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pensieri sull'inconscio

Aperto da davintro, 24 Dicembre 2016, 01:09:34 AM

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Fharenight

L'argomento è interessante e accurato, quindi non entro totalmnete nel merito della discussione perché dovrei leggere tutti i post precedenti. Ma ieri ho letto il post di Jacopus che mi sembra sui generis e qualche domandina sorge spontanea.

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2016, 23:53:57 PM

...infatti dalla psicoanalisi sono partite molte altre correnti, alcune delle quali hanno anche interpretato il fascismo (Reich) o la personalità autoritaria in chiave psicoanalitica (Adorno-Horkheimer).
Ma il Reich non era fascismo, era nazismo, non si possono confondere, pur essendo alleati. Sarebbe come dire che la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan  sono la stessa cosa dato che ora vanno d'accordo. Mi piacerebbe sapere sulla personalità sinisteoide o dei tipi dei centri sociali che interpretazione in chiave psicoanalitica specifica si può dare.

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2016, 23:53:57 PM
All'epoca di Freud la società era organizzata in senso autoritario, il senso di colpa schiacciava i figli fino a farli sentire degli scarafaggi e quindi il disturbo tipico era la depressione e la paranoia (che infatti spesso clinicamente sono associate).
Ma cosa dice? La depressione può essere presente nella paranoia, ma non è detto che la depressione sia associata anche alla paranoia.

Jacopus

@flarenight: Non capisco la sua obiezione/distinzione fascismo-nazismo. Il mio intervento era solo per evidenziare come alcune correnti influenzate dalla psicoanalisi si sono interessate di fenomeni sociali in modo critico. Tra l'altro gli studi di Reich parlavano di fascismo in senso generico, includendo in esso anche il nazismo (che tra l'altro era al centro della sua attenzione, essendo di cultura tedesca).
Se la cosa la può consolare le consiglio di leggere, se non lo conosce, Alice Miller, una psicoanalista eretica, che accomuna Hitler, Caesescu e Stalin, come persone autoritarie (2 a 1 per i sinistroidi). Il libro si intitola "La persecuzione del bambino". Non conosco studi di psicologia sociale sui sinistroidi e sui centri sociali.

La differenza fra "presenza" e "associazione" in merito al collegamento paranoia e depressione non l'ho capito. Quello che volevo dire è che un disturbo depressivo importante può trasformarsi in un disturbo paranoico più o meno grave e coesistere con ulteriori episodi di depressione. In sostanza i due disturbi possono coesistere e conosco direttamente episodi di passaggio/coesistenza da depressione a paranoia mentre non sono a conoscenza diretta di episodi di passaggio/coesistenza da paranoia a depressione. Senza entrare nel dettaglio i due disturbi sono comunque molto diversi, mentre nella paranoia c'è un delirio che modifica la percezione della realtà, nella depressione si conserva la percezione della realtà ma viene svuotata di ogni valore fino a far sentire il depresso fuori dalla vita stessa. Se la depressione persiste fino a minacciare la vita stessa, la persona ha alcune alternative a disposizione ed una è la difesa proiettiva paranoica che sposta su qualcuno/qualcosa il proprio disagio e può così attivarsi e reagire.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

maral

#17
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2016, 17:10:30 PM
Ma l' errore l' ha compiuto la psicoanalisi stessa che è nata e si è sviluppata come pretesa scienza della mente e pretesa terapia delle psicopatologie.
Se intesa come "percorso ermeneutico che trova in se stesso la propria ragion d' essere e non finisce mai", allora, contrariamente alle sue proprie pretese (dei suoi fondatori e cultori, anche attuali) non è nulla di scientifico ma invece un' ideologia (magari una filosofia, in un senso a mio parere alquanto "ampio o "debole" del termine; e, sempre a mio parere, decisamente irrazionalistica; non meno ad esempio di molte filosofie-teologie dei più relativamente razionalisti -o relativamente meno irrazionalisti- fra i credenti alle principali religioni rivelate, cosa che non credo i suoi fondatori né i suoi attuali cultori sarebbero disposti ad ammettere).
Un percorso ermeneutico non è scientifico in termini galileiani, ma come esplorazione del significato (nel caso specifico il significato dell'individuo umano) si colloca in un discorso scientifico più ampio. L'errore credo sia ridurre la psicanalisi a una branchia della medicína organicistica verificabile secondo i metodi statistici della psicologia cognitiva.
Non penso comunque che sia una pratica irrazionale , al contrario, è un tentativo di dare una lettura razionale all'irrazionale che comunque è sempre presente in noi nei suoi aspetti sia positivi che negativi (ad esempio i sogni che sicuramente possono rivelarci molto di quello che siamo e dei nostri desideri, svelati a mezzo dell'analisi interpretatativa del loro significato dietro la maschera con cui da desti ci identifichiamo). Come ogni tecnica interpretativa corre il rischio di assumere in modo indiscutibile alcuni preconcetti, come fece Freud prendendo come base indiscutibile la sua teoria della libido (che pure presenta aspetti interessanti, ma non generalizzabili in una sorta di legge universale a priori). Proprio per questo Jung si distaccò da lui, ma anche la psicanalisi junghiana ha poi incontrato problemi simili con la teoria archetipica.
Molto interessanti trovo gli sviluppi che ha dato Lacan alla teoria psicanalitica, con aspetti terapeutici interessanti e letture importanti anche riguardo alle tematiche sociali attuali. In Italia c'è Massimo Recalcati che si muove in questo ambito (oltre ai suoi numerosi libri si possono trovare molti suoi interventi su Youtube)
Forse comumunque, anche le psicanalisi, nei loro diversi fondamenti teorici, andrebbero psicanalizzate, un po' come i sogni da Freud..

