Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

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Sariputra

Citazione di: sgiombo il 11 Febbraio 2017, 16:48:48 PM
Citazione di: Sariputra il 11 Febbraio 2017, 15:30:45 PMChe bisogno ho di "dimostrare" quando ho assoluta certezza di un'esperienza? Posso dimostrare che sono vivo? Sono però certo che sono vivo e questo indipendentemente se sono vivo nella realtà, in un sogno o in un ologramma. Il dubbio riguarda le cause del perché sono vivo, non l'esperienza di esserlo. La conoscenza del reale è, a mio parere, vera ma limitata. Non posso dimostrare che una mela più un'altra fa sempre logicamente due , ma so per esperienza che, se anche passo la vita a mettere una mela accanto all'altra , mai ne vedrò tre. Similmente se anche un altro uomo passa la vita a mettere queste due mele una accanto all'altra ne vedrà sempre due e non tre. Questo fatto esperienziale crea un assoluto relativo alla condizione umana. La mia mente dispone di una certa struttura logica e semantica che mi permette di formulare un linguaggio con una certa metodologia. Questa struttura è un assoluto relativo alla condizione umana che mi permette di formulare teorie logiche e semantiche che però non possono essere assolute. Ciò che è assoluto è relativo alla sottostante struttura che rende possibile qualunque teoria su di essa. Chi presenta una nuova teoria logica o semantica si serve della logica e della semantica per poterlo fare. Egli presuppone ciò di cui desidera presentare una teoria. E' la struttura della mente che mette in grado qualunque teoria, anche una della struttura della mente, di fare ciò che tenta di fare. Anche chi parla in nome del relativismo presuppone la validità della logica in questione. La coscienza umana ha una sorta di "centratezza", o autoconsapevolezza che sembra una sorta di quid che ci impedisce di perderci nel torrente infinito delle esperienze relative. Questa centratezza serve a dare quel senso di continuità alla nostra esperienza di vita che sperimentiamo e che ci fa dire "Io sono" ( che questo 'io sono' sia permanente o impermanente e un altro discorso che investe altri fattori esperienziali). Abbiamo molti assoluti relativi alla condizione umana. Ciò che non abbiamo è una conoscenza assoluta che è una impossibilità. Ma la mancanza di una conoscenza assoluta implicva che la conoscenza (relativa alla condizione umana) è falsa? Possiamo definirla limitata, ma non falsa, a mio avviso. La mente dispone pure della capacità di annullare la distinzione soggetto-oggetto tipica del pensiero, e questo avviene a livello delle sensazioni dove si manifesta un'unità materiale in ogni impressione sensoriale. Se vedo, per es. il colore giallo non lo posso negare nemmeno se si tratta di un sogno o di una allucinazione. La sua causa è aperta al dubbio, ma l'esperienza in sé è certa e immediata. Ciò che vedo non è più il mio oggetto: esso è in me e io sono in esso. E' qualcosa di assoluto relativo all'atto conoscitivo. In ogni atto conoscitivo è presente un'interdipendenza di soggetto e oggetto. In ogni domanda che ci poniamo è già presente qualcosa dell'oggetto su cui ci interroghiamo, altrimenti non potremmo nemmeno porre la domanda. Avere e non avere è la natura stessa degli interrogativi e chi interroga conferma questa struttura interdipendente della coscienza come un assoluto relativo agli uomini in quanto uomini.
CitazionePerò, Sari assoluta certezza c'é solo del fluire delle ("proprie") sensazioni (esteriori e interiori) che immediatamente accadono (se e quando accadono), immediatamente esperite: la realtà potrebbe anche esaurirsi in esse, non eccederle, senza che nulla possa dimostrare il contrario di ciò (né dimostrare ciò). Un soggetto (oltre che oggetti) delle sensazioni, in aggiunta ad esse, potrebbe benissimo non esserci (come pure esserci). Come tutte le altre persone comunemente ritenute sane di mente, personalmente credo di esistere come soggetto e che esistano anche oggetti delle (mie) sensazioni (e che nel caso di quelle esterne materiali siano gli stessi delle sensazioni di altri soggetti, costituenti altre esperienze fenomeniche coscienti i cui "contenuti" esterni materiali sono reciprocamente corrispondenti -"poliunivocamente"- fra tutte le esperienze fenomeniche coscienti stesse, compresa ovviamente la mia). Però (forse da "occidentale razionalista che cerca sempre il pelo nell' uovo"?) per me é -del tutto soggettivamente- importante questo fatto di rendermi conto che queste credenze non sono logicamente dimostrabili né tantomeno empiricamente constatabili ma solo fideisticamente, infondatamente, irrazionalmente credibili (e di fatto credute).

Infatti, Sgiombo, io parlavo proprio della certezza della sensazione ( di esistere) e non certo della certezza a riguardo delle cause e dei perché per cui provo questa sensazione di esistere. E' vero che la realtà potrebbe esaurirsi solo in questo, ma anch'io, pur non essendo totalmente sicuro di essere sano di mente,  trovo più plausibile che vi sia distinzione tra il soggetto e l'oggetto, anche se mi sembra vi sia assoluta interdipendenza tra i due. Anche perché troverei alquanto strano che , la maggior parte delle sensazioni che provo, siano l'esatto contrario di quelle che speravo, o sognavo, o immaginavo, se fossi io stesso a crearmele... :'(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Riconosco di essermi preso un po' di gusto del divertimento; se viene percepito come superiorità arrogante ne chiedo scusa.

Per quanto riguarda la ricerca del relativo, mi sembra che il tuo intervento sia molto utile, perché già esso stesso delinea implicitamente come dovrebbe essere quest'ipotesi di ricerca.

