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Paura della morte

Aperto da daniele75, 08 Aprile 2020, 06:48:56 AM

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daniele75

DOMANDA: volevo chiederti perché ho paura di morire e stare eternamente in quel nulla, come quando dormi. Mi crea paura[/size]
RISPOSTA
Se la tua attenzione riposasse in ciò che veramente sei e non su ciò che sei stato condotto a credere di essere – che NON e' ciò che sei- la paura della morte cadrebbe nel vedere che sei senza tempo, mai nato e quindi incapace di morire.
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La paura della morte e' presente e non può non esserlo fino a che l'attenzione della Consapevolezza viene a riposare sul corpo/mente e forma una identificazione con esso.[/size]
Ciò che sei NON e' descrivibile come una cosa, e' privo in sè del concetto di essere una cosa. Come consapevolezza tu non sei qualcosa su cui i sensi possano focalizzarsi o descrivere, in quanto sei proprio ciò a cui i sensi passano le informazioni delle esperienze che sono attraversate. In quanto Uno non sei mai ne' esistente ne' non esistente, sei solo l'ESSERE stesso che precede ogni cosa creata.[/size]
Sei sempre a casa e non stai andando da nessuna parte, stai solo guardando il gioco del tempo.[/size]
Dai un'occhiata da solo visto che sei l'UNICA autorità su questo.... Sei tu che VEDI il corpo, sei tu che VEDI il gioco di energia che chiamiamo mente, cosa sei tu come ciò che VEDE?
Con molto amore,
Avasa
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DOMANDA
In che senso?
Anche perché tempo fa ho avuto un incidente in macchina quando avevo 18 anni adesso ne ho 27. E prima di svegliarmi sono rimasto in quel lo stato per 10 minuti e non ho visto nulla adesso pensando di rimanere così mi fa paura
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RISPOSTA
Eri in questa Consapevolezza per 10 minuti e ANCORA ci sei, l'unica differenza e' che la tua attenzione e' ora sull'apparizione del mondo e non sulla Consapevolezza e basta. Quando il corpo/mente non era temporaneamente capace di funzionare in modo corretto l'attenzione e' tornata a casa in modo naturale alla sua sorgente, che e' ciò che accade al momento della morte del corpo, e anche nel sonno profondo.
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Il mondo allora dopo un po di tempo riappare e l'attenzione va sull'oggettivita' e l'identificazione accade. Il mondo riappare, cosi come fa ogni giorno nella tua esperienza, a partire DA questa Consapevolezza. Questa Consapevolezza e' SEMPRE presente sia che il corpo/mente sia vivo o morto.[/size]
Ciò che tende ad accadere quando c'è lo stato di veglia e' che la Consapevolezza cessa di essere conscia a se stessa nella maggior parte dei casi e si ignora fino a diventare estranea a se stessa.[/size]
Quando un risveglio, un satori, accadono e' questo che emerge con chiarezza, cosi che non e' più ignorato ed e' riconosciuto come cio' che uno e'. Quindi in quel momento la paura della morte, che puo' esistere solo quando l'attenzione e' sulla forma, non e' piu' presente.[/size]
In quel periodo di 10 minuti non c'era paura, essa e' tornata dopo quando l'attenzione era di nuovo focalizzata sul corpo/mente.
Quando questa Consapevolezza e' localizzata di nuovo, in un certo senso, si passa sempre più tempo includendola nella Vita e nel vivere, cessando cosi di ignorare che cos'è che fa il guardare.
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Illuminazione è l'essere consci di questo che e' sempre presente e che testimonia ogni cosa, incluso il testimoniare se stesso. Non si crede più di essere una cosa perché e' ovvio in ogni e ciascun momento che si e' nulla e che non si sta andando da nessuna parte, non si diventa nulla, si e' solo essere.[/size]

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Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, grazie[/size]

giopap

Fatico a comprendere.


