Ontologia, ovvero come perdersi nel non essere

Aperto da bobmax, 04 Luglio 2024, 06:44:40 AM

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Phil

In realtà, suggerire che due "approcci" non vadano confusi (v. sopra) non significa che uno non c'entri nulla con l'altro o che non ci siano persino punti di tangenza. L'importante è, sempre secondo me, non cucinarsi un indigesto minestrone a base di: «Ma il non senso della vita è gnoseologico o epistemologico?», poiché non è di quella "nausea da minestrone" che parlava Sartre... forse proprio uno dei pensatori più adatti per capire che l'esistenzialismo non è una gnoseologia e la poesia non è psicologia (dove il «non è» è un invito a non fare con-fusione, ma non certo per rinnegare che l'uomo sia punto di convergenza e, al contempo, di partenza di differenti analisi e discipline).

iano

#91
La filosofia del tempo influenza la ricerca scientifica, perchè da forma alla mentalità dello scienziato che decide quale ricerca fare.
A cosa serve un sistema filosofico che supera il precedente negandolo non potendolo falsificare?
I sistemi filosofici di fatto sembrano alternarsi senza un vero motivo, ma nella misura in cui partecipano alla cultura del loro tempo indirizzano di fatto la ricerca scientifica, come se ci fosse un coordinamento fra i diversi ricercatori, pur lavorando in modo indipendente, possedendo essi la stessa forma mentis.
I filosofi possono fare le ipotesi più assurde, ma ciò che conta poi è quanto queste idee penetrano nella cultura modificando il senso comune, cioè la condivisa visione della realtà.
In  questo processo la verità è un catalizzatore che lo favorisce, ma che non appare mai nei risultati finali, e non apparendo  perciò i filosofi cambiano i loro sistemi, essendo la frustrazione il motivo del cambiamento.
Tutto questo processo una volta si chiamava filosofia naturale, e nessuno ci impedirebbe di chiamarlo ancora così, se non fosse che essendosi frantumato in diverse discipline, ognuno tende ad esaltare la propria specializzazione, e gli scienziati vincono facile , perchè non è difficile negare i contributi di una filosofia che agendo per vie traverse, sono difficili da documentare.
Comunque si voglia caratterizzare la filosofia, come etica e come metafisica, è una sua diminuzione, essendo prima questi tutti suoi capitoli, compresa la fisica.
Seppure il processo nella sua complessità non si presta a una precisa descrizione uniforme, dobbiamo comunque sforzarci a pensarlo nel suo insieme.

Lo stesso raccontare il processo come opera di grandi nomi non aiuta, ma allo stesso tempo non abbiamo altro modo di raccontarlo se non semplificando quello che è un processo che coinvolgendo l'umanità intera non può essere diversamente raccontato, e sarebbe utile di questo fatto non perdere mai coscienza, rischiando davvero di arrivare credere che il processo umano possa declinarsi in pochi nomi di geni, come qualcosa che stia metà fra noi e Dio.
 
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Quando citiamo un ''grande nome'' facciamolo possibilmente se quella citazione abbiamo fatto nostra, evitando di alimentare il culto della personalità.
Questo non significa che dobbiamo disconoscere l'autorevolezza di certi personaggi, appoggiandoci su di essi, ma il tutto non si può ridurre solo a ciò.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Anche i nostri dialoghi sul forum a seguito dei quali ognuno resta della sua idea sembrano inconcludenti.
Secondo me però non è così, Restare tutti con le nostre idee senza modificarle non è una sconfitta dello strumento dialogico, seppur non condividendo le altrui idee le comprendiamo, perchè  riusciremo a comprenderle solo se avremo sintonizzato le diverse forme mentis, che è una condivisione di un livello più profondo, e che ha il significato di stare facendo un percorso insieme, pur restando ognuno con le sue idee a conferma della propria individualità , il cui compito appunto è quello di essere portatrice di ricchezza di idee, nella diversità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

È impressionante come l'affermarsi della ontologia, conoscenza sistematica della realtà, comporti una diffusa cecità.
Più ci si convince, tramite l'ontologia, di aver compreso cosa sia il mondo, e più passa inosservata la profondità del reale.
Si diventa certi di aver capito!

