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Perché amare la Natura?

Aperto da Alexander, 12 Febbraio 2021, 09:16:48 AM

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Jacopus

Nel mio primo intervento in realtà non ho risposto alla domanda "perché amare la natura". Ho provato solo ad indicare una terapia (blanda) al nostro esilio dalla natura. È del resto una terapia che L'uomo pratica fin da quando ha scoperto il linguaggio ed inventato i miti.
Ciò che è mutato da allora è la potenza esercitabile dall'uomo. Il primo passaggio fu da stato di natura (Adamo ed Eva nell' Eden) a stato di cultura. Ma quella cultura era talmente fragile da essere rovesciabile in ogni momento dal terremoto di Lisbona piuttosto che dalla peste nera. La natura era davvero temibile, matrigna, incomprensibile. Solo le divinità potevano essere un baluardo talvolta oppure una razionalizzazione (le cavallette inviate da Dio contro il Faraone, ad esempio).
Oggi, per quanto la natura abbia ancora riserve di potenza incommensurabili, l'uomo è in grado di replicare processi energetici, come mai prima nella storia umana, come, per fare l'esempio più noto, la fissione nucleare.
Non a caso siamo entrati nel cosiddetto antropocene. Ovvero i futuri geologi, per stabilire una data alla nostra epoca dovranno studiare e datare i nostri artefatti, in primo luogo i palazzi, che formeranno uno strato litico, in grado di raccontare non solo la storia culturale dell'umanità ma anche la storia geologica del pianeta terra.
A fronte di ciò, siamo davvero dei semidei, tecnicamente, ma con lo stesso cervello postscimmiesco come paventava Lorenz. Ed allora è necessario amare la natura, non in un modo ingenuo o naïf, come dei figli dei fiori con hi-phone, ma prendendoci cura di essa, perché oggi abbiamo il potere per farlo. È solo delle cose che si amano ci possiamo davvero prendere cura. Con lo stesso atteggiamento che abbiamo con i nostri figli. Potranno tradirci, ma noi non possiamo tradire loro.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alexander

Concordo largamente con Jacopus. Dissento solo su un punto: Dobbiamo prenderci cura della natura per il nostro stesso bene, ma non dobbiamo amarla. Non abbiamo questo obbligo. Possiamo infatti prendercene cura anche solo per bisogno e timore , non per il valore della natura in sé. Come ci prendiamo cura della nostra casa, magari sistemandola con l'ecobonus 110%, ma senza il bisogno di amarla, solo perché il tetto non ci piombi sulla testa, così ci dobbiamo prendere cura della natura ,senza però alcun obbligo morale verso di essa. Infatti il desiderio che ci assale, osservandola, è spesso simile a quello del personaggio di Kundera: una bella spianata di cemento e via! ;D

Ipazia

Mi pare che qui il problema più che la natura sia l'amore, antropologicamente inteso, con tutte le sue declinazioni e contraddizioni.

La natura sta lì: se ne impippa del nostro amore o odio. Ci lascia cementificare, asfaltare, inquinare e poi ci presenta il conto. Il che sarebbe già un buon motivo per amarla, perchè nel presentarci il conto ci costringe a crescere, moralmente e culturalmente. Come una mamma o una maestra, buona per definizione, anche quando è severa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander


Buonasera Ipazia

"Buona per definizione " non significa buona realmente. Infatti , come giustamente scrivi, la natura "se ne impippa" del nostro amore umano verso di essa. E' rarissimo però trovare una madre che "se ne impippa" dei figli. Forse dei figliastri. Ecco perché la natura viene spesso definita come oscura e meccanica matrigna (Leopardi). Il fatto che metaforicamente ci presenti il conto è insito nella propria meccanicità di reazione, non certo nel suo "spirito educatore". Come "se ne impippa" del nostro amore o odio, se ne impippa certamente anche di educarci moralmente, non provando assolutamente nulla verso di noi. Nessun anelito di qualsivoglia cosa. E' il timore che ci educa; il timore di perdere il benessere artificiale, non naturale, che ci siamo costruiti.