Fharenight

Citazione di: Jacopus il 26 Dicembre 2016, 18:53:11 PM@flarenight:
Senza entrare nel dettaglio i due disturbi sono comunque molto diversi, mentre nella paranoia c'è un delirio che modifica la percezione della realtà, nella depressione si conserva la percezione della realtà ma viene svuotata di ogni valore fino a far sentire il depresso fuori dalla vita stessa. Se la depressione persiste fino a minacciare la vita stessa, la persona ha alcune alternative a disposizione ed una è la difesa proiettiva paranoica che sposta su qualcuno/qualcosa il proprio disagio e può così attivarsi e reagire.
Mah, sarà, ma persone depresse che ho conosciuto, anche gravi, non avevano la difesa proiettiva paranoica. Piuttosto ho riscontrato invece, anche dopo la guarigione, dei comportamenti istrionicio/narcisistici... ma anche una perdurante fissazione colpevolizzante verso la madre, e forse quest'ultimo potrebbe essere la difesa proiettiva paranoica di cui parla... forse.
Ma siamo OT

sgiombo

Citazione di: Jacopus il 26 Dicembre 2016, 18:53:11 PM
Se la cosa la può consolare le consiglio di leggere, se non lo conosce, Alice Miller, una psicoanalista eretica, che accomuna Hitler, Caesescu e Stalin, come persone autoritarie (2 a 1 per i sinistroidi). Il libro si intitola "La persecuzione del bambino". Non conosco studi di psicologia sociale sui sinistroidi e sui centri sociali.


CitazioneL' accostare Stalin (e Ceausescu) a Hitler si commenta da solo (come anche, per passare da giganti a nani, Putin a Erdogan).
Nel senso che non ho alcuna intenzione di esaminare affinità (relative; e ben comprensibili: a volte gli stessi mezzi si possono usare per ottenere anche fini opposti!) e differenze (profonde, "di sostanza"), tantomeno in questo forum (anzi, preannuncio che ignorerò qualsiasi ulteriore replica a questo proposito perché ritengo che il forum non sia la sede adatta per trattarne, e anzi che il trattarne sarebbe pericoloso per il buona andamento del forum stesso).

Mi limito a dire che per me si tratta di "pensiero unico politicamente corretto", centrato sul concetto (per me ideologico e fuorviante) di "totalitarismo", dal quale dissento radicalmente  


sgiombo

#20
Citazione di: maral il 26 Dicembre 2016, 19:07:03 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2016, 17:10:30 PM
Ma l' errore l' ha compiuto la psicoanalisi stessa che è nata e si è sviluppata come pretesa scienza della mente e pretesa terapia delle psicopatologie.
Se intesa come "percorso ermeneutico che trova in se stesso la propria ragion d' essere e non finisce mai", allora, contrariamente alle sue proprie pretese (dei suoi fondatori e cultori, anche attuali) non è nulla di scientifico ma invece un' ideologia (magari una filosofia, in un senso a mio parere alquanto "ampio o "debole" del termine; e, sempre a mio parere, decisamente irrazionalistica; non meno ad esempio di molte filosofie-teologie dei più relativamente razionalisti -o relativamente meno irrazionalisti- fra i credenti alle principali religioni rivelate, cosa che non credo i suoi fondatori né i suoi attuali cultori sarebbero disposti ad ammettere).
Un percorso ermeneutico non è scientifico in termini galileiani, ma come esplorazione del significato (nel caso specifico il significato dell'individuo umano) si colloca in un discorso scientifico più ampio. L'errore credo sia ridurre la psicanalisi a una branchia della medicína organicistica verificabile secondo i metodi statistici della psicologia cognitiva.
Non penso comunque che sia una pratica irrazionale , al contrario, è un tentativo di dare una lettura razionale all'irrazionale che comunque è sempre presente in noi nei suoi aspetti sia positivi che negativi (ad esempio i sogni che sicuramente possono rivelarci molto di quello che siamo e dei nostri desideri, svelati a mezzo dell'analisi interpretatativa del loro significato dietro la maschera con cui da desti ci identifichiamo). Come ogni tecnica interpretativa corre il rischio di assumere in modo indiscutibile alcuni preconcetti, come fece Freud prendendo come base indiscutibile la sua teoria della libido (che pure presenta aspetti interessanti, ma non generalizzabili in una sorta di legge universale a priori). Proprio per questo Jung si distaccò da lui, ma anche la psicanalisi junghiana ha poi incontrato problemi simili con la teoria archetipica.
Molto interessanti trovo gli sviluppi che ha dato Lacan alla teoria psicanalitica, con aspetti terapeutici interessanti e letture importanti anche riguardo alle tematiche sociali attuali. In Italia c'è Massimo Recalcati che si muove in questo ambito (oltre ai suoi numerosi libri si possono trovare molti suoi interventi su Youtube)
Forse comumunque, anche le psicanalisi, nei loro diversi fondamenti teorici, andrebbero psicanalizzate, un po' come i sogni da Freud..

