Osservare razionalmente la fede

Aperto da anthonyi, 14 Agosto 2016, 16:57:24 PM

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anthonyi

Un saluto al lettore, il presente post ha un obiettivo, cioè quello di mettere in discussione una visione del rapporto fede razionalità che confina la fede nell'ambito dell'irrazionale e, quasi per reazione istintiva, produce l'idea che la ragione sia una sorta di anti fede.
Affermare che la fede è irrazionale produce un effetto per chi si considera portatore di ragione, cioè quello di renderne difficile l'indagine in partenza.
Partiamo da una definizione di razionalità: "La razionalità è un insieme di leggi che permette di sintetizzare la descrizione della realtà fenomenologica". Questa non fa riferimento ad un noumeno, di qualsiasi genere, e nel contenuto della stessa può essere presente il concetto di Dio o altri concetti metafisici. Dal punto di vista della razionalità, cioè, il concetto di Dio può essere trattato come uno strumento astratto razionale funzionale alla descrizione della realtà.
L'affermazione "Dio esiste" ha una grande importanza per chi crede, ma per chi osserva la realtà con approccio razionale è importante domandarsi: "Il concetto di Dio è utile a spiegare la realtà osservata?"
Il mio parere è che la frettolosa liquidazione del concetto di Dio, che si è realizzata sull'onda della nota affermazione Nietzchiana, abbia limitato quell'approccio cognitivo sul concetto stesso che diventa interessante proprio oggi, per effetto delle notevoli scoperte in campo antropologico, e dell'evoluzione del pensiero sociale.
Parlo di questo perche indagare il concetto di Dio vuol dire indagare il pensiero umano, tenuto conto che Dio è il concetto astratto più importante di tutta la storia del pensiero.
Ora ciò che è pensiero, può essere considerato una sintesi della comunicazione umana. L'uomo di pensiero ascolta quello che dicono tanti, a parole o per scritto, aggiunge quel minimo di esperienza personale diretta, e scrive o dice qualcosa che sintetizzi tutte le informazioni acquisite, per cui se Dio è importante nel pensiero, lo è anche nella comunicazione.
Gli uomini per comunicare usano simboli, simboli che, per essere compresi, devono essere associati a esperienze, dirette o indirette. Ora nel caso di Dio si pone il problema di capire quali esperienze lo hanno prodotto, tenuto conto che si tratta di un ente metafisico e quindi impercettibile.
Il secondo punto è poi la funzionalità del concetto, l'uomo non comunica per caso, comunica perché gli serve a risolvere tanti problemi quotidiani, per cui se Dio è (stato) importante per l'uomo vi è (era) una ragione di utilità. Al riguardo il pensiero sociale propone delle soluzioni, Dio viene spiegato come effetto del bisogno di superare il pericolo ignoto e la morte. E' quella che potremmo definire una spiegazione edonistica. La spiegazione edonistica mi convince poco. Essa ha problemi di coerenza, visto che la storia del pensiero ci ha consegnato molti concetti metafisici non edonistici: spiriti maligni, inferno, un concetto di Dio autoritario e vendicativo.
Ma il problema principale è nell'idea che la felicità sia funzionale all'uomo, mentre in realtà la felicità è solo un sistema di controllo che spinge l'uomo verso azioni funzionali alla sopravvivenza e alla riproduzione e l'alterazione di tale controllo con una felicità artificiale è antifunzionale. Ritornando alla spiegazione edonistica vediamo che se il concetto di Dio riduce la paura del pericolo ignoto riduce anche la motivazione a rendere tale pericolo noto e a difendersi da esso, stesso discorso per la morte, chi non ha paura di morire perché crede in un'altra vita probabilmente vive di meno.



