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Parole, non fatti.

Aperto da iano, 24 Agosto 2022, 14:20:24 PM

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iano

Fatti, non parole, reclamerebbero invece i più; si, ma i fatti parlano solo attraverso le parole ( un linguaggio più in generale).
Nella realtà quindi abbiamo sempre parole, e mai fatti, anche quando le parole nascono dai fatti.
Per quanto le parole si sforzino di essere attinenti ai fatti, rimangono sempre parole e non sono mai fatti.
Le parole non dovrebbero quindi mai sostituirsi ai fatti, ma le cose invece vanno proprio così e la descrizione della realtà attraverso le parole diventa una realtà di fatto.
Le conseguenze di ciò possono essere molto spiacevoli.
Quando ci si rende conto di ciò si tende ad aumentare il numero di parole per rendere meglio i fatti, rendendo però meno gestibile la nuova realtà  di fatto.
La soluzione non è quindi complicare la descrizione della realtà.
Qual'e' allora secondo voi la soluzione?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

La soluzione è sempre quella solita. Saper distinguere la mappa dal territorio. L'inflazione di parole ha reso però il territorio delle mappe molto più complesso del territorio. Le metaricerche indicano che ormai non è più il territorio (il fatto) al centro dell'attenzione, ma la mappa (le parole). Le mappe servono sempre più a descrivere altre mappe e i fatti diventano sempre più difficili da descrivere perché ogni fatto eredita un numero di mappe sempre più numeroso, impossibile da gestire da un singolo individuo ma anche da una equipe di individui. Da ciò consegue la moltiplicazione delle interpretazioni dei fatti, a causa della moltiplicazione delle mappe. Al punto che anche i cosiddetti fatti "oggettivi" della episteme , rischiano di diventare interpretazioni. Figuriamoci cosa accade ai fatti della praxis.
Possibili soluzioni: 1) la iperspecializzazione: "conoscerai solo le mappe della lucertola albina del Sinai e su di lei mappa e territorio coincideranno, ma su tutto il resto, la tua conoscenza sarà come scrivere sull'acqua".
2) la disillusione: "i fatti saranno inconoscibili e dovrai contentarti delle opinioni".
3) l'eroismo: "pur sapendo che sarai sconfitto proverai con tutte le tue forze a conoscere il maggior numero di mappe (parole) per unificarle e scoprire i legami che le uniscono e che uniscono loro ai territori (fatti), cercando di distinguere le mappe di valore da quelle che sono ridondanti".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

In poche parole: simplex sigillum veri (non è sempre valido, ma è un ottimo screening per individuare le mistificazioni più grossolane). Più paradigmatico è il rasoio di Ockham, che insegna la virtù della sintesi e l'arte della decostruzione. Risolutivo è il metodo Santommaso, soprattutto in un'epoca come questa in cui l'iperspecializzazione dominante, peer review, è la menzogna.


pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#3
@Jacopus
Disillusione mi piace, ma nel senso di consapevolezza.
Consapevolezza che la realtà di fatto in cui viviamo è un artificio,
una descrizione relativa , una interpretazione dei fatti fra le tante possibili, che diventa realtà di fatto se condivisa.
Lo scoglio però sta nel raggiungere la condivisione, la quale si ottiene di fatto escludendo che si tratti di una interpretazione.
Quando si dice " fatti e non parole" si sottintende che l'interpretazione dei fatti venga da se', ciò che è falso.
Il problema sembra dunque irrisolvibile.
La soluzione classica, quanto falsa, è che esista una verità che aspetta solo di essere trovata, e che una volta trovata non può che essere condivisa.
Ma la verità è un po' come il messia.
C'è chi dice che è già arrivato e chi lo aspetta ancora.
Ma noi filosofi nel nostro piccolo possiamo risolvere il problema, senza pretendere che altri condividano la soluzione?
Senza scrivere cioè testi filosofici sacri?
Non ho seguito la cronaca sul tentativo lodevole di moltiplicare le categorie di orientamento sessuale, per quanto fosse per me un evento atteso, più che sperato, ma per quel poco che ho orecchiato, mi spiace dirlo, il tentativo è lodevole quanto ridicolo.
Sarebbe bastato dire che non esistono uomini e donne, "se non a parole", e che è necessario comunque creare queste finzioni verbali in una società che voglia darsi un minimo di organizzazione.
Mettere quindi sull'avviso che credere per fede a queste categorie solamente utili, porta alla spiacevole tentativo da parte di alcuni di forzare la realtà per farla combaciare con la realtà di fatto corrente.
Non vorrei essere al loro posto, perché immagino che vivano in continuo conflitto col loro mondo di fatto, dato che alla lunga fatti sempre nuovi andranno inevitabilmente a collidere con la loro fede in un mondo di fatto, che noi come ben dici Jacopus non conosceremo mai nella sua essenza, ma anche che non abbiamo bisogno di conoscerlo in tali termini.
Per alcuni forse avrò riscritto il manifesto del nichilismo, ma è quello del nichilismo un non problema per chi , pur con tutto il rispetto, si tiene ai margini di ogni fede e di ogni parrocchia, per quanto ne abbia frequentate.
Di questo conflitto continuo abbiamo esempio in questo forum nel nostro amatissimo ( senza che nessuno ci costringa ad amarlo) Socrate.
Mi ha colpito in particolare il fatto che senta come un peso l'obbligo che gli pone la religione cristiana di amare. Se l'amore fosse solo spontaneo tutto sarebbe più bello, ma quando non ci fosse questo amore spontaneo,  il rispetto per gli altri , la comprensione , la tolleranza programmatica, funzionano altrettanto bene.
 Dobbiamo amare gli altri come noi stessi, non per nostra gentile o forzata concessione che sia, ma perché gli altri siamo noi.
Sarebbe sufficiente volersi bene.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: Ipazia il 24 Agosto 2022, 18:19:32 PMIn poche parole: simplex sigillum veri (non è sempre valido, ma è un ottimo screening per individuare le mistificazioni più grossolane). Più paradigmatico è il rasoio di Ockham, che insegna la virtù della sintesi e l'arte della decostruzione. Risolutivo è il metodo Santommaso, soprattutto in un'epoca come questa in cui l'iperspecializzazione dominante, peer review, è la menzogna.



Escluso San Tommaso, ormai fuori moda secondo me, sono d'accordo.
Per quanto riguarda il rasoio di Ockman , che sicuramente è quanto di più pragmatico si possa concepire, se funziona in modo sistematico un motivo ci sarà , e il motivo è che la nostra stessa conoscenza è essenzialmente pragmatica, senza alternative.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Il tema mi ricorda l'Amleto di Shakespeare, quando dice "words, words, words!" (Atto secondo Scena seconda) ;)

Kobayashi

Citazione di: iano il 24 Agosto 2022, 21:42:31 PM[...]
Per alcuni forse avrò riscritto il manifesto del nichilismo, ma è quello del nichilismo un non problema per chi , pur con tutto il rispetto, si tiene ai margini di ogni fede e di ogni parrocchia, per quanto ne abbia frequentate.
È possibile, legittimo, sbarazzarsi di una Verità, di una fede.
Non è così semplice invece concludere che ci sono solo interpretazioni. Un tema su cui sono costantemente combattuto...
Ma prendiamo per esempio l'idea di Nietzsche secondo cui la ragione produce immagini arbitrarie della natura, metafore.
In pratica secondo questa prospettiva il pensiero produrrebbe solo narrazioni, non autentica conoscenza. Metafore, simboli, racconti, non concetti capaci di rimandare alla struttura delle cose.
Ora, se però il pensiero filosofico non ha un carattere veritativo, come dichiara questa prospettiva, perché dovremmo prendere sul serio le conclusioni a cui arriva contro la ragione stessa?
Per acconsentire alle conclusioni nichiliste dovremmo cioè dichiarare prima di tutto che sì, la filosofia ha un carattere veritativo, ma se è così ci ritroveremmo nel paradosso che le sue conclusioni sono contraddittorie, nel senso che negano la premessa da cui siamo partiti (il suo carattere veritativo), necessaria per dare solidità e serietà a tutto il ragionamento.
Cioè se prendiamo per buona la conclusione (la ragione non ci conduce alla verità delle cose, ma di esse crea metafore arbitrarie), non dobbiamo nemmeno sentirci schiacciati dal destino del nichilismo perché ad esso siamo arrivati tramite un pensiero che manca di rigore, che non ha necessità.
Al contrario se non accettiamo la conclusione e rimaniamo convinti della premessa (il carattere veritativo della filosofia) allora dobbiamo escludere tra i fondamenti persi la razionalità, la conoscenza della verità, e il nichilismo risulterebbe così limitato al crollo di una visione metafisica-teologica, più in generale alla fine di ogni forma di antropocentrismo (nello spazio e nel tempo) il quale si può reggere solo sull'idea di eternità della natura umana.

