Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

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Vito J. Ceravolo

«[...] affinché il nulla non esista deve negarsi all'esistenza implicando così l'esistenza stessa. Una logica negativa per cui è necessario che esista l'esistenza per la non esistenza del nulla [...].
[...] Se il "nulla assoluto" è impossibilitato a esistere per la sua identità priva di valore, allora il nulla non può accadere e necessariamente deve accadere qualcos'altro affinché ad accadere non sia il nulla. Che è come dire: il nulla non può esserci, altrimenti il nulla sarebbe, ma se il nulla non può esserci allora "qualcosa"; perché: se non c'è nulla allora o c'è nulla, il che contraddirebbe il non esserci del nulla, o c'è qualcosa. E badate bene: se con l'inversione verbo-soggetto la frase non cambia di significato, allora il misterioso "non c'è nulla" brilla come "nulla non c'è" quindi necessariamente qualcosa. Anche se poi "non c'è nulla" o "nulla non c'è" possano rispondere a domande diverse, pur mantenendo lo stesso risultato. Relativamente si potrebbe dire: "non c'è nulla di quello che intendevo ma c'è altro" oppure "nulla non c'è, guarda bene". A questo punto sospendiamo qui la domanda heideggeriana e riassumiamo le diverse logiche sopra espresse [...]»


Ceravolo V.J., Mondo. Strutture portanti, Editore Il Prato, Collana Cento Talleri, 2016 (dicembre), Nihil negativum e privatum, pp. 133-134

Libro sul sito della casa editrice Il Prato, collana Cento talleri
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Ciò che qui ho riportato è un piccolo estratto del paragrafo "3.15. Nihil negativum e privatum" del suddetto libro, dove si esamina la differenza fra nulla assoluto e relativo, così da abbattere ciò che Jim Holt (Perché il mondo esiste?) chiama "l'ultimo baluardo del nichilismo".

donquixote

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM«[...] affinché il nulla non esista deve negarsi all'esistenza implicando così l'esistenza stessa. Una logica negativa per cui è necessario che esista l'esistenza per la non esistenza del nulla [...]. [...] Se il "nulla assoluto" è impossibilitato a esistere per la sua identità priva di valore, allora il nulla non può accadere e necessariamente deve accadere qualcos'altro affinché ad accadere non sia il nulla. Che è come dire: il nulla non può esserci, altrimenti il nulla sarebbe, ma se il nulla non può esserci allora "qualcosa"; perché: se non c'è nulla allora o c'è nulla, il che contraddirebbe il non esserci del nulla, o c'è qualcosa. E badate bene: se con l'inversione verbo-soggetto la frase non cambia di significato, allora il misterioso "non c'è nulla" brilla come "nulla non c'è" quindi necessariamente qualcosa. Anche se poi "non c'è nulla" o "nulla non c'è" possano rispondere a domande diverse, pur mantenendo lo stesso risultato. Relativamente si potrebbe dire: "non c'è nulla di quello che intendevo ma c'è altro" oppure "nulla non c'è, guarda bene". A questo punto sospendiamo qui la domanda heideggeriana e riassumiamo le diverse logiche sopra espresse [...]» Ceravolo V.J., Mondo. Strutture portanti, Editore Il Prato, Collana Cento Talleri, 2016 (dicembre), Nihil negativum e privatum, pp. 133-134 Libro sul sito della casa editrice Il Prato, collana Cento talleri academia.edu VJCeravolo facebook VJCeravolo Ciò che qui ho riportato è un piccolo estratto del paragrafo "3.15. Nihil negativum e privatum" del suddetto libro, dove si esamina la differenza fra nulla assoluto e relativo, così da abbattere ciò che Jim Holt (Perché il mondo esiste?) chiama "l'ultimo baluardo del nichilismo".

Il vocabolo nulla così come il vocabolo Tutto hanno una connotazione particolare e non hanno un opposto; non trattandosi di vocaboli sottoposti a "definizione", quindi a limitazione, non c'è niente che gli si possa opporre poichè l'opposizione dovrebbe situarsi al di fuori del loro limite, della loro definizione, che non esiste. Il Tutto comprende tutto ciò che è (quindi da esso niente può essere escluso) e dunque il nulla è solo un opposto in senso grammaticale che non ha e non può avere alcun tipo di esistenza. È solo una parola senza alcun significato e senza alcun nesso con la realtà, per quanto ampia la si possa considerare. Se il nulla  fosse o esistesse (sotto qualunque forma) allora il Tutto non sarebbe più tale poichè vi sarebbe qualcosa al di fuori di esso e dunque non sarebbe più il Tutto. L'esistenza non può sussistere di per sé perchè l'esistenza è un predicato, un attributo, una condizione secondaria che per sussistere necessita di una condizione primaria: l'essenza; la frase "il nulla esiste" è doppiamente contraddittoria poichè non è possibile attribuire una qualità (l'esistenza) a qualcosa che non ha essenza. "Non c'è nulla" o "nulla c'è" sono solo modi di dire colloquiali e semplicistici che non hanno alcuna valenza filosofica, come se ne sentono tanti tutti i giorni.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

sgiombo

#2
CitazioneVolendo cercare il pelo nell' uovo, mi sembra che invertendo soggetto e verbo in italiano (a volte) può cambiare il senso delle frasi.
Per esempio la frase "l' uomo mangia (il cinghiale)" è ben diversa da "mangia l' uomo (il cinghiale )" o "Marc Marquez batte Valentino Rossi" è ben diversa da "Batte Marc Marquez Valentino Rossi" (e anche da "Abbatte Marc Marquez Valentino Rossi" da "Marc Marquez abbatte Valentino Rossi").
E se vogliamo considerare frasi in cui compaiono solo soggetto e predicato, senza complementi, allora l' imperativo "Giovanni, uccidi!" è ben diverso dall' altro imperativo "uccidi Giovanni!" (la virgola, ben visibile nella frase scritta, può sfuggire del tutto nella frase pronunciata).

In italiano inoltre crea una certa confusione il fatto che (illogicamente, in senso letterale) due negazioni a volte negano (anziché affermare, secondo logica). Per esempio "non esiste nulla" non significa (come sarebbe logico) che esiste qualcosa, ma che esiste il nulla ovvero che non esiste alcunché.