:-X

doxa

#1
Anthonyi  il tuo post è interessante ma per rispondere adeguatamente vorrei dei chiarimenti.
Anthonyi ha scritto:
CitazionePartiamo da una definizione di razionalità: "La razionalità è un insieme di leggi che permette di sintetizzare la descrizione della realtà fenomenologica".
"La razionalità è un insieme di leggi" (?) quali leggi ?
Il sostantivo italiano "razionalità" deriva dal latino "ratio" e significa ragione, criterio, ... nell'agire, nel procedere  in modo consequenziale, facendo uso di premesse iniziali per giungere a conclusioni logiche.
Con "ragione" s'intende la complessiva capacità dell'uomo di "ragionare"; con razionale s'intende lo sviluppo coerente del pensiero. Se i due termini si usano come sinonimi, si afferma che l'individuo ragiona solo se si mantiene nei limiti della razionalità.

Citazione"Il concetto di Dio è utile a spiegare la realtà osservata?"
E' utile per chi crede Dio come creatore, altrimenti è inutile.
Citazionese Dio è importante nel pensiero, lo è anche nella comunicazione.
Perché ? Che tipo di comunicazione ?
Citazionechi non ha paura di morire perché crede in un'altra vita probabilmente vive di meno.

Cioè ? Perché vive meno ?

paul11

#2
Per  non ripetermi (come in altre discussioni) pongo degli elementi di riflessione.
Come in una barzelletta(scusatemi) un indigeno di una tribù  dell'Amazzonia, un ateo razionalista e un razionalista credente osservano nello steso momento e insieme dallo stesso punto di vista una cometa.
Probabilmente l'indigeno amazzonico lo interpreterà nella sua spiritualità animista o panteista come un segno di una divinità. L'ateo e il credente razionalista sono accomunati dall'essenza del fenomeno, per cui se conoscono l'astrofisica ridurranno quel fenomeno ad un'equazione di una traiettoria di un bolide astronomico.Ma il credente e razionalista non si ferma all'essenza del fenomeno ricondotto al ragionamento logico in cui tutto è leggibile scientificamente nel momento in cui è riconducibile ad una operazione matematica. L'ateo si ferma alla matematica del fenomeno credendo che sia il fenomeno stesso, ma il credente deve legare fenomeno, essenza matematica in regola totale universalistica.
Ma soprattutto , siamo sicuri che l'indigeno animista sia meno razionale dello scienziato?
Lo scienziato può dire con assoluta certezza di avere capito tutto di quella cometa e riconducendolo all'essenza matematica di una formulazione predittiva e deterministica (perchè per lui questo è conoscenza, solo questo); ma di più, userà lo stesso metodo e metro per giudicare l'indigeno animista e il credente razionale: ovvero quale formula matematica identifica Dio? Godel da credente provocatoriamente fece la dimostrazione logica di Dio.

Il credente razionale occidentale non può fermarsi al determinismo del finito, di ciò che appare e scompare alla vista e all'osservazione. L'ateo razionalista finito di  osservare fisicamente la cometa, ha finito il suo compito e beatamente se ne va. I due credenti, seppur in maniera diversa si fermeranno ad osservare il cielo, gli altri astri, le stelle. Si chiederanno silenziosamente il rapporto fra loro stessi, la cometa e l'universo.Se ne andranno finita la riflessione con delle domande,ma alcune certezze.  Perchè la cometa è dentro un cielo con miliardi di stelle e la cometa non può essere essenza senza relazionarla al cielo e alla stelle e l'uomo non può essere solo uomo se non si relaziona alla cometa, al cielo e all'universo.

Il razionalismo non è l'uso della ragione per fermarsi all'epifenomeno e trovarne una legge fisica espressa matematicamente, quella è scienza costruita secondo una procedura atta ad isolare il fenomeno dal contesto e si ferma lì, perchè tutto è isolato dal contesto e così si costruiscono innumerevoli discipline scientifiche, come se la nostra coscienza obbedisse ad una regola dei compartimenti stagni.Noi non funzioniamo come la scienza e la scienza non risponde al sistema di relazione del Tutto che è deduttivo oltre che induttivo.

acquario69

anch'io trovo interessante l'argomento e condivido complessivamente le cose che dice antonyi.

completamente d'accordo sul fatto che la fede venga per lo più ritenuta qualcosa di irrazionale e che ne pregiudica così l'indagine già in partenza e quindi la stessa possibilità di comprensione.

