Perché c’è qualcosa anziché il nulla?

Aperto da Vito J. Ceravolo, 30 Gennaio 2017, 19:09:10 PM

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green demetr

#285
segmento 3 di 3 -   precisazioni, polemiche e prime conclusioni.  ;)


riguardo il par.5
Su Heidegger citi il medesimo mondo di appartenza, (sono arrivato solo alla fine del primo capitolo di essere e tempo, che a mio parere suscita una marea di quesiti ben più radicali di quanto non sembri, e su cui non concordo per esempio nell'utilizzo naive del concetto di tempo come universale: ma il tempo è relativo!).

Siccome non specifichi vorrei proporre un precisazione, che il medesimo mondo, è il mondo della medietà, fra ente ed oggetto.
Ma poichè la medietà è una proprieta dell'essere, allora l'unico ente in grado di comprenderla è quell'ente che è la medianità stessa, ossia l'Uomo.
Non sono sicuro che Heidegger convenga con noi perciò (nel senso che il soggetto dunque non soggiace a quella unità, semplicemente perchè l'unità soggiace a lui che la intende).


Dovremmo cioè e qui sta il compito della filosofia formale, intendere quel "soggiace", come una questione formale.
E che l'"unità" è il "domandante formale", non effettivo, non reale. Ci deve quindi essere la meta-narrazione, il controllo delle istanze di verità tra soggetto formale, e oggetto formale.

In questo paragrafo però non mi sembra che contenga elementi per la decidibilità del carattere formale.
(che desumo dal tuo attacco a tarsky)

riguardo il p.6

cit
"L'estrema conseguenza di questo è il decadimento dell'uomo come osservatore privilegiato."

Qua dobbiamo intenderci, perchè questa è la tipica posizione del neo-realista.
La cui ingenuità è quella di pensare a quella unità come reale.
E invece è "solo" eminentemente formale. (e perciò non ha alcuna rilevanza la polarizzazione tra soggetto e oggetto, in quanto abbiamo privilegiato il reale, che è una unità e non un dualismo).
Ma spero tu possa capire e correggere tale posizione.  :'(

Nel proseguimento dell'argomento sulla decidibilità introduci il concetto della cardinalità degli enti. Così da poter dire che un ente segue sempre un altro, ma che ogni ente è separato da esso. Penso sia una soluzione soddisfacente e ben addentro alla classicità della filosofia.   :D  :D  :D

Spezzerei una lancia in favore di Platone, in quanto la cardinalità è esattamente quello che introduce sulla scorta del suo maestro Pitagora, come elemento di indagine.  E che fa da paio con quanto scrivo sopra.
http://www.filosofico.net/numer37.html

La polemica che tu indichi a mio parere è esatta nella misura in cui intendiamo che le idee e i numeri siano quelli ideali.
E non quelli reali.
In particolare forse tu (come me) rigetti l'idea che l'ideale possa avere una valenza etica che sia pre-ordinante il reale.
Ma ideale e reale per Platone non coincidono. (se ho ben intuito sono gerarchici il secondo al primo)
E' il matema che decide del reale, esattamente come stiamo cercando di accordarci noi altri



Non ho capito bene la tua posizione su Kant, mi sembra una grossolana considerazione.
Cosa c'entra l'idealità con la cosa in sè (mi pare tu ci veda un parallelismo)?
:'(


Idem su Nietzche intendere il nichilismo come nonsense sulle cose, piuttosto che sui valori, dimostra quanto poco hai presente del discorso Nietzchiano. :'(  :'(  :'(  :'(  :'(

Comunque al di là delle definizioni, conta la sostanza.(del formale, perciò sorvolo la questione del confronto con la storia della filosofia.)  ;)  ;D

Sostanza che torna di nuovo a trovarmi d'accordo su Hegel (autore da cui prendo spunto come te).  :D  :D  :D

Passiamo alla tua proposta di portare

cit
"Tesi dell'essere:
- L'unità è il principio di conoscenza;
- La verità è la possibilità di conoscenza;
- La realtà è la necessità di conoscenza.
Antitesi dell'appartenere:  (o Tesi dell'esistente).
- La realtà è dell'oggetto;
- La verità è del soggetto;  (che si scontra con un oggetto, sempre, ricordiamo)
- L'unità è di ogni cosa.
Sintesi dell'unione:
- L'unità di ogni cosa è il principio di conoscenza;
- La verità del soggetto è la possibilità di conoscenza;
- La realtà dell'oggetto è la necessità di conoscenza."

Molto interessante la sintesi. Complimenti.   :)  :)  :)  :)  (premierei sopratutto questo ultimo punto)

par.7

Dunque annoto verità di ragione, e verità sensibili.

