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Perché amare la Natura?

Aperto da Alexander, 12 Febbraio 2021, 09:16:48 AM

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Ipazia

Non capisco il riferimento all'"opulenza" dei marxisti rispetto alle società agricole/stanziali e penso che anche il thauma vada inquadrato in atteggiamenti psicologici illusional-scaramantici che hanno portato alla nascita delle religioni, animistiche prima e trascendenti poi.

Il passaggio da cacciatori, pescatori, raccoglitori ad agricoltori/allevatori è un passaggio tecnologico, con ovvie ricadute socioeconomiche, dipendente dalla presenza di specie vegetali e animali che si prestano alla bisogna: nella mezzaluna fertile tale passaggio è stato molto più agevole che nella cordigliera andina o in Tibet. Che poi  agricoltori e  cacciatori si affidassero agli dei per avere buoni raccolti e buona caccia è nella logica della psicologia umana e può spiegare anche un certo residuo ingenuo di animismo naturalistico attuale.

Il quale però, arcaico o contemporaneo, non esaurisce tutte le sfumature dell'amore, della natura, e dell'amore per la natura. La natura è madre, casa, cibo, paesaggio, benessere fisico e mentale,... restando nel "positivo" che è argomento "ontologico" divino. Tralasciando gli altrettanto indiscutibili aspetti infernali, in primis la condizione mortale dei viventi, ne rimane comunque abbastanza per innamorarsi. Senza pretesa di perfezione, che è cosa da metafisici, non da innamorati.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve. Insomma, tutta questa lunga discussione per trattare delle personali sensibilità psichiche.



Secondo me il quesito posto in partenza da Alexander - pur venendo giustificato dalla reale esistenza di tendenze socioculturali che si sono rafforzate nei tempi recenti (l'amore per la natura come sentimento eticamente "dovuto") - scaturisce da una visione teistica basata su di un semplice assioma che Alexander credo proprio trovi "naturale" : solo degli insensati possono trovare doveroso o necessario amare la natura, poichè essa natura altro non è che creazione di colui al quale solamente deve venir indirizzato il nostro amore ed ogni altro genere di nostra dedizione.



Secondo me, quindi (ma magari Alexander potrebbe smentirmi) il principio dal quale il quesito è partito è semplicemente stato "Ma siamo matti ? Si deve amare il Creatore, non una parte del creato !".



Alla radice della visione del mondo di ciascuno di noi.......c'è solamente l'una o l'altra delle seguenti due tesi :


       
  • Dio creò il Mondo (cioè la natura) perchè questo potesse ospitare l'Uomo, figlio prediletto..............................oppure....................
  • Il mondo creò la natura, la quale espresse l'uomo, il quale, non potendo capacitarsi delle proprie origini, dovette inventarsi un concetto (ed un senso) divini che giustificassero la propria esistenza (per non parlare delle proprie speranze).
Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alexander


Buonasera Viator


Credo che Bergoglio, se leggesse quello che scrivo sulla natura, inorridirebbe. Un abisso separa il mio pensiero da quello teistico, in particolare cristiano, sull'ambiente. Ti cito solo alcune frasi dalla "Laudato sì", l'enciclica del papa di qualche anno fa:


1. «Laudato si', mi' Signore», cantava san Francesco d'Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».[1]


2. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c'è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell'acqua, nell'aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c'è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.


Non so da dove prendi l'idea che il credente in Dio odi la natura. Tutt'altro. La natura è "dono" e " madre".
Pertanto respingo la lettura che fai della tesi sulla natura, che vedo come supremo inganno, che propongo in questa discussione.

Ipazia

La natura, per come ce la presenta la scienza, sappiamo cos'è. Possiamo intenderla anche filosoficamente come res extensa e la fenomenologia relazionale col noi/io cogitans non cambia. La questione che rimane aperta è sull'amore e la sua declinazione. In termini imperativi ? Come un Sollen, imperativo categorico, Kantiano ? o forse, tornando molto più indietro, come un Wissen abramitico: "Adamo conobbe Eva, sua moglie, la quale concepì e partorì Caino"(Genesi 4:1). Prescindendo dall'elemento patriarcale (evidentemente anche Eva "conobbe" Adamo), qui il connubio conoscenza-amore comincia a farsi stretto. Coinvolgere l'elemento amoroso con la conoscenza, piuttosto che col dovere, è decisamente più gratificante.