innanzitutto credo sia fondamentale non confondere la fede con la semplice credenza.
la fede e' a mio avviso e innanzitutto una questione di "orizzonte intellettuale" e la credenza sarebbe solo da ostacolo,poiché subentrerebbe il sentimento umano.
altresi insieme alla credenza ci sarebbe anche l'erudizione,anch'esso un ostacolo e che anzi contribuisce di solito a rovesciare gli stessi termini in questione,ritenendo che avere più informazioni corrisponda ad una maggiore conoscenza.

cio che supera entrambe queste posizioni e ne permetta la "visualizzazione" e' la ragione,che e' una facoltà umana MA che farebbe solo da MEDIATRICE all'intelligenza (che e' universale e non umana)

la fede e' l'aver sgombrato prima il campo da tutte le interferenze umane

anthonyi

Rispondo a altamarea, in ordine:

1)   Quali leggi? Quelle che ci metti dentro, sono intese come leggi funzionali ad un utilizzatore che le percepisce come tali.   Tra razionalità e ragione effettivamente io li uso come sinonimi, ma in virtù della definizione di razionalità data, direi molto debole e quindi ampia, potremmo anche dire che l'individuo ragiona solo se usa la razionalità.
2)   Io ho posto l'utilità del concetto di Dio come possibile, ma comunque il problema non è la fede, perché qui il riferimento è sempre la realtà fenomenologica. Abbiamo detto che la razionalità è un insieme di leggi che si applicano alla realtà definendo relazioni tra eventi che si realizzano nel tempo, possiamo parlare di razionalità causale, quando un fatto precedente causa un evento successivo, possiamo parlare di razionalità finale quando un fatto successivo "causa" un evento precedente (nel senso che l'evento precedente è stato prodotto al fine di realizzare l'evento successivo) e qui può entrare in gioco il concetto di Dio che è supposto come un'entità razionale che agisce in funzione di un fine. Tale supposizione può comportare la spiegazione di una serie di eventi che hanno difficoltà ad essere spiegati da altre leggi di razionalità, e che visti alla luce di tale supposizione risultano spiegati. Si tratta ne più ne meno di quello che viene fatto per le teorie scientifiche, si suppone un modello teorico, poi si osserva la realtà e si confronta. Questo modo di procedere, che fondamentalmente si rifà al Rasoio di Occam, comporta che l'ipotesi sia verificata o falsificata, e quindi è compatibile con il falsificazionismo Popperiano.
3)   Con comunicazione intendo tutte le comunicazioni tra esseri umani.
4)   La paura di morire ci serve a stare attenti nelle situazioni di rischio, se io non ho paura di morire perché credo che continuerò a vivere, starò meno attento e con più facilità metterò un piede in fallo.

Rispondo a Paul11

Non sono d'accordo sulla visione schematica della scienza. La scienza certamente produce isolamento dal contesto per ragioni di efficienza della ricerca, ma poi le conoscenze separate si riportano in relazione, o almeno dovrebbero. Concordo sull'intelligenza umana che è relazione con il tutto.



Phil

Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2016, 00:14:56 AML'ateo razionalista finito di osservare fisicamente la cometa, ha finito il suo compito e beatamente se ne va
Come postilla, ricorderei che lo scienziato non è sempre solo un calcolatore umano, ma può avere anche una dimensione estetica (atea) che gli fa alternare le ricerche razionali del giorno con le sognanti divagazioni estetiche della notte, passando dalla luce fredda dello schermo di un pc al tremolio sognante della fiamma di una candela (v. l'epistemologo Bachelard...). Quel "beatamente", pur scevro dalla beatitudine religiosa, talvolta cela un godimento estetico del sublime che va ben oltre lo studio del moto dei corpi celesti...

memento

#6
Affermare che la fede (la credenza in enti soprannaturali) sia irrazionale o irragionevole non significa implicitamente ritenere che essa rientri nel campo dei fenomeni "inspiegabili",ma che anzi anch'essa possa essere legata a dinamiche sociali,psicologiche e comportamentali ben connotate,riscontrabili in ogni comunità umana fin'ora esistita,forse come condizione necessaria?

