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pensieri sull'inconscio

Aperto da davintro, 24 Dicembre 2016, 01:09:34 AM

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davintro

volevo esporre una mia personale riflessione sull'inconscio, su quanto un discorso sull'inconscio possa soddisfare le richieste di coerenza interna che credo la filosofia, nel suo ruolo fondativo epistemologico, debba sempre avanzare di fronte alle pretese di verità riferibili ai risultati delle varie scienze.

A rigor di termini, l'inconscio è definibile con ciò che è al di là del "conscio", dei limiti della nostra coscienza. La psicoanalisi freudiana si incentra sull'assunto che solo una piccola parte, la punta dell'iceberg della psiche, è cosciente, è oggetto della nostra consapevolezza e controllo, tutto il resto è "inconscio", una presenza che ci condiziona in forme che sfuggono alla nostra consapevolezza. La mia perplessità che ho di fronte a questa visione è, se si vuole, semplice (spero non semplicistica): se l'inconscio è ciò che trascende la coscienza allora noi, così come gli psicoanalisti, non dovremmo saperne nulla! A mio avviso l'inconscio dovrebbe essere considerato alla stessa stregua di come la teologia negativa considera Dio, qualcosa di cui si può dire solo ciò che non è, considerarlo come un'indeterminatezza, ciò che vi è al di là dei limiti della nostra conoscenza. Perchè al contrario, un sapere positivo, un sapere che presume di tematizzare l'inconscio, di descriverlo, analizzarlo, qualificarlo con certe proprietà, identificandolo come un campo di pulsioni di cui è possibile attestare la natura e di conseguenza poter studiare la situazione psichica di ciascun individuo a partire appunto dal rilievo della presenza di tali pulsioni, è un sapere che di fatto finisce con il ricondurre l'inconscio a contenuto CONSCIO del soggetto di tale sapere, negandolo in quanto tale, in quanto inconscio! Con l'analisi dell'inconscio l'io cosciente rompe i suoi limiti e finisce col riappropriarsi della psiche, inglobando l'inconscio a suo contenuto. In questo modo la psicoanalisi mostra una sua importante incoerenza tra i suoi presupposti epistemici e metodologici da un lato e la sua tesi fondamentale dall'altro. Da un lato si fonda sull'idea che la coscienza sia solo una piccola parte della psiche, poi continua ad assegnare all'Io conscio e razionale il ruolo di soggetto del sapere psiconalitico, che prende coscienza dell'inconscio annettendo quest'ultimo al suo regno. Se lo psicoanalista freudiano che reputa l'Io cosciente come sopravvalutante la sua autoconoscenza, e subente il condizionamento delle pulsioni inconscie fosse coerente con tale assunto allora dovrebbe ammettere la possibilità che le sue stesse analisi coscienti e razionali siano condizionati dal suo inconscio non meno di quanto avviene nei suoi pazienti, e dovrebbe dunque rigettare come non scientifici i suoi risultati, in quanto dovrebbe, scetticamente, dubitare della possibilità in generale per una coscienza razionale di svincolarsi dal condizionamento dell'inconscio, capovolgere la situazione a suo vantaggio e riportare l'inconscio nell'immanenza dei suoi contenuti. Invece la psico-ANALISI in quanto ANALISI conserva la fiducia nella sua razionalità, o quantomeno pone le capacità della sua razionalità su di un piedistallo che la eleva rispetto alla razionalità più debole dei suoi pazienti. Freud, immagino, non ha svolto i suoi studi e scritto le sue opere mentre era sotto ipnosi, o mentre sognava, ma nella sua condizione di Io cosciente e razionale oggettivante l'inconscio.

Di fronte a questa situazione la mia proposta è: perchè non considerare la dialettica coscienza-inconscio come dialettica di matrice aristotelica potenza-atto? Considerare l'inconscio non come realtà in sè, separata dalla coscienza, Es contrapposto all'Ego, ma come "coscienza potenziale non attuale", una negatività, una mancanza, un complesso di meccanismi, tensioni, motivazioni agenti sia a livello genericamente umano, sia nella situazione psichica particolare del singolo individuo, di cui non siamo attualmente consapevoli, ma che, con futuri atti di riflessione e introspezione possono divenire tali, riconducendoli al patrimonio della nostra coscienza. Invece di spezzare l'unità dell'Io personale frazionandolo in due entità contrapposte ed antagoniste, inconscio, istintualità, libido, contro coscienza, razionalità, occorrerrebbe considerare l'Io come limitato, imperfetto, mancante in senso ontologico, dunque impossibilitato e identificare il suo controllo cosciente con tutta la complessità del Sè, che rimane sempre in parte oscuro,  ma questo limite ontologico dovrebbe corrispondere coerentemente con il limite gnoseologico e epistemologico di ogni possibile psicologia e antropologia. Non si tratta di negare l'esistenza dell'inconscio, ma di limitarci a considerarlo come davvero "inconscio", cioè come ignoto, quel fondo di opacità presente in qualunque sguardo sulla nostra interiorità dovuta alla componente di materialità (dunque di potenzialità) che ci impedisce di essere Atto puro, puro spirito, condizione divina che dovrebbe corrispondere ad una condizione di Coscienza pura, condizione non umana. L'inconscio cioè è solo ciò che manca alla coscienza umana, finita per essere coscienza divina, assoluta, infinita. In breve, "atto", "forma", "potenza", "materia", "spirito" invece di essere viste come categorie antico-medioevali antiquate ed inservibili, come molti le vedono, andrebbero usate come valide categorie per interpretare i concetti delle scienze empiriche come la psicologia empirica, che, prive di una base filosofica trascendentale, non potrebbero cogliere come qualunque forma di razionalità rigorosa non possa che partire dall'impossibilità di un totale affrancamento della realtà oggetto di tale razionalità dalla soggettività cosciente, che resta orizzonte necessario ed evidente di ogni esperienza possibile, pena cadere nell'assurdo di pensare una conoscenza del reale senza un darsi fenomenico costitutivo di tale reale costitutivo di una coscienza.