CitazioneCirca il "razionalismo" della psicoanalisi intesa come "tentativo di dare una lettura razionale all'irrazionale" mi limito a chiedere quale mai "razionalità" ci sarebbe nel postulare (indimostrabilmente)  che i bimbi sessualmente del tutto immaturi proverebbero "fisiologicamente" il desiderio inconscio di uccidere il proprio padre e possedere sessualmente la propria madre.
Tutto ciò mi ricorda molto le persecuzioni assolutamente disumane e barbariche cui sono state sottoposte per un decennio (fino all' assoluzione perché i fatti non erano accaduti) le maestre d' asilo di Rignano, vicino a Roma, per il fatto che alcuni psicologi (non mi stupirei se fossero stati psicoanalitici, ma per essere sincero non sono informato su questo) hanno messo in bocca a dei poveri bambini viziati le loro proprie perversioni (smentite dalla vera scienza medica, che aveva provato che i bambini stessi non avevano subito alcuna violenza sessuale, ma prese per buone dai magistrati inquirenti); inaudite barbariche, disumanissime, mostruose persecuzione (autentici Calvari) per le quali non mi risulta che nessuna miserabile mamma stronza, nessuno psicologo, nessun giornalista calunniatore inveterato e ostinatissimo, nessun magistrato inquirente che fra le perizie mediche e le miserabili farneticazioni degli psicologi aveva dato retta a queste ultime abbia pagato alcunché (in termini penali: se fossi stato una delle vittime di tale inenarrabile, orrendo obbrobrio avrei trovato offensivo che solo si parlasse ipoteticamente di risarcimenti venali).

Ma sta di fatto che Freud e per lo meno molti dei suoi seguaci più o meno critici e dissenzienti (ma "interni al paradigma psicoanalitico", per così dire, onde cercare di intenderci) pretendevano e pretendono che fosse scienza (medica).


davintro

Citazione di: anthonyi il 26 Dicembre 2016, 10:32:24 AMTroppo spesso si intende l'inconscio nella sua chiave Freudiana, questo a mio parere non permette di capirne realmente le componenti. L'idea di inconscio ha un suo "senso" naturale che viene dal fatto che si osserva, in antitesi rispetto a una visione psichista che vuole limitare l'essere umano al suo pensiero logico, la presenza di situazioni che alterano la realizzazione di detto pensiero. Il caso tipico è quando ti piace una ragazza, razionalmente cerchi di costruire mentalmente le opportunità di un dialogo, di un approccio, poi però, al momento giusto, c'è qualcosa che ti blocca, questo qualcosa non lo comprendi razionalmente, non si esprime con pensieri, con argomenti, allora lo chiami inconscio.

Sì, in questo senso ritengo corretto parlare di inconscio, fintanto che, appunto, viene identificato con il contenuto di un sentimento indeterminato, confuso, misterioso, che però ci condiziona. Qualcosa di fronte a cui il nostro sapere razionale si blocca. Nella mia "polemica" contestavo proprio l'idea secondo cui si pretende di identificare come ciò che dovrebbe trascendere la coscienza qualcosa cje possiamo analizzare,descrivere,all'interno di un sapere razionale, dunque prodotto di un soggetto conoscente. Ma nel momento in cui con uno sforzo di introspezione riusciamo ad individuare le motivazioni prima nascoste che ci portano ad agire come agiamo o a provare i sentimenti che avvertiamo, allora parlare di "inconscio" non dovrebbe avere più alcun senso, dato che tutto ciò ora viene illuminato dalla luce della consapevolezza emanata dall'Io

L'idea di "confini mobili" tra conscio ed inconscio, l'idea che ciò che ora è inconscio un domani potrebbe divenire coscienza (o viceversa), tra l'altro ha il merito di esaltare ed attribuire la giusta importanza alla singolarità ed alla responsabilità del singolo individuo. In questo modo i limiti della coscienza nei confronti dell'inconscio non sono limiti identici all'interno della specie umana, ma differiscono da individuo ad individuo. Ciascuno di noi lascia nell'inconscio aspetti, tendenze, potenzialità psichiche diverse sulla base dei differenti valori della nostra personalità, e della diversa quantità di forza vitale che impieghiamo nell'introspezione, nell'autoconoscenza. Si presume che una persona dotata di grandi doti introspettive giunga nel corso della vita ad un'estensione della componente conscia nella sua psiche maggiore rispetto a chi vive in modo meno consapevole e più superficiale, lasciando più vaste zone d'ombra nella visione della sua personalità. Partendo da tali basi teoriche,  è possibile conservare il senso del valore sia intellettuale che clinico-professionale dello psicanalista: considerandolo non più il depositario di un sapere peculiare alla sua disciplina da applicare in modo meccanico ed impersonale nel rapporto coi pazienti, bensì, più "laicamente", una persona le cui capacità introspettive, di ascolto, di sensibilità la hanno portata a formare un bagaglio di esperienze che le permette di essere un aiuto, una guida che invece di imporre, stimola il paziente ad una libera e personale presa di coscienza delle proprie problematiche, responsabilizzandolo a trovare una sua individuale soluzione per una situazione che è appunto individuale, una figura dialogica, socratica, maieutica,che ispira il paziente una più profonda autocoscienza, e l'acquisizione di una maggiore fiducia nelle proprie potenzialità psichiche finalizzate al raggiungimento di obiettivi personali. In questo senso, trovo piuttosto condivisibile ed apprezzabile l'approccio umanistico di Karl Rogers




Angelo Cannata scrive:
"Quello che mi sembra il secondo errore è la pretesa opposta, cioè proporre una cognizione alternativa dell'inconscio a partire da una proposta filosofica. La scienza, se non altro, si basa su manifestazioni verificabili, senza alcuna pretesa di aver raggiunto un'idea definitiva dell'inconscio. Al contrario, la proposta filosofica è uno schema concettuale che non trova giustificazioni nell'esperienza: in base a quale criterio giustificare la definizione dell'inconscio come coscienza potenziale? La scienza almeno ha chiare le manifestazioni dell'inconscio: sono sogni, comportamenti, opere che è possibile descrivere, analizzare, misurare; ma il concetto di coscienza potenziale cos'ha di chiaro?

