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pensieri sull'inconscio

Aperto da davintro, 24 Dicembre 2016, 01:09:34 AM

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maral

Citazione di: davintroE la psicanalisi ricadrebbe pienamente in quel paradigma classico (ma aggiungerei anche medioevale e moderno da Cartesio fino all'ottocento) basato sul dualismo razionale-irrazionale col primo termine che alla fine riesce a dominare il secondo rendendolo adeguato ad esso: conosciuto, spiegato, razionalizzato, mentre la coerenza verso l'assunto richiederebbe, al contrario, la caduta nello scetticismo scientifico, l'impossibilità per la ragione di svincolarsi in alcun modo dalle pulsioni desideranti individuali.
Concordo su questa considerazione: la terapia con cui la psicanalisi affronta il disturbo mentale resta evidentemente fondata sul logos interpretante, quindi non è coerente con il proprio assunto, resta a metà strada (e forse proprio per questa incoerenza non risolve la malattia psichica, soprattutto se di tipo psicotico o caratteriale, anzi, soprattutto nel primo caso può persino peggiorarla), ma è anche vero che proprio l'incoerenza della teoria mostra la validità dell'ipotesi che ne sta alla base, ossia la provenienza di ogni discorso logico da una matrice pre-razionale e pre-logica (preferisco indicarla in questo modo, piuttosto che con la parola "irrazionale" che ha senso solo collocandosi sul piano di una razionalità giudicante indipendente) che viene a trovarsi in qualsiasi elaborazione interpretativa, compresa inevitabilmente quella psicanalitica.
Si potrebbe forse dire, estremizzando il discorso, che la psicanalisi non cura la psicosi, perché rappresenta essa stessa una forma di psicosi, per quanto ben inserita nei termini sociali. 

Sariputra

#46
Citazione di: maral il 02 Gennaio 2017, 10:56:48 AM
CitazioneE la psicanalisi ricadrebbe pienamente in quel paradigma classico (ma aggiungerei anche medioevale e moderno da Cartesio fino all'ottocento) basato sul dualismo razionale-irrazionale col primo termine che alla fine riesce a dominare il secondo rendendolo adeguato ad esso: conosciuto, spiegato, razionalizzato, mentre la coerenza verso l'assunto richiederebbe, al contrario, la caduta nello scetticismo scientifico, l'impossibilità per la ragione di svincolarsi in alcun modo dalle pulsioni desideranti individuali.
Concordo su questa considerazione: la terapia con cui la psicanalisi affronta il disturbo mentale resta evidentemente fondata sul logos interpretante, quindi non è coerente con il proprio assunto, resta a metà strada (e forse proprio per questa incoerenza non risolve la malattia psichica, soprattutto se di tipo psicotico o caratteriale, anzi, soprattutto nel primo caso può persino peggiorarla), ma è anche vero che proprio l'incoerenza della teoria mostra la validità dell'ipotesi che ne sta alla base, ossia la provenienza di ogni discorso logico da una matrice pre-razionale e pre-logica (preferisco indicarla in questo modo, piuttosto che con la parola "irrazionale" che ha senso solo collocandosi sul piano di una razionalità giudicante indipendente) che viene a trovarsi in qualsiasi elaborazione interpretativa, compresa inevitabilmente quella psicanalitica. Si potrebbe forse dire, estremizzando il discorso, che la psicanalisi non cura la psicosi, perché rappresenta essa stessa una forma di psicosi, per quanto ben inserita nei termini sociali.

Maral, allora... se tutto è psicosi si deve anche trarre la conclusione che nulla è psicosi ? ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

maral

Bè, non ho detto che tutto sia psicosi, ma che la psicanalisi potrebbe essere intesa come una forma psicotica :).
D'altra parte però è vero che la stessa esistenza umana che si trova esposta sul bilico di una frattura potrebbe essere considerata come una sorta di psicosi che ha effetto nell'unità originaria, come uno stato "border line" cosmico che si manifesta in modo diverso in ogni individuo e in cui la normalità o anormalità individuale è data dal rapporto con il contesto in cui questi è inserito.
In fondo spesso, soprattutto di questi tempi, si ha come la sensazione di vivere in un mondo di matti di cui si è comunque parte partecipe e in cui è improbabile trovare un filo sensato. Un motivo dovrà pur esserci  :D

Garbino

Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.