Non trovo però elementi sulla decidibilità nuovi. Trovo cioè sempre il tema della cardinalità. ;)

par 8

Noto una debolezza della teoria, che era poi anche la debolezza kantiana. (quindi insomma siamo in buona compagnia). ;)  ;D

Se è decidibile che la soggettività esista, in quanto non può non esistere.

Diverso è il caso della oggettività, in quanto non possiamo dimostrare che è parimenti esistente.

Cioè la cosa in sè è indecidibile. (che è una falla che kant lascia aperta nel suo sistema, e che prova a coprire con la trascendenza nel critica del giudizio, fallendo a trovarla, e rimanendo trascendentale). (prigioniero del soggetto verrebbe da dire a me, o della ragione per i kantiani più radicali).
Rimane come d'altronde anche tu scrivi dunque la verità computabile, ovvero in sè. (che poi sarebbe la ragione in sè, o il soggetto idealista come dico io)



cit
"Così che non esista cosa che possa percepirsi fuori dagli apparati del sensibile – materia
universalis – o cosa che possa affermarsi fuori dai predicati dell'intelletto – ratio
universalis –. Si dice: - La "percezione" della materia è l'atto sensibile e primordiale di presa della
realtà (sulla terra responsum della realtà);
- L'"affermazione" della ratio è l'atto intellettuale e finale di presa della
realtà (sul cielo veritas della realtà)."

Vedi qua è un problema serio. Lo dico sempre ad un mio amico kantiano. Chi decide di quella "ratio"?
E' una petitio principii.
Se noi introduciamo la cardinalità (da pitagora in poi) poi non possiamo riferirci ad essa come testimonianza di verità.

Come spero di non sbagliare possiamo dire che la cardinalità è necessaria, ma non sufficiente per dimostrare la relazione di ragione.

Pensiamo solo ai risultati delle fisica quantistica, che intende il campo e non la posizione.

Il campo non è una cardinalità. Principio di indeterminatezza di Schroedinger.

Il tempo è una piegatura dello spazio. Principio di relatività di Einstein.

cit
"Cioè la ragione in sé a fondamento d'ogni cosa"

Ma questo è Hegel (oddio io rispetto tantissimo il maestro, anzi lo adoro  :)  :)  :) ) però il punto che cercavo non è quello amico mio! Ti sei perso sul più bello!  :'(



Cerchiamo di tornare sui nostri passi e di ricordarci cosa abbiamo detto.  8)

Che la formalità è un principio dell'unità, se non ci fosse formalità saremmo in una metafisica di primo grado.

Hegel è un metafisico infatti.

Ma all'altezza dei nostri tempi. La formalità va considerata solo come strumento di controllo, e non come strumento  veritativo.

Dovremmo a questo punto tornare sulla tua proposta, che non mi dispiaceva per niente.

Dicevi che dato L linguaggio la veritatività è etc....etc.....

Ora noi a questo punto dobbiamo interrogarci sul linguaggio e non sull'unità di razionalità in sè.

E' il linguaggio che decide della unità e non la ragione in sè, che usa quel linguaggio per ottenere una unità.

Possiamo ben dire in un discorso semiotico che predicato e realtà, siano deducibili come cardinalità.
E che la veritatività sta proprio nel fatto che è la riflessività di quella cardinalità. Se esiste o meno.
Ma non possiamo dire per via della cardinalità allora esiste una realtà. E' un errore logico, che la filosofia continua a perpretare contro se stessa.

Conclusioni

Ben venga un libro che parli della portante ragione in sè-fenomeno. (sono povero, attenderò qualche anno se verrà acquistato da qualche biblioteca milanese. il prezzo mi sembra onesto comunque.)  :'(
(sopratutto perchè non ho ben capito che differenza c'è tra razionalità e ragione in sè.)

Mi rimane un senso di incompiuto, e sopratutto non ho letto l'orizzonte Mondo che dovrebbe aprire.

La prassi, il paradigma, io lo legherei sempre ad un orizzonte. E non mi pare di averlo colto.

Rimane aperta la critica di Kripke, non  mi pare abbiamo risposto. (e d'altronde sono d'accordo con lui sul principio di indecidibilità formale che non prevede un contenuto.  (ps io ODIO kripke)

In generale però la composizione formale è ben fatta, e mi convince su molti punti. (non su quello fondamentali ahimè!)  :D  :D  :D  :D

Spero vivamente che continuerai a riservare qualche spazio a questo forum.
E nel frattempo ti ringrazio per i molti spunti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2017, 21:16:25 PM
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 10 Maggio 2017, 15:08:54 PM


No  Sciombo: tu parli di affermazione. Io parlo della differenza fra affermazione e oggetto.