Purtroppo non è la prima volta che vedo criticare la scienza accusandola di pretese che in realtà essa non ha: pretese di certezza, di assolutezza, la scienza come vangelo, la scienza divinizzata. Ma la scienza è tutto l'opposto: essa è continuo invito alla critica, è incertezza e proprio perché è incertezza si sforza di raccogliere in continuazione dati, misurazioni, dimostrazioni. La ricerca non rende la scienza certa, ma al contrario, invita sempre a ricerche ulteriori. Il fatto che nel sangue ci siano i globuli rossi non è una cosa certa e indiscutibile stabilita dalla scienza, ma il contrario: è il risultato di esperimenti che la scienza invita a controbattere e criticare, stimolando altri esperimenti ancora, perché la scienza non si fida di niente e di nessuno: la scienza va per probabilità. Ci sono moltissime probabilità che nel sangue ci siano i globuli rossi, perché tutti dati finora in nostro possesso inducono a pensarlo; ma moltissime probabilità non significano certezza assoluta, come quella che si pretende in filosofia. Significa nient'altro che moltissime probabilità. Sono gli ignoranti a scambiare la scienza per filosofia e vangelo, ma la scienza è quanto di più umile e modesto l'uomo riesca a praticare. Proprio per questo essa si fa apprezzare come via seria.

Al contrario, la filosofia cade spesso nell'arbitrario preteso come certezza; anche in questo caso, comunque, la vera filosofia non è mai fanatismo, ma è anch'essa umiltà."




Rispondo che a mio avviso il criterio che  legittimerebbe l'idea di "coscienza potenziale" sarebbe semplicemente la constatazione del carattere di divenire e mutevolezza dell'essere umano, dovuta alla contingenza ontologica di tale essere. Ogni divenire è passaggio dalla potenza all'atto, passaggio da qualcosa che "avrebbe potuto realizzarsi" all'effettiva realizzazione. E anche l'acquisizione di conoscenza, riferita sia al mondo esterno sia a se stessi, come processo che si dispiega temporalmente va pensato come un passaggio dalla potenza all'atto, qualcosa prima di essere oggetto della coscienza è potenzialmente coscienza ma non ancora attualmente, inconscio,  mentre dopo essere realmente divenuto oggetto di conoscenza, diviene coscienza attuale. Credo che la filosofia perda la sua umiltà quando pretende di giudicare sui risultati attinenti ad un campo della realtà che non le è proprio, pretende di intervenire nel merito dei risultati delle scienze empiriche, ma che resti coerente con la propria natura quando si limita a ricavare deduttivamente delle conseguenze necessarie a partire da presupposti che rientrano nel campo che le è proprio, l'ambito dei principi primi dell'essere, delle conoscenze fondamentali ed evidenti il cui fungere da base di ogni possibile discorso legittima le esigenze di apoditticità. E credo che l'idea che il divenire, compreso il divenire dei processi di presa di coscienza, sia sempre un passaggio dalla potenza all'atto rientri in tali premesse evidenti. Poi, ovviamente, le inferenze deduttive possono essere svolte in modo più o meno corretto in base alle capacità di ciascuno di noi



Auguri a tutti di buone feste anche da parte mia!

Garbino

Pensieri sull' inconscio.

Al di là dell' argomento di merito, su cui tornerò tra poco, mi duole dover constatare che ci sia una sempre maggiore tendenza a depauperare l' importanza filosofico-sociale dei tre grandi a cavallo della fine del Novecento: Marx, Freud e Nietzsche. E spesso da chi non ha letto Il Capitale o una delle opere degli altri due sommi pensatori. E' chiaro che il sistema persegua tale scopo a tutto vantaggio delle neuroscienze, che a mio avviso sono largamente sovvenzionate dal sistema proprio perché non rivoluzionarie. E proprio perché in questo modo è sicuro di controllarne i modi, i tempi e l' allineamento al potere delle risposte.

Lasciatemi invece affermare che, avendo letto sia Il Capitale che l' opera omnia degli altri due, il loro pensiero è fondamentale per qualsiasi sviluppo etico-morale-sociale-politico-economico per i tempi a venire. E naturalmente a tutto danno dell' attuale potere proprio per l' impatto rivoluzionario in tutto l' ambito del pensiero filosofico-scientifico.


In linea di massima concordo con Maral e Paul 11 e su alcune argomentazioni dell' ultimo post di Davintro. Specialmente quelle sulla diversità di ogni individuo nei confronti di qualsiasi accadere ed affini. 
Sulla scienza mi sembra invece che lui indichi quello che dovrebbe essere e non quello che è, ma su questo sorvoliamo.

Entrando nel merito, va fatto un chiarimento. L' inconscio è un termine un po' troppo generico. L' ES, la parte più profonda, in gran parte di carattere e derivazione genetica è al di fuori di qualsiasi terapia psicoanalitica. E' il sub-conscio, e cioè ciò che è in relazione a tutto il nostro vissuto, dove la psicoanalisi può intervenire e con successo. 

Naturalmente è bene chiarire che non vi è nulla di scientifico nella psicanalisi, che qui si sta parlando di fenomenologia della psiche e dei vantaggi che alcuni interventi di carattere psicoanalitico possono determinare in qualsiasi individuo. Perché non illudiamoci, anche se molti non lo accettano, tutti hanno qualche rimosso, e ciòè ricordi che vengono oscurati nella memoria e che provocano grandi o piccole disarmonie. E il ruolo principale della psicoanalisi è quello di riportare alla memoria queste rimozioni perché finalmente l' individuo possa accettarle e conviverci.