E poiché ciò che si crede di capire è di per sé vuoto di senso, allora si conclude che la vita non ha senso.
E affinché non abbia senso, si nega la Verità!
Perdendosi così nell'assurdo. Perché tutto si può negare, ma non la Verità.
Non rendersene conto mostra la piena dimenticanza dell'Essere e, perciò, di se stessi.

L'esistenzialismo non è che una espressione di questa deriva.
Perché sebbene sempre si tratti di nichilismo, vi è qui un ulteriore peggioramento rispetto al nichilismo di un Leopardi o di un Nietzsche. Dove ancora primeggiava lo spirito. Uno spirito disperato, di fronte al mondo, ma ancora combattivo.
Viceversa con l'esistenzialismo lo spirito è ormai sconfitto. Capace solo di sotterfugi, magari per continuare a vivere comunque, ma pure per suicidarsi.

Suggerire di leggere Camus a giovani sotto i vent'anni, dovrebbe essere considerato un reato perseguibile penalmente.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

#95
@knox

Se parlo di epistéme al plurale, significa che anche l'epistemologia lo è. E, alla fine del Tractatus, lo riconosce anche LW. Qui si tratta di prendere posizione sulla unicità o molteplicità dei saperi, con conseguenze sull'ontologia e sull'evoluzione storica del concetto di "essere", nello specifico del discussione. Ovvero: come non perdersi nell'essere.

Il "senso della vita" è totalmente fuori dall'ontologia fisicalista, e richiede un "mestiere" epistemologico diverso che a sua volta produce un sapere diverso su oggetti storici diversi dalla scienza naturale.

Fin da Eraclito si è colta l'aporia dell' "essere", confermata dall'evoluzione delle scienze naturali e di quelle umane, che possono, da Nietzsche in poi, ritorcere l'accusa di nichilismo a chi continua a perseguire i fantasmi del "mondo dietro (e sopra) il mondo", anche nelle forme dei feticci della modernità. Tra cui: la Scienza.

Tutta fenomenologia fuori dall'ambito ontologico delle scienze naturali. Ontologia in divenire, di cui si cercò la soluzione fin dai tempi di Platone e Aristotele, e nella filosofia orientale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: Phil il 30 Agosto 2024, 21:12:12 PMLe questioni risolte in modo perentorio non sono necessariamente tali solo per dogmatismo, anzi il dogmatismo è perlopiù un modo per non risolvere davvero una questione, ma solo per smettere di affrontarla (il che presuppone esattamente che non abbia già avuto chiara e condivisa risoluzione). Quando Koba II chiede se la filosofia «Apporta conoscenza oppure no? Studiando la tradizione arrivo a conoscere qualcosa del mondo...» e gli rispondo che «La risposta è già stata data (e viene per ora confermata) dalla storia» siamo all'antitesi del dogmatismo, ossia alla mera constatazione. Il dogmatismo ti dice «è così, fidati e non chiedermene le prove», mentre l'appello alla storia afferma «è (stato) così, se non ti fidi consulta pure le fonti storiografiche, sono pubbliche e in tutte le lingue». Nel dettaglio, il fatto a cui mi riferivo, ossia che «La filosofia ha contribuito alla conoscenza, in senso contenutistico, sempre meno; con il consolidarsi di discipline specializzate...» non è un dogma, ma un'evidenza storica (sempre fino a prova contraria).
Sul resto del tuo discorso, come detto, sostanzialmente concordo: restando pragmatici, considerando l'umana tendenza a «produrre attribuzioni di senso per questioni vitali»(cit.), non resta che essere governati da altri (o scendere in politica, oppure fare gli eremiti), con la consapevolezza che il passaggio "dall'utopia alla localizzazione", dalle promesse elettorali ai decreti, etc., comporterà inevitabilmente qualche boccone da ingoiare, non ugualmente amaro per tutti, proprio perché non siamo in un'utopia (e comunque non abbiamo tutti la stessa "bocca").


