Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

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Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 00:32:12 AM
@A.Cannata scrive:

Certo, infatti un vero relativista non dice "tutto è relativo", ma "mi sembra che tutto sia relativo", "forse tutto è relativo". Il relativista non ha certezze, egli getta soltanto dubbi, sospetti. Il problema è che di fronte a questi dubbi la metafisica non ha risposte.

Beh...sembra che nessuno dei due abbia risposte direi  ;D.  Quello che dicono i metafisici è vero o falso ? Quelli che dicono i relativisti è vero o falso? Il riferimento al vero e al falso rimane ineludibile. E se il relativista dice 'dipende' allora 'da cosa dipende'? Se anche vogliamo superare il concetto metafisico di 'verità' con una specie di post-verità(  verità a cui si fa riferimento sia pure come qualcosa che si vuole superare o che, secondo molti, sarebbe già superato), non si può lo stesso sfuggire alla domanda:'ma la post-verità è vera o falsa?' La pretesa relativista di ricondurre tutto nel campo probabilistico dell'interpretazione, della narrazione e delle opzioni di valore mi sembra inutile e non può sfuggire all'obiezione "binaria". Un giudizio su qualunque cosa non può essere vero e falso nello stesso momento. Il realtivismo, a mio parere, non sembra accorgersi della contraddizione logica in cui cade affermando che ' non esistono verità assolute' nello stesso momento affermando ciò che nega e negando ciò che afferma. Sarebbe come affermare : ' E' vero che non esiste nessuna verità assoluta'. E se il relativista obietta:'Ma io non intendo sapere ciò che è vero e ciò che è falso in senso assoluto, in quanto mi sembra non ci sia nulla di vero o di falso in senso assoluto'dovrebbe spiegare  se 'è vero che gli sembra vero non ci sia nulla di vero o di falso in senso assoluto' ricadendo, a mio avviso, nuovamente in contraddizione logica ad libitum. Insuperabile, a mio parere...ma sono un logico inadeguato ovviamente... un semplice viticoltore ;D
Se non c'è alcuna verità..di cosa stiamo parlando? Quindi , parafrasando Wittgenstein."Di ciò che non si può parlare si deve tacere" propongo una settimana di silenzio nella sezione filosofica del forum... ;D ;D ;D ;D   
Non è necessario stabilire l'essere vera o falsa di una cosa per poterne parlare. Wittgenstein è rimasto vittima del suo modo di pensare estremistico, sì o no, tutto o niente; io rispondo: di ciò di cui non si può parlare si può tentare di parlare, poiché si può sempre scoprire che il non poterne parlare non era totale.
Inoltre è il caso di dire anche a te ciò che ho appena detto a sgiombo: il demolire la metafisica da parte del relativista consiste nel far interagire tra di loro gli elementi che la metafisica stessa fornisce. Ciò non significa che per me tali elementi siano validi. In altre parole, è come se uno mi presentasse un macchinario e mi dicesse che tale macchinario funziona molto bene. Provo a farlo funzionare e gli faccio vedere: "Vedi? Il tuo macchinario funziona molto bene solo fin quando non gli fai compiere certe azioni che tu dici che esso è capace di compiere; invece ti sto facendo vedere che, facendogli compiere tali azioni, il tuo macchinario va in tilt; dunque non è vero che il tuo macchinario funziona molto bene". A quel punto ciò che interessa a me non è aver guadagnato io la certezza che quel macchinario non funziona; io non sono affatto sicuro che non funzioni; ho solo provato a farlo funzionare e ho fatto vedere che va in tilt. Può darsi che quell'andare in tilt sia un mio inganno. Ma a me non interessa guadagnare la certezza che quel macchinario va in tilt; a me interesssa destabilizzare chi avanza pretese di stabilità, m'interessa creare crisi, smascherare malfunzionamenti; in tutto ciò io non ho alcuna certezza, né ho interesse ad averne.

Angelo Cannata

Sariputra, non avevo letto il tuo ultimo messaggio, ma mi sembra che la risposta che ho appena dato a quello tuo precedente si applichi anche a questo tuo ultimo.