Il sogno può aiutare moltissimo perché spesso fa emergere questi ricordi non essendoci nel sogno il controllo che si ha nelle ore di veglia. Il problema è che lo fa per simboli, e ciò fa capire che la bravura dello psicoanalista è indispensabile. 

Che a questo riguardo sia palese che specialmente negli USA la psicoanalisi sia diventata uno status-symbol, in altre parole un grosso affare commerciale, può determinare un certo scetticismo sulla sua importanza medica, come succede ad esempio anche per molte ricerche farmaceutiche. 

La medicina farmaceutica non può nulla o quasi, né nelle patologie di carattere genetico né sui disturbi da me indicati perché non si ha a che fare con malattie ma con disturbi di natura diversa. E questo lo posso affermare anche per esperienza personale, basata su interventi su me stesso ed altre persone, naturalmente gratuitamente. 

La medicina farmaceutica tornerà ad essere medicina a tutti gli effetti quando tornerà a far uso, e in parte lo fa già, soltanto di prodotti naturali, abbandonando definitivamente composti di natura chimico-sintetica.

Tutto ciò che ho qui esposto identifica la mia opinione sull' argomento. Ho scelto di agire così proprio per non dover ripetere ad ogni frase il fantomatico: a mio avviso.

Grazie per la cortese attenzione, e di nuovo auguri a tutti.

Garbino Vento di Tempesta.

sgiombo

#23
Citazione di: Garbino il 27 Dicembre 2016, 11:24:34 AM

La medicina farmaceutica non può nulla o quasi, né nelle patologie di carattere genetico né sui disturbi da me indicati perché non si ha a che fare con malattie ma con disturbi di natura diversa. E questo lo posso affermare anche per esperienza personale, basata su interventi su me stesso ed altre persone, naturalmente gratuitamente.

La medicina farmaceutica tornerà ad essere medicina a tutti gli effetti quando tornerà a far uso, e in parte lo fa già, soltanto di prodotti naturali, abbandonando definitivamente composti di natura chimico-sintetica.

Garbino Vento di Tempesta.

Mentre le altre considerazioni sono decisamente opinabili (e la mia opinione, contraria alla tua, l' ho già chiaramente esposta in altri interventi), queste affermazioni mi sembrano decisamente errate.

Con farmaci si curano molto bene divese malattie genetiche, per esempio somministrando, per l' appunto come farmaci, varie sostanze che l' organismo non é in grado di sintetizzare da sè a causa di difetti nei geni che le codificano o codificano la sintesi degli enzimi proteici necessari alla produzione di tali sostanze chimiche.

Inoltre non vedo come si possa sostenere che "La medicina farmaceutica tornerà ad essere medicina a tutti gli effetti quando tornerà a far uso, e in parte lo fa già, soltanto di prodotti naturali, abbandonando definitivamente composti di natura chimico-sintetica".

Facciamo l' esempio del' insulina per i diabetici tipo I (ma é solo un caso emblematico di tanti altri possibili).
Essa era prodotta fino agli ultimi anni del secolo scorso attraverso un processo di estrazione abbastanza complesso dal tessuto pancreatico di maiali o altri animali (come sostanza "naturale", cioé naturalmente prodotta e semplicemente "estratta" da tessuti animali presnti in natura, non per sintesi).
Il processo era costosissimo e inoltre le insuline di origine animale  contenevano  impurità  che  provocavano  intolleranze  e  reazioni  allergiche; purificarle da queste impurità aumentava ulteriormente di molto i costi di produzione e comunque non era possibile farlo in maniera completa.

Ora viene sintetizzata artificialmente da culture batteriche in cui é stato inserito il gene umano per la sua codifica, costa molto meno (consentendo, ceteris paribus, di curare molti più pazienti) e determina reazioni allergiche o comunque indesiderate in un numero spettacolarmente inferiore di casi.

In che senso sarebbe mai preferibile un' insulina più costosa e più dannosa (come effetti "collaterali" indesiderati, oltre a quello curativo desiderato) come le insuline "naturali" di prima rispetto a quella "di sintesi" attuale?
Mi sembra indubbio che l' uso della seconda sia "medicina (scientifica, "occidentale") a tutti gli effetti" non meno dell' uso delle prima, e inoltre decisamente progredita, più efficace, migliore.

Ricambio sinceramente i convenevoli.

Jacopus

Si rischia l'ot ma preciso sinteticamente che almeno nei disturbi psichiatrici una terapia farmacologica dovrebbe/potrebbe essere parallela ad una psicoterapia: l'una cosa non esclude l'altra e nei disturbi seri la duplicita' dell'intervento e' quello che cura meglio. Sulla prevalenza dell'intervento farmacologico incidono molte cause. Nei servizi pubblici e' determinante la diversita' del tempo necessario ad una psicoterapia individuale rispetto al tempo necessario per prescrivere un farmaco. Inoltre la psicoterapia presuppone una attivita' di supervisione e una formazione continua, per limitare gli effetti negativi dovuti dall'assorbimento del dolore altrui e quindi una maggiore complessita' organizzativa. L'erogazione di medicine non pone ovviamente allo stesso livello di esposizione allo stress.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

Citazione di: davintro il 26 Dicembre 2016, 22:14:42 PM
Citazione di: anthonyi il 26 Dicembre 2016, 10:32:24 AMTroppo spesso si intende l'inconscio nella sua chiave Freudiana, questo a mio parere non permette di capirne realmente le componenti. L'idea di inconscio ha un suo "senso" naturale che viene dal fatto che si osserva, in antitesi rispetto a una visione psichista che vuole limitare l'essere umano al suo pensiero logico, la presenza di situazioni che alterano la realizzazione di detto pensiero. Il caso tipico è quando ti piace una ragazza, razionalmente cerchi di costruire mentalmente le opportunità di un dialogo, di un approccio, poi però, al momento giusto, c'è qualcosa che ti blocca, questo qualcosa non lo comprendi razionalmente, non si esprime con pensieri, con argomenti, allora lo chiami inconscio.