Ipazia

Come ho scritto sopra l'amore va declinato all'umano e tale declinazione non deve necessariamente valere per la natura, qualunque cosa essa sia. Non sta scritto da nessuna parte che un amore deve essere ricambiato. Noi amiamo quadri, musiche, libri, artisti, luoghi, patrie, numi, ... indipendentemente dalla possibilità che l'oggetto del nostro amore contraccambi. Nietzsche amava la terra e i fato. Non so se terra e fato amavano Nietzsche. Ma egli aveva le sue ottime ragioni per amarli. Anche quando non sono "buoni" secondo i nostri valori perchè "ciò che non uccide, rafforza".

Leopardi evidenzia le contraddizioni di una banalizzazione "buonistica" della natura connessa alla retorica cristiana della divina provvidenza. La natura non si impippa delle proprie creature perchè le nutre e le conserva in vita. Indipendentemente dai sentimenti che i figli provano per lei. E una madre saggia perchè ci lascia fare, asseconda le nostre inclinazioni evolutive, ma è pronta ad intervenire quando la facciamo fuori dal vaso, perchè le prime vittime di tale comportamento siamo noi. La prossima volta staremo più accorti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander


La domanda è infatti posta a noi e non alla natura:  Perché (noi dovremmo) amare la natura (visto e appurato che lei non ci ama)? La domanda la pongo per mettere in dubbio l'assunto, sempre più diffuso e mediatico in quest'epoca del "green", di un supposto "dovere d'amore" nei suoi riguardi. Sempre più spesso si dice infatti che si deve amare la natura, che è cosa buona e giusta. Invece, ed è chiaro il concetto, abbiamo necessità di trovare un equilibrio con essa, ma nessun bisogno d'amarla, così come di odiarla. L'eventuale sentimento d'amore che si prova può al massimo rientrare nella categoria dell'inclinazione soggettiva, del godimento estetico, dell'eventuale piacevolezza che se ne prova frequentandola.
Dopo un lungo monologo l'islandese di Leopardi  comprende infatti che la sofferenza è insita nell'uomo e di questo la responsabile principale è proprio la natura stessa. Natura che crea e poi tormenta gli esseri viventi, totalmente insensibile al destino degli esseri da lei creati. Natura che agisce secondo un processo di creazione e distruzione,  meccanicisticamente, coinvolgendo tutte le creature.

Jacopus

Citazioneuna madre saggia perchè ci lascia fare, asseconda le nostre inclinazioni evolutive, ma è pronta ad intervenire quando la facciamo fuori dal vaso, perchè le prime vittime di tale comportamento siamo noi. La prossima volta staremo più accorti. 


Non so se ho ben compreso quello che vuoi dire, Ipazia, forse ritieni che la Natura sia una sorta di educatrice, che ci raddrizza sulla base delle esperienze negative, che noi umani "monelli" ci ostiniamo a ripetere. In ciò vedo, però, una vaga riproduzione in effigie della Divina Provvidenza. Sarebbe anche utile se fosse davvero così, ma non è detto che impariamo la lezione prima della catastrofe finale, ovvero della autoestinzione della specie sapiens.
L'evoluzione non è fondata su una sorta di parallelismo con il concetto di progresso, cosa di cui era già consapevole Darwin, che avrebbe preferito il termine Trasmutazione ad Evoluzione, ma i suoi epigoni e il processo di divulgazione mediatica fecero trionfare il termine evoluzione, distorcendo non poco la teoria darwiniana.
Nessun finalismo, in breve. Homo sapiens potrebbe anche essere un esperimento fallimentare nella dinamica vitale di Caso e Necessità.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Citazione di: viator il 12 Febbraio 2021, 16:22:48 PM
Salve. Devo rettificare il mio pensiero. Poco addietro ho affermato, sbagliando clamorosamente : "L'amore è FACOLTA' allo stato puro, quindi massima espressione di libertà".

E' una castroneria. L'amore ha radice psichica (o spirituale, per chi creda in uno spirito), perciò è espressione istintuale (o divina, per chi creda in un Dio tradizionale), quindi sarebbe proprio il contrario di una facoltà, la quale è invece l'espressione di una mente (ragione) consapevole, la quale può anche contraddire la psiche-spirito.

Infatti, dicendo e ribadendo che l'amore non può essere oggetto di scelta od imposizione propria od altrui, si sottolinea che l'amore è qualcosa che - in un modo o nell'altro - CI COSTRINGE ad amare. Saluti.

Ciao Viator

Complimenti per la tua rettifica.
Che mostra, a mio parere, ancora una volta il tuo bisogno di Verità...