Sariputra

#92
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 14:55:00 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 00:32:12 AM@A.Cannata scrive: Certo, infatti un vero relativista non dice "tutto è relativo", ma "mi sembra che tutto sia relativo", "forse tutto è relativo". Il relativista non ha certezze, egli getta soltanto dubbi, sospetti. Il problema è che di fronte a questi dubbi la metafisica non ha risposte. Beh...sembra che nessuno dei due abbia risposte direi ;D. Quello che dicono i metafisici è vero o falso ? Quelli che dicono i relativisti è vero o falso? Il riferimento al vero e al falso rimane ineludibile. E se il relativista dice 'dipende' allora 'da cosa dipende'? Se anche vogliamo superare il concetto metafisico di 'verità' con una specie di post-verità( verità a cui si fa riferimento sia pure come qualcosa che si vuole superare o che, secondo molti, sarebbe già superato), non si può lo stesso sfuggire alla domanda:'ma la post-verità è vera o falsa?' La pretesa relativista di ricondurre tutto nel campo probabilistico dell'interpretazione, della narrazione e delle opzioni di valore mi sembra inutile e non può sfuggire all'obiezione "binaria". Un giudizio su qualunque cosa non può essere vero e falso nello stesso momento. Il realtivismo, a mio parere, non sembra accorgersi della contraddizione logica in cui cade affermando che ' non esistono verità assolute' nello stesso momento affermando ciò che nega e negando ciò che afferma. Sarebbe come affermare : ' E' vero che non esiste nessuna verità assoluta'. E se il relativista obietta:'Ma io non intendo sapere ciò che è vero e ciò che è falso in senso assoluto, in quanto mi sembra non ci sia nulla di vero o di falso in senso assoluto'dovrebbe spiegare se 'è vero che gli sembra vero non ci sia nulla di vero o di falso in senso assoluto' ricadendo, a mio avviso, nuovamente in contraddizione logica ad libitum. Insuperabile, a mio parere...ma sono un logico inadeguato ovviamente... un semplice viticoltore ;D Se non c'è alcuna verità..di cosa stiamo parlando? Quindi , parafrasando Wittgenstein."Di ciò che non si può parlare si deve tacere" propongo una settimana di silenzio nella sezione filosofica del forum... ;D ;D ;D ;D
Non è necessario stabilire l'essere vera o falsa di una cosa per poterne parlare. Wittgenstein è rimasto vittima del suo modo di pensare estremistico, sì o no, tutto o niente; io rispondo: di ciò di cui non si può parlare si può tentare di parlare, poiché si può sempre scoprire che il non poterne parlare non era totale. Inoltre è il caso di dire anche a te ciò che ho appena detto a sgiombo: il demolire la metafisica da parte del relativista consiste nel far interagire tra di loro gli elementi che la metafisica stessa fornisce. Ciò non significa che per me tali elementi siano validi. In altre parole, è come se uno mi presentasse un macchinario e mi dicesse che tale macchinario funziona molto bene. Provo a farlo funzionare e gli faccio vedere: "Vedi? Il tuo macchinario funziona molto bene solo fin quando non gli fai compiere certe azioni che tu dici che esso è capace di compiere; invece ti sto facendo vedere che, facendogli compiere tali azioni, il tuo macchinario va in tilt; dunque non è vero che il tuo macchinario funziona molto bene". A quel punto ciò che interessa a me non è aver guadagnato io la certezza che quel macchinario non funziona; io non sono affatto sicuro che non funzioni; ho solo provato a farlo funzionare e ho fatto vedere che va in tilt. Può darsi che quell'andare in tilt sia un mio inganno. Ma a me non interessa guadagnare la certezza che quel macchinario va in tilt; a me interesssa destabilizzare chi avanza pretese di stabilità, m'interessa creare crisi, smascherare malfunzionamenti; in tutto ciò io non ho alcuna certezza, né ho interesse ad averne.

Ma come fai a stabilire che è andato in tilt? Su cosa basi la tua affermazione " è andato in tilt"? Sulla critica alla logica del macchinario, giusto? E se anche ogni macchinario che ti si presenta andasse in tilt come puoi dire che ogni macchinario che potrà essere prodotto andrà in tilt? Puoi solo dire , per adesso, , tutti i macchinari che mi sono stati presentati, a parer mio, sono andati in tilt, però non posso sapere se arriveranno macchinari che non andranno, a parer mio, in tilt. Il problema potrebbe essere relativo al produttore di macchinari e non al concetto di macchinario. Ossia potrebbe darsi un problema di qualità del metafisico e non della metafisica in sè. Non mi sembra che, nel mondo, ci sia un così grosso bisogno di destabilizzazioni e di creare crisi...forse potresti scoprire che non è così confortevole come pensi il caos totale  ;D ;D ;D  
E' curioso che ti dai così pena di sostenere il tuo relativismo non avendo "alcuna certezza, né ho interesse ad averne. " Sembra quasi una fede nel relativismo... :D Scherzo, ovviamente...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 14:21:39 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Febbraio 2017, 19:35:44 PMPer il semplice fatto che le regole logiche (più o meno fondamentali che siano), come gli assiomi e le definizioni matematiche sono arbitrariamente stabilite a priori e non oggettivamente rilevate a posteriori
La pretesa coerenza, indubitabilità, infallibilità di un giudizio può essere messa in questione senza bisogno di servirsi di riferimenti a posteriori. È sufficiente far notare che i concetti stessi di coerenza, dubbio, a priori, a posteriori, giudizio, essendo concetti elaborati dal cervello umano, non possono avanzare nessuna pretesa di coerenza, indubitabilità, ecc.
Probabilmente a questo punto mi dirai che io, per poterti rivolgere questa critica, mi sono servito proprio di tali concetti. Ma io non ho nessuna fiducia in tali concetti: io non faccio altro che far interagire tra loro i materiali che tu mi fornisci (concetti, idee, criteri), mostrando che sono essi stessi a condurre all'autonegazione.
CitazioneLa verità di un giudizio sintetico a posteriori in generale può essere messa in dubbio (e non negata con certezza) perché in linea di principio la realtà potrebbe sempre essere diversa da come il giudizio stesso afferma che sia (cioé il giudizio sintetico a posteriori potrebbe essere falso; oltre a poter essere vero).
Ma assiomi e definizioni, come le regole logiche (fra cui il principio di non contraddizione), da cui si deducono i giudizi analitici a priori, non dicono nulla di come sia o meno la realtà, non sono (pretese) conoscenze (della realtà) che potrebbero essere vero o false (a seconda dei casi).
Sono certi ma non sono conoscenze.
"Pagano" per così dire la loro certezza con la loro inevitabile "sterilità conoscitiva della realtà"; mentre i giudizi sintetici a posteriori "pagano" la loro "fecondità conoscitiva della realtà" con la loro inevitabile incertezza.

