e che, metafisico o anti-metafisico, dirige le tue scelte etiche e, soprattutto, morali. Hai voglia ad auto-ritenerti anti-tutto, ma da come e perché svolgi il tuo lavoro, da come e perché relazioni con gli altri, da come e perché leggi dei libri anziché altri, da come e perché hai speranza in quella determinata utopia, già sei diventato un valore oggettivo della vita, secondo la tua personale opinione. Qual è la tua posizione sulla creazione dell'Universo e della vita? ...qual è la tua idea di benessere sociale? ...qual è la tua opinione sul testamento biologico? ...che posizione hai preso all'ultimo referendum? ...qual è il motivo che ti ha fatto decidere di recidere burocraticamente il tuo sacerdozio? Ecco, dentro di te c'è un filo rosso che collega tutte le tue personali risposte e le conseguenti decisioni pratiche: quello è il valore oggettivo della vita secondo te, ed è quello che definisce l'esistenza e l'essere di @Angelo Cannata, anche se anarchicamente.

Si potrebbe anche dire: è come agisci e non quello che dici, che parla per te. Su questo sono perfettamente d'accordo. :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 10:11:16 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:51:18 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 08:46:03 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 04:33:13 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 00:08:39 AMNon ne esci... io ho la regina...
A mio parere non è mai possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi dovrebbe uscire e chi dovrebbe entrare, chi ha la regina e se esiste una regina. Dalla frequentazione dei Vangeli mi è rimasto impresso come, specialmente in quello di Giovanni, riguardo al momento in cui Gesù fu processato, il lettore venga condotto a chiedersi chi è che sta facendo da giudice, Pilato, il sinedrio, il popolo nei confronti di Gesù oppure Gesù nei confronti di tutti costoro. Anche questo è relativismo: stabilire chi è giudice e chi imputato, chi vinto e chi vincitore, o se sia tutt'altro il senso di ciò che si sta verificando, dipende dalla prospettiva da cui scegliamo di interpretare le cose. Da un punto di vista di relativismo appare umanamente interessante abituarsi a frequentare sempre più prospettive, mai accontentarsi di una sola. Anche questo era un insegnamento che raccomandavano i miei professori di Bibbia: mai studiare la Bibbia accompagnandosi con un commentario solo: minimo due, meglio se sono di più. Questo fa abituare alla mentalità che non esiste un senso (delle cose, di un testo, della vita, ecc.), tanto meno il senso, ma sempre molteplici sensi, tutti dipendenti dal nostro essere umani, quindi relativi.
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 05:01:30 AMP.S. Ma poi non capisco come mai ti sei sentito attaccato personalmente, visto che parli di armi, di partita a scacchi, non ne esci, ecc. E che è, la terza guerra mondiale? Io avevo semplicemente espresso un mio modo di considerare il relativismo. Se la senti come guerra penso che per me non sia il caso di proseguire.
E chi ha mai detto che bisogna accontentarsi di una sola prospettiva?Avere molteplici possibilità di interpretazione e di prospettiva, non significa affatto, come sostieni tu, che quindi nessuna prospettiva ha significato. Tutte le prospettive però, per essere prospettive, ricorrono allo stesso linguaggio interpretativo, a cui tu , come nichilista, neghi qualunque validità. Di più, neghi qualunque validità di qualunque cosa, persino della tua stessa esistenza e quindi ,a mio parere, trovo estremamente contraddittorio che tu adesso venga ad affermare l'importanza di avere molteplici prospettive. Importanza rispetto a che cosa, visto che neghi il concetto stesso di importanza? Per quello che riguarda la regina...sei tu, Angelo, che hai iniziato questa discussione con fare arrogante e dileggiante le opinioni altrui, non io...e non è un caso che , sia io che un altro utente, ci siamo sentiti offesi da questo atteggiamento. Pertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio... ;D Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla ::)
Negare il concetto di importanza segue dal negare il concetto di "gerarchia delle prospettive". Ma ammettere una gerarchie tra le prospettive non è dogmatismo. Semmai dogmatismo è anche dire: "io ho la mia prospettiva e siccome nessuna è più importante della mia allora non ha senso che io impari altre prospettive. Perchè d'altronde se comunque sono prospettive come la mia anche conoscendole, la mia nuova prospettiva sarà tanto importante quanto quella che ora! Quindi non ci guadagnerei nulla". Questo discorso vale per ogni relativismo (quindi anche per quello "temporale" di Phil). Ti correggo Sari su una cosa. Anche nel buddismo c'è una "verità eterna" ed quella del trittico anicca-anatta-dukkha (ossia il Dhamma stesso). La suprema prospettiva è appunto quella che conduce alla Liberazione. Nel cristianesimo la "verità eterna" è quella di Dio. Ciò non toglie tuttavia che il dialogo tra le religioni può aiutare ai componenti di una determinata religione di conoscere meglio la propria. Nell'esempio del messaggio precedente anche se una religione vede tutto il paesaggio può ancora imparare dalle altre i dettagli su cui non si è soffermata. Di certo una religione non può rifiutare un dogma (il buddismo senza "anicca" non sarebbe più tale ecc), tuttavia è bene essere comunque aperti al dialogo per il discorso dei dettagli. Ad esempio personalmente trovo molto problematico l'esasperato dualismo del cristianesimo... In ogni caso anche se riprendendo il discorso delle angolazioni e del paesaggio, io fossi in una angolazione che mi fa vedere tutto continuerei a dialogare proprio per istruire l'altro di ciò che vedo io e per imparare dall'altro dettagli che ho trascurato. Negare il paesaggio tuttavia mi sembra del tutto assurdo.
Infatti il Buddhismo non ha mai negato l'importanza della fede nell'insegnamento di Buddha. Se non hai fiducia che quell'insegnamento sia vero, non vai da nessuna parte. La fede è una componente importante di ogni pratica spirituale ed è necessaria per il progresso in quel "particolare" cammino che hai intrapreso. La fede la riponi in quello che la tua riflessione logica personale ( e non solo logica , ma che investe l'intera situazione esistenziale ) ti fa ritenere come la prospettiva migliore in cui ti sei imbattuto e aumenta quando verifichi che , seguendola, c'è una diminuzione della tua sofferenza esistenziale. Questo non significa affatto sminuire, e credo che un buddhista coerente mai lo farebbe , le prospettive altrui. Semplicemente si ha fiducia, perché lo si sperimenta giorno dopo giorno, dopo giorno che si è sul cammino giusto per liberarsi dall'angoscia esistenziale. Nel Dharma ( almeno in quello vero...) non c'è mai esaltazione della propria dottrina e dileggio di quelle altrui, invita semplicemente a "venire e vedere"... Credo che la fiducia sia necessaria in ogni campo. Se lo scienziato non ha alcuna fiducia negli strumenti di ricerca, come può progredire nella ricerca stessa? Ovvia che si renda perfettamente conto che dispone di strumenti limitati...ma questo non gli impedisce di andare avanti, perché, se anche limitati, i risultati non sono necessariamente falsi.