Tuttavia la consapevolezza di me stessa e di ciò che sento più o meno piacevolmente o spiacevolmente é quanto di più certamente e indubitabilmente reale possa esperire.
E inoltre é quanto più mi interessa (e questo non ha nulla a che vedere con un preteso egoismo, contrariamente a ciò che potrebbe pensare chi, molto, ma molto erroneamente, confondesse felicità ed egoismo e infelicità ed altruismo).
Del fatto che la mia coscienza e autocoscienza (e soprattutto nel loro ambito la consapevolezza della mia gioia e del mio dolore ) é inevitabilmente coesistente a determinati processi neurofisiologici che accadono nel mio cervello mi interessa molto relativamente (più che altro per una mia istintiva curiosità o desiderio di conoscenza).


Per me il miglior farmaco contro la paura di morire é sempre quello di Epicuro: fin che vivo e posso essere felice o infelice la mia morte non c'é; mentre quando sarò morto non ci sarò più io, e allora non potrò più soffrire alcun dolore.

iano

#2
Noto che c'è un solo modo di comporre  l'uno , ma diversi modi per dividerlo in parti.
L'uno quindi appare come punto fermo , ciò da cui si parte e si riparte , ma in effetti è cio' a cui approda la nostra esperienza dell'arbitrarietà' di ogni moltitudine.
Una moltitudine che non apparisse in se' arbitraria non richiederebbe l'uno , trovando giustificazione in se'.
E' il poter ricomporre la realtà che ci porta ad indurla.
Dunque , non avendo esperienza diretta dell'uno ,che è potenzialmente l'unico punto fermo e certo , siamo portati a cercare fermezza, statica  solidità, nella
dinamica esperenziale diretta , sentendocene parte essenziale.
La paura della morte nasce da questo fraintendimento.
La paura che morti noi muoia il tutto.
Ma alla base di questa paura non si può veramente dire che ci sia un sentimento egoistico , tutt'altro.
Se l'uno è fatto di parti la loro morte pregiudica l'uno.
Questo è la vera paura , che nasce da un fraintendimento , ma anche da una necessità intrinseca.
Una parte del tutto , per poter svolgere la propria parte in modo attivo, deve credere in se stessa fino in fondo.
Insomma , per poter rendere veramente funzionale la divisione in parte dell'uno , essendo questa arbitraria, va' decisa , e questa decisione consiste nel costituirsi della  parte come se fosse uno.
Se fossi un credente , direi che è Dio che si fa' carne con tutti i dolori e le paure che questa comporta.
Se c'è una illuminazione questa non mi appare come il ritorno all'uno , ma nello svolgere con serenità la propria parte.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele75


La tua vera natura è perfettamente unitaria, libera, consapevolezza senza azione; il testimone di ogni cosa - senza attaccamento, senza desideri, in pace. E' solo l'illusione che ti mostra coinvolto in altre condizioni. Medita te stesso come consapevolezza immobile, libera da ogni dualismo, abbandona l'idea erronea di essere solo una coscienza limitata; qualunque oggetto interno o esterno è falso. Sei stato a lungo ingannato dall'identificazione con il corpo. Distingui con la lama della conoscenza: "io sono consapevolezza", e sii felice, mio caro.




La schiavitù è quando la mente brama qualcosa, si duole per qualcosa, rifiuta qualcosa, tiene a qualcosa, è compiaciuta di qualcosa o dispiaciuta di qualcosa.


Liberazione è quando la mente non brama alcuna cosa, non si duole, non rifiuta, non tiene, e non è compiaciuta o dispiaciuta di alcuna cosa.


Schiavitù è quando la mente è confusa da uno dei sensi, e liberazione è quando la mente non è confusa da nessuno dei sensi.


Quando non c'è "io" c'è liberazione, e quando c'è io c'è schiavitù. Considerando questo scrupolosamente, non tengo a nulla e nulla rifiuto.