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 14:52:54 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 14:21:39 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Febbraio 2017, 19:35:44 PMPer il semplice fatto che le regole logiche (più o meno fondamentali che siano), come gli assiomi e le definizioni matematiche sono arbitrariamente stabilite a priori e non oggettivamente rilevate a posteriori
La pretesa coerenza, indubitabilità, infallibilità di un giudizio può essere messa in questione senza bisogno di servirsi di riferimenti a posteriori. È sufficiente far notare che i concetti stessi di coerenza, dubbio, a priori, a posteriori, giudizio, essendo concetti elaborati dal cervello umano, non possono avanzare nessuna pretesa di coerenza, indubitabilità, ecc. Probabilmente a questo punto mi dirai che io, per poterti rivolgere questa critica, mi sono servito proprio di tali concetti. Ma io non ho nessuna fiducia in tali concetti: io non faccio altro che far interagire tra loro i materiali che tu mi fornisci (concetti, idee, criteri), mostrando che sono essi stessi a condurre all'autonegazione.


Angelo, non voglio sostituirmi a Sgiombo nella ev.risposta, ma negando valore ai tuoi concetti critici ( io non ho nessuna fiducia in tali concetti) neghi valore alla critica stessa. Infatti tu usi la critica logica per dimostrare che le assunzioni della metafisica non sono verità assolute, cioè usi uno strumento che tu stessi dichiari non valido ( o valido relativamente). Tralasciando il fatto che affermare che uno strumento non è valido stabilisce necessariamente un giudizio sullo strumento adottato e quindi come si può valutare la sua validità, più o meno relativa, se non esiste metro di paragone su ciò che è valido? Anche dire che i concetti sono elaborati dal cervello umano è stabilire una pretesa verità. Come puoi essere certo ( ossia vero o falso?) che il pensiero sia esclusivamente il prodotto di una massa cerebrale? Anche non volendo cominci già ad affermare qualcosa, una "verità" ( la logica è relativa perchè prodotta da un cervello) e lo fai utilizzando uno strumento di cui " non ho nessuna fiducia". E' assolutamente senza senso, a parer mio...

CitazioneBeh, io ho dato una risposta un po' diversa, ma mi sembra che si integri benissimo con questa tua.
Che mi suggerisce di ripetere ancora una volta che lo scetticismo per essere conseguente deve essere inteso come sospensione del giudizio, come dubbio assoluto e universale (anche circa se stesso); mentre pretendere di affermare che nulla é conosciuto (anziché che di nulla, di nessuna conoscenza può aversi certezza ma di tutto si può dubitare) é autocontraddittorio, e dunque senza senso, dal momento che tale affermazione implica inevitabilmente che, se é vera, allora pure essa stessa ("nulla é conosciuto") non é conoscenza, cioé che é falsa: é una (pretesa) affermazione che nega se stessa (= letteralmente un' atutocontraddizione).

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 14:55:00 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 00:32:12 AM
@A.Cannata scrive:

il demolire la metafisica da parte del relativista consiste nel far interagire tra di loro gli elementi che la metafisica stessa fornisce. Ciò non significa che per me tali elementi siano validi.


CitazioneSgiombo:
dunque il "relativista" (secondo te) pretenderebbe di demolire la "metafisica" (nel senso decisamente personale in cui la intendi tu, cioé come necessariamente dogmatica) per mezzo di (facendo interagire fra loro) elementi forniti dalla metafisica stessa che (secondo te) non sono validi: demolizione non riuscita perché impossibile con tali mezzi!