In effetti l'amore non può essere una facoltà, se intesa come capacità del volere.
Cioè non è possibile "voler" amare.
Ma sia ama o non si ama, a prescindere da qualsiasi volontà.

E' però forse possibile amare, ma non come atto di volontà.
Dico, forse, perché non è così certo che l'autentico amore esista davvero.
Chiamiamo sovente "amore" ciò che però non lo è. Magari è bisogno, possesso, piacere... ma non è amore.

D'altronde, anche quando questo amore pare essere davvero sincero,  sono convinto che non si ami mai davvero qualcuno o qualcosa.
Ma sempre, se l'amore è "vero", e non ve ne mai certezza... si ami ciò che sta oltre quel qualcuno o qualcosa. L'oggetto d'amore non è mai davvero oggettivabile. E' più una mancanza, un vuoto, che però scalda il cuore.

Così ciò che si crede di amare è in realtà occasione, mezzo affinché l'amore scaturisca. Perché l'amore supera ogni sua determinazione.

Se questo amore è "vero", questa è la prova della volontà divina.
Se capita che scaturisca in noi uno slancio d'amore, verso non importa cosa, ecco la manifestazione di Dio!
L'amato può essere qualsiasi cosa, anche il più umile oggetto. Ciò che conta è l'amore.

Ma non è possibile amare come atto di volontà.
Amo o non amo non dipende da me.

Amare perciò la natura, può capitare oppure no, non dipende da noi.
Ma da Dio.

Dio ama se stesso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 12 Febbraio 2021, 20:26:46 PM
Citazioneuna madre saggia perchè ci lascia fare, asseconda le nostre inclinazioni evolutive, ma è pronta ad intervenire quando la facciamo fuori dal vaso, perchè le prime vittime di tale comportamento siamo noi. La prossima volta staremo più accorti.

Non so se ho ben compreso quello che vuoi dire, Ipazia, forse ritieni che la Natura sia una sorta di educatrice, che ci raddrizza sulla base delle esperienze negative, che noi umani "monelli" ci ostiniamo a ripetere. In ciò vedo, però, una vaga riproduzione in effigie della Divina Provvidenza. Sarebbe anche utile se fosse davvero così, ma non è detto che impariamo la lezione prima della catastrofe finale, ovvero della autoestinzione della specie sapiens.
L'evoluzione non è fondata su una sorta di parallelismo con il concetto di progresso, cosa di cui era già consapevole Darwin, che avrebbe preferito il termine Trasmutazione ad Evoluzione, ma i suoi epigoni e il processo di divulgazione mediatica fecero trionfare il termine evoluzione, distorcendo non poco la teoria darwiniana.
Nessun finalismo, in breve. Homo sapiens potrebbe anche essere un esperimento fallimentare nella dinamica vitale di Caso e Necessità.

La Natura è una nostra invenzione. La cosa reale di cui essa è metafora è un insieme di processi chimico-fisico-biologici (natura), nei quali è coinvolta anche la nostra specie, regolati da "leggi" che non conoscono la giustizia all'italiana, ma vanno dritte per la loro strada fisico-chimico-biologica. Quando noi non rispettiamo quelle leggi, per hybris o ignoranza, la natura ci presenta il conto e ce lo fa pagare senza se e senza ma. Questa inflessibilità della natura alla lunga ci costringe ad evolverci culturamente ed eticamente per non ripetere gli errori che ci sono costati sangue sudore e lacrime. Alla lunga sopravvivono i Dedalo e periscono gli Icaro e questo fatto migliora la specie. Ma è anche possibile che gli Icaro si siano riprodotti in maniera così consistente da rendere la catastrofe inevitabile. La bomba demografica, e le sue ricadute sociopolitiche e tecnologiche, sono in agguato. 