Penso sia poco plausibile l'origine della fede come sentimento sorto spontaneamente dall'individuo uomo (anche ritenere che religione e fede siano questioni meramente individuali lascia il tempo che trova..),data la natura effimera delle credenze e superstizioni in genere. Più verosimile è che la fede sia il prodotto di una coercizione del pensiero,per cui un'interpretazione della realtà finisce per predominare sulle altre,a seguito di sacrifici e torture sia fisiche che psicologiche,fino a canonizzarsi e diventare tradizione di un popolo; in questo senso noi osserveremmo solo il momento positivo di una religione,la sua riuscita,che è ciò che poi viene effettivamente tramandato.
Lungi dall'essere priva di connotati politici,la religione è il più efficace strumento di potere in dote a un regnante.L'utilità dell'idea di un dio è proprio quella di rafforzare e rinsaldare uno stato,una legge,un'istituzione,concedendo lei aiuti e privilegi sopra-naturali,davanti ai quali si può solo abbassare lo sguardo prima di inchinare anche la testa...

paul11

Phil
e come lo spiega lo scienziato la sua gioia? C'è una formula matematica, è prediittiva è deterministica?

memento
e siamo di nuovo alla spiegazione antropologica della religione, della fede. Ovvero riconduciamo al fenomeno sociale da baraccone,riduciamolo ad un neurone impazzito.
Quella stessa razionalirà scientifica che nemmeno sa spiegare la coscienza dovrebbe riuscirmi a "inquadrare"
mentalmente come un fenomeno?Semplice, lo chiama irrazionale perchè non lo sa spiegare , è fuori dal suo beato dominio. Adatto che non è nemmeno spiegabile psicanaliticamente, perchè la scienza ha ucciso la psicanalisi passando al farmaco o "chattando" con uno psicologo.

Phil

Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2016, 21:17:45 PMPhil e come lo spiega lo scienziato la sua gioia? C'è una formula matematica, è prediittiva è deterministica?

Dipende dallo scienziato; in generale, direi che il "razionalista ateo" non diventa necessariamente sordo alla musica o cieco di fronte alla bellezza... essere razionali in alcuni ambiti non significa sempre essere condannati a ridurre tutto, ogni esperienza, a calcoli, grafici e affini... citavo appunto Bachelard come esempio di chi ha vissuto e (de)scritto questa bidimensionalità complementare...

Inoltre, come già accennato in altro topic, sembra che la neuroestetica stia demistificando "l'esperienza del bello", immanentizzandola a processi neurologici... di cui tuttavia non è necessario essere consapevoli per godersi le sfumature di un bel tramonto... vogliamo proprio spiegare la piacevolezza di quella visione? Allora forse la spiegazione di quell'emozione conviene comunque cercarla nella "concretezza" di chi la vive, piuttosto che nel "vuoto" del cielo che la ispira  ;)

Jacopus

Il problema fondamentale in questa discussione è "che tipo di razionalità"? Nel medioevo tanti autori hanno cercato di giustificare razionalmente l'esistenza di Dio. E' la razionalità scientifica che, dal seicento in poi, ha chiuso ogni discorso sulla razionalità di Dio. La cosa buffa è che la razionalità scientifica è assurta, nella percezione comune, nella nuova divinità. Una divinità prosaica, dove ai miracoli si sono sostituiti i trapianti degli organi, per carità molto più efficaci dei miracoli ma "tecnici", "funzionali".
Non credo che le religioni siano strumenti di coercizione che la tradizione tramanda in modo automatico. Le religioni sono sistemi di pensiero complessi che rispondono ad esigenze molto diverse fra di loro, fra cui ovviamente anche ad esigenze extra-spirituali. La mia posizione è che le religioni tradizionali vadano superate per il bene dell'umanità, ma senza il trionfalismo di chi crede di avere la verità in tasca. La morte di ogni Dio non è mai indolore. In qualche modo produce una perdita di senso, una fine di identità che non si recupera facilmente.