Secondo me per considerare correttamente il problema (almeno per come lo intendo io; ma non so se fraintendendo te) bisogna iniziare dalla distinzione fra realtà e pensiero. Cioè, per cercare di essere il più chiaro possibile, dalla differenza fra realtà (in sé, in quanto tale, relativamente al suo essere reale) e pensiero (non in sé, non in quanto tale: pensiero, non relativamente al suo essere reale, bensì) relativamente al suo "oggetto" o "contenuto": la realtà che denota, se denota qualcosa di reale (per esempio il concetto di un cavallo, un "cavallo pensato", oltre che -e a prescindere dal fatto che- è il concetto di un cavallo reale, se è il pensiero di un cavallo reale); oppure la non-realtà che connota, se non denota alcunché di reale (per esempio il concetto di un ippogrifo, un "ippogrifo pensato", che non è il pensiero di un ippogrifo reale).
Il pensiero del nulla assoluto, cioè che non esista alcunché, è possibile (in quanto tale: pensiero; cioè è logicamente corretto, sensato, lo si può benissimo pensare senza che alcunché lo vieti). Ma il (reale) predicarlo affermativamente, l' affermare che realmente si dà, che realmente accade il nulla assoluto (se realmente questa affermazione accade) è falso, dal momento che (per l' ipotesi qui considerata) tale affermazione accade ed è qualcosa (di reale) e non nulla (di reale).

sgiombo

Citazione di: donquixote il 30 Gennaio 2017, 20:04:58 PM


Il vocabolo nulla così come il vocabolo Tutto hanno una connotazione particolare e non hanno un opposto; non trattandosi di vocaboli sottoposti a "definizione", quindi a limitazione, non c'è niente che gli si possa opporre poichè l'opposizione dovrebbe situarsi al di fuori del loro limite, della loro definizione, che non esiste. Il Tutto comprende tutto ciò che è (quindi da esso niente può essere escluso) e dunque il nulla è solo un opposto in senso grammaticale che non ha e non può avere alcun tipo di esistenza. È solo una parola senza alcun significato e senza alcun nesso con la realtà, per quanto ampia la si possa considerare. Se il nulla  fosse o esistesse (sotto qualunque forma) allora il Tutto non sarebbe più tale poichè vi sarebbe qualcosa al di fuori di esso e dunque non sarebbe più il Tutto. L'esistenza non può sussistere di per sé perchè l'esistenza è un predicato, un attributo, una condizione secondaria che per sussistere necessita di una condizione primaria: l'essenza; la frase "il nulla esiste" è doppiamente contraddittoria poichè non è possibile attribuire una qualità (l'esistenza) a qualcosa che non ha essenza. "Non c'è nulla" o "nulla c'è" sono solo modi di dire colloquiali e semplicistici che non hanno alcuna valenza filosofica, come se ne sentono tanti tutti i giorni.

CitazioneDissento in toto.

Sia "tutto" che "nulla" hanno un senso (denotazione) stabilita per definizione, come tutti gli altri vocaboli (simboli verbali). 

Essi sono reciprocamente contrari (dunque hanno ciascuno un contrario, rappresentato dall' altro di essi).

Se -per ipotesi- il nulla fosse o esistesse (non esistesse alcunché), allora il tutto (esistente) sarebbe costituito dal nulla, ovvero non sarebbe costituito da alcunché; e nulla vi sarebbe fuori di (od oltre ad) esso: dunque continuerebbe tranquillamente ad essere il tutto (esistente), ovvero il nulla che esisterebbe costituendo la totalità dell' esistente (nell' ipotesi considerata).

L' esistenza di qualcosa può essere un fatto reale (negarlo significherebbe che non può esistere alcunché, ovvero che deve necessariamente essere il nulla: il nichilismo più "sfrenato"!), anche se é sensatamente predicabile (affermativamente oppure negativamente) solo di un qualche soggetto.


donquixote

Citazione di: sgiombo il 30 Gennaio 2017, 20:54:12 PMDissento in toto. Sia "tutto" che "nulla" hanno un senso (denotazione) stabilita per definizione, come tutti gli altri vocaboli (simboli verbali). Essi sono reciprocamente contrari (dunque hanno ciascuno un contrario, rappresentato dall' altro di essi). Se -per ipotesi- il nulla fosse o esistesse (non esistesse alcunché), allora il tutto (esistente) sarebbe costituito dal nulla, ovvero non sarebbe costituito da alcunché; e nulla vi sarebbe fuori di (od oltre ad) esso: dunque continuerebbe tranquillamente ad essere il tutto (esistente), ovvero il nulla che esisterebbe costituendo la totalità dell' esistente (nell' ipotesi considerata). L' esistenza di qualcosa può essere un fatto reale (negarlo significherebbe che non può esistere alcunché, ovvero che deve necessariamente essere il nulla: il nichilismo più "sfrenato"!), anche se é sensatamente predicabile (affermativamente oppure negativamente) solo di un qualche soggetto. 

Invece di fare delle ipotesi e dei giochi di parole che servono solo a confondere  dovresti spiegare cosa ho scritto di sbagliato. Se ogni parola è connotata dalla sua definizione la parola "tutto" (o "totalità") se affermata così com'è senza attribuzioni particolari (la totalità degli uomini, o delle stelle, o delle automobili) che la limiterebbero contiene qualsiasi ente, materiale o spirituale, visibile o non visibile, conoscibile o non conoscibile, manifesto o immanifesto. Nella parola "tutto" sono comprese tutte queste "cose" e se qualcosa rimanesse fuori significa che il tutto non è più tutto, ma solo una parte da cui manca ciò che si trova al di fuori, e dunque non si potrebbe chiamare "tutto" in quanto contraddittorio rispetto alla sua "definizione". E se tutto è contenuto nel tutto da cosa sarebbe costituito il "nulla"? Cosa conterrebbe?
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Vito J. Ceravolo

Mentre il nulla non è definibile, se anche il tutto non lo fosse allora nulla sarebbe definibile, neppure le parole che ci scambiamo; oltre al fatto che ciò contraddirebbe l'indefinibilità del nulla e la perfetta determinazione del tutto che in quanto tutto è la determinazione di ogni cosa.
In questo senso il nulla non può avere alcun tipo di esistenza perché se l'avesse il tutto non sarebbe tale; deve cioè negarsi all'esistenza all'infinito, implicandola negativamente.