Infatti questo é un circolo vizioso: se la metafisica ha pretese di verità infondate, se é falsa, allora non può fornire al "relativista" alcuno strumento teorico in grado di dimostrare alcunché, compresa la falsità della metafisica stessa (in grado cioé di demolire la metafisica).

CitazioneAngelo Cannata:
In altre parole, è come se uno mi presentasse un macchinario e mi dicesse che tale macchinario funziona molto bene. Provo a farlo funzionare e gli faccio vedere: "Vedi? Il tuo macchinario funziona molto bene solo fin quando non gli fai compiere certe azioni che tu dici che esso è capace di compiere; invece ti sto facendo vedere che, facendogli compiere tali azioni, il tuo macchinario va in tilt; dunque non è vero che il tuo macchinario funziona molto bene". A quel punto ciò che interessa a me non è aver guadagnato io la certezza che quel macchinario non funziona; io non sono affatto sicuro che non funzioni; ho solo provato a farlo funzionare e ho fatto vedere che va in tilt. Può darsi che quell'andare in tilt sia un mio inganno. Ma a me non interessa guadagnare la certezza che quel macchinario va in tilt; a me interesssa destabilizzare chi avanza pretese di stabilità, m'interessa creare crisi, smascherare malfunzionamenti; in tutto ciò io non ho alcuna certezza, né ho interesse ad averne.


CitazioneSgiombo:
I giudizi analitici a priori funzionano benissimo in ambito logico-matematico (che é la loro funzione).

Metterli in dubbio perché inefficaci o fallimentari in quanto strumenti o metodi di conoscenza della realtà (che non é affatto il loro scopo) sarebbe come pretendere di dire che una macchina per grattuggiare il formaggio non funziona per il fatto che con essa non si riesce a tagliare una tela o a stappare una bottiglia.

Vito J. Ceravolo

La cosa più difficile è sicuramente capire che tale risoluzione iniziale, come anche le mie spiegazioni passate, presenti e future, sono inconcepibili ed esulano dall'attuale dominio del nichilismo occidentale.
Avete scritto tanto e non posso rispondere ad ognuno, però cerco di riportarvi alcuni passaggi che possono aiutare nell'immergersi in questo nuovo modo di fare filosofia. 
Il resto purtroppo, per quanto possiate trovare risposte nel libro da cui la citazione in apertura, qui non le riporto... mi chiederebbero uno sforzo di ricerca nel libro non indifferente e che non mi posso permettere in questo periodo.

CONSERVAZIONE DEL PASSATO
«Il risultato del divenire conserva sia l'esser divenuto che l'origine da cui diviene, diversamente (come Severino) il risultato non sarebbe un mediato del divenire, ma un qualcosa che si dà immediatamente, senza alcun passaggio diveniente.
Nel risultato del divenire, dunque, come in qualunque altro risultato, debbono conservarsi i valori per cui il risultato è tale (divenuto), ma non è nel particolare risultato preso in esame che si deve conservare necessariamente la totalità di ciò da cui il risultato si dà. Ovvero: la totalità di ciò che dà un risultato può in parte conservarsi anche nell'ambiente esterno a quel particolare risultato, se vi è un ambiente esterno. Per esempio: [...]»

VALORE DEL NULLA ASSOLUTO
La sopra definizione si poggia sulla non esistenza del nulla in assoluto, cioè sul fatto che nulla si dà dal nulla o finisce nel nulla, poiché non esiste. Cosicché del nulla non si può dire nulla e qualunque pensare il nulla non è altro che pensare a qualcosa che non è nulla: essendo impossibile pensare senza l'oggetto pensato, allora il nulla assoluto, non essendo alcun oggetto, non può essere pensato.
La sopra soluzione della domanda iniziale, poggia semplicemente sul concetto di nulla inteso in assoluto. Pertanto non si potrà mai coglierla fin quando si continua nichilisticamente a pensare che il nulla sia qualcosa da cui si dà altro o in cui è possibile accadere: il nulla non accade e tutto ciò che accade non è nulla. Di conseguenza è possibile solo l'accadere di ciò che ha valore, quindi è.
Sotto questo punto di partenza, possiamo sospendere la definizione di tutto ciò che è (dai suoi apparenti paradossi alle  altre varie problematice), in quanto la definizione in apertura, mira solo a definire la necessità dell'essere davanti all'impossibilità dell'accadere del nulla. Quindi sotto questo punto di vista a noi è sufficiente affermare il nulla assoluto come qualcosa che di principio è impossibile a qualunque definizione (sia reale che immaginaria). Cosicché noterete che qualunque mia definizione del nulla altro non è che la definizione della sua impossibilità definitoria: similmente a come si definisce che il rotondo-quadrato non è di principio definibile perché impossibile. E, ripeto, non si può comprendere la definizione di apertura se non si accetta il detto presupposto: A=A. Il che è naturalmente incomprensibile alla filosofia di natura nichilista.
[maggiori dettagli su Mondo. Srutture portanti]


