Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

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Apeiron

Ah ok sgiombo sono d'accordo anche se il tuo concetto di "essere" è più vicino a ciò che intendo io per "esistenza", visto che per "essere" si è sempre fatto confusione. Nel senso l'essere è divenuto equivalente a "qualsiasi cosa che si può pensare" e non ad "esistenza effettiva/realtà". Ora siccome la non-esistenza è appunto pensabile e ben definita ne segue che non è "il nulla" e quindi ha senso parlare.

Detto questo concordo con te che "perchè esiste...?" presuppone una teleologia.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

#316
Citazione di: Apeiron il 19 Maggio 2017, 20:45:51 PM
Ah ok sgiombo sono d'accordo anche se il tuo concetto di "essere" è più vicino a ciò che intendo io per "esistenza", visto che per "essere" si è sempre fatto confusione. Nel senso l'essere è divenuto equivalente a "qualsiasi cosa che si può pensare" e non ad "esistenza effettiva/realtà". Ora siccome la non-esistenza è appunto pensabile e ben definita ne segue che non è "il nulla" e quindi ha senso parlare.

Detto questo concordo con te che "perchè esiste...?" presuppone una teleologia.
CitazioneE' davvero difficile intendersi per il fatto che alle parole possono  venire assegnati significati diversi.
Occorre un paziente lavoro di "traduzione" in senso quasi letterale.

Effettivamente se per "essere" si intende "qualsiasi cosa si possa pensare" e per "nulla" si intende il suo contrario, ovvero "ciò che non si può pensare", l' "impensabile", allora evidentemente (anzi: tautologicamente!) del "nulla" non si può parlare (il nulla non si può pensare) sensatamente.

Vito J. Ceravolo

vabbuò Sciombo la tua logica non è formale, ma prettamente dialettica. Frasi come queste sono prettamente dialettiche "Il non essere assoluto é per definizione il non esistere/accadere realmente di alcunché e non affatto l' impossibilità di predicazione." Frasi come questa tua hanno una sintattica pari ad A=non-A
Siccome questo non è opinabile, ma c'è una scienza in merito (logica formale), direi che non c'è altro da aggiungere. Se 
Tuttavia non sei in cattiva compagnia, visto che il 80% delle persone (nichilismo in generale) basano la propria filosofia su passaggi logicamente contraddittori (in senso formale), solo che tu sei almeno così sincero che evidenzi la tua contraddizione formale fin dall'inizio.
La cosa sembra un po' il confronto di Hobbes con un matematico sulla quadratura del cerchio.  La logica formale è una cosa, la tua (vostra) è un'altra. Ma ripeto: non sei il primo né l'ultimo che argomenta in aperto contrasto con la formalità logica.

Vito J. Ceravolo

Volevo comunque concludere le risposte ringraziando sia Green denetr e Phill per l'esamina dell'articolo sulla Verità. Certamente la maggior parte delle problematiche da loro sollevate esulano dal mero concetto di verità in esame sul quel articolo (problematiche di tipo conoscitivo ed altro); e non nego che io, rispondendoli, possa aver involontariamente non risposto a qualcosa che mi è sfuggito. Mentre volontariamente non ho risposto a due cose:
- il discorso su Kant, i quale trova risposte complete nel libro
- il discorso sulla cardinalità e gerarchie, ove le gerarchie invece esulano dalla mia filosofia che le abbatte fra gli esseri.
 
Concludo ricordando che
- Il libro da cui la citazione di apertura (Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere), è arrivato secondo al premio nazionale di filosofia 2017 (Certaldo)
 
Per approssimarsi al nuovo paradigma contenuto nel libro, potete leggere questi articoli (gratuiti)
- Verità https://www.azioniparallele.it/30-eventi/atti,-contributi/174-verita-realismo-costruttivismo.html
- Coerenza https://filosofiaenuovisentieri.it/2017/05/14/teoremi-di-coerenza-e-completezza-epimenide-godel-hofstadter/
 
Se poi qualcuno vuole "osare" una disamina dell'articolo sulla Coerenza, vedrà da sé che la presunzione è il superamento logico-filosofico-linguistico e matematico dei teoremi di incompletezza di  K.G.
 