Oh no! Mi dispiace, ma contrariamente a quanto hai supposto, io sono grato a Nietzsche per avermi fatto riflettere a livello filosofico sia sull' importanza vera o presunta della verità e su ciò che costituisce la base di tutte le morali ed etiche passate. E se soprattutto la morale corrente, la ricerca cioè comunque del bene, non viva a spese del futuro. Chiedersi questo comporta automaticamente un porsi al di sopra di tutto il passato e la spinta propulsiva per un eventuale liberazione dell' uomo dai suoi condizionamenti e soprattutto un porsi Al di là del bene e del male.
Questo ripeto a livello filosofico. A livello etico ciò comporta una sempre maggiore considerazione e serietà su ciò che si ritiene debba essere il nostro codice di comportamento sia individuale che sociale.

 Mentre invece sono compiaciuto del fatto che forse Maral ed il sottoscritto abbiano incominciato a farti venire dei dubbi su ciò che solitamente e in modo erroneo viene ritenuto e passato ( a volte volutamente da chi si sente minacciato dalla sua esplosività ) come il pensiero di Nietzsche. 

X Davintro

Scusa se mi inserisco ma al pari di Maral concordo con quello che affermi nell' ultimo post. Al di là perciò dell' importanza storico-filosofico di ciò che ha espresso nelle sue opere, la critica a Freud si incentra sull' eccessiva schematizzazione della psiche, sull' irremovibilità da lui dimostrata nei confronti della pulsione sessuale come unica pulsione vitale e proprio sul non rendersi conto che chi cura è al tempo stesso un uomo con gli stessi problemi, se a volte non maggiori, del paziente che si presenta al suo cospetto.

A questo riguardo sottolineo che in precedenza avevo affermato che le caratteristiche dello psicanalista erano fondamentali per la riuscita o il fallimento della terapia. Anche perché il transfert tra paziente e psicanalista può diventare proficuo soltanto quando raggiunge una certa profondità. E ciò naturalmente pone dei problemi a livello di standardizzazione del tipo psicanalista, e cioè di chi poi fa l' analisi sul paziente. 

Per quanto riguarda la contraddizione che mina la psicoanalisi tra una razionalità che viene dominata dai propri istinti o irrazionalità, e che naturalmente riconduce automaticamente la psicoanalisi nel non scientifico, mi ero già espresso precedentemente affermando che la psicoanalisi non poteva essere considerata scienza ma che del resto rimaneva un' ottima terapia per determinati problemi psichici. 

Ciò su cui può intervenire la psicoanalisi non è ciò che è alla base delle nostre pulsioni desideranti che possono ritenersi caratteriali e troppo profonde per qualsiasi analisi e quasi tutte di origina genetica, ma su ciò che impedisce il flusso armonico di questi istinti e che è rappresentato dalle rimozioni causate da traumi infantili. Il riportare alla memoria questi episodi e riuscire a conviverci porta quasi sempre ad una migliore condizione psichica del paziente.

Garbino Vento di Tempesta.

sgiombo

#49
A Maral:
Citazione
Anche a me, leggendo le tue risposte, sorge il dubbio di essermi rincoglionito con l' età (evidentemente, come al solito, ci è per lo meno molto difficile intenderci).

Intanto mi sembra che Freud considerasse la psicoanalisi una scienza (medica) e non una filosofia. Quindi anche da un "presumibile punto di vista freudiano ortodosso" la tua interpretazione filosofica mi sembra per lo meno decisamente discutibile.