Mi piace paragonare la storia umana al cervello dell'uomo che è composto da più strati. Si dice che il cervello dell'uomo in realtà siano tre cervelli.  http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/la_teoria_dei_tre_cervelli

Ebbene  l'ultimo, quello della neo-corteccia, lo possediamo solo noi primati e noi homo-sapiens in modo particolare. E' la parte del cervello in grado di soppesare i pro e contro di ogni azione, di sviluppare sofisticate valutazioni astratte, di socializzare con un elevato numero di membri della stessa specie. E' anche qui che nascono "organicamente" i presupposti della morale e della religione. Quindi le capacità più evolute del cervello hanno creato le religioni. Oggi sono passati dai 10.000 ai 6.000 anni da quelle invenzioni importantissime e nel frattempo molto altro è accaduto.
Il pensiero umano è diventato più irriverente ma comunque più critico e capace di oltrepassare ogni "ipse dixit" alla luce del ragionamento, della dimostrazione. Questo però ci ha lasciato orfani. In fondo quell'ipse dixit era come un padre che  ci proteggeva da noi stessi e dalla nostra presunzione. Oggi assistiamo a questo continuo baccano di tanti galli che cantano, senza che si fa mai giorno.
Occorre forse fare un passo avanti, verso una umanità che scopra l'efficienza della neocorteccia e sappia comprimere sempre più gli impeti passionali provenienti dall'amigdala e dall'ippocampo. Dio non è altro che un riuscito mix fra questi cervelli dell'uomo e ci ha aiutato nella nostra evoluzione per molte migliaia di anni.
Allora, per tornare in tema, mi chiedo se non sia possibile un mondo senza divinità ma umile, prudente, che si faccia carico del mondo e dei suoi tesori che sappia applicare gli insegnamenti religiosi in modo laico, senza farsi trascinare in un mondo tecnico apparentemente razionale ma che è esattamente il contrario della razionalità. In questo modo penso si possa osservare razionalmente la fede in Dio. Come un padre, che ha svolto il suo compito e lascia il testimone al figlio. Il figlio però non dovrebbe esultare di questo passaggio ma conservare il ricordo del padre e accettarne la sua storia umana, nel bene e nel male.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

Citazione di: Phil il 15 Agosto 2016, 22:02:40 PM
Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2016, 21:17:45 PMPhil e come lo spiega lo scienziato la sua gioia? C'è una formula matematica, è prediittiva è deterministica?
Dipende dallo scienziato; in generale, direi che il "razionalista ateo" non diventa necessariamente sordo alla musica o cieco di fronte alla bellezza... essere razionali in alcuni ambiti non significa sempre essere condannati a ridurre tutto, ogni esperienza, a calcoli, grafici e affini... citavo appunto Bachelard come esempio di chi ha vissuto e (de)scritto questa bidimensionalità complementare... Inoltre, come già accennato in altro topic, sembra che la neuroestetica stia demistificando "l'esperienza del bello", immanentizzandola a processi neurologici... di cui tuttavia non è necessario essere consapevoli per godersi le sfumature di un bel tramonto... vogliamo proprio spiegare la piacevolezza di quella visione? Allora forse la spiegazione di quell'emozione conviene comunque cercarla nella "concretezza" di chi la vive, piuttosto che nel "vuoto" del cielo che la ispira ;)

E' quì che sbagli phil.
per lo scienziato l'arte è astratto, per me è concreto come il cielo, perchè la bellezza è un'essenza quanto il legame di una molecola per un fisico.Solo che il neuroscienziato lo ridurrà a sinapsi e neuroni oppure il fisico il suono in altezza, intensità e timbro e un matematico in un rigo musicale,ma nessuno saprà spiegarmi il meccanismo di una sinfonia di Beethoven ,perchè non è determinabile e neppure riproducibile in una formula la bellezza.
L'astratto è semmai l'idea che l'essenza del fenomeno sia una verità in sè, vale a dire si originae finisce lì come isolato e particolare, quando la bellezza del fenomeno musica è riconducibile anche alla visione di un cielo, così come di un quadro di un pittore e così via.