Esiste poi una nuova definizione di esistenza che parte dalle sue origine etimologiche:

L'esistenza è la sostanza d'ogni cosa che è. Ciò che non è prodotto da niente se non da sé. Il suo esistere, cioè avere l'essere, è proprio della sua natura. [p. 118]

"Nulla non c'è" rimane un derivato negativo dell'esserci, mentre dall'essere si dice "nulla non è". In entrambi i casi si ha l'annullamento di una possibile qualità ed esistenza del nulla, qualcosa che sta alla base di quel tipo di filosofia che trova nella logica formale una guida A=A. 
Invece "Nulla c'è" come "c'è nulla", se da una parte colloquiale sono qualcosa di utilizzato, dall'altra scientifico-filosofica sono qualcosa di concettualmente contraddittorio A≠A. 

L'inversione verbo predicato funziona così:
1) verso "l'uomo (chi) mangia (fa)" 
1a) inverso "mangia (fa) l'uomo (chi)" 

2) verso "l'uomo (chi) mangia (fa) il chinghiale (cosa)" 
2a) inverso "il chinghiale (cosa) l'uomo (chi) mangia (fa) "

3) verso "Marc Marquez (chi) Batte (fa) Valentino Rossi (cosa)" 
3a) inverso "Batte (fa) Marc Marquez (chi)  Valentino Rossi (cosa)"

In sostanza la frase, con l'inversione verbo soggetto, cambia significato solo se si invertono fra loro anche i significati di "chi" fa e "cosa" fa; ma in questo caso si ha una frase completamente diversa, mentre io ho parlato solo di una inversione predicato-soggetto, e non di un'inversione dei significati e valori delle parole utilizzate. 
E comunque questa è una posizione linguistica che condivido, non solo per la sopra dimostrazione, ma riconosciuta anche in ambito linguistico, come per esempio da Aldo Moro (Breve storia del verbo essere) oltre che da molti altri su cui non mi dilungo. 

La frase "non esiste nulla" non è data da una doppia negazione ma da una sola negazione che si applica su un oggetto. Esattamente "non esiste A" non è una doppia negazione, indipendentemente se l'oggetto A sia una pera, una mela, tutto, nulla, la pragmatica ecc.

La particolarità paradigmatica da cui si erge questa piccola citazione, è un nuovo paradigma che riconosce la verità sia dei fenomeni che della cosa in sé. Tale paradigma è anticipato nella quarta di copertina del libro di riferimento (per leggerla cliccare sopra uno dei link nel post di apertura). 

Sull'opposizione bisogna logicamente accettare formalmente (logica formale) che ogni cosa ha la sua negazione, anche se questo è sicuramente un problema fondamentale.
Ci tengo comunque a precisare che in rigore di questo particolare "nuovo paradigma", se la predicazione è riferibile sensatamente solo al soggetto predicante, ciò non necessariamente nega l'esistenza di una cosa al mancare di questo o quell'altro particolare soggetto.

donquixote

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 30 Gennaio 2017, 22:14:57 PMMentre il nulla non è definibile, se anche il tutto non lo fosse allora nulla sarebbe definibile, neppure le parole che ci scambiamo; oltre al fatto che ciò contraddirebbe l'indefinibilità del nulla e la perfetta determinazione del tutto che in quanto tutto è la determinazione di ogni cosa. In questo senso il nulla non può avere alcun tipo di esistenza perché se l'avesse il tutto non sarebbe tale; deve cioè negarsi all'esistenza all'infinito, implicandola negativamente.

Per definizione non intendo la descrizione che ne darebbe un vocabolario, ma nel senso etimologico di delimitazione (fines=limite) Il tutto non può essere limitato da alcunchè perchè se questo accadesse ciò che lo limita dovrebbe essere esterno al tutto, e quindi lo negherebbe. Se dunque il nulla non può essere definito perchè non contiene nulla anche il tutto non può esserlo perchè contiene tutto. Nessuno dei due concetti ha limitazioni

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 30 Gennaio 2017, 22:14:57 PM
Esiste poi una nuova definizione di esistenza che parte dalle sue origine etimologiche:
L'esistenza è la sostanza d'ogni cosa che è. Ciò che non è prodotto da niente se non da sé. Il suo esistere, cioè avere l'essere, è proprio della sua natura. [p. 118]
 

L'etimologia di esistenza è ex-stare ovvero stare (o essere) fuori, quindi l'esistenza non è, secondo me, la sostanza dell'essere, ma la sua manifestazione; ciò che dell'essere si manifesta, che viene alla luce, che ex-siste.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Vito J. Ceravolo

#7
Mia colpa in errata corrige:
1) La frase giusta è: "Esiste poi una nuova definizione di esistenza che parte dal suo significato originario": quello di avere l'essere portandolo esplicitamente nel suo significato.
2) Errato è anche il nome "Aldo Moro" che in verità è Andrea Moro.

La mia buona fede in questi due errori si riscontra nel libro in cui invece vengono riportati correttamente, sia Andrea Moro in bibliografia che la differenza etimologica fra essere ed esistenza:
 
-  L'esistenza consiste etimologicamente nello stare (in latino existere da ex e sistere forma derivata da stàre): l'esistenza sta [...] nel permanere;
-   L'essere si compone etimologicamente nell'esistenza (radice da es nelle lingue di ramo europeo, contenente la nozione di esistenza): l'essere esiste [...] nel divenire, una sorta di attività come lascia intendere la forma participiale inglese be-ing. [p. 123]

E questo è uno dei motivi della sopra nuova definizione di "esistenza", etimologicamente valido e completo. Ma la definizione di una parola è anche il suo vocabolario, che è quello tramite cui la riconosciamo e distinguiamo da un'altra; e l'esistenza ha l'essere esplicitamente nel suo significato mentre l'esistere si cova nell'essere.
Quindi il problema non è certo la mia ivi definizione completa di "esistenza", ma sta su un altro piano: nel millenario conflitto per il quale il principio primo è nel contempo finito e infinito. Questo conflitto ci catapulta sull'altro tuo discorso, un conflitto aperto che rende valida tanto la tua definizione di limite quanto la mia definizione di finita perfezione [pp.122, 124].
Ma questi sono solo uno dei modi di parlare del detto "millenario conflitto finito-infinito del principio primo". Il che non toglie le altre forme con cui se ne può parlare e se ne è parlato da Parmenide in poi: immobile; divenire; ecc.
Il libro si poggia sulla possibilità di risolvere positivamente questo apparente contraddizione, cioè risolverlo attraverso la logica formale.