A presto
Vito

https://independent.academia.edu/VitoCeravolo

Angelo Cannata

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 21 Maggio 2017, 11:34:41 AM
non sei il primo né l'ultimo che argomenta in aperto contrasto con la formalità logica.
Resto non persuaso.

Come fa la logica formale a giustificare se stessa, a dimostrare di non essere contraddittoria, a dimostrare che A=A non è una contraddizione?
Immagino che mi si risponderà che si basa sulle definizioni: la definizione di contraddizione comprende proprio A=non A, quindi mettere in discussione la logica formale significa mettere in discussione le definizioni di partenza dei termini del discutere.
Questo conduce ad interrogarsi sulle definizioni: chi è che ha stabilito le definizioni? Certamente non sono nate da sole, siamo stati noi esseri umani ad averle create, quindi rispondono ad un criterio di convenzionalismo. Se è convenzionale, allora è opinabile. 

Tutto ciò che è scientifico non è opinabile da un punto di vista scientifico, poiché la scienza si basa su prove e per mettere in questione un'affermazione scientifica bisogna fornire prove scientifiche. Ma la scienza può anche essere presa in considerazione da un punto di vista filosofico e allora è opinabilissima. Che senso può avere stabilire la non opinabilità di un'affermazione filosofica fondandola su giustificazioni scientifiche, quando proprio la scienza può essere in ogni suo aspetto messa in dubbio proprio dalla filosofia?

È come fabbricarsi un Dio, per poi dire che quel Dio è infallibile perché lui stesso si è dichiarato tale, dimenticando che siamo stati noi a crearlo.

A questo punto ci può essere chi dica che la logica formale risponde a criteri indipendenti dall'uomo, perché si dimostra in grado di funzionare anche senza intervento umano, per esempio quando si tratta di far funzionare un computer o un'altra macchina qualsiasi. A ciò si può obiettare che un computer che si blocchi perché ha ricevuto comandi contraddittori non è un computer che non funziona, ma un computer che funziona diversamente. Se, per esempio, si scoprisse che un computer, ricevendo certi comandi contraddittori, si trasforma in una bomba che esplode dopo un certo tempo, si potrebbe utilizzare questa scoperta per demolire certi palazzi, la cui distruzione richiederebbe altrimenti un lavoro ben più costoso.

Dunque, se un computer bloccato, una volta che venga interpretato come risorsa piuttosto che come problema, può condurre a scoperte impensate, chi ci dice che il non attenersi alla logica formale non possa condurre ad esperienze utili e interessanti? Ciò che fa la differenza è la capacità umana di modificare le proprie strutture mentali, aprendo la possibilità di vedere un evento come risorsa da sfruttare positivamente, piuttosto che come problema da cui prendere le distanze, argomento tabù su cui astenersi dal riflettere.

Proprio questo è ciò che fanno il nichilismo, il relativismo e simili.

Angelo Cannata

#320
Aggiungo: proprio questo mi sembra che abbia dimostrato di saper fare l'uomo da sempre, dal sospetto di poter utilizzare il fuoco a proprio vantaggio, piuttosto che trattarlo solo con paura, alla scoperta della ruota, fino ad oggi: capacità della fantasia umana di uscire fuori da quasiasi schema e soprattutto accorgersi sempre di più e sempre meglio degli schemi entro cui si stava chiudendo.

Garbino

Perché c' è qualcosa anziché il nulla?

X Angelo Cannata.

In effetti è proprio quello che vado sostenendo da non so quanto tempo. E la mia critica alla logica parte da una conoscenza della matematica non indifferente. Il fatto è che l' uomo, che a te sembra essere uscito sempre dalla gabbia in cui si era imprigionato da Sé, non ha fatto altro che fare ilo contrario. E cioè crescere a livello culturale creando la civiltà, ma senza mai accorgersi della falsità rappresentata di volta in volta dallo schema che aveva trovato. 

X Vito J Ceravolo.

Scusa per il ritardo ma pensavo che il discorso potesse chiudersi dove l' avevamo lasciato. Mentre invece, Angelo Cannata mi ha dato il la per riprenderlo e sostenerlo di nuovo.
Ti ringrazio per la stima accordatami e ci tengo a che tu rifletta attentamente alla frase seguente e che è tratta dal precedente post:
Questa è la matematica ( e la logica di riflesso ). E' lei a costruire la conoscenza e non noi ( l' uomo ) a costruirla grazie ad essa.

