Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 01:34:28 AM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
...non l'avete ancora intesa.

Prima dovete intendere quello ...  La vedo dura, non credo proprio riusciate a fare nemmeno il primo salto qualitativo

... chiedo solo che si capisca il soggetto! per questo Sgiombo non sarà mai un mio interlocutore!
Visto che sei persuaso di avere a che fare con persone incapaci di capire, non mi spiego come mai hai scritto tutto il resto.

Beh perchè uno un tentativo lo fa sempre.
Non è che posso esserne certo, esprimo un forte dubbio, inoltre.
E inoltre per non amazzare la discussione propongo un tema secondario rispetto all'essere.
E cioè il soggetto. Conoscendo le varie posizioni, o supponendo di averle vagamente intese, credo che si possa fare uno sforzo per arrivare a qualcosa di comune.
Quello che scrivo dopo è come se voi le aveste intese, o provo a spiegarle come se non le aveste ANCORA intese, propongo soluzioni possibili e future domande.

Perchè no scusa? Poi se non vuoi rispondere mica è obbligatorio, mica m'offendo.

Aspetterò Ceravolo risponda. Se ne ha voglia, se ne ha tempo, e se ne vuole discutere.

La scrittura per me è anche un modo di ricomprendere quello che vado pensando.

E' anche un esercizio. Non ho paura alcuna dei labirinti filosofici.

ps 

inoltre ti rinfranchi sul fatto che ritengo tutto bello quello che scrivi!  ;)  (scherzo!)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AMSi capisce se diciamo che la Cosa in sè non esiste se non come formalizzazione, come linguaggio di controllo?
Da Protagora a Wittgenstein (passando attraverso Kant a Husserl) la radice linguistica del famigerato "noumeno" è stata spesso ostracizzata dall'impostazione onto-metafisica dominante; ma oggi se ne può parlare serenamente senza temere l'inquisizione dei trascendentalisti  ;)


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
il mentale di un oggetto sarà quindi sempre il suo categoriale, ossia la ragione. ossia il giudizio del mentale sarà il categoriale dell'oggetto, oggetto che diventa mentale "solo dopo". Il tutto viene chiamato trascendentale. Ma perchè vi sia un categoriale, che è innato nell'uomo, ci deve essere un oggetto esterno!
Indagherei ancora su tale necessità del "ci deve essere un oggetto esterno"(cit., corsivo mio): e se fosse un "si deve porre" (da lato del soggetto) piuttosto che un "si deve imporre" (dal lato dell'oggetto)? L'oggetto non è forse solo il simulacro gnoseologico della suddetta fantomatica cosa-in-sé?


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
A questo punto si tratterebbe di decidere (tramite qualche passaggio ulteriore, per me ancora formaleper Ceravolo dialettico) se questo oggetto esista o meno: alias Perchè qualcosa piuttosto che il nulla? 
Tutto dipende dallo statuto ontologico che ci aspettiamo di trovare nell'oggetto (non si esce facilmente dalla precomprensione, dal circolo ermeneutico...).


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
cit angelo "Non è possibile pensare idee che non siano dettate dalla propria mente a se stessa. La mente non è in grado di pensare se non fornendo essa stessa idee a se stessa." Ma come potrebbe dettare idee a se stessa? se prima non le conosce? o ritorniamo a Platone e ipotizziamo la teoria della reminiscenza o accettiamo che il mentale è "vicino" alla tavola rasa (perchè sappiamo già che il dna contiene informazioni trasmesse): proprio da zero no.
Credo che il processo di astrazione cognitiva e (ri)combinazione mentale, basato sulla matrice sensoriale, spiega adeguatamente la produzione delle idee...


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
cit angelo "Ceravolo sostiene che la realtà sia in grado di provocare idee. Ciò è ipotizzabile, ma non possiede alcuna ferrea inoppugnabilità, come egli sostiene." Per poter intendere la "ferrea inoppugnabilità" bisogna rifarsi al concetto di essere, che appunto non è un concetto. Non è una idea. (e che poi è il vero discrimine tra analitici e continentali).
Per "rifarsi al concetto di essere"(cit.) bisogna rifarsi alla metafisica in cui è incastonato, e per rifarsi alla metafisica bisogna indagare se essa sia "epos" (analitici) o "episteme" (continentali, con le dovute eccezioni)... lanciamo la moneta (falsa  ;D )?


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
Il cervello nella vasca....l'ho sempre odiato questo esempio. perchè non intende una cosa semplice semplice, che qualcuno sta narrando quell'esperimento. L'unica certezza è l'esistenza non il cervello.
Se ci poniamo dentro l'ipotesi dell'escamotage proposto, la possibilità di narrazione dall'interno della vasca non è affatto assurda (questione di auto-comprensione, anche se so che aborri tale prefisso  ;) ); se invece ci poniamo fuori dalla finzione (e fuori dalla vasca), allora l'idea di "cervello" e di "vasca" sono tutte da verificare...

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AML'unica certezza è il vissuto....se poi quel vissuto sia allucinazione o altro, questo è altro paio di maniche.
Tuttavia, se non infiliamo le braccia in quelle maniche, non possiamo andare oltre il cogito cartesiano per mettere mano a problemi epistemologici...

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
non si può usare la mediazione (mentale) di una mediazione (il cervello) per mediare se l'oggetto sia reale o meno.
Eppure, quale altra mediazione abbiamo a disposizione?


Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
Il punto semplice è che sia se il vissuto sia allucinazione sia che sia "realtà", l'unica cosa certa è l'esistenza del soggetto. Senza attributo, non categoriale. E' il sapere immediato come dicono tutti i filosofi!! l'essere un ente. l'essenza, l'esistenza, chiamiamola un pò come vogliamo.
L'auto-evidenza del soggetto è un punto di partenza per cercare l'oggetto e/o l'altro soggetto (oltre il solipsismo), per quanto sia un indagare altamente problematizzante e problematico...


P.s.
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:29:45 AM
Non ho paura alcuna dei labirinti filosofici.
Forse non è il labirinto che dovrebbe destare timore, se si segue il filo filosofico (altri preferiscono quello filologico), ma il Minotauro che lo abita (e se fosse un Minotauro con i baffi e l'accento tedesco?  ;D )

sgiombo

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
Per poter intendere la "ferrea inoppugnabilità" bisogna rifarsi al concetto di essere, che appunto non è un concetto.
Non è una idea. (e che poi è il vero discrimine tra analitici e continentali).

Prima dovete intendere quello, poi se volete possiamo ragionare sulle soluzioni formali. (La vedo dura, non credo proprio riusciate a fare nemmeno il primo salto qualitativo).

Comunque possiamo rimanere alle premesse. (chiedo solo che si capisca il soggetto! per questo Sgiombo non sarà mai un mio interlocutore!).

CitazioneBeh, sai, é l' inconveniente inevitabile (del presumere) dell' essere troppo intelligenti e colti: essendo tutti gli altri troppo stupidi e/o ignoranti si sarà sempre condannati a non poter discutere con nessuno

...Salvo, alquanto incoerentemente, partecipare al forum (ma per mia fortuna non interloquendo mai con me). 




green demetr

Citazione di: sgiombo il 14 Maggio 2017, 15:09:56 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
Per poter intendere la "ferrea inoppugnabilità" bisogna rifarsi al concetto di essere, che appunto non è un concetto.
Non è una idea. (e che poi è il vero discrimine tra analitici e continentali).

Prima dovete intendere quello, poi se volete possiamo ragionare sulle soluzioni formali. (La vedo dura, non credo proprio riusciate a fare nemmeno il primo salto qualitativo).

