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pensieri sull'inconscio

Aperto da davintro, 24 Dicembre 2016, 01:09:34 AM

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sgiombo

#30
Citazione di: maral il 27 Dicembre 2016, 19:31:43 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2016, 21:37:21 PM
Circa il "razionalismo" della psicoanalisi intesa come "tentativo di dare una lettura razionale all'irrazionale" mi limito a chiedere quale mai "razionalità" ci sarebbe nel postulare (indimostrabilmente)  che i bimbi sessualmente del tutto immaturi proverebbero "fisiologicamente" il desiderio inconscio di uccidere il proprio padre e possedere sessualmente la propria madre.

Ma questa del complesso di Edipo non è una postulazione a priori, come se Freud si fosse svegliato una mattina e gli fosse improvvisamente venuto in mente dal nulla che i bambini non desiderano altro inconsciamente che uccidere il padre e fare sesso con la propria madre, è piuttosto una conseguenza dell'assunzione della volontà di potenza in forma libidica. Questo semmai è il postulato che si può o meno trovare o no condivisibile. Posso concordare che le conclusioni che tira Freud sul complesso di Edipo possano risultare scandalose, inudibili in certi contesti, ma proprio nell'illustrare il complesso edipico egli tenta di superarne l'irrazionalità che sta nel rimuoverlo o nel reprimerlo. Oltretutto ponendolo come universale (tutti, Freud compreso, secondo la lettura psicanalitica, hanno attraversato il complesso edipico; se così non fosse la maturazione dell'individuo adulto e razionale risulterebbe impossibile, giacché la sua psiche rimarrebbe legata a forme pre edipiche di tipo psicotico  narcisistico). Personalmente non ci trovo nulla di così scandaloso, penso che sia normale che il bambino desideri sostituirsi al padre nella sua vicinanza con la madre e che, nelle antiche società tribali, l'assassinio del re-padre da parte del cuccessore-figlio era praticata e non solo nella forma simbolica che ci hanno tramandato i miti (che peraltro sono comunque rappresentazioni del reale, come i sogni). Certo, sotto la visione psicanalitica (e questo accomuna Jung e Freud) c'è l'idea di una fondamentale "innocente" perversione fondamentale, ma la vera perversione che determina il disturbo mentale e la sofferenza che ne consegue sta nel nascondersi questo fondamento umano-biologico, nel non accettarlo nella sua natura fondamentale, nel non voler vedere che esso è la radice da cui pesca, si alimenta e matura realizzandosi la vita umana.
Ringrazio Garbino per aver ricordato che, certo, anche Marx è allineabile nella filosofia del sospetto a Freud e Nietzsche. Anche Marx scoperchia (o pensa finalmente di poter scoperchiare) quello che davvero ci sta sotto alla situazione sociale e per fare questo, compie una grande genealogia, o una sorta di "psicanalisi" storica delle classi sociali, proprio per rivelarne l'inconscio che le alimenta, interpretandolo secondo i termini della ragione economica . umanistica. E qualcosa del genere lo aveva già effettuato Feuerbach (per non parlare di Nietzsche) nei confronti del cristianesimo.

CitazioneA priori o meno, non vedo come si possa trovare razionalistica (e men che meno un "tentativo di superare una qualsiasi forma di irrazionalità") l' idea che ogni bambino "fisiologicamente" desideri sessualmente sua madre in un' età nella quale i suoi organi  genitali non sono sviluppati e le sue ghiandole sessuali non funzionano, e anche di uccidere (per questo; e sebbene per fortuna non sia quasi mai necessario uccidere un rivale per possedere la sua donna) suo padre (inconsciamente, com' é ovvio, dato che "incoscio" = " inverificabile" e dunque anche infalsificabile, come ha ben evidenziato Davintro in apertura di questa discussione.

Non ho affermato che il complesso di Edipo sia scandaloso (non mi scandalizzo più di quasi nulla, dopo ciò che ho constatato nella mia lunga vita), bensì (e lo ripeto) che é irrazionalsitico; ed ovviamente lo é di conseguenza tutto ciò che se ne può dedurre.

Avere l' affetto (materno) della madre =/= possedere sessualmente la propria madre.

Il parricidio da parte dei principi é evento rarissimo (e, se é per questo, é molto più frequente il fratricidio), mentre Freud pretende che il complesso di Edipo sia generalizzato, universale; inoltre é motivato dalla brama di potere e non dalla brama sessuale della propria madre. C' é una bella differenza (per quanto abbietto e malvagio, non é comunque irrazionalistico)!

Che i miti siano (corrette, veritiere, per quanto metaforiche) rappresentazione del reale (se non del tutto casualmente) é per lo meno discutibile, anche perché molti miti di diverse religioni sono reciprocamemte alternativi.

Marx, come tutti i grandi (e i piccoli) può essere "stiracchaito" più o meno correttamente da molti in molti modi.
E poiché sono tutti morti si può certo negare che Freud e Nietzche fossero irrazionalisti, mentre Marx era razionalista, e che Nietzche fosse reazionario mentre Marx era rivoluzionario senza tema di smentita da parte loro.
Si tratta di opinioni che mi sembrano con tutta evidenza enormemente errate e false (ma non ho tempo e voglia di fare l' esegesi dei loro testi: pensatela pure come volete in proposito).

sgiombo

#31
Citazione di: Garbino il 27 Dicembre 2016, 21:14:32 PM
Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.  
Non avevo dubbi che avresti reputato le mie opinioni opinabili. Se la si pensa in modo diverso è difficile che si possa essere d' accordo in qualcosa, anche se è già successo, tanto che lo hai persino sottolineato con enfasi.
Comunque quando ho affermato che la medicina farmaceutica nulla può nei confronti delle malattie di carattere genetico mi riferivo in particolar modo a quelle psichiche, ma soprattutto sottintendevo nel senso di curare. E mi scuso se non sono stato sufficientemente chiaro. Ma anche per le altre, il farmaco non cura, come ad ad esempio nel caso a cui ti riferisci. Infatti, se non ho capito male, supplisce ad una carenza genetica, dando la possibilità all' organismo di produrre o fornendo in modo diretto sostanze che per motivi genetici lo stesso non riesce a produrre o a sintetizzare. La differenza sta appunto tra il supplire e il curare, che a mio avviso è determinante nel quadro di ciò che intendevo esprimere.

Per quanto riguarda i farmaci di fattura chimico-sintetica non metto in dubbio le tue conoscenze mediche né la veridicità di quanto affermi, ritenendoti una persona di una certa onestà intellettuale, e scusa il certa ma diffido anche di me stesso, ma volevo esporre due cose che mi fanno vertere su quanto ho espresso in merito. La prima è che le sperimentazioni su questi farmaci, anche se a volte più che decennali non ci dicono gli effetti collaterali a lunga scadenza degli stessi, e per lunga scadenza intendo anche sulle successive generazioni, ma che soprattutto diffido profondamente di tutto ciò che ci viene propinato come certo anche purtroppo dalla ricerca di carattere farmaceutico. Da dove impera il profitto, in altre parole, ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove appunto non dovrebbe mai mancare.

CitazioneMi sembra ovvio che Se la si pensa in modo diverso è difficile che si possa essere d' accordo in qualcosa, anche se è già successo (sta succedendo anche proprio in questo momento!), e infatti l' ho sottolineato con enfasi.

Non vedo che cosa possa significare, se non "curare" il "supplire ad una carenza genetica, dando la possibilità all' organismo di produrre o fornendo in modo diretto sostanze che per motivi genetici lo stesso non riesce a produrre o a sintetizzare", così limitando e talora evitando del tutto le sofferenze, le invaldità e spesso le morti "premature" che ne derivano.