Tu non sei il corpo, il corpo non ti appartiene, tu non sei l'agente dell'azione, non sei il fruitore delle conseguenze. Tu sei eterna, pura consapevolezza, il testimone, senza alcuna necessità - dunque vivi felice.


iano

#4
Sono d'accordo Daniele.
Ma solo a metà, perché' quella che racconti è  metà della storia.
Ci descrivi un percorso che però presuppone il percorso inverso.
Racconti la parte più facile , quella che dalla moltitudine porta all'unita'.
Descriverla come la storia intera e' un po' come amare di  vincere facile.
Tutti sono bravi a fare la somma.
Basta decidere di farla.
Ma per fare la divisione non basta decidere di farla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele75

Bisogna essere distaccati dal corpo, dai sensi, dalle emozioni, dall ego. Noi siamo in realtà il vuoto che sperimenta ma senza dipendere ne dall'interno e dall'esterno. Uscire dalla dualità è fondamentale, la dualità è un invenzione dell'uomo per semplificare e etichettare i meccanismi mentali. I corpi sono un continuo variare di reazioni chimiche, non c'è morte per la consapevolezza, essa è presente da sempre in tutte le forme di vita. Quando incarnata può essere sepolta dalle credenze farloche, che ci allontanano dalla nostra vera natura. Lo stato di serenità è dato dalla comprensione della non dualità, che non siamo le emozioni ne il corpo ma consapevolezza vuota. Ogni bambino nasce illuminato e connesso con l'uno poi avviene in lui la suddivisione e la nascita dell'io. Dobbiamo ritornare bambini per ottenere il regno dei cieli. Sconfitta e vittoria diventeranno una cosa sola, non ne dipenderemo.

baylham

Non condivido quasi nulla, è una concezione opposta alla mia filosofia, logicamente piena di contraddizioni ed errori.

La vita è un piacere, è bella, per questo ho paura di perderla.

Dell'uno o della consapevolezza non mi interessa nulla, è inesistente per me. Voglio vivere tutte le emozioni, i sentimenti possibili, attaccato alla vita, all'amore, all'amicizia, alla felicità, non importa se transitorie ed effimere.

iano

Citazione di: daniele75 il 08 Aprile 2020, 11:25:16 AM
Ogni bambino nasce illuminato e connesso con l'uno poi avviene in lui la suddivisione e la nascita dell'io. Dobbiamo ritornare bambini per ottenere il regno dei cieli.
È un viaggio di andata e ritorno.
Perché privilegiare un senso invece che l"altro?
Non è un viaggio di solo ritorno.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele75


La schiavitù è quando la mente brama qualcosa, si duole per qualcosa, rifiuta qualcosa, tiene a qualcosa, è compiaciuta di qualcosa o dispiaciuta di qualcosa.


Liberazione è quando la mente non brama alcuna cosa, non si duole, non rifiuta, non tiene, e non è compiaciuta o dispiaciuta di alcuna cosa.


Questo è uscire dalla dualità. ;)

giopap

Citazione di: daniele75 il 08 Aprile 2020, 13:02:03 PM

La schiavitù è quando la mente brama qualcosa, si duole per qualcosa, rifiuta qualcosa, tiene a qualcosa, è compiaciuta di qualcosa o dispiaciuta di qualcosa.


Liberazione è quando la mente non brama alcuna cosa, non si duole, non rifiuta, non tiene, e non è compiaciuta o dispiaciuta di alcuna cosa.


Questo è uscire dalla dualità. ;)




Ma quello che proponi come "liberazione" é' non essere felici, non essere infelici, non vivere consapevolmente ma vegetare.

Come ci ha insegnato Epicuro (che ben sapeva essere un cammino non semplice e né privo di difficoltà e di ostacoli da percorrere), tra l' essere schiavi di desideri irrealizzabili o tali che una volta raggiunti propongono sempre nuovi traguardi sempre un po' più in là di quello che si può ottenere e in alternativa non desiderare nulla e dunque non avere gioie e felicità, non vivere consapevolmente ma vegetare, un tertium  datur: il sapere limitare e temperare razionalmente i propri desideri in modo da poterli soddisfare godendo il bello possibile della vita e non desiderando infelicemente l' impossibile.
E in casi estremi, qualora una irrimediabile e insuperabile sfortuna imponesse dolore e infelicità insopportabili, darsi la morte come liberazione.