Comunque possiamo rimanere alle premesse. (chiedo solo che si capisca il soggetto! per questo Sgiombo non sarà mai un mio interlocutore!).

CitazioneBeh, sai, é l' inconveniente inevitabile (del presumere) dell' essere troppo intelligenti e colti: essendo tutti gli altri troppo stupidi e/o ignoranti si sarà sempre condannati a non poter discutere con nessuno

...Salvo, alquanto incoerentemente, partecipare al forum (ma per mia fortuna non interloquendo mai con me).




Ti rinvio alla risposta che ho dato ad Angelo.  ;)

Secondo me possiamo interloquire, sul piano epistemologico.

Finora però a parte che sembra proprio che io non riesca mai a dire, con esattezza la tua proposta epistemologica. Tanto da dirmi (tu lo hai detto) che non ci intenderemo mai.

Ma poi la questione del soggetto, sta vedendo te e Maral in discussione da anni.
Siccome io sono praticamente della stessa idea di Maral, posso o non posso dire che la vedo dura il nostro discorso?
Ma io non mi sono mai tirato indietro a risponderti, mi sembra.
Però in questo 3d almeno il soggetto, con chi lo intende, con chi si schiera con questa idea,
deve essere presente....non perchè in altri 3d non se ne possa parlare, ma perchè sarebbe bello intendere la proposta di Ceravolo.E un minimo di abbrivio ci vuole.
Ma poi questa è una mia opinione, finora Ceravolo ha sempre risposto a tutti.

A me sembra che tu ti scaldi per veramente poco.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit phil
"Indagherei ancora su tale necessità del "ci deve essere un oggetto esterno"(cit., corsivo mio): e se fosse un "si deve porre" (da lato del soggetto) piuttosto che un "si deve imporre" (dal lato dell'oggetto)? L'oggetto non è forse solo il simulacro gnoseologico della suddetta fantomatica cosa-in-sé?"

Hai perfettamente ragione, se lo intendiamo nel mentale, ma nel formale lo poniamo come necessario.
Se no, non possiamo determinare che il nostro mentale, coincida con un reale, che è poi la tesi di fondo, a cui vogliamo arrivare.
Comunque è una distinzione molto corretta.

cit phil

"Tutto dipende dallo statuto ontologico che ci aspettiamo di trovare nell'oggetto (non si esce facilmente dalla precomprensione, dal circolo ermeneutico...)."

Benissimo Phil! infatti la filosofia contemporanea depone l'ontologico a favore del formale.

Intendo dire che nel formale ci dive essere il concetto di essere e non di ente.

Il concetto di ente, sarà verificato dalla correttezza formale delle modalità dell'essere (vedi sopratutto Spinoza) e non degli attributi!

Le modalità dell'essere sono quelle che l'uomo media nella sua costruzione filosofica del suo rapportarsi ad esso.

Solo In quel caso rientra l'ontologico, e il categoriale. (cioè a valle)

Non so se si capische Phil. Mi faccio prendere la mano perchè mi sembra che qualcosa comune del problema lo intendiamo.  :D  ;)

cit phil
"Credo che il processo di astrazione cognitiva e (ri)combinazione mentale, basato sulla matrice sensoriale, spiega adeguatamente la produzione delle idee..."

Qui ci separiamo nettamente. Non credo in questo ramo della filosofia che accetta il cognitivo.
Per me è un riduzionismo.
Torneremmo a parlare del problema del soggetto etc... dico io.

Per questo il discorso (foss'anco formale) sull'essere va inteso prima cosa è l'essere !

cit phil
"Per "rifarsi al concetto di essere"(cit.) bisogna rifarsi alla metafisica in cui è incastonato, e per rifarsi alla metafisica bisogna indagare se essa sia "epos" (analitici) o "episteme" (continentali, con le dovute eccezioni)... lanciamo la moneta (falsa  ;D )?"

Quale metafisica? L'essere è una analitica. ( non stiamo parlando dell'essere heidegerriano, non vorri facessimo confusione!  :) ).
Una analitica dell'indagante e non dell'indagato. (l'essere sarebbe trasposto nella metafisica heideggeriana, il domandante. Dovrebbe suonare così dubito dunque sono)
Visto la tua specificazione sopra, credevo ti fosse chiaro.

cit phil
"Se ci poniamo dentro l'ipotesi dell'escamotage proposto, la possibilità di narrazione dall'interno della vasca non è affatto assurda (questione di auto-comprensione, anche se so che aborri tale prefisso  ;) ); se invece ci poniamo fuori dalla finzione (e fuori dalla vasca), allora l'idea di "cervello" e di "vasca" sono tutte da verificare..."

Ma la realtà non è un escamotage.
Di sti stupidi esperimenti mentali l'analitica americana è piena, anzi direi proprio che è la loro attività principale.
Il massimo dell'insipienza.  >:(
Hanno completamente perso il senso con la realtà chiusi come sono nel mondo accademico.
(sta vena polemica lasciatemela avere suvvia!  ;) )

cit phil
"Tuttavia, se non infiliamo le braccia in quelle maniche, non possiamo andare oltre il cogito cartesiano per mettere mano a problemi epistemologici..."

Si ma questo è perchè tu credi che il problema sia epistemologico.
Ma non lo è affatto.
Il problema è metafisico.

cit phil
"Eppure, quale altra mediazione abbiamo a disposizione?"

Quella mentale, non trovi che basti e avanzi ?  ;)
Perchè incasinarsi con un altra mediazione.   8)

Anche perchè sebbene si può fare. Per lo più la mediazione si intende a livello cerebrale dimenticando sempre il mentale. (neuroscienze)

Ma ti ricordo che abbiamo detto che il mentale c'è sempre. Eri d'accordo no?

cit phil
"L'auto-evidenza del soggetto è un punto di partenza per cercare l'oggetto e/o l'altro soggetto (oltre il solipsismo), per quanto sia un indagare altamente problematizzante e problematico..."

Esatto, è quello che cerchiamo di assodare, per intendere il passaggio successivo di cui parla Ceravolo.

Piccolo inciso.  :-[  ;)
Però di nuovo, il soggetto...il soggetto esistente. L'ente soggetto. Non il soggetto stesso. 
E quindi non c'è alcuna auto-evidenza.
Il soggetto (stesso) insisto è un processo storico. (Heidegger)
L'ente soggetto è invece l'originario, l'esistente. (da indagare, Heidegger)

cit phil
"Forse non è il labirinto che dovrebbe destare timore, se si segue il filo filosofico (altri preferiscono quello filologico), ma il Minotauro che lo abita (e se fosse un Minotauro con i baffi e l'accento tedesco?  ;D )"

ah ah ah ah....ecchillosà!!!  ;D  ;D  ;D  ;D  ;D  :D  :D  :D  :D

Complimenti Phil! Molto Bene!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 21:33:54 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Maggio 2017, 15:09:56 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
Per poter intendere la "ferrea inoppugnabilità" bisogna rifarsi al concetto di essere, che appunto non è un concetto.
Non è una idea. (e che poi è il vero discrimine tra analitici e continentali).

Prima dovete intendere quello, poi se volete possiamo ragionare sulle soluzioni formali. (La vedo dura, non credo proprio riusciate a fare nemmeno il primo salto qualitativo).

Comunque possiamo rimanere alle premesse. (chiedo solo che si capisca il soggetto! per questo Sgiombo non sarà mai un mio interlocutore!).