Ovviamente tutte le conoscenze scientifiche (non solo in medicina e farmacologia!) sono relative e fallibili (né alcun serio cultore delle scienze ha mai preteso di negarlo), ragion per cui a volte succede che a distanza di tempo dall' uso si evidenzino effetti collaterali di farmaci precedentemente ignorati e magari gravi.
Inoltre dell' onestà intellettuale (e generale) delle grandi imprese farmaceutiche c' é tutt' altro che da fidarsi (altro raro caso di concordanza da parte mia: "Da dove impera il profitto, in altre parole, ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove appunto non dovrebbe mai mancare" *).
Malgrado ciò i fatti dimostrano che il bilancio costi/benefici complessivo della medicina scientifica "occidentale" é "spettacolarmente positivo", in misura assolutamente non paragonabile ai risultati di qualsiasi pratica "alternativa" non scientifica (che ovviamente può anche talora portare a benefici per effetto placebo; e soprattutto in campo psichiatrico).

Ti ringrazio per l' apprezzamento della mia onestà intellettuale, che mi ha molto gratificato e che ricambio con convinzione (poiché diffidi anche di te stesso, di più non potevo sperare)
__________________
* En passant: rimango alquanto perplesso al sentir parlare di "senso etico che almeno in certi casi non dovrebbe mai mancare" un convintissimo seguace e cultore di Nietzche come te; ma non conoscendo se non per sentito dire questo autore potrebbe anche darsi che in realtà non ci sia nulla di cui stupirsi).


maral

Citazione di: sgiomboAvere l' affetto (materno) della madre =/= possedere sessualmente la propria madre.
E' diverso per un adulto, non per un bambino piccolo. La sessualità adulta è certamente diversa da quella vissuta da un bambino (e anche nel bambino in età edipica appare un'eccitazione fallica che impara presto a stimolare). Freud comunque si riferisce alla libido intesa come pulsione originaria vitale che si traduce nel principio del piacere che è sempre presente e attraversa le fasi pregenitali (orale e anale) prima di fissarsi sull'organo sessuale maschile e quindi poter essere sublimata e controllata razionalmente proprio a seguito della crisi edipica (giacché il desiderio del bambino non trova soddisfazione e quindi viene rimosso e sublimato con la formazione del super io che introietta inconsciamente proprio la figura del padre che viene a costituire la dimensione ideale e la regola sociale). Certamente tutto questo possiamo ritenerlo discutibile, come qualsiasi teoria riguardante l'inconscio, ma è comunque un punto di vista interpretativo assai interessante.
Comunque l'uccisione del vecchio capo tribù da parte dei pretendenti alla successione dinastica è tutt'altro che rara, anche se talvolta viene effettuata solo in forma simbolico rituale. D'altra parte basta considerare le cosmogonie mitiche e in primo luogo quella greca: Urano (che impediva a Gea di partorire i suoi figli temendo di venire esautorato) viene evirato da Kronos il quale a sua volta, per essere sicuro di conservare il potere, i propri figli li divora, finché Zeus, ultimo nato, non lo sconfigge, lo detronizza e lo costringe a vomitarli.
E i miti raccontano molto delle più profonde pulsioni psichiche dell'umanità, proprio perché l'umanità che li ha "inventati" o "sognati" era in questo senso molto più "innocente" di quella attuale.     

sgiombo

Citazione di: maral il 28 Dicembre 2016, 23:36:25 PM
CitazioneAvere l' affetto (materno) della madre =/= possedere sessualmente la propria madre.
E' diverso per un adulto, non per un bambino piccolo. La sessualità adulta è certamente diversa da quella vissuta da un bambino (e anche nel bambino in età edipica appare un'eccitazione fallica che impara presto a stimolare). Freud comunque si riferisce alla libido intesa come pulsione originaria vitale che si traduce nel principio del piacere che è sempre presente e attraversa le fasi pregenitali (orale e anale) prima di fissarsi sull'organo sessuale maschile e quindi poter essere sublimata e controllata razionalmente proprio a seguito della crisi edipica (giacché il desiderio del bambino non trova soddisfazione e quindi viene rimosso e sublimato con la formazione del super io che introietta inconsciamente proprio la figura del padre che viene a costituire la dimensione ideale e la regola sociale). Certamente tutto questo possiamo ritenerlo discutibile, come qualsiasi teoria riguardante l'inconscio, ma è comunque un punto di vista interpretativo assai interessante.
Comunque l'uccisione del vecchio capo tribù da parte dei pretendenti alla successione dinastica è tutt'altro che rara, anche se talvolta viene effettuata solo in forma simbolico rituale. D'altra parte basta considerare le cosmogonie mitiche e in primo luogo quella greca: Urano (che impediva a Gea di partorire i suoi figli temendo di venire esautorato) viene evirato da Kronos il quale a sua volta, per essere sicuro di conservare il potere, i propri figli li divora, finché Zeus, ultimo nato, non lo sconfigge, lo detronizza e lo costringe a vomitarli.
E i miti raccontano molto delle più profonde pulsioni psichiche dell'umanità, proprio perché l'umanità che li ha "inventati" o "sognati" era in questo senso molto più "innocente" di quella attuale.  
CitazioneChe anche un bambino piccolo possa avre limitate eccitazioni sessuali (ma non sia in grado di avere veri e propri rapporti sessuali attivi, tantomeno con la propria madre essendo inconsciamente intenzionato ad uccidere il padre per questo) negli anni nei quali Freud fantastica di complessi di Edipo non significa affatto che il suo affetto e attaccamento verso la madre non sia tutt' atra cosa (fra l' altro si tratta di ecctazioni "falliche, ergo "genitali" e non affatto "anali" né "orali") .

Che a tutte le età si cerchi piacere (ma in modi e attraverso esperienze in gran parte nettamente diverse da età a età) mi sembra proprio la scoperta dell' acqua calda!
E chiamare la generica ricerda del piacere, alla latina, "libido" non aggiunge nulla a questa ovvietà.

Le altre considerazioni freudiane cui accenni non mi sembrano meno eclatantemente irrazionali, oltre che gratuite, di quelle sul complesso doi Edipo.
Che siano interessanti o meno é ovviamente del tutto soggettivo (personalmente trovo molto più interessante le favole di Biancaneve o di Cenerentola; che peraltro non hanno mai indebitamente preteso alcuna dignità scientifica, contrariamente a quelle di Freud).

Le cosmogonie mitiche sono una cosa (anche le leggende sulle "rivoluzioni -ma soprattutto le controrivoluzioni- che divorano i loro padri" se é per questo: Stalin che "divota" Trotsky -ma non Lenin!-, Krusciov che "divora" Stalin, ecc.), le uccisioni storiche di regnanti da parte degli eredi ai troni sono un' altra cosa, non dovute al desiderio di avere rapporti sessuali con le regine madri ma a brama di potere, come pure i molto più numerosi fratricidi.

