Parlando di etica, natura, emozioni, in attesa della fine del mondo

Aperto da Koba II, 27 Ottobre 2024, 09:54:43 AM

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green demetr

Per quanto rigurda l'imperativo categorico, credo si tratti di una facoltà del giudizio puro.
Ma è nella ragione pratica che questo imperativo trova applicazione, ossia nella nostra libertà di scelta.
Il puro è ciò che riguarda l'astratto, e così le sue antinomie.
Non è il regno degli uomini e del sentimento, ma è il regno della ragione.
Ma la purezza è semplicemente un prembolo alla scelta non pura della ragione pratica, ossia libera.
Inoltre kant è andato avanti con l'estetica, dove forse il discorso religioso rientra dall'uscio da cui era stata cacciata, ossia appunto da quello della ragion pura.
Vi è anche un opera postuma, dove secondo Baldini lo studioso Hosle ha fatto notare come Kant cerchi di far rientrare nel puro la questione storica, ossia del soggetto, critica che Hegel stesso gli fece, senza veramente riuscirci.

Penso che l'antichità sia un maestro superiore alla modernità, di cui Kant è solo una strana eccezione.(per quanto io non lo sopporti  :D )
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

Citazione di: green demetr il Oggi alle 01:26:58 AMAnche i nazisti erano maggioritari, e così i comunisti, e così i capitalisti-consumisti.
Intendevo una distribuzione unifome media del bene nello spazio, ciò che non esclude concentrazioni del male locali, e il paradosso è che queste concentrazioni sono figlie di imperativi etici che vengono condivisi, tipo predestinazioni razziali e destini divini in generale, mentre non potrebbero avvenire in presenza di una  relatività di opinioni uniformemente  diffusa.
Ovviamente io non credo che dell'andare  alla ricerca di questi imperativi morali, come fai tu, ci sia nulla da temere.
Il mio timore inizia quando, e se, dai risultati della propria ricerca personale si passa poi all'indottrinamento del popolo riuscendoci, perchè in questo modo, nel bene e nel male, vengono a potenziarsi le conseguenze di quella convinzione non più solo personale.
Altra cosa è la reciproca influenza di filosofie che nel dialogo si ibridano fra loro, non compromettendo l'uniformità nella distribuzione della ricchezza di opinioni.
Questa non è solo una mia convinzione, ma una cosa che sento proprio a pelle, così che quando esprimendo una mia opinione trovo qualcuno che vi concordi pienamente, mi chiedo dove ho sbagliato. :)
Mi sento cioè responsabile delle opinioni che riesco ad inculcare nella testa altrui, per cui quando mi sento dire che su nulla di ciò che ho scritto concordano, tiro un sospiro di sollievo.
Non so se succede solo  a me questa cosa, ma è come se la mia libertà di pensiero da quel momento in poi ne venisse condizionata, dovendo rispettare le aspettative che negli altri ho indotto.
Provo soddisfazione invece quando la condivisione  di un mio input diventi motivo di ricerca personale per coloro che lo condividono, e non quindi solo il punto di arrivo.
Una ricerca che possa arrivare a un punto di arrivo definitivo per me equivale alla morte intellettuale, cioè alla fine del piacere di stare qui o altrove a discutere con voi, magari aprendo la bocca per alternare alle parole  fette di salame e gotti di Nero D'Avola. :))
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Citazione di: Alberto Knox il 21 Novembre 2024, 16:58:09 PMMa io questo non l ho mai detto, non mi sono mai permesso di toccare la sacralità della vita di ognuno qui dentro, la tua vita è sacra, cosa c'è di più sacro della vita  e quando uno muore per un altro si dice appunto "sacrificio" in riferimento della sacralità della vita. No Daniele niente è più importante della tua vita , sono 18 pagine che ripeto le medesime cose , ho parlato sull importanza secondo me fondamentale di sentire (e non solo capire) che c'è qualcosa di più grande e di più importante di te ovvero non della tua vita biologica ma del tuo interesse personale, del tuo tornaconto privato, del tuo ego in pratica . A questo mi riferisco ma lo detto più di una volta. Ho fatto anche l esempio di Einstein a riguardo.