Mi fa piacere gettare nella mischia questo mio pensiero all'interno di un eventuale confronto, anche con chi la psiconalisi freudiana la conosce molto più di me...

Angelo Cannata

Mi sembra che ci siano degli errori di metodo in questo modo di procedere.

Il primo riguarda l'approccio a conscio e inconscio in termini quantitativi, dimensionali. Dire che la parte cosciente è la punta dell'iceberg presuppone una specie di misurazione, in vastità e profondità, delle dimensioni cosciente e inconscia. È ovvio che per affermare che un oggetto è di vaste dimensioni bisogna aver potuto valutare tali dimensioni, il che si scontra con l'idea di irraggiungibilità dell'inconscio. Ma l'inconscio non è una stanza, non è un mare. Dire che la parte cosciente è la punta di un iceberg non è un'espressione scientifica; serve solo a richiamare l'attenzione sul fatto che ciò che riteniamo vasto, cioè la parte cosciente, non è poi così vasto e viceversa. Si esprime ciò semplicemente per dire che senza dubbio c'è molto da approfondire. Una volta spazzata via la concezione dell'inconscio in termini di profondità ed estensione fisica, sparisce il problema della sua esistenza, che verrebbe a contraddire la sua inconoscibilità: intuiamo che l'inconscio è tutto un universo da scoprire proprio perché sentiamo di non conoscerlo abbastanza; di esso però riceviamo segnali: i sogni, comportamenti involontari, le opere d'arte. Queste manifestazioni ci fanno capire che l'inconscio è davvero un oceano sconosciuto, perché quel poco che riusciamo a conoscerne si rivela di portata enorme; figuriamoci quindi che portata può avere tutta la parte che non conosciamo. Facciamo un esempio, per essere più chiari: un'opera d'arte come la pietà di Michelangelo fa affacciare alla mente un miliardo di pensieri, alcuni più chiari, altri solo sfiorati; questo ci fa pensare che l'artista ha saputo ascoltare i suoi istinti più intimi, ma soprattutto istinti che sono comuni alla maggior parte delle persone, visto che un mare di persone nel mondo riscontrano nella pietà di Michelangelo qualcosa che parla intimamente alle nostre emozioni. Lo stesso vale per molta musica, che riesce a parlare al cuore di tutto il mondo, senza che riusciamo a capirne del tutto il motivo. Così sono pure i sogni. In questo senso l'inconscio non è un mondo inventato per spiegare cose che non capiamo, non è una certezza della scienza; è, più semplicemente, il mondo dei significati e degli istinti che le manifestazioni a cui ho fatto riferimento lasciano trasparire. In questo senso, dunque, la scienza, proprio perché non parla dell'inconscio in termini filosofici, può permettersi di farvi riferimento senza timore di cadere nella contraddizione di parlare di ciò che viene definito inconoscibile: la scienza ne parla perché prova a porre in connessione certe manifestazioni, senza alcuna pretesa di riuscire a definirne con precisione i connotati.

Quello che mi sembra il secondo errore è la pretesa opposta, cioè proporre una cognizione alternativa dell'inconscio a partire da una proposta filosofica. La scienza, se non altro, si basa su manifestazioni verificabili, senza alcuna pretesa di aver raggiunto un'idea definitiva dell'inconscio. Al contrario, la proposta filosofica è uno schema concettuale che non trova giustificazioni nell'esperienza: in base a quale criterio giustificare la definizione dell'inconscio come coscienza potenziale? La scienza almeno ha chiare le manifestazioni dell'inconscio: sono sogni, comportamenti, opere che è possibile descrivere, analizzare, misurare; ma il concetto di coscienza potenziale cos'ha di chiaro?

Purtroppo non è la prima volta che vedo criticare la scienza accusandola di pretese che in realtà essa non ha: pretese di certezza, di assolutezza, la scienza come vangelo, la scienza divinizzata. Ma la scienza è tutto l'opposto: essa è continuo invito alla critica, è incertezza e proprio perché è incertezza si sforza di raccogliere in continuazione dati, misurazioni, dimostrazioni. La ricerca non rende la scienza certa, ma al contrario, invita sempre a ricerche ulteriori. Il fatto che nel sangue ci siano i globuli rossi non è una cosa certa e indiscutibile stabilita dalla scienza, ma il contrario: è il risultato di esperimenti che la scienza invita a controbattere e criticare, stimolando altri esperimenti ancora, perché la scienza non si fida di niente e di nessuno: la scienza va per probabilità. Ci sono moltissime probabilità che nel sangue ci siano i globuli rossi, perché tutti dati finora in nostro possesso inducono a pensarlo; ma moltissime probabilità non significano certezza assoluta, come quella che si pretende in filosofia. Significa nient'altro che moltissime probabilità. Sono gli ignoranti a scambiare la scienza per filosofia e vangelo, ma la scienza è quanto di più umile e modesto l'uomo riesca a praticare. Proprio per questo essa si fa apprezzare come via seria.