Si, i miti, proprio per loro ingenuità, possono anche contenere qualche verità, magari interessante, circa la psiche umana; ma vanno presi con le pinze e sottoosti a serrata critica razionale, non trasformati in pretese teorie scientifiche tout court.

maral

#34
CitazioneChe siano interessanti o meno é ovviamente del tutto soggettivo (personalmente trovo molto più interessante le favole di Biancaneve o di Cenerentola; che peraltro non hanno mai indebitamente preteso alcuna dignità scientifica, contrariamente a quelle di Freud).
No, sono oggettivamente interessanti avendo comunque segnato la visione culturale di un'epoca. Che poi tu possa trovare piú interessanti le favole di Biancaneve o di Cenerentola, anche questo è sicuramente interessante, potresti provare a fondare una teoria della psiche partendo dall'interpretazione di queste due fiabe, magari fondando una nuova teoria della psiche dagli effetti epocali.
L'idea per nulla banale di Freud è che la pulsione del piacere (a cui in un secondo tempo si aggiungerà la pulsione di morte) nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche (idea piuttosto innovativa rispetto ai tempi in cui si riteneva che la psiche fosse un ente di matrice del tutto spirituale, non credi?) e questa rappresenta un'autentica rivoluzione che ha base filosofica nel pensiero nicciano e origine in quello di Brentano. A determinare il contesto culturale in cui nasce la psicanalisi vanno considerati inoltre il clima scientifico e quello sociale dell'epoca: il progresso scientifico: in particolare la teoria darwiniana a cui Freud si interessò, I modelli dell'elettromagnetismo in fisica e gli studi sull'ipnotismo in campo medico che rivelarono a Freud l'importanza delle suggestioni inconsce e quindi l'esistenza di una dimensione non cosciente determinante le azioni indipendentemente dalla volontà del soggetto.
Il mito di Edipo è fondamentale proprio in tal senso: Edipo infatti non sa che è lui la causa della pestilenza a Tebe, cerca la soluzione in modo razionale, guidato dal suo io, senza riuscirvi. Non sa che Giocasta, la regina, è sua madre con cui lui ha avuto dei figli, non sa che l'uomo che ha ucciso tornando da Delfi e dopo aver risolto con acume razionale l'enigma della Sfinge, era suo padre e quando lo viene a sapere si acceca.
Nella teoria psicanalitica convergono e si intrecciano tutti questi temi filosofici, scientifici, mitologici e proprio per questo è estremamente e oggettivamente interessante. Ed è interessante anche il fatto che, pur essendo centrata sull'interpretazione della genesi della psiche maschile e sul ruolo del padre, Freud ottenne i maggiori successi nella cura dell'isteria, che era un disturbo nevrotico legato soprattutto alla sessualità femminile.
Infine non possiamo dimenticare che oltre alla teoria analitica junghiana e la profonda rivisitazione Lacaniana, la teoria psicanalitica freudiana ha determinato nel corso del 900 un fiorire di letture certamente molto interessanti sul significato della natura dell'essere umano, tra queste vorrei ricordare in particolare quelle della Klein sugli aspetti psicotici autodistruttivi nel bambino e di Bion, ancora sul rapporto bambino - madre e individuo - società.

sgiombo

Citazione di: maral il 29 Dicembre 2016, 23:33:37 PM
CitazioneChe siano interessanti o meno é ovviamente del tutto soggettivo (personalmente trovo molto più interessante le favole di Biancaneve o di Cenerentola; che peraltro non hanno mai indebitamente preteso alcuna dignità scientifica, contrariamente a quelle di Freud).
No, sono oggettivamente interessanti avendo comunque segnato la visione culturale di un'epoca.

CitazioneSu questo non posso non concordare.

Notando en passant che nello stesso modo, per questi stessi motivi potrebbero essere  oggettivamente interessante anche la frenologia di Gall o le teorie di Lombroso che hanno comunque segnato la visione culturale di un'epoca rispettivamente a livello mondiale e italiano.


Che poi tu possa trovare piú interessanti le favole di Biancaneve o di Cenerentola, anche questo è sicuramente interessante, potresti provare a fondare una teoria della psiche partendo dall'interpretazione di queste due fiabe, magari fondando una nuova teoria della psiche dagli effetti epocali.

CitazioneNo, grazie!

Contrariamente a Freud non mi va di millantare pseudoscienza.

L'idea per nulla banale di Freud è che la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche (idea piuttosto innovativa rispetto ai tempi in cui si riteneva che la psiche fosse un ente di matrice del tutto spirituale, non credi?) e questa rappresenta un'autentica rivoluzione che ha base filosofica nel pensiero nicciano e origine in quello di Brentano. 


CitazioneChe la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche non capisco che cosa possa significare se non la banale ovvietà che il piacere è soddisfazione di desideri (cosa arcinota dai tempi di Epicuro e anche precedenti).

maral

#36
Citazione di: sgiombo il 30 Dicembre 2016, 09:41:47 AM
Notando en passant che nello stesso modo, per questi stessi motivi potrebbero essere  oggettivamente interessante anche la frenologia di Gall o le teorie di Lombroso che hanno comunque segnato la visione culturale di un'epoca rispettivamente a livello mondiale e italiano.
Certamente anch'esse lo sono dal punto di vista interpretativo del significato, rimanendo, come la psicanalisi, discutibili. Qualsiasi ipotesi che si afferma storicamente è valida nel contesto sociale che la rende vera, quando questo ambito muta la pretesa di verità di quell'interpretazione scompare ed essa appare come una pseudo scienza rispetto al nuovo modo di vedere le cose che si viene affermando mostrando una diversa verità (e quindi una diversa realtà nelle cose), la quale sarà a sua volta messa in discussione dagli ulteriori contesti culturali e sociali che andrà a produrre. E' questa la storia del pensiero umano in cui non si può mai raggiungere nessuna teoresi definitiva, ma ogni volta l'interpretazione che emerge appare quella più scientificamente e realisticamente valida.  La differenza tra vera scienza e pseudoscienza emerge in ogni epoca solo nel presente, non in una pretesa di una verità universalmente valida in sé, al di fuori dal tempo e dai contesti.

CitazioneChe la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche non capisco che cosa possa significare se non la banale ovvietà che il piacere è soddisfazione di desideri (cosa arcinota dai tempi di Epicuro e anche precedenti).
Che il piacere consista nella soddisfazione (razionale) dei desideri è certamente un'idea antica, presente nel pensiero epicureo e in generale in tutto quello classico; la novità freudiana consiste nel ritenere che l'istanza razionale che guida la realizzazione del desiderio (l'io) non è che il prodotto di matrice inconscia di quella stessa pulsione che si illude di poter dominare, controllare e censurare moralmente. Questo significa che mentre nel pensiero classico c'è una dualità tra natura (irrazionale) e pensiero (razionale), ovvero tra materia e spirito in cui il secondo giunge a prevalere sulla prima, con la psicanalisi questa dualità scompare, poiché in ogni caso la razionalità non è che il prodotto della pulsione e solo da essa prende continuamente forma.

Garbino

Pensieri sull' inconscio. 

X Sgiombo.
Mi sembra strano che proprio tu non ravveda la differenza tra curare una malattia o supplire ai suoi effetti. Certo sempre di curare si tratta, ma al di là del miglioramento o della possibilità di vita che questi farmaci offrono, rimane il fatto che questi farmaci non curano il male. E questo era importante sempre in merito a ciò che avevo affermato e cioè che una patologia di carattere genetico non è curabile, a quanto mi risulta e almeno per il momento. 

Per quanto riguarda la medicina alternativa ho sempre il sospetto che la ricerca farmaceutica si sia indirizzata su farmaci sintetici più per un motivo di lucro che di salvaguardia della salute. Del resto mi sembra, ma posso sempre sbagliare, che la medicina anticamente non era proprio così sprovveduta come molti ritengono. E questo pur non disponendo dei mezzi che lo sviluppo scientifico nell' epoca moderna ha messo a disposizione in campo medico.

Il discorso sul senso etico, specialmente sulle differenze tra etica e morale, ci porterebbe lontano, e probabilmente finiremmo fuori tema. Due cose volevo però sottolineare. La prima è che, pur essendo un cultore di Nietzsche, questo non vuol dire che io non possa avere mie idee sull' eticità. La seconda è che ho sempre più frequente il sospetto, tanto che ormai è diventato quasi una certezza, che molti ritengono che l' autosuperamento o l' autoannullamento della morale ( quella corrente imposta si identifica nella liberazione dell' uomo ) in Nietzsche sfoci in una amoralità assoluta. Questo è falso. Le cose stanno proprio all' opposto. E cioè che in tale condizione l' individuo dovrebbe impegnarsi nella ricerca di una moralità maggiore. 