La via dell'amore attraverso la conoscenza ce la rammenta anche l'Ulisse dantesco con un'altra coppia emblematica: virtute e canoscenza. Virtute significa Bene e qui l'amore ci sta da Dio.

Migrando verso altezze meno siderali, laddove l'amore per la natura si converte in ricerca e scienza, sono i naturalisti a spingere l'amore verso la natura. Quei naturalisti che ci hanno insegnato che i predatori non sono cattivi, ma cercano di sbarcare il lunario, onestamente secondo quello che l'evoluzione naturale li ha fatti diventare. La medesima evoluzione che ha fornito le prede di attributi idonei a respingere l'assalto sacrificando solo i soggetti più vulnerabili in un contesto meta-fisico che si colloca al-di-fuori del bene e del male, ma va preso così com'è, come l'alternanza del giorno e la notte. Elaborando strategie, noi che ne abbiamo la grazia, per illuminare la notte e non farci bruciare dal giorno, ma godendo al contempo la notte e il giorno.

Virando verso la psiche umana è altrettanto constatabile che le pulsioni amorose e conoscitive si intrecciano tra loro in miriadi di situazioni e che il loro intreccio sia il più gratificante e prolifico possibile, così come l'esito della conoscenza che ebbe Adamo di Eva. Prolifico di vita. E si ritorna all'amore.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Alexander. Prendo atto del fatto che le tue convinzioni circa le tue opinioni saranno certo più veritiere di quelle che io ho supposto.


Resta il fatto che non era affatto necessario proclamare che "i credenti non odiano la natura", essendomi io limitato a notare che essi credenti si limitano a "non amarla" particolarmente, atteggiamento da te stesso presupposto come PER CHIUNQUE ovvio e sensatissimo nel proporci il corrente "topic".



Circa poi le tradizioni francescane..............una cosa sono le realtà naturali che governano ferreamente la vita di tutti (santi ed eremiti particolarmente inclusi).........altra cosa sono i deliri mistici espressi in forma poetico-letteraria da chi - avendo scelto di vivere affidandosi alla beneficenza altrui od alla Divina Provvidenza - è stato a suo tempo in grado di ricavar del tempo per poter liberamente misticheggiare.Il vero, genuino rapporto con la natura era quello di chi era costretto a lottare contro di essa, non di chi sognava beatutudini extraterrene (infatti il "non amare particolarmente la natura" del quale tu ti sei fatto alfiere..........discende direttamente dalla realtà esistenziale contadina).



Infine, trovo quasi commovente citare le parole del Sommo Pontefice, il quale - come tutti i personaggi pubblicamente "visibili", deve comunicare non dicendo ciò che pensa, bensì dicendo ciò che il suo auditorio si attende che egli dica. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alexander

#35

Buongiorno Viator


Non sapevo che tu avessi il super potere di leggere nella mente degli altri, così da sapere che quello che dicono non è quello che pensano. Piacerebbe anche a me.  :)
Questo super potere ti permette di capire che tutti i credenti in Dio non amano veramente la natura, ma riservano il loro amore "vero" per altro. Si tratta di miliardi di persone, anche molto diverse fra loro. E' veramente un potere enorme quello di cui disponi.  ??? Va bene (noto una certa "animosità" da parte tua verso i credenti, che per molte cose può anche essere giustificata perbacco!)
A parte gli scherzi:


cit.:Resta il fatto che non era affatto necessario proclamare che "i credenti non odiano la natura", essendomi io limitato a notare che essi credenti si limitano a "non amarla" particolarmente, atteggiamento da te stesso presupposto come PER CHIUNQUE ovvio e sensatissimo nel proporci il corrente "topic".