Non c'entra nulla col tuo discorso, essendone invece solo una conseguenza di quanto già stabilito. Bene. Devo dire che sei riuscito a spiazzarmi. Posso solo sperare che la formula che condivido (citandoti): "Il falsificazionismo funziona in ambito epistemologico, mentre in ambito esistenziale è inevitabilmente preda delle aporie proprie dei meccanismi di attribuzione di senso, la cui assolutizzazione è costitutivamente e strutturalmente u-topica", sia questa formula appunto e in un certo senso "farina del tuo sacco" e non sia invece già di dominio in ambito Accademico. Il mio timore infatti, già in quel nucleo di un dialogo che postai nel tema filosofico "esistenza e conoscenza" più di tre anni fa, veniva così espresso:
"- Caspita! Sicuramente hai fatto scoperte inaudite per produrre pensieri sì nebulosi. In ogni caso non mi hai ancora detto nulla.
- Perché ho paura che siano scoperte fasulle, tra l'altro sarebbe solo una la scoperta ... O peggio! Temo che lo sappiano tutti, la scienza intendo, e che anche sapendolo ciò non abbia prodotto nulla di fruttuoso ... E ti assicuro che si tratta senz'altro di una bella avventura psichica ... Naturalmente io non ho contatti con filosofi, antropologi, psicologi, neuroscienziati e via dicendo ... dico ... si fa presto a scambiar la luce della lampara per quella della luna.".
Quindi, nella malaugurata ipotesi che sia di dominio dell'Accademia, potresti fornirmi qualche succinta coordinata sulla disciplina che la formulò, sul modo e sul tempo storico in cui è stata accettata?
Fermo restando che tale formula sia comunque informativa e di natura filosofica, dato pure che io sono giunto alla medesima conclusione senza metodo alcuno che non sia quello selvaggio

Ipazia

#97
Citazione di: Phil il 30 Agosto 2024, 10:35:03 AM@Ipazia
La domanda di Koba II era precisa: la filosofia apporta conoscenza? La mia risposta è che, a livello contenutistico, non apporta alcuna conoscenza oggettiva e non va dunque sopravvalutata (infatti non ci sono esempi di conoscenze, come contenuti oggettivi, dovuti direttamente all'epistemologia, essendo essa pensiero sul metodo, non attività con "le mani in pasta"). Chiaramente scienziati di tutte le epoche non sono estranei a riflessioni epistemologiche, ma per onestà bisogna ammettere che non sono gli architetti a costruire case: quando si parla di mettere mattoni e collaudare impianti, riconoscere che non è roba da architetti non è un'offesa alla categoria degli architetti (che, come già ricordato, hanno un altro mestiere, sicuramente importante, ma differente). Se mi dipingi come detrattore dell'epistemologia, tratteggi una caricatura infelice: non ho mai ritenuto l'epistemologia "figlia di un dio minore", ma se si parla di contenuti (per come ho interpretato la domanda di Koba II), resta nettamente e programmaticamente "fuori gioco".

Se spostiamo il discorso sui contenuti bisogna definire i contenuti, tra l'altro "oggettivi". Il lavoro intellettuale è noto fin dai tempi di Marx e l'Architetto, a differenza dell'ape, apporta un suo contenuto incontrovertibile all'opera materialmente eseguita dal manovale.

In un'epoca di "produzione di merci a mezzo di merci" che dai tempi di P.Sraffa si è evoluta in "a mezzo di codici" (perfino in assenza di manovale, nell'ordinaria esecuzione), il "contenuto oggettivo" si è sempre più smaterializzato e la parte intellettuale del lavoro, amplificata.

Parte intellettuale del lavoro che non può prescindere dai contenuti di sapere, anche filosofico, del produttore-inventore, in particolare per la "causa finale" del suo operare. Senza trascurare la metafisica che sottende la "causa efficiente" che orienta ricerca e tecnologia. Il tutto avvolto in una nube matematica che procede per tentativi nello sfondamento del muro di oscurità gnoseologica della "ricerca fondamentale", che sarà magari per le abbondanti vaccinazioni di fisicalismo, ultimamente segna il passo, per non dire di peggio .