La natura sta a guardare, ma non prima di averci concesso gli attributi e strumenti conoscitivi per porre rimedio ai guasti. Compito nostro, non suo: in ciò sta la differenza con la provvidenza divina.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#24
Vero Ipazia.
La natura è una costruzione culturale che si evolve nel tempo.
Con un senso di deja' vu non nego di provare sorpresa nel risentir parlare di natura come matrigna.
L'amore delle madri per i figli può essere  descritto come un perfetto meccanismo  che obbliga il singolo a scarificarsi per il bene della società.
Se si trattasse di una libera scelta saremmo già estinti , se , sempre dentro un possibile racconto naturale, l'evoluzione non avesse fatto piazza pulita delle madri "snaturate".
Si tratta comunque di un amore condizionato alla disponibilità di risorse e comunque  il partito di quelli che amano la natura , senza sapere perché, e al quale appartengo, sembra oggi maggioritario. e Alexander ha il merito di farci notare che , in quanto tale, cerca di cambiare la legge elettorale a suo favore e mette in atto nelle scuole opere di indottrinamento.
Diciamo che la distinzione che si fa' fra natura, artificio e cultura è in generale un po' confusa, e il ripescare la personalizzazione della natura come matrigna , come fa Alexander, che saluto, mi pare come il ritorno a una fase ingenua dell'uomo dentro a una favola naturale.
Comunque questa inattesa e bella discussione ha il merito di farmi riflettere che c'è un amore verso la natura senza un perché ,della qual cosa mi compiaccio, perché gli amori senza un perché cosciente sono gli unici che funzionano.
Temere la natura "perché " vendicativa "temo" invece non funzioni, perché non incentiva il sacrificio/impegno del singolo, ma l'impegno di una ipotetica società non meno impersonale e favolistica della natura come a volte la disegnamo.
Ma per fortuna i singoli votano e così la democrazia ha la chance di essere il personaggio positivo che ci viene a salvare in questa favola.
Poi sarà anche un meccanismo, ma è sempre bello essere innamorati senza un perché.
È così che funziona.
Comunque , se riusciamo ad astrarci per un attimo dall'uomo, parlando di vita , essa è sopravvissuta a ben peggiori catastrofi naturali di quella che sembra essere in atto.
Il dominio attuale dei mammiferi è figlio di una quelle ripetute catastrofi che hanno a turno hanno appunto decretato la dubbia onorificenza di dominatori del pianeta a diverse specie.
Non dimentichiamo che per gran parte della storia del pianeta i microbi ne sono stati i dominatori, e lo sarebbero ancora se assistiti da una natura benigna .
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Da un punto di vista evolutivo strettamente biologico, noi uomini, come singoli , non valiamo un pollo, residuale erede dei dinosauri, ex dominatori del pianeta.
Se dipendesse solo dalla biologia, in termini di efficenza dello sfruttamento delle risorse naturali, i polli dovrebbero dominare il pianeta , quantomeno per naturale discendenza dinastica, diciamo così ...
Diciamo pure quindi che la "natura" è stata fin troppo benigna con noi a eleggerci come dominatori.
Sono comunque chiamati a dirimere la questione dinastica sempre fattori accidentali , e quindi naturali per eccellenza.
Oggi l'arrivo di una meteorite, domani la nascita di una cultura.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

InVerno

La bellezza e il senso di stupore davanti alla magnificienza del paesaggio, è una cosa seria, che ha a che fare con la nascita del senso del mistico, nei culti proto-indoeuropee, ma presumibilmente di sapiens ..è presumibilmente la prima fonte del thauma, al quale sapiens si è genuflesso e per servire  il quale è nata la società agricolo\sedentaria, non come derivato per eccesso di "opulenza" come i marxisti si ostinano ancora a sostenere, ma come causa prima. E' per evoluzione di quell'ammirazione che l'uomo si è fermato a guardare, prima il paesaggio, poi sé stesso, come estensione del tutto.  Amore, quando predicato di natura, è iponimo di sentimenti più complessi, tempo perso - secondo me - stare a discettare se dev'essere timore, reverenza, rispetto, sono tutte sezioni dell'insieme, è qui che la filosofia anzichè chiarezza porta nubi, nell'ossessione parascientifica di sezionare continuamente. Natura è un iperonimo, un archetipo lessicale antico, che ben si accompagna con altri di suo pari, quando viene citato "Deus sive natura", la bilancia torna almeno apparentemente in equilibrio, l'equazione è riuscita,ma non è l'unica, quello è solo un meme. Strano poi , che quelli che si riempono la bocca di "amore per la natura" di solito non vi vivono, ma la visitano, la studiano, la fotografano, in definitiva la oggettificano, allontandonala dal soggetto, sé stessi. Strano? no.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Alexander

