Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2017, 22:20:45 PMComunque secondo me la tua è ancora metafisica
Sì, di primo acchito il relativismo si può considerare nient'altro che una metafisica che cerca di essere più completa, includendo nel proprio sistema di idee un tener conto del soggetto; sarebbe quindi nient'altro che una metafisica più vera, più aderente a come stanno le cose. Difatti ho già detto che il relativista non è altro che un ex metafisico.

A questo punto punto però nasce un problema: nel momento in cui io creo una metafisica che tiene conto del soggetto, quest'operazione provoca un annullamento totale di tutti i valori, tutti i significati, tutti i criteri: è il nichilismo. Infatti, siccome il soggetto soffre di inaffidabilità, ammettere la sua inclusione nel sistema metafisico significa far saltare in aria tutto. È questo il motivo della paura di tener conto del soggetto: perché il soggetto è pericoloso, destabilizzante.

A questo punto si pone l'alternativa: proseguire con la metafisica, come se nulla fosse, facendo finta che il soggetto non ci sia, o armarsi pazienza e affrontare la distruzione totale? Secondo me non c'è alternativa perché, una volta preso atto del limite della metafisica, la distruzione è già tutta avvenuta. Essa può essere ignorata, si può far finta di niente, ma ormai c'è.

In realtà la situazione non è poi così disastrosa: è sufficiente abbandonare la metafisica intesa come dogma e praticarla, più umilmente, come teoria, ipotesi, approssimazione. Solo che così si perde quel senso di padronanza sulla realtà che tu hai espresso bene all'inizio usando il verbo "catturare". Per mettere da parte la metafisica è necessario adottare stili di esistenza completamente diversi, non basati sulla cattura; cosa difficile, perché la razza umana è riuscita finora a sopravvivere anche grazie al suo istinto predatorio, istinto di cattura e di potere. È il nostro DNA ad essere così. Essere relativisti significa, per certi versi, andare contro il nostro DNA che ci porta a catturare, predare, competere.

Ma vogliamo provare o no a sperimentare modi di vivere meno violenti?

maral

#121
Citazione di: sgiombo il 12 Febbraio 2017, 21:26:27 PM
Non capisco il senso di queste parole (mi sembrano contraddittorie).
Ciò che è reale si può conoscere ("si conosce solo ciò che è reale" per quanto di fatto limitatamente, "pensandolo in modo almeno un po' diverso dal suo essere leale") oppure no (("non si può conoscere il non essere esattamente come non si può conoscere l'essere (l'essere così com'è di qualsiasi cosa) in nessun caso"))?
Inoltre il non essere (di qualcosa; cioè che qualcosa non sia reale) si può ben conoscere; per esempio il non essere reali dei soliti ippogrifi.[/quote]
Il senso della frase è che conoscendo non si conosce ciò che è, poiché ciò che è viene sempre tradito nell'atto stesso del conoscerlo dicendolo. L'essere "reali" dei cavalli contrapposto all'essere "irreale" degli ippogrifi, non consiste nel fatto che qualcosa come un cavallo lo possiamo toccare, vedere, misurare, mentre qualcosa come un ippogrifo no, al massimo sognare, ma che mentre qualcosa che significa "cavallo" ha un posto nella rappresentazione che ci si dà nel mondo, qualcosa come un ippogrifo no, ove la rappresentazione che si dà del mondo non è una rappresentazione assoluta. ma partecipa del nostro esserci noi stessi rappresentati come soggetti che vedono cavalli e non ippogrifi.

Scusa Sgiombo, ma tutto il resto della risposta l'editor lo ha tagliato, questo thread si va intasando troppo :) . Peccato, lo riprenderò un'altra volta, insieme con il discorso con Apeiron sull'aletheia (ah questa tecnologia!)


Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 22:32:24 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 22:19:09 PMCapisco, ma non è un problema del pensiero metafisico ma di quelle persone che lo impongono agli altri. In sé una teoria è una teoria e basta. La metafisica è solo un pretesto per queste persone e per la loro sete di potere. Però bisogna anche diffidare della propria, involontaria o inconsapevole, sete di potere a cui il relativismo concede un'enorme sponda...
La metafisica a cui io sto facendo obiezioni in tutta questa discussione non accetta di essere definita una teoria. Quando la metafisica dice che l'esistenza lì di quel tavolo è una verità oggettiva, significa che essa non ammette che ciò venga considerato una teoria; essa sostiene che è così e basta. Esiste la metafisica intesa come semplice teoria, a cui qualche volta io stesso ho fatto riferimento per dire, con Dario Antiseri, che la metafisica è un bene per la scienza, poiché per la scienza è un bene fare teorie. Ma la metafisica che presenta verità indubitabili non può essere considerata una teoria: essa è un'altra metafisica, è la metafisica che si ritiene assoluta, dogmatica, infallibile. Un relativista che prenda sul serio il relativismo non potrà mai essere condotto dal relativismo alla sete di potere o alla violenza; potrà farlo solo tradendo il relativismo stesso. Relativismo significa dubitare di tutto e uno che dubita di tutto non ha niente da imporre agli altri; non può esercitare violenza perché dubitare in continuazione di ciò che sta facendo. Se lo farà, lo farà solo a causa di altri limiti della nostra condizione umana. Invece la metafisica ti dà il lasciapassare: hai diritto di imporre una verità perché la verità è un bene e quindi merita di essere imposta.