Come hai scritto, nessuna ricerca può resistere al vaglio della critica. Una volta preso atto di ciò, per me ne deriva semplicemente un ricercare che sa, appunto, di non resistere al vaglio della critica. Più semplice di così? Il problema mi sembra nascere quando si vuole negare questa irresistibilità del vaglio della critica e far finta che sia possibile pervenire a punti fermi, resistenti. Questo per me è spreco di tempo: il primo ragazzino che si alzerà la mattina smaschererà la pretesa fermezza di ciò che si pensava di aver ottenuto e ci si ritrova punto e a capo su strade già percorse.
Imbarcarsi in ricerche che sanno di non resistere alla critica significa portarle avanti con l'intenzione di lavorarci quanto si vuole e non con l'intenzione di trovare punti definitivi. Dunque, io faccio una ricerca; pervengo ad un risultato provvisorio; domattina si alza un ragazzino e me la demolisce; io lo ringrazio e provo ad apportarvi modifiche, aggiustamenti, sapendo già che il tutto sarà di nuovo demolito. Anzi, farò a gara col ragazzino per vedere se troverò prima di lui i difetti dei miei nuovi risultati. Che problemi ci sono in questo modo di procedere? Mi sembra tutt'altro che scegliere la strada rinunciataria di un Berlusconi che preferisce circondarsi di leggiadre fanciulle.
Dici che una ricerca senza obiettivi non è una ricerca. Sono d'accordo, ma gli obiettivi devono essere intesi come provvisori, predisposti ad affrontare le demolizioni a cui inevitabilmente andranno incontro.
Questo è ciò che considero "un altro modo di pensare": un modo di pensare che procede per costruzioni e ricostruzioni infinite, piuttosto che un inseguire la prospettiva di punti fermi resistenti che, a quanto mi sembra, nessuno ha mai visto in questo mondo.
A me sembra più marziano parlare di "assoluti relativi".

sgiombo

@ Angelo Cannata

Mi corre l' obbligo di segnalarti che, citandomi (positivamente; e ti ringrazio comunque) come "chiarificatore del torbido metafisico linguistico-semantico" nel corso della tua condanna senza appello della metafisica, che trovo alquanto "veteropositivista" (sì, proprio un po' da "nonnetto, che ama nient'altro che il calduccio delle sue coperte") non mi hai fatto "un buon servizio" essendo io un fiero sostenitore del "non-superamento della metafisica", come illustrato nell' intervento # 119 nella discussione "Cos' è un ente? Perché è diverso da un niente?" (in risposta a Phil), che "copioincollo" (e d' altra parte mi sembra del tutto evidente che la metafisica, in barba ai tantissimi ripetuti, più o meno accorati oppure baldanzosi necrologi che ne sono stati fatti negli ultimi 150 anni, è di fatto più viva e vegeta che mai):
Citazione 
Secondo me per la "metafisica" può essere intesa sostanzialmente in due modi.

In senso letterale come "ciò che sta oltre la fisica", cioè oltre "il mondo materiale naturale" (e ciò che se ne può dire o pensare).In questo senso chi é monista materialista (una corrente di pensiero che mi pare oggi -ma é sempre difficile dare valutazioni in proposito e potrei benissimo sbagliarmi- prevalente fra gli "intellettuali", in particolare filosofi e scienziati; mentre fra i "non addetti ai lavori teorici" mi sembra prevalgano credenze religiose e anche superstiziose per lo meno dualiste, se non addirittura spiritualiste) nega che possa esistere qualcosa che stia oltre la materia (che non sia materia o in qualche modo non sia riducibile alla, o non emerga dalla materia), e dunque che si possa sensatamente coltivare una qualsiasi metafisica (se non, al massimo, come oggetto di erudizione, o anche di autentica cultura viva, ma comunque in quanto mero modo di pensare non più attuale e insensato se considerato "in sé e per sé" e non unicamente per le considerazioni, magari anche interessanti e attuali, che se ne possono fare, per le conseguenze che ha avuto e magari ancora ha sulla cultura e sulla storia umana; un po' alla maniera del latino o di altre lingue, sia pure importanti ma morte, come ha osservato Phil).
Personalmente, come in tante altre questioni, anche su questa vado, con una certa soddisfazione che non celo, decisamente controcorrente: infatti sono dualista, per lo meno relativamente ai fenomeni (la realtà che ci si dà o "cui abbiamo accesso" nell' esperienza sensibile), ritenendo che il pensiero (e più in generale la coscienza) non sia in alcun modo identificabile con la, non sia in alcun senso riducibile alla, non emerga in alcun senso dalla materia (cerebrale); la quale anziché "contenere coscienza e pensiero", come creduto da molti, é contenuta, unitamente e del tutto parimenti al pensiero, nella coscienza: "esse est percipi" (Berkeley).
Ritengo inoltre che, anche se ciò é indimostrabile e men che meno mostrabile (per definizione), esista una realtà in sé o noumeno, che essendo "oltre" i fenomeni a noi accessibili, e dunque alla coscienza in toto, cioè sia al pensiero che alla materia, ha natura letteralmente "metafisica" (oltre che "metapsichica"); e questo perché é l' unico modo che ho trovato convincente per cercare di comprendere e per ammettere sensatamente l' intersoggettività dei fenomeni materiali, e dunque anche la verità della conoscenza scientifica che ha in tale intersoggettività una (indimostrabile) conditio sine qua non.