#27
Proprio la bellezza e il senso di stupore di fronte al paesaggio è quello che contesto e che definisco come l'inganno della natura. Possiamo provare attrazione intensa e ammirazione per il corpo lascivo di una prostituta e pensare che il suo ammiccarci significhi qualcosa. Senonché alla prostituta interessano solo i nostri soldi. In modo analogo, da sempre, la natura ha sedotto le sue creature, facendogli credere che qualcosa di "profondo" albergasse in essa: un'infinità di creature sovrannaturali si pensava l'abitassero; che i boschi stessi fossero pieni di "essenze"  che prendevano vita e che si interessavano del destino degli uomini. Si è arrivato a immaginare anime dentro la scorza degli alberi. Quanto astuzia naturale per irretire l'uomo che infine, preso dal delirio per essa (come un uomo viene preso dal delirio per una donna che lo seduce, ma che non gli si dà mai veramente)la identifica con Dio stesso. La natura come modificazione della sostanza eterna di Dio. Che meraviglia! Ma , come scrive Ipazia...tutto questo inganno è fatto dall'uomo per l'uomo stesso, per il primordiale terrore, per ignoranza. Terrore naturale s'intende; quello che la natura stessa quindi prova per sé. E anche questo è inganno. La piccolezza dell'uomo davanti alla grandezza del paesaggio naturale e delle meravigliose creature che lo compongono viene ribaltata dalla prospettiva. Mi viene in mente il mio primo volo quando, salendo sempre più in alto vedevo ridursi sempre più il paesaggio  e con esso, ridursi il senso di meraviglia, finché tutto divenne indistinto, vago. Realizzai allora l'illusione della "grandezza" della natura. Un semplice gioco prospettico. Però l'inganno è più come s'intende in senso musicale: un'armonia diversa da quella che s'immagina, che si prevede quindi. Noi pensiamo una cosa della natura mentre lei è altra da ciò che immaginiamo, suona una musica diversa che ci inganna.Vivendo poi, fortunatamente, questo inganno si affievolisce, con gli anni  perde attrattiva, il bosco diventa finalmente silenzioso. La musica cessa. Stanchi ( o annoiati) di seguire la seduzione, lasciamo che la donna desiderata sorrida ad altri fessi.


P.s: Mi scuso se quello che scrivo non è politicamente corretto in quest'epoca di neoromanticismo "interessato" verso la natura. Sarà un effetto del Wuchaseng extract che sto prendendo.

Jacopus

#28
A me sembra, Alexander, che siamo noi ad autoingannarci. Un autoinganno che è stato creato dalle nostre doti originali di riflessività sul mondo. Basta accettare la morte come passaggio naturale e l'inganno, almeno parzialmente scompare.
Sono invece d'accordo con te nel criticare una immagine edulcorata della natura, come luogo dell'armonia e della bontà. Chi lo dice non conosce probabilmente la lumaca leucochloridium paradoxum e il metodo terribile di certi suoi parassiti nell'annientarla. Una visione che, come rileva Inverno, abbonda frequentemente in chi la natura la mercifica come luogo di consumo, e che come ogni consumo va pubblicizzato e mitizzato. La conseguenza è un approccio alla natura falso e distruttivo anche quando apparentemente, viene elogiata. La stessa speculare incomprensione che può accompagnare chi descrive la natura (compresa la natura umana, Plauto docet ) come matrigna.
In questo caso, come in molti altri, permane la tendenza, fortemente radicata in noi, nel polarizzare i nostri giudizi, scindendo in modo assoluto ciò che, secondo noi, è bene da ciò che è male.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alexander

Buongiorno Jacopus


Sì sono d'accordo. Naturalmente quando si fa una discussione si tende inevitabilmente a polarizzarsi, proprio per necessità dialettica. Si prende cioè una parte contro un'altra. Una sorta di tenzone argomentativa. E forse è anche un bene, perché la tendenza ad andare verso una sintesi ("convergere al centro" si direbbe in politica) che vada bene, più o meno, per tutti, tende invariabilmente a chiudere la discussione stessa, come ho spesso verificato. In più la polarizzazione dialettica impone un continuo approfondimento della propria parte nella recita, con giovamento per tutti gli attori. Viviamo in un'epoca in cui si tende a smussare ogni conflitto, favorendo così un sordo conflitto sotterraneo, con esiti imprevedibili. Sono le stesse oscure forze naturali che ci fanno prendere parte.

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