Sì, ma qui il problema è il rapporto che ha l'uomo e i suoi istinti con il pensiero metafisico, non la metafisica in sé. Quando la metafisica si fa religione da imporre sorgono i problemi, ma questo al massimo riguarda la qualità di quella particolare religione che vuol essere imposta e che si serve di qualche teoria metafisica per legittimarsi sul piano logico. Mi sembra che , in realtà, ma ovviamente posso sbagliarmi, tu abbia un problema ( ma non intenderlo in modo offensivo :)) con la religione , non con la metafisica che, tutto sommato, come dice Apeiron, apre il campo delle prospettive possibili sul reale.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#123
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 22:54:16 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2017, 22:20:45 PMComunque secondo me la tua è ancora metafisica
Sì, di primo acchito il relativismo si può considerare nient'altro che una metafisica che cerca di essere più completa, includendo nel proprio sistema di idee un tener conto del soggetto; sarebbe quindi nient'altro che una metafisica più vera, più aderente a come stanno le cose. Difatti ho già detto che il relativista non è altro che un ex metafisico. A questo punto punto però nasce un problema: nel momento in cui io creo una metafisica che tiene conto del soggetto, quest'operazione provoca un annullamento totale di tutti i valori, tutti i significati, tutti i criteri: è il nichilismo. Infatti, siccome il soggetto soffre di inaffidabilità, ammettere la sua inclusione nel sistema metafisico significa far saltare in aria tutto. È questo il motivo della paura di tener conto del soggetto: perché il soggetto è pericoloso, destabilizzante. A questo punto si pone l'alternativa: proseguire con la metafisica, come se nulla fosse, facendo finta che il soggetto non ci sia, o armarsi pazienza e affrontare la distruzione totale? Secondo me non c'è alternativa perché, una volta preso atto del limite della metafisica, la distruzione è già tutta avvenuta. Essa può essere ignorata, si può far finta di niente, ma ormai c'è. In realtà la situazione non è poi così disastrosa: è sufficiente abbandonare la metafisica intesa come dogma e praticarla, più umilmente, come teoria, ipotesi, approssimazione. Solo che così si perde quel senso di padronanza sulla realtà che tu hai espresso bene all'inizio usando il verbo "catturare". Per mettere da parte la metafisica è necessario adottare stili di esistenza completamente diversi, non basati sulla cattura; cosa difficile, perché la razza umana è riuscita finora a sopravvivere anche grazie al suo istinto predatorio, istinto di cattura e di potere. È il nostro DNA ad essere così. Essere relativisti significa, per certi versi, andare contro il nostro DNA che ci porta a catturare, predare, competere. Ma vogliamo provare o no a sperimentare modi di vivere meno violenti?

Ma non è la metafisica che impone stili di vita violenti, è l'istinto naturale umano che si serve della metafisica per giustificare stili di vita violenti. E siccome questo istinto esiste ed è connaturato all'uomo, si può servire tranquillamente anche del relativismo (soprattutto etico) per esercitare il suo desiderio predatorio e di potere.  Se , per es. affermo che il valore della vita umana è relativo ed è indimostrabile che la vita umana ha un qualche valore, cosa può impedire all'istinto violento e predatorio dell'uomo di sfruttare, ancor meglio che non con la metafisica, il suo stile di vita violento? Dopo tutto...perché no?
E' pura utopia sperare che la bestia umana, pur non credendo in nulla, si astenga dal fare il male e si dedichi ad uno stile di vita amorevole, pieno di bellezza , d'arte, riflettendo sul fatto che tutto è relativo, ecc. Anzi si dedicheranno alla violenza e al piacere di far del male  senza alcun senso di colpa...e molti casi incominciano già a vedersi nella nostra quotidianità...credo che Dostoevskij, con la sua capacità insuperabile di penetrare negli anfratti più bui della psiche umana, ne abbia già tracciato un quadro assai verosimile nel capolavoro "I demoni".
L'uomo non è solo pensiero, Angelo...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Citazione di: maral il 13 Febbraio 2017, 23:05:22 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Febbraio 2017, 21:26:27 PM
Non capisco il senso di queste parole (mi sembrano contraddittorie).
Ciò che è reale si può conoscere ("si conosce solo ciò che è reale" per quanto di fatto limitatamente, "pensandolo in modo almeno un po' diverso dal suo essere leale") oppure no (("non si può conoscere il non essere esattamente come non si può conoscere l'essere (l'essere così com'è di qualsiasi cosa) in nessun caso"))?
Inoltre il non essere (di qualcosa; cioè che qualcosa non sia reale) si può ben conoscere; per esempio il non essere reali dei soliti ippogrifi.
Il senso della frase è che conoscendo non si conosce ciò che è, poiché ciò che è viene sempre tradito nell'atto stesso del conoscerlo dicendolo. L'essere "reali" dei cavalli contrapposto all'essere "irreale" degli ippogrifi, non consiste nel fatto che qualcosa come un cavallo lo possiamo toccare, vedere, misurare, mentre qualcosa come un ippogrifo no, al massimo sognare, ma che mentre qualcosa che significa "cavallo" ha un posto nella rappresentazione che ci si dà nel mondo, qualcosa come un ippogrifo no, ove la rappresentazione che si dà del mondo non è una rappresentazione assoluta. ma partecipa del nostro esserci noi stessi rappresentati come soggetti che vedono cavalli e non ippogrifi.

Scusa Sgiombo, ma tutto il resto della risposta l'editor lo ha tagliato, questo thread si va intasando troppo :) . Peccato, lo riprenderò un'altra volta, insieme con il discorso con Apeiron sull'aletheia (ah questa tecnologia!)
[/quote]

CitazioneSpero proprio che dopo la risoluzione dei problemi tecnici mi spiegherai più comprensibilmente le tue affermazioni.
Per esempio che "conoscendo non si consce ciò che é (reale?) poiché ciò che è viene sempre tradito nell'atto stesso del conoscerlo dicendolo: che significa "tradire"?
Che il dire qualcosa é diverso dall' essere reale qualcosa é quanto da sempre sostengo vigorosamente anch' io.
Ma ciò non toglie che ciò che è reale possa in linea di principio essere detto (che possa essere la denotazione di un concetto di cui si predica che é/accade realmente).