Rinnovo a tutti gli auguri di buona fine e di buon inizio d' anno.

Garbino Vento di Tempesta.

sgiombo

Citazione di: maral il 31 Dicembre 2016, 10:31:45 AM
Citazione di: sgiombo il 30 Dicembre 2016, 09:41:47 AM
Notando en passant che nello stesso modo, per questi stessi motivi potrebbero essere  oggettivamente interessante anche la frenologia di Gall o le teorie di Lombroso che hanno comunque segnato la visione culturale di un'epoca rispettivamente a livello mondiale e italiano.
Certamente anch'esse lo sono dal punto di vista interpretativo del significato, rimanendo, come la psicanalisi, discutibili. Qualsiasi ipotesi che si afferma storicamente è valida nel contesto sociale che la rende vera, quando questo ambito muta la pretesa di verità di quell'interpretazione scompare ed essa appare come una pseudo scienza rispetto al nuovo modo di vedere le cose che si viene affermando mostrando una diversa verità (e quindi una diversa realtà nelle cose), la quale sarà a sua volta messa in discussione dagli ulteriori contesti culturali e sociali che andrà a produrre. E' questa la storia del pensiero umano in cui non si può mai raggiungere nessuna teoresi definitiva, ma ogni volta l'interpretazione che emerge appare quella più scientificamente e realisticamente valida.  La differenza tra vera scienza e pseudoscienza emerge in ogni epoca solo nel presente, non in una pretesa di una verità universalmente valida in sé, al di fuori dal tempo e dai contesti.

CitazioneRitengo lo scetticismo (radicale; e anche il più limitato solipsismo) insuperabile razionalmente; cioé attraverso indubitabili dimostrazioni logiche e/o osservazioni empiriche.
Ma che, se si ammette per veri (si crede infondatamente veri) un minimo di assunti indimostrabili né logicamente né empiricamente, allora si può distinguere fra verità (predicati circa la realtà tali che la realtà é ad essi "conforme", così come essi predicano che sia) e falsità (per lo meno in un numero limitato di casi, non esistendo da nessuna parte la perfezione).

E che la verità della scienza "in sé" non sia condizionata socialmente, che non sia "valida nel contesto sociale che la rende vera" ma sia invece vera oggettivamente.

I diversi contesi sociali condizionano i tempi dell' affermarsi della verità scientifica oggettiva (talora favorendone in maggiore o minor misura l' acquisizione e lo sviluppo, nell' uno o nell' altro campo della ricerca, talaltra contrastandolo in maggiore o minor misura), ma non dettano affatto alla scienza i "contenuti" delle sue verità oggettive (che tali inevitabilmente non sarebbero, mentre lo sono, ammesso un minimo di tesi indimostrabili né mostrabili) così come secondo l' Islam Dio avrebbe dettato a Maometto il Corano.

E inoltre condizionano pesantemente, ideologicamente (producendo e diffondendo falsa coscienza "di regola", ovvero generalmente, nell' interesse delle classi dominanti e del mantenimento del loro potere e dei loro privilegi) il "contesto culturale di contorno" che accompagna, favorendolo o meno a seconda dei casi, lo sviluppo delle scienze; e questo in generale (nel caso del contesto culturale ampiamente inteso), e in particolare fra i cultori professionali della ricerca scientifica, i quali non di rado disprezzano "positivisticamente" la filosofia e pretendono di poterne fare a meno, e comunque a mio modesto parere "di regola" non sono dei buoni filosofi razionalisti conseguenti (questo è a mio parere esemplificato particolarmente bene dall' imporsi a tutt' oggi fra gli scienziati, anche se recentemente tendono a crescere le "voci critiche", dell' interpretazione filosofica irrazionalistica "di Copenhagen" della meccanica quantistica).


CitazioneChe la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche non capisco che cosa possa significare se non la banale ovvietà che il piacere è soddisfazione di desideri (cosa arcinota dai tempi di Epicuro e anche precedenti).
Che il piacere consista nella soddisfazione (razionale) dei desideri è certamente un'idea antica, presente nel pensiero epicureo e in generale in tutto quello classico; la novità freudiana consiste nel ritenere che l'istanza razionale che guida la realizzazione del desiderio (l'io) non è che il prodotto di matrice inconscia di quella stessa pulsione che si illude di poter dominare, controllare e censurare moralmente. Questo significa che mentre nel pensiero classico c'è una dualità tra natura (irrazionale) e pensiero (razionale), ovvero tra materia e spirito in cui il secondo giunge a prevalere sulla prima, con la psicanalisi questa dualità scompare, poiché in ogni caso la razionalità non è che il prodotto della pulsione e solo da essa prende continuamente forma.

CitazioneC' é pensiero "classico" (o antico) e pensiero "classico". Nell' epicureismo (non é classico? Certamente é antico) questo dualismo non c' era.
E nemmeno in molti altri filoni di pensiero antichi e moderni molto più razionalistici della psicoanalisi.

E a partire dal pensiero epicureo (e anche stoico, a mio parere, volendo limitarsi all' antichità) un atteggiamento razionalistico ha secondo me dimostrato di poter conseguire un buon (non perfetto, ovviamente, poiché la perfezione non esiste) autocontrollo razionale dei desideri.

Cioé la ragione consente a mio avviso molto meglio di qualsiasi irrazionalismo, psicoanalisi compresa, di:

a) stabilire quali singoli desideri siano realisticamente considerabili con buona approssimazione e probabilità soddisfabili (e quali no) e attraverso quali mezzi;

b) valutare quali insiemi di desideri siano realisticamente considerabili con buona approssimazione e probabilità tali da essere soddisfabili nel loro complesso in alternativa a quali altri insiemi (e quali insiemi non siano invece realisticamente soddisfabili nel loro complesso: "botti piene e mogli ubriache"), e con quali mezzi;

c) "ponderare" o "soppesare" con molta approssimazione e una certa inevitabile incertezza fra più insiemi di desideri realisticamente soddisfabili gli uni alternativamente agli altri quali siano complessivamente più forti o intensi, e dunque la ricerca della soddisfazione di quali fra di essi sia da preferire in quanto foriera di maggiore piacere, felicità, ecc. (ovvero, per chi per sua sfortuna fosse pessimista, di minor dispiacere, infelicità, ecc.).

Purtroppo sto per partire per una breve vacanza e non potrò rispondere alle obiezioni che mi aspetto prima dell' Epifania ("circa").
Buon anno a Maral e a tutti!

 

sgiombo

Citazione di: Garbino il 31 Dicembre 2016, 16:35:45 PM
Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.
Mi sembra strano che proprio tu non ravveda la differenza tra curare una malattia o supplire ai suoi effetti. Certo sempre di curare si tratta, ma al di là del miglioramento o della possibilità di vita che questi farmaci offrono, rimane il fatto che questi farmaci non curano il male. E questo era importante sempre in merito a ciò che avevo affermato e cioè che una patologia di carattere genetico non è curabile, a quanto mi risulta e almeno per il momento.

Per quanto riguarda la medicina alternativa ho sempre il sospetto che la ricerca farmaceutica si sia indirizzata su farmaci sintetici più per un motivo di lucro che di salvaguardia della salute. Del resto mi sembra, ma posso sempre sbagliare, che la medicina anticamente non era proprio così sprovveduta come molti ritengono. E questo pur non disponendo dei mezzi che lo sviluppo scientifico nell' epoca moderna ha messo a disposizione in campo medico.