CitazioneBeh, sai, é l' inconveniente inevitabile (del presumere) dell' essere troppo intelligenti e colti: essendo tutti gli altri troppo stupidi e/o ignoranti si sarà sempre condannati a non poter discutere con nessuno

...Salvo, alquanto incoerentemente, partecipare al forum (ma per mia fortuna non interloquendo mai con me).




Ti rinvio alla risposta che ho dato ad Angelo.  ;)

Secondo me possiamo interloquire, sul piano epistemologico.

Finora però a parte che sembra proprio che io non riesca mai a dire, con esattezza la tua proposta epistemologica. Tanto da dirmi (tu lo hai detto) che non ci intenderemo mai.

Ma poi la questione del soggetto, sta vedendo te e Maral in discussione da anni.
Siccome io sono praticamente della stessa idea di Maral, posso o non posso dire che la vedo dura il nostro discorso?
Ma io non mi sono mai tirato indietro a risponderti, mi sembra.
Però in questo 3d almeno il soggetto, con chi lo intende, con chi si schiera con questa idea,
deve essere presente....non perchè in altri 3d non se ne possa parlare, ma perchè sarebbe bello intendere la proposta di Ceravolo.E un minimo di abbrivio ci vuole.
Ma poi questa è una mia opinione, finora Ceravolo ha sempre risposto a tutti.

A me sembra che tu ti scaldi per veramente poco.
CitazioneE dove e come mai mi sarei "scaldato" ?


Cerchiamo di non fare come quei politicanti da quattro soldi che nei dibattiti televisivi attribuiscono inesistìnti incazzature agli avversari per far credere ai gonzi di averli messi in difficoltà con le loro (di solito penose) argomentazioni!

Phil

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 21:45:56 PMHai perfettamente ragione, se lo intendiamo nel mentale, ma nel formale lo poniamo come necessario. Se no, non possiamo determinare che il nostro mentale, coincida con un reale, che è poi la tesi di fondo, a cui vogliamo arrivare. 
Mi asterrei da questo "(noi) vogliamo arrivare": se si mira ad un punto di arrivo predefinito, la ricerca è già impostata sulla chiusura ad altre possibilità, latenti e/o emergenti (come capita sempre nella chiusura formale autoreferenziale della logica, e qui la decostruzione trova terreno fertilissimo); preferisco le ricerche più aperte, anche a rischio di avere meno paletti entro cui muoversi (si diceva di non temere i labirinti  ;) , ma forse è più difficile non temere gli spazi troppo aperti...).
Nella fattispecie, la coincidenza fra "reale" e "mentale" mi sembra non il punto di arrivo, ma piuttosto il punto di partenza del problema (che forse è un'aporia invalicabile...).

Non mi è chiaro il ruolo che ascrivi alla metafisica (e come intendi quest'ultima):
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 21:45:56 PMcit phil "Per "rifarsi al concetto di essere"(cit.) bisogna rifarsi alla metafisica in cui è incastonato, e per rifarsi alla metafisica bisogna indagare se essa sia "epos" (analitici) o "episteme" (continentali, con le dovute eccezioni)... lanciamo la moneta (falsa ;D )?" Quale metafisica? L'essere è una analitica. [...] Una analitica dell'indagante e non dell'indagato.
"indagante", quindi soggetto... soggetto non trascendentale, ma ente:
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 21:45:56 PM
il soggetto esistente. L'ente soggetto. Non il soggetto stesso.
dunque, il problema verte sull'ente conoscitore, quindi, per definizione, problema epistemologico... eppure poi mi spiazzi con:
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 21:45:56 PMtu credi che il problema sia epistemologico. Ma non lo è affatto. Il problema è metafisico.
problema "metafisico"? Si parlava di un' "analitica del soggetto in quanto ente conoscitore", quindi il piano è squisitamente attualmente epistemologico, non più metafisico... perché (e parlo più da analitico che da continentale  ;D ) trastullarsi con i meccanismi metafisici, cigolanti e poco efficienti nonostante il loro innegabile fascino di filosofia/estetica vintage? O meglio, come tu stesso suggerisci (pur parlando d'altro):
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 21:45:56 PM
Perchè incasinarsi con un altra mediazione. 8) 
?

green demetr

cit phil
"Se no, non possiamo determinare che il nostro mentale, coincida con un reale, che è poi la tesi di fondo, a cui vogliamo arrivare. 
Mi asterrei da questo "(noi) vogliamo arrivare": se si mira ad un punto di arrivo predefinito, la ricerca è già impostata sulla chiusura ad altre possibilità, latenti e/o emergenti (come capita sempre nella chiusura formale autoreferenziale della logica, e qui la decostruzione trova terreno fertilissimo); "

Se vuoi possiamo farlo, fai benissimo a sottolineare i limiti della operazione.
Io ci sto, ma intanto non possiamo stare al gioco di Ceravolo, e intanto vedere a quali risultati porta, il suo tentativo?
Tutti i tentativi accademici sono auto-referenziali, sta poi alla comunità discutere su essi.
Sennò rimaniamo in un immobilismo sterile.

Comunque se tu vuoi possiamo fermarci anche alla critica di metodo. (riferiamolo a PUNTO 1 della controargomentazione.)

cit phil
"referisco le ricerche più aperte, anche a rischio di avere meno paletti entro cui muoversi (si diceva di non temere i labirinti  ;) , ma forse è più difficile non temere gli spazi troppo aperti...)."

Caro phil parlare della paura degli spazi aperti è parlare della paura dei filosofi vs matematici. Sono pronto a correggere tutto quello da correggere. e anche a lasciare, nel caso, qualsiasi progetto.
Non ho paura degli spazi aperti anzi mi affascinano.

cit phil
"Nella fattispecie, la coincidenza fra "reale" e "mentale" mi sembra non il punto di arrivo, ma piuttosto il punto di partenza del problema (che forse è un'aporia invalicabile...)."

ma è proprio questo il punto! che non si deve argomentare come se fosse già il punto di partenza, in quel caso saremmo nella "petitio principii"  8)

Se si risolve in un aporia...non sarebbe scienza, ma il libro ha vinto il secondo premio. e anche per me, Ceravolo è stato bravo a non cadere nella trappola.
non c'è aporia nella sua tesi dimostrata.  8)

non ti rimane che andare a leggere come se la cava. (accettando il metodo che si dà dei paletti, altrimenti torniamo al tuo primo punto).  ;)

controargomentazione di phil   (riferiamoci a questa come controargomentazione punto 2)

soggetto epistemologico o metafisico?

cit editata phil
"1. il soggetto esistente. L'ente soggetto. Non il soggetto stesso.

2. dunque, il problema verte sull'ente conoscitore, quindi, per definizione, problema epistemologico... eppure poi mi spiazzi con:

3. problema "metafisico"? Si parlava di un' "analitica del soggetto in quanto ente conoscitore", quindi il piano è squisitamente attualmente epistemologico, non più metafisico... "

Phil ho capito che per te è epistemologico, ma io parlo del soggetto esistente, quindi dell'ente (in sè, senza determinazione, o meglio la cui unica determinazione è quello della esistenza).  ;)

cit phil eidtata nel finale
"trastullarsi con i meccanismi metafisici, cigolanti e poco efficienti nonostante il loro innegabile fascino di filosofia/estetica vintage?  (non serve)"

Si ho capito Phil, non sei un metafisico!   ;)
Ci ero arrivato.