DIFFERENZA FRA PENSIERO E REALE
«è vero ciò che accade nel mondo psicofisico (verità fisico-concettuale) ed è falso ciò che accade solo nel mondo immaginifico (es. sogno)» 

«non sempre l'ordine e la connessione dei nostri concetti sono uguali all'ordine e alla connessione delle cose; solo quando il nostro concetto sia la verità dell'oggetto (o rapporto) trattato»

RICONCILIAZIONE FRA OGGETTO E SOGGETTO
Vi consiglio la lettura gratuita di questo mio saggio dove tratto alcune soluzione dell'argomento

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 15:30:18 PMMa come fai a stabilire che è andato in tilt?
La critica alla metafisica avviene sempre dal di dentro, poiché il linguaggio umano, nel suo uso quotidiano è metafisico. È per questo che la gente comune rimane molto sorpresa quando dico che quel tavolo forse non esiste. Io e il mio interlocutore ci troviamo entrambi dentro lo stesso linguaggio metafisico, il quale dà per scontato che quel tavolo lì esiste per conto proprio. Ciò che io faccio è far funzionare tale linguaggio, che è un linguaggio non solo di parole, ma anche di concetti, idee che interagiscono tra di loro. Ci sono delle interazioni che il mio interlocutore non ha sperimentato. Io le metto in moto e gli faccio vedere: "Vedi? Il linguaggio metafisico, che è quello di cui io e te ci serviamo tutti i giorni, se viene fatto interagire così e così, mostra di andare in tilt". Nel dettaglio: il metafisico dice: "Io, usando il mio cervello, sono in grado di produrre affermazioni indipendenti dal mio cervello; dico che quel tavolo è lì e ho prodotto un'affermazione indipendente dal mio cervello, perché quel tavolo è lì che io ci pensi o no". Allora io obietto: "Ma se tu stesso ammetti che ogni volta che devi esprimere un'affermazione non puoi fare a meno di usare il tuo cervello, come puoi dire di poter produrre affermazioni indipendenti dal tuo cervello?".
In tutto questo procedimento io ho continuato a muovermi all'interno della metafisica, ho agito da metafisico. Infatti è la metafisica stessa, se usata in maniera completa, a condurre alla negazione di se stessa.
A quel punto io decido di prendere le distanze dalla metafisica e prendo la via del relativismo.
Siccome però il linguaggio comune rimane di stampo metafisico, mi troverò costretto, per esprimere la mia presa di distanze, a continuare ad usare concetti metafisici, quali il verbo essere, il principio di non contraddizione ecc. Questa è la situazione che mi costringe a parlare in maniere che non possono non apparire contraddittorie. Infatti, se dico "Non ho certezze" la frase può subito essere accusata di avanzare proprio se stessa come pretesa di certezza; se dico "mi sembra", si può sospettare che quel "mi sembra" venga detto come certezza. Ora, io ammetto senza problemi questa contraddittorietà del linguaggio. Il problema è che il metasifico non ammette le sue contraddittorietà e di fronte alle mie obiezioni non offre risposte in grado di reggere ad ulteriore critica.
La situazione dunque è questa: la metafisica è oggetto di obiezioni all'infinito, può essere demolita all'infinito; il relativismo non può essere demolito, perché esso stesso è già fatto di macerie sparse qua e là, che sono i residui della demolizione della metafisica, che il relativista ha operato in se stesso. In questo senso la demolizione della metafisica non può essere mai considerata dal relativismo un dato di fatto avvenuto, certo e sicuro, poiché ciò significherebbe da parte del relativismo avanzare la pretesa di una certezza metafisica. La demolizione della metafisica è sempre in atto. Tutt'al più, il relativismo la può sospettare come un dato di fatto perché il relativismo continua a servirsi di categorie metafisiche, non potendone fare a meno.