Inoltre (per farmi capire) mi dovresti tradurre in italiano l' affermazione che
 L'essere "reali" dei cavalli contrapposto all'essere "irreale" degli ippogrifi, non consiste nel fatto che qualcosa come un cavallo lo possiamo toccare, vedere, misurare, mentre qualcosa come un ippogrifo no, al massimo sognare, ma che mentre qualcosa che significa "cavallo" ha un posto nella rappresentazione che ci si dà nel mondo, qualcosa come un ippogrifo no, ove la rappresentazione che si dà del mondo non è una rappresentazione assoluta. ma partecipa del nostro esserci noi stessi rappresentati come soggetti che vedono cavalli e non ippogrifi.

Perché in italiano "essere reali" come lo sono i cavalli significa proprio poter essere toccato, visto, misurato realmente, mentre "essere qualcosa di immaginario" come lo sono gli ippogrifi significa potere al massimo essere toccato, visto, misurato solo in sogno, nella fantasia o in un' allucinazione.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2017, 00:18:19 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 22:54:16 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2017, 22:20:45 PMComunque secondo me la tua è ancora metafisica
Sì, di primo acchito il relativismo si può considerare nient'altro che una metafisica che cerca di essere più completa, includendo nel proprio sistema di idee un tener conto del soggetto; sarebbe quindi nient'altro che una metafisica più vera, più aderente a come stanno le cose. Difatti ho già detto che il relativista non è altro che un ex metafisico. A questo punto punto però nasce un problema: nel momento in cui io creo una metafisica che tiene conto del soggetto, quest'operazione provoca un annullamento totale di tutti i valori, tutti i significati, tutti i criteri: è il nichilismo. Infatti, siccome il soggetto soffre di inaffidabilità, ammettere la sua inclusione nel sistema metafisico significa far saltare in aria tutto. È questo il motivo della paura di tener conto del soggetto: perché il soggetto è pericoloso, destabilizzante. A questo punto si pone l'alternativa: proseguire con la metafisica, come se nulla fosse, facendo finta che il soggetto non ci sia, o armarsi pazienza e affrontare la distruzione totale? Secondo me non c'è alternativa perché, una volta preso atto del limite della metafisica, la distruzione è già tutta avvenuta. Essa può essere ignorata, si può far finta di niente, ma ormai c'è. In realtà la situazione non è poi così disastrosa: è sufficiente abbandonare la metafisica intesa come dogma e praticarla, più umilmente, come teoria, ipotesi, approssimazione. Solo che così si perde quel senso di padronanza sulla realtà che tu hai espresso bene all'inizio usando il verbo "catturare". Per mettere da parte la metafisica è necessario adottare stili di esistenza completamente diversi, non basati sulla cattura; cosa difficile, perché la razza umana è riuscita finora a sopravvivere anche grazie al suo istinto predatorio, istinto di cattura e di potere. È il nostro DNA ad essere così. Essere relativisti significa, per certi versi, andare contro il nostro DNA che ci porta a catturare, predare, competere. Ma vogliamo provare o no a sperimentare modi di vivere meno violenti?
Ma non è la metafisica che impone stili di vita violenti, è l'istinto naturale umano che si serve della metafisica per giustificare stili di vita violenti. E siccome questo istinto esiste ed è connaturato all'uomo, si può servire tranquillamente anche del relativismo (soprattutto etico) per esercitare il suo desiderio predatorio e di potere. Se , per es. affermo che il valore della vita umana è relativo ed è indimostrabile che la vita umana ha un qualche valore, cosa può impedire all'istinto violento e predatorio dell'uomo di sfruttare, ancor meglio che non con la metafisica, il suo stile di vita violento? Dopo tutto...perché no? E' pura utopia sperare che la bestia umana, pur non credendo in nulla, si astenga dal fare il male e si dedichi ad uno stile di vita amorevole, pieno di bellezza , d'arte, riflettendo sul fatto che tutto è relativo, ecc. Anzi si dedicheranno alla violenza e al piacere di far del male senza alcun senso di colpa...e molti casi incominciano già a vedersi nella nostra quotidianità...credo che Dostoevskij, con la sua capacità insuperabile di penetrare negli anfratti più bui della psiche umana, ne abbia già tracciato un quadro assai verosimile nel capolavoro "I demoni". L'uomo non è solo pensiero, Angelo...

Sottoscrivo quanto dice il Sari. All'uomo serve l'etica. E l'etica la deve sentire come qualcosa di importante. E siccome deve appunto sentirla come "importante" servono le "gerarchie dei valori". In un contesto relativistico cosa si potrebbe dire a chi usa tale filosofia proprio per giustificare le sue azioni violente? Oppure magari sparirebbe la violenza ma potrebbe anche sparire lo stimolo all'impegno visto che tutto ha importanza relativa. In ogni caso mi pare che il tuo relativismo sia molto spostato sulla non-violenza e sulla non-imposizione, quindi avverto una sorta di "bias" nei tuoi discorsi. Ritenere che "uccidere il primo che passa" non è né giusto né sbagliato mi sembra un tradimento non solo della metafisica ma della stessa coscienza umana. In ogni caso l'uomo è ancora più bestiale di tutti gli altri animali perchè appunto sa che le sue azioni possono far soffrire e lo fa lo stesso. Riconoscere ad esempio che un essere umano non puoi trattarlo come un oggetto materiale è già imporre una gerarchia. Ho veramente molta difficoltà ad abbandonare qualsiasi "oggettivismo etico" (o almeno un'etica che possa essere condivisa).

