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Perché amare la Natura?

Aperto da Alexander, 12 Febbraio 2021, 09:16:48 AM

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Ipazia

Citazione di: Kobayashi il 15 Febbraio 2021, 09:32:46 AM
Curioso ma sintomatico della tristezza del nostro tempo che per convincere di un argomento ovvio fin dalle prime civiltà superiori, ovvero che senza armonia con la natura non ci può essere per gli uomini alcuna vera felicità, si debba ricorrere all'argomento dell'egoismo e dell'utilitarismo...
Anche qualche bagliore di intelligenza, per essere credibile, deve essere ridimensionato all'uso strumentale del bene "natura" per gli effetti positivi del proprio benessere, perché appunto non c'è nient'altro, solo la ricerca del proprio confort (almeno tra le masse, tutta un'altra storia per i pensatori, loro sì nobilissimi e spiritualissimi, che delle masse hanno questa visione...).

Concordo totalmente. Anch'io resto basita che si debba giustificare materialmente, eticamente e filosoficamente la necessità di trovare il modo migliore per convivere con la natura e beneficiare dei suoi frutti senza farci travolgere dalle sue forze. Cosa che animali molto meno dotati di noi di materia grigia fanno così "naturalmente". Mi sa che a forza di lanciare il cervello oltre l'ostacolo l'abbiamo lanciato al macero  :(
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Appena detto che la discussione è chiusa sono venuti fuori nuovi contributi decisamente interessanti.

A Paul11 vorrei dire che l'amore per la natura, quello più passionale, non è l'estasi dell'artista che si bea della sua bellezza e cerca di catturarla nella sua opera ma quella dello scienziato che la spoglia dei suoi misteri e la possiede. Poi sì, viene la volgarità, peraltro assai utile, della tecnica che spesso, troppo spesso, imbarbarisce il tutto. Ma con un minimo sindacale di evoluzione etica si dovrebbe correggere anche quel tiro.

Concordo pure sul fatto che dolore e sofferenza vanno fatti decantare nel senso di un tutto universale che aiuta la mente a liberarsi del loro peso. Ce lo insegna Epicuro, la via della verità buddista e tutti quei pensatori che hanno avuto un'ampiezza di sguardo tale da illuminare il mondo. Non so se questo sia il migliore dei mondi possibili, ma è quello che ci è capitato in sorte e l'amore dovrebbe aiutarci a renderlo migliore, non peggiore, di come l'abbiamo trovato. Noi, che più di ogni altra specie vivente, abbiamo questo testamento nel nostro dna.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