Garbino Vento di Tempesta.

Phil

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 21 Maggio 2017, 11:34:41 AM
Frasi come queste sono prettamente dialettiche "Il non essere assoluto é per definizione il non esistere/accadere realmente di alcunché e non affatto l' impossibilità di predicazione." Frasi come questa tua hanno una sintattica pari ad A=non-A
Non ne sono convintissimo, quindi chiedo chiarimenti (e mi scuso per eventuali errori formali  ;) ): la suddetta frase mi pare suoni piuttosto come "A = A", ovvero "insieme vuoto = insieme vuoto" ("Ø = Ø"), oppure "non esiste alcuna x che appartiene a A", cioè "∄x : x ∈ A" (dove "x"= "ente" e "A" = "insieme degli enti esistenti"), oppure "∄ x : F(x)", dove "F" è "funzione di esistenza"... insomma, il "non esistere" è un concetto definibile formalmente (tautologicamente), proprio come l'esistere... oppure no?

P.s.
Per essere "A = ¬A" la frase dovrebbe affermare: "Il non essere assoluto è per definizione il non l'esistere/accadere realmente di alcunché di qualcosa", giusto?

sgiombo

Citazione di: Phil il 21 Maggio 2017, 13:40:37 PM
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 21 Maggio 2017, 11:34:41 AM
Frasi come queste sono prettamente dialettiche "Il non essere assoluto é per definizione il non esistere/accadere realmente di alcunché e non affatto l' impossibilità di predicazione." Frasi come questa tua hanno una sintattica pari ad A=non-A
Non ne sono convintissimo, quindi chiedo chiarimenti (e mi scuso per eventuali errori formali  ;) ): la suddetta frase mi pare suoni piuttosto come "A = A", ovvero "insieme vuoto = insieme vuoto" ("Ø = Ø"), oppure "non esiste alcuna x che appartiene a A", cioè "∄x : x ∈ A" (dove "x"= "ente" e "A" = "insieme degli enti esistenti"), oppure "∄ x : F(x)", dove "F" è "funzione di esistenza"... insomma, il "non esistere" è un concetto definibile formalmente (tautologicamente), proprio come l'esistere... oppure no?

P.s.
Per essere "A = ¬A" la frase dovrebbe affermare: "Il non essere assoluto è per definizione il non l'esistere/accadere realmente di alcunché di qualcosa", giusto?
CitazionePerfettamente d' accordo (non ho altro da aggiungere da parte mia. Grazie per avermi risparmiato la risposta).

sgiombo

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 21 Maggio 2017, 11:34:41 AM
vabbuò Sciombo la tua logica non è formale, ma prettamente dialettica. Frasi come queste sono prettamente dialettiche "Il non essere assoluto é per definizione il non esistere/accadere realmente di alcunché e non affatto l' impossibilità di predicazione." Frasi come questa tua hanno una sintattica pari ad A=non-A
Siccome questo non è opinabile, ma c'è una scienza in merito (logica formale), direi che non c'è altro da aggiungere. Se
Tuttavia non sei in cattiva compagnia, visto che il 80% delle persone (nichilismo in generale) basano la propria filosofia su passaggi logicamente contraddittori (in senso formale), solo che tu sei almeno così sincero che evidenzi la tua contraddizione formale fin dall'inizio.
La cosa sembra un po' il confronto di Hobbes con un matematico sulla quadratura del cerchio.  La logica formale è una cosa, la tua (vostra) è un'altra. Ma ripeto: non sei il primo né l'ultimo che argomenta in aperto contrasto con la formalità logica.
CitazioneHa già risposto Phil, con cui in proposito concordo.

Aggiungo solo per parte mia che:
 
- (In tutta sincerità) Non ho affatto mai ammesso e non ammetto affatto di essermi contraddetto in alcun modo (in questa discussione, su questo argomento della pensabilità -non autocontraddittoria- del "nulla").

- Respingo inoltre, decisamente e con sdegno, la taccia di nichilismo (per quanto "in generale" ed essendo per parte mia "sincero" ...ammesso e non concesso che si possa essere "nichilisti" e anche contemporaneamente "sinceri").

- Non sono né il primo né l' ultimo che argomenta correttamente secondo la logica formale.