Rimarrebbe da vedere a cosa conduce un soggetto epistemico.
A mio parere ad un altra metafisica. (insipiente, che non sa)

Se il reale è del soggetto epistemico non può che essere a mio avviso, che del suo reale.
Un reale che ha per denominatore un numero più piccolo del numeratore, una meravigliosa reductio ad unum.

Ma il reale del soggetto epistemico non è il reale.  >:(

Questo è il mio pregiudizio, in attesa che però poi mi indichi (sempre che l'hai pensato, o lo stai pensando, o lo penserai) il tuo percorso, che volontieri leggerò.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
cit phil
"Nella fattispecie, la coincidenza fra "reale" e "mentale" mi sembra non il punto di arrivo, ma piuttosto il punto di partenza del problema (che forse è un'aporia invalicabile...)."

ma è proprio questo il punto! che non si deve argomentare come se fosse già il punto di partenza, in quel caso saremmo nella "petitio principii"  8)
Da qualche parte bisogna pur cominciare  ;) , l'importante è che il viaggio non riporti esattamente al punto di partenza (questa sarebbe "petitio principii"), o almeno, se riporta lì, accorgersene  ;D
A scanso di equivoci, per "punto di partenza" non intendevo "assioma fondante", ma semplicemente indizio, spunto, convocazione alla riflessione...

Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
Se si risolve in un aporia...non sarebbe scienza, ma il libro ha vinto il secondo premio. e anche per me, Ceravolo è stato bravo a non cadere nella trappola.
non c'è aporia nella sua tesi dimostrata.  8)

non ti rimane che andare a leggere come se la cava.
Direi di si; il mio discorso non era infatti riferito al testo di Ceravolo (con cui mi congratulo per l'ottimo risultato), ma piuttosto una "risposta aperta" alle considerazioni che avevi posto rispondendo ad Angelo... il testo di Ceravolo che ti ha fatto una buona impressione, e a cui ti riferisci, è "Verità. Unione fra realismo e costruttivismo"? Se "si", cercherò di leggerlo on-line (anche se temo che i tempi saranno, come sempre, lunghi...).

Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
Se il reale è del soggetto epistemico non può che essere a mio avviso, che del suo reale.
[...] Ma il reale del soggetto epistemico non è il reale.  >:(
Eppure quale altro reale possiamo affrontare, vivendo, se non quello nostro (della nostra cultura, dei nostri tempi, etc.)?
Postulare una Realtà assoluta che attenda di essere scoperta, come "terra promessa" della conoscenza perfetta, in cui il prospettivismo venga lasciato alle spalle automaticamente, è un gesto mistico, più poetico che filosofico, sovra-umano... quindi forse fuori dalla nostra portata umana (fino a prova contraria...).


Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
Questo è il mio pregiudizio, in attesa che però poi mi indichi (sempre che l'hai pensato, o lo stai pensando, o lo penserai) il tuo percorso, che volontieri leggerò.
Grazie per la fiducia  :) , ma il mio umile percorso (ancora in corso) non riesco a (de)scriverlo (non avendo modo di farlo), anche perché rischierei di sottrarre tempo all'ascolto e alla lettura (per quanto so bene che la scrittura agevola molto l'autocomprensione). Comunque, attualmente, la mia posizione è piuttosto "debole", in tutti i sensi del termine  ;)

green demetr

Citazione di: Phil il 15 Maggio 2017, 21:38:05 PM
Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
cit phil
"Nella fattispecie, la coincidenza fra "reale" e "mentale" mi sembra non il punto di arrivo, ma piuttosto il punto di partenza del problema (che forse è un'aporia invalicabile...)."

ma è proprio questo il punto! che non si deve argomentare come se fosse già il punto di partenza, in quel caso saremmo nella "petitio principii"  8)
Da qualche parte bisogna pur cominciare  ;) , l'importante è che il viaggio non riporti esattamente al punto di partenza (questa sarebbe "petitio principii"), o almeno, se riporta lì, accorgersene  ;D
A scanso di equivoci, per "punto di partenza" non intendevo "assioma fondante", ma semplicemente indizio, spunto, convocazione alla riflessione...

Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
Se si risolve in un aporia...non sarebbe scienza, ma il libro ha vinto il secondo premio. e anche per me, Ceravolo è stato bravo a non cadere nella trappola.
non c'è aporia nella sua tesi dimostrata.  8)

non ti rimane che andare a leggere come se la cava.
Direi di si; il mio discorso non era infatti riferito al testo di Ceravolo (con cui mi congratulo per l'ottimo risultato), ma piuttosto una "risposta aperta" alle considerazioni che avevi posto rispondendo ad Angelo... il testo di Ceravolo che ti ha fatto una buona impressione, e a cui ti riferisci, è "Verità. Unione fra realismo e costruttivismo"? Se "si", cercherò di leggerlo on-line (anche se temo che i tempi saranno, come sempre, lunghi...).

Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
Se il reale è del soggetto epistemico non può che essere a mio avviso, che del suo reale.
[...] Ma il reale del soggetto epistemico non è il reale.  >:(
Eppure quale altro reale possiamo affrontare, vivendo, se non quello nostro (della nostra cultura, dei nostri tempi, etc.)?
Postulare una Realtà assoluta che attenda di essere scoperta, come "terra promessa" della conoscenza perfetta, in cui il prospettivismo venga lasciato alle spalle automaticamente, è un gesto mistico, più poetico che filosofico, sovra-umano... quindi forse fuori dalla nostra portata umana (fino a prova contraria...).


Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:37:33 PM
Questo è il mio pregiudizio, in attesa che però poi mi indichi (sempre che l'hai pensato, o lo stai pensando, o lo penserai) il tuo percorso, che volontieri leggerò.
Grazie per la fiducia  :) , ma il mio umile percorso (ancora in corso) non riesco a (de)scriverlo (non avendo modo di farlo), anche perché rischierei di sottrarre tempo all'ascolto e alla lettura (per quanto so bene che la scrittura agevola molto l'autocomprensione). Comunque, attualmente, la mia posizione è piuttosto "debole", in tutti i sensi del termine  ;)

Ah ah tranquillo Phil  :D  l'ho detto subito che era una questione piuttosto accademica.
(forse mi sono espresso con troppa supponenza e qualcuno si è offeso)
Ci tenevo a intrattenere un dialogo con Ceravolo, ma mi ha fatto molto piacere che tu hai inteso il carattere generale delle premesse.

Sì il testo è quello on line "Verità. Unione fra realismo e costruttivismo"
Una 20ina di pagine. ;)

ciao!



Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: green demetr il 16 Maggio 2017, 01:45:58 AM
Sì il testo è quello on line "Verità. Unione fra realismo e costruttivismo"
Una 20ina di pagine. ;)
Contro ogni pronostico, sono riuscito a leggere il saggio e, considerato che ha già avuto un riconoscimento ufficiale per la sua qualità, non mi dilungo negli elogi. Propongo invece (soprattutto a @Vito J. Ceravolo) qualche osservazione (anche per accertarmi di aver ben capito il testo ;D ):

Cap 3
"l'accadere dell'oggetto conferisce un valore di realtà all'oggetto stesso"(cit.)
Secondo me, occorre forse differenziare l'oggetto dall'accadere, ovvero il mondo-degli-oggetti nella sua auto-nomia, dall'empirico-soggettivo (l'accadimento di cui si può parlare ha sempre uno "spettatore"  ;) ).
L'accadere è il "lato oggettivo" dell'esperienza del vissuto, ma né l'accadere (né tantomeno il vissuto) sono pacificamente l'"oggetto" (inteso come ente, non credo venga inteso come sinonimo di evento/fatto) di cui si possa predicare valore di verità (o non-valore di verità). La tensione dialettica fra accadere(a/per qualcuno) ed essere("oggettivamente") resta ancora in gioco: come insegnano in India (se non ricordo male), il vissuto mi parla di un serpente, ma poi scopro che non è un serpente, bensì è un bastone; eppure il primo vissuto reale era "vero" per me, prima che accadesse il secondo a falsificarlo, svelando la verità... il problema dell'identificazione reale dell'oggetto (ma non del vissuto, che è lampante), prima ancora della "verità redarguens" (cit.) che gli compete, è la verifica della "testimonianza di verità"(cit.): il nodo da sciogliere è una verità di secondo grado, ovvero decidere della verità che sta nel dire "la verità è che la neve è bianca" o "quello è un serpente vero!" (altrimenti restiamo ancora aldiqua dell'intenzionalità di Husserl...).