(rinvio all'articolo sulla "verità" per chi non ha il libro).


Citazione
Riscrivo correggendo un deplorevole errore (chiedo scusa a tutti):

Cerca per lo meno si spiegarti (se vuoi che si discuta).

In maniera logicamente corretta puoi affermare che se si afferma che il nulla non esista é necessario che qualcosa di reale esista (per lo meno l' affermazione del nulla - negazione di alcunché di esistente stessa); dunque l' affermare che il nulla esiste é falso; ma non contraddittorio: smentito (nel senso di: falsificato) dall' osservazione inevitabile che accade quantomeno il predicare l' esistenza di nulla (dunque qualcosa esiste) e non negato intrinsecamente dalla sua stessa affermazione (che, se per assurdo accadesse, significherebbe "contraddittorio").

Un oggetto può darsi che sia o che non sia.

Un' affermazione (l' oggetto affermazione) può essere contraddittoria, oppure vera o falsa.

L' oggetto "nulla" realmente non si dà (e lo stesso pretendere di affermare che si dia -dandosi e non essendo nulla bensì qualcosa- implica la falsità -e non la contraddittorietà- dell' affermazione stessa).
Sarebbe contraddittoria invece l' affermazione "si dà il nulla e anche qualcosa".




Angelo Cannata

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 10 Maggio 2017, 15:08:54 PM
In verità, Angelo Cannata, io ho solo detto che è la "affermazione" a non esistere fuori da colui che l'afferma. Ciò che tu ne consegui non è una conseguenza che si spiega senza ricorrere ad argomentazioni fuori dal concetto in essere. Dico:

La presupposizione di "al di fuori della mente" per quanto espressa dalla mente che l'afferma, è la ferrea rivendicazione di quell'esterno che affetta le nostre percezioni e affermazioni (su Spinoza - Etica). L'inoppugnabile influenza degli oggetti sulle nostre affermazioni è a sua volta la ferrea rivendicazione della loro esistenza e della nostra interiorizzazione del loro valore nelle nostre immediate rappresentazioni mentali (su Searse - La mente).
L'oggetto della mia obiezione non erano l'esterno o gli oggetti; era il concetto di "esterno alla nostra mente". Io non nego né affermo l'esistenza di oggetti, poiché negarla sarebbe comunque un'affermazione metafisica. Io dico che il concetto di "esterno alla nostra mente", in quanto inevitabilmente dipendente dalla nostra mente, come tu stesso ammetti, è un concetto impossibile.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 21:29:20 PM
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 10 Maggio 2017, 15:08:54 PM
In verità, Angelo Cannata, io ho solo detto che è la "affermazione" a non esistere fuori da colui che l'afferma. Ciò che tu ne consegui non è una conseguenza che si spiega senza ricorrere ad argomentazioni fuori dal concetto in essere. Dico:

La presupposizione di "al di fuori della mente" per quanto espressa dalla mente che l'afferma, è la ferrea rivendicazione di quell'esterno che affetta le nostre percezioni e affermazioni (su Spinoza - Etica). L'inoppugnabile influenza degli oggetti sulle nostre affermazioni è a sua volta la ferrea rivendicazione della loro esistenza e della nostra interiorizzazione del loro valore nelle nostre immediate rappresentazioni mentali (su Searse - La mente).
L'oggetto della mia obiezione non erano l'esterno o gli oggetti; era il concetto di "esterno alla nostra mente". Io non nego né affermo l'esistenza di oggetti, poiché negarla sarebbe comunque un'affermazione metafisica. Io dico che il concetto di "esterno alla nostra mente", in quanto inevitabilmente dipendente dalla nostra mente, come tu stesso ammetti, è un concetto impossibile.
CitazioneIl concetto di "esterno alla nostra mente" in quanto tale (concetto) é interno alla nostra mente; ma con esso denotiamo qualcosa (ente o evento; o caratteristica generale astratta da, essendo presente in, più enti e/o eventi) di esterno alla nostra mente.

Impossibile (come autentico pensiero -sensato- in quanto autocontraddittorio sarebbe il predicato "oggetto esterno alla nostra mente" [denotato da questo concetto appena scritto fra virgolette, il quale -concetto- é interno alla nostra mente] "il quale -oggetto da esso denotato- é interno alla nostra mente".
Oppure "concetto [che per definizione é un "contenuto mentale", un "oggetto di pensiero", magari correlato a un oggetto reale che ne é la denotazione] il quale [il concetto; e non: la sua eventuale denotazione reale]  é esterno alla nostra mente.