In ogni caso non sono d'accordo con Sari che il problema sia la religione ma l'atteggiamento che si ha avuto e che si ha con essa. Ad esempio nel Discorso della Montagna si legge "ama il tuo nemico" , "porgi l'altra guancia", "perdona il tuo prossimo", "riconoscere la trave nel proprio occhio". Questo richiamo alla non-violenza purtroppo non è stato ascoltato dalla Chiesa stessa che doveva appunto mostrarsi "perfetta". Bruciare un eretico, indire crociate ecc di certo non mi sembrano consistenti con "porgere l'altra guancia", "pregare per i persecutori" ecc. Il vero problema semmai è come ho già sottolineato l'imposizione di un'etica. Infatti chi usa la religione come pretesto per la violenza è come coloro che volevano lapidare l'adultera. Chiaramente ho usato l'esempio del cristianesimo ma potevo usare anche altre religioni. E purtroppo ci sono anche buddisti, indù che fanno violenza proprio perchè non seguono il precetto dell'ahimsa (non-violenza). Tutto perchè si è scelto di preferire l'utilitarianesimo rispetto a tali precetti. Ma questo è un altro discorso.

Comunque  se nel Vangelo o nei suttas ci fosse scritto "odia il tuo prossimo", "fai il violento con lui" ecc allora sarebbe stato un altro discorso. Ma c'è scritto ben altro...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Come ho detto diverse volte, il problema della metafisica è il fatto di trascurare il soggetto. Il soggetto viene trascurato nel momento in cui il metafisico presenta affermazioni alle quali attribuisce validità "in sé", validità indipendente da se stesso, come se tali affermazioni si fossero pronunciate da se stesse, senza qualcuno che ne è autore.

Ma il soggetto trascurato non è soltanto l'autore delle affermazioni; c'è anche il recettore, cioè colui che le legge, o le ascolta, e le interpreta, usando il proprio cervello.

Una volta preso atto che le affermazioni non spuntano mai da sole come funghi, ma ci dev'essere sempre qualche soggetto che le crea o le recepisce, ne nasce il relativismo: l'affermazione che hai posto non è assoluta, ma relativa a te e a me che siamo soggetti interpretanti. Da qui consegue un'altra inevitabile obiezione: perché le tue affermazioni dovrebbero valere più delle mie, visto che abbiamo entrambi la stessa inaffidabilità come soggetti? Siamo ancora nel relativismo, ma si affaccia un altro criterio inevitabile che è il convenzionalismo: visto che non possiamo fare a meno di avere a che fare con soggetti, tanto vale ascoltarli, e ascoltarli in continuazione. È quella che poi in politica, sotto varie forme, non è altro che la democrazia.

Convenzionalismo e democrazia significano che i soggetti non solo sono inevitabilmente intromessi in ogni affermazione, rendendola relativa, ma anche che l'unica via che ci rimane è ascoltarli in continuazione.

In una visione metafisica del relativismo, si potrebbe obiettare che nulla vieta che un soggetto avanzi la pretesa di sopraffare tutti gli altri, visto che nessun valore e nessuna etica ha importanza assoluta. Questo è vero, ma ho già indicato una differenza riguardo a questo: il relativismo è dubbio su tutto, quindi, se un soggetto decide di sopraffare gli altri, dovrà continuare a dubitare anche di questa sua decisione di sopraffare gli altri; la metafisica invece ti dà il lasciapassare: siccome la verità è un bene, essa merita di essere imposta, per il bene di coloro a cui viene imposta, come quando si forza un malato riluttante a prendere una medicina per il suo bene; ecco le guerre giuste, l'esportazione delle democrazie attraverso le bombe.

Dunque, Apeiron, il giorno in cui penserai di aver individuato un'etica, ti sentirai in dovere di modificarla, a partire dall'ascolto di altri soggetti? Se la risposta è sì, vuol dire che avrai individuato un'etica relativa, visto che necessita di essere modificata in continuazione ascoltando altri soggetti; se la risposta è no, non si capisce come mai un'etica individuata da te soggetto debba valere più di un'etica individuata da altri, che sono soggetti al pari di te.

A questo punto può nascere il dubbio sull'impegnarsi: cosa sarà a spingerci ad impegnarci per il bene, supponendo il sospetto che un bene potrebbe esistere? L'ascolto. Relativismo e convenzionalismo sono la stessa cosa, implicano entrambi la necessità che i soggetti si ascoltino reciprocamente in continuazione; da questo ascolto nascono accordi comuni, sempre nuovi e sempre da aggiornare, su come tali soggetti ritengono meglio gestire i loro comportamenti.

Ciò che tu chiami "coscienza umana", la quale non dovrebbe essere tradita dall'uccidere il primo che passa, è la tua idea di coscienza umana. Anche in questo caso, non è possibile parlare di coscienza umana senza che ci sia qualcuno che ne parli, cioè un soggetto. Il riferimento alla coscienza non è altro che un tuo tentativo, fatto in buona fede e senza malizia, senza dubbio, di imporre agli altri la tua idea di che cosa la coscienza umana è.

Un'etica definitiva come quella che tu vorresti individuare è già per definizione imposizione di un'etica, perché definitiva significa che pretende di smettere di ascoltare i soggetti. Oggettivismo è questo: smettere di ascoltare i soggetti. Ma perché tutto questo desiderio di smettere di ascoltare i soggetti? Perché tu soggetto hai tutto questo desiderio di individuare un'etica che ti consenta, riguardo ad essa, di smettere di ascoltare gli altri?

Per quanto riguarda il Vangelo, i suoi richiami alla non violenza non possono essere ascoltati perché sono ipocriti, contraddittori. In questo mondo tutti siamo ipocriti e contraddittori e Gesù non lo è stato da meno; l'unica differenza è che il Vangelo pretende di presentarlo come assolutamente non ipocrita, ma questo non fa che peggiorare la sua situazione, esattamente come i metafisici che pretendono di poter pronunciare affermazioni assolute, il che non fa che aumentare la loro inaffidabilità.