L'attribuzione del valore di realtà (psicofisico, come si ricorda nell'articolo) parte dal presupposto che "è la realtà dell'oggetto a garantire la verità della descrizione del soggetto"(cit.), ma se l'oggetto è già postulato come reale (reale è certamente il vissuto, non l'ente), allora la verità assume valore meramente "compilativo" (e un bastone può essere per qualcuno veramente un serpente...). Se, invece (parafrasando), "è la realtà dell'evento-vissuto a garantire la verità della descrizione del soggetto" resta aperto l'annoso problema di andare oltre la semplice rettificazione e sistematizzazione formale dell'esperienza individuale (ovvero andare oltre il serpente, per scorgere il vero bastone che il reale serpente era...).

Cap 4
"in vero, l'oggetto è l'inemendabile luogo in cui può esercitarsi la descrizione del soggetto".
Concordo, ma è un luogo decisamente inospitale, polimorfo e caleidoscopico... lo storico dibattito epistemologico sull'oggettività, sul "mito del dato", etc. è eloquente.

Cap 5
"La verità oggettiva (dell'oggetto) è sostanziale alla realtà in sé dell'oggetto descritto" (cit)
Qui direi che si attivano tutti i problemi riguardanti il noumeno, l'oggettivismo, il relativismo cognitivo, etc. se con un colpo d'occhio si può arrivare alla verità oggettiva, allora la gnoseologia è pomposo "flatus vocis" ;D

"realismo compartecipato dal soggetto un real-costrutto. Dove, per "compartecipazione" si deve accettare che ognuno, oggetto e soggetto, partecipa alla costruzione della verità, cioè della realtà, entro quei limiti in cui la verità non si contraddice per non essere falsa."(cit.)
La partecipazione mi pare significativamente sbilanciata: la necessità del formalismo (logico) approccia e (s)piega l'oggetto alle nostre esigenze cognitive, al punto che la reale modalità d'esistenza dell'oggetto (la differenza fra oggetto "vero-reale" e oggetto "falso-immaginario" o fantastico/mentale) diventa persino irrilevante, poiché conta solo come ce ne appropriamo logicamente (conta di più il rimbalzo della "verità lucens" che invece il luogo su cui tale luce rimbalza...).
Per verificare che accada davvero "il decadimento dell'uomo quale osservatore privilegiato rispetto agli altri esseri, il decadimento della sua abbagliante illusione d'esser "[l'unica] misura di tutte le cose""(cit.) dovremmo disporre di un punto di vista non umano che osservi la questione e tragga la suddetta conclusione, ma temo non sia possibile, per cui siamo costretti a guardare la (nostra) realtà in modo inaggirabilmente umano/(inter)soggettivo...

Cap. 6
"la realtà è il senso del rapporto inscindibile e inesauribile tra l'umano e la verità"(cit.)
Eppure la verità appartiene già all'umano, è una delle sue declinazioni formali, non è qualcosa di esterno all'umano (salvo postulare una Verità mistica), per cui il rapporto implode nell'autoreferenza del pensiero umano (basti pensare alle verità astratte formali...).
Inoltre, direi che la realtà, essendo (plausibilmente) eccedente l'umano, non può detenere il senso di un rapporto intimamente umano (dell'uomo con una sua stessa produzione/interpretazione mentale), ma può solo fornire il suddetto rimbalzo che innesca l'astrazione formale... ma tale rimbalzo è "semantico" solo per l'uomo, non per la realtà (vedi suddetta asimmetria). Lo stesso concetto di "fenomeno-in sé"(cit.) come sintesi, non è l'ipostasi della diade umana originaria dello psico-fisico? Il vero problema non sta dunque tutto in quei trattini che uniscono due dimensioni problematiche, e nel capire come funzionino tali trattini?
Forse le risposte a queste domande sono nel libro "Mondo strutture portanti"  :)


Vito J. Ceravolo

Ciao a tutti,
 finalmente il mio articolo è stato pubblicato. Questa volta il tema non è più la VERITA' https://www.academia.edu/31272058/VERIT%C3%80._UNIONE_FRA_REALISMO_E_COSTRUTTIVISMO bensì la coerenza
 
Articolo sulla COERENZA:
Pubblicato per la prima volta presso la rivista "Filosofia e nuovi sentieri" il 14 maggio:
https://filosofiaenuovisentieri.it/2017/05/14/teoremi-di-coerenza-e-completezza-epimenide-godel-hofstadter/
https://www.academia.edu/33025670/TEOREMI_DI_COERENZA_E_COMPLETEZZA._Epimenide_G%C3%B6del1_Hofstadter
 
Questi due articoli (verità e coerenza) stanno a premessa della portata filosofica del mio libro Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere (ed. Il Prato, 2016), da cui la citazione di apertura (perché c'è qualcosa anziché il nulla?)
 
Quest'ultimo articolo sulla COERENZA sembra essere importante. Anche per la discussione che è nata in questo forum.  Ma veniamo a noi:
 
Anzitutto grazie a tutti, e scusate se rispondo a tratti in forma molto ristretta e se qualcosa forse mi è sfuggito.
 
Garbino, permetti ora a me di ringraziare te per le tematiche portate:
Ammetto che questo tuo passaggio <la matematica all' infinito non ha più un prima e un dopo e perciò finisce per definire tutto statico> è vero. Ma credo che qui ci si stia spingendo oltre agli intenti del mio Libro, che invece vuole essere la descrizione del mondo sotto il suo aspetto finitario... Mentre la sopraderiva da te prospettata (a mio avviso inoppugnabile) ci porta dritti al conflitto finito-infinito del principio primo (cosa che nel libro affronto solo per via indiretta).
Ora, al di là delle argomentazioni che ci potremmo fare su quella teoria kantiana (intuizione matematica), credo che dovremmo anzitutto partire con la definizione originaria del divenire: "Cosa è il divenire?"
Da me ritengo il divenire come il "passaggio da uno stato all'altro". Da me si necessita che il divenire, quanto il fluire, sia un passaggio, una trasformazione; argomenti tutti che necessitano i vari stati di trasformazione; perché se lo stato fosse sempre lo stesso non sarebbe un divenire, così che il divenire necessiti di fluire sui vari stadi per dirsi divenire.
Quando si dice "fluire"... fluire di che? Sempre divenire è, anche il fluire. Non è che ci sono alternative: o si nega il divenire che accade (dogmaticamente come i neo-parmenidei), oppure si accetta l'accadere del divenire, e quindi il suo passaggio fra i vari stati (per definizione statici). E qui torniamo al discorso che ti facevo sopra: la determinazione, finita per definizione, non può definire il divenire per non fissarlo, può però definire gli stati di passaggio fra un divenire è l'altro.  
Dovresti piuttosto spiegare come fa a fluire se non attraverso stati (luoghi o tempi o definizioni o momenti ecc)... Questa non riesco proprio a immaginarla.
Tutte le determinazione definiscono in forma statica, anche la matematica. Questo lo dico da tempo: qualunque determinazione è finita, quindi statica, per definizione. Ciò non toglie, grazie alla ivi "definizione" di "divenire",  che ci siano scienze che si occupano di successioni, altre di forme, altre di vita ecc.
Sì: il principio primo, che è nel contempo inizio (immensamente piccolo) e fine (immensamente grande), è immobile. Ma ripeto: da me l'immobilità è ciò da cui si dà e verso sui tende il divenire.
 