Inoltre se "da sempre" (per lo meno dai tempi di Epicuro, se non anche prima) era nota (in occidente e probabilmente anche altrove) la differenza - complementarietà fra impulsi irrazionali ad agire (desideri, aspirazioni, ambizioni ecc.) e (possibile) considerazione razionale degli stessi, della loro realizzabilità (soddisfabilità) realistica o meno, dei mezzi a ciò necessari, ecc. (ed Epicuro, gli Stoici e altri, antichi e moderni, sostenevano e sostengono che la considerazione razionale la più rigorosa e corretta possibile degli impulsi irrazionali soggettivi e delle eventuali condizioni oggettive del loro soddisfacimento è necessaria per vivere una vita la più felice ovvero la meno infelice possibile), come mi sembra anche tu ammetta, allora non vedo proprio che cosa di buono possano averci dato in più le irrazionalistiche e inverificabili elucubrazioni fantasiose di Freud e seguaci sull' inconscio (ignorato da Epicuro semplicemente perché sarebbe risultato da un certo punto di vista un inutile e infondato orpello non necessario alla sua filosofia, da un altro punto di vista un ovvio corollario).
Anche il fatto che pretendere di negare e ignorare determinati impulsi ad agire (anziché cercare razionalmente di soppesarne la forza e di valutarne la realizzabilità o meno congiuntamente ad altri impulsi e con quali mezzi) fosse foriero di infelicità mi sembra evidentissimamente "sottinteso" dall' epicureismo, cioè un' ovvio corollario della filosofia del Giardino (e forse perfino che oltre certi limiti fosse un comportamento decisamente psicopatogeno; cosa questa comunque se non altro molto facilmente arguibile).

Quanto al fatto che le patologie psichiatriche non siano curabili farmacologicamente, se non in modo decisamente palliativo onde attenuarne (ovviamente non senza effetti collaterali più o meno indesiderabili) le sofferenze sintomatiche (per i pazienti e per "il loro prossmimo"), beh non mi sembra un buon motivo per abbracciare acriticamente pretese terapie "analitiche" fondate su fantasiose teorie non verificabili/falsificabili e non testate scientificamente onde discriminarne eventuali risultati episodici reali dal mero effetto placebo.
Né men che meno per interpretare queste pretese teorie scientifiche come non voluta filosofia (a mio modo di vedere irrazionalistica, non sottoposta a serrata critica razionale delle sue tesi, e che perciò comunque personalmente rifiuto).


A Garbino

Innanzitutto ci tengo a precisare che se non ho mai letto Nietzche non è certo per il timore di una sua presunta "esplosività": uno come me, che ha letto (e in complesso approvato in varia misura, e per quanto riguarda alcuni di essi sostanzialmente in toto), fra gli altri, Machiavelli, Robespierre, Babeuf, Buonarroti, Bakunin, Blanqui, Engels, Marx, Lenin, Stalin, Mao Tsetung non teme di certo la eventuale "esplosività" di nessun altro autore!
Probabilmente non ti riferivi a me con questa espressione, ma mi sono comunque sentito in dovere di fare questa precisazione.
Non ho mai letto Nietzche perché su di lui ho sentito dire e letto (anche da parte di suoi più o meno entusiastici ammiratori dichiarati) che ritenesse infondata qualsiasi morale (secondo lui di infausta ascendenza ebraico-cristiana) basata sull' altruismo, la compassione e la solidarietà verso i più sfortunati, deboli. bisognosi di aiuto (per intenderci "la morale del buon samaritano"), nonché sull' uguale dignità personale di tutti gli uomini, e che propugnasse invece un preteso più "nobile" atteggiamento (di presunta origine "classica - precristiana", ma forse da "sviluppare" ulteriormente) forsennatamente elitario, disegualitario (al limite o forse oltre il limite del razzismo), egoistico, cinico, spietato, aggressivo, che pretenderebbe fondato sul (falso) presupposto che gli uomini sarebbero profondamente diversi fra loro quanto a dignità personale, nel senso che si distinguerebbero (fin dalla nascita -congenitamente- e incorregibilmente) fra "superiori", "ben riusciti", "dominatori" da un parte e "inferiori", "mal riusciti", inetti", "pavidi e codardi", "servi per vocazione"  dall' altra; atteggiamento da lui propugnato secondo il quale i primi possono e devono servirsi per i propri scopi dei secondi ad libitum, senza limiti di sorta, senza scrupolo alcuno, anche danneggiandoli, opprimendoli, depredandoli, sfruttandoli, schiavizzandoli e financo sterminandoli senza pietà (ritenuta un pessimo vizio ebraico-cristiano) onde perseguire a qualsiasi costo (ovviamente per gli altri!) il proprio egoistico, insindacabile interesse.
Proprio come di fatto "Big pharma" fa con i veri o presunti malati (anche se sostanzialmente sani), dal momento che, come anche da te affermato, "Da dove impera il profitto [...] ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove [...] non dovrebbe mai mancare".
Ora, se tu mi assicurassi che queste sono solo fregnacce di malevoli denigratori in malafede o magari di idioti ammiratori e pseudoseguaci in buonafede che non hanno capito un accidente (e magari mi consigliassi uno scritto nel quale Nietzche condanna drasticamente tutto ciò sostenendo tesi nettamente contrarie), allora forse potrei anche prendere in considerazione l' ipotesi di cominciare a leggerlo prima o poi (altre più desiderabili letture permettendo).
Ma già da quanto sostieni in questa discussione circa la pretesa necessità di porsi "Al di là del bene e del male" (N.B.: non di ciò che oggi sarebbe erroneamente ritenuto da alcuni, da molti o magari dai più essere bene ed essere male onde seguire una concezione di ciò che è bene e di ciò che è male più autentica, più corretta, più vera)  mi sembra con tutta evidenza andare proprio nel senso nel quale ho sempre sentito parlare del pensiero di Nietzche, e che me lo ha fatto sempre disprezzare toto corde, quale espressione ideologica (dunque falsa), forse la più genuina e probabilmente a tutt' oggi insuperata, del capitalismo giunto a uno stadio del suo corso storico ormai ampiamente superato oggettivamente dallo sviluppo delle forze produttive, in una fase di "ingravescente putrefazione" *