Per quanto si facciano profusioni di oggettività nel distinguere i "mestieri", il legittimo sospetto che l'impostazione filosofica "fisicalista" pesi, rimane.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Koba II

Si è detto giustamente che le cose non esistono ma sono aggregati che siamo spinti, per ragioni fisiologiche e culturali, a estrapolare dal tutto.
Rimane però la domanda sul perché si è scelto di leggere il mondo a partire da alcuni aggregati piuttosto che altri. La domanda non può trovare risposta dal solo lato del soggetto, dall'ontologia implicita della propria lingua, della propria cultura etc.
Escluso che l'approccio realista sia corretto, rimane l'interrogativo.
Ciò che di vivo c'è "là fuori" si presta straordinariamente bene all'immagina della cellula. Questo è un fatto. Così come è un fatto che la fisica moderna, a fronte di una serie di osservazioni enigmatiche, al contrario della biologia ha dovuto abbandonare ogni immagine ingenuamente imitativa e costruire un modello il quale funziona straordinariamente bene... Ma perché funziona così bene?
Se non vogliamo usare espressioni come "il cuore della cosa", dobbiamo dire che quel sistema formale evidentemente ha intercettato qualche aspetto fondamentale della materia.

[Sì lo so, ho usato il termine "fondamentale" che fa pensare a "fondamento", forse ancora peggio di "essenza" etc., e immagino già la reazione di alcuni di voi...
A furia di rivolgere la nostra attenzione ai termini che utilizziamo si finisce per non rivolgerne abbastanza ai problemi...]

Per quanto riguarda invece la domanda sull'apporto conoscitivo della filosofia alla quale si risponde di no perché è la storia che mette in evidenza come la conoscenza oggettiva di un fenomeno venga ormai da alcuni secoli dalle discipline scientifiche specifiche... ebbene faccio le seguenti osservazioni.
"Conoscenza oggettiva" significa conoscenza che viene dall'oggetto, che si oppone a quella soggettiva, la quale appunto dipende dalla soggettività dell'osservatore.
Il fatto che il significato dell'espressione "conoscenza oggettiva" sia diventato sinonimo di conoscenza misurabile, decidibile quindi tramite un confronto quantitativo, deve essere preso come il sintomo di una sovrapposizione tra conoscenza e conoscenza scientifica.
Ma come opportunamente fa notare Alberto Knox non dobbiamo dimenticarci che quello della scienza è solo uno dei possibili modi di conoscere la cosa.
Una prospettiva sul fenomeno. Una delle tante, non fosse che storicamente si è poi guadagnata la priorità per via del potere che tale prospettiva fornisce (per essere sinceri in parte anche alla complessità e profondità dei suoi modelli, al fascino che indubbiamente esercitano).

Per concludere, è da questi abbozzi di osservazioni che possiamo dire che di fatto l'ontologia tradizionale (immaginatevi quella neo-tomistica, così per esagerare...) è in grado di apportare conoscenza. Veri incrementi di conoscenza oggettiva!

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 31 Agosto 2024, 07:57:53 AMFin da Eraclito si è colta l'aporia dell' "essere", confermata dall'evoluzione delle scienze naturali e di quelle umane, che possono, da Nietzsche in poi, ritorcere l'accusa di nichilismo a chi continua a perseguire i fantasmi del "mondo dietro (e sopra) il mondo", anche nelle forme dei feticci della modernità. Tra cui: la Scienza.