Il discorso sul senso etico, specialmente sulle differenze tra etica e morale, ci porterebbe lontano, e probabilmente finiremmo fuori tema. Due cose volevo però sottolineare. La prima è che, pur essendo un cultore di Nietzsche, questo non vuol dire che io non possa avere mie idee sull' eticità. La seconda è che ho sempre più frequente il sospetto, tanto che ormai è diventato quasi una certezza, che molti ritengono che l' autosuperamento o l' autoannullamento della morale ( quella corrente imposta si identifica nella liberazione dell' uomo ) in Nietzsche sfoci in una amoralità assoluta. Questo è falso. Le cose stanno proprio all' opposto. E cioè che in tale condizione l' individuo dovrebbe impegnarsi nella ricerca di una moralità maggiore.

Rinnovo a tutti gli auguri di buona fine e di buon inizio d' anno.

Garbino Vento di Tempesta.


CitazioneLa medicina scientifica non pretende di curare il "male metafisico", ma le malattie fisiche, naturali.
 
Le cure mediche scientifiche (prescindendo dalla prevenzione, che è almeno parimenti uno scopo spesso conseguito dalla medicina scientifica) possono essere a seconda dei casi eziologiche (eliminano la malattia, conseguendo la guarigione) o in varia misura sintomatiche o palliative (attenuano i sintomi della malattia, alleviano le sofferenze dei malati, ne limitano l' invalidità, ne procrastinano la morte).
 
Non poche malattie genetiche sono attualmente curabili (se per "male" non si intende metafisicamente il genoma dell' individuo, ma i suoi effetti epigenetici, sia corporei che psichici. Modificare il genoma non può comunque tantomeno alcuna pratica pretesa "terapeutica" alternativa e non scientifica; e inoltre queste ultime non ottegonoe neppure niente di minimamente paragonabile ai successi della medicina scientifica nemmeno nella cura della malattie genetiche).
 
Sugli scopi delle imprese farmaceutiche ti ho già risposto.
 
Dunque, pur essendo un cultore di Nietzche, tu non sei "al di là del bene e del male" ma per la ricerca di una moralità maggiore di quella corrente.
Ne sono contento.
 
Di nuovo buon anno a tutti!

maral

Citazione di: sgiombo il 31 Dicembre 2016, 16:51:31 PM
se si ammette per veri (si crede infondatamente veri) un minimo di assunti indimostrabili né logicamente né empiricamente, allora si può distinguere fra verità (predicati circa la realtà tali che la realtà é ad essi "conforme", così come essi predicano che sia) e falsità (per lo meno in un numero limitato di casi, non esistendo da nessuna parte la perfezione).

E che la verità della scienza "in sé" non sia condizionata socialmente, che non sia "valida nel contesto sociale che la rende vera" ma sia invece vera oggettivamente.

Il punto è che qualsiasi assunto indimostrabile si assuma come punto di partenza esso è "assunto" sulla base di un percorso storico e sociale che va ben al di là di qualsiasi scelta razionale degli individui, è assunto sulla base di un modo di sentire la "verità" che resta negli individui e nei gruppi fondamentalmente inconscia e di cui la posizione assuntiva di certi principi è un effetto contingente e mai assoluto.
Questo vale anche per la scienza attuale che potrebbe essere "oggettivamente" vera (ossia vera in sé, come se con la scienza si potesse godere dello sguardo dell'assoluto, di un Dio che può vedere ciò che è in modo panoramico) solo se fosse al di fuori di ciò che interpreta e descrive (appunto come Dio), ma non è così, poiché anche il modo di pensare scientifico è il prodotto (e non l'origine trascendente) di una storia sociale sterminata, fatta di un numero infinito di prassi che sono andate modificandosi e continueranno a modificarsi reciprocamente, dunque continuerà a modificarsi il senso di quegli stessi assunti e quindi quelle stesse verità e metodologie scientifiche che ora si ritengono oggettivamente incontestabili, in modo del tutto ovvio. Questa non è una affermazione scettica o solipsistica, è la pura constatazione che nessun osservatore storico (quindi non trascendente come una divinità creatrice fuori dal mondo) può considerarsi al di sopra della storia che genera il suo modo di osservare, di fare e di pensare il significato di ciò che pensa e osserva e nel contempo che ogni osservatore partecipa della realtà nel contesto specifico che gliela presenta. Non è allora possibile raffrontare la verità ritenuta vera un tempo con quella ritenuta vera oggi, proprio perché tale giudizio comporterebbe un situarsi fuori dalla storia che produce ogni ieri e ogni oggi, ogni osservatore e ogni principio a cui ci si affida. Non c'è alcun percorso progressivo verso la verità, un simile progresso può apparire tale solo relativamente alla verità attuale che solo oggi funziona come verità vera, solo relativamente al contesto che oggi la produce che non può essere il contesto (sociale, culturale) che produceva la verità nel passato. Il difetto di buona parte della scienza (e anche di molta filosofia) è, per usare un termine psicanalitico, quello di rimuovere il fatto di essere sempre e comunque il risultato di una storia immensa di cui ogni attribuzione di senso è sempre arbitraria, poiché sempre in realtà si partecipa della verità nel continuo divenire dei suoi significati relazionali.
La scienza, proprio in quanto prodotto del fare umano (delle tecniche umane), è sempre condizionata dai modi di fare che generano modi di capire e di pensare che non possono essere gli stessi in tempi e luoghi diversi e nemmeno possono pretendere di essere più veritieri rispetto a quelli di altri tempi e luoghi.
Le classi dominanti che incarnano le idee dominanti in realtà sono sempre transienti; esse si affermano in quanto interpretano esigenze storiche e tentano di resistere anche quando i contesti che proponevano quei significati culturali e sociali che le favorivano sono mutati. Pensano allora di poter imbrigliare la storia con il mantenimento inamovibile di quei principi di cui proclamano l'oggettività formale incontestabile, ma che essi stessi, senza saperlo, con le loro pratiche, hanno contribuito a mutare e, con la violenza ferocemente conservatrice di tale pretesa, inevitabilmente tramontano, insieme a quelle idee che ora sono diventate come gusci vuoti, strutture artificiose e soffocanti prive di senso (e in questo consiste l'abbattimento della vecchia morale che effettua Nietzsche per affermarne una nuova oltre i vecchi concetti di bene e di male, ma anche il pensiero politico economico e sociale di Marx si muove nella stessa direzione, poiché ogni classe sociale è portatrice di aspetti congruenti di realtà nel divenire storico).
L'unica certezza su cui sarei pronto a scommettere è che le nostre attuali "visioni oggettive" tra qualche secolo (o forse prima) appariranno del tutto inconsistenti in ragione delle nuove prassi che verranno, e che le nuove visioni saranno intese come doverose correzioni e rivisitazioni in senso oggettivo e razionale di quelle che le hanno fondate. Così è per la meccanica quantistica di Copenhagen, così è per la psicanalisi e per qualsiasi principio morale o di cura medica e così sarà per tutte le teorie che vengono e verranno a sostituirle nella pretesa di guida delle prassi.