Al contrario, la filosofia cade spesso nell'arbitrario preteso come certezza; anche in questo caso, comunque, la vera filosofia non è mai fanatismo, ma è anch'essa umiltà.

cvc

Dal punto di vista filosofico, come rilevato da Galimberti, Freud è figlio del pensiero greco. Sembra che, da stimatore di Nietzsche qual era, si sia servito dei concetti di conscio e inconscio per reinterpretare la dicotomia fra apollineo e dionisiaco. Se apollineo si intende la regolarità, quindi la coscienza e la razionalità, il dionisiaco è invece rappresentato dall'inconscio, l'irrazionale, la follia ispiratrice, l'istinto vitale. Ma poi - adesso mi copro di ridicolo psicanalizzando Freud - dopo aver concettualizzato la potenza creatrice dell'inconscio, Freud (e Nietzsche) riprende in mano il conscio (la razionalità) a mo di randello, per domare la bestia e condurla alla propria volontà.
Dal punto di vista psicologico - oltre alla appena necessaria precisazione che il metodo Freud non funziona e non ha mai guarito nessuno - Freud ha individuato nella rimozione la causa della nevrosi. E la sua cura è stata identificata nella reintroduzione dell'oggetto o evento rimosso nella sfera conscia. Mi pare interessante il parallelo con la ipnoterapia eriksoniana, per cui l'inconscio mal tollera le intrusioni nella sua sfera da parte del conscio, per cui il tentativo di cura finisce per aggravare il male. Secondo tale ottica gli interventi sull'inconscio devono avvenire in modo naturale dirigendo si a livello conscio, ma secondo i modi dell'inconscio. Il quale percepisce positivamente le indicazioni consce non allargando la coscienza - reintroducendo la rimozione come voleva Freud - bensì restringendola, come quando si provoca uno stato di trance.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

maral

Penso che l'obiezione che si muove contro il concetto di inconscio sia fondamentalmente giusta da un punto di vista epistemologico. L'inconscio peraltro è stato descritto e interpretato in modi diversi, esso si trasforma noc i suoi interpretanti: ad esempio l'inconscio  freudiano, dominato dalla libido (a cui dopo il primo conflitto mondiale, Freud accompagnerà l'istinto di morte) non è l'inconscio junghiano (dominato dalla memoria collettiva archetipica). L'inconscio in fondo rappresenta il tentativo di risposta in cerca di continua re interpretazione a un sospetto cosciente certamente di natura filosofica, che riguarda la verità di noi stessi, quello che crediamo di essere rispetto a quello che realmente siamo.  Certamente in questo ambito, come riconosce Freud, il pensiero nicciano (la filosofia del sospetto) ha aperto la strada alla psicanalisi (si veda ad esempio qui nel forum l'interessante disamina di "Genealogia della morale" presentata da Garbino, una sorta di vera e propria seduta psicanalitica ante litteram della dimensione morale).
Potremmo quindi dire che l'inconscio è il sospetto enorme che il conscio nutre su di sé, un sospetto che è il prodotto di una vicenda umana che copre centinaia di millenni e innumerevoli prassi che lasciano segni nella psiche di ognuno, ma non solo, include pure la genealogia biologica del vivente e forse la stessa cosmologia della materia-energia, e indubbiamente tutto quello che istante per istante ci accade senza apparentemente lasciare traccia alcuna alla soglia della coscienza, ma che fa comunque di noi quello che siamo e determina quello che possiamo diventare ben al di là delle nostre intenzioni coscienti, dei nostri progetti in cui ci riconosciamo, anzi, spesso, contro di essi. Il sospetto che alimenta l'idea di un inconscio, nasce evidentemente dal fatto che c'è qualcosa che non va come dovrebbe, il progetto non si realizza, dunque occorre che questo qualcosa si presenti affinché sia possibile affrontarlo, coscientemente, con la nostra volontà risolutrice e manipolatrice, con il nostro sguardo analitico, clinico, razionale  e terapeutico grazie al discorso che il paziente produce, venendosi a riconoscere. Per non cadere in seduzioni inconscie che riguardano tutti , l'analisi e l'autoanalisi sono essenziali per la formazione dello psicoanalista, ma questa analisi non potrà mai cisrcoscrivere la dimensione inconscia da cui essa stessa è prodotta, dunque sarà un'analisi necessariamente infinita, perpetuamente in divenire, il discorso sull'inconscio non può mai terminare, se è coerente non può mai risolvere il sospetto.
L'approccio psicanalitico e la stessa dimensione inconscia non appartengono alla scienza di stampo galileiano (se non in un modo molto ingenuo, quasi feticistico: quello di una natura che sta dentro e ricalca nei modi di essere esplorata la natura esterna che si vede fuori dalla finestra), non può presentare alcuna verifica definitiva, alcuna "oggettività" misurabile sui parametri di una psicologia cognitiva, e giustamente Freud aveva auspicato che in essa si applicassero i filosofi ben più dei medici (pur essendo lui un medico). Purtroppo la smania dell'oggettivismo positivo avrebbe spinto le cose in altra direzione e la psicanalisi che fondamentalmente è il tentativo di una continua interpretazione del significato, una sorta di ermeneutica interminabile, è stata sempre più abbandonata dalla scienza, insieme alle teorie sull'inconscio, a vantaggio delle illusioni di carattere superstizioso e le ingenuità di un approccio organico fisiologico neurologico o computazionale statistico al problema della verità su ciò che siamo e sospettiamo di essere.

sgiombo

Mi trovo perfettamente d' accordo con le semplici (e non affatto semplicistiche) considerazioni inziali di Davintro.

Per parte mia ho "sempre" considerato la psicoanalisi una dottrina (o insieme di dottrine in parte reciprocamente contraddittorie) irrazionalistica e assolutamente non scientifica (qualcosa che sta a una -ipotetica- conoscenza scientifica della personalità umana, nella sua fisiologia e nelle sue patologie, come l' alchimia sta alla chimica scientifica) *.
 