Totalmente d'accordo. Come ho cercato di dire: per semplice onestà intellettuale non si può escludere che "qualcuno ne sappia di più". A questo punto uno è libero di crederci o no. Quello che mi sembra indice di fanatismo è appunto sminuire l'altro. Ma ciò non toglie che si possa ritenere la propria "prospettiva" "più importante", "più valida" ecc. Altrimenti la teoria aristotelica della caduta dei gravi e la relatività generale avrebbero la "stessa importanza". In ogni caso personalmente nella scienza non appoggio completamente neanche il falsificazionismo perchè è anch'esso problematico, visto che non è affatto facile dire quando un esperimento ha davvero falsificato una teoria. Nella scienza ci sono teorie che funzionano meglio e teorie che funzionano peggio. La differenza tra spiritualità e scienza è semmai che si deve essere pronti a scartare una certa teoria. Ma anche lo scienziato d'altronde non può negare il paesaggio: anzi la sua unica fede finchè svolge il suo lavoro da scienziato è appunto che la sua ricerca dia informazioni in più sul paesaggio. E inoltre proprio perchè crede nell'esistenza del paesaggio è sempre pronto a scartare una teoria per un'altra, infatti ritiene che il paesaggio è "superiore" rispetto alla teoria. La vedo molto dura che uno scienziato rinneghi completamente il paesaggio.

Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 10:47:33 AM
Citazione di: Duc in altum! il 15 Febbraio 2017, 09:42:46 AM** scritto da Angelo Cannata:
CitazioneAllora mi chiedo: dove sta depositata la definizione esatta del valore oggettivo della vita? Nel nostro cuore? Nella filosofia di qualcuno? Se tale definizione non è per niente chiara, né chiarificabile, una volta che ogni chiarificazione avrebbe bisogno a sua volta di essere chiarificata, cos'è allora questo valore oggettivo della vita?
Il valore oggettivo della vita è il Mistero della vita che nessuno può svelare totalmente (per volere divino secondo me, purtroppo per gli altri), ma che ognuno sperimenta in corpo e coscienza, e sta depositato in ciò che tu con la tua fede definisci essere l'amore; e che, metafisico o anti-metafisico, dirige le tue scelte etiche e, soprattutto, morali. Hai voglia ad auto-ritenerti anti-tutto, ma da come e perché svolgi il tuo lavoro, da come e perché relazioni con gli altri, da come e perché leggi dei libri anziché altri, da come e perché hai speranza in quella determinata utopia, già sei diventato un valore oggettivo della vita, secondo la tua personale opinione. Qual è la tua posizione sulla creazione dell'Universo e della vita? ...qual è la tua idea di benessere sociale? ...qual è la tua opinione sul testamento biologico? ...che posizione hai preso all'ultimo referendum? ...qual è il motivo che ti ha fatto decidere di recidere burocraticamente il tuo sacerdozio? Ecco, dentro di te c'è un filo rosso che collega tutte le tue personali risposte e le conseguenti decisioni pratiche: quello è il valore oggettivo della vita secondo te, ed è quello che definisce l'esistenza e l'essere di @Angelo Cannata, anche se anarchicamente.
Si potrebbe anche dire: è come agisci e non quello che dici, che parla per te. Su questo sono perfettamente d'accordo. :)

Visto che però anche la parola è azione, anche la parola parla. Mi è piaciuta la metafora del "filo rosso"  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMIl problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni.
Il relativismo non nega l'esistenza del paesaggio. Non può negarla, poiché negarla significherebbe avanzare la pretesa di aver raggiunto una certezza, la certezza, appunto, che il paesaggio non c'è. Il relativismo dubita, getta sospetti, mette tutto in questione, ma non nega né afferma alcunché.

Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMAffermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi.
Riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca indipendente da noi è essere dogmatici.

Per tentare di chiarire meglio faccio il confronto con la scienza.

Se io dico alla scienza che forse il sangue è blu, la scienza non nega questa possibilità. È questo che tanti non capiscono. Quando la scienza dice che il sangue è rosso, per essere più esatti, la sua affermazione dovrebbe essere riportata in questi termini: "I risultati delle ricerche effettuate finora mostrano produttivo, efficace, funzionale, trattare il sangue come se fossse di colore rosso; ma nulla esclude che tale colore possa essere nient'altro che un'illusione, un inganno che finora ha gravato su tutti noi; se tu vuoi proporre che il sangue è blu, siamo ben lieti che tu faccia le tue ricerche per farci sapere se per caso ci siamo ingannati". Ora, la scienza non può ripetere tutta questa tiritera ad ogni sua affermazione; e allora, per accorciare i discorsi, essa preferisce dire con semplicità "Il sangue è rosso". Sia chiaro quindi che, tutte le volte che la scienza usa il verbo essere, si tratta di un uso sbrigativo per non dover ripetere tutti i dettagli che ho detto sopra.

Adesso andiamo alla metafisica, non la metafisica intesa come semplice teoria aperta alle smentite, ma la metafisica dogmatica, poiché è questa che finora è stata al centro della mia attenzione in tutta questa discussione. Per la metafisica dogmatica non ci sono usi sbrigativi delle parole: ogni parola viene usata in tutto il suo peso totale, assoluto, che non lascia spazio alcuno a divergenze o imprecisioni. In questo senso, nel momento in cui la metafisica afferma che il sangue è rosso, significa che è rosso e basta, non sono ammesse discussioni, né presenti, né future.

A questo punto si tratta di verificare che peso vuoi dare alle parole che hai usato nella tua frase che ho citato qui sopra, specificamente alla parola "indipendente". Se è la scienza a dire che l'esistenza di un oggetto è indipendente da noi, in tal caso la parola "indipendente" ha un valore sbrigativo. Il vero senso è "troviamo fruttuoso, efficace, produttivo, trattare l'esistenza di quell'oggetto come indipendente da noi, ma non escludiamo, né escluderemo mai ulteriori ricerche al riguardo". In metafisica invece la parola "indipendente" è una parola di importanza cruciale, fondamentale, capitale. In metafisica "indipendente" significa che tu ed io non possiamo farci niente, e non potremo mai farci niente, né in presente né in futuro, per principio non sarà mai possibile smentire tale esistenza insieme alla sua indipendenza.

Ciò significa che, se devo dare alle tue parole un peso forte, non posso non sentirle come contraddittorie. A meno che anche tu, come la scienza, non intenda darvi un senso sbrigativo.
Una caratteristica della scienza, legata al principio di falsificabilità, consiste proprio nel non dare mai nulla per definitivamente certo. In questo senso la scienza è nichilista, nella scienza non esistono verità definitive, ma tutto rimane aperto alla smentita, al dubbio, a ulteriori ricerche. Secondo la mentalità dei metafisici, ciò dovrebbe rendere la scienza qualcosa di inaffidabile, perennemente insicuro, senza alcun valore, e invece accade proprio l'opposto: la scienza oggi è quanto di più serio e di affidabile possiamo produrre proprio perché essa si presenta nuda, esposta al dubbio.
Il metafisico invece, proprio a causa di queste sue paure del dubbio, va a cadere nell'esatto opposto: pensa di pervenire ad affermazioni indubitabili, infalsificabili, ma proprio a causa di ciò le sue affermazioni sono del tutto inconsistenti, perennemente esposte ai sospetti del relativismo.

baylham

Ad Angelo Cannata

Il dubbio è comunque dubbio di qualcosa, il dubbio stesso è qualcosa, dunque non nulla. Il nichilismo è pertanto inconsistente.
Inoltre, coerentemente, metterei in dubbio l'esistenza di un metafisicismo dogmatico.
Infine non tutti i dubbi sono uguali: non ho mai sentito di un uomo capace di attraversare un muro, ma soltanto di aggirarlo. Quando succederà comunque darà una conferma dell'esistenza di un muro.