Non ho affatto presupposto che per CHIUNQUE sia sensatissimo non amarla. Ho esposto le ragione per cui IO non riesco ad amarla e ho chiesto: "Voi ci riuscite?". In diverse risposte ho riscontrato che, con distinguo, diversi riescono, se non ad amarla alla follia, ad avere un sano interesse, di vario tipo, nei suoi riguardi. Naturalmente io penso siano vittime dell'inganno naturale. Ma è solo una mia opinione. Di fatto si può amare anche un inganno , o nutrire interesse per conoscerlo. Molti amano alla follia la propria donna, senza accorgersi delle enormi corna che gli stanno crescendo.

niko

Noi siamo natura, quindi io vedo l'amore per la natura come amore per noi stessi, e l'odio o il disamore per la natura come trascendenza, come amore per altro da noi stessi.


Lo ripeto, noi siamo nella piena internità alla naturala: la contrapposizione tra uomo e natura è gioco, è illusione, è frivolezza, ma non è realtà, la realtà è il logos, la realtà è che in natura c'è continuità tra oggetto, vivente e vivente cosciente, e anche ammesso che noi siamo l'unico vivente cosciente, questo di certo non ci emancipa dalla natura, semmai ci porta a chiudere il cerchio di quello che la natura stessa, nella sua complessità è e può essere; lasciatemi quindi dire che siamo buffi, e anche un po' ridicoli quando prendiamo il dualismo tra noi e la natura come reale.


Quindi quando amiamo la natura, amiamo noi stessi, quando la odiamo, beh, odiamo noi stessi, il che, questo odio intendo, se non è rielaborato verso un desiderio per l'altro da noi stessi, verso una qualche forma di evoluzione o trascendenza, è molto problematico in senso psicologico ed esistenziale prima ancora che filosofico, l'odio per se stessi di solito rovina la vita, e porta solo problemi.


Però un certo odio per se stessi in piccola dose è necessario a migliorare, se non ci si odia nei propri aspetti e nei propri momenti della vita peggiori, non si migliora, e la natura è tutto di noi stessi anche le parti di noi stessi che non sono facili né salutari da accettare, anche i mostri che abbiamo  dentro, la guerra, il cannibalismo eccetera, sono natura, quindi un certo tratto di natura va odiato, ed entro certi limiti la natura va odiata, bisogna vedere entro quali limiti, perché ogni atto di amore per se stessi e per l'altro in quanto completamento e proiezioni di noi stessi, è invece amore che ricade, nella realtà, sulla natura.


Quindi al di là dell'amore per il nulla, io in tutto questo discorso ci vedo l'alternativa tra amore narcisistico e amore oggettuale, quando amiamo la natura nel suo spettacolo sublime e ci sentiamo felicemente parte di essa vogliamo essere, quando combattiamo contro di essa e quindi sostanzialmente contro la prospettiva della morte e della nullità di ogni senso vogliamo divenire, e amiamo qualche suo aspetto in particolare contrapposto a qualche altro, perché questo è amore oggettuale, volere qualcosa di specifico al posto di
qualcos'altro, una necessità uguale e contraria a quella di amare se stessi nella pienezza attuale del cosmo e quindi lasciar disperdere la volontà nell'infinito: se accettassimo solo e soltanto l'ordine cosmico senza una minima contrapposizione ad esso, non avremmo nemmeno la forza per resistere alle sue avversità, moriremmo al primo temporale o alla prima tigre che ci si vuole mangiare, insomma l'ordine prevede la lotta, è ampiamente contemplato in natura che la natura sarà amata dai suoi figli, e che per altri versi e in altre occasioni sarà odiata, amandola, e odiandola, certo non la "sorprendiamo" in nessun modo.