Successivamente mi sono reso conto che una scienza in senso stretto o proprio della personalità umana, nella sua fisiologia e nelle sue patologie, analoga alla chimica in quanto scienza delle trasformazioni delle sostanze materiali, non può darsi in linea di principio per il fatto che, contrariamente alle sostanze materiali ("res extensa"), la mente umana ("res cogitans") non è né quantificabile (misurabile mediante rapporti quantitativi espressi da numeri), né intersoggettiva (constatabile empiricamente allo stesso modo da chiunque la osservi collocandosi nella giusta posizione e guardando nella giusta direzione con i giusti strumenti tecnici): un chilo di ferro pesato da me è esattamente un chilo di ferro se pesato da chiunque si trovi alla stessa distanza dal centro della terra, il monte Bianco -salvo eventuali cataclismi tettonici o di altro genere naturale- è altro sul livello del mare 1810 m per chiunque si prenda la briga di misurarlo; ma invece non solo non posso sapere se la mia attuale soddisfazione (perché ho trovato che Davintro la pensa su Freud e la psicoanalisi sostanzialmente come me) è uguale, maggiore o minore -e men che meno di quanto, quale sia il rapporto numerico fra di esse!- rispetto alla soddisfazione del mio vicino di casa (perché, dopo avere perso innumerevoli volte e gettato molto più denaro di quello attualmente guadagnato, stamane ha vito al "gratta e perdi"); ma financo non posso stabilire se la mia soddisfazione attuale sia maggiore, uguale o minore -e men che meno di quanto lo sia- di quella di me stesso (!) quando, qualche mese fa, ho brillantemente risolto un problema logico proposto nel forum da Eutidemo.
La conoscibilità scientifica in senso stretto presuppone come conditio (-nes) sine qua non intersoggettività e misurabilità di quanto osservato (e divenire ordinato dell' ambito della realtà di cui fa parte, condizione altrettanto indimostrabile né mostrabile dell' intersoggettività: Hume!).
E dunque le cosiddette "scienze umane", trattando principalmente di "res cogitans", non misurabile e non intersoggettiva, non potranno mai in linea di principio diventare "scienze in senso stretto" (cioè nel senso delle "scienze naturali"). Ma ciò non toglie che la psicoanalisi non sia nemmeno un "scienza umana", ma solo una congerie di farneticazioni irrazionalistiche.
 
Piuttosto mi sembra interessante considerare che:

a)    Come brillantemente confermano le moderne neuroscienze (ma una buona filosofia razionalistica consentiva di ben comprenderlo almeno da tempi di Broca e Wernike), l' esperienza cosciente è necessariamente correlata (N.B.: non: "è la stessa cosa di", contrariamente a quanto credono erroneamente moltissimi neurosienziati e non pochi filosofi della mente) con determinati stati funzionali di determinati cervelli (o comunque, con ogni verosimiglianza, anche sistemi nervosi sufficientemente sviluppati e complessi di varie specie animali, anche non vertebrate);

b)    Che questi determinati stati funzionali cerebrali sono solo una piccola parte degli stati funzionali cerebrali in generale, che la maggior parte degli eventi neurofisiologici cerebrali non hanno ( N.B.: non: "non sono la stessa cosa di") un "corrispettivo cosciente" e tuttavia sono "causalmente connessi" con quelli che un "corrispettivo cosciente" presentano: gli uni determinano l' insorgere, l' accadere degli altri e viceversa;

E dunque la nostra attività cosciente accade corrispettivamente ad (N.B.: non: "è la stessa cosa di", e nemmeno " è causata da) alcuni eventi neurofisiologici del nostro cervello, i quali sono una "minoranza" dei suoi stati funzionali e da altri suoi stati funzionali senza "correlato cosciente" sono causati, e reciprocamente li causano.
 
_______
* Mi piace raccontare che sono stato molto contento allorché, trovandomi per motivi professionali a Vienna (per seguire l' importante congresso europeo di radiologia medica che vi si svolge ogni anno: Vienna, per sua fortuna, è stata anche la città natale di Roentgen, nella quale ha principalmente svolto la sua opera!), e scorrendo le grafiche relative alla città e alle ottime linee di trasporti pubblici di cui è dotata che erano esposte sulle vetture della metropolitana, mi sono reso conto con enorme piacere che la capitale dell' Austria ha dedicato tante importantissime strade, soprattutto della "periferia storica", ove sorgevano le vecchie mura (un po' come i navigli a Milano), a suoi illustri cittadini che hanno esercitato, sviluppato e onorato la professione medica (per lo più a me del tutto sconosciuti), di cui evidentemente la cittadinanza va fiera, ma non sono riuscito a trovare nemmeno un infimo vicolo dedicato a Freud (invece esaltatissimo all' estero, soprattutto negli USA; e dopo più di mezzo secolo dalla morte credo non valga più la considerazione che "nemo profeta in patria": di regola i "profeti", anche e soprattutto in patria, post mortem vengono "rivalutati", magari in varia misura "evirati della loro carica critica" e trasformati in innocue icone della conservazione e del conformismo).

 

paul11

#5
Penso che in filosofia l'inconscio sia già compreso  come natura umana e l'approccio attuale più serio sia la filosofia della mente.
Sarò molto sintetico: l'attuale medicina "dell'inconscio" segue più la vecchia frenologia che non la psicanalisi.
Oggi la psicoterapia è parlare fra amici , vale a dire serve a ben poco, e la cura del farmaco che interviene nei processi biochimici del cervello ha superto la seduta psicanalitica.
La psicanalisi soprattutto di Freud era troppo scomoda, e dire che un bambino ha una fase orale, anale e parlare di libido ai tempi di Freud era un insulto al buon costume.Nessuno è arrivato più vicino alla natura animale umana di Freud. Gli archetipi di Jung sono già altro, interessanti per altri aspetti.Altri discepoli di Freud hanno scritto.

L'importanza dell apsicanalisi è stata culturale e quindi ha a che fare con la filosofia, piaccia o meno alla scienza.
Perchè l'episteme filosofico non è quello delle scienze moderne, limitato al fenomeno, alla sperimentazione, agli effetti.Non necessita quindi di un origine con una pretesa ontologica.