Oppure la "metafisica" può essere intesa come sinonimo di "ontologia", cioé come la considerazione teorica, il discorso (più o meno) razionale circa la realtà (ciò che é/accade realmente) intesa nel senso più generale e astratto possibile, cioè non limitatamente ai suoi molteplici caratteri solo relativamente universali e costanti, solo limitatamente generali e astratti, quali quelli che studiano e conoscono le scienze (in quanto forme di conoscenza -in senso stretto limitate alla sola realtà materiale o "naturale"- comunque più generali delle semplici conoscenze "aneddottiche" o "episodiche", cioè riguardanti determinati enti ed eventi considerati nella loro mera singolarità).
In questo secondo senso la metafisica si occupa di questioni che un po' tutte le correnti filosofiche attuali (magari, nel caso di qualcuna di esse, dopo qualche decennio di disinteresse più o meno completo) ritengono attuali, come quella se la realtà (in generale; e in articolare la realtà da noi uomini conoscibile) sia o meno indipendente dal pensiero e dalla conoscenza (di essa), se sia monistica (materialistica, spiritualistica o "altro") o dualistica, o ancor più pluralistica, se sia necessaria o contingente o in parte necessaria in parte contingente, se sia deterministica o indeterministica (e dunque se esista o meno il libero arbitrio) o in parte deterministica in parte contingente, se implichi oggettivi valori morali e/o criteri estetici o se questi siano solo preferenze arbitrarie e soggettive, più o meno "ingiustificate, indimostrabili a preferirsi ad eventuali altre," ecc.
 

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 11 Febbraio 2017, 19:15:37 PM
Riconosco di essermi preso un po' di gusto del divertimento; se viene percepito come superiorità arrogante ne chiedo scusa.

Per quanto riguarda la ricerca del relativo, mi sembra che il tuo intervento sia molto utile, perché già esso stesso delinea implicitamente come dovrebbe essere quest'ipotesi di ricerca.

Come hai scritto, nessuna ricerca può resistere al vaglio della critica. Una volta preso atto di ciò, per me ne deriva semplicemente un ricercare che sa, appunto, di non resistere al vaglio della critica. Più semplice di così? Il problema mi sembra nascere quando si vuole negare questa irresistibilità del vaglio della critica e far finta che sia possibile pervenire a punti fermi, resistenti. Questo per me è spreco di tempo: il primo ragazzino che si alzerà la mattina smaschererà la pretesa fermezza di ciò che si pensava di aver ottenuto e ci si ritrova punto e a capo su strade già percorse.
Imbarcarsi in ricerche che sanno di non resistere alla critica significa portarle avanti con l'intenzione di lavorarci quanto si vuole e non con l'intenzione di trovare punti definitivi. Dunque, io faccio una ricerca; pervengo ad un risultato provvisorio; domattina si alza un ragazzino e me la demolisce; io lo ringrazio e provo ad apportarvi modifiche, aggiustamenti, sapendo già che il tutto sarà di nuovo demolito. Anzi, farò a gara col ragazzino per vedere se troverò prima di lui i difetti dei miei nuovi risultati. Che problemi ci sono in questo modo di procedere? Mi sembra tutt'altro che scegliere la strada rinunciataria di un Berlusconi che preferisce circondarsi di leggiadre fanciulle.
Dici che una ricerca senza obiettivi non è una ricerca. Sono d'accordo, ma gli obiettivi devono essere intesi come provvisori, predisposti ad affrontare le demolizioni a cui inevitabilmente andranno incontro.
Questo è ciò che considero "un altro modo di pensare": un modo di pensare che procede per costruzioni e ricostruzioni infinite, piuttosto che un inseguire la prospettiva di punti fermi resistenti che, a quanto mi sembra, nessuno ha mai visto in questo mondo.
A me sembra più marziano parlare di "assoluti relativi".
CitazioneMa perché mai la metafisica dovrebbe essere per forza dogmatica?

Esistono metafisiche più o meno irrazionalistiche e dogmatiche e metafisiche più o meno razionalisticamente critiche!

sgiombo

@ Sariputra:

(Soddisfatto del chiarimento) Non posso non manifestare ancora una volta il mio apprezzamento per la tua sagacia, bonomia e (auto- ed etero-) -ironia.
Mi da un particolare piacere apprezzare chi ha convinzioni probabilmente (e comunque un' esperienza di vita e una cultura certamente) molto diverse dalle mie; non mi capita spesso (spero non per un atteggiamento di odiosa superbia intellettuale; se esiste l' "onestà intellettuale" esisterà probabilmente anche la "superbia intellettuale", quella dei "saputi").

Angelo Cannata

Col termine metafisica intendo il ritenere che esistano realtà oggettive indipendenti dal nostro cervello: dire, per esempio, che in un certo punto del nostro pianeta esiste un continente chiamato Australia, il quale esiste che io ci pensi o no, che io ci creda o no, è ciò che io intendo con metafisica.

Intesa in questo modo, la metafisica non può non essere dogmatica, esattamente come le leggi civili: che tu sia d'accordo o no, non si deve rubare; se tu rubi, che tu sia d'accordo o no, ti arrestiamo. Così la metafisica: che tu ci creda o no, molti oggetti esistono indipendentemente da te.

A questo punto, solitamente, ma ritengo non del tutto casualmente, sorge un ricorso dimostrativo che ipotizza l'uso della violenza: "Se ti tiro una sedia in testa, voglio vedere se ancora dirai che forse la sedia non esiste".