Nella citazione in apertura, comunque, si chiarisce che tale soluzione della domanda heideggeriana passa attraverso una differenziazione fra nulla assoluto e nulla relativo.  Il che mi permette di arrivare a tale risoluzione heideggeriana attraverso vie diverse dal detto contrasto millenario (benché l'abbia obbligatoriamente trattato, ma attraverso termini puramente esistenziali). La teoria di fondo è questa: se c'è un principio primo per tutto allora tutto ha, in linea di principio, un percorso di riconduzione al detto principio. Cioè: esistono tante strade per dare una soluzione corretta ad un dato problema, benché ogni diversa sintesi (strada) generi uno o l'altro insieme di relazioni descrittive che, se ben utilizzate, devono coesistere reciprocamente senza contraddirsi logicamente, appunto per la medesima unità di fondo per cui si danno [p. 75]
Ammetto che il libro da cui questa citazione è esteso.

sgiombo

#8
Citazione di: donquixote il 30 Gennaio 2017, 21:41:00 PM
Citazione di: sgiombo il 30 Gennaio 2017, 20:54:12 PMDissento in toto. Sia "tutto" che "nulla" hanno un senso (denotazione) stabilita per definizione, come tutti gli altri vocaboli (simboli verbali). Essi sono reciprocamente contrari (dunque hanno ciascuno un contrario, rappresentato dall' altro di essi). Se -per ipotesi- il nulla fosse o esistesse (non esistesse alcunché), allora il tutto (esistente) sarebbe costituito dal nulla, ovvero non sarebbe costituito da alcunché; e nulla vi sarebbe fuori di (od oltre ad) esso: dunque continuerebbe tranquillamente ad essere il tutto (esistente), ovvero il nulla che esisterebbe costituendo la totalità dell' esistente (nell' ipotesi considerata). L' esistenza di qualcosa può essere un fatto reale (negarlo significherebbe che non può esistere alcunché, ovvero che deve necessariamente essere il nulla: il nichilismo più "sfrenato"!), anche se é sensatamente predicabile (affermativamente oppure negativamente) solo di un qualche soggetto.  

Invece di fare delle ipotesi e dei giochi di parole che servono solo a confondere  dovresti spiegare cosa ho scritto di sbagliato. Se ogni parola è connotata dalla sua definizione la parola "tutto" (o "totalità") se affermata così com'è senza attribuzioni particolari (la totalità degli uomini, o delle stelle, o delle automobili) che la limiterebbero contiene qualsiasi ente, materiale o spirituale, visibile o non visibile, conoscibile o non conoscibile, manifesto o immanifesto. Nella parola "tutto" sono comprese tutte queste "cose" e se qualcosa rimanesse fuori significa che il tutto non è più tutto, ma solo una parte da cui manca ciò che si trova al di fuori, e dunque non si potrebbe chiamare "tutto" in quanto contraddittorio rispetto alla sua "definizione". E se tutto è contenuto nel tutto da cosa sarebbe costituito il "nulla"? Cosa conterrebbe?

CitazioneBeh, innanzitutto giochi di parole (innocenti; e mi pare anche un po' arguti, almeno per chi segua il motociclismo sportivo, cosa non vietata ai filosofi) mi sembra di averne fatti solo nella mia prima risposta a Vito Ceravolo.

Inoltre se, come é perfettamente pensabile (non: possibile nella realtà, dal momento che "pensare" é un evento, dunque "qualcosa e non "nulla") non esistesse o non accadesse realmente alcunché, ovvero esistesse, accadesse (il) nulla, allora "tutto ciò che esisterebbe - accadrebbe" sarebbe "nulla", la "totalità del reale", il "tutto reale" (non "la totalità del pensabile",  non "il tutto pensabile") sarebbe (il) "nulla".
Questo non mi sembra un gioco di parole ma un onesto ragionamento corretto (fino a prova contraria, se qualcuno me ne proponesse una).

Dunque, come sostenevo in quel primo intervento di cui sopra per intenderci (ed evitare reazioni stizzite -almeno così, francamente, mi pare la tua- ma fuori luogo) bisogna innanzitutto distinguere fra realtà (pensata o meno) e pensiero (circa la realtà o meno): nel concetto di "tutto il pensabile (indipendentemente dal fatto che sia anche reale o meno)" é compreso "di tutto e di più" (tutto ciò che non sia autocontraddittorio cioé insensato) , quindi (fra l' altro) anche tutto quanto da te elencato. Ma é pensabile (ipotizzabile) in maniera perfettamente corretta una realtà costituita da nulla, e in questo ipotetico caso "tutto il reale" sarebbe per l' appunto "nulla (di reale)".

Il nulla (assoluto; non la negazione di qualcosa di determinato, non il nulla relativo) ovviamente, non comprendendo alcunché che potesse contenere qualcosa (o che potesse contenerlo), non conterrebbe né sarebbe contenuto da alcunché, non sarebbe costituito da alcunché: concetti perfettamente logici, sensatissimi, sebbene (ma questo é un altro discorso) il predicarli realmente accadere sarebbe con tutta evidenza falso contraddicendo la realtà (implicante, nell' ipotesi considerata, per lo meno questa predicazione, e dunque "qualcosa" e non "nulla").