Sariputra

#158
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 11:31:15 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMIl problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni.
Il relativismo non nega l'esistenza del paesaggio. Non può negarla, poiché negarla significherebbe avanzare la pretesa di aver raggiunto una certezza, la certezza, appunto, che il paesaggio non c'è. Il relativismo dubita, getta sospetti, mette tutto in questione, ma non nega né afferma alcunché.
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMAffermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi.
Riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca indipendente da noi è essere dogmatici. Per tentare di chiarire meglio faccio il confronto con la scienza. Se io dico alla scienza che forse il sangue è blu, la scienza non nega questa possibilità. È questo che tanti non capiscono. Quando la scienza dice che il sangue è rosso, per essere più esatti, la sua affermazione dovrebbe essere riportata in questi termini: "I risultati delle ricerche effettuate finora mostrano produttivo, efficace, funzionale, trattare il sangue come se fossse di colore rosso; ma nulla esclude che tale colore possa essere nient'altro che un'illusione, un inganno che finora ha gravato su tutti noi; se tu vuoi proporre che il sangue è blu, siamo ben lieti che tu faccia le tue ricerche per farci sapere se per caso ci siamo ingannati". Ora, la scienza non può ripetere tutta questa tiritera ad ogni sua affermazione; e allora, per accorciare i discorsi, essa preferisce dire con semplicità "Il sangue è rosso". Sia chiaro quindi che, tutte le volte che la scienza usa il verbo essere, si tratta di un uso sbrigativo per non dover ripetere tutti i dettagli che ho detto sopra. Adesso andiamo alla metafisica, non la metafisica intesa come semplice teoria aperta alle smentite, ma la metafisica dogmatica, poiché è questa che finora è stata al centro della mia attenzione in tutta questa discussione. Per la metafisica dogmatica non ci sono usi sbrigativi delle parole: ogni parola viene usata in tutto il suo peso totale, assoluto, che non lascia spazio alcuno a divergenze o imprecisioni. In questo senso, nel momento in cui la metafisica afferma che il sangue è rosso, significa che è rosso e basta, non sono ammesse discussioni, né presenti, né future. A questo punto si tratta di verificare che peso vuoi dare alle parole che hai usato nella tua frase che ho citato qui sopra, specificamente alla parola "indipendente". Se è la scienza a dire che l'esistenza di un oggetto è indipendente da noi, in tal caso la parola "indipendente" ha un valore sbrigativo. Il vero senso è "troviamo fruttuoso, efficace, produttivo, trattare l'esistenza di quell'oggetto come indipendente da noi, ma non escludiamo, né escluderemo mai ulteriori ricerche al riguardo". In metafisica invece la parola "indipendente" è una parola di importanza cruciale, fondamentale, capitale. In metafisica "indipendente" significa che tu ed io non possiamo farci niente, e non potremo mai farci niente, né in presente né in futuro, per principio non sarà mai possibile smentire tale esistenza insieme alla sua indipendenza. Ciò significa che, se devo dare alle tue parole un peso forte, non posso non sentirle come contraddittorie. A meno che anche tu, come la scienza, non intenda darvi un senso sbrigativo. Una caratteristica della scienza, legata al principio di falsificabilità, consiste proprio nel non dare mai nulla per definitivamente certo. In questo senso la scienza è nichilista, nella scienza non esistono verità definitive, ma tutto rimane aperto alla smentita, al dubbio, a ulteriori ricerche. Secondo la mentalità dei metafisici, ciò dovrebbe rendere la scienza qualcosa di inaffidabile, perennemente insicuro, senza alcun valore, e invece accade proprio l'opposto: la scienza oggi è quanto di più serio e di affidabile possiamo produrre proprio perché essa si presenta nuda, esposta al dubbio. Il metafisico invece, proprio a causa di queste sue paure del dubbio, va a cadere nell'esatto opposto: pensa di pervenire ad affermazioni indubitabili, infalsificabili, ma proprio a causa di ciò le sue affermazioni sono del tutto inconsistenti, perennemente esposte ai sospetti del relativismo.

Ma tutti dubitano, Angelo! Il dubitare fa parte della condizione esistenziale stessa dell'essere umano. Sei tu che stai proiettando sulla figura del metafisico l'idea che egli non dubita mai. E' una tua convinzione che il metafisico non dubiti, o un tuo bisogno psicologico di credere in questo. Anzi, aggiungo, perfino il dogmatico dubita dei suoi dogmi, ma ritiene che li lascerà solo se gli verrà dimostrato ( o crederà) a dei dogmi più sicuri, o non li lascerà per paura ( ma questa è tutta un'altra questione, non filosofica ma psicologica o di potere). Le sue affermazioni sono limitate, non necessariamente inconsistenti. Per fare queste affermazioni deve usare un linguaggio limitato, che anche il relativista deve usare per dimostrare la loro limitatezza. Però devi fare chiarezza, perché veramente non riesco a capirti... Da una parte sembri un metafisico critico e poi invece affermi di essere nichilista. Nichilista è non stabilire nessuna scala di valori , che è profondamente diverso da essere critico, come lo sono anch'io in certa misura, verso le speculazioni metafisiche e aperto, come lo sono io, alla continua verifica di queste. Ma essere nichilista significa che non ha alcun senso cercare una prospettiva diversa, perché tanto tutte le prospettive sono uguali. E questo , a parer mio, che dovresti chiarire perché è su questo punto che trovo la tua estrema contraddizione.
Ciao  ;D

P.S. Sono d'accordo con baylham. Il dubitare è qualcosa, non nulla. Il relativista è colui che crede nell'esercizio del dubitare. Quindi una fede come un'altra.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 11:31:15 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMIl problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni.
Il relativismo non nega l'esistenza del paesaggio. Non può negarla, poiché negarla significherebbe avanzare la pretesa di aver raggiunto una certezza, la certezza, appunto, che il paesaggio non c'è. Il relativismo dubita, getta sospetti, mette tutto in questione, ma non nega né afferma alcunché.
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMAffermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi.
Riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca indipendente da noi è essere dogmatici. Per tentare di chiarire meglio faccio il confronto con la scienza. Se io dico alla scienza che forse il sangue è blu, la scienza non nega questa possibilità. È questo che tanti non capiscono. Quando la scienza dice che il sangue è rosso, per essere più esatti, la sua affermazione dovrebbe essere riportata in questi termini: "I risultati delle ricerche effettuate finora mostrano produttivo, efficace, funzionale, trattare il sangue come se fossse di colore rosso; ma nulla esclude che tale colore possa essere nient'altro che un'illusione, un inganno che finora ha gravato su tutti noi; se tu vuoi proporre che il sangue è blu, siamo ben lieti che tu faccia le tue ricerche per farci sapere se per caso ci siamo ingannati". Ora, la scienza non può ripetere tutta questa tiritera ad ogni sua affermazione; e allora, per accorciare i discorsi, essa preferisce dire con semplicità "Il sangue è rosso". Sia chiaro quindi che, tutte le volte che la scienza usa il verbo essere, si tratta di un uso sbrigativo per non dover ripetere tutti i dettagli che ho detto sopra. Adesso andiamo alla metafisica, non la metafisica intesa come semplice teoria aperta alle smentite, ma la metafisica dogmatica, poiché è questa che finora è stata al centro della mia attenzione in tutta questa discussione. Per la metafisica dogmatica non ci sono usi sbrigativi delle parole: ogni parola viene usata in tutto il suo peso totale, assoluto, che non lascia spazio alcuno a divergenze o imprecisioni. In questo senso, nel momento in cui la metafisica afferma che il sangue è rosso, significa che è rosso e basta, non sono ammesse discussioni, né presenti, né future. A questo punto si tratta di verificare che peso vuoi dare alle parole che hai usato nella tua frase che ho citato qui sopra, specificamente alla parola "indipendente". Se è la scienza a dire che l'esistenza di un oggetto è indipendente da noi, in tal caso la parola "indipendente" ha un valore sbrigativo. Il vero senso è "troviamo fruttuoso, efficace, produttivo, trattare l'esistenza di quell'oggetto come indipendente da noi, ma non escludiamo, né escluderemo mai ulteriori ricerche al riguardo". In metafisica invece la parola "indipendente" è una parola di importanza cruciale, fondamentale, capitale. In metafisica "indipendente" significa che tu ed io non possiamo farci niente, e non potremo mai farci niente, né in presente né in futuro, per principio non sarà mai possibile smentire tale esistenza insieme alla sua indipendenza. Ciò significa che, se devo dare alle tue parole un peso forte, non posso non sentirle come contraddittorie. A meno che anche tu, come la scienza, non intenda darvi un senso sbrigativo. Una caratteristica della scienza, legata al principio di falsificabilità, consiste proprio nel non dare mai nulla per definitivamente certo. In questo senso la scienza è nichilista, nella scienza non esistono verità definitive, ma tutto rimane aperto alla smentita, al dubbio, a ulteriori ricerche. Secondo la mentalità dei metafisici, ciò dovrebbe rendere la scienza qualcosa di inaffidabile, perennemente insicuro, senza alcun valore, e invece accade proprio l'opposto: la scienza oggi è quanto di più serio e di affidabile possiamo produrre proprio perché essa si presenta nuda, esposta al dubbio. Il metafisico invece, proprio a causa di queste sue paure del dubbio, va a cadere nell'esatto opposto: pensa di pervenire ad affermazioni indubitabili, infalsificabili, ma proprio a causa di ciò le sue affermazioni sono del tutto inconsistenti, perennemente esposte ai sospetti del relativismo.