Ora, tutti sappiamo che le nostre percezioni, le nostre idee, i nostri ragionamenti sono fallaci. Se tu mi tiri una sedia in testa, né il mio dolore, né la mia eventuale morte saranno stati dimostrazione inconfutabile dell'esistenza di quella sedia. Il tutto può essere sempre e comunque oggetto di dubbio. In questo senso sfido chiunque ad escogitare affermazioni che riescano a resistere al dubbio. D'altra parte, questo lavoro fu già compiuto da Cartesio, quando pensò di aver trovato l'affermazione incontestabile "Penso, dunque sono". In realtà, tale affermazione è risultata più che contestabile, sotto diversi punti di vista. Finora nessuno al mondo ha mai saputo trovare affermazioni incontestabili. Perfino il principio di non contraddizione può essere sospettato di essere ingannevole.

Di fronte a ciò, trovo che la metafisica possa essere ritenuta "più viva e vegeta che mai" solo da chi non si confronta con questi problemi. In questo senso non sarebbe difficile sostenere che anche la religione dei faraoni sia viva e vegeta: basta crederci, non confrontarsi con le obiezioni e qualsiasi cosa può diventare viva e vegeta.

Sariputra

Caro Angelo, è proprio quel "a quanto mi sembra, nessuno ha mai visto in questo mondo." che non trovo convincente, perché nessuno di noi può uscire dalla propria esperienza e stabilire la validità dell'esperienza altrui.  Tu non hai nessuna possibilità di stabilire la verità o meno dell'esperienza altrui, come io non ho nessuna possibilità di stabilire la validità della tua. Posso proprio solo dire, come scrivi anche tu, "mi sembra". Ma "mi sembra" è un pò poco...una mera sensazione ( o riflessione) personale. A meno che non la valutiamo con il metro della logica umana, che però tu stesso hai definito relativa...
Non credo che il Berlusca si ponesse molti problemi filosofici  mentre giocava con le sue starlette, almeno questa saggezza dobbiamo riconoscergliela ( forse l'unica... ;D) e in effetti  certe cose non funzionano a dovere se ci mettiamo a ragionarci troppo sopra, a volte bisogna lasciare che le cose siano semplicemente quello che sono...
Non trovi che , questo continuo costruire per poi demolire e ricostruire ancora, ad libitum, oltre che sembrare assurdo sia insensato? Un conto è costruire e accorgersi poi che quel che si è costruito è malfatto, un altro è costruire in vista del demolire...L'idea della necessità della demolizione non va ad inficiare la profondità e autenticità  della ricerca stessa?  Ti fideresti di un muratore che, mentre sta edificando la tua casa, ti avvisa candidamente che poi la demolirà?...La necessità stessa del continuo e incessante costruire e demolire non rivela quello che definivo come l'assoluto relativo alla tua struttura mentale logica e semantica? Se non ci fosse questa struttura logica e semantica come potresti valutare o meno la necessità di relativizzare ogni costruzione mentale? I punti fermi, che sembra tu disprezzi totalmente, non sono dogmi, ma pioli per proseguire la scalata.  Un abile scalatore non può esercitare la sua abilità se i suoi scarponi non poggiano su chiodi saldamente infissi nella roccia. Una volta superata la pendenza, i chiodi possono restare al loro posto e altri ne serviranno per proseguire , ma spesso se ne trovano di altri scalatori che sono passati per quella via  e quelli che hai lasciato serviranno a qualcun'altro. La scalata però presuppone un obiettivo da raggiungere, ossia la vetta. per godere del panorama che si può vivere SOLO da lassù. Sicuramente tu mi dirai che la ricerca non deve presuppore una meta, ma semplicemente un andar su per qualche metro e poi scendere per poi salire e scendere da un'altro monte, ad libitum consapevoli che "ci sembra" non ci sia alcuna vetta da raggiungere , perché tanti hanno detto che c'è ma a noi e a tanti altri "non sembra" che sia così...Non è forse che sei tu che non ti fidi dei chiodi che hai infisso ?...
Sulla strada del bosco
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sgiombo

#52
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Febbraio 2017, 20:40:52 PM
Col termine metafisica intendo il ritenere che esistano realtà oggettive indipendenti dal nostro cervello: dire, per esempio, che in un certo punto del nostro pianeta esiste un continente chiamato Australia, il quale esiste che io ci pensi o no, che io ci creda o no, è ciò che io intendo con metafisica.

Intesa in questo modo, la metafisica non può non essere dogmatica, esattamente come le leggi civili: che tu sia d'accordo o no, non si deve rubare; se tu rubi, che tu sia d'accordo o no, ti arrestiamo. Così la metafisica: che tu ci creda o no, molti oggetti esistono indipendentemente da te.

A questo punto, solitamente, ma ritengo non del tutto casualmente, sorge un ricorso dimostrativo che ipotizza l'uso della violenza: "Se ti tiro una sedia in testa, voglio vedere se ancora dirai che forse la sedia non esiste".

Ora, tutti sappiamo che le nostre percezioni, le nostre idee, i nostri ragionamenti sono fallaci. Se tu mi tiri una sedia in testa, né il mio dolore, né la mia eventuale morte saranno stati dimostrazione inconfutabile dell'esistenza di quella sedia. Il tutto può essere sempre e comunque oggetto di dubbio. In questo senso sfido chiunque ad escogitare affermazioni che riescano a resistere al dubbio. D'altra parte, questo lavoro fu già compiuto da Cartesio, quando pensò di aver trovato l'affermazione incontestabile "Penso, dunque sono". In realtà, tale affermazione è risultata più che contestabile, sotto diversi punti di vista. Finora nessuno al mondo ha mai saputo trovare affermazioni incontestabili. Perfino il principio di non contraddizione può essere sospettato di essere ingannevole.

Di fronte a ciò, trovo che la metafisica possa essere ritenuta "più viva e vegeta che mai" solo da chi non si confronta con questi problemi. In questo senso non sarebbe difficile sostenere che anche la religione dei faraoni sia viva e vegeta: basta crederci, non confrontarsi con le obiezioni e qualsiasi cosa può diventare viva e vegeta.