Una breve parentesi che mi sento di aprire sul celebre passo del Sileno, l'uomo figlio del caso e della pena eccetera, il mito è metafora e ha dei significati profondi, qui il significato da non lasciarsi sfuggire secondo me è che il centauro (sileno) è metafora dell'uomo, l'uomo è l'animale che crede o sa di non essere completamente animale quindi il centauro è l'uomo, anche il re è l'uomo, quindi il tema del "sarebbe stato meglio non nascere", in senso sottile e oltre il significato letterale del mito, è il discorso dell'uomo all'uomo, non il discorso della natura all'uomo: l'ordine cosmico è già saturato dalla natura e quindi, come caso già contemplato in natura, dall' "uomo" corporeo come animale che negli istinti fondamentali dagli altri animali non si distingue; volersi distaccare dalla propria animalità è impossibile, e porta solo a un sovrappiù di sofferenza; in altre parole tutti i vivi dalla pulce alla balena sono figli del caso e della pena, non certo solo l'uomo, ma si può sperare e supporre che essi non lo sappiano, in quanto sono fuori dall'ordine della coscienza e del discorso, quindi il paradosso che il mito vuole farci cogliere è che per l'uomo, quantomeno per l'uomo adulto e razionale, il problema aggiuntivo è di saperlo e non poterlo ignorare, di essere figlio del caso e della pena, e lo sa per quell'ordine di amore e di discorso che gli proviene dall'aver interagito con altri uomini, piuttosto che con la natura. Delle bestie ci si può chiedere se siano dentro o fuori, da un destino di sofferenza sistematica e nevrotica dovuta alla consapevolezza della morte, del dolore e della fine di ogni senso, come farà ad esempio Leopardi nel canto del pastore errante; ma l'uomo può chiederselo degli animali, se soffrano o no in modo sistematico, perché egli è sicuramente dentro, questo sistema di sofferenza inevitabile, quindi la sua emancipazione dalla natura in un certo senso è, la sua sofferenza, va verso quello che sicuramente è sofferenza, distaccandosi da quello che è mistero e quindi può essere o non essere sofferenza, appunto il mutismo e la non comunicazione verbale delle bestie.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

@Alexander.
Do' per scontato che tu non personifichi la natura.
Ma sicuramente ti sentì altro e ben distinto da essa, da cui la possibilità che quell'altro da te ti inganni.
Ma in che senso la natura ci inganna? Non mi è chiaro.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

Buonasera Iano






cit.Ma in che senso la natura ci inganna? Non mi è chiaro.


Nel senso che ci appare bella e desiderabile, quando invece è un mostro orribile e indifferente (soprattutto indifferente).



viator

Salve. La nature che ci inganna !!. Incredibile. Non è che per caso siamo noi a sentirci ingannati per via del fatto che consideriamo SINCERO ciò che soddisfa i nostri desideri (e che la natura, secondo noi, non fa), mentre troviamo INGANNEVOLE (in realtà la parola adatta sarebbe DELUDENTE) ciò che non li soddisfa ?.




Non c'è proprio nulla da fare : quasi nessuno riesce a parlare di ciò che è fuori di noi senza vestirlo di significati, intenzioni, preconcetti, desideri ESCLUSIVAMENTE UMANI.



Ma in questo modo non riusciremo mai a interrogare (nel senso di indagare, investigare) il Mondo, poichè non faremo altro che metterci davanti allo specchio interrogando la nostra immagine circa i nostri stessi desideri !. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#40
Citazione di: Alexander il 14 Febbraio 2021, 19:24:28 PM
Buonasera Iano






cit.Ma in che senso la natura ci inganna? Non mi è chiaro.


Nel senso che ci appare bella e desiderabile, quando invece è un mostro orribile e indifferente (soprattutto indifferente).
Se continui a personalizzarla posso condividere solo una natura indifferente, non certo mostruosa.
Ma se è indifferente perché questo dovrebbe essere un problema per noi?
Mi preoccuperebbe di più il contrario, se proprio devo personalizzare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#41
Citazione di: viator il 14 Febbraio 2021, 21:00:31 PM





Non c'è proprio nulla da fare : quasi nessuno riesce a parlare di ciò che è fuori di noi senza vestirlo di significati, intenzioni, preconcetti, desideri ESCLUSIVAMENTE UMANI.