Alberto Knox

la conoscenza avanza e progredisce tramite modelli teorici astratti, e non potrebbe essere diversamente.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

baylham

Citazione di: iano il 24 Agosto 2022, 14:20:24 PMPer quanto le parole si sforzino di essere attinenti ai fatti, rimangono sempre parole e non sono mai fatti.
Ritengo sia vero il contrario, anche le parole sono fatti.

iano

#9
Citazione di: Kobayashi il 25 Agosto 2022, 08:45:25 AMÈ possibile, legittimo, sbarazzarsi di una Verità, di una fede.
Non è così semplice invece concludere che ci sono solo interpretazioni. Un tema su cui sono costantemente combattuto...
Ma prendiamo per esempio l'idea di Nietzsche secondo cui la ragione produce immagini arbitrarie della natura, metafore.
In pratica secondo questa prospettiva il pensiero produrrebbe solo narrazioni, non autentica conoscenza. Metafore, simboli, racconti, non concetti capaci di rimandare alla struttura delle cose.
Ora, se però il pensiero filosofico non ha un carattere veritativo, come dichiara questa prospettiva, perché dovremmo prendere sul serio le conclusioni a cui arriva contro la ragione stessa?
Per acconsentire alle conclusioni nichiliste dovremmo cioè dichiarare prima di tutto che sì, la filosofia ha un carattere veritativo, ma se è così ci ritroveremmo nel paradosso che le sue conclusioni sono contraddittorie, nel senso che negano la premessa da cui siamo partiti (il suo carattere veritativo), necessaria per dare solidità e serietà a tutto il ragionamento.
Cioè se prendiamo per buona la conclusione (la ragione non ci conduce alla verità delle cose, ma di esse crea metafore arbitrarie), non dobbiamo nemmeno sentirci schiacciati dal destino del nichilismo perché ad esso siamo arrivati tramite un pensiero che manca di rigore, che non ha necessità.
Al contrario se non accettiamo la conclusione e rimaniamo convinti della premessa (il carattere veritativo della filosofia) allora dobbiamo escludere tra i fondamenti persi la razionalità, la conoscenza della verità, e il nichilismo risulterebbe così limitato al crollo di una visione metafisica-teologica, più in generale alla fine di ogni forma di antropocentrismo (nello spazio e nel tempo) il quale si può reggere solo sull'idea di eternità della natura umana.
Non si può giungere alla verità senza superare l'altropomorfismo, e secondo me non è superabile. Tutto ciò che si può fare, e non è poco, è prenderne coscienza, capire in quale centralità , senza averne coscienza, ci rifugiamo di volta in volta.
Ma se anche l'antropomorfismo fosse superabile in modo definitivo, da cosa ci accorgeremmo di averlo superato?
Non potremmo mai esserne certi dunque.
Lo stesso dicasi, e non per caso, della verità.
Come facciamo ad accorgerci di averla raggiunta, posto che vi sia una verità?
Dovrebbe avere il carattere di una evidenza, cioè una volta raggiunta ci sarà evidente essere la verità.