La bellezza non è là fuori dentro i fenomeni , loro la esprimono (suoni,colori, forme,ecc)siamo noi a raccoglierne i significati.

memento

#11
Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2016, 21:17:45 PMmemento
e siamo di nuovo alla spiegazione antropologica della religione, della fede. Ovvero riconduciamo al fenomeno sociale da baraccone,riduciamolo ad un neurone impazzito.
Quella stessa razionalirà scientifica che nemmeno sa spiegare la coscienza dovrebbe riuscirmi a "inquadrare"
mentalmente come un fenomeno?Semplice, lo chiama irrazionale perchè non lo sa spiegare , è fuori dal suo beato dominio. Adatto che non è nemmeno spiegabile psicanaliticamente, perchè la scienza ha ucciso la psicanalisi passando al farmaco o "chattando" con uno psicologo.


Il topic si intitola "osservare razionalmente la fede",non credo di sbagliare se presumo che fosse questo l'approccio richiesto (storico-antropologico).

I fenomeni non sono razionali o irrazionali,le spiegazioni lo sono. 
Gli unici limiti della scienza e della conoscenza in generale sono gli strumenti razionali,che in quanto esseri umani non possiamo rinunciare ad utilizzare,e che concentrano (definendone il dominio),ma al tempo stesso restringono la straordinaria varietà dei fenomeni di cui fare tesoro ed esperienza.

Sull'ultima frase no comment.

Phil

Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2016, 01:18:05 AMil neuroscienziato lo ridurrà a sinapsi e neuroni oppure il fisico il suono in altezza, intensità e timbro e un matematico in un rigo musicale,
Concordiamo tuttavia che il neuroscienziato, il fisico e il matematico possono apprezzare l'arte a prescindere dalla loro capacità di analizzarla... vero?

Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2016, 01:18:05 AMma nessuno saprà spiegarmi il meccanismo di una sinfonia di Beethoven ,perchè non è determinabile e neppure riproducibile in una formula la bellezza.
Si può spiegare con la disciplina chiamata "armonia" che studia i criteri della composizione musicale (banalizzando: distingue l'armonico dal dissonante-stonato...). Così come la bellezza visiva ha i suoi canoni (proporzioni, uso dei colori, linee, etc.). Poi c'è la dimensione soggettiva e "de gustibus", ma anche quella ha sempre una spiegazione, seppur vaga e certo, talvolta, irrazionale...

Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2016, 01:18:05 AMLa bellezza non è là fuori dentro i fenomeni , loro la esprimono (suoni,colori, forme,ecc)siamo noi a raccoglierne i significati.
Esatto, per questo dicevo che
Citazione di: Phil il 15 Agosto 2016, 22:02:40 PMforse la spiegazione di quell'emozione conviene comunque cercarla nella "concretezza" di chi la vive, piuttosto che nel "vuoto" del cielo che la ispira ;)

anthonyi

Rispondo a memento 6

L'affermazione di irrazionalità implica istintivamente una riduzione della spinta a cercare una razionalità, in tal senso riduce le potenzialità cognitive.

L'idea di una religione che si sviluppa tramite una coercizione del pensiero mi convince poco, la coercizione è sicuramente efficace nel mantenimento di tradizioni già affermate nei confronti di parti devianti, ma non possiamo pensare che un solo individuo abbia imposto a tutto un popolo determinate credenze. Al riguardo si può portare l'esempio del faraone Akhenaton, che cerca di cambiare la cultura religiosa Egiziana, e si ritrova ad essere soggetto alla damnatio memoriae. Nel caso delle due religioni che hanno avuto più successo negli ultimi 2000 anni, in entrambi i casi, non vi è coercizione nelle fasi iniziali, ma vi è il tentativo da parte delle religioni preesistenti, di boicottarle.