Ma kant fonda la sua morale sulla ragione pratica ma nello stesso tempo inchioda la pura ragione alla logica antinomica. che cosa significa? bhè che ci sono tante ragioni per dire si alla vita e altrettante ragioni per dire no alla vita , tante argomentazioni ragionevoli per supporre l 'esistenza di Dio e altrettanti argomentazioni ragionevoli per sostenere la non esistenza di Dio. ci sono ragione per sostere la libertà e ci ragioni per sostenere la non libertà. Ci sono ragioni valide a sotegno del bene e ragioni valide a sostegno del male. Perchè devi fare il bene Daniele? anche quando nessuno ti vede, perchè ? perchè fare il bene se e più conveniente il male? o il non bene, senza tirare in ballo il male, se questo può andare a nostro favore? Se non riusciamo rispondere a questa domanda ogni spiegazione di un fondamento etico rimane monca. Fare il bene ci rende felici forse? non una forzatura forse?
Va bene, non ho usato le tue parole precise, ma la sostanza resta la stessa dato che il mio tornaconto è per certo implicato con la mia vita. In ogni caso non considero la vita come qualcosa di sacro, altra frase fatta molto in voga ad oggi. Per mio conto la vita di chiunque andrebbe doverosamente rispettata in ragione di quanto costui rispetti la tua. A livelli di quello che indichi come mero tornaconto personale ti concedo che se non ho problemi economici restituisco senz'altro il portafoglio, ma non più di questo. Intendi cioè che se fossi come si suol dire "preso con le bombe" non proverei certo vergogna a non restituirlo ... figurati poi un anarcoide come il sottoscritto che potrebbe pure non restituirlo solo per dispetto ideologico.
Per quello che riguarda Kant, che era un credente anche se un po' controverso, l'imperativo categorico non sarebbe sostenibile se non da un credente, a livello teorico però. Perché in pratica è un'altra faccenda. Se proprio devo pensare a Kant infatti me l'immagino come un filosofo che si è nutrito di libri e di corrispondenza con altri, ma che si sia ben poco calato nel tessuto sociale popolare, e dicendo popolare non intendo certo quello dei suoi pari, nonostante fosse figlio di un artigiano. Ma si dice pure che avesse dei grandi pregiudizi nei confronti degli ignoranti. Grave mancanza e probabilmente decisiva. Dall'altra parte invece, quella dell'ateo o agnostico che sia, la libertà di scelta, che sarebbe infine quella che dà legittimazione alla formulazione dell'imperativo categorico, sarebbe completamente insostenibile da un punto di vista logico razionale giacché ogni scelta sarebbe condizionata da qualcosa, vedi sopra la scelta dell'uomo agiato e la scelta dell'uomo "ciapà cóe bombe". Non pensare inoltre che un imprenditore, o pure un operaio, a fronte di una sventura generica che li colga a cinquanta o cinquantacinque anni non possano trovarsi pure loro "presi con le bombe" e di conseguenza mutare certe coordinate relativamente alle loro posizioni etico/morali. E allora ¿a chi dovremo chiedere cosa è bene e cosa è male se non a noi stessi e nel nome del proprio tornaconto di quel momento, materiale o spirituale che esso sia? Magari, dico, fosse così semplice inquadrare il bene e il male come fossero cristallizzabili nella semplice formula dell'imperativo categorico. Alberto, bisogna essere realisti nell'affrontare filosoficamente ciò che chiamiamo realtà. Comunque, mi sembra di cogliere nel tuo pensiero quasi una pretesa a voler identificare dovere e volontà. Se così fosse non sarei certo in disaccordo, ma ne deve passare ancora assai molta di acqua sotto i ponti prima che si possa scorgere la giustezza di una simile identificazione

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