La dimostrazione è che quando si discute di natura umana ascrivibile all'evoluzione biologica e umana o ancor di più alla morale ed etica, la problematica della natura umana di nuovo ne sortisce.
Ed oggi è più confusa che mai anche e soprattutto in ambito delle scienze naturali e sociali: perchè non scioglie il dilemma iniziale sulla natura animale  e umana. Si risolve in una perdita sua volta di episteme anche nella morale.
D'altra parte basterebbe vedere l'approccio giurisprudenziale come sia mutato nei casi di omicidio:conviene essere matti che sani.Ma i matti non esistono così le differenze si sono appiattite  standardizzandosi  in un concetto di normalità che non ha più nulla di normale.
Non so se e dove porterà la filosofia della mente che è un approccio variegato di posizioni fra scienziati e filosofi.
Inserirvi poi anima e spirito ...beh, sarebbe troppo

sgiombo

Citazione di: paul11 il 25 Dicembre 2016, 00:01:07 AM

La psicanalisi soprattutto di Freud era troppo scomoda, e dire che un bambino ha una fase orale, anale e parlare di libido ai tempi di Freud era un insulto al buon costume.Nessuno è arrivato più vicino alla natura animale umana di Freud. Gli archetipi di Jung sono già altro, interessanti per altri aspetti.Altri discepoli di Freud hanno scritto.

CitazioneSi arriverebbe più o meno "vicino alla natura animale umana" se si dimostrasse e non semplicemente si sostenesse con una prosa più o meno brillante che un bambino ha una fase orale, anale (e che tutti i bambini hanno il desiderio inconscio di uccidere il padre e avere rapporti sessuali con la madre e tantissime altre corbellerie psicoanalitiche).

Quando ero giovane
Freud e la psicoanalisi erano acriticamente sulla bocca di tutti i miei coetanei conformisti, più o meno a vanvera (come é alquanto ovvio, dal momento che non si tratta affatto di una terapia efficace e men che meno scientifica, tant' é vero che per lo più non guarisce i pazienti -comunque meno di quanto possa fare un semplice placebo- e anzi spesso ne peggiora le condizioni psichiche rendendoli dipendenti dalla pratica psicoanalitica stessa; per la cronaca lautissimamente pagata).

Infatti a mio parere 
Freud e la psicoanalisi erano (e in qualche misura tuttora sono) comodissimi alle classi dominanti (che se ne strafregano del "buon costume"; e ancor più della morale autentica) onde occultare le vere cause, in molti casi per lo meno in larga misura sociali, del malessere interiore di tante persone affette da sofferenze psichiche.

paul11

Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2016, 10:00:16 AM
Citazione di: paul11 il 25 Dicembre 2016, 00:01:07 AM

La psicanalisi soprattutto di Freud era troppo scomoda, e dire che un bambino ha una fase orale, anale e parlare di libido ai tempi di Freud era un insulto al buon costume.Nessuno è arrivato più vicino alla natura animale umana di Freud. Gli archetipi di Jung sono già altro, interessanti per altri aspetti.Altri discepoli di Freud hanno scritto.

CitazioneSi arriverebbe più o meno "vicino alla natura animale umana" se si dimostrasse e non semplicemente si sostenesse con una prosa più o meno brillante che un bambino ha una fase orale, anale (e che tutti i bambini hanno il desiderio inconscio di uccidere il padre e avere rapporti sessuali con la madre e tantissime altre corbellerie psicoanalitiche).

Quando ero giovane
Freud e la psicoanalisi erano acriticamente sulla bocca di tutti i miei coetanei conformisti, più o meno a vanvera (come é alquanto ovvio, dal momento che non si tratta affatto di una terapia efficace e men che meno scientifica, tant' é vero che per lo più non guarisce i pazienti -comunque meno di quanto possa fare un semplice placebo- e anzi spesso ne peggiora le condizioni psichiche rendendoli dipendenti dalla pratica psicoanalitica stessa; per la cronaca lautissimamente pagata).

Infatti a mio parere
Freud e la psicoanalisi erano (e in qualche misura tuttora sono) comodissimi alle classi dominanti (che se ne strafregano del "buon costume"; e ancor più della morale autentica) onde occultare le vere cause, in molti casi per lo meno in larga misura sociali, del malessere interiore di tante persone affette da sofferenze psichiche.
E' proprio nel dimostrare che la scienza naturale diventa cieca, con tutto il rispetto che ho verso di essa.
Cosa ne sa  dell'origine della vita? Cosa ne sa della natura umana? E allora cosa cura dell'uomo?

Buon Natale

sgiombo

Citazione di: paul11 il 25 Dicembre 2016, 12:07:05 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2016, 10:00:16 AM
Citazione di: paul11 il 25 Dicembre 2016, 00:01:07 AM

La psicanalisi soprattutto di Freud era troppo scomoda, e dire che un bambino ha una fase orale, anale e parlare di libido ai tempi di Freud era un insulto al buon costume.Nessuno è arrivato più vicino alla natura animale umana di Freud. Gli archetipi di Jung sono già altro, interessanti per altri aspetti.Altri discepoli di Freud hanno scritto.

CitazioneSi arriverebbe più o meno "vicino alla natura animale umana" se si dimostrasse e non semplicemente si sostenesse con una prosa più o meno brillante che un bambino ha una fase orale, anale (e che tutti i bambini hanno il desiderio inconscio di uccidere il padre e avere rapporti sessuali con la madre e tantissime altre corbellerie psicoanalitiche).

Quando ero giovane
Freud e la psicoanalisi erano acriticamente sulla bocca di tutti i miei coetanei conformisti, più o meno a vanvera (come é alquanto ovvio, dal momento che non si tratta affatto di una terapia efficace e men che meno scientifica, tant' é vero che per lo più non guarisce i pazienti -comunque meno di quanto possa fare un semplice placebo- e anzi spesso ne peggiora le condizioni psichiche rendendoli dipendenti dalla pratica psicoanalitica stessa; per la cronaca lautissimamente pagata).