Angelo Cannata

Citazione di: sgiombo il 13 Febbraio 2017, 15:33:10 PMLa verità di un giudizio sintetico a posteriori in generale può essere messa in dubbio (e non negata con certezza) perché in linea di principio la realtà potrebbe sempre essere diversa da come il giudizio stesso afferma che sia (cioé il giudizio sintetico a posteriori potrebbe essere falso; oltre a poter essere vero).
Ma assiomi e definizioni, come le regole logiche (fra cui il principio di non contraddizione), da cui si deducono i giudizi analitici a priori, non dicono nulla di come sia o meno la realtà, non sono (pretese) conoscenze (della realtà) che potrebbero essere vero o false (a seconda dei casi).
Sono certi ma non sono conoscenze
Non è detto che l'unico modo di dubitare sia operare un confronto con la realtà. Io posso gettare un dubbio semplicemente mettendo a confronto gli assiomi che il mio interlocutore mi presenta e mostrando che essi non danno come risultato l'assioma che egli mi presenta come risultato. Per esempio, se il mio interlocutore mi presenta l'intero gruppo di assiomi di tutta la matematica, e aggiunge che uno dei risultati è che 2 + 2 = 5, io non vado a prendere 2 + 2 mele, non vado alla realtà. Seplicemente metto in funzione gli assiomi della matematica, li faccio interagire tra di loro e gli faccio vedere che 2 + 2 = 5 è incompatibile con gli assiomi che egli stesso mi ha fornito.
Potrebbe darsi un'altra situazione: il mio interlocutore potrebbe benissimo inventare una matematica che contiene come eccezione straordinaria l'assioma che 2 + 2 = 5. È ciò che tu chiami arbitrarietà. Quest'esempio evidenzia però la soggettività di quel sistema arbitrariamente inventato. Cioè, se dici che quella speciale matematica in cui 2 + 2 fa 5 è indubitabile, non puoi fare a meno di ammettere che è indubitabile solo per chi accetta di stare alle regole di quel gioco: non è un'indubitabilità oggettiva.

Angelo Cannata

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 13 Febbraio 2017, 18:00:20 PMIl risultato del divenire conserva sia l'esser divenuto che l'origine da cui diviene, diversamente (come Severino) il risultato non sarebbe un mediato del divenire, ma un qualcosa che si dà immediatamente, senza alcun passaggio diveniente.
È quanto meno inadeguato pensare di parlare del divenire utilizzando categorie statiche, quali sono il verbo essere, l'articolo determinativo, le categorie di "concetto", "risultato", i sostantivi.
Il nostro linguaggio è frutto di un'approssimazione, l'approssimazione che ci permette di dire che ore sono, pur sapendo che è impossibile isolare un momento statico in cui quell'ora esatta era afferrabile.
Con ciò non voglio vietare che si parli del divenire, a patto che lo si faccia con consapevolezza dell'inadeguatezza di ciò che stiamo esprimendo. Quando diciamo che ore sono, lo facciamo con riserva di un po' di inadeguatezza. Questa consapevolezza di inadeguatezza non è ammessa dalla metafisica e ciò le fa prestare il fianco in continuazione a critiche di ogni genere.

Apeiron

Mi spiace ma mi trovo in una situazione per cui posso scrivere poco, quindi spero che la qualità di quanto scriverò in questo post non rispecchi la quantità  ;D 

Primo: criticare la metafisica perchè "pretende" di assolutizzare le verità che sono tali solo in certe prospettive si basa sul presupposto che la metafisica debba necessariamente parlare solo di una realtà assoluta, ossia indipendente dalle prospettive. Il prospettivismo una sorta di versione "metafisica" del relativismo sostiene che pur non essendoci una realtà assoluta è possibile usare la metafisica (ossia il modo di spiegare la realtà tramite distinzioni/enti) anche solo per stabilire ciò che è vero secondo le varie prospettive. Per questo motivo ritengo doveroso "creare" una sorta di "teoria" (mappa) che in qualche modo tenta di descrivere il mondo-come-lo-vedo-io (territorio). Ma visto che mi pare impossibile costruire mappe senza usare i concetti della metafisica - ossia dividere la realtà in enti - allora la metafisica sono costretto ad utilizzarla comunque, per quanto la cosa possa darmi fastidio. Il discorso semmai si sposta sulla seguente domanda: la mappa è più simile ad una "approssimazione" della realtà o ad un semplice modello concettuale? Ossia: le mappe che creo hanno la stessa forma, una forma simile o completamente diversa dal territorio. Visto che a tale domanda non possiamo mai avere risposta (la quale risposta sarebbe infatti un'altra mappa) mi fa scegliere di ritenere la teoria una approssimazione della realtà, per quanto imperfetta essa sia. Certo mi rendo conto che è un'approssimazione ma questo spiega perchè certe approssimazioni sono meglio di altre nel confronto con la realtà.

Secondo: il concetto di prospettiva implica il concetto di soggetto, il quale è un concetto metafisico. Se si ritiene la metafisica superata bisogna anche superare il soggetto e le prospettive. Frasi come "mi sembra", "secondo me" ecc in realtà sono ancora metafisiche. Perciò il relativismo non è un vero superamento della metafisica, quanto invece una metafisica mascherata. Nuovamente certe interpretazioni del buddismo (scusami Sariputra se lo cito  ;D ) ci vengono in aiuto: negando il soggetto si nega anche l'oggetto e ciò che rimane è la Realtà Ineffabile sulla quale si deve stare in silenzio (e così ci ho messo anche il buon Ludwig Wittgenstein  ;D ).