CitazioneC' é pensiero "classico" (o antico) e pensiero "classico". Nell' epicureismo (non é classico? Certamente é antico) questo dualismo non c' era.
E nemmeno in molti altri filoni di pensiero antichi e moderni molto più razionalistici della psicoanalisi.
Certo, intendevo l'epicureismo come pensiero classico (per questo ho scritto "nell'epicureismo e nelle altre forme di pensiero classico", ove l'epicureismo è una di queste).
La differenza con la psicanalisi è proprio qui: mentre nel pensiero classico, epicureismo compreso (per come ci è pervenuto), c'è un dualismo contrapposto tra razionalità del logos governante e irrazionalità della natura, con il pensiero post nicciano e con la psicanalisi questo dualismo viene superato nella posizione di una fondamentale matrice inconscia pulsante che sta alla radice di tutto, è il regno della pulsione e dei suoi vitali che precedono ogni razionalità e di conseguenza ogni irrazionalità, è questa matrice che dà forma a ogni forma vitale (stabilendo così anche ciò che è irrazionale agli occhi del razionale). 
I punti "razionali" (e credo perfettamente condivisibili anche da un freudiano) che tu presenti sono le regole con cui la razionalità esercita il suo dominio raziocinante (quindi soppesante e calcolante) sugli impulsi irrazionali dettati da una necessità che Freud intende fondamentalmente biologica. Ma questa sfera pulsionale, non è altra cosa, ma l'unica matrice sovra individuale di quella stessa razionalità che consente all'essere umano di costituirsi come individuo realizzando la propria autonomia esistenziale. E' il flusso da cui ogni nostro pensiero e sentimento trae origine e questo né Epicuro, né le altre forme di pensiero classico, mi sembra lo avessero pensato (forse un'intuizione simile la si ritrova nel pensiero filosofico-mitologico orientale, proprio perché in tale ambito la filosofia non ha mai inteso annullare la mitologia come ha fatto il pensiero logico occidentale fin dalle sue origini).

Buon anno Sgiombo e felice nuovo anno a tutti! :)
 

sgiombo

Citazione di: maral il 31 Dicembre 2016, 22:35:26 PM
CitazioneRIESCO ANCORA A DARE UNA RISPOSTA PRIMA DELL MIE BREVI FERIE 


Citazione di: sgiombo il 31 Dicembre 2016, 16:51:31 PM
se si ammette per veri (si crede infondatamente veri) un minimo di assunti indimostrabili né logicamente né empiricamente, allora si può distinguere fra verità (predicati circa la realtà tali che la realtà é ad essi "conforme", così come essi predicano che sia) e falsità (per lo meno in un numero limitato di casi, non esistendo da nessuna parte la perfezione).

E che la verità della scienza "in sé" non sia condizionata socialmente, che non sia "valida nel contesto sociale che la rende vera" ma sia invece vera oggettivamente.

Il punto è che qualsiasi assunto indimostrabile si assuma come punto di partenza esso è "assunto" sulla base di un percorso storico e sociale che va ben al di là di qualsiasi scelta razionale degli individui, è assunto sulla base di un modo di sentire la "verità" che resta negli individui e nei gruppi fondamentalmente inconscia e di cui la posizione assuntiva di certi principi è un effetto contingente e mai assoluto.

CitazioneCome ha fatto ben notare Davintro in apertura di questa discussione, se ci si appella ll' "inconscio" non è possibili per definizione alcuna verifica/falsificazione empirica; all' inconscio si può attribuire tutto e (o meglio, per coerenza logica: o) il contrario di tutto senza tema di smentita né speranza di conferma.
 
Da seguace del materialismo storico credo che qualsiasi scelta (oltre che pratica) teorica, razionale o meno, è condizionata socialmente (in ultima istanza, attraverso complesse mediazioni, dalle relazioni dialettiche fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione); ma credo che si tratti di un condizionamento ben diverso da quello fra Dio-dettatore e Corano-dettato a Maometto secondo la religione musulmana.
Credo che si tratti del fatto che, a seconda dei casi, i rapporti sociali favoriscono od ostacolano in maggiore o minor misura la ricerca razionale della conoscenza, la critica razionale della conoscenza stessa, la scelta se assumere o meno credenze logicamente indimostrabili né empiricamente constatabili come premesse indispensabili di conoscenza vera in generale e di conoscenza scientifica in particolare, l' acquisizione o meno della consapevolezza del carattere non razionalmente fondato (non dimostrabile né constatabile) di li credenze, ecc. Il che (i quali risultati teorici) non è di per sé così com' è (non sono quelli che sono e non invece altri) in quanto conseguenza del condizionamento sociale ma invece di ragionamento, di riflessione (più o meno corretti), che i rapporti sociali possono favorire o meno nel raggiungimento della correttezza e della verità in maggiore o minor misura a seconda dei casi.
Una critica razionale delle conoscenza (e in particolare delle conoscenze scientifiche; e anche una concezione della realtà in generale, un' ontologia) può essere più o meno correttamente razionale per quello che afferma e per come lo afferma (e le condizioni sociali possono favorire od ostacolare in maggior e o minor misura il suo raggiungimento); e non è invece correttamente razionale se raggiunge determinati risultati teorici (afferma determinate tesi) in determinate circostanze sociali e altrettanto correttamente razionale se raggiunge determinati altri risultati teorici (afferma determinate altre, diverse tesi), diversi e incompatibili con i precedenti, in altre diverse, determinate circostanze sociali.
Solo in questo senso accetto che qualsiasi assunto indimostrabile si assuma come punto di partenza esso è "assunto" sulla base di un percorso storico e sociale che va ben al di là di qualsiasi scelta razionale degli individui.

Questo vale anche per la scienza attuale che potrebbe essere "oggettivamente" vera (ossia vera in sé, come se con la scienza si potesse godere dello sguardo dell'assoluto, di un Dio che può vedere ciò che è in modo panoramico) solo se fosse al di fuori di ciò che interpreta e descrive (appunto come Dio), ma non è così, poiché anche il modo di pensare scientifico è il prodotto (e non l'origine trascendente) di una storia sociale sterminata, fatta di un numero infinito di prassi che sono andate modificandosi e continueranno a modificarsi reciprocamente, dunque continuerà a modificarsi il senso di quegli stessi assunti e quindi quelle stesse verità e metodologie scientifiche che ora si ritengono oggettivamente incontestabili, in modo del tutto ovvio. Questa non è una affermazione scettica o solipsistica, è la pura constatazione che nessun osservatore storico (quindi non trascendente come una divinità creatrice fuori dal mondo) può considerarsi al di sopra della storia che genera il suo modo di osservare, di fare e di pensare il significato di ciò che pensa e osserva e nel contempo che ogni osservatore partecipa della realtà nel contesto specifico che gliela presenta. Non è allora possibile raffrontare la verità ritenuta vera un tempo con quella ritenuta vera oggi, proprio perché tale giudizio comporterebbe un situarsi fuori dalla storia che produce ogni ieri e ogni oggi, ogni osservatore e ogni principio a cui ci si affida. Non c'è alcun percorso progressivo verso la verità, un simile progresso può apparire tale solo relativamente alla verità attuale che solo oggi funziona come verità vera, solo relativamente al contesto che oggi la produce che non può essere il contesto (sociale, culturale) che produceva la verità nel passato. Il difetto di buona parte della scienza (e anche di molta filosofia) è, per usare un termine psicanalitico, quello di rimuovere il fatto di essere sempre e comunque il risultato di una storia immensa di cui ogni attribuzione di senso è sempre arbitraria, poiché sempre in realtà si partecipa della verità nel continuo divenire dei suoi significati relazionali.
La scienza, proprio in quanto prodotto del fare umano (delle tecniche umane), è sempre condizionata dai modi di fare che generano modi di capire e di pensare che non possono essere gli stessi in tempi e luoghi diversi e nemmeno possono pretendere di essere più veritieri rispetto a quelli di altri tempi e luoghi.
Le classi dominanti che incarnano le idee dominanti in realtà sono sempre transienti; esse si affermano in quanto interpretano esigenze storiche e tentano di resistere anche quando i contesti che proponevano quei significati culturali e sociali che le favorivano sono mutati. Pensano allora di poter imbrigliare la storia con il mantenimento inamovibile di quei principi di cui proclamano l'oggettività formale incontestabile, ma che essi stessi, senza saperlo, con le loro pratiche, hanno contribuito a mutare e, con la violenza ferocemente conservatrice di tale pretesa, inevitabilmente tramontano, insieme a quelle idee che ora sono diventate come gusci vuoti, strutture artificiose e soffocanti prive di senso (e in questo consiste l'abbattimento della vecchia morale che effettua Nietzsche per affermarne una nuova oltre i vecchi concetti di bene e di male, ma anche il pensiero politico economico e sociale di Marx si muove nella stessa direzione, poiché ogni classe sociale è portatrice di aspetti congruenti di realtà nel divenire storico).
L'unica certezza su cui sarei pronto a scommettere è che le nostre attuali "visioni oggettive" tra qualche secolo (o forse prima) appariranno del tutto inconsistenti in ragione delle nuove prassi che verranno, e che le nuove visioni saranno intese come doverose correzioni e rivisitazioni in senso oggettivo e razionale di quelle che le hanno fondate. Così è per la meccanica quantistica di Copenhagen, così è per la psicanalisi e per qualsiasi principio morale o di cura medica e così sarà per tutte le teorie che vengono e verranno a sostituirle nella pretesa di guida delle prassi.