Infatti a mio parere
Freud e la psicoanalisi erano (e in qualche misura tuttora sono) comodissimi alle classi dominanti (che se ne strafregano del "buon costume"; e ancor più della morale autentica) onde occultare le vere cause, in molti casi per lo meno in larga misura sociali, del malessere interiore di tante persone affette da sofferenze psichiche.
E' proprio nel dimostrare che la scienza naturale diventa cieca, con tutto il rispetto che ho verso di essa.
Cosa ne sa  dell'origine della vita? Cosa ne sa della natura umana? E allora cosa cura dell'uomo?

Buon Natale

CitazioneInnanzitutto ricambio gli auguri e aggiungo quelli di buon ano 2017, oltre ovviamente ad inoltrarli anche agli altri frequentatori del forum.

La scienza naturale non é cieca, semplicemente ha dei limiti, come ogni opera umana: "vede" molto o poco a seconda del maggiore o minor ottimismo di chi la prende in considerazione, ma certamente, se correttamente intesa, non ha mai preteso di vedere "tutto" e "nei minimi dettagli".
Cieche diventano le filosofie scientiste che non vogliono riconoscerne i limiti (e credo ne peccasse in non piccola misura lo stesso Freud).

Non può la scienza in senso stretto (quello delle "scienze naturali") conoscere l' uomo, se non limitatamente al suo essere (anche, non solo!) "natura materiale" (non relativamente alla "res cogitans" che ne é un aspetto fondamentale).

La scienza (fra l' altro, anche di negativo, che ne consegue) cura dell' uomo moltissime esigenze e malesseri fisici dotandolo di (ovviamente limitati) mezzi conoscitivi atti a "dominare" (sottomettendosi alle sue leggi oggettive e applicandole a scopi coscienti purché realistici!) la natura.



maral

Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2016, 10:00:16 AM
Quando ero giovane Freud e la psicoanalisi erano acriticamente sulla bocca di tutti i miei coetanei conformisti, più o meno a vanvera (come é alquanto ovvio, dal momento che non si tratta affatto di una terapia efficace e men che meno scientifica, tant' é vero che per lo più non guarisce i pazienti -comunque meno di quanto possa fare un semplice placebo- e anzi spesso ne peggiora le condizioni psichiche rendendoli dipendenti dalla pratica psicoanalitica stessa; per la cronaca lautissimamente pagata).
Infatti, l'errore ò quello di considerare la psicanalisi come una terapia medica: un certo numero di sedute, proprio come un certo numero di pastiglie e il disagio della malattia è risolto. In realtà il percorso psicanalitico non può mai terminare, è una sorta di percorso ermenutico infinito basato sulla parola che trova in se stesso la propria ragion d'essere e, magari anche nelle parcelle dello psicanalista, il proprio termine effettivo.
Citazione di: paul11 il 25 Dicembre 2016, 12:07:05 PM
E' proprio nel dimostrare che la scienza naturale diventa cieca, con tutto il rispetto che ho verso di essa.
Cosa ne sa  dell'origine della vita? Cosa ne sa della natura umana? E allora cosa cura dell'uomo?
Il punto è qui che la scienza naturale, fondata da un lato sulla neurofisiologia e dall'altro sulla psicologia cognitiva sperimentale, prestabilisce la natura umana come biologicamente del tutto definibile (se non oggi domani o dopodomani di sicuro) e la soluzione del disagio psichico come rilevabile su base comportamentale statistico oggettivo. Dunque cosa ò l'uomo lo ha già prestabilito, come è prestabilita la soluzione verificabile dalla rimozione/contenimento per via biochimica del sintomo socialmente disturbante.
Una volta in campo psichiatrico si ricorreva all'elettroshock, poi passato di moda rispetto allo psicofarmaco, ma il discorso è del tutto simile: l'elettroshock di un tempo era come una martellata tirata più o meno a caso su una machina- cervello guasta, lo psicofarmaco è un più sottile aggiustamento in punta di cacciavite, che, se funziona nella rimozione del sintomo, ha assolto al meglio al suo compito. Anche qui ovviamente la guarigione consiste in una eterna dipendenza (pare che per il disagio psichico non vi siano alternative), ma è una dipendenza clinica, organica, non certo ermeneutico-filosofica.

Buone feste a tutti  :)

paul11

#10
ma cos'è la scienza medica e la scienza naturale se non un ordine autolimitato spazio temporale.
Cosa vuol dire guarire una persona, se non verificare quelli che oggi sono i parametri metabolici.
Cosa vuol dire guarire un sintomo di ansia di depressione con un farmaco, è come dare da bere un assetato e dopo ritornerà la sete,Chi può dire che una persona è guarita da problemi dissociativi , chi può dire cosa significa normalità dentro un sistema che costruisce disagi.Chi ci da il manuale di sopravvivenza, una famiglia è malata e genera dissociazione, si guarisce il dissociato e lo si rimette in quella famiglia o in quella società che rigenera la malattia..

Va bene quel che può fare la medicina fisicamente, ma nel suo dominio autolimitato dal suo stesso metodo e relativo alla cultura del suo tempo, perchè anche la medicina ha una storia.Oggi la medicina "fisica" biochimica standardizza l'individuo ,non gli importa della soggettività del malato e lo inserisce in architetture simili a caserme militari, a scuole, nel loro silente e sofferente anonimato, con i suoi odori misti di refettorio ,farmaci e disinfettanti.
Dov'è il soggetto uomo in tutto questo? Oggettivato nello standard industriale di questo tempo, come un automobile da revisionare, si attaccano a macchine che danno i parametri confondendo il dolore fisico dalla sofferenza psichica