Terzo: il problema del concetto di Essere è appunto che come opposto ha il concetto di Non-Essere o Nulla. Ma se il Nulla Non è allora non può essere nemmeno pensato. Motivo per cui non può essere nemmeno pensato l'Essere.  Essere e Nulla perciò sono "fuori dalla filosofia" nel senso che sono pseudo-concetti che indicano che la filosofia non potrà descrivere tutto. Se tenta di farlo cade in contraddizioni (dove non sono previste), insensatezze ecc. Come direbbe L.W. "il linguaggio è andato in vacanza". Per evitare che il linguaggio vada in vacanza è meglio tacere.

Quarto: la contraddizione è inseparabile secondo me dal divenire. Per comprendere questa mia affermazione chiedo a tutti di non identificare per forza il proprio sé con qualche elemento stabile del proprio corpo o della propria mente bensì proprio con l'atto di vivere. Ma le parole e i concetti in realtà sono fissi e "morti" mentre l'esperienza vivente è "mobile", "viva" ecc Motivo per cui o si accetta la dialeteia oppure nuovamente si deve accettare che domande come "esiste un io?" sono in realtà insolubili oppure addirittura insensate. Perciò o si usa la dialeteia oppure come nel caso di Essere e Nulla l'io è uno pseudoconcetto che indica qualcosa di "oltre", qualcosa di incomprensibile, di ineffabile. Perciò risulterebbe che l'io, l'Essere, il Nulla e "concetti" simili in realtà sono come il famoso "dito che indica la Luna" della filosofia Zen.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2017, 19:33:54 PMSecondo: il concetto di prospettiva implica il concetto di soggetto, il quale è un concetto metafisico.
Il relativismo è uno sbocco della metafisica portata alle sue conseguenze. Non può esistere relativismo che non si basi sulla metafisica. Il relativista è un metafisico che tiene conto del soggetto, considerato metafisicamente, quindi esistente, oggettivo, parte del processo di comprensione. Tenendo conto di tutto ciò, il metafisico critico si accorge che l'intromissione del soggetto rende impossibile parlare di oggettività. Allora il metafisico critico demolisce la propria metafisica e persegue un ricercare che si sforza in continuazione di evitare certezze, oggettivismi, assolutizzazioni. È solo uno sforzo, poiché, come ho già detto in un altro post qui sopra, il nostro linguaggio nasce metafisico e non ci possiamo spogliare di esso.
Dunque, il concetto di soggetto è, sì, in partenza, metafisico, ma successivamente il relativista lo include tra le macerie che sono il risultato della demolizione della metafisica. Attenzione che macerie non significa nulla: macerie sono le idee, di cui è impossibile fare a meno; solo che il metafisico ritiene che esse stiano in piedi benissimo.

Sariputra

Angelo, allora non sei un relativista ma un metafisico critico! Sono sollevato... ;D ;D 
A parte gli scherzi, se il linguaggio è metafisico e per comunicare bisogna usarlo, l'unica alternativa coerente per il relativista è stare in silenzio ( o non usa il linguaggio per comunicare qualcosa, attraverso quindi la pittura , la scultura, ecc.). Non se ne scappa, secondo me, altrimenti cade continuamente in contraddizione, perché tutto quello che vuole negare in realtà finisce per affermare qualcos'altro. Apeiron cita la filosofia buddhista e proprio nell' Abhidamma c'è un approfondimento continuo di tutta la problematica del relativismo che porta al nichilismo, dimostrandone l'inconsistenza logica e formale.
L'inconsistenza si rivela in questa frase:
 il relativismo non può essere demolito, perché esso stesso è già fatto di macerie sparse qua e là, che sono i residui della demolizione della metafisica, che il relativista ha operato in se stesso.

Con un paragone sembra la descrizione di un uomo che, per evitare di essere castrato, si frantumi personalmente i gioielli.... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Chi ha detto che per poter parlare si debba essere coerenti? Il relativista sa perfettamente di essere incoerente, contraddittorio, inconsistente. Il problema è che il metafisico invece non accetta di ammettere anche lui la propria inconsistenza e contraddittorietà. E allora il relativista, il quale conosce le debolezze della metafisica, essendo lui stato in precedenza un metafisico, per nascita, per linguaggio che tutti noi assorbiamo, si può dire, insieme al latte materno, gli pone le critiche.