Non vedo comunque come con tutto ciò "a livello filosofico" (ma forse quello etico non è forse uno dei più importanti problemi, interessi, argomenti della filosofia?!) possa conciliarsi "una sempre maggiore considerazione e serietà su ciò che si ritiene debba essere il nostro codice di comportamento sia individuale che sociale": cos' altro se non il bene e il male (ciò che si ritiene sia bene fare e male non fare e ciò che si ritiene male fare e bene non fare; ovvero: l' etica) potrebbe dettarci un codice assiologico, deontologico di comportamento?
Se le parole in lingua italiana hanno un senso, allora cercare, proporre, seguire un codice di comportamento etico implica necessariamente il restare "Al di qua della distinzione fra il bene e il male", magari per superare determinati limiti ed aspetti o elementi superati, storicamente transeunti del modo in cui viene di fatto oggi prevalentemente declinata; mentre invece pretendere di trascenderla non può significare altro che rifiutare qualsiasi codice di comportamento morale.

___________________
* Come vedi, non sono un moralista politicamente corretto e non mi astengo dal descrivere senza ipocrisia e "diplomaticistica delicatezza" ciò che penso; anche perché immagino che altri (e tu fra questi) disprezzino altrettanto cordialmente le mie convinzioni egualitaristiche, altruistiche, solidaristiche, e probabilmente ancor più le mie convinzioni politiche ("vetero")-comuniste (che potremmo impropriamente denominare "staliniste", tanto per intenderci); ma se anche così non fosse per me non cambierebbe nulla.

maral

Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2017, 19:33:11 PM
Intanto mi sembra che Freud considerasse la psicoanalisi una scienza (medica) e non una filosofia. Quindi anche da un "presumibile punto di vista freudiano ortodosso" la tua interpretazione filosofica mi sembra per lo meno decisamente discutibile.
Probabilmente sì, ma il concetto di inconscio ha risvolti filosofici fondamentali, in parole povere implica che nessuno, con la sua parte razionale (e a dispetto del mito platonico dell'anima che sta alla base del pensiero occidentale successivo, classico e poi cristiano nella sua forma teologica razionale), può essere davvero padrone di se stesso, poiché quella parte razionale proviene comunque dall'irrazionale inconscio. L'unica terapia praticabile per la malattia psichica è quindi la presentazione di questa matrice profonda e oscura alla sfera razionale che essa produce tramite il discorso e il linguaggio psicoanalitico, affinché ci si possa riconoscere in quello che si è, nella propria radicale genealogia e credo che questo rappresenti una novità assolutamente non trascurabile rispetto al pensiero classico.
Freud era un medico, dunque sicuramente e soprattutto inizialmente perso considerasse la psicanalisi una forma di scienza medica che sviluppò interessandosi di ipnotismo come terapia mei casi di isteria, vedendo in essa solo limitatamente i presupposti filosofici, ma poi riconobbe sempre più la natura filosofica della questione, soprattutto con l'entrata in gioco della dicotomia tra istinto di vita e istinto di morte, tanto da auspicare che fossero in primo luogo i filosofi e non i medici a occuparsi di psicanalisi. Ma poi le cose sono andate in modo diverso per ovvie ragioni per cui oggi per fare psicanalisi occorre essere medici o quanto meno psicologi. 
Comunque la si pensi in merito, credo però si possa riconoscere che la psicanalisi ha marcato il clima di un'epoca, è nata da un contesto epocale culturale e sociale alla fine dell'800, ed è stata determinante per il clima filosofico almeno della prima metà del secolo successivo con strascichi molto importanti che arrivano ai primi decenni successivi. Certamente è stata il prodotto della cultura della classe sociale borghese dell'epoca e del suo tramonto.
Come terapia forse potrei dire che essa si è rivolta all'uomo del '900, intendendolo in chiave nevrotica, senza accorgersi che quel malato in realtà era psicotico o si avviava verso una psicosi epocale.