Sì, in questo senso ritengo corretto parlare di inconscio, fintanto che, appunto, viene identificato con il contenuto di un sentimento indeterminato, confuso, misterioso, che però ci condiziona. Qualcosa di fronte a cui il nostro sapere razionale si blocca. Nella mia "polemica" contestavo proprio l'idea secondo cui si pretende di identificare come ciò che dovrebbe trascendere la coscienza qualcosa cje possiamo analizzare,descrivere,all'interno di un sapere razionale, dunque prodotto di un soggetto conoscente. Ma nel momento in cui con uno sforzo di introspezione riusciamo ad individuare le motivazioni prima nascoste che ci portano ad agire come agiamo o a provare i sentimenti che avvertiamo, allora parlare di "inconscio" non dovrebbe avere più alcun senso, dato che tutto ciò ora viene illuminato dalla luce della consapevolezza emanata dall'Io

L'idea di "confini mobili" tra conscio ed inconscio, l'idea che ciò che ora è inconscio un domani potrebbe divenire coscienza (o viceversa), tra l'altro ha il merito di esaltare ed attribuire la giusta importanza alla singolarità ed alla responsabilità del singolo individuo. In questo modo i limiti della coscienza nei confronti dell'inconscio non sono limiti identici all'interno della specie umana, ma differiscono da individuo ad individuo. Ciascuno di noi lascia nell'inconscio aspetti, tendenze, potenzialità psichiche diverse sulla base dei differenti valori della nostra personalità, e della diversa quantità di forza vitale che impieghiamo nell'introspezione, nell'autoconoscenza. Si presume che una persona dotata di grandi doti introspettive giunga nel corso della vita ad un'estensione della componente conscia nella sua psiche maggiore rispetto a chi vive in modo meno consapevole e più superficiale, lasciando più vaste zone d'ombra nella visione della sua personalità. Partendo da tali basi teoriche,  è possibile conservare il senso del valore sia intellettuale che clinico-professionale dello psicanalista: considerandolo non più il depositario di un sapere peculiare alla sua disciplina da applicare in modo meccanico ed impersonale nel rapporto coi pazienti, bensì, più "laicamente", una persona le cui capacità introspettive, di ascolto, di sensibilità la hanno portata a formare un bagaglio di esperienze che le permette di essere un aiuto, una guida che invece di imporre, stimola il paziente ad una libera e personale presa di coscienza delle proprie problematiche, responsabilizzandolo a trovare una sua individuale soluzione per una situazione che è appunto individuale, una figura dialogica, socratica, maieutica,che ispira il paziente una più profonda autocoscienza, e l'acquisizione di una maggiore fiducia nelle proprie potenzialità psichiche finalizzate al raggiungimento di obiettivi personali. In questo senso, trovo piuttosto condivisibile ed apprezzabile l'approccio umanistico di Karl Rogers




Angelo Cannata scrive:
"Quello che mi sembra il secondo errore è la pretesa opposta, cioè proporre una cognizione alternativa dell'inconscio a partire da una proposta filosofica. La scienza, se non altro, si basa su manifestazioni verificabili, senza alcuna pretesa di aver raggiunto un'idea definitiva dell'inconscio. Al contrario, la proposta filosofica è uno schema concettuale che non trova giustificazioni nell'esperienza: in base a quale criterio giustificare la definizione dell'inconscio come coscienza potenziale? La scienza almeno ha chiare le manifestazioni dell'inconscio: sono sogni, comportamenti, opere che è possibile descrivere, analizzare, misurare; ma il concetto di coscienza potenziale cos'ha di chiaro?

Purtroppo non è la prima volta che vedo criticare la scienza accusandola di pretese che in realtà essa non ha: pretese di certezza, di assolutezza, la scienza come vangelo, la scienza divinizzata. Ma la scienza è tutto l'opposto: essa è continuo invito alla critica, è incertezza e proprio perché è incertezza si sforza di raccogliere in continuazione dati, misurazioni, dimostrazioni. La ricerca non rende la scienza certa, ma al contrario, invita sempre a ricerche ulteriori. Il fatto che nel sangue ci siano i globuli rossi non è una cosa certa e indiscutibile stabilita dalla scienza, ma il contrario: è il risultato di esperimenti che la scienza invita a controbattere e criticare, stimolando altri esperimenti ancora, perché la scienza non si fida di niente e di nessuno: la scienza va per probabilità. Ci sono moltissime probabilità che nel sangue ci siano i globuli rossi, perché tutti dati finora in nostro possesso inducono a pensarlo; ma moltissime probabilità non significano certezza assoluta, come quella che si pretende in filosofia. Significa nient'altro che moltissime probabilità. Sono gli ignoranti a scambiare la scienza per filosofia e vangelo, ma la scienza è quanto di più umile e modesto l'uomo riesca a praticare. Proprio per questo essa si fa apprezzare come via seria.

Al contrario, la filosofia cade spesso nell'arbitrario preteso come certezza; anche in questo caso, comunque, la vera filosofia non è mai fanatismo, ma è anch'essa umiltà."