Non bisogna confondere i concetti, inevitabilmente interni alla mente di chi li pensa, con le loro (eventuali, se e quando realmente si danno) denotazioni (enti e/o eventi e/o astrazioni da enti e/o eventi) reali.

Angelo Cannata

Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:10:06 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 21:29:20 PM
CitazioneOppure "concetto [che per definizione é un "contenuto mentale", un "oggetto di pensiero", magari correlato a un oggetto reale che ne é la denotazione] il quale [il concetto; e non: la sua eventuale denotazione reale]  é esterno alla nostra mente.
Mi pare di vedere un po' di confusione in mezzo a tutte queste parentesi, trattini, virgolette: se togliamo il contenuto in parentesi della frase, rimane:

concetto il quale é esterno alla nostra mente.

Concetto esterno alla nostra mente? Come possono esistere concetti fuori della nostra mente?

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 22:22:46 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:10:06 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 21:29:20 PM
CitazioneOppure "concetto [che per definizione é un "contenuto mentale", un "oggetto di pensiero", magari correlato a un oggetto reale che ne é la denotazione] il quale [il concetto; e non: la sua eventuale denotazione reale]  é esterno alla nostra mente.
Mi pare di vedere un po' di confusione in mezzo a tutte queste parentesi, trattini, virgolette: se togliamo il contenuto in parentesi della frase, rimane:

concetto il quale é esterno alla nostra mente.

Concetto esterno alla nostra mente? Come possono esistere concetti fuori della nostra mente?
CitazionePurtroppo la questione non é semplice e necessita di parentesi.

Che infatti permettono (a chi abbia la pazienza di prenderle in considerazione) di distuinguere il concetto inevitabilmente interno alla mete dal denotato reale del concetto che può benissimo essere esterno alla mente stessa.


Angelo Cannata

Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:30:47 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 22:22:46 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:10:06 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 21:29:20 PM
CitazioneOppure "concetto [che per definizione é un "contenuto mentale", un "oggetto di pensiero", magari correlato a un oggetto reale che ne é la denotazione] il quale [il concetto; e non: la sua eventuale denotazione reale]  é esterno alla nostra mente.
Mi pare di vedere un po' di confusione in mezzo a tutte queste parentesi, trattini, virgolette: se togliamo il contenuto in parentesi della frase, rimane:

concetto il quale é esterno alla nostra mente.

Concetto esterno alla nostra mente? Come possono esistere concetti fuori della nostra mente?
CitazionePurtroppo la questione non é semplice e necessita di parentesi.

Che infatti permettono (a chi abbia la pazienza di prenderle in considerazione) di distuinguere il concetto inevitabilmente interno alla mete dal denotato reale del concetto che può benissimo essere esterno alla mente stessa.
E sì, ma difatti la tua frase in questione che ho citato non parla di denotato reale, parla del concetto.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 22:52:28 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:30:47 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 22:22:46 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:10:06 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 21:29:20 PM
CitazioneOppure "concetto [che per definizione é un "contenuto mentale", un "oggetto di pensiero", magari correlato a un oggetto reale che ne é la denotazione] il quale [il concetto; e non: la sua eventuale denotazione reale]  é esterno alla nostra mente.
Mi pare di vedere un po' di confusione in mezzo a tutte queste parentesi, trattini, virgolette: se togliamo il contenuto in parentesi della frase, rimane:

concetto il quale é esterno alla nostra mente.

Concetto esterno alla nostra mente? Come possono esistere concetti fuori della nostra mente?
CitazionePurtroppo la questione non é semplice e necessita di parentesi.

Che infatti permettono (a chi abbia la pazienza di prenderle in considerazione) di distuinguere il concetto inevitabilmente interno alla mete dal denotato reale del concetto che può benissimo essere esterno alla mente stessa.
E sì, ma difatti la tua frase in questione che ho citato non parla di denotato reale, parla del concetto.
CitazioneE dice che quest' ultimo, e non il denotato reale, é mentale (interno alla mente di chi lo pensa).
Mi sembra tutto chiaro!