Sariputra

#127
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 11:06:50 AMCome ho detto diverse volte, il problema della metafisica è il fatto di trascurare il soggetto. Il soggetto viene trascurato nel momento in cui il metafisico presenta affermazioni alle quali attribuisce validità "in sé", validità indipendente da se stesso, come se tali affermazioni si fossero pronunciate da se stesse, senza qualcuno che ne è autore. Ma il soggetto trascurato non è soltanto l'autore delle affermazioni; c'è anche il recettore, cioè colui che le legge, o le ascolta, e le interpreta, usando il proprio cervello. Una volta preso atto che le affermazioni non spuntano mai da sole come funghi, ma ci dev'essere sempre qualche soggetto che le crea o le recepisce, ne nasce il relativismo: l'affermazione che hai posto non è assoluta, ma relativa a te e a me che siamo soggetti interpretanti. Da qui consegue un'altra inevitabile obiezione: perché le tue affermazioni dovrebbero valere più delle mie, visto che abbiamo entrambi la stessa inaffidabilità come soggetti? Siamo ancora nel relativismo, ma si affaccia un altro criterio inevitabile che è il convenzionalismo: visto che non possiamo fare a meno di avere a che fare con soggetti, tanto vale ascoltarli, e ascoltarli in continuazione. È quella che poi in politica, sotto varie forme, non è altro che la democrazia. Convenzionalismo e democrazia significano che i soggetti non solo sono inevitabilmente intromessi in ogni affermazione, rendendola relativa, ma anche che l'unica via che ci rimane è ascoltarli in continuazione. In una visione metafisica del relativismo, si potrebbe obiettare che nulla vieta che un soggetto avanzi la pretesa di sopraffare tutti gli altri, visto che nessun valore e nessuna etica ha importanza assoluta. Questo è vero, ma ho già indicato una differenza riguardo a questo: il relativismo è dubbio su tutto, quindi, se un soggetto decide di sopraffare gli altri, dovrà continuare a dubitare anche di questa sua decisione di sopraffare gli altri; la metafisica invece ti dà il lasciapassare: siccome la verità è un bene, essa merita di essere imposta, per il bene di coloro a cui viene imposta, come quando si forza un malato riluttante a prendere una medicina per il suo bene; ecco le guerre giuste, l'esportazione delle democrazie attraverso le bombe. Dunque, Apeiron, il giorno in cui penserai di aver individuato un'etica, ti sentirai in dovere di modificarla, a partire dall'ascolto di altri soggetti? Se la risposta è sì, vuol dire che avrai individuato un'etica relativa, visto che necessita di essere modificata in continuazione ascoltando altri soggetti; se la risposta è no, non si capisce come mai un'etica individuata da te soggetto debba valere più di un'etica individuata da altri, che sono soggetti al pari di te. A questo punto può nascere il dubbio sull'impegnarsi: cosa sarà a spingerci ad impegnarci per il bene, supponendo il sospetto che un bene potrebbe esistere? L'ascolto. Relativismo e convenzionalismo sono la stessa cosa, implicano entrambi la necessità che i soggetti si ascoltino reciprocamente in continuazione; da questo ascolto nascono accordi comuni, sempre nuovi e sempre da aggiornare, su come tali soggetti ritengono meglio gestire i loro comportamenti. Ciò che tu chiami "coscienza umana", la quale non dovrebbe essere tradita dall'uccidere il primo che passa, è la tua idea di coscienza umana. Anche in questo caso, non è possibile parlare di coscienza umana senza che ci sia qualcuno che ne parli, cioè un soggetto. Il riferimento alla coscienza non è altro che un tuo tentativo, fatto in buona fede e senza malizia, senza dubbio, di imporre agli altri la tua idea di che cosa la coscienza umana è. Un'etica definitiva come quella che tu vorresti individuare è già per definizione imposizione di un'etica, perché definitiva significa che pretende di smettere di ascoltare i soggetti. Oggettivismo è questo: smettere di ascoltare i soggetti. Ma perché tutto questo desiderio di smettere di ascoltare i soggetti? Perché tu soggetto hai tutto questo desiderio di individuare un'etica che ti consenta, riguardo ad essa, di smettere di ascoltare gli altri? Per quanto riguarda il Vangelo, i suoi richiami alla non violenza non possono essere ascoltati perché sono ipocriti, contraddittori. In questo mondo tutti siamo ipocriti e contraddittori e Gesù non lo è stato da meno; l'unica differenza è che il Vangelo pretende di presentarlo come assolutamente non ipocrita, ma questo non fa che peggiorare la sua situazione, esattamente come i metafisici che pretendono di poter pronunciare affermazioni assolute, il che non fa che aumentare la loro inaffidabilità.

Il tuo ragionamento potrebbe filare se tutti  i relativisti ( ammesso che tutti diventassero dei relativisti) mettessero in dubbio i loro convincimenti relativi continuamente, ma mi sembra che dimentichi sempre ( o per te non è importante) la componente non razionale dell'essere umano, che decide il 90% delle nostre azioni, sotto forma di desideri e impulsi consci e inconsci...e infatti, guarda caso, anche la democrazia non funziona ( e lo vediamo costantemente), forse è meno peggio di altri sistemi, ma non possiamo certo dire che funzioni. Praticamente i tuoi ragionamenti sono asettici, iperbarici, disumanizzanti. Vorresti cambiare il mondo  ritenendolo possibile solo agendo sul pensiero, e ciò non è. Una prova di questo la troviamo nella storia stessa dell'uomo. Come giustamente fa notare Apeiron , non è servito molto a milioni di persone l'aver avuto fede in un ideale non violento per trattenere l'odio, la bramosia e l'illusione di potere. Proprio perché la componente non razionale ( o animale) è sempre prevalsa sull'altra. Quindi non esiste un motivo valido perché questa componente predominante nell'uomo venga "placata" da un " convenzionale cazzeggio" tra raffinati filosofi...
Vuoi educare al relativismo l'umanità? Sarebbe più utile educarla a comprendere la sorgente della propria bramosia, non ti sembra? Guarda che il relativismo pratico ed etico ( in poche parole predicare bene e razzolare male) è una delle attività che, da sempre, riescono meglio all'essere umano. L'orrore di questo mondo non è stato creato dalla metafisica, ma dalle tre robuste radici di ogni male: la brama, l'odio e l'illusione, La metafisica è stata sempre  e solo un pretesto ( molto utile, ma sempre un pretesto). Poi dire che Yeoshwa era un ipocrita. Scusami , ma questa affermazione , rivela il tuo odio verso questa figura. Infatti , da buon relativista come affermi essere, come puoi essere certo che il rabbi ebreo era un ipocrita? Sei una contraddizione vivente, Angelo... :) Scusami se te lo dico...ma, in questo caso, ci sta...
Alla fine non sarebbe più semplice dichiarare: Odio il Cristo e il Cristianesimo tutto perché vogliono costringermi ad amare e io non tollero imposizioni alla mia volontà ( che è la maschera dove si nasconde il volto del relativista...) ;)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Sì, infatti per me il relativismo non è la salvezza del mondo, anche perché ritengo che il concetto stesso di salvezza sia un concetto umanamente molto distruttivo.