Il nulla non può essere (di fatto) saputo (predicato) essere reale. Ma può benissimo essere pensato (ipotizzato, magari negato essere reale se si vuole predicarne veracemente, se si vuole avere una conoscenza vera su di esso).


donquixote

Citazione di: sgiombo il 31 Gennaio 2017, 08:57:07 AMBeh, innanzitutto giochi di parole (innocenti; e mi pare anche un po' arguti, almeno per chi segua il motociclismo sportivo, cosa non vietata ai filosofi) mi sembra di averne fatti solo nella mia prima risposta a Vito Ceravolo. Inoltre se, come é perfettamente pensabile (non: possibile nella realtà, dal momento che "pensare" é un evento, dunque "qualcosa e non "nulla") non esistesse o non accadesse realmente alcunché, ovvero esistesse, accadesse (il) nulla, allora "tutto ciò che esisterebbe - accadrebbe" sarebbe "nulla", la "totalità del reale", il "tutto reale" (non "la totalità del pensabile", non "il tutto pensabile") sarebbe (il) "nulla". Questo non mi sembra un gioco di parole ma un onesto ragionamento corretto (fino a prova contraria, se qualcuno me ne proponesse una). Dunque, come sostenevo in quel primo intervento di cui sopra per intenderci (ed evitare reazioni stizzite -almeno così, francamente, mi pare la tua- ma fuori luogo) bisogna innanzitutto distinguere fra realtà (pensata o meno) e pensiero (circa la realtà o meno): nel concetto di "tutto il pensabile (indipendentemente dal fatto che sia anche reale o meno)" é compreso "di tutto e di più" (tutto ciò che non sia autocontraddittorio cioé insensato) , quindi (fra l' altro) anche tutto quanto da te elencato. Ma é pensabile (ipotizzabile) in maniera perfettamente corretta una realtà costituita da nulla, e in questo ipotetico caso "tutto il reale" sarebbe per l' appunto "nulla (di reale)". Il nulla (assoluto; non la negazione di qualcosa di determinato, non il nulla relativo) ovviamente, non comprendendo alcunché che potesse contenere qualcosa (o che potesse contenerlo), non conterrebbe né sarebbe contenuto da alcunché, non sarebbe costituito da alcunché: concetti perfettamente logici, sensatissimi, sebbene (ma questo é un altro discorso) il predicarli realmente accadere sarebbe con tutta evidenza falso contraddicendo la realtà (implicante, nell' ipotesi considerata, per lo meno questa predicazione, e dunque "qualcosa" e non "nulla"). Il nulla non può essere (di fatto) saputo (predicato) essere reale. Ma può benissimo essere pensato (ipotizzato, magari negato essere reale se si vuole predicarne veracemente, se si vuole avere una conoscenza vera su di esso).


Scusa Sgiombo, ma se rileggendo l'inizio del mio intervento posso comprendere che potesse essere interpretato come una reazione "stizzita", questa non era davvero la mia intenzione, e forse solo la fretta mi ha indotto a mantenere una forma colloquiale e non perfettamente asettica, quindi leggibile anche in termini di "toni". Chiarito ciò (spero), entrando nel merito e cercando di essere preciso e non confusionario devo innanzitutto rilevare che la tua frase  "pensare" é un evento, dunque "qualcosa e non "nulla" non ha senso perchè il pensare non è, come magari credeva anche Cartesio, qualcosa. Non si può "pensare" e basta, o "pensare un pensiero", perchè questa frase è solo una parola accanto ad un'altra che non ha alcun senso. Noi ci possiamo costruire un'idea, un pensiero, solo a partire da un evento che accade, da una nostra percezione interiore o esteriore: per pensare bisogna pensare "qualcosa", ovvero formarsi nella mente un'idea di qualcosa che è esterno alla mente stessa. Questa idea che si forma nella nostra mente (e della medesima percezione ognuno si farà magari un'idea diversa) in italiano diamo il nome convenzionale di pensiero ma il pensiero, come del resto tutti gli altri sostantivi del vocabolario, è solo un "contenitore" convenzionale che acquisisce senso (e realtà) solo se vi è anche il contenuto, che esiste indipendentemente dal fatto che questo venga "pensato" da qualcuno. Dunque anche "pensare il nulla" è una frase senza senso, un mero giro di parole perchè se il nulla è effettivamente tale non si può nemmeno pensarlo. Se dunque tutto ciò che è rientra nel "Tutto", si può pensare solo il "Tutto" o una parte di esso, ma non certo il nulla. Si può certo inventarsi un nulla a proprio comodo e ragionarci su, ma avrebbe lo stesso senso logico e la stessa aderenza alla realtà di una frase che dice: "albero per sublima noi che trattoria in andasse volere dunque tomba se immantinente con mangiarono".
Per quanto riguarda il concetto di realtà non so esattamente cosa tu intenda con questo, ma se intendi "reale" con "esistente" allora il "Tutto", essendo reale, è anche necessariamente esistente.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

sgiombo

CitazioneVito Ceravolo:
Mentre il nulla non è definibile, se anche il tutto non lo fosse allora nulla sarebbe definibile, neppure le parole che ci scambiamo; oltre al fatto che ciò contraddirebbe l'indefinibilità del nulla e la perfetta determinazione del tutto che in quanto tutto è la determinazione di ogni cosa.

Sgiombo:
Il "nulla" è definito (la definizione la puoi trovare su qualsiasi vocabolario).
 


Vito Ceravolo:
In questo senso il nulla non può avere alcun tipo di esistenza perché se l'avesse il tutto non sarebbe tale; deve cioè negarsi all'esistenza all'infinito, implicandola negativamente.

Sgiombo:
Il nulla può in teoria, nell' ambito del mero pensiero (altra cosa essendo la realtà, che sia inoltre anche pensata o meno), esistere; cioè è pensabilissimo senza alcuna contraddizione o non-senso.



Vito Ceravolo:
Invece "Nulla c'è" come "c'è nulla", se da una parte colloquiale sono qualcosa di utilizzato, dall'altra scientifico-filosofica sono qualcosa di concettualmente contraddittorio A≠A. 

Sgiombo:
"Nulla c' è" e "c'è nulla" sono frasi perfettamente logiche, coerenti, non contraddittorie (anche se palesemente false).
Sarebbe contraddittorio casomai dire "nulla è qualcosa (di esistente)" o qualcosa (di esistente) è nulla".