Angelo Cannata


Angelo Cannata

Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:10:06 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 21:29:20 PM
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 10 Maggio 2017, 15:08:54 PM
In verità, Angelo Cannata, io ho solo detto che è la "affermazione" a non esistere fuori da colui che l'afferma. Ciò che tu ne consegui non è una conseguenza che si spiega senza ricorrere ad argomentazioni fuori dal concetto in essere. Dico:

La presupposizione di "al di fuori della mente" per quanto espressa dalla mente che l'afferma, è la ferrea rivendicazione di quell'esterno che affetta le nostre percezioni e affermazioni (su Spinoza - Etica). L'inoppugnabile influenza degli oggetti sulle nostre affermazioni è a sua volta la ferrea rivendicazione della loro esistenza e della nostra interiorizzazione del loro valore nelle nostre immediate rappresentazioni mentali (su Searse - La mente).
L'oggetto della mia obiezione non erano l'esterno o gli oggetti; era il concetto di "esterno alla nostra mente". Io non nego né affermo l'esistenza di oggetti, poiché negarla sarebbe comunque un'affermazione metafisica. Io dico che il concetto di "esterno alla nostra mente", in quanto inevitabilmente dipendente dalla nostra mente, come tu stesso ammetti, è un concetto impossibile.
CitazioneIl concetto di "esterno alla nostra mente" in quanto tale (concetto) é interno alla nostra mente; ma con esso denotiamo qualcosa (ente o evento; o caratteristica generale astratta da, essendo presente in, più enti e/o eventi) di esterno alla nostra mente.

Impossibile (come autentico pensiero -sensato- in quanto autocontraddittorio sarebbe il predicato "oggetto esterno alla nostra mente" [denotato da questo concetto appena scritto fra virgolette, il quale -concetto- é interno alla nostra mente] "il quale -oggetto da esso denotato- é interno alla nostra mente".
Oppure "concetto [che per definizione é un "contenuto mentale", un "oggetto di pensiero", magari correlato a un oggetto reale che ne é la denotazione] il quale [il concetto; e non: la sua eventuale denotazione reale]  é esterno alla nostra mente.

Non bisogna confondere i concetti, inevitabilmente interni alla mente di chi li pensa, con le loro (eventuali, se e quando realmente si danno) denotazioni (enti e/o eventi e/o astrazioni da enti e/o eventi) reali.

sgiombo

#295
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 23:14:26 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2017, 22:10:06 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Maggio 2017, 21:29:20 PM

CitazioneIl concetto di "esterno alla nostra mente" in quanto tale (concetto) é interno alla nostra mente; ma con esso denotiamo qualcosa (ente o evento; o caratteristica generale astratta da, essendo presente in, più enti e/o eventi) di esterno alla nostra mente.

Impossibile (come autentico pensiero -sensato- in quanto autocontraddittorio sarebbe il predicato "oggetto esterno alla nostra mente" [denotato da questo concetto appena scritto fra virgolette, il quale -concetto- é interno alla nostra mente] "il quale -oggetto da esso denotato- é interno alla nostra mente".
Oppure "concetto [che per definizione é un "contenuto mentale", un "oggetto di pensiero", magari correlato a un oggetto reale che ne é la denotazione] il quale [il concetto; e non: la sua eventuale denotazione reale]  é esterno alla nostra mente.

Non bisogna confondere i concetti, inevitabilmente interni alla mente di chi li pensa, con le loro (eventuali, se e quando realmente si danno) denotazioni (enti e/o eventi e/o astrazioni da enti e/o eventi) reali.

Io vedo scritto "esterno" (Angelo Cannata)
E dunque, come chiaramente leggibile, dire che é esterno alla mente il concetto (il quale le é interno per definizione, contrariamente alla sua denotazione reale) sarebbe contraddittorio, ovvero insensato, impossibile (come autentico pensiero).

Mentre non lo é (non é contraddittorio, insensato) dire che l concetto di "esterno alla nostra mente" in quanto tale (concetto) é interno alla nostra mente; anche se con esso denotiamo qualcosa (ente o evento; o caratteristica generale astratta da -essendo presente in- più enti e/o eventi) di esterno alla nostra mente.

L' assurdità nasce dall' "indebito salto logico" dal concetto alla sua (eventuale; se e quando si dà) denotazione reale, dalla confusione fra di essi (analogamente al salto dal linguaggio al metalinguaggio -la confusione dell' uno con l' altro- nel caso del celeberrimo paradosso del mentitore).

Angelo Cannata

Bene, la mia obiezione era questa: una volta che qualsiasi concetto non può non dipendere dalla nostra mente, il concetto di "esterno alla nostra mente" è un concetto impossibile, perché "esterno alla nostra mente" significa "indipendente dalla nostra mente". In altre parole, la mente può illudersi di aver pensato a qualcosa di esterno ad essa solo trascurando il fatto che qualunque cosa essa pensi è dipendente da essa. Io posso pensare che una pietra esista per conto suo, indipendente da me, solo se trascuro che tale pensiero non può esistere se non condizionato al cento per cento dalla mia mente. Dire che quella pietra esiste per conto proprio è un'illusione: mi illudo di essere riuscito a pensarlo, ma in realtà ho pensato soltanto ciò che la mia mente mi ha dettato. Non è possibile pensare idee che non siano dettate dalla propria mente a se stessa. La mente non è in grado di pensare se non fornendo essa stessa idee a se stessa.
Ceravolo sostiene che la realtà sia in grado di provocare idee. Ciò è ipotizzabile, ma non possiede alcuna ferrea inoppugnabilità, come egli sostiene.