#62
Come suggerisce Ipazia, quando si enuncia che il tema ormai è esaurito ecco spuntare altri interessanti interventi. Se ne potrebbero ricavare altri ulteriori topic. Vorrei approfondire la tematica dell'uomo interno/esterno alla natura. Vedo il problema di difficile soluzione. Inevitabilmente l'uomo fa parte della natura. La sua elica genetica è il frutto di passaggi del tutto naturali che proseguono da milioni di anni. Ma quello che è accaduto negli ultimi 10.000 anni, quindi almeno dalla rivoluzione agricola in poi, ci ha reso qualcosa di "parzialmente" naturale e "parzialmente" culturale, al punto che la natura non è più in grado di controbilanciare gli squilibri che spargiamo magnanimamente sul pianeta terra. Squilibri che sono iniziati ancor prima. Pare che homo sapiens sia il responsabile della fine di 50 grandi mammiferi americani su 60, fra i quali il mammuth lanoso, la tigre a denti a sciabola il leone gigante americano, per citare i più famosi, animali che erano con noi fino a poche migliaia di anni fa, ovvero finchè l'uomo non attraversò lo stretto di Bering. La cultura ha modificato profondamente il comportamento naturale dell'uomo. Senza una formazione religiosa, sociopolitica,  tradizionale, filosofica, non sarebbero possibili eventi quotidiani come circolare ordinatamente su un'autostrada. Oppure provate a mettere 100 scimpanzè in un contesto militare o industriale, o semplicemente in una riunione di condominio. L'ordine comportamentale dell'uomo può essere minimizzato da chi sottolinea omicidi, orrori vari che sono pur presenti, ma il livello di cooperazione fra un numero di umani così vasto, fra umani che magari neppure si conoscono ma collaborano nella realizzazione di un progetto, questo è un risultato esclusivamente culturale.
In altre parole la cultura è stato un acceleratore talmente efficiente delle nostre doti naturali che oggi possiamo sconfiggere esseri viventi che geneticamente sono, al nostro confronto, come Godzilla, ma che diventano dei puffi una volta confrontati con le nostre applicazioni tecnologiche.
Tutto ciò, ovviamente, se si vuole, rientra comunque nella natura. E' semplicemente una conseguenza della scommessa evolutiva di puntare molte carte su un cervello esoso di risorse, ma che ci ha ampiamente ripagato.
Ma ridurre tutto alla natura non mi ha mai convinto, perchè la natura, come rileva giustamente Alexander, al di là della meraviglia che può suscitare, al di là del piacere di ascoltare il vento che passa fra gli alberi e le sorgenti, è "indifferente". E' normale che sia così, non voglio certo divinizzare la Natura, che si macchia ogni giorno di astuti attacchi alla nostra vita e a quella di tutti gli altri esseri viventi. L'uomo invece non è indifferente. Anche in questo caso per una bizzarra scommessa connessa al nostro SNC, ha imbastito una serie di narrazioni che ci fanno cercare il bello, il giusto, la rettitudine, quella che gli antichi greci chiamavano Sophrosyne.
Tornando a Sileno, possiamo rispondergli che il nostro compito, la cosa migliore che ci possa accadere, è custodire e conoscere la Natura, nella sua intima connessione con noi e con il tutto. E questo compito va messo in atto con umiltà, accettando non solo il nostro trapasso in quanto individui singoli, ma eventualmente anche l'estinzione di quella bizzarra specie chiamata "homo sapiens". Più di ogni altra specie che ha calpestato il pianeta terra, homo sapiens ha una responsabilità, se vuole elevarsi ad un livello superiore di saggezza, e non essere più il solito scimmione a cui hanno affidato casualmente dei divertenti gadgets tecnologici.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

#63
 Considerazione molto importante  quella di Bobmax in filosofia, fin dalle sue origini greche in Occidente.
Infatti il "buco" filosofico, nel senso che Platone non mi sembra esplicare da quanto ci è arrivato dai suoi scritti, l'essoterica,  forse lo ha espresso ai suoi discepoli nell'Accademia, esoterico.
Il Bene per Platone è l'archè filosofico, quindi giudica l'universo, compresa la natura Bene. Bisogna anzi tutto dire che la cultura filosofica greca è precristiana e la interpretano in maniera antica, simile alle culture antiche. Innanzitutto il tempo è circolare, ciclico, non lineare come lo intendiamo noi , e il "governo" della natura sul mondo sovrasta l'uomo. Quell'uomo greco non ha affatto intendimento , intenzionalità di scontrarsi con la natura, l'accetta direi pedissequamente. Certamente la indaga e la filosofia è "mischiata" con la scienza, non è separata come oggi  e non è solo una questione di "specializzazione", era normale che il filosofo dovesse sapere di matematica ,geometria, e direi della prima logica: questi sono i veri strumenti che hanno permesso il salto culturale tecnico occidentale applicato all'indagine sempre più sulla natura che diverrà scienza moderna.
Quindi il Bene è il paradigma fondamentale in Platone a cui sottostà persino il Demiurgo.
Non c'è Bene= Demiurgo (Dio), questo comporta dei punti di vista fondamentalmente diversi.
Probabilmente è l'uomo , nel pensiero di Platone, che determina il bene e il male con i suoi pensieri e atti , in quanto la natura e l'universo essendo Bene ,l'uomo deve "solo" viverne in equilibrio nella relazione uomo-natura e uomo-uomo nel sociale. Questo deriva dall'antico "nomos" di Pindaro all'epoca di Omero , almeno un paio se non di più secoli prima di Platone . Quì non voglio discutere del nomos, di cui a suo tempo ne scrissi.


Bisogna capire, e oggi sembrerebbe "strano" pensarlo per una cultura diversa,  se il dolore e la sofferenza prima di tutto venissero dalla natura e non invece dall'uomo , perché se la natura era Bene e oggi diciamo indifferente, come può generare lei il dolore e la sofferenza essendo "neutra"?