CitazioneLa scienza non ha mai preteso alcuna perfezione e completezza "divina" (casomai l' hanno fatto e lo fanno pessime filosofie irrazionalistiche; "scientistiche").
Può però pretendere a ragione l' oggettività (e la verità relativa, parziale, limitata) delle sue teorie se sono vere alcune sue premesse indispensabili (non confutate dall' esperienza né dalla logica ma non constatabili empiricamente né dimostrabili logicamente: possibili, non necessarie, che potrebbero, non devono necessariamente, essere vere; premesse e infondabilità razionale delle premesse stesse spesso implicite, di cui cioè molti suoi cultori sono di fatto ignari), quali l' esistenza di più esperienze fenomeniche coscienti oltre la "propria" immediatamente esperita, l' intersoggettività delle componenti materiali (esteriori) delle diverse esperienze fenomeniche coscienti (cose "suggerite" da quanto gli altri uomini ci comunicano verbalmente se -cosa indimostrabile- non si tratta di pseudocomunicazioni del tutto fortuite di inesistenti significati solo apparentemente ma falsamente indicati da pseudosimboli verbali; oppure di "maliziosi inganni" del tipo del cartesiano "genio maligno" o del putmaniano scienziato maligno che ha messo il nostro "cervello nella vasca"); e inoltre il divenire di tali componenti materiali – naturali (esteriori) ordinato, relativo o parziale, secondo modalità o leggi universali e costanti astraibili col pensiero dai fatti particolari e concreti e "confermabili" (e non: verificabili) o falsificabili (letteralmente) attraverso adeguate osservazioni e misurazioni empiriche ("spontaneamente offerte dalla natura" o ad essa "estorte" cimentandola adeguatamente in maniera più o meno artificiosa e ingegnosa).
A queste condizioni la conoscenza scientifica è vera ed oggettiva e le circostanze sociali possono (non certo "dettarne i contenuti teorici", ma solo) favorirne od ostacolarne in maggiore o minor misura l' acquisizione e lo sviluppo (che consiste in un progressivo, non lineare "sfrondamento" di elementi di falsità e loro sostituzione con elementi di tendenzialmente crescente verità, o comunque con l' acquisizione ex novo di elementi di verità, nella successione -modificazione più o meno "riformistica" o sostituzione più o meno "rivoluzionaria"- delle teorie scientifiche (sviluppo socialmente agevolato od ostacolato in maggiore o minor misura nelle diverse circostanze storiche).
 
Dunque il fatto che nessun osservatore storico (quindi non trascendente come una divinità creatrice fuori dal mondo) può considerarsi al di sopra della storia che genera il suo modo di osservare, di fare e di pensare il significato di ciò che pensa e osserva, a certe indimostrabili né confutabili condizioni è del tutto compatibile con la verità oggettiva (ovviamente parziale, limitata) della conoscenza scientifica.
E infatti a quanto pare essa funziona (ha sempre funzionato, nei suoi limiti ovviamente, fin dai suoi esordi più rudimentali o primitivi, poi in gran parte superati).
E infatti nessuna persona comunemente considerata sana di mente agisce in contrasto alle sue conoscenze (nella misura in cui ne dispone di fatto); per esempio nessuna persona comunemente considerata sana di mente si getta dal 100° piano di un grattacielo in quanto, non essendovi certezza razionale in grado di superare il dubbio scettico più radicale circa le leggi della gravità, in teoria la possibilità di sfracellarsi da un momento all' altro contro il soffitto è pari a quella di sfracellarsi al suolo, e dunque di tanto in tanto, prima o poi, tanto vale provare a farlo.
 
Dunque (nei limiti e alle condizioni di cui sopra) é possibilissimo raffrontare la verità ritenuta vera un tempo con quella ritenuta vera oggi, poiché tale giudizio non comporta un impossibile situarsi fuori dalla storia che produce ogni ieri e ogni oggi, ogni osservatore e ogni principio a cui ci si affida.
Ed infatti ciò è accaduto più di una volta (un caso celebre è quello dell' osservazione dell' eclissi di sole del 1919 che consentì di confrontare la teoria della gravitazione di Newton con quella di Einstein e di stabilire che fra le due la seconda è oggettivamente da ritenersi più vera (ieri, oggi e domani; salvo l' emergere di errori od omissioni, sempre umanamente possibili e di cui le scienze non hanno mai preteso infallibilmente di essere esenti, ovviamente).
 
Non può darsi contesto culturale in grado di far sì che la teoria tolemaica sia vera e quella copernicana sia falsa (ve ne è stato uno che ha fatto sì che questo fosse creduto falsamente vero quasi universalmente, ma non certo che fosse reale! I fatti hanno la testa molto più dura della più ottusa e coriacea ideologia dominante nel più opprimente e oscurantista contesto sociale!).
 
Marx non confonde di certo per niente l' inevitabile superamento delle ideologie non più al passo con lo sviluppo delle forze produttive con la pretesa non oggettività e ideologicità della conoscenza scientifica!
Quanto a Nietzche vedo affermate da te e da Garbino cose che non avrei mai immaginato; pensavo che per lui qualsiasi morale fosse artificiosa e falsa e che gli uomini "ben nati", pretesi "superiori agli altri" potessero e dovessero disporre degli altri a loro piacimento senza scrupolo alcuno (come fanno per esempio gli imprenditori di "big pharma", che se ne fregano altamente della salute della gente poiché la loro brama di profitto giustifica ampiamente ai loro occhi, ma -e me ne compiaccio!- non agli occhi di Garbino, il fatto di rovinare eventualmente la salute della popolazione, alla faccia della detestabile ed esecrabile compassione, pietà e carità –fra l' altro, ma non solo- cristiana): quasi quasi mi convincente a cominciare a leggerlo!
 
Le attuali concezioni scientifiche (dunque non la psicoanalisi) verranno certamente superate, migliorate, integrate (se l' umanità sopravvivrà abbastanza a lungo; cosa di cui dubito); ma non nel senso che verranno riabilitate magie, taumaturghi, astrologie, superstizioni, psicoanalisi e via irrazionaleggiando, bensì nel senso che saranno sostituite da teorie tendenzialmente (ma non: linearmente) meno limitate da errori e falsità, più corrette e dotate di verità oggettiva, cioè più conseguentemente scientifiche.




sgiombo

Continuazione:

SGIOMBO:
C' é pensiero "classico" (o antico) e pensiero "classico". Nell' epicureismo (non é classico? Certamente é antico) questo dualismo non c' era.

 E nemmeno in molti altri filoni di pensiero antichi e moderni molto più razionalistici della psicoanalisi.