Apeiron

Ritenere che la logica sia infallibile è un vero "atto di fede". Niente può dimostrarlo.
Per quanto riguarda il rapporto di essa con la realtà. Beh nuovamente la logica è uno strumento. Le verità scientifiche sono prima di tutto "pratiche" e ritenere che le "verità scientifiche" siano "la realtà" è a mio giudizio una megalomania. Non a caso la maggior parte dei mistici e dei pensatori seri dicono che la comprensione della realtà la si ha quando si va oltre i concetti.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

epicurus

(D) Perché c'è qualcosa anziché il nulla?
 
Ciao a tutti. Avrei preferito rispondere puntualmente ad ogni post, o almeno ad ogni partecipante, ma 22 pagine da 15 post ognuna rendono la cosa troppo faticosa.  :)
 
Noto purtroppo però che ci si sia focalizzati principalmente sulla questione del nulla, del non-essere e dell'essere. Dico purtroppo per due motivi. Primo, perché credo che quando si affronta la questione ontologica fondamentale dell'essere e del non-essere in realtà i discorsi si basino su fraintendimenti linguistici causati da un uso non regolamentato dei termini, o comunque da un modo di esprimersi più metaforico. Capisco che questo discorso ci porterebbe troppo off-topic, per fortuna ho il secondo motivo più pertinente alla discussione: fingiamo che io non abbia detto il primo.  ;)
 
Secondo, perché affrontare questa domanda in tali termini significa non centrare ciò che la domanda ci chiede. La domanda (D) potrebbe essere riformulata in questi modi:
 
Perché c'è l'Universo invece di non esserci?
Perché esistono degli oggetti?
Perché l'Universo non è l'insieme vuoto?
Perché l'Universo ha un'estensione in diverse dimensioni invece di essere un punto monodimensionale?
 
La questione centrale qui non è il non-essere, ma perché esiste qualcosa. Si potrebbe generalizzare la domanda in questa:
 
Perché l'Universo attualizzato è proprio questo invece di un altro qualsiasi tra gli infiniti universi possibili (e tra tutti quelli possibili c'è pure l'insieme vuoto)?
 
Per capire quale direzione prendere per iniziare a rispondere a (D) potremmo analizzare una domanda dalla forma similare:
 
Perché in casa mia c'è un divano invece che non esserci?
 
Stiamo cercando ragioni del perché c'è un divano nella mia casa. Io so che vi è un divano perché io volevo averlo, per avere a disposizione le comodità che un divano fornisce.
Quello che ho fatto, per rispondere, è stato quello di cercare ragioni al di fuori dal fatto da spiegare, naturalmente. Ecco il problema allora di (D)!
 
Spiegare un fatto presuppone necessariamente il rimando ad altri fatti esterni. Più precisamente: spiegare un fatto presuppone un modello più generale di tale fatto (che comprenda tale fatto assieme ad altri fatti). "Perché X invece che Y?" richiama un fatto esterno a X ed Y, chiamiamolo Z. Necessitiamo di altri fatti che servono per creare un modello esplicativo di X. Ma quando ci poniamo la domanda (D), in realtà noi vogliamo avere un modello esplicativo di tutto ciò che esiste! Ma a quali altri fatti potremmo appellarci per spiegare l'insieme di tutti i fatti? Ovviamente nessuno! Non può esistere alcun fatto Z indipendente da X proprio perché X per definizione comprende ogni fatto.
 
Questo ci porta a riconoscere che malgrado le domanda dalla forma "Perché X (anziché Y)?" possano in generale aver senso, la domanda D nello specifico non è concettualmente sensata. Non è che non abbia una risposta o che la risposta sia a noi ignota, la questione è che in realtà non ci siamo neppure posti una vera domanda dotata di significato compiuto.

Angelo Cannata

#327
Citazione di: epicurus il 16 Giugno 2017, 18:11:17 PMMa a quali altri fatti potremmo appellarci per spiegare l'insieme di tutti i fatti? Ovviamente nessuno! Non può esistere alcun fatto Z indipendente da X proprio perché X per definizione comprende ogni fatto.