Se invece si accetta l'antropomorfismo come inevitabile, allora le interpretazioni che derivano dai fatti saranno pure arbitrarie, ma non del tutto , perché vincolate non solo al libero arbitrio di chi interpreta, ma anche ai suoi processi inconsci non liberi.

Detto in modo sinteticamente rozzo: l'uomo ha il libero arbitrio, ma non sceglie di essere uomo.
Quindi le interpretazioni sono vincolate al suo essere uomo, e mutano ad ogni nuovo fatto che genera un nuovo uomo.
Da questo punto di vista affermare che si possa raggiungere una verità equivale a dire che l'uomo nella sua evoluzione ha un obiettivo da raggiungere, raggiunto il quale l'evoluzione si arresta per contemplare la verità , e nessun nuovo fatto apporterebbe alcunché di nuovo.
Questa è la descrizione del paradiso in terra, nel quale non ci rimane altro che una contemplazione eterna della verità.
A cosa infatti sarebbe volta ogni altra nostra azione diversa dalla pura contemplazione  una volta raggiunta la verità ?
A nulla.
Diverremmo spiriti in carne e ossa.
Tutto quello che possiamo fare invece, in senso evolutivo, posto che all'evoluzione si possa dare un indirizzo, è scoprire le nuove centralità in cui ci annidiamo, certi che sempre c'è ne saranno da scoprire.
In quanto osservatori della realtà poco possiamo dire dell'osservatore attuale, ma possiamo dire invece dell'osservatore che eravamo, perché il tempo che passa è come se ci sdoppiasse, e possiamo osservare da quale punto di vista stavamo osservando.
Una centralità che ci accompagna da un bel po' credo sia la sopravvalutazione della coscienza.
Di fatto ciò significa che uno dei tanti strumenti coi quali gli esseri viventi si rapportano con la realtà , e in quanto uno dei tanti niente di speciale, è stato monopolizzato dall'uomo diventando l'ultimo centro in cui si è annidato.
La fede è l'unica verità  possibile, compatibile con l'evoluzione, perché non immutabile.
Non occorre che sia la verità, occorre solo crederlo, e le fedi più profonde non sono quelle che abbracciamo, ma quelle che ci abbracciano, quelle che non sappiamo di avere.
Quelle che ci fanno gli uomini che siamo e che non abbiamo scelto di essere.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: iano il 25 Agosto 2022, 23:06:46 PMDovrebbe avere il carattere di una evidenza, cioè una volta raggiunta ci sarà evidente essere la verità.
bhè, ci sembrava piuttosto evidente che fosse il sole a girare attorno alla terra e non il contrario.
Citazione di: iano il 25 Agosto 2022, 23:06:46 PMUna centralità che ci accompagna da un bel po' credo sia la sopravvalutazione della coscienza.
Non sono di questo avviso, la mia tesi si basa sul fatto che la  scienza funziona , e chi fa la scienza?  noi esseri umani e in che modo, utilizzando la ragione certo e cosa abbiamo usato se no? per decifrare parte del codice cosmico. Questo mette in evidenza un profondo legame fra l'universo e la polvere di stelle animata da esso generata. Il fatto che possiamo riflettere sulla natura dell universo e intravedere le regole che lo fanno funzionare non è un dettaglio banale, va analizzato e inserito in un contesto se mai. Come sia nato il nostro legame con questa dimensione cosmica è un mistero, ma il legame stesso , non può essere negato.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#11
Citazione di: Alberto Knox il 25 Agosto 2022, 23:23:27 PMbhè, ci sembrava piuttosto evidente che fosse il sole a girare attorno alla terra e non il contrario.
Non è importante che sia il Sole a girare attorno alla terra. L'importante è che tutti ci credono, che sia una evidenza condivisa.
Parimenti non è importante che sia la terra a girare attorno al sole.....
Quello che è importante sapere è che ci sarà sempre una centralità da scalzare.
La prossima potrebbe essere che nulla gira attorno a nulla.
Se ci pensi bene infatti  l'idea che qualcosa giri attorno a una altra non è sostanzialmente diversa dall'idea che ci sia un sopra e sotto.
Un sopra e sotto in effetti c'è, ma solo se tutti ci credono, finché tutti ci credono, perché è una evidenza.
La verità se esistesse non potrebbe che avere carattere di evidenza, ma hai ragione a dire che questo carattere da noi percepito non ci garantirebbe di essere la verità.
Questo credo sia il paradosso insuperabile della verità, che una volta raggiuntala non potremmo essere mai sicuri di averla raggiunta.
A questo punto potremmo anche smettere di cercarla, se non fosse che noi possediamo la capacità di credere e finché la possediamo continueremo ad esercitarla, ponendo fede a qualcosa.
Si potrebbe dire che la fede non è eterna, perché noi la cambiamo, ma si potrebbe anche dire che ogni uomo del suo tempo è caratterizzato dalla sua fede, che quindi cambia quando cambia l'uomo.
La verità non esiste, ma se non ci credessimo non saremmo gli uomini che siamo.
Lo dice uno che alla verità non ci crede, ma che sa' anche che ci sono fedi profonde in noi, di cui non abbiamo coscienza, che non scegliamo, perché non scegliamo di essere quel che siamo, e noi siamo le nostre fedi.