Ecco perchè ritengo importante che la filosofia si interroghi sulla natura umana, ma non come la vecchia metafiisca che spersonalizza, che oggettiva a sua volta come l'uomo fosse fuori dal processo epistemico, razionale così come irrazionale .E' la centralità umana che è importante, ma non come delirio della tecnica che schiaccia umanità, quindi non come esaltazione di sè, ma come riappropriazione di un ruolo armonico,

Buone Feste

Jacopus

Il primo argomento di Davintro è molto intrigante e non escludo che sia già stato esplicitato in letteratura. Direi che attraverso il discorso dell'inconscio si tocca uno dei temi fondamentali della psicoanalisi, se non il tema per eccellenza. Ed è molto vera anche la disamina che viene fornita. E' come se Freud si accapigliasse con sè stesso: con la ricerca psicoanalitica tende a far riemergere l'inconscio, ma se fa riemergere l'inconscio la teoria psicoanalitica non ha più senso di esistere.
Freud in ciò può essere rappresentato come una ruota dentata di congiunzione fra il pensiero positivista e quello successivo che perde fiducia nelle "magnifiche sorti e progressive". Da una parte quindi l'agire verso la scoperta di quanto è sconosciuto, dall'altra l'eterno amletico ritorno a qualcosa che non può mai essere del tutto scoperto...
Freud rimette in campo con l'inconscio l'ambivalenza dell'agire umano ma lo ricolloca in un campo più vicino al sapere ufficiale. Non è più relegato alle opere d'arte, alla tragedia greca, ma diventa un tema del dibattito scientifico e per un quarantennio, dal 1930 al 1970, con una voce piuttosto autorevole. Ora il vento è mutato e le neuroscienze sono la nuova illusione di massa.
Le critiche alla psicoanalisi presenti anche in questo topic mi fanno pensare che derivi da una scarsa conoscenza della stessa. Che non abbia mai curato nessuno lo escludo. Vi sono una infinità di testi che raccontano di guarigioni a seguito del trattamento psicoanalitico e le guarigioni sono state descritte in primis proprio da Freud. La psicoanalisi inoltre è fondata su protocolli serissimi e gli eventuali ciarlatani (che esistono) vengono comunque defenestrati in fretta.
Che la psicoanalisi sia un modo per confondere le acque rispetto alle vere cause "sociali" del disagio psichico è vero solo in parte. Freud non ha mai voluto approfondire questa tematica, ma il suo approccio alla sua disciplina è stato comunque sempre "scientifico", nel senso che incoraggiava a migliorare la sua disciplina, a non credere di aver afferrato una volta per tutte la "verità", ed infatti dalla psicoanalisi sono partite molte altre correnti, alcune delle quali hanno anche interpretato il fascismo (Reich) o la personalità autoritaria in chiave psicoanalitica (Adorno-Horkheimer). Attualmente la psicoanalisi è ben diversa da quella freudiana, anche perché la società è diversa. All'epoca di Freud la società era organizzata in senso autoritario, il senso di colpa schiacciava i figli fino a farli sentire degli scarafaggi e quindi il disturbo tipico era la depressione e la paranoia (che infatti spesso clinicamente sono associate). Attualmente la società è organizzata per il consumo, il senso di colpa viene ridicolizzato e i figli sono idolatrati, il disturbo tipico in questo contesto diventa il narcisismo, con relativo passaggio in secondo piano del complesso di Edipo, che fondava la psicoanalisi classica.
Sulla natura epistemologica della psicoanalisi credo che bisogna accettarne la sua natura centaurica, non è scienza fondata sulle analisi del sangue ma non è neppure alchimia (anche se Jung qualcosa in merito ha scritto). Vi sono delle tracce che ne fondano la necessità. Altrimenti ditemi qual'è la funzione organica dei sogni, e non ditemi che non servono a nulla, perché l'organismo non fa nulla per nulla. Un altro argomento a favore dell'esistenza della psicoanalisi si trae proprio dai recenti studi genetici, visto che l'epigenetica ci informa di come alcune parti del DNA siano sensibili all'ambiente non nel corso dei secoli ma anche nel corso dell'ontogenesi di un singolo individuo. Questo per sottolineare l'importanza dei traumi familiari rimossi e non rimossi nella strutturazione anche genetica della personalità degli individui.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Troppo spesso si intende l'inconscio nella sua chiave Freudiana, questo a mio parere non permette di capirne realmente le componenti. L'idea di inconscio ha un suo "senso" naturale che viene dal fatto che si osserva, in antitesi rispetto a una visione psichista che vuole limitare l'essere umano al suo pensiero logico, la presenza di situazioni che alterano la realizzazione di detto pensiero. Il caso tipico è quando ti piace una ragazza, razionalmente cerchi di costruire mentalmente le opportunità di un dialogo, di un approccio, poi però, al momento giusto, c'è qualcosa che ti blocca, questo qualcosa non lo comprendi razionalmente, non si esprime con pensieri, con argomenti, allora lo chiami inconscio.

paul11

#13
Rimanendo nel dominio filosofico, forse una chiave è nella filosofia esistenziale e nella fenomenologia husserliana.
L'aspetto dell'inconscio viene visto come spinta motivazionale, e come intuito  che si traduce in volontà razionale, da una parte la volontà di potenza nitzscheana , dall'altra in progetto,heideggeriano  e ancora in soggetto/oggetto dentro il fenomeno ma non disgiunti. Ancora il pessimismo schopenauriano e la trascendenza kierkegardiana.

Perchè uno dei quesiti è la trascendenza , se la mente trascende o meno l'inconscio o sono un tutt'uno ontologico.

Avviene storicamente, che l'inconscio si appropria dello spirito  , quindi in una visione più laica ora l'inconscio 
non trascende metafisicamente ,ma si cala nell'esistenza alla ricerca di significati

sgiombo

CitazioneCitazione di Maral:
Infatti, l'errore ò quello di considerare la psicanalisi come una terapia medica: un certo numero di sedute, proprio come un certo numero di pastiglie e il disagio della malattia è risolto. In realtà il percorso psicanalitico non può mai terminare, è una sorta di percorso ermenutico infinito basato sulla parola che trova in se stesso la propria ragion d'essere e, magari anche nelle parcelle dello psicanalista, il proprio termine effettivo.
 