L'unica certezza che ho è che per pensare, per formarsi idee, è necessario usare il cervello. Quest'affermazione, che potrebbe sembrare scontata, perfino ridicola nel suo eccesso di ovvietà, ha una conseguenza grave: qualsiasi cosa io pensi, non c'è verso di poterla attribuire con certezza ad una realtà esterna alla mia mente, poiché l'unico dato che ho a mia disposizione è che ho usato il cervello. Il problema è che il cervello si pone così come mezzo insormontabile, ineludibile tra me e qualsiasi pensiero, in modo tale che mi è del tutto impossibile sapere cosa c'è oltre il mio cervello: è impossibile perché il cervello si pone sempre in mezzo.

Si può paragonare alla situazione in cui è impossibile contattare certe persone, perché l'unico mezzo per poter arrivare ad esse è passare per il loro segretario. Se il segretario decide di ingannarmi, dicendomi "Il capo è uscito, torni tra mezzora", per me non c'è verso né di sapere se il segretario mi ha ingannato, né di trovare altri modi per contattare il suo capo senza passare attraverso il suo segretario. Il mio cervello è il segretario della realtà: non c'è verso di contattare la realtà se non passando attraverso questo segretario. In questo modo non posso sapere neanche se la realtà esiste.

sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 09:15:43 AM
Bene, la mia obiezione era questa: una volta che qualsiasi concetto non può non dipendere dalla nostra mente, il concetto di "esterno alla nostra mente" è un concetto impossibile, perché "esterno alla nostra mente" significa "indipendente dalla nostra mente". In altre parole, la mente può illudersi di aver pensato a qualcosa di esterno ad essa solo trascurando il fatto che qualunque cosa essa pensi è dipendente da essa. Io posso pensare che una pietra esista per conto suo, indipendente da me, solo se trascuro che tale pensiero non può esistere se non condizionato al cento per cento dalla mia mente. Dire che quella pietra esiste per conto proprio è un'illusione: mi illudo di essere riuscito a pensarlo, ma in realtà ho pensato soltanto ciò che la mia mente mi ha dettato. Non è possibile pensare idee che non siano dettate dalla propria mente a se stessa. La mente non è in grado di pensare se non fornendo essa stessa idee a se stessa.
Ceravolo sostiene che la realtà sia in grado di provocare idee. Ciò è ipotizzabile, ma non possiede alcuna ferrea inoppugnabilità, come egli sostiene.

L'unica certezza che ho è che per pensare, per formarsi idee, è necessario usare il cervello. Quest'affermazione, che potrebbe sembrare scontata, perfino ridicola nel suo eccesso di ovvietà, ha una conseguenza grave: qualsiasi cosa io pensi, non c'è verso di poterla attribuire con certezza ad una realtà esterna alla mia mente, poiché l'unico dato che ho a mia disposizione è che ho usato il cervello. Il problema è che il cervello si pone così come mezzo insormontabile, ineludibile tra me e qualsiasi pensiero, in modo tale che mi è del tutto impossibile sapere cosa c'è oltre il mio cervello: è impossibile perché il cervello si pone sempre in mezzo.

Si può paragonare alla situazione in cui è impossibile contattare certe persone, perché l'unico mezzo per poter arrivare ad esse è passare per il loro segretario. Se il segretario decide di ingannarmi, dicendomi "Il capo è uscito, torni tra mezzora", per me non c'è verso né di sapere se il segretario mi ha ingannato, né di trovare altri modi per contattare il suo capo senza passare attraverso il suo segretario. Il mio cervello è il segretario della realtà: non c'è verso di contattare la realtà se non passando attraverso questo segretario. In questo modo non posso sapere neanche se la realtà esiste.
CitazioneDal momento che qualsiasi concetto non può non essere (necessariamente è) pensato nell' ambito della nostra mente, il concetto di "esterno alla nostra mente" è un concetto possibilissimo (e sensatissimo), perché non pretende assurdamente di essere esso stesso esterno alla nostra mente, bensì di denotare qualcosa di esterno ed indipendente dalla nostra mente (qualche cosa di diverso dal concetto stesso che la denota =/= costituisce).
Denotato reale che con il concetto (inevitabilmente mentale, quest' ultimo) che per l' appunto lo denota non si identifica, essendo al contrario di esso esterno alla nostra mente (questo vale nel caso del concetto di "esterno alla nostra mente", ovviamente; non per esempio per il concetto di "interno alla nostra mente").
Confondere concetto (inevitabilmente mentale) e denotato reale del concetto (non necessariamente mentale) è come confondere le parole e le cose e pretendere, per esempio, che le parole "inesistente" o "nulla" (che, come si vede leggendo questa riga, esistono eccome, precedendo immediatamente questa considerazione fra parentesi) non esistano.
 