CitazioneMa allora tu, negando (nei tuoi interventi immediatamente precedenti in questa stessa discussione) la metafisica e intendendo, come fai ora,  per "metafisica" la realtà di molti oggetti che esistono indipendentemente da te (ma il continente Australiano è tutt' altro che metafisico: è fisico, "fatto di materia"!) sei solipsista (niente di male; semplicemente me ne stupisco perché da tuoi precedenti interventi non mi sarebbe sembrato).
CitazioneSecondo me le nostre percezioni, le nostre idee, i nostri ragionamenti possono essere fallaci, ma non lo sono necessariamente; e la stessa affermazione che lo siano, essendo conseguenza di un nostro ragionamento o in alternativa essendo comunque un nostro ragionamento a priori, dovrebbe essere intesa come fallace, cadendosi così in un ben noto paradosso (che invece gli scettici scansano brillantemente sospendendo il giudizio, cioè ritenendo qualsiasi affermazione -compresa questa stessa presentemente in atto, se la é- dubbia, passibile di fallacia).

Non raccolgo la sfida a escogitare affermazioni circa la realtà (autentiche: sintetiche a posteriori, essendo quelle analitiche a priori mere esplicitazioni di tesi già implicitamente incluse nei postulati e definizioni "di partenza" del tutto indipendentemente da come che sia o meno la realtà) che riescano a resistere al dubbio, in quanto anch' io ritengo lo scetticismo non superabile razionalmente (mediante dimostrazioni logiche o constatazioni empiriche; ma solo irrazionalmente, fideisticamente).

Concordo su Cartesio ma non sul principio di non contraddizione che è una verità analitica a priori, quindi indubitabile, ma che non costituisce conoscenza della realtà, che non dice nulla della realtà.

Che la metafisica sia più viva e vegeta che mai è semplicemente una constatazione: basta "guardarsi intorno" fra chi fa della filosofia (fra l' altro mi sembra evidente che ragionando -come me e tanti altri- della realtà o meno di oggetti che esistono indipendentemente da te, tu stesso stia facendo della metafisica).
E ribadisco quanto affermato nell' intervento precedente: secondo me la metafisica si può intendere in due modi, entrambi i quali si confrontano -eccome!- con questi problemi e sono ben vivi e vegeti nelle riflessioni di fior di filosofi di un po' tutti gli orientamenti (tu riterrai pure i frequentatori del forum "poco aggiornati" -su che? La scienza? Senza falsa modestia, non credo proprio sia il caso mio e di tanti altri! Sulla "spiritualità? E' certamente il mio caso- ma allora lascia che ti dica che trovo te decisamente digiuno di filosofia, anche attuale e contemporanea).

Non vedo però come ti sia possibile sostenere che quanto andiamo dicendo io personalmente e anche tanti altri nel forum (in diversi modi) non sia un confrontarsi con questi problemi ma sia attuale come lo sarebbe anche la religione dei faraoni ("basta crederci, non confrontarsi con le obiezioni e qualsiasi cosa può diventare viva e vegeta, anche la religione dei faraoni"): a me pare proprio l' esatto contrario!

Ma sei sicuro di aver letto quello che scriviamo???.

(A questo punto sono curioso di leggere una replica di Maral; non tanto a me, avendomene già proposte ripetutamente, quanto ad Angelo Cannata, che mi sembra ancor più di me lontanissimo dalle -contrario alle- sue convinzioni).


Angelo Cannata

@Sariputra
Sì, vedo le cose esattamente come dici: il fatto che "mi sembra" che nessuno abbia mai raggiunto certezze non è per me una verità inconfutabile, ma una questione di economia di tempo ed energie: se, da quando il mondo esiste e dopo qualche migliaio di anni di filosofia, nessuno ha trovato certezze, anzi, tutto concorre a far presagire (senza alcuna certezza) che tali certezze non ci possono essere a causa dei limiti del nostro pensare, a che serve insistere nella ricerca di certezze? Mi suona come se si insistesse nel cercare l'inconfutabilità dell'esistenza dei fantasmi: nulla vieta che ci si dedichi a farlo, ma tutto mi fa pensare che c'è qualcosa di strano in quest'insistenza, tanto più che la metafisica si fa sospettare come ricerca di potere, ricerca di verità da poter imporre agli altri, ricerca di motivi con cui mandare al manicomio chi la pensa in maniere che non ci garbano.
Per me un muratore che mi dica che prima o poi la mia casa dovrà essere demolita non mi sta dicendo altro che quello che già la storia dice all'intera umanità da quando tutto esiste. Il problema essenziale della metafisica si può infatti esprimere proprio in questi termini: essa è tentativo di rifiutare la storicità nostra e delle nostre idee. Ciò che è storico è temporaneo, mortale.
Il continuo costruire e demolire è assurdo e insensato, su questo non ho dubbi, ma finora nessuno ha saputo propormi procedure che appaiano meno assurde e più sensate.
Come potrei fidarmi dei chiodi che ho infisso?

Angelo Cannata

Citazione di: sgiombo il 11 Febbraio 2017, 21:49:39 PMConcordo su Cartesio ma non sul principio di non contraddizione che è una verità analitica a priori, quindi indubitabile
Indubitabile? Pensi di essere padrone del futuro, poter stabilire ciò che in futuro potrà succedere e ciò che non potrà mai succedere? Ciò che si potrà scoprire e ciò che non si potrà mai scoprire? Pensi di poter stabilire che è impossibile che in futuro possano esserci persone con un'intelligenza organizzata diversamente dalla nostra, come da sempre continua a verificarsi nella storia? Pensi che ciò che noi non riusciamo ad immaginare non potrà mai succedere?