Vito Ceravolo:
In sostanza la frase, con l'inversione verbo soggetto, cambia significato solo se si invertono fra loro anche i significati di "chi" fa e "cosa" fa; ma in questo caso si ha una frase completamente diversa, mentre io ho parlato solo di una inversione predicato-soggetto, e non di un'inversione dei significati e valori [piuttosto delle funzioni sintattiche, N.d.R.] delle parole utilizzate. 

Sgiombo:
Con questo chiarimento concordo (la tua primitiva formulazione si prestava invece a fraintendimenti e obiezioni).
 


Vito Ceravolo:
La frase "non esiste nulla" non è data da una doppia negazione ma da una sola negazione che si applica su un oggetto. Esattamente "non esiste A" non è una doppia negazione, indipendentemente se l'oggetto A sia una pera, una mela, tutto, nulla, la pragmatica ecc.

Sgiombo:
Nulla = negazione di qualsiasi cosa.
Dunque "non esiste nulla" è una doppia negazione ammessa in lingua italiana in deroga (eccezione) a un principio logico: letteralmente dovrebbe significare "esiste (per lo meno) qualcosa), esattamente al contrario di quanto invece  di fatto significa.
Infatti lingue più coerentemente logiche dell' italiano, come ad esempio il latino, non cadono in questa "inappropriatezza" o "eccezione alla regola" logica: nihil est = non esiste nulla; nihil non est (la traduzione letterale dell' italiano "non c'é nulla"!) = non (é vero che) non esiste nulla = esiste (almeno) qualcosa" (l' esatto contrario della traduzione letterale o "pedissequa" in italiano).

Vorrei cogliere l' occasione di questa discussione per accennare nuovamente a ciò che penso per parte mia di questo problema del "perché c' è qualcosa (in generale; e in particolare "questo" determinato qualcosa che c' è) anziché (il) nulla?".
 Tuttavia, poiché l' ho già fatto in altre discussioni, evito un fastidioso copia-incolla e invito te e chiunque non l' avesse già fatto e trovasse interessante la questione a leggere quel che ne penso nella mia recente risposta #28 del 14 Gennaio c.a. nella discussione "Cos' è un ente? Perché è diverso da un niente?".
Grazie per l' attenzione.

sgiombo

Citazione di: donquixote il 31 Gennaio 2017, 11:48:51 AM

Scusa Sgiombo, ma se rileggendo l'inizio del mio intervento posso comprendere che potesse essere interpretato come una reazione "stizzita", questa non era davvero la mia intenzione, e forse solo la fretta mi ha indotto a mantenere una forma colloquiale e non perfettamente asettica, quindi leggibile anche in termini di "toni". Chiarito ciò (spero), entrando nel merito e cercando di essere preciso e non confusionario devo innanzitutto rilevare che la tua frase  "pensare" é un evento, dunque "qualcosa e non "nulla" non ha senso perchè il pensare non è, come magari credeva anche Cartesio, qualcosa. Non si può "pensare" e basta, o "pensare un pensiero", perchè questa frase è solo una parola accanto ad un'altra che non ha alcun senso. Noi ci possiamo costruire un'idea, un pensiero, solo a partire da un evento che accade, da una nostra percezione interiore o esteriore: per pensare bisogna pensare "qualcosa", ovvero formarsi nella mente un'idea di qualcosa che è esterno alla mente stessa. Questa idea che si forma nella nostra mente (e della medesima percezione ognuno si farà magari un'idea diversa) in italiano diamo il nome convenzionale di pensiero ma il pensiero, come del resto tutti gli altri sostantivi del vocabolario, è solo un "contenitore" convenzionale che acquisisce senso (e realtà) solo se vi è anche il contenuto, che esiste indipendentemente dal fatto che questo venga "pensato" da qualcuno. Dunque anche "pensare il nulla" è una frase senza senso, un mero giro di parole perchè se il nulla è effettivamente tale non si può nemmeno pensarlo. Se dunque tutto ciò che è rientra nel "Tutto", si può pensare solo il "Tutto" o una parte di esso, ma non certo il nulla. Si può certo inventarsi un nulla a proprio comodo e ragionarci su, ma avrebbe lo stesso senso logico e la stessa aderenza alla realtà di una frase che dice: "albero per sublima noi che trattoria in andasse volere dunque tomba se immantinente con mangiarono".
Per quanto riguarda il concetto di realtà non so esattamente cosa tu intenda con questo, ma se intendi "reale" con "esistente" allora il "Tutto", essendo reale, è anche necessariamente esistente.

CitazioneInnanzitutto sono molto contento per il superamento del malinteso (mi era perfino venuto il dubbio che tu fossi uno dei tanti tifosi "fondamentalisti" di Valentino Rossi che si indispettiscono appena sentono criticare il loro "idolo", a mio parere degno di invece non poche e non tenere critiche).
 


Pensare (se realmente accade) è un evento, e dunque pensare che esiste (il) nulla, che non accada nulla, se realmente accade, è pensare il falso (e che di fatto, nella realtà, se si pensa si pensa per forza qualcosa, cosa che non ho mai negato, non cambi nulla di tutto ciò -sic!-).

Ma -a conferma di quanto fondamentale in filosofia sia sapere distinguere ed evitare di confondere fra "essere reale (che inoltre lo si pensi o meno)" ed "essere pensato (essere reale o meno)"- nell' ambito del pensiero si può benissimo considerare il "pensare" astrattamente, prescindendo dal "contenuto" dei pensieri considerati, da ciò che inevitabilmente nella realtà viene pensato allorché si pensa (e infatti i dizionari riportano la definizione del "pensare" -che dunque ha un senso- in astratto, prescindendo da ciò che di particolare, concretamente nella realtà inevitabilmente si pensa, se realmente si pensa).

Dunque se il nulla è effettivamente ciò che è reale, allora non si può nemmeno pensarlo (non può essere reale nemmeno il pensiero del nulla stesso, coincidente, secondo questa ipotesi, con tutto ciò che è reale).