Angelo, si è vero. Lo ammetto. Non si può dimostrare l'esistenza del paesaggio. Ammetto di avere fede nell'esistenza del paesaggio. Secondo me è una fede ragionevole. Mi sembra a momenti di vedere il me di qualche anno fa dopo che ho abbandonato Spinoza per Nietzsche. Tuttavia nel dubbio poni una scelta: o il paesaggio esiste o il paesaggio non esiste. Se il paesaggio non esiste allora è vero che non ci sono gerarchie, non ci sono valori ecc e si ha il nichilismo. Se il paesaggio esiste allora si dubita con uno scopo ossia per esplorare le varie prospettive. Ho scelto di credere nell'esistenza del paesaggio, perchè come dici tu è una posizione indimostrabile e infalsificabile. Così come è indimostrabile per me che la Terra abbia più di 23 anni. Come dice Wittgenstein nel suo capolavoro "della Certezza" che consiglio a tutti, l'esistenza del paesaggio non è una vera proposizione ma è posta come il fondamento delle altre. Ma in ogni caso si deve scegliere tra le due. Sinceramente ho scelto quella che mi sembra più "utile". In quell'altra mi sembrava di essere all'oscuro e solo. Se vuoi l'ho fatto per codardia, anche se sinceramente non mi sembra.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 12:15:39 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 11:31:15 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMIl problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni.
Il relativismo non nega l'esistenza del paesaggio. Non può negarla, poiché negarla significherebbe avanzare la pretesa di aver raggiunto una certezza, la certezza, appunto, che il paesaggio non c'è. Il relativismo dubita, getta sospetti, mette tutto in questione, ma non nega né afferma alcunché.
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMAffermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi.
Riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca indipendente da noi è essere dogmatici. Per tentare di chiarire meglio faccio il confronto con la scienza. Se io dico alla scienza che forse il sangue è blu, la scienza non nega questa possibilità. È questo che tanti non capiscono. Quando la scienza dice che il sangue è rosso, per essere più esatti, la sua affermazione dovrebbe essere riportata in questi termini: "I risultati delle ricerche effettuate finora mostrano produttivo, efficace, funzionale, trattare il sangue come se fossse di colore rosso; ma nulla esclude che tale colore possa essere nient'altro che un'illusione, un inganno che finora ha gravato su tutti noi; se tu vuoi proporre che il sangue è blu, siamo ben lieti che tu faccia le tue ricerche per farci sapere se per caso ci siamo ingannati". Ora, la scienza non può ripetere tutta questa tiritera ad ogni sua affermazione; e allora, per accorciare i discorsi, essa preferisce dire con semplicità "Il sangue è rosso". Sia chiaro quindi che, tutte le volte che la scienza usa il verbo essere, si tratta di un uso sbrigativo per non dover ripetere tutti i dettagli che ho detto sopra. Adesso andiamo alla metafisica, non la metafisica intesa come semplice teoria aperta alle smentite, ma la metafisica dogmatica, poiché è questa che finora è stata al centro della mia attenzione in tutta questa discussione. Per la metafisica dogmatica non ci sono usi sbrigativi delle parole: ogni parola viene usata in tutto il suo peso totale, assoluto, che non lascia spazio alcuno a divergenze o imprecisioni. In questo senso, nel momento in cui la metafisica afferma che il sangue è rosso, significa che è rosso e basta, non sono ammesse discussioni, né presenti, né future. A questo punto si tratta di verificare che peso vuoi dare alle parole che hai usato nella tua frase che ho citato qui sopra, specificamente alla parola "indipendente". Se è la scienza a dire che l'esistenza di un oggetto è indipendente da noi, in tal caso la parola "indipendente" ha un valore sbrigativo. Il vero senso è "troviamo fruttuoso, efficace, produttivo, trattare l'esistenza di quell'oggetto come indipendente da noi, ma non escludiamo, né escluderemo mai ulteriori ricerche al riguardo". In metafisica invece la parola "indipendente" è una parola di importanza cruciale, fondamentale, capitale. In metafisica "indipendente" significa che tu ed io non possiamo farci niente, e non potremo mai farci niente, né in presente né in futuro, per principio non sarà mai possibile smentire tale esistenza insieme alla sua indipendenza. Ciò significa che, se devo dare alle tue parole un peso forte, non posso non sentirle come contraddittorie. A meno che anche tu, come la scienza, non intenda darvi un senso sbrigativo. Una caratteristica della scienza, legata al principio di falsificabilità, consiste proprio nel non dare mai nulla per definitivamente certo. In questo senso la scienza è nichilista, nella scienza non esistono verità definitive, ma tutto rimane aperto alla smentita, al dubbio, a ulteriori ricerche. Secondo la mentalità dei metafisici, ciò dovrebbe rendere la scienza qualcosa di inaffidabile, perennemente insicuro, senza alcun valore, e invece accade proprio l'opposto: la scienza oggi è quanto di più serio e di affidabile possiamo produrre proprio perché essa si presenta nuda, esposta al dubbio. Il metafisico invece, proprio a causa di queste sue paure del dubbio, va a cadere nell'esatto opposto: pensa di pervenire ad affermazioni indubitabili, infalsificabili, ma proprio a causa di ciò le sue affermazioni sono del tutto inconsistenti, perennemente esposte ai sospetti del relativismo.
Angelo, si è vero. Lo ammetto. Non si può dimostrare l'esistenza del paesaggio. Ammetto di avere fede nell'esistenza del paesaggio. Secondo me è una fede ragionevole. Mi sembra a momenti di vedere il me di qualche anno fa dopo che ho abbandonato Spinoza per Nietzsche. Tuttavia nel dubbio poni una scelta: o il paesaggio esiste o il paesaggio non esiste. Se il paesaggio non esiste allora è vero che non ci sono gerarchie, non ci sono valori ecc e si ha il nichilismo. Se il paesaggio esiste allora si dubita con uno scopo ossia per esplorare le varie prospettive. Ho scelto di credere nell'esistenza del paesaggio, perchè come dici tu è una posizione indimostrabile e infalsificabile. Così come è indimostrabile per me che la Terra abbia più di 23 anni. Come dice Wittgenstein nel suo capolavoro "della Certezza" che consiglio a tutti, l'esistenza del paesaggio non è una vera proposizione ma è posta come il fondamento delle altre. Ma in ogni caso si deve scegliere tra le due. Sinceramente ho scelto quella che mi sembra più "utile". In quell'altra mi sembrava di essere all'oscuro e solo. Se vuoi l'ho fatto per codardia, anche se sinceramente non mi sembra.

