Parlando di etica, natura, emozioni, in attesa della fine del mondo

Aperto da Koba II, 27 Ottobre 2024, 09:54:43 AM

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green demetr

Citazione di: iano il 23 Novembre 2024, 20:15:17 PMPer un essere sociale l'appartenenza è il vero valore che può assumere diverse vesti, e succede che chi diversamente da noi si veste, anche in presenza della coscienza della relatività delle vesti, a noi non potrà non apparirci eccentrico nel suo abbigliarsi.
Ma è proprio questo l'effetto del relativismo, che negando l'unione con l'assoluto, ossia col Dio, non con il suo sostituo formale, da ripetere a pappagallo, fornisce l'assist a che qualsiasi relativismo possa prendere il posto dell'assoluto.
E infine eccoci alla società del contrario, una società che non si basa sul valore unitario presente in ciascuno, ma quello di una accettazione supina, in nome di disvalori, ossia di una sostituzione del valore con il suo opposto.
Allora si che arriva il socialismo reale, e l'europa nazista senza dimenticare l'Impero, ossia la negazione della libertà, detta ironicamente dalla democratura soft neo-liberismo.
Tutto ciò è dovuto al nichilismo che qui nel forum abbiamo più volte provato ad affrontare.
L'individuo è stato ridotto ad animale, a specie, fra le specie, e dunque alla macelleria intellettuale, che presto diventa macelleria reale.
Ma siccome la macelleria è prima intellettuale che reale, eccoci con il ritorno forte, fortissimo, dell'antisemitismo.
L'antisemitismo è reale. Ma la gente dice che la mela è in realtà una pera.
Nel mio mondo filosofico, la mela non è una pera.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

Citazione di: Jacopus il 23 Novembre 2024, 21:45:45 PME' un discorso antico come la filosofia. Da una parte la posizione eleatica, per cui il "Tutto è uno e non è il molteplice" e dall'altra la posizione socratica, che non vedeva "nulla di strano se qualcuno mi vedesse come uno e molti". (Dal Parmenide di Platone, (128 B, 129 C). Il volersi affrancare dall'inevitabile presenza del tutto e del molteplice (presenza inscindibile) è la causa di molti mali umani e, contemporanemente, di beni. Se l'uomo non si fosse considerato assoluto (ab-solutus) e unico, staremmo ancora nell'Eden, in completa armonia con la natura ma preda della natura stessa e dei suoi sicari (tigri dai denti a sciabola nel macro, e yersina pestis nel micro). Oggi quella assolutezza mostra un volto nuovo, e nuovi sicari. Sicari sistemici e creati dallo stesso apprendista stregone chiamato uomo. Il relativismo ed il molteplice necessariamente emergono da questa incapacità dell'ab-solutus di governare il mondo ed anche da processi culturali, da teorie scientifiche (il relativismo è anche una teoria scientifica piuttosto nota), dalla comprensione che il relativismo baratta certezze in cambio di mitezza dei costumi e della legge.
L'assoluto risiede, giustamente come fa notare Iano, dentro di noi. Non siamo parte di una colonia pluricellulare, ma siamo ognuno di noi separato tragicamente da ogni altro essere vivente. Eppure è vero anche l'opposto. Noi siamo come dice Socrate, uno e molti: unus ego et multi in me è una frase ricorrente nella cultura elleno-latina. Forse l'ha coniata Zenone, ma ha trovato un grande successo, fino ad essere riproposta da M. Yourcenair, quando, due millenni dopo fa parlare l'imperatore Adriano.