sgiombo

Citazione di: maral il 06 Gennaio 2017, 09:40:06 AM
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2017, 19:33:11 PM
Intanto mi sembra che Freud considerasse la psicoanalisi una scienza (medica) e non una filosofia. Quindi anche da un "presumibile punto di vista freudiano ortodosso" la tua interpretazione filosofica mi sembra per lo meno decisamente discutibile.
Probabilmente sì, ma il concetto di inconscio ha risvolti filosofici fondamentali, in parole povere implica che nessuno, con la sua parte razionale (e a dispetto del mito platonico dell'anima che sta alla base del pensiero occidentale successivo, classico e poi cristiano nella sua forma teologica razionale), può essere davvero padrone di se stesso, poiché quella parte razionale proviene comunque dall'irrazionale inconscio. L'unica terapia praticabile per la malattia psichica è quindi la presentazione di questa matrice profonda e oscura alla sfera razionale che essa produce tramite il discorso e il linguaggio psicoanalitico, affinché ci si possa riconoscere in quello che si è, nella propria radicale genealogia e credo che questo rappresenti una novità assolutamente non trascurabile rispetto al pensiero classico.
CitazioneAnche secondo me nessuno può essere davvero padrone di se stesso. Secondo me perché anche se a un certo punto si decidesse di essere in un certo modo dettato dalla propria volontà, eventualmente mutando se stessi (per quello che si fosse stati fino ad allora), comunque questa decisione nascerebbe dal come si fosse allora (prima di essere come di deciderebbe di essere, ovvero di diventare); e il come si fosse allora (prima di decidere di essere nel modo che si vuole; compreso il fatto di essere tali da desiderare di diventare diversi da allora) non dipenderebbe dalla propria volontà ma sarebbe comunque subito non per una libera scelta da parte propria.

Inoltre le neuroscienze dimostrano che il divenire della coscienza va di pari passo con (N.B.: non é la stessa cosa di; e nemmeno é causato da) il divenire (in certe circostanze e non in altre) del cervello di ciascuno.
E gli stati del cervello di ciascuno che vanno di pari passo con la sua coscienza sono determinati (conseguono) secondo le leggi di natura dal divenire degli stati precedenti, i quali non sempre necessariamente corrispondono a stati coscienti (spesso non vi corrispondono). In questo senso potrei concordare che la coscienza (sia i suoi aspetti razionali che quelli irrazionali) derivano dall' inconscio (cioé gli stati neurofisiologici che con la coscienza vanno di pari passo derivano da altri stati neurofisiologici che non sempre e necessariamente hanno un corrispettivo cosciente).
Dissento invece che l
'unica terapia praticabile per la malattia psichica sia la presentazione dell' inconscio (per definizione non esperibile coscientemente) alla sfera razionale cosciente, la quale vi consegue nel senso di cui sopra, men che meno attraverso il discorso e il linguaggio psicoanalitico. "Presentazione alla coscienza dell' inconscio" é un' espressione contraddittoria, ciò che pretende di esprimere é impossibile; casomai si può cercare di fare ipotesi su cosa di "noumenico, di non cosciente poteva accadere nel proprio cervello mentre non si era coscienti ed a cui sono conseguiti stati fisiologici cerebrali con corrispettivo cosciente.
E penso che riconoscersi in quello che si è, nella propria radicale genealogia richieda introspezione razionale (già praticata da molti pensatori da gran tempo) e non certo le elucubrazioni irrazionali della psicoanalisi.
Che quest' ultima abbia avuto non trascurabile influenza in una certa fase della cultura occidentale (secondo me negativamente) concordo.