Sariputra

#55
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Febbraio 2017, 22:01:14 PM@Sariputra Sì, vedo le cose esattamente come dici: il fatto che "mi sembra" che nessuno abbia mai raggiunto certezze non è per me una verità inconfutabile, ma una questione di economia di tempo ed energie: se, da quando il mondo esiste e dopo qualche migliaio di anni di filosofia, nessuno ha trovato certezze, anzi, tutto concorre a far presagire (senza alcuna certezza) che tali certezze non ci possono essere a causa dei limiti del nostro pensare, a che serve insistere nella ricerca di certezze? Mi suona come se si insistesse nel cercare l'inconfutabilità dell'esistenza dei fantasmi: nulla vieta che ci si dedichi a farlo, ma tutto mi fa pensare che c'è qualcosa di strano in quest'insistenza, tanto più che la metafisica si fa sospettare come ricerca di potere, ricerca di verità da poter imporre agli altri, ricerca di motivi con cui mandare al manicomio chi la pensa in maniere che non ci garbano. Per me un muratore che mi dica che prima o poi la mia casa dovrà essere demolita non mi sta dicendo altro che quello che già la storia dice all'intera umanità da quando tutto esiste. Il problema essenziale della metafisica si può infatti esprimere proprio in questi termini: essa è tentativo di rifiutare la storicità nostra e delle nostre idee. Ciò che è storico è temporaneo, mortale. Il continuo costruire e demolire è assurdo e insensato, su questo non ho dubbi, ma finora nessuno ha saputo propormi procedure che appaiano meno assurde e più sensate. Come potrei fidarmi dei chiodi che ho infisso?

Come fai ad essere sicuro che "nessuno ha trovato certezze"? Su quale base proclami questa roboante affermazione: "Nessuno ha mai trovato certezze"? Forse che Angelo Cannata conosce tutto ciò che è stato pensato, che  pensa e che  penserà e che è stato provato, che prova e che proverà ogni singolo essere pensante che è vissuto, vive o vivrà? E' solo una tua riflessione e sensazione personale che "nessuno ha mai trovato certezze" perché io ti potrei obiettare che ho trovato certezze, non comunicabili tramite la struttura logica e semantica del nostro costituente mentale ad Angelo Cannata, ma certe per la mia esperienza. Tu non avresti nessuna possibilità di sapere  se quello che dichiaro sia vero o falso , se non valutandolo in riferimento a ciò che tu personalmente ritieni vero o falso.  L'assoluto relativismo implica anche il dover relativizzare qualsiasi affermazione e pertanto è assolutamente relativo  che "nessuno ha mai trovato certezze". Alla fine relativizzando tutto rendi inconsistente qualunque proposizione e affermazione che tu stesso proponi e ti condanni alla inutilità verso te stesso. A questo punto non rimane che servire il desiderio...Tu vedi nella metafisica una minaccia di violenza e potere sulla libertà, mentre a me sembra che sia chi si serve della metafisica per i suoi fini nichilistici ad aver esercitato questo potere. Non si può ritenere una medicina , nata per curare, un veleno solo perché qualcuno se ne serve per avvelenare il nemico. Pur non essendo un metafisico, e tenendomi lontano dai suoi estremi, riconosco però la superiore valenza etica di questa posizione rispetto al suo opposto che, relativizzando l'etica stessa, non può che consegnare l'esistenza alla soddisfazione inesausta dell'ego. La frase "economia di tempo e di energie" mi è incomprensibile, sono sincero, non penso proprio sia un problema di "tempo" ma di qualità. La mia è bassa, purtroppo, sul lato filosofico...ma sono fiducioso su altri versanti  ;D ;D

P.S. utilizzo un paragone già usato da Acquario69 in un altro topic e che penso sia tratto da una intervista di questi giorni a Nico Rosberg, ossia quello del criceto. Una posizione simile a quella del relativista che, come un criceto, corre continuamente all'insù, sapendo che in questo modo non può far altro che far girare in continuazione la ruota rimanendo sempre nella stessa posizione, pur avendo la sensazione di correre... almeno il criceto ne è inconsapevole. Non conviene al relativista assoluto , a questo punto, saltar giù dalla ruota? Sbarazzarsi dell'inutile riflessione filosofica e guardarsi intorno in cerca di qualcos'altro? Perché continuare a correre? Non dirmi che è solo per divertimento...
Sulla strada del bosco
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Angelo Cannata

#56
Io non ho certezze, sono gli altri che mi dicono di averle; poi succede sempre che queste certezze non reggono di fronte ad una critica qualsiasi.

Riguardo al criceto che gira nella sua ruota, questo è un sospetto che si può applicare a tutti; chiunque di noi potrebbe essere il criceto, ciascuno entro il suo modo di pensare. È per questo che io cerco di non fidarmi di alcun modo di pensare e di sperimentare modi di pensare sempre diversi. Al contrario, mi viene a risultare che i metafisici, ritenendo di aver raggiunto delle certezze, sono contenti di essersi installati in una ruota da cui non uscire più. Vedi ad esempio il caso di sgiombo che ha affermato che per lui il principio di non contraddizione è indiscutibile: non viene a diventare tale principio una ruota da cui egli ritiene che sia impossibile uscire? Può darsi che egli abbia ragione, ma perché rassegnarsi a questo, anzi, andare in cerca di ruote entro cui chiudersi, come fece Cartesio che andò in cerca di certezze indubitabili? Se esistono ruote di cui siamo prigionieri io preferisco fare di tutto per uscirne. E qual è il metodo migliore per uscire dalle eventuali prigioni se non provare a mettere in discussione tutto?