Sciompo. Il tuo commento a cui ho risposto era in forma lapidaria. Non mi sembrava corretto usarti un linguaggio non adeguato.  Per altro tu continui ad affermare che sei in grado di predicare e pensare il nulla; e io non so come fai, perché io non ci sono mai riuscito. Ma allora tagliamo la testa al toro: perché non presenti una predicazione del nulla diversa dall'affermazione che il nulla non-è, visto che il non essere assoluto è per definizione l'impossibilità di predicazione? Vedi? In qualunque forma lo dico, l'unica cosa che riesco a dire del nulla è che non lo posso dire. (rif. articolo sulla COERENZA, capitolo 5)
Da me si dà solo ciò che accade.
Dire " il nulla non è" non è una contraddizione, altrimenti non sarebbe una verità. Dunque se è vero che il nulla non è in assoluto, allora non può accadere. Ma ho l'impressione che tu stia parlando di una statistica fuori dagli studi della probabilità: una cosa che non ha possibilità di accadere in quanto nulla assoluto, non accade all'infinito, neanche nei tuoi pensieri. (derivazione dal calcolo della probabilità infinita)..
 
------------------------------------------------------------------------------------
Salve Green Demetr, e "tu" sia, senza scuse.
Condividendo il punto uno, la mia metafisica, che ben si avvicina alla tua di secondo livello, è lo studio della ragione in sé. E la formalità è un modo di tale ragione.
Assolutamente: l'inadeguatezza delle metafisiche di primo livello è di portata formale.
 
Più propriamente direi che la ragione non inventa l'in sé delle cose, ma è l'in sé: l'in sé delle cose è la ragione.
 
Sulla validità dei predicati solo se non applicati a se stessi, non è la mia soluzione. La mia è chiarità al cap.8 (dedicato proprio agli autoreferenziali) di questo nuovo articolo sulla Coerenza;. Noterai una leggera differenza.
https://www.academia.edu/33025670/TEOREMI_DI_COERENZA_E_COMPLETEZZA._Epimenide_G%C3%B6del_Hofstadter
https://filosofiaenuovisentieri.it/2017/05/14/teoremi-di-coerenza-e-completezza-epimenide-godel-hofstadter/
 Però in generale siamo d'accordo sul paradosso del mentitore.
Al di fuori della "funzione d'oggetto" obbligatoria al soggetto pensante,  la regola di "coerenza a sé" è una questione formale, quella di cui parlavano con le metafisiche...
 
Per "dialelle degli scettici antichi" ... intendo quelli che dubitavano della verità perché non vedevano che la verità si definisce con la realtà e la realtà si definisce con ciò che accade ^_^ senza alcun petitio principii
 
L'unità finale, da me, è l'incontro all'infinito fra oggetto-soggetto. Questa unità non è solo uno o l'altro, ma assieme senza distinzione, morendo la dualità.
Poi certo che si parla di dualità invece fra ragione in sé e sensibile fenomeno. Il secondo derivato dal primo, ma dove il primo, la <verità di ragione>, è uguali per ogni, quindi uguali per ogni osservatore e osservato, quindi indipendenti dalla relazione osservatrice. Il fenomeno che da esso si dà ha invece carattere di relazione.
 
Trovo più comodo definire la ragione come medianità fra oggetto e soggetto. Mentre il sistema come il prodotto fra oggetto e soggetto (cfr. capitolo 7 articolo Coerenza).
 
Non solo la medianità ma tutto è una proprietà dell'essere, dacché solo il non essere (assoluto) non ha proprietà. Poi naturalmente la ragione può essere "compresa" solo da coloro dotati di strumenti atti alla sua lettura, come la razionalità umana o qualunque altro essere dotato di un mezzo in grado di interagire in forma intelleggibile (cioè leggere la ragione) e non solo tramite percezioni (meccaniche o istintive).   
 
Ecco Green, qui trovi buone formalità:
https://www.academia.edu/33025670/TEOREMI_DI_COERENZA_E_COMPLETEZZA._Epimenide_G%C3%B6del_Hofstadter
 
Da me la formalità, un modo della ragione in sé,   è quella per cui si parla di "coerenza a sé" della verità. Quella che poi è vera solo se ha delle conseguenze adeguate nel mondo.
 
Non intendo aprire uno scontro qui su platone, ma "idea" e "reale" da me sono elementi diversi e complementari. L'idea è "vicino" alla ragione in sé quindi studio metafisico. Il reale è "vicino" al valore delle cose quindi studio ontologico.
Non voglio neanche aprire uno scontro qui su Nietzche, ma da me la cosa ha il suo proprio valore, oltre a quello che interpretiamo da lei (cosa) più o meno adeguatamente, più o meno soggettivamente, interssoggettivame e oggettivamente.
 
Ci sono tanti modi per dimostrare la oggettività, argomentazioni di coerenza a sé e alle cose descritte o argomenti sull'influenza che gli oggetti hanno su di noi ecc ecc ecc. Cose di cui anche non si può pensare il contrario senza contraddirsi ecc. Ampie argomentazioni, purtroppo sul libro.
 
Da me anche una pietra ha la propria ragione in sé, senza essere necessariamente un soggetto idealista. Vi è uno scarto fra la ragione in sé delle cose e la razionalità con cui si legge la ragione in sé delle cose. La razionalità può parlare di ragione che non sono vere (pseudo ragioni), la ragione in sé è la verità sovrasensibile delle cose.
Naturalmente, nel concetto di "sistema" sopra espresso, come di qualunque metafisica al principio primo, la ratio è di tale principio; e gli esseri relativi la "vivono" in propria misura: ritagliandola e incollando ecc a seconda di ciò che sono ma sempre in rispetto di essa.
 
Per comprende che tipo di strumento è la formalità, il mio articolo sulla COERENZA può chiarire la mia posizione.
 
Da me il linguaggio è uno strumento, non è la ragione in sé. E come strumento "non decide", bensì spiega o pratica quella cosa a suo modo; ma lo fa su quella cosa!
 
La razionalità è il fenomeno culturale della ragione in sé, la vita è il fenomeno biologico della ragione in sé, la fisica è il fenomeno meccanico della ragione in sé.
 
Qui però Green, non si tratta di sfumature di cambiamento, ma di un radicale diverso modo di fare filosofia. Cosa che nel libro viene chiarito.
Con piacere Green Demetr
----------------------------------------------------------------------------------
 
Canneto, dico che è impossibile pensare a qualcosa senza il pensiero, ma questo logicamente (logica formale)  non mi permette dire che sia impossibile che esistano cose fuori dalla mia mente. Dire diversamente da così non ha alcuna derivazione necessaria, solo ipotetica.
 