L'esperienza, il cammino compiuto dal relativista, ex metafisico, lo induce a trattare la coerenza totale, perfetta, assoluta, come qualcosa di impossibile. Appena apriamo la bocca, anzi, appena mettiamo in moto la mente, la prima condizione da accettare è quella di essere dalla mattina alla sera tutti incoerenti e contraddittori. C'è uno strumento utilissimo che ci permette di superare ciò ed è l'approssimazione: sono le 7; lì c'è un tavolo. Come affermazioni approssimative vanno benissimo, l'esperienza ce lo conferma. Ma la metafisica non accetta di essere tacciata di approssimazione; essa reclama di essere assoluta, perfetta, oggettiva, indiscutibile.
Ho detto "trattare", "trattare come se...", non "considerare", poiché "considerare" significherebbe pensare come metafisici.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 19:07:11 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Febbraio 2017, 15:33:10 PMLa verità di un giudizio sintetico a posteriori in generale può essere messa in dubbio (e non negata con certezza) perché in linea di principio la realtà potrebbe sempre essere diversa da come il giudizio stesso afferma che sia (cioé il giudizio sintetico a posteriori potrebbe essere falso; oltre a poter essere vero).
Ma assiomi e definizioni, come le regole logiche (fra cui il principio di non contraddizione), da cui si deducono i giudizi analitici a priori, non dicono nulla di come sia o meno la realtà, non sono (pretese) conoscenze (della realtà) che potrebbero essere vero o false (a seconda dei casi).
Sono certi ma non sono conoscenze
Non è detto che l'unico modo di dubitare sia operare un confronto con la realtà. Io posso gettare un dubbio semplicemente mettendo a confronto gli assiomi che il mio interlocutore mi presenta e mostrando che essi non danno come risultato l'assioma che egli mi presenta come risultato. Per esempio, se il mio interlocutore mi presenta l'intero gruppo di assiomi di tutta la matematica, e aggiunge che uno dei risultati è che 2 + 2 = 5, io non vado a prendere 2 + 2 mele, non vado alla realtà. Seplicemente metto in funzione gli assiomi della matematica, li faccio interagire tra di loro e gli faccio vedere che 2 + 2 = 5 è incompatibile con gli assiomi che egli stesso mi ha fornito.
Potrebbe darsi un'altra situazione: il mio interlocutore potrebbe benissimo inventare una matematica che contiene come eccezione straordinaria l'assioma che 2 + 2 = 5. È ciò che tu chiami arbitrarietà. Quest'esempio evidenzia però la soggettività di quel sistema arbitrariamente inventato. Cioè, se dici che quella speciale matematica in cui 2 + 2 fa 5 è indubitabile, non puoi fare a meno di ammettere che è indubitabile solo per chi accetta di stare alle regole di quel gioco: non è un'indubitabilità oggettiva.
CitazioneGli assiomi non dimostrano altri assiomi.
Gli assiomi non sono risultati di dimostrazioni bensì punti di partenza indimostrati per operare deduttivamente dimostrazioni, per dimostrare teoremi, mediante giudizi analitici a priori.

Dimostrando che 2 + 2 = 5 é incompatibile con gli assiomi della matematica "semplicemente metti in funzione gli assiomi della matematica", operando una corretta deduzione da essi, certa circa i concetti matematici puri e che nulla ti dice (nulla ti permette di conoscere) della realtà (reale e non meramente concettuale).

Non mi é possibile immaginare che cosa potrebbe essere un eventuale sistema assiomatico che implica la possibilità che 2 + 2 = 5 (ma come assioma indimostrato oppure come teorema dimostrato da -altri- assiomi?).
Bisognerebbe che per "2" e/o per "+", e/o "=" e/o per "5" in esso si intendano altri concetti, diversi da quelli comunemente intesi per convenzione linguistica; e dunque per poter capire la proposta il proponente dovrebbe tradurmeli (letteralmente) in italiano corrente o ancor meglio in un linguaggio matematico formale a me noto.
Altrimenti non posso proprio capire che cosa mi sta proponendo, di cosa stia parlando, che stia dicendo, esattamente come non potrei capire un discorso in lingua cinese (che ignoro completamente).

Comunque (come ho sempre sostenuto a chiare lettere) é vero che le verità logiche e matematiche ("pure") sono analitiche a priori e come tali sono in tantissimi casi certe, indubitabili, ma solo come relazioni di compatibilità fra concetti arbitrariamente assunti secondo regole di compatibilità arbitrariamente assunte (e fra l' altro, come ha dimostrato Goedel, senza che ciò eviti anche affermazioni di cui é impossibile stabilire se siano compatibili o incompatibili con le altre nel sistema); e comunque non come conoscenze (circa come é o come non é ovvero come diviene o come non diviene la realtà).

Trattandosi di correttezza logica, "interna al discorso", e non riguardando i rapporti di verità o di falsità fra il discorso (soggettivo: del soggetto eventualmente conoscente, attraverso di esso, la realtà) e la realtà oggettiva "ad esso esterna" (da esso distinta e da esso predicata essere o divenire in qualche modo) non ha senso parlare di soggettività e/od oggettività a questo proposito.

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