Essendo l'origine del dolore e della sofferenza un'alterazione di equilibri interni ed esterni umani , sappiamo che la scienza stessa dice che sono sintomi di problematiche fisiche, psichiche nostre, diremmo un disequilibrio che il corpo fisico-naturale, che la mente psichica, che la società umana stessa, esterna appunto con sintomi ma che si originano a loro volta da malesseri , malattie interiori
E' oltremodo vero, che "bisogna morire "alla fine  ci dice la natura , in quale modo ha poca importanza "per lei".


Ipazia


Anni fa ci fu uno studio, dei test ,sulle motivazioni delle matricole nella facoltà di medicina, emergeva l'aspetto sentimentale del tipo "fare del bene"; lo stesso test fatto agli specializzandi che quindi avevano scelto l'indirizzo medico, pensavano "alla carriera e ai quattrini".


Sottovaluti l'etica, che ribadisco per me è il comportamento che è diverso dai principi morali.
Non è detto che una persona morale compia etica coerente, spesso si parla da moralisti e si compiono atti contrari alla propria morale, per convenienza, opportunismo, ipocrisia, ecc.
Sono d'accordo con la tua parte finale, siamo noi umani che dovremmo costruire una società che tenda alla felicità di tutti, in armonia con la natura.

bobmax

Che non ci sia nessuno che soffre deve essere inteso letteralmente. Non c'è proprio nessuno!

Non è uno stratagemma per rilassare la mente. Ma la constatazione che la persona in sé, la cosa in sé, è pura illusione.

Quindi io stesso sono Nulla.
Epperò mi manifesto...

Come?

Attraverso l'altro, che non è che me stesso.

Per non perdermi ho lasciato un filo d'Arianna: il male.

Cosicché l'amore, che sono, mi riporti infine a me stesso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

InVerno

Citazione di: Kobayashi il 15 Febbraio 2021, 09:32:46 AM

Curioso ma sintomatico della tristezza del nostro tempo che per convincere di un argomento ovvio fin dalle prime civiltà superiori, ovvero che senza armonia con la natura non ci può essere per gli uomini alcuna vera felicità, si debba ricorrere all'argomento dell'egoismo e dell'utilitarismo...
Anche qualche bagliore di intelligenza, per essere credibile, deve essere ridimensionato all'uso strumentale del bene "natura" per gli effetti positivi del proprio benessere, perché appunto non c'è nient'altro, solo la ricerca del proprio confort (almeno tra le masse, tutta un'altra storia per i pensatori, loro sì nobilissimi e spiritualissimi, che delle masse hanno questa visione...).
Non ho capito se il tra parentesi dice già quello che vorrei dirti, o lo fa in modo ironico, in ogni caso ciò che ho espresso esula dalle mie personali opinioni, ma risponde alla domanda: perchè è così comune avere un opinione positiva del concetto chiamato "natura"? E' come se dicessi che la maggior parte delle persone pensano Dio come ad un assicurazione sulla vita, da pagare con il sacrificio del proprio senso critico e da riscuotere dopo la morte (o con cedole da staccare già in vita, con qualche miracolo cura-malanni). Non è la mia opinione sul soggetto "Dio", ma è la mia opinione sul perchè è una credenza diffusa e molto popolare, e succedeva già prima che la società cadesse in questo vortice mercificatorio, le persone usano il proprio utile per verificare la bontà delle idee, questo si, dalla notte dei tempi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

viator

Salve InVerno. Citandoti : "E' come se dicessi che la maggior parte delle persone pensano Dio come ad un assicurazione sulla vita, da pagare con il sacrificio del proprio senso critico e da riscuotere dopo la morte (o con cedole da staccare già in vita, con qualche miracolo cura-malanni)".





Ovviamente. A me qui dentro  già successo di definire la Chiesa (non importa neppure quale) come la più antica, efficiente, potente Impresa di Assicurazioni del pianeta.





E' sufficiente fare in modo che gli "assicurandi"(i fedeli) si convincano dell'opposto della realtà : la evidenza ragionevole ci dice che il mondo nel suo insieme è eterno mentre i suoi componenti (uomo ovviamente incluso) sono mortali, provvisori, caduchi, soggetti a trasformarsi l'uno nell'altro........con ciò garantendo appunto l'eternità del loro insieme.