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 12 Febbraio 2017, 00:41:44 AMIo non ho certezze, sono gli altri che mi dicono di averle; poi succede sempre che queste certezze non reggono di fronte ad una critica qualsiasi. Riguardo al criceto che gira nella sua ruota, questo è un sospetto che si può applicare a tutti; chiunque di noi potrebbe essere il criceto, ciascuno entro il suo modo di pensare. È per questo che io cerco di non fidarmi di alcun modo di pensare e di sperimentare modi di pensare sempre diversi. Al contrario, mi viene a risultare che i metafisici, ritenendo di aver raggiunto delle certezze, sono contenti di essersi installati in una ruota da cui non uscire più. Vedi ad esempio il caso di sgiombo che ha affermato che per lui il principio di contraddizione è indiscutibile: non viene a diventare tale principio una ruota da cui egli ritiene che sia impossibile uscire? Può darsi che egli abbia ragione, ma perché rassegnarsi a questo, anzi, andare in cerca di ruote entro cui chiudersi, come fece Cartesio che andò in cerca di certezze indubitabili? Se esistono ruote di cui siamo prigionieri io preferisco fare di tutto per uscirne. E qual è il metodo migliore per uscire dalle eventuali prigioni se non provare a mettere in discussione tutto?

Ma non rispondi alla domanda che anche prima ti ho posto, ossia: In concreto, quali sono questi modi di pensare "diversi" che altri non hanno già pensato? Il  relativismo ti sembra per caso un modo nuovo di pensare? Già al tempo di Buddha era seguito da maestri eterodossi molto famosi e si parla di 2.500 anni fa circa. Guarda che è già stato messo tutto in discussione da molto tempo ormai, se non appare è perché la volontà di potere umana si è servita del pensiero filosofico per i suoi fini. E , in ogni caso, il pensiero relativista è proprio quello che domina l'umanità in questo particolare momento storico ( almeno nell'Occidente senz'altro). Quando si parla di certezze , mi sembra che tu pretendi una bella formula logica e semantica che tutti , urlando felici,  proclamino: "'Ecco la Verità" senza alcun dubbio rimanente. Ma le famose "certezze" investono l'intera sfera delle possibilità esperienziali umane e della coscienza stessa e non necessariamente possono o devono essere comunicabil attraverso una formula verbale, se no cadiamo in quello che tu mi contesti, ossia nella necessità di un assoluto semantico e logico, che io invece considero necessario e reale, ma relativo alla condizione strutturale umana e non un assoluto metafisico, o principio che dir si voglia. E' la semplice constatazione di qualcosa che c'è, esiste in forma interdipendente e di cui possiamo fare esperienza. La chiusura che tu contesti alla metafisica mi pare la stessa chiusura ravvisabile nel relativismo nichilista. Il relativismo non mi sembra un pensare "altro" rispetto alla metafisica, ma un'opposto di pura impronta semantica. Mi appare come lo stesso pensiero che corre sempre sullo stesso filo... in direzione divergente. Ossia , nulla di nuovo sotto il sole...la gabbia è sempre ben salda. Se vuoi mettere in discussione tutto devi iniziare a mettere in discussione anche il tuo voler sempre mettere in discussione tutto; ma come puoi fidarti della risposta se metti in discussione anche quello che deve mettere tutto in discussione e chi è che lo mette in discussione? Sei condannato ad una regressione all'infinito, simile ad una caduta senza appigli e senza fondo. Questo se resti sul piano del pensiero e non ti servi, invece, del pensiero come uno strumento per creare scale d'ascesa all'esperienza diretta di quello che viene semplicemente definito come "certezza"; invero una semplice definizione che lascia il tempo che trova...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

#58
Io non cerco il nuovo per il nuovo, il puro orgoglio di pensare in modi inediti, mai sfiorati da altri. Io cerco il crescere, il divenire, camminare, progredire. La metafisica cerca invece l'opposto: punti d'arrivo dove non ci sia più crescita, se non all'interno di essi stessi. Questa è la verità, la certezza, metafisicamente intesa: se è una verità assoluta, significa che riguardo ad essa non potrà mai esserci alcuna evoluzione, se non all'interno di essa; è uno stabilire binari obbligatori da cui non uscire; una gabbia insomma.

Sono d'accordo sul fatto che un rifiutare ad oltranza è sterile; il mio infatti non è un rifiutare, ma un invito a considerare le cose discutibili, soggette ad evoluzione della loro comprensione. Se uno mi dice che in cielo c'è il sole, ciò che cerco non è rifiutare la sua affermazione, ma considerarla uno spunto per progredire, ma progredire senza limiti, in ogni aspetto; invece il metafisico mi dice che c'è un aspetto su cui non si deve progredire, ed è precisamente l'aspetto del suo essere una verità oggettiva.

Per quanto riguarda ciò che tu chiami assoluto relativo alla condizione umana, non capisco che cos'abbia di assoluto: se un'affermazione è relativa alla condizione umana, allora è discutibile in tutti i suoi aspetti; se in contemporanea tu la definisci assoluta, mi sembra di dover dedurre che c'è almeno qualche aspetto su cui non ammetti discussione; ciò per me non è altro che metafisica.

Io non mi fido affatto del mio mettere in discussione tutto: non lo considero la salvezza del mondo; il problema è che finora nessuno mi ha mostrato metodi più aperti.