Ma se invece il nulla non è reale, come a quanto pare di fatto accade, allora il "nulla" può benissimo essere pensato ("pensare il nulla" è una frase sensatissima); tant'è vero che può anche essere predicato essere reale (falsamente) o non essere reale (veracemente; e se si può veracemente pensare "il nulla non è reale" = esiste qualcosa, come mi pare indubitabile, allora a maggior ragione "il nulla" lo si può pensare sensatamente: non si può pensare veracemente -né falsamente- qualcosa che non si può pensare sensatamente).
 


Tu affermi che "in italiano diamo il nome convenzionale di pensiero ma il pensiero, come del resto tutti gli altri sostantivi del vocabolario, è solo un "contenitore" convenzionale che acquisisce senso (e realtà) solo se vi è anche il contenuto, che esiste indipendentemente dal fatto che questo venga "pensato" da qualcuno. Dunque anche "pensare il nulla" è una frase senza senso, un mero giro di parole perchè se il nulla è effettivamente tale non si può nemmeno pensarlo".

Qui bisognerebbe distinguere con Frege il significato di un concetto inteso come "senso" o "connotazione" arbitrariamente stabilita per definizione (che potrebbe anche non essere reale ma solo pensato, come nel caso del concetto di "ippogrifo") e inteso come denotazione reale (se e quando c' è, come nel caso del concetto di "cavallo" e non di quello di "ippogrifo").

Quest' ultima c' è (se c'è) anche se non viene pensata da nessuno (anche senza concetto, pensiero di essa), ovvero indipendentemente dall' essere eventualmente inoltre pensata (è il caso dei cavalli); invece il senso o connotazione di un concetto non reale (se non in quanto tale -concetto, oggetto o "contenuto" di pensiero- allorché lo si pensa) può benissimo esserci (realmente) anche in assenza di denotazione reale (come nel caso degli ippogrifi): basta pensarlo.

Il "nulla (assoluto)" fa parte di quei concetti (pensabilissimi, possibilissimi, sensatissimi oggetti di pensiero) che sono privi di denotazione reale: come si può benissimo, sensatissimamente pensare il concetto di "ippogrifo" (anche se non si dà realmente l' esistenza di alcun ippogrifo), così, esattamente allo stesso modo, si può benissimo, sensatissimamente pensare il concetto di "nulla" (anche se non si dà realmente l' esistenza del nulla ma invece di qualcosa: per lo meno il pensiero del "nulla").
La (pretesa) frase "albero per sublima noi che trattoria in andasse volere dunque tomba se immantinente con mangiarono" non ha alcun senso, non è nemmeno una frase ma una casuale successione di caratteri tipografici non significante alcunché (=significante nulla).
Invece "gli ippogrifi sono cavalli alati", "il nulla realmente non esiste" (che è vero) e perfino "il nulla esiste = non esiste alcunché" (che è falso) sono farsi ben dotate di senso: che siano vere o meno (e di fatto una di esse la è, le altre due non le sono) è tutt' altra questione da quella se siano (lo sono -eccome!- tutte e tre!) dotate di significato, cioè autentiche frasi e non mere successioni insignificanti di caratteri tipografici.
 


Non è reale "il tutto (astrattissimamente inteso in senso assoluto)", in quanto esso comprenderebbe per esempio anche gli ippogrifi, che non sono reali.
E' casomai reale "il tutto reale", che non comprende, fra le tante altre "cose" immaginarie, connotate da concetti senza alcuna denotazione reale, gli ippogrifi), ovvero "tutto ciò che è reale" (=/= "mero oggetto di -eventuale- pensiero").

Si cade sempre sulla questione "fondamentalissima" della distinzione
"essere reale (che anche lo si pensi o meno)" ed "essere pensato (essere reale o meno)".

Vito J. Ceravolo

Del nulla non si può dire altro che non esiste e quindi che non ha alcun valore per cui essere definito. E tanto non esiste fisicamente quanto non esiste concettualmente. 
Tutte le descrizione del nulla che vadano oltre l'affermazione della sua impossibilità definitoria (affermo che non esiste perché per principio non posso affermarne l'esistenza) non sono altro che descrizioni di un nulla relativo, come uno spazio vuoto con la sua precisa struttura metrica finita o infinita, come il vuoto quantistico con le sue profonde leggi matematiche ecc.
Nessuno è in grado di immaginare il nulla o pensarlo, anche nel silenzio dei propri pensieri permane un ronzio di fondo come nella radiazione cosmica universale. E questo non è solo un concetto fisico che impedisce di principio la costituzione del nulla, ma è anche concetto logico-formale, perché qualunque pensiero o immaginazione si riferiscono sempre ad un oggetto, mentre il nulla assoluto non è qualcosa. 

Il nulla non è tanto pensabile-creabile fisicamente quanto concettualmente. Ogni pensiero che s'illude di pensare  il nulla, o qualunque fisicità che s'illude di creare il nulla, a nient'altro si approssima che ad un oggetto e al suo valore. Al più si approssima ad un nulla relativo (come il sopraddetto spazio vuoto, il vuoto quantistico ecc).

Nella logica formale il nulla non è, mentre dire "nulla è" è semplicemente una contraddizione logica A≠A. Questa non è una opinione ma un fatto formale.
La logica di cui parli tu ("nulla è") è prettamente dialettica e non formale. E so bene che esistono "filosofie" che basano il loro presupposti sulla contraddizione formale A≠A  a favore di dialettiche che tutto possono dire. Ma io non sono di queste ultime correnti e nel libro cerco di mostrarne il superamento. 

Poi è vero (come vediamo nel passo successivo) che dire "nulla è nulla" altro non significa dire "nulla non è". Ma ciò non toglie che dire "nulla è" rimane pur sempre una contraddizione fin quando non viene negata attraverso il predicato "nulla": perché nel "nulla è" il verbo essere assume una predicazione esistenziale, cosa in contraddizione col non-valore del nulla.

Le eccezioni non fanno parte della mia filosofia. La mia metafisica copre ogni caso senza alcuna eccezione. Le eccezioni sono casi che mostrano un difetto della regola, e questo è un fondamento della mia filosofia. E in questa mia filosofia la struttura linguistica è uguale per ogni cosa senza alcuna eccezione; sarà poi il contenuto della forma linguistica a decretare uno o l'altro valore o alcun valore.
"X (soggetto) è (copula) nulla (predicato)" significa che X non ha valore. Qualunque cosa sia X. 
"X (soggetto) è (predicato)" significa che X ha valore. Qualunque cosa sia X. 
ecc.
In sostanza bisogna sempre differenziare quando una cosa viene posta come soggetto o predicato. La mancanza di tale differenziazione è fonte di errori e paradossi irrisolvibili. 