Secondo me, Apeiron, non è che scegliamo di credere al paesaggio per ragionamento logico. Ci crediamo per istinto naturale.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

#161
Penso che sia bene dare qualche chiarimento, perché mi sembra che ci siano dei malintesi ricorrenti.

Come ho già detto, il relativista è un ex metafisico. Il relativismo non è né un punto di partenza, né un punto di arrivo, ma parte di un cammino. In questo senso il relativismo non è un sistema di idee stabile a cui poter fare riferimento: è solo un momento di passaggio. Non è possibile l'esistenza del relativismo senza far riferimento alla metafisica, su cui esso si basa cronologicamente.

Si parte quindi sempre dalla metafisica. Metafisica significa oltre la fisica. Lasciamo da parte l'etimologia dipendente da Aristotele, che si riferiva al fatto che certi suoi libri si vennero a trovare dopo quelli sulla fisica e perciò furono chiamati meta-fisica, cioè libri che venivano dopo quelli sulla fisica. Consideriamo piuttosto un'etimologia del significato attuale dell'espressione "oltre la fisica".

"Oltre la fisica" può avere due principali significati.

Può significare "mancante del conforto degli esperimenti, ma finalizzata ad ottenerlo". In questo caso "metafisica" sono le teorie, le ipotesi, che si avanzano in ambito scientifico al fine di avviare un lavoro di ricerca, di esperimenti fisici. In questo senso "metafisica" significa "affermazione provvisoria destinata ad essere sostituita dai risultati degli esperimenti fisici". In questo contesto "oltre la fisica" significa che lo scienziato, nel momento in cui avanza una teoria, va con la mente oltre i dati fisici che ha a disposizione, in vista di confermarla o smentirla. Una volta effettuati gli esperimenti, i risultati non sono più metafisica, ma fisica.

Questo significato della parola "metafisica" non ha motivo di essere tenuto in considerazione qui, in questa discussione, perché la discussione che stiamo facendo qui non è una discussione scientifica, non abbiamo in programma di compiere esperimenti scientifici che avvalorino o smentiscano le nostre teorie. L'avvio della discussione operato da Ceravolo non è fatto di teorie, ipotesi, mirate a confrontarsi con i risultati di successivi esperimenti scientifici. La discussione che stiamo facendo è filosofica e in filosofia non si mettono in programma esperimenti scientifici.

Dunque, come ho detto, dobbiamo lasciare da parte l'uso del termine "metafisica" inteso come semplice teoria, ipotesi, che attende conferme sperimentali. Dobbiamo non perché lo dico io, ma perché mi sembra che questa sia una discussione filosofica, non scientifica.

Andiamo al significato filosofico di "oltre la fisica". "Oltre la fisica" in questo caso significa "cognizioni acquisite col semplice ragionare, senza bisogno di esperimenti scientifici, senza bisogno di verifiche fisiche". Questo avviene attraverso la generalizzazione: Aristotele vedeva che gli oggetti sono costituiti da materia e forma; il ragionamento generalizza e decide di stabilire che tutti gli oggetti, quindi anche quelli non osservati, anche quelli che esisteranno solo in futuro, sono costituiti da materia e forma. Ovviamente tale generalizzazione può essere criticata, ma intanto Aristotele decise che si poteva fare, era logico farla ed era ragionevole considerare certe le sue conclusioni universalizzanti: tutti gli oggetti sono costituiti da materia e forma. Quest'affermazione è un'affermazione metafisica, poiché, per poter dire "tutti", bisognerebbe prima aver controllato davvero tutti gli oggetti, compresi quelli futuri, compresi quelli che verranno all'esistenza tra un miliardo di anni. Ma poiché questo controllo fisico di tutti gli oggetti non è stato effettuato, allora si tratta di un'affermazione "oltre il fisico", "oltre la fisica", "meta-fisica".

A questo punto dobbiamo chiarire qual è il peso che la metafisica dà alle parole. La fisica dà alle parole un senso dipendente dagli esperimenti effettuati: se, da quando l'umanità esiste, finora è stato controllato il colore del sangue di venti miliardi di persone, la fisica non può permettersi di dire che tutti hanno il sangue di colore rosso. La fisica può solo dire: quelli che abbiamo controllato hanno il sangue di colore rosso; riguardo agli altri, visti i risultati degli esperimenti effettuati, consideriamo altamente probabile che anch'essi abbiano il sangue di colore rosso.
La metafisica ritiene di poter supplire all'inevitabile mancanza di informazioni connessa agli esperimenti scientifici. Non è scientificamente possibile effettuare verifiche su tutti i casi possibili. Aristotele ritenne che la ragione, attraverso procedimenti logici, possa permettere di guadagnare informazioni oltre le possibilità consentite dalle verifiche scientifiche. Dunque, la metafisica si pone precisamente questo come scopo: giungere a un'estensione della conoscenza che sia totale. "Totale" significa poter esprimere affermazioni che abbracciano tutti i casi possibili esistenti in qualsiasi parte del mondo, non solo nel presente, ma anche nel futuro. Dunque, la scienza esamina tre, quattro, venti, mille oggetti e dice che questi oggetti hanno materia e forma. Viene Aristotele e dice: grazie alla ragione, alla logica, io posso dire di più: non solo questi oggetti hanno materia e forma, ma tutti gli oggetti, di ogni luogo e di ogni tempo, hanno materia e forma. Dunque, la metafisica ritiene di poter esprimere affermazioni universali.
Tutto quanto detto finora implica l'indipendenza dal soggetto: cioè indipendenza da quante osservazioni fisiche è stato possibile compiere, quando furono compiute, chi le ha compiute. In altre parole, la metafisica è dogmatica. Il termine "dogmatico" fa pensare alla religione, alla fede, ma qui religione e fede non c'entrano. Le cognizioni che il metafisico ritiene di aver acquisito non vengono assunte per fiducia, per fede: "Mi fido di credere che anche gli oggetti che non ho controllato hanno materia e forma". No. Aristotele non avrebbe speso tempo ad elaborare la sua filosofia se il risultato finale fosse stato un risultato che ha bisogno di fiducia. Per avere fiducia non c'è bisogno di fare filosofia. Semmai questo avviene nella scienza: ciò che nella scienza si chiama "probabilità" si potrebbe anche sostituire con "fiducia". Il lavoro di Aristotele era finalizzato a compensare i limiti della scienza, quindi ottenere un tipo di scienza illimitata, totale. Dunque, dev'essere chiaro che in metafisica non si scherza con le parole: in metafisica "definitivo" significa che non ammette ulteriori discussioni, da nessuno e mai, per l'eternità. In metafisica "certezza" significa "certezza", cioè certezza totale, assoluta, eterna, non significa "fiducia che è così". Lo scopo della metafisica è proprio quello di eliminare i limiti della scienza, la quale è incapace di offrire certezze totali.