Phil
Da me l'accadere non è solo l'empirico soggettivo, in quanto accade anche ciò che è oggetto. Da me tutto ciò che è essere accade.
Da me si parla di due verità differenti ma non contraddittorie: quella fenomenica, sensibile sino all'individuale; quella in sé, sovrasensibile sino al generale. In tal senso posso predicare la verità sia del "vissuto" (cit, phil) che della "vita" (in sé).
Quando passi dal serpente al bastone parli comunque di "vissuti" e quindi di verità sensibili (relazionali) che possono variare relativamente all'osservatore e osservato. Altra cosa è invece la ragione in sé, che è il motivo anche di questa variazione.
Quando parli di errori di verità, parli di razionalità non traenti correttamente la ragione dell'oggetto in esame; sia esso un oggetto inteso in sé, o come fenomeno.
Quando invece parlo di accadere, parlo di un accadere che può essere solo immaginario (accadente solo nella mente) o reale (mente+fisico), ma mai irreale.
La verità diviene così meramente "compilativa" (cit. phil), con la capacità di esprimere correttamente sia l'oggetto in sé che la relazione fenomenica derivante dal rapporto fra i vari esseri.
Ma non è con un colpo d'occhio che si può arrivare alla verità oggettiva, in quanto all'osservazione è accessibile solo ciò che appare. La ragione in sé è invece accessibile solo per via astratta e sovrasensibile, nel nostro caso tramite lo strumento della razionalità.
Poi non penso che la partecipazione fra oggetto-soggetto sia così sbilanciata come dici tu Phil, credo invece che ogni descrizione dell'oggetto (in sé o fenomenico) abbia un punto oltre cui dirsi una descrizione errata di quell'oggetto. Già, anche ciò permette di dire che "è proprio una presunzione umana quella di credersi capace di manipolare il mondo senza che il mondo non lo manipoli a sua volta". Sì, questa cosa la descrivo molto nel libro.
Il punto di vista non umano che osservi la questione fra oggetto e soggetto è la "ragione". L'ho anche scritto nell'articolo sulla VERITA' in riferimento a Sini. Parafraso: la ragione non è una questione umana, ma dell'ordine in sé delle cose. Di umano noi abbiamo la razionalità, capacità di leggere la ragione, cioè capace di leggere anche le cose che non sono umane ma del mondo.
Certo! La verità è una declinazione dell'umano, e di tutti gli esseri razionalizzanti, ma una declinazione verso la realtà. Non leggo alcun implosione.
 
Finisco così:
Certo che nel libro trovate risposte più ampie e accurate. Comunque potete incominciare ad approcciarvi alla sua possibilità leggendo gli articoli gratuiti:
 
- sulla VERITA
https://www.academia.edu/31272058/VERIT%C3%80._UNIONE_FRA_REALISMO_E_COSTRUTTIVISMO
 
- sulla COERENZA
https://www.academia.edu/33025670/TEOREMI_DI_COERENZA_E_COMPLETEZZA._Epimenide_G%C3%B6del_Hofstadter
https://filosofiaenuovisentieri.it/2017/05/14/teoremi-di-coerenza-e-completezza-epimenide-godel-hofstadter/
 
 
Per adesso a presto.
Credo mi immergerò in un nuovo articolo
Vito J.C.
 

https://independent.academia.edu/VitoCeravolo

sgiombo

#312
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 18 Maggio 2017, 03:22:36 AM
Sciompo. Il tuo commento a cui ho risposto era in forma lapidaria. Non mi sembrava corretto usarti un linguaggio non adeguato.  Per altro tu continui ad affermare che sei in grado di predicare e pensare il nulla; e io non so come fai, perché io non ci sono mai riuscito. Ma allora tagliamo la testa al toro: perché non presenti una predicazione del nulla diversa dall'affermazione che il nulla non-è, visto che il non essere assoluto è per definizione l'impossibilità di predicazione? Vedi? In qualunque forma lo dico, l'unica cosa che riesco a dire del nulla è che non lo posso dire. (rif. articolo sulla COERENZA, capitolo 5)
Da me si dà solo ciò che accade.
Dire " il nulla non è" non è una contraddizione, altrimenti non sarebbe una verità. Dunque se è vero che il nulla non è in assoluto, allora non può accadere. Ma ho l'impressione che tu stia parlando di una statistica fuori dagli studi della probabilità: una cosa che non ha possibilità di accadere in quanto nulla assoluto, non accade all'infinito, neanche nei tuoi pensieri. (derivazione dal calcolo della probabilità infinita)..

CitazioneUna predicazione circa il nulla alternativa a quella (vera) "il nulla non é" (= "c' é qualcosa") potrebbe essere quella (falsa; ma non affatto insensata) "il nulla é" (= non c' é alcunché").
Ma tu stesso in un altro passo di questo stesso intervento in cui ti rivolgi a GreenDemetr predichi "il non essere (assoluto) non ha proprietà" (qui ho fatto un semplice copia-incolla e l' ho messo tra virgolette).

Il non essere assoluto é per definizione il non esistere/accadere realmente di alcunché e non affatto l' impossibilità di predicazione.

Continui a ignorare la distinzione "fondamentalissima" (licenza poetica) fra "predicare "ed "essere/accadere realmente": anche gli ippogrifi non esistono realmente, eppure se ne può predicare sensatissimamente  un numero indefinito di attributi (per esempio: "gli ippogrifi sono cavalli alati", "di ippogrifi si tratta nella letteratura fantastica, ad esempio nell' Orlando furioso"; oppure: "gli ippogrifi esistono" -predicazione falsa- o invece "gli ippogrifi non esistono", predicazione vera).
Non esistono/accadono realmente ma possono benissimo essere (può benissimo essere/accadere realmente che siano) oggetto di predicazione o giudizio (vero oppure falso), esattamente  come il nulla assoluto.

Anche da me, ovviamente, si dà solo ciò che accade; ma fra ciò che si dà ovvero accade vi é anche (l' essere/accadere de-) -la predicazione del nulla. (N.B.: ben diversa cosa dall' essere/accadere del nulla).

Dire "il nulla non é" non é una contraddizione esattamente come dire "il nulla é".
Casomai contraddizioni sarebbero il dire "il nulla non é e contemporaneamente é" o "il nulla é e contemporaneamente non é".
Ma "non contraddizione" (coerenza logica) non significa necessariamente verità: per esempio l' affermazione "gli ippogrifi esistono realmente" é del tutto non contraddittoria (coerentissima, logicamente correttissima), ma non per questo é anche vera; al contrario, é proprio falsa.

Essere (realmente) pensabile (e/o pensato) essere/accadere =/= da essere/accadere realmente (di fatto).

Dunque dal fatto che é vero che il nulla assoluto non é non si può dedurre che necessariamente il nulla assoluto non si possa pensare (non può accadere realmente dal momento che realmente non accade, ma si può benissimo pensare, ovvero può benissimo accadere realmente che sia pensato).

Una cosa che non accade e dunque non può accadere nella realtà non per questo necessariamente non può accadere nel pensiero (come mero oggetto di pensiero; ad esempio nel mio pensiero): può invece accadervi benissimo (=può darsi benissimo che accada il pensarla; in particolare il mio personale pensarla).

(Non riesco francamente a vedere alcun nesso fra queste questioni logiche e l' infinito nonché il calcolo delle probabilità).

Apeiron

Il problema di questa discussione secondo me è che ci si perde in una sorta di confusione linguistica.