Con calma leggerò.

pepe98

Perché il nulla è per definizione ció che non è. Sarebbe contraddittorio dire "(c') è il nulla".

sgiombo

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 31 Gennaio 2017, 18:17:54 PM
Del nulla non si può dire altro che non esiste e quindi che non ha alcun valore per cui essere definito. E tanto non esiste fisicamente quanto non esiste concettualmente.
Tutte le descrizione del nulla che vadano oltre l'affermazione della sua impossibilità definitoria (affermo che non esiste perché per principio non posso affermarne l'esistenza) non sono altro che descrizioni di un nulla relativo, come uno spazio vuoto con la sua precisa struttura metrica finita o infinita, come il vuoto quantistico con le sue profonde leggi matematiche ecc.
Nessuno è in grado di immaginare il nulla o pensarlo, anche nel silenzio dei propri pensieri permane un ronzio di fondo come nella radiazione cosmica universale. E questo non è solo un concetto fisico che impedisce di principio la costituzione del nulla, ma è anche concetto logico-formale, perché qualunque pensiero o immaginazione si riferiscono sempre ad un oggetto, mentre il nulla assoluto non è qualcosa.

Il nulla non è tanto pensabile-creabile fisicamente quanto concettualmente. Ogni pensiero che s'illude di pensare  il nulla, o qualunque fisicità che s'illude di creare il nulla, a nient'altro si approssima che ad un oggetto e al suo valore. Al più si approssima ad un nulla relativo (come il sopraddetto spazio vuoto, il vuoto quantistico ecc).

Nella logica formale il nulla non è, mentre dire "nulla è" è semplicemente una contraddizione logica A≠A. Questa non è una opinione ma un fatto formale.
La logica di cui parli tu ("nulla è") è prettamente dialettica e non formale. E so bene che esistono "filosofie" che basano il loro presupposti sulla contraddizione formale A≠A  a favore di dialettiche che tutto possono dire. Ma io non sono di queste ultime correnti e nel libro cerco di mostrarne il superamento.

Poi è vero (come vediamo nel passo successivo) che dire "nulla è nulla" altro non significa dire "nulla non è". Ma ciò non toglie che dire "nulla è" rimane pur sempre una contraddizione fin quando non viene negata attraverso il predicato "nulla": perché nel "nulla è" il verbo essere assume una predicazione esistenziale, cosa in contraddizione col non-valore del nulla.

Le eccezioni non fanno parte della mia filosofia. La mia metafisica copre ogni caso senza alcuna eccezione. Le eccezioni sono casi che mostrano un difetto della regola, e questo è un fondamento della mia filosofia. E in questa mia filosofia la struttura linguistica è uguale per ogni cosa senza alcuna eccezione; sarà poi il contenuto della forma linguistica a decretare uno o l'altro valore o alcun valore.
"X (soggetto) è (copula) nulla (predicato)" significa che X non ha valore. Qualunque cosa sia X.
"X (soggetto) è (predicato)" significa che X ha valore. Qualunque cosa sia X.
ecc.
In sostanza bisogna sempre differenziare quando una cosa viene posta come soggetto o predicato. La mancanza di tale differenziazione è fonte di errori e paradossi irrisolvibili.

Con calma leggerò.
CitazioneNon esistere fisicamente (realmente) =/= non esistere concettualmente.
 
Siamo sempre qui: da Parmenide in poi, tramite Platone, Hegel e un' infinità di altri, confondere questi due concetti fondamentali ben diversi l' uno dall' altro porta a fraintendimenti inestricabili.
 
Il nulla è pensabilissimo.
Tant' è vero che per poter sostenere (giustamente, veracemente) che il nulla non si dà realmente (ovvero che realmente esiste qualcosa) bisogna pensare (sensatamente) il soggetto, oltre al verbo di questa frase; e il soggetto è per l' appunto "il nulla".
 
Secondo la logica formale dire "nulla è" si può benissimo, correttissimamente, senza alcuna contraddizione (che sia una affermazione vera oppure falsa -e di fatto è falsa- è tutt' altra questione dal suo essere una affermazione corretta, logicamente coerente oppure contraddittoria; e di fatto è corretta, logicamente corrente: non A =/= A, bensì "A" = "A"; non "nulla" =/= "nulla" ovvero "nulla = "-almeno- qualcosa", bensì "nulla" = "nulla").
 
Una predicazione esistenziale può essere attribuita correttamente, non affatto contraddittoriamente (casomai falsamente; ma quello sulla verità o falsità delle affermazioni è tutt' altro discorso di quello sulla loro correttezza logica o meno) di qualsiasi soggetto, ivi compreso il "nulla". Non può esserlo casomai unitamente alla predicazione della negazione di esistenza (ovvero alla negazione della predicazione esistenziale) di qualsiasi concetto: questa si sarebbe una contraddizione!
 
Infatti l' eccezione o contravvenzione alla regola logica che due negazioni affermano non l' ho attribuita alla tua filosofia, bensì alla lingua italiana.
 
"X (soggetto) è (copula) nulla (predicato)" significa che X è nulla, cioé non esiste nella realtà ma casomai solo nei pensieri, nella fantasia (e questo del tutto indipendentemente da come che sia la realtà: X potrebbe benissimo essere l' ippogrifo Pegaso, e la frase sarebbe correttissima, oltre che vera; ma potrebbe anche essere il monte Cervino e sarebbe ugualmente correttissima, benché falsa).
Invece "X (soggetto) è (copula) nulla di realmente esistente (predicato) significa che X realmente non esiste; malgrado questo può avere moltissimo valore (per esempio credo che siamo tutti d' accordo che l' antico dio semitico Baal non esiste; e tuttavia esso aveva grandissimo valore per tutti coloro che rischiavano di finire sue vittime sacrificali, anche se non era reale affatto nemmeno allora, quando si ammazzavano uomini a dozzine per ingraziarselo).

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