A volte un potente può usare la fede per consolidare un potere, ma questo vale sempre e comunque per religioni già affermate che quindi vengono opportunisticamente accettate (Parigi val bene una messa). Bisogna però capire tutti quei meccanismi nei quali è il potente stesso che si sottomette alla religione, si potrebbe partire dai generali Romani che dopo il trionfo dovevano salire in ginocchio le scale del tempio di Giove Capitolino, dall'unzione sacra che dovevano ricevere i re d'Israele, per andare all'incoronazione che Re e Imperatori medioevali dovevano ricevere dai vertici della Chiesa. Concordo sul fatto che la religione produce un'identità collettiva e favorisce la formazione istituzionale, ma non a favore di poteri accentrati: "In God We trust" così recita l'incipit della Costituzione Americana, cioè l'atto che ha caratterizzato il primo sovvertimento stabile di un sistema di potere monocratico dai tempi della Repubblica Romana.

Rispondo a paul11 7

Perché la spiegazione antropologica della religione e della fede dovrebbe essere un fenomeno da baraccone. Se esiste una origine storicamente, fisicamente o geneticamente rilevabile deve essere indagata, anche perché, nel caso in cui non si dovessero trovare spiegazioni adeguate, questo avvalorerebbe ancor di più ipotesi alternative "spirituali".

Rispondo a Jacopus 9

Riguardo al tuo pensiero che le religioni andrebbero superate io ti propongo il pensiero di un padre della modernità Giordano Bruno il quale, con una visione elitaria, era convinto che i dogmi erano per il popolo, per tenerlo sotto controllo, ma non erano per i dotti e i filosofi che avendo coscienza e conoscenza potevano farne a meno. Per cui tutti coloro che hanno e reputano di avere coscienza e conoscenza possono andare oltre. Quando tutti avranno coscienza e conoscenza il problema sarà risolto.

Quando tu parli dei presupposti della morale e della religione io differenzierei. Le religioni sono composte anche di sistemi morali la formazione dei quali è spiegabile dal punto di vista biologico e dei quali troviamo traccia anche in altri animali superiori. Ma la caratteristica della religione è quella di costruire un immaginario inerente un altro mondo diverso da quello percepibile e questo è secondo me assai più difficile da spiegare.   

paul11

#14
Citazione di: anthonyi il 16 Agosto 2016, 18:36:36 PMRispondo a paul11 7 Perché la spiegazione antropologica della religione e della fede dovrebbe essere un fenomeno da baraccone. Se esiste una origine storicamente, fisicamente o geneticamente rilevabile deve essere indagata, anche perché, nel caso in cui non si dovessero trovare spiegazioni adeguate, questo avvalorerebbe ancor di più ipotesi alternative "spirituali".  

Il tuo ragionamento è euristico, scegliere un'alternativa che appare credibile in mancanza di un'altra?
Allora quale sarebbe il paradigma di verità, il criterio di giudizio dell'antropologia contemporanea sulla storia e nello specifico sulle religioni. Le scienze antropologiche su quali altre discipline scientifiche si fondano?
Le mie sono domande retoriche, perchè nessun antropologo contemporaneo è in grado di descrivere "scientificamente" in modo razionale la religione-
1) il razionalismo non nasce nella modernità
2) quando compare cronologicamente il cristianesimo ad esempio vi erano già tutte le premesse delle scienze, vi erano tutte le arti, si edificavano le sette meraviglie(se non ricordo male), c'erano le urbanizzazioni, acquedotti, archi a tutto sesto,  strade, ponti,il diritto romano ecc. e non scuole con tetti che cadono e autostrade da asfaltare ogni anno, e ad ogni piena cadono ponti..

Ritenere che le religioni essendo legate al "tempo antico" siano state costituite da uomini scimmia è una cantonata tipica di chi ha fatto credere che oggi siamo più liberi, più progrediti, piiù evoluti,santificando le ideologie dell'evoluzionismo e del progresso. Questo uomo libero di oggi è più prigioniero di quello antico.
L'antropologo vede ideologicamente la storia con gli occhiali distorti che gli ha consegnato l'ideologia scientifica contemporanea.

Per chi ha voglia di verificare la razionalità nella fede in questo caso cristiana si studi  un testo di teologia della scolastica o di Tommaso d'Acquino con il ragionamento logico deduttivo

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