Forse il modo più umano (e più difficile) di affrontare questo problema è quello di accettare la coprensenza di assolutismo e relativismo. L'ambivalenza tragica è ciò che ci rende propriamente umani.
Molto interessante per me questo excursus filosofico, per me che ignoro anche questi argomenti basilari della filosofia.
Mi pare che l'essere uno e molti mini l'essere nelle sue fondamenta, e porti acqua al  mulino che macera i miei pensieri, laddove la moltitudine può considerarsi una manifestazione dell'uno, con il quale non possa farsi però coincidere , se univoca non mostra d'essere, cioè se esso non è fatto di molteplicità, ma molteplice e il suo modo di manifestarsi, che in molteplicità appunto si traduce.
La ricerca dell'assoluto è quindi la ricerca di una descrizione univoca della realtà, nella convinzione che la verità, se c'è, noi si possa sperare di affermarla, ma una descrizione assoluta dell'uno è  impossibile ad affernmarsi come vera  se  relativo è il linguaggio col quale si prova a farlo, perchè per quanto noi si cerchi di perfezionarlo, esso resta relativo nella sua essenza.
Possiamo allora attribuire il vero essere solo all'uno, ma anche qui non so quanto sia propria l'attribuzione, in quanto la nostra idea dell'essere si basa sulla distinzione che possiedono le cose, cioè dal fatto che posseggono quei confini di cui la geometria tratta, ma di cui con Platone non riscontriamo poi esistere in modo perfetto nella realtà, senza negarne però Platone l'esistenza, seppur di imperfetta forma.
Ma cosa succede se poi questi confini, più che imperfetti, ciò che Platone non poteva sapere, una volta indagati, non si trovano?
Cioè se la loro caratteristica non è propriamente l'imperfezione, ma il mostrarsi sfuggenti, per cui l'iperuranio non è propriamente separato dalla realtà, ma è un applicazione che  su essa facciamo, credo artificiosamente confini dove  nell'uno , in quanto tale, non ve ne sono, ciò che ci permette di darne una descrizione.
Così quando andiamo a cercare i confini dell'universo impropriamente proiettiamo si di esso la relatività delle nostre descrizioni, perchè i confini son ciò che rendono molteplice l'uno, e non ciò che lo sostanzia, e allo stesso modo, se i confini sono ciò che definiscono l'essere come ciò che da altri esseri si distingue, attribuiamo perciò impropriamente una esistenza all'uno.
Ma se l'uno non esiste allora di cosa stiamo parlando?
Stiamo parlando di ciò che possiamo indurre a partire dalle sue molteplici manifestazioni, le quali hannoproprietà che impropriamente tenderemo ad attribuirgli, identificando impropriamente l'esigenza descrittiva con ciò che descriviamo.
In effetti dell'uno, tutto ciò che sappiamo è che esso si presta a una descrizione , e che questa descrizione non essendo univoca, da ognuna di esse non possiamo trarre proprietà da attribuirgli.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:59:06 PMMa è proprio questo l'effetto del relativismo, che negando l'unione con l'assoluto, ossia col Dio, non con il suo sostituo formale, da ripetere a pappagallo, fornisce l'assist a che qualsiasi relativismo possa prendere il posto dell'assoluto.
Non so se vi sia un assoluto, ma so che vi è,  a quanto pare, una esigenza inderogabile di assoluto, per cui non mi sembra strano che diversi relativismi distribuiti nello spazio e nel tempo ne abbiano preso il posto. Non mi sembra neanche strano che nel susseguirsi di queste attribuzioni di assolutezza, fra l'una e l'altra vi siano momenti di disorientamento che diciamo nichilismo quando impervio sembra il passaggio.
Non nego la possibilità dell'unione  con Dio fuori da ogni formalità, nego solo che ad essa si possa dare appunto una forma assoluta,
perchè una forma assoluta è una contraddizione in termini, essendo la sostanza della forma di essere relativa.
Seppure noi fossimo assoluti per l'unione che si realizza in Dio, ciò non comporta purtroppo in automatico che assoluto sia il linguaggio col quale ne tessiamo le lodi, per cui se una verità esiste noi potremo  sentirla, ma non esprimerla, di modo da far convenire gli altri su ciò che noi sentiamo, se essi già non la sentono a loro volta.
Però questo è quello che, ponendo fede nel fatto che dell'assoluto possa darsi una espressione, proviamo sempre a fare, e ciò si è tradotto in nazismo, comunismo reale, e religioni varie, su cui si fondano le società.
Il mio sospetto è che per animali sociali l'unico vero valore sia solo la società che realizza il loro essere, essendo solo alibi per crearle le fondamenta assolute su cui si prova a fondarle.
Quindi mi chiedo perchè per fondare le società sia inevitabile questo passaggio per l'assoluto.