Ora io posso distinguere una "sedia" da tutto il resto perchè riesco a distinguere le cose. Una sedia per esempio la posso distinguere da un tavolo, da un albero, da una scarpa ecc. Il problema che il fatto che io possa distinguere la sedia, ossia che io possa farmi un concetto di sedia, è dovuto al fatto che posso distinguere la "questa sedia" da ciò che "non è questa sedia", ossia la "non-questa sedia". Io posso formulare un concetto di "io" fintantoché riesco a distinguere l'"io" dal "non-io". Per questo motivo ritengo il solipsismo falso: se non c'è nient'altro che l'io non ci sono distinzioni e se non ci sono distinzioni non c'è linguaggio.

Ora nel caso dell'Essere (inteso come lo si intende nella filosofia greca e moderna) il suo opposto è il Nulla. Il problema è che il "Nulla" non è una "cosa" che si distingue dall'Essere come la "non-sedia" si distingue dalla "sedia" e l'"io" dal "non-io". Il ragionamento per "opposizioni" vale solo quando si può davvero distinguere una cosa dall'altra e nel caso dell'Essere il "Nulla" non è una cosa che si distingue. Ergo la domanda "perchè esiste qualcosa anziché il Nulla?" non è ben posta.

La cosa interessante è che nelle filosofie "non-duali" (o simili) quello che si fa è "trascendere" le distinzioni tra le quali quelle di "io" e "non-io", arrivando ad uno stato al quale non può essere opposto nulla. Secondo me la domanda inziale da proprio questa idea: ossia punta verso i limiti del linguaggio e della conoscenza.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 19 Maggio 2017, 09:23:53 AM
Il problema di questa discussione secondo me è che ci si perde in una sorta di confusione linguistica.

Ora io posso distinguere una "sedia" da tutto il resto perchè riesco a distinguere le cose. Una sedia per esempio la posso distinguere da un tavolo, da un albero, da una scarpa ecc. Il problema che il fatto che io possa distinguere la sedia, ossia che io possa farmi un concetto di sedia, è dovuto al fatto che posso distinguere la "questa sedia" da ciò che "non è questa sedia", ossia la "non-questa sedia". Io posso formulare un concetto di "io" fintantoché riesco a distinguere l'"io" dal "non-io". Per questo motivo ritengo il solipsismo falso: se non c'è nient'altro che l'io non ci sono distinzioni e se non ci sono distinzioni non c'è linguaggio.

Ora nel caso dell'Essere (inteso come lo si intende nella filosofia greca e moderna) il suo opposto è il Nulla. Il problema è che il "Nulla" non è una "cosa" che si distingue dall'Essere come la "non-sedia" si distingue dalla "sedia" e l'"io" dal "non-io". Il ragionamento per "opposizioni" vale solo quando si può davvero distinguere una cosa dall'altra e nel caso dell'Essere il "Nulla" non è una cosa che si distingue. Ergo la domanda "perchè esiste qualcosa anziché il Nulla?" non è ben posta.

La cosa interessante è che nelle filosofie "non-duali" (o simili) quello che si fa è "trascendere" le distinzioni tra le quali quelle di "io" e "non-io", arrivando ad uno stato al quale non può essere opposto nulla. Secondo me la domanda inziale da proprio questa idea: ossia punta verso i limiti del linguaggio e della conoscenza.

Citazione
Concordo che pensare concettualmente é inevitabilmente "distinguere" diversi concetti mettendoli (considerandoli) nelle appropriate relazioni reciproche: "Omnis deternìminatio est negatio" (Spinoza).
 
Tuttavia credo che anche il concetto di  "non essere" (ovvero di "nulla assoluto") sia sensato, in quanto determinato (per lo meno) dalla relazione di negazione rispetto a quello di "essere": si tratta della "relazione minima" possibile fra concetti, che perciò risultano (per l' appunto quello di "essere" e di "non essere") i più vaghi o generici, i meno determinati possibili; e tuttavia presentano quel minimo di determinazione che consente di intenderli sensatamente in quanto concetti.
 
 
 
Secondo me la domanda "perchè esiste qualcosa anziché il nulla (ovvero: anziché darsi il non esistere di alcunché)?" è mal posta per un altro motivo.
Cioè per il fatto che soltanto di ciò che é intenzionalmente realizzato (di fatto unicamente da parte dell' uomo e in qualche misura di altri animali) può chiedersi sensatamente il "perché?" (lo scopo), mentre del resto della realtà, che non è realizzazione intenzionale finalizzata da parte di un agente cosciente, magari dotato di libero arbitrio (e comunque se anche lo fosse resterebbe comunque irrisolta in quanto a sua volta mal posta la domanda "perché?" circa l' esistenza di tale agente intenzionale, in un regresso all' infinito; e dunque si tratterebbe comunque di uno "spostamento" o "rinvio" e non di una autentica soluzione del problema, essendo impossibile risolvere un problema mal posto, ovvero "senza senso"), circa il resto non intenzionalmente realizzato della realtà -dicevo- una simile domanda non ha invece alcun senso (ha senso casomai chiedersi il "come" essa è, cioè quali cause efficienti e non quali scopi ne determinano i vari enti ed eventi).
Il fatto è che per definizione ("analiticamente a priori") ciò che é/accade realmente (qualsiasi cosa sia/accada realmente) non può non essere/non accadere, ovvero necessariamente è/accade: la possibilità (il fatto che potrebbe darsi oppure non darsi) é invece una caratteristica solo e unicamente di ciò che si pensa, dei concetti, dei "contenuti del pensiero"; e dunque ha senso chiedersi "perché si pensa qualcosa piuttosto che qualcos' altro?", potendo benissimo darsi che si pensi, potendo benissimo pensarsi sensatamente, "in reale alternativa" qualsiasi altra "cosa" (purché caratterizzata da coerenza o correttezza logica: non contraddizioni!); ma invece non ha alcun senso chiedersi "perché é/accade realmente qualcosa di diverso da ciò che effettivamente é/accade realmente?", non potendo affatto darsi che sia/accada realmente alcunché d' altro (ma solamente che lo si pensi accadere) e dunque non ponendosi il problema di una spiegazione della (infatti inesistente, non realmente accadente) realizzazione di un alternativa (reale) fra altre (altrettanto) realmente possibili (ma casomai solo altrettanto realmente pensabili, eventualmente di fatto pensate).
 
 
 
Circa le nelle filosofie "non-duali" (o simili) nelle quali quello che si fa è "trascendere" le distinzioni, proprio per il fatto che "omnis determinatio est negatio", che non si può sensatamente intendere (pensare in alcun modo) un concetto se non in quanto determinato dalle relazioni con altri concetti da esso diversi, non riesco a immaginare di cosa potrebbe trattarsi, che cosa potrebbero pensare, affermare.
 
 
 
Ultimo punto di divergenza, la questione del solipsismo.
Secondo me è falso, anche se credo non lo si possa dimostrare logicamente né mostrare empiricamente (lo credo irrazionalmente, per fede), ma non assurdo, non senza senso, in quanto per dargli un senso, per poterlo pensare (N.B.: perché sia pensabile, e non perché sia reale, cioè non perché sia vero l' affermare che sia reale) basta determinarlo come negazione della realtà di alcunché d' altro (di altri enti/eventi reali): basta che queste altre "cose" (enti e/o eventi oltre all' "io") siano pensabili e pensati, ma non è affatto necessario che (contraddittoriamente!) siano anche reali.
 
Ancora una volta emerge il carattere "fondamentalissimo" in filosofia della distinzione o non confusione fra "essere reale (in generale)" e "(eventuale realtà dell') essere pensato".

Discussioni simili (5)