L'opposto della realtà in cui i fedeli devono imparare a credere è invece il fatto che solo un preciso componente del mondo (l'anima, intesa come coscienza, dell'uomo) è eterno e non si trasforma mai (la vita eterna ha senso solo mantenendo eternamente la consapevolezza della propria identità).......mentre tutto il resto è destinato a perire.





Per realizzare quanto sopra sarà sufficiente, per l'assicurando, seguire le istruzioni di Polizza (la Dottrina religiosa). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: paul11 il 11 Febbraio 1975, 10:40:12 AM
Ipazia


Anni fa ci fu uno studio, dei test ,sulle motivazioni delle matricole nella facoltà di medicina, emergeva l'aspetto sentimentale del tipo "fare del bene"; lo stesso test fatto agli specializzandi che quindi avevano scelto l'indirizzo medico, pensavano "alla carriera e ai quattrini".

Sottovaluti l'etica, che ribadisco per me è il comportamento che è diverso dai principi morali.
Non è detto che una persona morale compia etica coerente, spesso si parla da moralisti e si compiono atti contrari alla propria morale, per convenienza, opportunismo, ipocrisia, ecc.
Sono d'accordo con la tua parte finale, siamo noi umani che dovremmo costruire una società che tenda alla felicità di tutti, in armonia con la natura.

L'etica/morale non è il motore dell'amore: frequente è il caso, soprattutto quando vi sono legami di sangue, che si continui ad amare una persona anche se non si condividono le sue inclinazioni morali. Chi ama la natura continua ad amarla anche dopo un terremoto, un nubifragio,... L'amore su basi etiche è un amore confessionale sulla cui consistenza mi permetto di dubitare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: Ipazia il 16 Febbraio 2021, 21:44:20 PM
persona
L'etica/morale non è il motore dell'amore: frequente è il caso, soprattutto quando vi sono legami di sangue, che si continui ad amare una persona anche se non si condividono le sue inclinazioni morali. Chi ama la natura continua ad amarla anche dopo un terremoto, un nubifragio,... L'amore su basi etiche è un amore confessionale sulla cui consistenza mi permetto di dubitare.


Ipazia, hai perfettamente ragione. All'interno del mio rivoltante cinismo mi capitò - ed ora confermo - di definire l'amore come individuale, egoistica pulsione al completamento del sè attraverso l'inclusione in sè del mondo oppure attraverso l'inclusione in sè di altra persona, oppure alla proiezione del sè all'interno del mondo, oppure della proiezione del sè in un'altra persona...........................................................il tutto sempre a favore del sè....................................Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

citaz. Ipazia
A Paul11 vorrei dire che l'amore per la natura, quello più passionale, non è l'estasi dell'artista che si bea della sua bellezza e cerca di catturarla nella sua opera ma quella dello scienziato che la spoglia dei suoi misteri e la possiede.


La mia risposta nasceva da questa tua considerazione che ritengo fasulla, noi e tanto meno uno scienziato non possediamo assolutamente nulla. La natura è quello che è da sempre, noi e lo scienziato nasciamo da ignoranti e cerchiamo di comprendere, rappresentare.
La razionalità scientifica si illude di dominare la natura e da qui nasce la stortura moderna e ancora contemporanea di poterla vincere , l'artista la compenetra meglio dello scienziato se sa relazionarla empaticamente.


Se il Bene è accettare la natura per quello che è, quel bene ha già in sé la morale che dettò il "nomos": allora la regola della natura diventa morale umana da perseguire.
L'amore è un termine ambiguo, forse il più ambiguo: anche Hitler amava, anche un serial killer ama.
Il cosa, il come si ama può portare o alla felicità o alla disperazione.

Jacopus

A Paul. Quel " possiede " effettivamente è un termine pesante, ma anche per me la bellezza consiste nella capacità  della scienza di svelare i misteri della natura, che da 500 anni circa si aprono davanti a noi, donandoci un nuovo senso di noi, sapiens. La bellezza cantata dai poeti non svanisce, ma se ne aggiunge una diversa, ugualmente affascinante, che scaturisce dalla sete "edipica" di conoscenza. Una conoscenza che non proviene più dalla tradizione ma dalla ricerca. Paradossalmente (ma neppure tanto), la scienza è in fondo l'ammissione dell'ignoranza dell'uomo, che non può più basarsi su narrazioni mitologiche, non più in grado di far comprendere il mondo. Il potere emancipativo della scienza, il suo sguardo neutro e curioso è uno spettacolo altrettanto bello e degno dello stesso rispetto di chi invece ammira la devozione dei danzatori sufi o dei monaci cluniacensi. La differenza consiste nella assenza di giudizio morale della scienza, per cui un fisico quantistico non taglierà mai la gola ad un astrofisico relativistico.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