In effetti è inevitabile solo quando queste società si abbia l'esigenza di allargarle oltre la grandezza per la quale naturalmente si formano, come è la grandezza di una famiglia o di un clan, dovendosi creare in modo artificioso un senso di appartenenza a qualcosa di più innaturalmente esteso, come ad esempio la patria o la nazione, operazione che in qualche modo va in porto, ma non acquisendo mai sembianze di naturalezza, sempre passibile di contestazione.
Inevitabilmente tutto ciò traduce la nostra unione  con Dio in una unione col proprio Dio, realizzando quella relatività che si vorrebbe fuggire.
E non mi convince neanche il tuo disperato sotterfugio di cercare l'assoluto nella saggezza di uomini passati, essendoti evidente  nessun uomo esistente, cioè nel suo presente, mostri di meritare di essere idolatrato, cercando nel passato l'uomo della futura provvidenza, che però quando poi arriva, non manca mai di deluderci.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PMMa non hai risposto proprio a niente, hai solo fatto un giro di parole solo per dire che 2 pere più due pere non fa 4 pere.
Nel mio mondo invece, non quello iperbolico, vedo che ci sono quattro pere.
Attenzione Green , io ho parlato di numeri interi non di pere. E dipende dall ambito matematico che stai usando se una certa operazione fa un certo risultato . Nemmeno nella matematica esiste un assolutismo come puoi pretendere che emerga dai giochi dei tuoi pensieri?
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PMNel mio mondo invece, non quello iperbolico, vedo che ci sono quattro pere.
Ma queste sono verità semplici, che tu veda quattro pere e puoi dire che sono pere e non mele hai detto una verità , ma ci sono due tipi di verità, quelle semplici il cui contrario è ovviamente un assurdo e le verità profonde, il cui contrario, è un altra verità.
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PME quindi distinguo tra te che sei un sofista-relativista e io che intanto comincio a determinare cosa è reale e cosa no.
Attenzione Green, non mi piace quello che hai detto >:( 
Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:22:56 PME quindi di nuovo: il relativismo va combattuto.
il tuo relativismo invece non lo vedi.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: green demetr il 23 Novembre 2024, 22:48:20 PMIl fatto che oggi Dio sia morto, non può essere una scusa, i testi di questi grandi mistici sono ancora lì ad aspettarci.
ma perchè continuate a considerare oggi nel dire che oggi Dio è morto invece ieri..ma ieri che cosa? 
barbari, crociate , roghi , olocausto , persecuzioni , integralismo di destra , milioni di morti, integralismo di sinistra, milioni di morti , estremisti islamici, milioni di morti. Dove nella storia la mano di Dio ha fermato le guerre , le tragedie , gli assassinii , gli attentati , i soprusi , le guerre . quindi non mi saltare fuori con "eh ma oggi dio è morto , l ha detto Nice " ma perfavore. Anzi oggi abbiamo la costituzione che tutela almeno alcuni diritti , ieri non avevamo neache quello. Non si tratta di dire che Dio è morto.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 23 Novembre 2024, 12:11:46 PMChe in matematica ci sono due tipi di affermazioni, ci sono le affermazioni come 2+2 fa 4 e sono quelle che noi dimostriamo con i nostri ragionamenti o il teorema di pitagora ecc. e quelle sarebbero le ragioni della ragione , la ragione che dimostra ma attenzione in matematica non c'è niente in assoluto, non c'è un teorema che vale in assoluto . La somma degli angoli di un triangolo è 180° se siamo nella geometria euclidea 2+2 fa 4 se siamo nell aritmetica dei numeri interi . E questi sono gli assiomi, cioè delle affermazioni non dimostrate da cui si parte  che pascal chiama le ragioni del cuore e perchè lo diceva? perchè per capire quali devono essere le ragioni del cuore , cioè gli assiomi da cui derivare le nostre affermazioni bisogna usare un qualche cosa che non è la ragione che lui chiama "cuore" ma che un matematico chiamerebbe "intuizione" si intuiscono gli assiomi
La notizia buona è che la matematica è assoluta.
La notizia cattiva è che i suoi assiomi sono arbitrari.
E' assoluta, cioè vera indipendentemente dai tempi e dai luoghi, nel senso che assunti certi assiomi la cui assunzione non è necessaria, e applicando una logica precisamente definita, scelta fra tante, otterremo sempre gli stessi risultati, per cui il teorema di Pitagora  era vero per Pitagora, come è vero per noi, e sempre vero sarà, così vero che ... potremmo anche smettere di parlare di verità, facendo ancora un passo avanti rispetto a Pitagora, parlando invece di corretta e verificabile deduzione logica, per cui correttamente il teorema di Pitagora deriva dal fare certe precise assunzioni applicando una precisa logica.