Rispondo che a mio avviso il criterio che  legittimerebbe l'idea di "coscienza potenziale" sarebbe semplicemente la constatazione del carattere di divenire e mutevolezza dell'essere umano, dovuta alla contingenza ontologica di tale essere. Ogni divenire è passaggio dalla potenza all'atto, passaggio da qualcosa che "avrebbe potuto realizzarsi" all'effettiva realizzazione. E anche l'acquisizione di conoscenza, riferita sia al mondo esterno sia a se stessi, come processo che si dispiega temporalmente va pensato come un passaggio dalla potenza all'atto, qualcosa prima di essere oggetto della coscienza è potenzialmente coscienza ma non ancora attualmente, inconscio,  mentre dopo essere realmente divenuto oggetto di conoscenza, diviene coscienza attuale. Credo che la filosofia perda la sua umiltà quando pretende di giudicare sui risultati attinenti ad un campo della realtà che non le è proprio, pretende di intervenire nel merito dei risultati delle scienze empiriche, ma che resti coerente con la propria natura quando si limita a ricavare deduttivamente delle conseguenze necessarie a partire da presupposti che rientrano nel campo che le è proprio, l'ambito dei principi primi dell'essere, delle conoscenze fondamentali ed evidenti il cui fungere da base di ogni possibile discorso legittima le esigenze di apoditticità. E credo che l'idea che il divenire, compreso il divenire dei processi di presa di coscienza, sia sempre un passaggio dalla potenza all'atto rientri in tali premesse evidenti. Poi, ovviamente, le inferenze deduttive possono essere svolte in modo più o meno corretto in base alle capacità di ciascuno di noi



Auguri a tutti di buone feste anche da parte mia!
Davintro,
con tutto il bene che possa avere per K.Rogers, stiamo dimenticando che la battaglia fra razionale  e irrazionale,
 fra ragione e desiderio è più che millenaria, è simbolismo religioso persino incarnazione come lo è l'apollineo e il dionisiaco Nitzschiano,.

Un conto è parlare di psicanalisi clinica, medica, e un conto è discutere di filosofia
I razionalisti come Cartesio, Spinoza e Kant pensano che la ragione debba vincere contro le "affezioni" come li definìì Cartesio, addirittura Spinoza, ma soprattutto Kant, ne farà i principi universali, Vuol dire che per loro la ragione razionalizza l'irrazionale. il ponderabile riesce a domare la natura, tanto che non siamo individui, ma società e quindi i principi etici emorali diventano universali.

Hobbes, Hume, non ritenevano affatto che la ragione potesse domare gli istinti.Hume ad esempio ritneva che la volontà non fosse dipendente dalla ragione ,ma da quegli impulsi imponderabili, dal desiderio.

Quì ci sono già tutte le basi della futiurastruttura politico culturale economica.Vale a dire il pensiero che giustificherà l'azione.

Schopenhauer era talmente pessimista che riteneva che quei desideri, emozioni ,sentimenti, dovessero essere razionalizzati per poterli "vincere" Questa è l'ispirazione culturale per Freud: fare emergere le pulsioni affinchè la sublimazione razionale li riconduca alla ragione.

La via individuale è tipica della cultura orientale a cui Schopenhauer era affezionato.
Ma la via occidentale è quelal sociale, della struttura culturale che domina su quella politico sociale, ovvero è uno standard dentro le costituzioni, dentro l'economia del principio egoistico o edonistico e lo Stato sociale dall'altra.
E' tut'ora in corso la dialettica storica, fra ragione e passione, fra razionalismo e irrazionalismo

anthonyi

Citazione di: Fharenight il 26 Dicembre 2016, 18:16:49 PM
L'argomento è interessante e accurato, quindi non entro totalmnete nel merito della discussione perché dovrei leggere tutti i post precedenti. Ma ieri ho letto il post di Jacopus che mi sembra sui generis e qualche domandina sorge spontanea.

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2016, 23:53:57 PM

...infatti dalla psicoanalisi sono partite molte altre correnti, alcune delle quali hanno anche interpretato il fascismo (Reich) o la personalità autoritaria in chiave psicoanalitica (Adorno-Horkheimer).
Ma il Reich non era fascismo, era nazismo, non si possono confondere, pur essendo alleati. Sarebbe come dire che la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan  sono la stessa cosa dato che ora vanno d'accordo. Mi piacerebbe sapere sulla personalità sinisteoide o dei tipi dei centri sociali che interpretazione in chiave psicoanalitica specifica si può dare.

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2016, 23:53:57 PM
All'epoca di Freud la società era organizzata in senso autoritario, il senso di colpa schiacciava i figli fino a farli sentire degli scarafaggi e quindi il disturbo tipico era la depressione e la paranoia (che infatti spesso clinicamente sono associate).
Ma cosa dice? La depressione può essere presente nella paranoia, ma non è detto che la depressione sia associata anche alla paranoia.

A quanto mi risulta la paranoia è un sintomo spesso relazionato alle sindromi depressive.

anthonyi

Citazione di: davintro il 26 Dicembre 2016, 22:14:42 PM


L'idea di "confini mobili" tra conscio ed inconscio, l'idea che ciò che ora è inconscio un domani potrebbe divenire coscienza (o viceversa),

Su questo punto credo ci siano delle osservazioni interessanti, tutti noi ci domandiamo come è fatta l'intelligenza degli animali, abbiamo difficoltà a concepirla perché non si esprime con parole, e lo stesso vale anche per noi. Il conscio non è che quella nostra parte che si esprime in forma logica, poi ci sono tutti gli altri ragionamenti che elaborano emozioni, sensazioni, istinti, che sono dentro di noi, e che a volte si trascodificano in forma logica, come se fosse una traduzione, e questo è il passaggio dall'inconscio al conscio. Se poi teniamo conto che il nostro cervello evolve da almeno 500.000.000 di anni, diciamo dalla nascita dei vertebrati in poi, ed è caratterizzato dall'elaborazione di sensazioni e istinti, un po' più tardi anche emozioni(direi negli ultimi 65 milioni di anni), mentre il pensiero logico entra in gioco con il suono articolato, forse nell'ultimo milione di anni, non mi sembra ci sia da meravigliarsi se l'uomo ha un inconscio che, magari, è anche molto più ampio del conscio.