Jacopus
Ed è proprio in questo che tu pensi che sta la differenza fra il tuo pensiero e il mio: e lo sai bene.
La scienza non mi insegna nulla, se non nozioni e devo correre dallo specialista per trovare soluzioni dei miei problemi ;  il mito insegnava a comportarsi trovandosi nella medesime situazioni dei protagonisti dei miti. Il mito era formativo, la scienza moderna istruisce, ma non forma.
La scienza è un insieme di tessere particolari incapaci di dare l'insieme, ragiona per quantità, quasi mai per qualità .  Non mi dirà mai "come saper vivere", gli antichi lo facevano, magari sbagliando, ma lo facevano e si imparava a "stare al mondo".
Se poi mi parla di ricerca.....quanti scienziati ricercatori al mondo sono sconfitti da un misero esseruncolo che si sta prendendo gioco mutando più veloce dei tempi scientifici dei ricercatori ?
Nessuno è in grado di prevenirne le mutazioni . Il virus è natura, non dimentichiamocelo, noi che pretendiamo di andare su Marte.....e ne vedremo di altri virus. La scienza quindi non ha niente affatto preso il posto del mito, questa è l'illusione moderna di pensare di aver rubato dalla natura i suoi segreti e poterli gestire addirittura contro di lei; il mito del vaso di Pandora avrebbe dovuto insegnarci qualcosa.......ora c'è chi  non solo gioca con gli embrioni umani ,contravvenendo alla bioetica, ma c'è chi gioca ad assemblare i virus naturali con catene proteiche artefatte.
Noi oggi giochiamo a fare "dio", e la natura dal più semplice esseruncolo naturale si prende gioco di noi tutti . Questa pandemia dovrebbe insegnarci almeno qualcosa, i limiti delle scienze naturali, i limiti della politica, i limiti dell'economia....e imperterriti continuiamo a pensare allo stesso modo di prima della pandemia?
Se la natura è neutrale, la scienza non lo è mai stata, è sempre stata al servizio del potere  umano che la paga profumatamente .


Oggi non c'è bisogno di tagliarsi la gola fra scienziati, semplicemente la comunità scientifica non vuole contraddittori interni , i mass media sono in mano al potere economico, quindi chi non "segue il branco", gli tagliano i viveri.