MARAL:
Certo, intendevo l'epicureismo come pensiero classico (per questo ho scritto "nell'epicureismo e nelle altre forme di pensiero classico", ove l'epicureismo è una di queste).
La differenza con la psicanalisi è proprio qui: mentre nel pensiero classico, epicureismo compreso (per come ci è pervenuto), c'è un dualismo contrapposto tra razionalità del logos governante e irrazionalità della natura, con il pensiero post nicciano e con la psicanalisi questo dualismo viene superato nella posizione di una fondamentale matrice inconscia pulsante che sta alla radice di tutto, è il regno della pulsione e dei suoi vitali che precedono ogni razionalità e di conseguenza ogni irrazionalità, è questa matrice che dà forma a ogni forma vitale (stabilendo così anche ciò che è irrazionale agli occhi del razionale).  
I punti "razionali" (e credo perfettamente condivisibili anche da un freudiano) che tu presenti sono le regole con cui la razionalità esercita il suo dominio raziocinante (quindi soppesante e calcolante) sugli impulsi irrazionali dettati da una necessità che Freud intende fondamentalmente biologica. Ma questa sfera pulsionale, non è altra cosa, ma l'unica matrice sovra individuale di quella stessa razionalità che consente all'essere umano di costituirsi come individuo realizzando la propria autonomia esistenziale. E' il flusso da cui ogni nostro pensiero e sentimento trae origine e questo né Epicuro, né le altre forme di pensiero classico, mi sembra lo avessero pensato (forse un'intuizione simile la si ritrova nel pensiero filosofico-mitologico orientale, proprio perché in tale ambito la filosofia non ha mai inteso annullare la mitologia come ha fatto il pensiero logico occidentale fin dalle sue origini).



SGIOMBO:
Non trovo alcun dualismo fra pretesa razionalità umana e irrazionalità naturale nell' epicureismo )e in altre filosofie razionalistiche di tutti i tempi).
 
Ciò che "sta oggettivamente alla radice di tutto" non è neé razionale né irrazionale, è reale e basta: più o meno razionale o irrazionale può essere l' uomo nell' atteggiarsi di fronte alla realtà.
 

Epicuro non ignorava certo l' irrazionalità dei desideri, ma giustamente rilevava che per essere felici (il più umanamente possibile) essa va razionalmente valutata, e in base a questa valutazione razionale si deve agire (senza farneticazioni mitologiche inutili e fuorvianti).

maral

#43
Citazione di: sgiombo il 01 Gennaio 2017, 17:34:15 PM

Non trovo alcun dualismo fra pretesa razionalità umana e irrazionalità naturale nell' epicureismo )e in altre filosofie razionalistiche di tutti i tempi).
Perché 1- razionale e 2- irrazionale non sono forse due principi nel pensiero classico in contraddizione reciproca? E forse che a partire da Platone (nella sua visione dell'anima rappresentata come una biga, ma certo ancor prima, dall'inizio della filosofia greca) non si è detto che il logos razionale deve governare l'irrazionale e la mente il corpo? Si tratta di un dualismo che fonda lo stesso pensiero occidentale, epicurei e stoici compresi e la cui dicotomia si approfondisce nel pensiero cristiano (spirito e materia, creatore e creato) e poi scientifico (soggetto raziocinante e oggetto osservato, res cogitans e res extensa). Non so come fai a non vederlo, visto che sempre di due cose (la razionalità e la sua negazione pulsiva biologica e materiale) e non di una si parla.

CitazioneCiò che "sta oggettivamente alla radice di tutto" non è neé razionale né irrazionale, è reale e basta: più o meno razionale o irrazionale può essere l' uomo nell' atteggiarsi di fronte alla realtà.
Certo, la radice non è né razionale né irrazionale, ma se è l'uomo a porre questa distinzione nel suo modo di atteggiarsi di fronte alla realtà, questo uomo non è forse nella realtà anche quando così si atteggia? Il suo atteggiarsi qualificando il reale non è forse ancora reale e quindi originariamente prima di ogni distinzione tra razionale e irrazionale? E questo indistinto primario è quello che Freud intende come inconscio (concetto estraneo a Epicuro e a tutta la filosofia classica), al di là di ogni dicotomia, al di là del bene e del male, al di là del vero e del falso, prima del due che pone ognuna di queste concettualizzazioni dicotomizzanti l'unità indistinta.

CitazioneEpicuro non ignorava certo l' irrazionalità dei desideri, ma giustamente rilevava che per essere felici (il più umanamente possibile) essa va razionalmente valutata, e in base a questa valutazione razionale si deve agire (senza farneticazioni mitologiche inutili e fuorvianti).
E chi ha detto che Epicuro ignorasse l'irrazionalità dei desideri? Ma quella valutazione razionale che rende felici guidando il desiderio non apparteneva all'irrazionalità dei desideri, era altra cosa, quindi le cose erano da sempre due: 1- razionalità del pensiero guida e 2- irrazionalità del desiderio che va guidato (invecchiando mi sono un po' rimbambito, ma almeno fino a due so ancora contare :) ).

In realtà comunque nel pensiero greco le cose non erano così semplici (1 e 2), ma questa è stata l'aspetto concettualizzante che ha dominato per secoli nel pensiero occidentale, fino alla seconda metà del XIX secolo.

davintro

Maral scrive:

"con il pensiero post nicciano e con la psicanalisi questo dualismo viene superato nella posizione di una fondamentale matrice inconscia pulsante che sta alla radice di tutto, è il regno della pulsione e dei suoi vitali che precedono ogni razionalità e di conseguenza ogni irrazionalità, è questa matrice che dà forma a ogni forma vitale (stabilendo così anche ciò che è irrazionale agli occhi del razionale)."

Questo è il punto centrale della questione che provavo a sollevare. Se si è coerenti con l'idea che la base fondante delle molteplici forme della nostra vita psichica, compresa la coscienza e la razionalità, è l'inconscio, l'irrazionalità,  allora la psicanalisi dovrebbe ammettere l'inconscio come presupposto condizionante anche la sua analisi razionale impedendo a quest'ultima di attribuirsi la qualifica di sapere scientifico giustificato da criteri epistemici aventi valore oggettivo. Di fatto la razionalità psicanalitica necessita di mettersi su un piedistallo superiore rispetto alle credenze che la osteggiano, agisce in linea con lo spirito illuminista teso allo smascheramento RAZIONALE delle illusioni e dell'ignoranza. Lo stesso Freud parlava della psicoanalisi  come il tentativo dell'Io di allargare il suo dominio sulla psiche sottraendo  territorio all'inconscio. Ma in questo modo la psicanalisi rinnega il suo assunto centrale, cioè il condizionamento da parte dell'inconscio nei confronti dell'Io. In nome di tale assunto la stessa razionalità psicanalitica si presta a dover ammettere su di sè il condizionamento dell'inconscio, dei desideri, delle pulsioni soggettive dello psicanalista che in tale modo non potrebbe pretendere di fondare la sua analisi su criteri oggettivi e razionali, cioè scientifici. Per farlo dovrebbe considerare la sua razionalità e la sua coscienza come soggetto libero, svincolato dall'inconscio e  perciò capace di oggettivarlo riconducendolo  a "docile" contenuto del suo sapere. L'oggettivazione presuppone sempre uno stadio di passività di ciò che viene oggettivato. E la psicanalisi ricadrebbe pienamente in quel paradigma classico (ma aggiungerei anche medioevale e moderno da Cartesio fino all'ottocento) basato sul dualismo razionale-irrazionale col primo termine che alla fine riesce a dominare il secondo rendendolo adeguato ad esso: conosciuto, spiegato, razionalizzato, mentre la coerenza verso l'assunto richiederebbe, al contrario, la caduta nello scetticismo scientifico, l'impossibilità per la ragione di svincolarsi in alcun modo dalle pulsioni desideranti individuali.

Buon anno a tutti anche da parte mia!

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