Questo dovrebbe spiegare come mai io ritenga errata la seguente affermazione:
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMmetterei in dubbio l'esistenza di un metafisicismo dogmatico.
In coerenza con la frase citata qui sopra, devo concludere che l'affermazione
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMQuando succederà comunque darà una conferma dell'esistenza di un muro.
non sia da considerare stringente, assoluta, totale: conferma dell'esistenza di un muro, ma nei limiti in cui ne può essere certo un essere umano, con l'inevitabile misura di ricorso alla fiducia. In questo caso il discorso non ha a che vedere con quello che sto facendo io: il mio discorso è centrato sulla metafisica intesa come un sapere che non ammette dubbi di alcun genere, né presenti né futuri; un sapere che contiene la pretesa di raggiungere certezze oltre le possibilità del cervello umano. Trascurare il soggetto da parte della metafisica significa infatti proprio questo: le affermazioni metafisiche hanno la pretesa di non dipendere dai limiti del cervello umano.

Ora torniamo al relativismo, di cui dicevo all'inizio che ha come base necessaria la metafisica.

Il relativista è un metafisico che decide di tener conto del soggetto. Essendo un metafisico, egli è in grado di esprimere certezze. C'è poi una seconda fase: una volta tenuto conto del soggetto, l'inaffidabilità del soggetto rende nulla ogni certezza. Ciò significa che, in una fase ulteriore, il relativista è costretto a prendere atto che perfino l'esistenza stessa del relativismo non ha alcun significato; le parole non hanno significato; le strutture grammaticali delle frasi sono soltanto giochetti inconsistenti. Ma dire che sono giochetti inconsistenti significa già usare tali strutture grammaticali. Ecco che secondo molti il relativismo non merita alcuna attenzione, poiché si serve di certe cose come se funzionassero, per poter dire che esse non funzionano. Se teniamo conto che il relativista è un ex metafisico, comprendiamo che ciò è possibile: infatti il relativista si muove sempre tra metafisica e nullificazione della metafisica. Faccio osservare che la nullificazione della metafisica avviene dal di dentro della metafisica stessa, quando ancora il relativismo non è nato: ho detto infatti che il nostro metafisico, ad un certo punto, decide di tener conto del soggetto. Fin qui siamo ancora dentro la metafisica. Il soggetto fa nullificare tutto e anche a questo punto siamo ancora nella metafisica. Dev'essere chiaro quindi che non è il relativismo a sostenere che la metafisica è un nulla, ma il processo di inclusione del soggetto, processo operato all'interno della metafisica stessa. È la metafisica ad essere costretta ad annullare se stessa, una volta accolto dentro di sé il soggetto.

Con tutto quanto detto finora dovrebbe essere chiaro quello che per me è il difetto del ragionamento di baylham:
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMIl dubbio è comunque dubbio di qualcosa, il dubbio stesso è qualcosa, dunque non nulla. Il nichilismo è pertanto inconsistente.
Questo modo di ragionare si mantiene all'interno di un ragionare metafisico, cioè logico. E abbiamo detto che il relativista è in partenza un metafisico. Ma il relativista è un metafisico che ad un certo punto ha ritenuto corretto tener conto del soggetto. Vogliamo provare a vedere cosa succede se nelle affermazioni di baylam proviamo a tener conto del soggetto? Semplice: saltano in aria, perché dire soggetto significa dire inaffidabilità di qualsiasi cosa. Ora, dopo questa specie di deflagrazione dovrebbe essere possibile solo il silenzio, una volta che perfino le strutture grammaticali, i verbi, i significati, vengono nullificati.
Tuttavia, siccome il relativista è un essere umano, egli non si rassegna. Continua a fare la spola tra la sua vecchia metafisica e il nuovo stato di demolizione in cui è pervenuto. Questo andirivieni tra metafisica e stato successivo di demolizione gli consente di accorgersi che il lavoro compiuto da Aristotele non aveva motivo di sussistere: Aristotele aveva tentato di colmare con la ragione e la logica le lacune che la ricerca scientifica non riusciva a coprire. Ma perché non accontentarsi di affermazioni modeste, approssimative, aperte alla ricerca, come sono quelle della scienza? Perché questa voglia di onnipotenza?