Questo ci porta a riconoscere che malgrado le domanda dalla forma "Perché X (anziché Y)?" possano in generale aver senso, la domanda D nello specifico non è concettualmente sensata. Non è che non abbia una risposta o che la risposta sia a noi ignota, la questione è che in realtà non ci siamo neppure posti una vera domanda dotata di significato compiuto.
Già il semplice concetto di "tutto" non ha senso, poiché, per essere davvero concetto di tutto, dovrebbe necessariamente comprendere anche se stesso, quindi, oltre che essere concetto di tutto, dovrebbe anche essere necessariamente concetto del concetto di tutto. In questo modo, però, s'innescherebbe un processo infinito di contenitori di se stessi: il concetto di tutto dovrebbe anche includere il concetto del concetto del concetto...(e così via all'infinito) di tutto. A me non sembra che la mente umana sia in grando di ospitare il concetto di quest'autocontenersi infinito. Mi sembra che ne consegua che il concetto di tutto sia un concetto illusorio, falso: pensiamo di aver pensato tutto, ma non è vero: non abbiamo pensato davvero tutto, né il concetto in sé contiene davvero il concetto di tutto, perché in tal caso dovrebbe essere un concetto infinito. Può la nostra mente ospitare, non dico il concetto di infinito, ma un concetto infinito? Che senso avrebbe l'idea di concetto infinito? Cosa sarebbe un concetto infinito?

Angelo Cannata

#328
In altre parole, "concetto di tutto", una volta che già il concetto stesso verrebbe ad essere parte del tutto di cui vuol essere concetto, darebbe luogo al fenomeno di una parte che voglia essere contenitrice del tutto di cui essa stessa fa parte. Ciò può avere un senso?

sgiombo

X AngeloCannata
 
Il concetto di infinito é certamente problematico.
 
Già Aristotele ne era ben consapevole, con la sua distinzione fra infinito in potenza e infinito in atto.
 
Ciò non toglie che se ne possa parlare in maniera sensata (credo che tutti comprendano che significa "non avente fine" o cosa sia un regresso all' infinito: tu stesso ne fai uso nella tua argomentazione della risposta # 327 di questa discussione; e dunque credo che sappia di cosa stai parlando, che abbia in mente qualcosa di almeno "in qualche limitata misura" sensato; anche se comprensibile non integralmente o esaurientemente in tutti i suoi -inesauribili- aspetti, anche se non senza qualche elemento di insuperabile "oscurità" o di limitata, relativa incomprensione).
 
Anche il concetto di "tutto" o di totalità" mi sembra sensato e comprensibile: credo che non ne parliamo a vanvera ma sappiamo che cosa stiamo dicendo quando l' adoperiamo.
E inoltre non credo che in quanto tale (cioé per lo meno in quanto concetto, "contenuto di pensiero"; non necessariamente in quanto realtà, non se si intende "la totalità di ciò che realmente é/accade" ma invece "ciò che può essere pensato -veracemente o meno- come totalità di ciò che realmente accade") non necessariamente debba essere inteso come essere infinito.
Mi sembra cioè del tutto sensatamente possibile pensare l' ipotesi che la totalità di ciò che é/accade sia finita e non si estenda oltre certi limiti.
Può realmente accadere che si pensi il concetto di "tutto" e "ci si fermi lì", senza necessariamente proseguire di fatto -realmente- al' infinito a pensare inoltre che esso implica pure il pensiero stesso del concetto di "tutto", e il pensiero del pensiero stesso di "tutto" e così via senza fine.
Lasciando per così dire "sottinteso" questo regresso all' infinito si può comunque pensare sensatamente a un' ipotetica totalità del reale; a un reale che ipoteticamente, in quanto oggetto di pensiero, in quanto oggetto di immaginazione o di ipotesi non necessariamente in quanto effettivamente tale, sia finito.
Per esempio trovo sensata (non: vera!) l' ipotesi che la realtà in toto contenga un numero finito di pianeti non abitati da animali dotati di coscienza e di pensiero (e dunque senza alcun pensiero -nella realtà ipotizzata, contrariamente alla realtà reale- del tutto, compreso il pensiero stesso del tutto, il pensiero del pensiero stesso del tutto e così via... Sostengo infatti la pensabilità sensata e non necessariamente la realtà di un tutto finito).

Quanto al' infinità o meno della totalità del reale, con Kant credo si tratti di un' antinomia insolubile

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