Garbino

Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.

Ho letto con piacere la lunga dissertazione e probabilmente la lettura di Nietzsche ti resterebbe sgradita ed insopportabile. Io stesso mentre leggevo per la prima volta Umano troppo umano fui tentato più volte di gettare il libro dalla finestra. Ciò era causato dall' atteggiamento critico che ha sempre contraddistinto il mio modo di pormi nei confronti di qualsiasi cosa leggessi. Ma tenni duro e passai oltre, e piano piano sono entrato, o spero di essere entrato nell' universo Nietzsche. E scoprii molte cose, soprattutto errori, che provenivano dall' impostazione culturale che mi era stata tramandata. Il tuo pensiero invece è talmente radicalizzato che difficilmente Nietzsche, come hai supposto, potrebbe avere lo stesso effetto che ha avuto su di me.
Mentre invece penso che potrebbe interessarti e molto, se non l' hai letto già, L' Ecologia della Libertà di Murray Bookchin.

Tutto comunque è cominciato all' università quando ebbi la fortuna, almeno io la considero tale, di seguire un corso su Freud tenuto da  Meghnagi David, uno dei più grandi intellettuali e conoscitori dell' Universo Freud. Tutt' ora docente, a quanto mi risulta, presso l' Università di Roma. Per altro il docente della cattedra di Lettere era il Prof. Samonà un eminente intellettuale di fede Trotskysta.

Questo mi portò alcuni anni dopo a leggere l' opera omnia di Freud, seguito da Fromm, Platone,  Organon di Aristotele, Opus Postumum di Kant ed infine a rivolgermi  all' opera omnia di Nietzsche.
Un excursus, come puoi constatare, completamente differente dal tuo, con qualcosa di Russel, Einstein, Bookhin, Ghandi, e venti pagine di Fenomenologia dello Spirito di Hegel, giuro che non avrei potuto reggerne di più.

Tornando a Nietzsche, c' è molto di vero in quello che dici, ma naturalmente chi te ne ha parlato nei modi in cui descrivi penso proprio che di lui non abbia capito niente. Lui attacca continuamente sia gli antisemiti che gli Ebrei, gli anarchici come i socio-comunisti, i tedeschi, la maggior parte dei filosofi, alla fine non se ne salva nessuno, e tutto questo perché riesce a mutare continuamente prospettiva.

Heidegger diceva ( nel Mio Nietzsche ) che il limite umano è quello di guardare da un angolo, da un determinato punto prospettico il mondo, non accorgendosi se non forse tardivamente, che Nietzsche aveva superato questa empasse umana. 

Comunque io non disprezzo né le tue convinzioni né le tue idee politiche. Anche se le mie differiscono in modo sostanziale dalle tue ( mi ritengo figlio di un pensiero trasversale ). Anche se considero quella di Cuba la rivoluzione per eccellenza di stampo comunista. Anche se a mio avviso, con la morte di Fidel Castro il destino di Cuba tornerà ad essere incerto e la rivoluzione probabilmente un ricordo. 

Infine sull' etica ci divide una profonda differenza di opinione su ciò che è l' uomo, e questo l' abbiamo mi sembra già appurato. Ed è proprio su questa differenza di opinione che si basa anche la sostanziale differenza di valore tra ciò che è giusto e sbagliato e su ciò che sia bene e male.
L' argomento è comunque talmente vasto e particolare che merita altra collocazione.

Ringrazio cortesemente per l' attenzione e la pazienza.