Tutta fenomenologia fuori dall'ambito ontologico delle scienze naturali. Ontologia in divenire, di cui si cercò la soluzione fin dai tempi di Platone e Aristotele, e nella filosofia orientale.
sono andato a spulciare un pò in giro in altre discussioni e ho trovato questo tuo intervento, la discussione si intitolava "riflessioni sulle implicazioni della frase "l'esistenza precede l'essenza" ;

24 Settembre 2020, 21:31:41 PM 

Sartre era un esistenzialista e aveva ben compreso la lezione di Heidegger che superava la metafisica dell'essere nell'esserci; nel Dasein immanente sempre verificabile e libero dai lacci veterometafisici dell'essere.
L'esistenzialismo é metafisica del Dasein, antitetica alla metafisica del Sein. (fine della citazione)

penso che rispecchi bene quello che vuoi dire qui oggi , a distanza di  4 anni. O mi sbaglio.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 31 Agosto 2024, 11:31:40 AM"Conoscenza oggettiva" significa conoscenza che viene dall'oggetto, che si oppone a quella soggettiva, la quale appunto dipende dalla soggettività dell'osservatore.
Vorrei fare un ulteriore considerazione su questo assunto; sarà anche vero che "conoscenza oggettiva" significa "conoscenza che viene dall oggetto" ma vi è pur sempre un soggetto che conosce nel processo conoscitivo. Riflettendo su quest ultimo ne deriva che "conoscenza" è un termine ambiguo perchè indica allo stesso tempo un processo e un risultato. Conoscenza è il momento in cui mi avvicino all oggetto, lo indago , ne faccio esperienza , mi metto in relazione con esso; ma conoscenza è anche ciò che deriva da questo processo , l'impronta che questo oggetto lascia nel mio intelletto , cioè un concetto, una comprensione, un ricordo, una legge fisica ecc.
è quindi il risultato che viene dal processo conoscitivo ad essere oggettivo . La luna è oggettivamente un corpo roccioso che ruota assiema alla terra ma soggettivamente è anche una donna che ascolta la mia malinconia. Cosa è più vero? la conoscenza scientifica della luna o il rapporto esistenziale che ho io con essa? la risposta è semplice, sono vere entrambe perchè tutte le esperienze di vita esistenziale sono vere quando sono autentiche.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Citazione di: daniele22 il 31 Agosto 2024, 08:40:03 AMnella malaugurata ipotesi che sia di dominio dell'Accademia, potresti fornirmi qualche succinta coordinata sulla disciplina che la formulò, sul modo e sul tempo storico in cui è stata accettata?
Non frequentando le "accademie" (al plurale), non posso dirti se quella mia considerazione sia data per scontata in quell'ambito, ma sicuramente non vi risuonerebbe come assurda, essendo un contesto solitamente abituato a masticare queste tematiche con rigore, quindi senza pasticciare l'epistemologia con ciò che non lo è.
Per approfondire i moventi di quella considerazione che ti ha colpito, e magari svilupparla meglio di quanto abbia fatto io qui, puoi dedicarti a curiosare negli ambiti coinvolti, ossia filosofia della scienza (e del linguaggio) ed esistenzialismo; entrambi del novecento, non c'è bisogno di partire da troppo lontano, così come non c'è bisogno di focalizzarsi su autori particolari, può andar bene persino un manuale non troppo sintetico. Il resto non può che venire dalla "farina del tuo sacco" che si riversa su ciò che ti circonda.

Citazione di: Koba II il 31 Agosto 2024, 11:31:40 AMSe non vogliamo usare espressioni come "il cuore della cosa", dobbiamo dire che quel sistema formale evidentemente ha intercettato qualche aspetto fondamentale della materia.
Concordo; il fatto che alcune spiegazioni e alcuni sistemi d'analisi funzionino meglio di altri quando si tratta di applicarli per manipolare la realtà (oltre che prevederne alcuni eventi), dimostra semplicemente che la realtà esterna esiste, con una certa struttura e costanza che non vengono rivoluzionate drasticamente ogni giorno (@Ipazia, questo può sembrare fisicalismo solo se si ritiene che il «versante creativo etico-estetico [...] è epistéme» e si confonde il contenuto oggettivo della conoscenza gnoseologica con quello della progettazione nella produzione di oggetti o servizi; che è come confondere, mi si passi l'iperbole, la "fattualità" delle ricerche genetiche con quelle di marketing perché «in fondo anche l'economia è una scienza»).
Parlare di «fondamento materiale del modello esplicativo», secondo me, è nettamente più adeguato e "fruibile" di «cuore della cosa».