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 14:17:00 PMPenso che sia bene dare qualche chiarimento, perché mi sembra che ci siano dei malintesi ricorrenti. Come ho già detto, il relativista è un ex metafisico. Il relativismo non è né un punto di partenza, né un punto di arrivo, ma parte di un cammino. In questo senso il relativismo non è un sistema di idee stabile a cui poter fare riferimento: è solo un momento di passaggio. Non è possibile l'esistenza del relativismo senza far riferimento alla metafisica, su cui esso si basa cronologicamente. Si parte quindi sempre dalla metafisica. Metafisica significa oltre la fisica. Lasciamo da parte l'etimologia dipendente da Aristotele, che si riferiva al fatto che certi suoi libri si vennero a trovare dopo quelli sulla fisica e perciò furono chiamati meta-fisica, cioè libri che venivano dopo quelli sulla fisica. Consideriamo piuttosto un'etimologia del significato attuale dell'espressione "oltre la fisica". "Oltre la fisica" può avere due principali significati. Può significare "mancante del conforto degli esperimenti, ma finalizzata ad ottenerlo". In questo caso "metafisica" sono le teorie, le ipotesi, che si avanzano in ambito scientifico al fine di avviare un lavoro di ricerca, di esperimenti fisici. In questo senso "metafisica" significa "affermazione provvisoria destinata ad essere sostituita dai risultati degli esperimenti fisici". In questo contesto "oltre la fisica" significa che lo scienziato, nel momento in cui avanza una teoria, va con la mente oltre i dati fisici che ha a disposizione, in vista di confermarla o smentirla. Una volta effettuati gli esperimenti, i risultati non sono più metafisica, ma fisica. Questo significato della parola "metafisica" non ha motivo di essere tenuto in considerazione qui, in questa discussione, perché la discussione che stiamo facendo qui non è una discussione scientifica, non abbiamo in programma di compiere esperimenti scientifici che avvalorino o smentiscano le nostre teorie. L'avvio della discussione operato da Ceravolo non è fatto di teorie, ipotesi, mirate a confrontarsi con i risultati di successivi esperimenti scientifici. La discussione che stiamo facendo è filosofica e in filosofia non si mettono in programma esperimenti scientifici. Dunque, come ho detto, dobbiamo lasciare da parte l'uso del termine "metafisica" inteso come semplice teoria, ipotesi, che attende conferme sperimentali. Dobbiamo non perché lo dico io, ma perché mi sembra che questa sia una discussione filosofica, non scientifica. Andiamo al significato filosofico di "oltre la fisica". "Oltre la fisica" in questo caso significa "cognizioni acquisite col semplice ragionare, senza bisogno di esperimenti scientifici, senza bisogno di verifiche fisiche". Questo avviene attraverso la generalizzazione: Aristotele vedeva che gli oggetti sono costituiti da materia e forma; il ragionamento generalizza e decide di stabilire che tutti gli oggetti, quindi anche quelli non osservati, anche quelli che esisteranno solo in futuro, sono costituiti da materia e forma. Ovviamente tale generalizzazione può essere criticata, ma intanto Aristotele decise che si poteva fare, era logico farla ed era ragionevole considerare certe le sue conclusioni universalizzanti: tutti gli oggetti sono costituiti da materia e forma. Quest'affermazione è un'affermazione metafisica, poiché, per poter dire "tutti", bisognerebbe prima aver controllato davvero tutti gli oggetti, compresi quelli futuri, compresi quelli che verranno all'esistenza tra un miliardo di anni. Ma poiché questo controllo fisico di tutti gli oggetti non è stato effettuato, allora si tratta di un'affermazione "oltre il fisico", "oltre la fisica", "meta-fisica". A questo punto dobbiamo chiarire qual è il peso che la metafisica dà alle parole. La fisica dà alle parole un senso dipendente dagli esperimenti effettuati: se, da quando l'umanità esiste, finora è stato controllato il colore del sangue di venti miliardi di persone, la fisica non può permettersi di dire che tutti hanno il sangue di colore rosso. La fisica può solo dire: quelli che abbiamo controllato hanno il sangue di colore rosso; riguardo agli altri, visti i risultati degli esperimenti effettuati, consideriamo altamente probabile che anch'essi abbiano il sangue di colore rosso. La metafisica ritiene di poter supplire all'inevitabile mancanza di informazioni connessa agli esperimenti scientifici. Non è scientificamente possibile effettuare verifiche su tutti i casi possibili. Aristotele ritenne che la ragione, attraverso procedimenti logici, possa permettere di guadagnare informazioni oltre le possibilità consentite dalle verifiche scientifiche. Dunque, la metafisica si pone precisamente questo come scopo: giungere a un'estensione della conoscenza che sia totale. "Totale" significa poter esprimere affermazioni che abbracciano tutti i casi possibili esistenti in qualsiasi parte del mondo, non solo nel presente, ma anche nel futuro. Dunque, la scienza esamina tre, quattro, venti, mille oggetti e dice che questi oggetti hanno materia e forma. Viene Aristotele e dice: grazie alla ragione, alla logica, io posso dire di più: non solo questi oggetti hanno materia e forma, ma tutti gli oggetti, di ogni luogo e di ogni tempo, hanno materia e forma. Dunque, la metafisica ritiene di poter esprimere affermazioni universali. Tutto quanto detto finora implica l'indipendenza dal soggetto: cioè indipendenza da quante osservazioni fisiche è stato possibile compiere, quando furono compiute, chi le ha compiute. In altre parole, la metafisica è dogmatica. Il termine "dogmatico" fa pensare alla religione, alla fede, ma qui religione e fede non c'entrano. Le cognizioni che il metafisico ritiene di aver acquisito non vengono assunte per fiducia, per fede: "Mi fido di credere che anche gli oggetti che non ho controllato hanno materia e forma". No. Aristotele non avrebbe speso tempo ad elaborare la sua filosofia se il risultato finale fosse stato un risultato che ha bisogno di fiducia. Per avere fiducia non c'è bisogno di fare filosofia. Semmai questo avviene nella scienza: ciò che nella scienza si chiama "probabilità" si potrebbe anche sostituire con "fiducia". Il lavoro di Aristotele era finalizzato a compensare i limiti della scienza, quindi ottenere un tipo di scienza illimitata, totale. Dunque, dev'essere chiaro che in metafisica non si scherza con le parole: in metafisica "definitivo" significa che non ammette ulteriori discussioni, da nessuno e mai, per l'eternità. In metafisica "certezza" significa "certezza", cioè certezza totale, assoluta, eterna, non significa "fiducia che è così". Lo scopo della metafisica è proprio quello di eliminare i limiti della scienza, la quale è incapace di offrire certezze totali. Questo dovrebbe spiegare come mai io ritenga errata la seguente affermazione:
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMmetterei in dubbio l'esistenza di un metafisicismo dogmatico.
In coerenza con la frase citata qui sopra, devo concludere che l'affermazione
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMQuando succederà comunque darà una conferma dell'esistenza di un muro.
non sia da considerare stringente, assoluta, totale: conferma dell'esistenza di un muro, ma nei limiti in cui ne può essere certo un essere umano, con l'inevitabile misura di ricorso alla fiducia. In questo caso il discorso non ha a che vedere con quello che sto facendo io: il mio discorso è centrato sulla metafisica intesa come un sapere che non ammette dubbi di alcun genere, né presenti né futuri; un sapere che contiene la pretesa di raggiungere certezze oltre le possibilità del cervello umano. Trascurare il soggetto da parte della metafisica significa infatti proprio questo: le affermazioni metafisica hanno la pretesa di non dipendere dai limiti del cervello umano. Ora torniamo al relativismo, di cui dicevo all'inizio che ha come base necessaria la metafisica. Il relativista è un metafisico che decide di tener conto del soggetto. Essendo un metafisico, egli è in grado di esprimere certezze. C'è poi una seconda fase: una volta tenuto conto del soggetto, l'inaffidabilità del soggetto rende nulla ogni certezza. Ciò significa che, in una fase ulteriore, il relativista è costretto a prendere atto che perfino l'esistenza stessa del relativismo non ha alcun significato; le parole non hanno significato; le strutture grammaticali delle frasi sono soltanto giochetti inconsistenti. Ma dire che sono giochetti inconsistenti significa già usare tali strutture grammaticali. Ecco che secondo molti il relativismo non merita alcuna attenzione, poiché si serve di certe cose come se funzionassero, per poter dire che esse non funzionano. Se teniamo conto che il relativista è un ex metafisico, comprendiamo che ciò è possibile: infatti il relativista si muove sempre tra metafisica e nullificazione della metafisica. Faccio osservare che la nullificazione della metafisica avviene dal di dentro della metafisica stessa, quando ancora il relativismo non è nato: ho detto infatti che il nostro metafisico, ad un certo punto, decide di tener conto del soggetto. Fin qui siamo ancora dentro la metafisica. Il soggetto fa nullificare tutto e anche a questo punto siamo ancora nella metafisica. Dev'essere chiaro quindi che non è il relativismo a sostenere che la metafisica è un nulla, ma il processo di inclusione del soggetto, processo operato all'interno della metafisica stessa. È la metafisica ad essere costretta ad annullare se stessa, una volta accolto dentro di sé il soggetto. Con tutto quanto detto finora dovrebbe essere chiaro quello che per me è il difetto del ragionamento di baylham:
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMIl dubbio è comunque dubbio di qualcosa, il dubbio stesso è qualcosa, dunque non nulla. Il nichilismo è pertanto inconsistente.
Questo modo di ragionare si mantiene all'interno di un ragionare metafisico, cioè logico. E abbiamo detto che il relativista è in partenza un metafisico. Ma il relativista è un metafisico che ad un certo punto ha ritenuto corretto tener conto del soggetto. Vogliamo provare a vedere cosa succede se nelle affermazioni di baylam proviamo a tener conto del soggetto? Semplice: saltano in aria, perché dire soggetto significa dire inaffidabilità di qualsiasi cosa. Ora, dopo questa specie di deflagrazione dovrebbe essere possibile solo il silenzio, una volta che perfino le strutture grammaticali, i verbi, i significati, vengono nullificati. Tuttavia, siccome il relativista è un essere umano, egli non si rassegna. Continua a fare la spola tra la sua vecchia metafisica e il nuovo stato di demolizione in cui è pervenuto. Questo andirivieni tra metafisica e stato successivo di demolizione gli consente di accorgersi che il lavoro compiuto da Aristotele non aveva motivo di sussistere: Aristotele aveva tentato di colmare con la ragione e la logica le lacune che la ricerca scientifica non riusciva a coprire. Ma perché non accontentarsi di affermazioni modeste, approssimative, aperte alla ricerca, come sono quelle della scienza? Perché questa voglia di onnipotenza?