Perchè da morte non si prova felicità ma per lo meno non si prova nemmeno infelicità.


Di più dalla vita non si può realisticamente pretendere.

Ma così si può godere di una buona vita se si é fortunati, oltre che saggi.
E in caso di sfortuna insuperabile si può ottenere la liberazione della - della morte (pene eterne di una brutalità inaudita e senza fine potevano essere concepite solo dalle menti bacate e sadiche dei boia-torturatori dell' Inquisizione).

daniele75

Non importa quanto grande sia il desiderio, l'esserne schiavo è erroneo. Vegatare è farsi soggiogare dall'inconscio e vivere una vita automatica. Razionalizzare il funzionamento della mente è la via per la serenità. Non si diventa vegetali ma consapevoli di scegliere. Sfortuna e fortuna sono termini duali, bisogna vedere che valore si da di termini, infatti essi sono variabili e a volte illusori. Un maneger che lavora 12 ore al giorno per me è uno sfigato, per te magari è una vita da sogno.

viator

Salve daniele75. Ti cito replicandoti in modo molto più lapidario di altri : "Liberazione è quando la mente non brama alcuna cosa, non si duole, non rifiuta, non tiene, e non è compiaciuta o dispiaciuta di alcuna cosa.
Questo è uscire dalla dualità"

Allora meglio star prigionieri ed assillati............la liberazione che ti ci descrivi altro non è che la morte.


Dalla quale, finchè scriverai, sembra proprio che pure tu cerchi di stare lontano. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

daniele75

La paura della morte e' presente e non può non esserlo fino a che l'attenzione della Consapevolezza viene a riposare sul corpo/mente e forma una identificazione con esso.[/size]
Tu sei la mente? E se ti dicessi che a mala pena ne comandi il 2%? E non tutti. I pensieri si generano per lo piu piu automamente. Identificati con un software non tuo, farai la sua stessa fine, peccato che non dirigevi tu la giostra. Io sono semplicemente energia consapevole, la mente è stata generata dalla parola, per il 98% da altri e da pulsioni e istinti. Sei tu?[/size]

giopap

Ripeto che essere schiavi di desideri irraggiungibili o inesauribili é ben altra cosa che coltivare desideri raggiungibili e coltivati con la giusta, realistica moderazione, nei limiti del possibile (e in caso di impossibilità c' sempre l' eutanasia; magari artigianalmente autopraticata, dove, come qui in Italia, non é "passata dalla mutua" come sarebbe giusto).


La prima ipotesi significa essere infelici, la seconda felici.


E invece la tua terza dell' autotarparsi le ali o autocastrarsi evitando aprioristicamente ogni e qualsiasi desiderio perché sempre e comunque ne deriverebbe una pretesa "schiavitù" (anche ammesso e non concesso che sia possible) non é né vivere infelici, né vivere felci, ma vegetare.


Per me un manager é comunque sfigatissimo, oltre ad essere un miserabile sfruttatore dei lavoratori.
Ma sfigato, seppure di meno, é anche chi si autoimpone di non desiderare nulla (anche ammesso che ci riesca).

daniele75

La comprensione è un traguardo. La consapevolezza di cosa sei uccide i desideri superflui, in quanto non più necessari. Certo che continuerò a desiderare, ma non divento il desiderio, esso è esterno da me. Più si è consapevoli meno si desidera. Questa società è impostata sul piacere mordi e fuggi. Tutto passa di moda, sempre novità su novità. Non c'è consapevolezza, non c'è comprensione ultima. Schiavi del pensiero stesso. In realtà tu sei il vuoto tra un pensiero e e  altro. L'intervallo di quiete sei tu. Immagina te stesso come un cielo blu, i pensieri sono le nuvole, meno pensieri hai piu pedi te stesso. Troppa cultura a volte irrigidisce l ego.

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