iano

#72
Citazione di: Jacopus il 15 Febbraio 2021, 22:40:01 PM
Come suggerisce Ipazia, quando si enuncia che il tema ormai è esaurito ecco spuntare altri interessanti interventi. Se ne potrebbero ricavare altri ulteriori topic. Vorrei approfondire la tematica dell'uomo interno/esterno alla natura. Vedo il problema di difficile soluzione. Inevitabilmente l'uomo fa parte della natura. La sua elica genetica è il frutto di passaggi del tutto naturali che proseguono da milioni di anni. Ma quello che è accaduto negli ultimi 10.000 anni, quindi almeno dalla rivoluzione agricola in poi, ci ha reso qualcosa di "parzialmente" naturale e "parzialmente" culturale, al punto che la natura non è più in grado di controbilanciare gli squilibri che spargiamo magnanimamente sul pianeta terra. Squilibri che sono iniziati ancor prima. Pare che homo sapiens sia il responsabile della fine di 50 grandi mammiferi americani su 60, fra i quali il mammuth lanoso, la tigre a denti a sciabola il leone gigante americano, per citare i più famosi, animali che erano con noi fino a poche migliaia di anni fa, ovvero finchè l'uomo non attraversò lo stretto di Bering.
I punti di discontinuità sono sempre i benvenuti ,perché sono i cippi che tracciano il racconto.
Se non ci fossero bisognerebbe inventarli. La cultura potrebbe essere un buon candidato.
Infatti temo siano le nostre lacune di conoscenza a fornircene alla bisogna di questi punti di discontinuità, che sono più punti di mancanza , e noi come ricettatori non indaghiamo troppo sulla loro origine e provenienza.
Mi chiedo, allargando il discorso, se sia davvero possibile costruire una teoria fisica in mancanza di lacune conoscitive.
Forse no, ma questo potrebbe essere argomento per altro topic.
Penso sia buon esercizio filosofico comunque, una volta costruita una storia, provare a decostruirla.
Cosa succede se in tutte le storie che abbiamo provato a raccontare noi nei nostri post, facciamo recitare alla vita la parte che fin qui abbiamo fatto recitare al sapiens?
A me piace cambiare i punti di vista a bella posta per vedere l'effetto che fa', e quando l'effetto riesce, ciò per me equivale a comprendere.
Adesso rimangono due attori soli, la vita e la natura.
Il minimo sindacale se non vogliamo ridurre la storia a un monologo dove chi parla si ascolta, che equivale a tacere, anon poter raccontare nessuna storia.
Ciò dobbiamo fare perciò se volgiamo raccontare una storia, anche quando fossimo intimamente convinti che c'è un unico attore: la natura, tutto compreso.
Che specie viventi abbiano portato ad estinzione altre specie non è una novità assoluta.
Ma probabilmente non sono mai stati la causa diretta, ma solo quelli che hanno dato il colpo di grazia.
Le vere cause sono cicliche o accidentali.
Cicli di glaciazione, meteoriti, dalle quali conseguenze disastrose la vita, il nostro "nuovo" attore è sempre uscito vittorioso.
Si può vivacizzare la storia, e fare la classifica, ad ogni disastro ambientale, di quale specie vince e di quale perde, aumentando il numero degli attori.
Certo è infatti che dal punto di vista da me proposto, la storia si impoverisce e diventa molto meno avvincente.
Se non è la l'autorecita  di un barboso monologo poco ci manca.
In una storia più avvincente ,ricca di attori ,e col finale a sorpresa, i microbi non hanno mai smesso di dominare il pianeta.
Peccato solo che non lo sanno e non possono raccontarselo fra loro.
Ma comunque , nei termini di una sola vita articolata in varie parti , la coscienza ,e quindi la cultura, dovrebbe fare parte del gioco, più che far gioco a qualcuno.
Se si vogliono trovare dei paletti ad ogni costo, veri autentici cippi del racconto , le eliche di DNA sembrano un buon candidato.
Ma non saranno anche loro il solito punto di discontinuità sulla cui provenienza ci piace non indagare troppo, nonostante si affermi  il contrario ?
Certo, ammettiamo che non sono fissi, e ad ogni rifacimento della strada distratti operai li spostano un po' più in là'.
Cambiano anche forma, ma rimangono i nostri paletti distintivi.
Ma sarà vero?
Certi vermi che succhiano la linfa delle radici di certe piante hanno vissuto in simbiosi con batteri nel cui DNA c'era tutto l'armamentario adatto alla bisogna, che permetteva loro di vivere alle spalle delle piante, mentre il DNA dei vermi era del tutto inadatto.
Quei batteri, non si sa' bene perché, si sono estinti, ma il loro DNA è passato armi e bagagli per intero andandosi a sommare a quello dei vermi.
Man mano che le nostre conoscenze aumentano, un DNA unico, seppur variamente articolato , rende ancora più credibile come unico attore la vita.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#73
Quindi raccontiamoci pure delle storie. Sembra che siamo qui per questo.
Aggiungiamo magari particolari horror per vivacizzarle.
Ma dopo esserci piacevolmente auto terrorizzati, quando il film finisce, ricordiamoci che era solo un film.
Un vizio congenito di questa nostra cultura, che andrebbe emendato, è quello di continuare ad essere partecipi  delle storie che ci raccontiamo da soli, come se non avessero un fine e una fine.
Chi ha ancora paura dell'uomo nero e della natura matrigna?
Il senso di realtà consiste nel credere alle storie che ci raccontiamo.
Così le storie si materializzano, e diventano la "nostra solida realtà " , nel bene e nel male.
Se posso immaginare una natura matrigna, allora posso immaginare , perché no, una natura amorevole che ci racconta le favole della buona notte.😇
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#74
Ed è' arrivato il momento che così si materializzi la natura, perché è in questa bella storia che abbiamo bisogno di credere oggi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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