Ma tra la metafisica, che giustifica la violenza contro chi dissente da ciò che tu consideri verità oggettiva, e il relativismo, che sottopone tutto al dubbio, senza peraltro imporre freni ad alcuno, mi sembra che il male minore sia il relativismo.

Che la metafisica sia solo un pretesto al desiderio di potere, lo condivido al cento per cento, forse con la differenza che secondo me essa nasce proprio come strumento di potere; cioè, il suo essere al servizio dell'oppressione non è casuale, ma insito nella sua stessa natura, nello scopo per cui viene elaborata, sebbene inconsapevolmente nella maggior parte dei casi.

Per quanto riguarda le ipocrisie di Gesù, la mia non è un'affermazione campata in aria: possiamo benissimo prendere in mano i Vangeli e ti mostro come i testi siano stracolmi di contraddizioni, e parlo non di piccole contraddizioni formali, ma proprio in merito ai contenuti fondamentali.

Angelo Cannata

P.S. Questo non m'impedisce di ritenere Gesù il più grande maestro di spiritualità di tutti i tempi; ma per me la spiritualità è un fatto umano e come tale non può fare a meno di realizzarsi tra ipocrisie e contraddizioni.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 12:01:33 PMSì, infatti per me il relativismo non è la salvezza del mondo, anche perché ritengo che il concetto stesso di salvezza sia un concetto umanamente molto distruttivo. Ma tra la metafisica, che giustifica la violenza contro chi dissente da ciò che tu consideri verità oggettiva, e il relativismo, che sottopone tutto al dubbio, senza peraltro imporre freni ad alcuno, mi sembra che il male minore sia il relativismo. Che la metafisica sia solo un pretesto al desiderio di potere, lo condivido al cento per cento, forse con la differenza che secondo me essa nasce proprio come strumento di potere; cioè, il suo essere al servizio dell'oppressione non è casuale, ma insito nella sua stessa natura, nello scopo per cui viene elaborata, sebbene inconsapevolmente nella maggior parte dei casi. Per quanto riguarda le ipocrisie di Gesù, la mia non è un'affermazione campata in aria: possiamo benissimo prendere in mano i Vangeli e ti mostro come i testi siano stracolmi di contraddizioni, e parlo non di piccole contraddizioni formali, ma proprio in merito ai contenuti fondamentali.

Dovresti però specificare quale metafisica giustifica la violenza verso chi dissente. Non puoi dire la metafisica in toto, non ha senso. Il Jainismo, per es., è sicuramente un sistema metafisico, ma chi lo pratica veramente, va in giro con la mascherina per non recare danno ad eventuali insetti che potrebbero entrare in bocca... :)
Quindi l'affermazione che fai, che la metafisica " nasce proprio come strumento di potere", è falsa e rivela, a parer mio ovviamente, un giudizio aprioristico negativo che fa "di tutta l'erba un fascio".  E questo non è razionale, ovviamente. E' tutto da dimostrare che un sistema relativista sia meno dannoso di uno che segue una metafisica non-violenta. Anche qui...sarà la coerenza di chi segue quel particolare sistema a fare la differenza. Non è il sistema in sé il toccasana.
Non si può affermare che Yeoshwa era incoerente perché i Vangeli sono incoerenti, come non si può affermare che Siddhartha fosse incoerente perché i sutra sono pieni di incoerenze. Non possiamo essere certi nemmeno che veramente, un grosso angelo alato, non sia sceso davanti a Mohammed  per dettargli il Corano, giusto? Se tu dici che è falso, di nuovo, cadi in contraddizione con il tuo professare un relativismo assoluto...al massimo possiamo dire che, coloro che hanno steso quei racconti, sembrano incoerenti... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

#131
A questo scopo sarebbe necessario accordarci sul significato di violenza. Per esempio, è o non è violenza, come una volta vidi in TV in una trasmissione che era qualcosa di simile a medici senza frontiere, aprire con la forza la bocca di una bambina morente, per farle inghiottire una medicina che le salverà la vita? Qui mi sembra che la risposta sia abbastanza facile. E se invece ad essere morente non è una bambina, ma un anziano di cento anni in preda a sofferenze terribili, il quale non desidera altro che morire e la medicina servirà solo a prolungare le sue sofferenze? È violenza uccidere per salvare la democrazia?
Questi interrogativi non fanno altro che evidenziare che è impossibile una definizione definitiva, metafisica, oggettiva, di cosa voglia dire violenza.
Quest'impossibilità dimostra che tutte le volte che qualcuno si oppone alla violenza, egli si sta opponendo a ciò che per lui è violenza. L'unica via che ci rimane è tentare di accordarci su un significato; è il convenzionalismo: accordarsi su una convenzione. È possibile accordarci su una definizione oggettiva di violenza, cioè valida per tutti, in maniera definitiva, non soggetta a continue rimesse in discussione? È ciò che sta cercando Apeiron, con la sua ricerca di un'etica oggettiva. Io ritengo ciò impossibile, perché ci sarà sempre qualcuno in disaccordo, e anche se vuoi giudicare tale disaccordo, dovrai farlo in funzione di qualche criterio, il quale sarà a sua volta dipendente da valutazioni soggettive.