Diciamo che è inevitabile.
La differenza sta nell'averne coscienza oppure no.
Questa coscienza mi pare stia crescendo, e perciò mi pare siano alle porte revisioni teoriche importanti.
Man mano che la storia della vita sulla terra viene meglio focalizzata è inevitabile che ciò accada.
La descrizione della natura non può che essere umana, ma non per questo è statica, perché noi ci muoviamo.
Prevedo forte avversione per queste nuove teorie, e mi chiedo se questa discussione non ne sia sintomo.
La questione non è da poco.
Mettiamola così.
Se è vero che ne tu ne' io ci sogniamo di personalizzare la natura ( non più), non ci farebbe però piacere che una nuova teoria tentasse di fare la stessa cosa con noi. Cioè di spersonalizzarci.
E cosa riusciamo a immaginare esserci più personale del nostro corredo genetico?
Proprio il fatto che sia personale si inizia a mettere in dubbio.
Si potrebbe dire che per i primi due miliardi di anni della storia della vita sulla terra hanno dominato i microbi, mentre oggi dominiamo noi?
Ma in che senso dominiamo? Se per magia si estinguessero tutti i microbi noi gli andremmo dietro.
Il contrario non è vero.
Le nostre storie oltre che inevitabilmente umane sono anche inevitabilmente semplicistiche, ma volendo le si può complicare, magari parlando di un DNA condiviso coi microbi che ci portiamo addosso.
Ma qui si parla appunto di idee ancora in divenire.
Ma su una cosa mi sono fatto una idea chiara.
Nessuno domina nessuno e su nulla.

Le diverse forme in cui si articola la vita non hanno mai smesso di stare sulla stessa arca.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

La natura non inganna nessuno. Siamo noi che ci autoinganniamo su di lei. Un conto e non vederci provvidenza divina alcuna come fece l'ateo Leopardi, altra cosa è renderla un feticcio ingannatore, prendendo troppo alla lettera le licenze poetiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve iano. Citandoti : "Nessuno domina nessuno e su nulla".



Perfetto. Così ci intendiamo. Il nostro crederci "superiori" è perfettamente giustificato in quanto fisiologica produzione della nostra autocoscienza......ma il raziocinio (facoltà ulteriormente raffinata ed elevata rispetto alla funzione coscenziale) deve farci comprendere che tutto ciò che ci è estraneo (cioè esterno al nostro modo di sentire) è anche ciò che ci permette di vivere e di sentire quello che noi siamo o che crediamo di essere. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alexander

#44
Naturalmente quando si parla dell'aspetto orribile della natura si parla del suo aspetto estetico e non etico. Un giorno mi è capitato di svegliare, per sbaglio, un nido di serpenti che avevano fatto casa nel ventre di una carcassa di capriolo. Ne provai istintivamente un profondo senso di orrore e disgusto. Naturalmente per i serpenti la carcassa deve essere stata molto accogliente e protettiva, ma non ci stiamo chiedendo se per un serpente la natura si deve amare , odiare o essere indifferente, ce lo chiediamo in quanto umani, con senso estetico (ed etico) umano (per rispondere all'obiezione di viator, che presumo vorrebbe che ragionassimo come robot, se fosse possibile, senza alcuna emozione e senso estetico, e non come soggetti umani, con tutto quello che ciò comporta in positivo e negativo). Niko (Buonasera!) suggerisce che un certo grado di odio sia quasi inevitabile verso la natura, forse necessario. Invece, nel mio post iniziale, io affermo che è assurdo odiare la natura, essendo una forza del tutto indifferente ai nostri sentimenti e che l'indifferenza (verso il suo destino) sarebbe la scelta più logica se non fosse, come giustamente dice anche Iano , che siamo in presenza di una disparità di forza: lei può fare a meno di noi, ma noi non di lei (almeno per il momento, nel futuro , con cibo artificiale, aria artificiale, piante e paesaggi artificiali, ecc.non si sa se in gran parte ne faremo a meno). Quindi, come vedete, non ho nessuna intenzione di "personalizzare" la natura, se non per necessità dialettica. Quello che mi interessa è la risposta umana (etica e ed estetica) a questa forza del tutto indifferente al nostro destino.
Devo però specificare cosa intendo per "natura" in questo post: la forza generatrice degli esseri viventi, animali e vegetali e il suo rapporto di ordine logico, estetico, morale, con le facoltà dell'uomo .

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