maral

Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2016, 21:37:21 PM
Circa il "razionalismo" della psicoanalisi intesa come "tentativo di dare una lettura razionale all'irrazionale" mi limito a chiedere quale mai "razionalità" ci sarebbe nel postulare (indimostrabilmente)  che i bimbi sessualmente del tutto immaturi proverebbero "fisiologicamente" il desiderio inconscio di uccidere il proprio padre e possedere sessualmente la propria madre.
Ma questa del complesso di Edipo non è una postulazione a priori, come se Freud si fosse svegliato una mattina e gli fosse improvvisamente venuto in mente dal nulla che i bambini non desiderano altro inconsciamente che uccidere il padre e fare sesso con la propria madre, è piuttosto una conseguenza dell'assunzione della volontà di potenza in forma libidica. Questo semmai è il postulato che si può o meno trovare o no condivisibile. Posso concordare che le conclusioni che tira Freud sul complesso di Edipo possano risultare scandalose, inudibili in certi contesti, ma proprio nell'illustrare il complesso edipico egli tenta di superarne l'irrazionalità che sta nel rimuoverlo o nel reprimerlo. Oltretutto ponendolo come universale (tutti, Freud compreso, secondo la lettura psicanalitica, hanno attraversato il complesso edipico; se così non fosse la maturazione dell'individuo adulto e razionale risulterebbe impossibile, giacché la sua psiche rimarrebbe legata a forme pre edipiche di tipo psicotico  narcisistico). Personalmente non ci trovo nulla di così scandaloso, penso che sia normale che il bambino desideri sostituirsi al padre nella sua vicinanza con la madre e che, nelle antiche società tribali, l'assassinio del re-padre da parte del cuccessore-figlio era praticata e non solo nella forma simbolica che ci hanno tramandato i miti (che peraltro sono comunque rappresentazioni del reale, come i sogni). Certo, sotto la visione psicanalitica (e questo accomuna Jung e Freud) c'è l'idea di una fondamentale "innocente" perversione fondamentale, ma la vera perversione che determina il disturbo mentale e la sofferenza che ne consegue sta nel nascondersi questo fondamento umano-biologico, nel non accettarlo nella sua natura fondamentale, nel non voler vedere che esso è la radice da cui pesca, si alimenta e matura realizzandosi la vita umana.
Ringrazio Garbino per aver ricordato che, certo, anche Marx è allineabile nella filosofia del sospetto a Freud e Nietzsche. Anche Marx scoperchia (o pensa finalmente di poter scoperchiare) quello che davvero ci sta sotto alla situazione sociale e per fare questo, compie una grande genealogia, o una sorta di "psicanalisi" storica delle classi sociali, proprio per rivelarne l'inconscio che le alimenta, interpretandolo secondo i termini della ragione economica . umanistica. E qualcosa del genere lo aveva già effettuato Feuerbach (per non parlare di Nietzsche) nei confronti del cristianesimo.





Garbino

Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.  
Non avevo dubbi che avresti reputato le mie opinioni opinabili. Se la si pensa in modo diverso è difficile che si possa essere d' accordo in qualcosa, anche se è già successo, tanto che lo hai persino sottolineato con enfasi. 
Comunque quando ho affermato che la medicina farmaceutica nulla può nei confronti delle malattie di carattere genetico mi riferivo in particolar modo a quelle psichiche, ma soprattutto sottintendevo nel senso di curare. E mi scuso se non sono stato sufficientemente chiaro. Ma anche per le altre, il farmaco non cura, come ad ad esempio nel caso a cui ti riferisci. Infatti, se non ho capito male, supplisce ad una carenza genetica, dando la possibilità all' organismo di produrre o fornendo in modo diretto sostanze che per motivi genetici lo stesso non riesce a produrre o a sintetizzare. La differenza sta appunto tra il supplire e il curare, che a mio avviso è determinante nel quadro di ciò che intendevo esprimere.

Per quanto riguarda i farmaci di fattura chimico-sintetica non metto in dubbio le tue conoscenze mediche né la veridicità di quanto affermi, ritenendoti una persona di una certa onestà intellettuale, e scusa il certa ma diffido anche di me stesso, ma volevo esporre due cose che mi fanno vertere su quanto ho espresso in merito. La prima è che le sperimentazioni su questi farmaci, anche se a volte più che decennali non ci dicono gli effetti collaterali a lunga scadenza degli stessi, e per lunga scadenza intendo anche sulle successive generazioni, ma che soprattutto diffido profondamente di tutto ciò che ci viene propinato come certo anche purtroppo dalla ricerca di carattere farmaceutico. Da dove impera il profitto, in altre parole, ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove appunto non dovrebbe mai mancare. 

X Maral. Infatti Il Capitale non è soltanto un testo difficile a livello matematico, ma lo è anche per la profondità di diverse considerazioni e teorie di carattere psico-sociale sia individuali che di classe, a cui tu appunto ti riferisci. E' proprio lo scoperchiamento effettuato da tutti e tre su un mondo ( e un uomo ) in deflagrazione che determina la loro caratteristica rivoluzionaria. E questo al di là di quanto siano criticabili o di quanto io stesso sia critico nei loro confronti.

Garbino Vento di Tempesta.

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