...e a questo punto mi sembra evidente che occorrerebbe approfondire il concetto di evidenza. Cosa è l'evidenza  per te?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#12
Citazione di: Alberto Knox il 25 Agosto 2022, 23:23:27 PM.Non sono di questo avviso, la mia tesi si basa sul fatto che la  scienza funziona , e chi fa la scienza?  noi esseri umani e in che modo, utilizzando la ragione certo e cosa abbiamo usato se no? per decifrare parte del codice cosmico. Questo mette in evidenza un profondo legame fra l'universo e la polvere di stelle animata da esso generata. Il fatto che possiamo riflettere sulla natura dell universo e intravedere le regole che lo fanno funzionare non è un dettaglio banale, va analizzato e inserito in un contesto se mai. Come sia nato il nostro legame con questa dimensione cosmica è un mistero, ma il legame stesso , non può essere negato.
È evidente che per te l'uomo rimane centrale.
Ma è solo un animale che vive dentro alla sua nicchia, e se pure questa nicchia assumesse dimensione cosmica, cosa cambierebbe?
Vuoi misurare la qualità  col metro?
Facciamo a chi ci ha la nicchia più lunga?
A me sembra questo un macismo cosmico.
Chi ti autorizza a pensare  che siccome noi ci rapportiamo con la realtà attraverso la scienza facciamo qualcosa di sostanzialmente diverso dagli altri animali?
Se la tua immagine invece di coincidere con quella di Dio coincide con quella della scienza è cambiato qualcosa mella tua cosmica presupponenza umana?

Detto con simpatia, ovviamente.😁
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Il mondo fisico non si limita a presentare delle regolarità qualsiasi; è ordinato in un senso molto speciale. Sta in equilibrio tramite una serie di forze che si interscano. è innegabilmente complesso ma la sua complessità è di tipo organizzato. Le varie forze della natura non sono solo una congiunzione incoerente di influenze eterogenee, ma si incastrano una nell'altra sostenendosi reciprocamente , in un modo che da alla natura una stabilità e un armonia difficile da catturare matematicamente e quindi ad un insieme di verità evidenti.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 26 Agosto 2022, 00:02:30 AMÈ evidente che per te l'uomo rimane centrale.
Ma è solo un animale che vive dentro alla sua nicchia, e se pure questa nicchia assumesse dimensione cosmica, cosa cambierebbe?
cambia parecchio a mio avviso. L'universo ha generato , attraverso degli esseri coscienti, la consapevolezza di sè. Perchè che cosa siamo noi, se un un pezzo di un universo da dove siamo nati?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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