Il fatto che il pensiero di qualunque cosa la mente pensi è dipendente da essa non implica necessariamente che sia dipendente da essa anche la cosa pensata.
Per esempio il fatto che io pensi alla morte non fa certo sì che la morte dipenda dal mio pensiero di essa, e dunque che mi basti pensare il concetto della "mia immortalità" (pensare la mia morte stessa come impossibile) per vivere in eterno!
Ovvero il fatto che il pensiero (il concetto) de- "la pietra" è nella mia mente non implica affatto che la pietra sia nella mia mente; casomai può implicare un insuperabile dubbio scettico; N. B.: non la negazione certa! Non la certezza della negazione!) circa l' esistenza reale della pietra stessa (comunque) fuori della mia mente.
Ma questo è un altro discorso.
 
 
 
La certezza che per pensare, per formarsi idee, è necessario che ci sia un cervello l' ho anch' io.
Però (e per me personalmente é importantissimo!) sono anche consapevole che si tratta di una certezza indimostrabile né empiricamente constatabile (ovvero dimostrabile solo alla condizione di ammettere altre credenze a loro volta non dimostrabili né constatabili: solo ***se*** queste sono vere).
E inoltre (altra cosa per me importantissima!) sono consapevole che idee e pensieri non sono prodotti dal e non accadono nel cervello, bensì -ben diversa cosa!- che accadono necessariamente in presenza (almeno potenziale) di un cervello vivo e funzionante.
 
 
 
Il nostro cervello non è il tramite fra la nostra coscienza (comprendente, o "contenente" i concetti) e la realtà eventualmente denotata dai nostri concetti.
Le nostre coscienze non sono nei nostri cervelli, ma invece i nostri cervelli sono una serie di sensazioni nell' ambito delle coscienze (solitamente quelle di altri, non quella di ciascuno di noi) che lo percepiscono.
I cervelli sono precisamente alcuni dei contenuti delle coscienze, e non viceversa: le coscienze non sono contenute nei, nè prodotte dai cervelli (che invece producono solo movimenti muscolari, e al limite secrezioni ghiandolari, e contengono solo neuroni, assoni, sinapsi, ecc. fatti di molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, ecc.).

green demetr

cit angelo
Io posso pensare che una pietra esista per conto suo, indipendente da me, solo se trascuro che tale pensiero non può esistere se non condizionato al cento per cento dalla mia mente. Dire che quella pietra esiste per conto proprio è un'illusione

Esatto! se riguarda la pietra  :) , ma se riguarda una qualità formale allora possiamo ben dire che non possiamo mai dire quella pietra se non presupponendola (formalmente, astrattamente) come indefinibile prima. Che poi sarebbe La cosa in sè kantiana.
Non ho ben capito perchè C. abbia attaccato un concetto che egli stesso ipotizza.

Si capisce se diciamo che la Cosa in sè non esiste se non come formalizzazione, come linguaggio di controllo? (boh ci provo, non si sa mai!)

cit angelo
"Non è possibile pensare idee che non siano dettate dalla propria mente a se stessa. La mente non è in grado di pensare se non fornendo essa stessa idee a se stessa."

Ma come potrebbe dettare idee a se stessa? se prima non le conosce? o ritorniamo a Platone e ipotizziamo la teoria della reminiscenza o accettiamo che il mentale è "vicino" alla tavola rasa (perchè sappiamo già che il dna contiene informazioni trasmesse): proprio da zero no.

Siamo ancora alle premesse, la domanda di Ceravolo è un altra, non l'avete ancora intesa.  :(


cit angelo
"Ceravolo sostiene che la realtà sia in grado di provocare idee. Ciò è ipotizzabile, ma non possiede alcuna ferrea inoppugnabilità, come egli sostiene."

Per poter intendere la "ferrea inoppugnabilità" bisogna rifarsi al concetto di essere, che appunto non è un concetto.
Non è una idea. (e che poi è il vero discrimine tra analitici e continentali).

Prima dovete intendere quello, poi se volete possiamo ragionare sulle soluzioni formali. (La vedo dura, non credo proprio riusciate a fare nemmeno il primo salto qualitativo).