Non riesco a capire perché affermi che il soggetto nullifica tutto. Me lo potresti spiegare logicamente? Nullificare significa rendere nulla una cosa, mentre si può solo dimostrare che una cosa è falsa non nulla e per dimostrarlo crei inevitabilmente un'altra teoria. Ora tu dici che il nichilista  non si rassegna  al nulla pur non credendo a nulla ( e ovviamente non potendo mai credere a nulla)...perché non si rassegna al nulla? Non è che è proprio il nichilista a desiderare l' onnipotenza? ( equazione: non c'é nulla = nessun vincolo  = posso fare ciò che la mia volontà desidera di più).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 12:15:39 PM
...o il paesaggio esiste o il paesaggio non esiste.
in ogni caso si deve scegliere tra le due
Un problema della metafisica è proprio questo: essa non riesce a concepire alternative oltre al binomio essere/non essere.

Ma prova un attimo a pensare a un'opinione: io sono dell'opinione che Michelangelo è da considerare superiore a Picasso. È o non è superiore? Neanch'io lo so, visto che ammetto che si tratta solo di un'opinione. Ora tu mi dirai che una cosa però è certa: che io ho quest'opinione. È perché dovrebbe essere certa? Domani potrei scoprire che pensavo di avere quest'opinione, ma in realtà non era così: pensavo di avere quest'opinione perché il mio cervello era confuso. Potresti ribadirmi che allora è certo che il mio cervello era confuso. E chi può dirlo? Devo dirlo io, dal di dentro del mio cervello confuso?

In realtà il problema è sempre il fatto di ignorare il soggetto. Quando dici "o il paesaggio esiste o il paesaggio non esiste" stai ignorando te stesso. Che il paesaggio esista o non esista non è un'affermazione che possa nascere come un fungo, da sola; ci vuole sempre qualcuno che la pensi. E allora tale affermazione sarà inevitabilmente dipendente da questo soggetto che l'ha pensata. Ma il soggetto che l'ha pensata può sempre essere sospettato di confusione; potrebbe anche accadere che tra diecimila anni si scopra che dicendo ciò eri confuso. Questa è l'inaffidabilità del soggetto. Ma siccome il soggetto entra dappertutto, ne consegue che tutto è inaffidabile.
L'alternativa esserci/non esserci del paesaggio contiene il difetto di trascurare il soggetto, quindi, in quanto difettata da questa grave lacuna, non merita che ci si lavori su. D'altra parte, includere il soggetto significa contagiare tutto con la confusione che il soggetto si porta appresso. A questo punto cosa preferisci? Continuare a trascurare il soggetto, il che ti dà la sensazione confortevole di avere qualche certezza, ma al prezzo di una grave lacuna, oppure tener conto del soggetto, al prezzo del nichilismo che ne consegue? Io preferisco la seconda alternativa, anche perché il nichilismo non è certezza che tutto vale nulla, ma solo invito alla modestia. Il nichilismo è nichilismo se preso in considerazione dai metafisici, per i quali le sole affermazioni che contano sono quelle dogmatiche, assolute, totali; ma da un punto di vista non metafisico il nichilismo è semplicemente modestia, accontentarsi dell'approssimazione.

Phil

Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2017, 21:03:09 PM
nessuna teoria può mai essere valida, che è un dogma del relativismo
Il relativismo non ha dogmi, il relativismo relativizza persino se stesso riconoscendosi come uno degli approcci possibili (la validità è relativa, fino a prova contraria ;) ), né più "vero" né più "falso" di altri (due categorie abbandonate, o meglio, relativizzate, dal relativista...). Allora perché lo si sceglie rifiutando altri orientamenti? Falso problema, poiché, da quanto capisco, non lo si sceglie, come non si può scegliere a piacimento di essere autenticamente razionalisti o irrazionalisti o nichilisti o altro; o lo si è, qui ed ora, o non lo si è (direi che non possiamo auto-programmarci, al massimo auto-suggestionarci...).
Perchè non si cerca di abbandonare il relativismo? Probabilmente perché la peculiarità del relativismo è che consente una maggiore curiosità teoretica: il relativista può costruire un "puzzle personalizzato" usando e ricombinando pezzi di varie teorie (sincretismo filosofico) senza bisogno di etichettarlo; inoltre, può smontare e modificare la sua prospettiva senza perdere la sua identità fluida (e sono due opzioni che le posizioni dogmatiche non possono ammettere...). Tutto ciò senza porsi come "oggettivamente migliore" delle altre prospettive, ma semplicemente come più adatto a chi preferisce libertà di sperimentazione di pensiero (che non è un pregio... o lo è solo relativamente  :) ); chi invece preferisce valori solidi, universalistici e "classici", si troverà più a suo agio con altri paradigmi, e questo il relativista non lo biasima, proprio in virtù del suo relativismo!

P.s.
Chi usa il motto "tutto è relativo" o addirittura "tutto sarà sempre relativo", secondo me, non è un relativista, ma un dogmatico ventriloquo che fa dire questo slogan al suo pupazzo vestito da relativista... conosco personalmente almeno un relativista ( ;) ) che, se costretto da un plotone di esecuzione, descriverebbe il relativismo con ben altra affermazione: "secondo me, per ora, quello che conosco è relativo"... che è l'antitesi del dogmatico, per il quale il "per me" non esiste (usa piuttosto "è così"), il "per ora" è insulso (preferisce il "sempre"), e il "quello che conosco" sconfina nell'universalità; altrimenti non possiamo chiamarlo dogmatico, poiché i dogmi, in quanto tali, non contemplano "per me", "per ora", "nei limiti della mia conoscenza"...


Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:51:18 AM
Semmai dogmatismo è anche dire: "io ho la mia prospettiva e siccome nessuna è più importante della mia allora non ha senso che io impari altre prospettive. Perchè d'altronde se comunque sono prospettive come la mia anche conoscendole, la mia nuova prospettiva sarà tanto importante quanto quella che ora! Quindi non ci guadagnerei nulla". Questo discorso vale per ogni relativismo (quindi anche per quello "temporale" di Phil).
Il relativismo, per come lo intendo, non è esclusivamente "temporale" e di certo non ha l'assioma o dogma (vedi sopra) che "una prospettiva vale l'altra". Come ricordavo altrove, il relativista non va al ristorante per dire al cameriere "scelga lei, tanto un cibo vale l'altro...", al contrario, il relativista ha il suo personale percorso di degustazione, di ricerca e di azione, caratterizzato però dall'umiltà di sapere che altri stanno battendo altri sentieri (da cui egli può prendere spunto). Sentieri per arrivare alla Verità? Niente affatto, il relativista ha solitamente traguardi meno aulici, come il vivere serenamente, il cercare di capire ciò che lo circonda nei limiti delle sue possibilità, etc. Proprio come i taoisti che (sia chiaro, non erano relativisti!) non avevano come obiettivo la Conoscenza Suprema, ma l'essere in armonia con il Tao, almeno finché si restava vivi  ;D

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