Voglio aggiungere un paragone per tentare di chiarire meglio la mia posizione. Consideriamo Picasso. Molti considerano i suoi quadri delle storture insensate, nient'altro che scarabocchi senza senso, un'accozzaglia di parti del corpo o del viso che solo lui poteva considerare ritratti. Eppure ci sarà un motivo se Picasso è diventato uno dei più grandi pittori del mondo, proprio con quelle sue accozzaglie di occhi e nasi alla rinfusa. Il motivo per me è questo: egli suggerisce nuove vie di pensiero, nuovi modi di accostarsi al vissuto, alla realtà, nuovi modi di esprimere la nostra interiorità. Questo è ciò che io provo quando vedo le reazioni reazionarie di fronte all'antimetafisica: scandalo di fronte al nuovo da parte di menti che non accettano che certi canoni tradizionali vengano messi in discussione, esattamente come non accetterebbero che certi quadri di Picasso possano essere considerati ritratti.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 12 Febbraio 2017, 04:13:30 AMIo non cerco il nuovo per il nuovo, il puro orgoglio di pensare in modi inediti, mai sfiorati da altri. Io cerco il crescere, il divenire, camminare, progredire. La metafisica cerca invece l'opposto: punti d'arrivo dove non ci sia più crescita, se non all'interno di essi stessi. Questa è la verità, la certezza, metafisicamente intesa: se è una verità assoluta, significa che riguardo ad essa non potrà mai esserci alcuna evoluzione, se non all'interno di essa; è uno stabilire binari obbligatori da cui non uscire; una gabbia insomma. Sono d'accordo sul fatto che un rifiutare ad oltranza è sterile; il mio infatti non è un rifiutare, ma un invito a considerare le cose discutibili, soggette ad evoluzione della loro comprensione. Se uno mi dice che in cielo c'è il sole, ciò che cerco non è rifiutare la sua affermazione, ma considerarla uno spunto per progredire, ma progredire senza limiti, in ogni aspetto; invece il metafisico mi dice che c'è un aspetto su cui non si deve progredire, ed è precisamente l'aspetto del suo essere una verità oggettiva. Per quanto riguarda ciò che tu chiami assoluto relativo alla condizione umana, non capisco che cos'abbia di assoluto: se un'affermazione è relativa alla condizione umana, allora è discutibile in tutti i suoi aspetti; se in contemporanea tu la definisci assoluta, mi sembra di dover dedurre che c'è almeno qualche aspetto su cui non ammetti discussione; ciò per me non è altro che metafisica. Io non mi fido affatto del mio mettere in discussione tutto: non lo considero la salvezza del mondo; il problema è che finora nessuno mi ha mostrato metodi più aperti. Voglio aggiungere un paragone per tentare di chiarire meglio la mia posizione. Consideriamo Picasso. Molti considerano i suoi quadri delle storture insensate, nient'altro che scarabocchi senza senso, un'accozzaglia di parti del corpo o del viso che solo lui poteva considerare ritratti. Eppure ci sarà un motivo se Picasso è diventato uno dei più grandi pittori del mondo, proprio con quelle sue accozzaglie di occhi e nasi alla rinfusa. Il motivo per me è questo: egli suggerisce nuove vie di pensiero, nuovi modi di accostarsi al vissuto, alla realtà, nuovi modi di esprimere la nostra interiorità. Questo è ciò che io provo quando vedo le reazioni reazionarie di fronte all'antimetafisica: scandalo di fronte al nuovo da parte di menti che non accettano che certi canoni tradizionali vengano messi in discussione, esattamente come non accetterebbero che certi quadri di Picasso possano essere considerati ritratti.

Ma non si può impedire ad una cosa di essere oggettiva, se lo è, solo perché noi desideriamo che non lo sia, in quanto riteniamo che , se esiste qualcosa di oggettivo, questo limita la nostra libertà di "progredire" (?). Per questo scrivevo del pericolo di ridursi ad "inseguire il proprio desiderio" ( di cambiamento) che è una delle caratteristiche psicologiche profonde della nostra mente di scimmia, continuamente tesa ad afferrare qualcos'altro, spesso non altro che un sperimentare sterilmente. I quadri di Picasso non sono una nuova forma di pensiero, ma un tentativo di nuova forma di armonia, che è una cosa diversa a parer mio. Questa armonia a qualcuno parla, ad altri non dice assolutamente nulla. Non capisco nemmeno questa sorta di dualità che introduci: Metafisica=impossibilità di progredire e conseguentemente relativismo=possibilità di progredire. Avere un punto fermo non impedisce l'andare avanti, come essere senza punti fermi non impedisce di tornare indietro. Penso che sarà sempre un problema di qualità del pensiero. Un metafisico intelligente sarà da preferire ad un relativista scimunito e viceversa...
Quando parlo di assoluto (minuscolo) relativo alla condizione umana mi riferisco a quell'insieme di fattori costanti che permettono, e ci permettono, di condividere esperienze. Se non fosse presente questa struttura come potrebbero il Sari e Angelo Cannata discutere di metafisica o di relativismo e stabilire dei giudizi su di essi, o delle preferenze? Tu , allergico al solo termine "assoluto", subito parli di approccio metafisico e il Sari ti risponde:"Metafisica? Ti parlo solo di qualcosa di cui tutti facciamo esperienza..."
Io non ho nessun problema né con la tradizione, né con il rifiuto della tradizione. Non sono in competizione con nessuna delle due posizioni e non mi identifico con nessuna delle due. Non ritengo che il "nuovo" sia da preferire al "vecchio" e non ritengo che "il vecchio" sia preferibile al "nuovo". Sono termini senza senso, a parer mio. Mi tengo lontano ( o cerco di farlo) da ogni estremo e apprezzo la"qualità" di ogni cosa, sia che rifulga nella novità o piuttosto che sia coperta dalla patina del "tempo"...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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