Sgiombo:
Ma l' errore l' ha compiuto la psicoanalisi stessa che è nata e si è sviluppata come pretesa scienza della mente e pretesa terapia delle psicopatologie.
Se intesa come "percorso ermeneutico che trova in se stesso la propria ragion d' essere e non finisce mai", allora, contrariamente alle sue proprie pretese (dei suoi fondatori e cultori, anche attuali) non è nulla di scientifico ma invece un' ideologia (magari una filosofia, in un senso a mio parere alquanto "ampio o "debole" del termine; e, sempre a mio parere, decisamente irrazionalistica; non meno ad esempio di molte filosofie-teologie dei più relativamente razionalisti -o relativamente meno irrazionalisti- fra i credenti alle principali religioni rivelate, cosa che non credo i suoi fondatori né i suoi attuali cultori sarebbero disposti ad ammettere).
 
 
 
Citazione da Paul11:
Cosa vuol dire guarire un sintomo di ansia di depressione con un farmaco, è come dare da bere un assetato e dopo ritornerà la sete,Chi può dire che una persona è guarita da problemi dissociativi , chi può dire cosa significa normalità dentro un sistema che costruisce disagi.Chi ci da il manuale di sopravvivenza, una famiglia è malata e genera dissociazione, si guarisce il dissociato e lo si rimette in quella famiglia o in quella società che rigenera la malattia.

Sgiombo:
Infatti (e mi scuso per il fatto di ripetermi) non ritengo possibile in linea di principio una scienza (in senso stretto, quello delle "scienze naturali") né una cura letteralmente "medica" della mente o personalità umana, ma casomai solo del cervello e del suo funzionamento (sono la scienza della neurofisiologia e le terapie, spesso molto efficaci e talora risolutive, della neuropatologia, neurofarmacologia e neurochirurgia).
 
Citazione da Paul11:

Oggi la medicina "fisica" biochimica standardizza l'individuo,non gli importa della soggettività del malato e lo inserisce in architetture simili a caserme militari, a scuole, nel loro silente e sofferente anonimato, con i suoi odori misti di refettorio ,farmaci e disinfettanti.

Sgiombo:
Conosco diversi medici (fra cui io stesso), praticanti la medicina scientifica "occidentale", che non standardizzano affatto l'individuo, ai quali molto importa della soggettività del malato e che non lo inseriscono affatto in architetture simili a caserme militari, a scuole, nel loro silente e sofferente anonimato, con i suoi odori misti di refettorio ,farmaci e disinfettanti, ma invece lo aiutano ad affrontare le sue malattie, le curano spessissimo efficacemente e talora perfino le guariscono.
E, nonostante il forsennato attacco in corso allo "stato sociale" a partire (secondo me non affatto a caso!) dall' abbattimento del da me mai abbastanza rimpianto Muro di Berlino, credo che questa sia tuttora non solo l' accezione teoricamente corretta ma anche, malgrado tutto, la pratica reale ancora di fatto di gran lunga prevalente della medicina scientifica "occidentale" (grazie all' umantà e al vero e proprio spirito -letteralmente- di abnegazione di tanti colleghi, malgrado -ripeto- i forsennati, criminali attacchi allo "stato sociale" da parte di governi e classi dominanti).
 
 
 
Citazione da Jacopus:
Altrimenti ditemi qual'è la funzione organica dei sogni, e non ditemi che non servono a nulla, perché l'organismo non fa nulla per nulla. Un altro argomento a favore dell'esistenza della psicoanalisi si trae proprio dai recenti studi genetici, visto che l'epigenetica ci informa di come alcune parti del DNA siano sensibili all'ambiente non nel corso dei secoli ma anche nel corso dell'ontogenesi di un singolo individuo. Questo per sottolineare l'importanza dei traumi familiari rimossi e non rimossi nella strutturazione anche genetica della personalità degli individui.
 
Sgiombo:
Non è affatto vero che l' organismo "non fa nulla per nulla" (di utile alla sua sopravvivenza): le corna dei cervi e delle renne maschi sono più dannose che utili alla loro sopravvivenza, così come penne delle code dei pavoni e dei fagiani maschi, ma la natura, i loro organismi, le hanno fatte e le fanno benissimo così come sono "per puro sfizio" gratuito, per nulla di utile alla loro sopravvivenza.

Ed é molto più razionalistico e scientifico (anzi: è scientifico tout court!) ipotizzare (e sottoporre l' ipotesi a verifica empirica) che i sogni non servano a nulla nello stesso senso delle corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni e di tantissimi altri aspetti della vita che hanno ottimamente superato la selezione naturale che ipotizzare (senza poterlo in alcun modo sottoporre a verifica: per niente scientifico!) che esista un inconscio che, fra un accesso di desiderio di uccidere il padre e trombarsi la madre in età infantile e non essendo ancora sessualmente, fisiologicamente in grado di farlo e l' altro, causa i sogni (esattamente come per la Bibbia Dio causò i sogni di Abramo e di Giuseppe, con la stessa -nulla = 0- possibilità di verifica empirica).


Quanto alle vere o (secondo me per lo meno molto più spesso) presunte guarigioni psicoanalitiche rivendicate (più che provate) da Freud e altri, è arcinoto che talvolta le malattie possono migliorare e financo guarire per effetto placebo, per i miracoli di Lourdes o di Padre Pio, ecc.


L' epigenetica e le interazioni (biochimiche!) genoma-citoplasma-soma non hanno nulla a che fare con i veri o pretesi "traumi familiari rimossi e non rimossi nella strutturazione della personalità".

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