Il mio relativismo è una proposta di dialogo, dialogo che non deve finire mai. La metafisica è invece una proposta di fine del dialogo, una volta che si siano individuate verità definitive, valide per tutti.

Questo per me è violenza: cessazione del dialogo, dell'ascolto, dell'interrogarsi e lasciarsi interrogare.

Quelli che vanno in giro con la mascherina sono complici di quegli insetti che, grazie al fatto di non essere stati disturbati, potranno esercitare il loro dominio su altri esseri. Ciò significa che non è possibile sottrarci all'essere violenti o, come minimo, complici, più o meno alla lontana, della violenza di altri.

Ciò che io vedo nel relativismo non è l'eliminazione della violenza, ma un tentativo per vedere se almeno in qualche caso sia possibile ridurre qualche violenza. Il relativismo è solo un tentare, nient'altro. Ma mi sembra che oggi, con tutta l'inaffidabilità della metafisica, l'umilissimo tentare, prontissimo a mettersi sempre in discussione, sia la cosa più seria che si possa fare.

Riguardo alle incoerenze di Gesù, io non do per scontatamente vero ciò che dicono i Vangeli; resta che essi sono la sola principale fonte di informazione su di lui. I Vangeli, da un punto di vista di analisi dei testi, lo mostrano incoerente. Poi, riguardo a ciò che egli sia stato storicamente, è molto difficile, se non del tutto impossibile, ottenere dati certi.

Apeiron

Angelo Cannata,
ti dico semplicemente che io sono adesso (chissà in futuro?) molto aperto al dialogo perchè ho la convinzione di essere nella stessa situazione dei ciechi con l'elefante. So che la mia prospettiva sarà parziale e distorta. Tuttavia non nego l'esistenza dell'elefante e non dico che nessuno può avere una conoscenza dell'elefante migliore della mia. Non dico ad esempio che il cieco che dice che "l'elefante coincide con la sua coda" descriva meglio l'elefante di chi dice che "l'elefante coincide con la sua zampa". Entrambi sbagliano e se fossero intellettualmente onesti dovrebbero essere aperti al dialogo. Spero di aver chiarito la posizione.

Per me l'etica è inconoscibile ma anche se è inconoscibile ciò non significa che alcuni  non la conoscano meglio di me. Altrimenti a che cavolo servierebbe imparare e dialogare? Mi stai accusando di evitare il dialogo e l'ascolto. Io ti dico invece che uso il dialogo e l'ascolto per conoscere meglio. Così come i ciechi con l'elefante invece di prendersi a pugni potrebbero imparare qualcosa di più dialogando. Ad esempio trovo il dialogo con te e Sari molto utili.

Se non ho chiarito con questo messaggio smetto anche di parlare perchè a quanto pare non so per nulla esprimermi.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Non mi sognerei mai di considerarti uno che evita il dialogo e l'ascolto. Tu, a mio parere, non sei un metafisico, tanto meno un metafisico incallito; sei una persona molto aperta, la quale non si accorge, nel servirsi di categorie metafisiche, di far uso di categorie che distolgono dal dialogo.

Anche la Chiesa Cattolica è molto metafisica, eppure ho sempre sostenuto che essa, tra tutte le religioni, mi viene a risultare finora la più aperta al dialogo, al confronto, all'autocritica.

In altre parole, ritengo che la metafisica possa nascostamente annidarsi anche in certi modi di ragionare adottati dalle persone più aperte e più disposte a mettersi in questione. Anch'io indubbiamente mi servo di un sacco di categorie metafisiche, più o meno consapevolmente.

Quando dico che la metafisica è una proposta di fine del dialogo, dico che, una volta che essa pretende di stabilire delle verità indiscutibili, "indiscutibile" significa proprio questo: riguardo a quella verità non è più ammesso il mettere in discussione. Questo non ammettere la messa in discussione va distinto dalla gestione concreta delle possibilità: per esempio, per la Chiesa Cattolica è un dogma indiscutibile che Gesù è il Figlio di Dio; ma ciò non significa che essa vieti alle università cattoliche di indagare su tale dogma, perfino provando a verificare che conseguenze nascono se viene negato. Però, nel momento in cui esso debba venire utilizzato in attività che lo pressuppongono, va considerato, trattato, come indiscutibile.

Allo stesso modo, un metafisico non vieterà la possibilità di effettuare ricerche accademiche sulla possibilità che 2 + 2 faccia 5. Però, nel momento in cui bisognerà fare matematica, bisogna dare per scontato, cioè come verità definitiva, e quindi indiscutibile, che 2 + 2 fa 4.

Ugualmente, tu cerchi un'etica oggettiva e ciò non significa che, dopo averla individuata, stabilirai il divieto di ulteriori ricerche su di essa e sulla sua messa in questione; però mi sembra chiaro che chiederai, a chi la volesse adottare e praticare, che nel momento in cui la metterà in pratica la dia per certa e definitiva, la tratti come certa e definitiva, quindi come indiscutibile.