Garbino Vento di Tempesta.

maral

#53
Citazione di: sgiombo il 06 Gennaio 2017, 19:24:39 PM
Dissento invece che l[/size]'unica terapia praticabile per la malattia psichica sia la presentazione dell' inconscio (per definizione non esperibile coscientemente) alla sfera razionale cosciente, la quale vi consegue nel senso di cui sopra, men che meno attraverso il discorso e il linguaggio psicoanalitico. "Presentazione alla coscienza dell' inconscio" é un' espressione contraddittoria, ciò che pretende di esprimere é impossibile; casomai si può cercare di fare ipotesi su cosa di "noumenico, di non cosciente poteva accadere nel proprio cervello mentre non si era coscienti ed a cui sono conseguiti stati fisiologici cerebrali con corrispettivo cosciente.

Sul fatto che la psicanalisi non sia l'unica terapia praticabile per la malattia psichica concordo perfettamente con te, anche se mi pare che a oggi non ci sia alcuna terapia che possa agire realmente sulla malattia psichica e quella farmacologica riesce solo a contenerne gli effetti, senza, per quanto ne so, incidere sulle cause, soprattutto se queste non appaiono essere direttamente fisiologiche. Il problema è anche comprendere cosa, al di là del disagio sociale e psicologico che procura, sia effettivamente la malattia psichica e mi pare che il mondo attuale sia ben poco capace di farlo. Io la definirei, in accordo con Jung (che soffriva di allucinazioni che sono molto interessanti da seguire con lui nel suo "Libro rosso"), un disturbo del significato. Ma mi è difficile capire cosa davvero significhi "disturbo del significato".  
Concordo anche sul fatto, come già detto in precedenza, che la terapia mediante il discorso psicanalitico presenta gli aspetti contradditori che tu denoti.

CitazioneE penso che riconoscersi in quello che si è, nella propria radicale genealogia richieda introspezione razionale (già praticata da molti pensatori da gran tempo) e non certo le elucubrazioni irrazionali della psicoanalisi.

Sulla necessità dell'introspezione non ho dubbi, ma che questa debba essere necessariamente razionale non credo, se per razionale si intende uno sguardo del tutto oggettivo che rifiuta il proprio essere fondamentalmente irrazionale, anche quando si opera da osservatori. Più sopra ho accennato a Jung che nel "Libro rosso" compie un'introspezione del tutto irrazionale, lasciandosi guidare dalle proprie allucinazioni per tentare di arrivare al "Sé". E in un certo senso trovo sia quello che fanno in genere i poeti. Chissà se potrà mai esservi per la malattia psichica, una "via terapeutica della poesia"... (o forse vi è già stata, è stato il mito per l'umanità) 

sgiombo

Citazione di: Garbino il 07 Gennaio 2017, 16:40:22 PM----------------------------------------
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CitazioneBeh, se non altro devo dire che consento sui dissensi (e che non mi é costata neanche tanta pazienza il leggerti).

Più di questo (e di un reciproco cortese rispetto) penso che fra concezioni così reciprocamente contrastanti come sono le nostre non sia possibile pretendere.
Quindi stiamo sereni e cerchiamo di goderci al meglio la vita!
                                                                                                     (Sgiombo)

sgiombo

Citazione di: maral il 07 Gennaio 2017, 18:34:38 PM
CitazioneSulla necessità dell'introspezione non ho dubbi, ma che questa debba essere necessariamente razionale non credo, se per razionale si intende uno sguardo del tutto oggettivo che rifiuta il proprio essere fondamentalmente irrazionale, anche quando si opera da osservatori. Più sopra ho accennato a Jung che nel "Libro rosso" compie un'introspezione del tutto irrazionale, lasciandosi guidare dalle proprie allucinazioni per tentare di arrivare al "Sé". E in un certo senso trovo sia quello che fanno in genere i poeti. Chissà se può esservi una "via terapeutica della poesia"... 


CitazioneL' oggettività della conoscenza secondo me é un ideale a cui tendere quanto più possibile (sempre messo in dubbio -criticato razionalmente- dall' insuperabile dubbio scettico), tanto più difficile da raggiungersi circa se stessi; ma questo secondo me proprio perché é difficile distaccarsi dall' irrazionale (da pregiudizi e inclinazioni soggettive) nell' esaminare se stessi e adottare un atteggiamento razionalistico fino in fondo (che dunque resta per me un' esigenza necessaria della ricerca della verità e della felicità; di fatto non sempre conseguibile pienamente, ma comunque da ricercare quanto più conseguentemente possibile).

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