Comunque possiamo rimanere alle premesse. (chiedo solo che si capisca il soggetto! per questo Sgiombo non sarà mai un mio interlocutore!).


cit angelo
"L'unica certezza che ho è che per pensare, per formarsi idee, è necessario usare il cervello."
 
Il cervello nella vasca....l'ho sempre odiato questo esempio. perchè non intende una cosa semplice semplice, che qualcuno sta narrando quell'esperimento.
L'unica certezza è l'esistenza non il cervello.


cit angelo
"qualsiasi cosa io pensi, non c'è verso di poterla attribuire con certezza ad una realtà esterna alla mia mente"

tralasciando quale sia la mediazione se mentale (io) o cerebrale (tu), siamo d'accordo! infatti il mentale è una questione sempre del soggetto.  :)

il mentale di un oggetto sarà quindi sempre il suo categoriale, ossia la ragione.
ossia il giudizio del mentale sarà il categoriale dell'oggetto, oggetto che diventa mentale "solo dopo". Il tutto viene chiamato trascendentale.

Ma perchè vi sia un categoriale, che è innato nell'uomo, ci deve essere un oggetto esterno!

Ma questo oggetto non può avere alcuna caratteristica categoriale. Perciò è fuori del mentale! e viene "conosciuto" per negazione come non mentale: necessariamente! se no scadiamo nello scetticismo più ignorante.

il primo passaggio formale ce lo consegna la storia della filosofia"dunque per negazione", ma questa formalità è realo o no?
A questo punto si tratterebbe di decidere (tramite qualche passaggio ulteriore, per me ancora formale, per Ceravolo dialettico) se questo oggetto esista o meno: 
alias Perchè qualcosa piuttosto che il nulla?

Ceravolo riparte dal principio di kripke : Quale classe categoriale controlla un altra classe categoriale? (senza esserne compreso, se no si cade nell'errore di epimenide).

Tentando di rispondere.

Secondo me non riuscendoci, ma mettendo ulteriori mattoncini riguardanti il formalismo (per una nuova futura metafisica).
Insomma andando oltre il modello negativo, e costruendone altri. (che anche secondo me non possono non ripartire dall'esistente. Ossia il soggetto. Back to Cartesio!)  (senza fare il suo errore della res estensa...non c'è nulla di tutto ciò!)

E' da lì che riparte Ceravolo. ("abbastanza" brillantemente...forse meritava il primo prermio....sono curioso di vedere chi l'ha vinto!)


cit angelo
"Il mio cervello è il segretario della realtà: non c'è verso di contattare la realtà se non passando attraverso questo segretario. In questo modo non posso sapere neanche se la realtà esiste."

Perfetto! :)  infatti il modello formale è consistente o meno se poi il tuo soggetto sa di vivere l'esperienza di incontrare il direttore dopo mezz'ora.
Certo che se facciamo l'errore delle neuroscienze di scambiare l'evento vissuto, con l'evento delle palline che si accendono....siamo messi male come loro! :(

Certo possiamo dire che se le lampadine si accendono, tu hai visto il direttore....ma se io ti do un allucinogeno, si accenderanno altre lampadine....non ha senso!!!(oppure gli scienziati dell'esperimento mi hanno beccato)(oppure altri scienziati vivranno lo stesso esperimento, e statisticamente si penserà che vi è un modello. dei vissuti degli esperimenti, e non degli esperimenti in sè però. Che potrebbero benissimo essere stati tutti co-optati da una casa farmaceutica, o addirittura ordinati!)

L'unica certezza è il vissuto....se poi quel vissuto sia allucinazione o altro, questo è altro paio di maniche.

non si può usare la mediazione (mentale) di una mediazione (il cervello) per mediare se l'oggetto sia reale o meno.

Il punto semplice è che sia se il vissuto sia allucinazione sia che sia "realtà", l'unica cosa certa è l'esistenza del soggetto. Senza attributo, non categoriale.

E' il sapere immediato come dicono tutti i filosofi!! l'essere un ente. l'essenza, l'esistenza, chiamiamola un pò come vogliamo. (direi che per andare a capire Ceravolo serve questo)

Peirce a mo di domanda diceva il contenitore di tutti i contenitori possibili? direi di rubargli l'intuizione.

Io semplicemente lo chiamo il soggetto. (razionale se proprio vogliamo essere riduzionisti)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 00:59:20 AM
...non l'avete ancora intesa.

Prima dovete intendere quello ...  La vedo dura, non credo proprio riusciate a fare nemmeno il primo salto qualitativo

... chiedo solo che si capisca il soggetto! per questo Sgiombo non sarà mai un mio interlocutore!
Visto che sei persuaso di avere a che fare con persone incapaci di capire, non mi spiego come mai hai scritto tutto il resto.

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