Questo è dove io individuo una proposta di fine del dialogo. Il relativismo invece prevede il mettere in discussione tutto, quindi dialogare, in qualsiasi momento, anche nel momento della pratica; d'altra parte, in esso non vi sono princìpi che si prestino essere adottati e quindi dati per certi.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 14:15:10 PMNon mi sognerei mai di considerarti uno che evita il dialogo e l'ascolto. Tu, a mio parere, non sei un metafisico, tanto meno un metafisico incallito; sei una persona molto aperta, la quale non si accorge, nel servirsi di categorie metafisiche, di far uso di categorie che distolgono dal dialogo. Anche la Chiesa Cattolica è molto metafisica, eppure ho sempre sostenuto che essa, tra tutte le religioni, mi viene a risultare finora la più aperta al dialogo, al confronto, all'autocritica. In altre parole, ritengo che la metafisica possa nascostamente annidarsi anche in certi modi di ragionare adottati dalle persone più aperte e più disposte a mettersi in questione. Anch'io indubbiamente mi servo di un sacco di categorie metafisiche, più o meno consapevolmente. Quando dico che la metafisica è una proposta di fine del dialogo, dico che, una volta che essa pretende di stabilire delle verità indiscutibili, "indiscutibile" significa proprio questo: riguardo a quella verità non è più ammesso il mettere in discussione. Questo non ammettere la messa in discussione va distinto dalla gestione concreta delle possibilità: per esempio, per la Chiesa Cattolica è un dogma indiscutibile che Gesù è il Figlio di Dio; ma ciò non significa che essa vieti alle università cattoliche di indagare su tale dogma, perfino provando a verificare che conseguenze nascono se viene negato. Però, nel momento in cui esso debba venire utilizzato in attività che lo pressuppongono, va considerato, trattato, come indiscutibile. Allo stesso modo, un metafisico non vieterà la possibilità di effettuare ricerche accademiche sulla possibilità che 2 + 2 faccia 5. Però, nel momento in cui bisognerà fare matematica, bisogna dare per scontato, cioè come verità definitiva, e quindi indiscutibile, che 2 + 2 fa 4. Ugualmente, tu cerchi un'etica oggettiva e ciò non significa che, dopo averla individuata, stabilirai il divieto di ulteriori ricerche su di essa e sulla sua messa in questione; però mi sembra chiaro che chiederai, a chi la volesse adottare e praticare, che nel momento in cui la metterà in pratica la dia per certa e definitiva, la tratti come certa e definitiva, quindi come indiscutibile. Questo è dove io individuo una proposta di fine del dialogo. Il relativismo invece prevede il mettere in discussione tutto, quindi dialogare, in qualsiasi momento, anche nel momento della pratica; d'altra parte, in esso non vi sono princìpi che si prestino essere adottati e quindi dati per certi.

Angelo, grazie per questa risposta. Non volevo rispondere oggi nuovamente, ma vista questa tua risposta mi sono sentito in "dovere" di farlo.
Vedi per me sei uno dei più onesti ricercatori della verità. Hai abbandonato le tue certezze e sei pronto a metterti in discussione in ogni momento. Ti metti in pericolo e lo fai appunto perchè ritieni che ciò sia giusto. E di certo non imponi la tua filosofia a nessuno. Questo ti rende onore. Così come ti rende onore la tua disponibilità a riconoscere anche i pregi altrui. Motivo per cui ritengo che le discussioni con te siano sempre utili. Mi costringi ogni volta a rivedere le mie convinzioni.

Personalmente non credo che un'etica possa davvero essere scritta in modo "sistematico". Questo per il semplice fatto che massime come "ama il tuo prossimo come te stesso" sono maldefinite proprio perchè la parola "amore" è maldefinita. Cosa vuol dire? Boh! Uno psicopatico potrebbe intendere "amore" anche la tortura, il creare sofferenza all'altro. Viceversa "amore" per qualcuno potrebbe voler dire solo "non far del male". Per me non è così e ho motivi abbastanza validi per pensarlo. L'etica non può essere trascritta in un sistema di "regolette" proprio perchè manca il contributo più importante ossia l'esperienza, la vita ecc. Ma allora cosa serve dare importanza alle regole? Le regole servono come una guida, un'indicazione. Così io ho cercato di capire dai Vangeli, dai suttas ecc.

Ritengo poi che tu sia non un "anti-metafisico" ma un "vero metafisico", proprio come me (per quanto mi sia concesso di definirmi tale). Diamine possibile che fino all'incirca all'anno 1000 sbucavano sistemi metafisici da ogni parte e ora invece abbiamo come metafisica in mente solo quella di Platone o di Aristotele? Perchè smettere di fare teorie solo perchè quelle passate si sono rilevate errate? Perchè smettere di ricercare? Ma ogni ricerca deve secondo me avere un obbiettivo, eventualmente sconosciuto. E questo obbiettivo si manifesta nel modo in cui si procede nella ricerca.

Sulla Chiesa concordo con te. Ho avuto occasione di parlare con un mio amico prete e teologo e ho visto che ha davvero una mentalità aperta e su certe questione più della mia. Però come dici tu ha i suoi dogmi su cui non può rinunciare.

Infine dico che magari fra qualche anno divento un relativista come te oppure divento un fondamentalista, un metafisico incallito oppure rimango come sono ora ecc. Non prevedo il futuro, spero solo che la mia ricerca sia "per il bene" (uso questa espressione "etico-religiosa"). Detto questo in queste discussioni ci si dimentica inoltre del tempo della rielaborazione personale. Una cosa che leggo ora può sembrarmi un'assurdità e per questo motivo posso disprezzarla e dire all'altro che la sostiene che è una "stupidaggine". Poi succede che fra qualche anno mi accorgo che bastava che la leggessi in modo diverso e invece di essere una "stupidaggine" era una genialatà. Ma sono processi lunghi, che durano anni e non mi faccio illusioni. Perchè dunque scrivere il mio pensiero e leggere il vostro se il convincimento non è immediato? Semplice: ho la speranza che queste discussioni siano utili a me e al "prossimo" (ossia agli altri utenti e visitatori) e siano un modo per conoscere meglio l'elefante. Anzi non solo: anche semplicemente per capire meglio la mia stessa prospettiva, conoscere meglio le mie stesse convinzioni. Nelle'esempio di prima il "comandamento" di "amare il prossimo" può avere sfaccettatura che da me non sono comprese, perchè magari l'"amore" si manifesta in modi a me sconosciuti.

Ora però per un po' me ne vado sul serio anche perchè con la mia mente eccessivamente logica a volte la applico dove non dovrebbe essere applicata.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Discussioni simili (5)