Certo, ci potremmo chiedere, se arbitraria è la scelta degli assiomi, perchè ne scegliamo alcuni. e non altri, e qui effettivamente si potrebbe credere che a questa scelta presiedano le ragioni del cuore, trattandosi di quelle intuizioni che sorgono non si sa come, ma che sorgono comunque da dentro di noi, e possiamo presumere per essi carattere di assolutezza solo se ciò da cui sorgono lo è.
Gira e rigira ciò che io dico assoluto può esserlo solo se io lo sono, e in particolare posso affermarlo solo se il mio linguaggio è assoluto.
La preoccupazione di chi va' in cerca dell'assoluto è solo una preoccupazione rivolta verso di se.
2+2=4, non ha un significato assoluto, se assoluti non sono gli assiomi e la logica da cui lo possiamo deriviare come un teorema, assoluta è la deduzione logica che si fa a partire dagli assiomi. Cioè, scelti gli assiomi e la logica da applicare, la deduzioni che facciamo non derivano più da una nostra scelta relativa, ma hanno un carattere assoluto.
In effetti chi tira in ballo l'esempio 2+2=4, come assoluta verità. sta dando, senza averne necessariamente coscienza, un valore assoluto al suo intuito, perchè nella misura in cui dei numeri abbiamo intuizione, è evidente che 2+2=4 .
E' significativo che si scelga questo come esempio, e non il teorema di Pitagora, del quale invece non si può fare a meno di darne dimostrazione, non apparendoci esso intuitivo.

Il problema è che se tutti questi esempi vogliamo farli ricadere sotto allo stesso quadro teorico al fine di poter affermare che la matematica è una, se non tutto è intuibile, ma tutto si presta ad essere dimostrato, allora dovremo accettare che il dover dimostrare che 2+2=4, non è cosa superflua,  ma necessaria come lo è  dover dimostrare il teorema di Pitagora.

La notizia cattiva dunque è che noi non siamo assoluti, come non lo era Pitagora.
La notizia buona  è che divenendo siamo andati oltre Pitagora e Platone, sebbene alcuni si attardino ancora a replicarne in fotocopia i ragionamenti, incapaci di apprezzare l'aggiuntiva ricchezza che può comportare il divenire, cercando di recuperare quel senso di sicurezza che sempre si perde nei momenti di crisi, nella fissità dell'essere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

E a questo punto a me sorge anche uno scrupolo.
Perchè io mi dovrei adoperarmi a strappare ad alcuni la loro coperta di Linus, se da essa so che dipende la loro salute mentale?
Vero è però che questo scrupolo trova un limite quando provano a propormi quella copertura psicologica come idolo da adorare,  soluzione assoluta a tutti i nostri mali.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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