Per quanto riguarda la funzionalità della scienza in ambito conoscitivo rispetto all'ontologia, soprattutto quella che ha qualche annetto, si può anche mettere tra parentesi il successo storico della conoscenza scientifica (successo casuale? irrelato al suddetto «fondamento materiale del modello esplicativo»? punterei sul "no") e chiedersi, tagliando la testa al toro: se
Citazione di: Koba II il 31 Agosto 2024, 11:31:40 AMdi fatto l'ontologia tradizionale (immaginatevi quella neo-tomistica, così per esagerare...) è in grado di apportare conoscenza. Veri incrementi di conoscenza oggettiva!
quali sono stati, in concreto, tali incrementi di conoscenza oggettiva? L'ontologia neo-tomistica cosa ha scoperto di oggettivo, come ha incrementato la conoscenza oggettiva a disposizione dell'uomo? Lo chiedo senza retorica, perché non sono esperto di neo-tomismo e magari lo sottovaluto.

iano

Citazione di: Koba II il 31 Agosto 2024, 11:31:40 AMMa come opportunamente fa notare Alberto Knox non dobbiamo dimenticarci che quello della scienza è solo uno dei possibili modi di conoscere la cosa.
Forse sbaglio, ma è l'unico ben descritto, e in quanto tale condivisibile.
L'altro, che però viene storicamente prima, è la percezione, da cui il termine cosa è tratto, e riadattato, e sugli altri ancora non mi avventuro a dire per mia ignoranza.
Magari poi, chissà, dalla suddetta storia possiamo trarre una continuità, senza interpretarla in senso letterale, tenendo cioè  conto del fatto che le storie abbisognano di fittizie discontinuità per essere raccontate.
Se come credo, ma potrei essere smentito data la mia ignoranza filosofica, in un solo caso possediamo una buona descrizione, non ci resta che confrontare gli alti casi a quello per capire dal confronto se a quello possiamo assimilarli, anche solo ipoteticamente, traendo poi le conseguenze logiche di questa assunzione, perchè se la logica non produce conoscenza, essa però può dirci se cose che hanno diversa forma, possano essere considerate equivalenti.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#103
Citazione di: Koba II il 31 Agosto 2024, 11:31:40 AMSi è detto giustamente che le cose non esistono ma sono aggregati che siamo spinti, per ragioni fisiologiche e culturali, a estrapolare dal tutto.
Rimane però la domanda sul perché si è scelto di leggere il mondo a partire da alcuni aggregati piuttosto che altri.
Mi sembra che la risposta te da sei dato da solo.
Le cose sostanzialmente esistono se sono aggregati di qualcosa che esiste.
Però siccome a questa cosa che esiste in se non potremo mai dire di essere giunti, si potrebbe provare una strada alternativa usando al posto della cosa in sè qualcosa che per essa può essere scambiata, per dare comunque conto della sensazione di evidenza da cui la cosa in sè abbiamo derivata.
Qualcosa la cui permanenza valga di fatto una cosa in sè.
Il divenire non è necessariamente in contraddizione con ciò che permanendo ci appare come una cosa in sè, perchè una forma del divenire è una costanza nel ripetersi.
La scienza è basata sulla falsificabilità, ma la falsificabilità riposa sul fatto che i fenomeni possano essere riprodotti in una ripetibilità senza limiti.
Dunque è nella sua ripetibilità che la realtà si presta ad essere conosciuta.

L'apporto della filosofia è poi compreso nelle ragioni fisiologiche e culturali come ti sei risposto da solo, insieme a tutto ciò che attiene in generale il soggetto conoscente, che perciò non è un astratto soggetto conoscente, per cui la conoscenza attiene ad esso quanto alla realtà che indaga, ed attiene al soggetto al minimo nella forma in cui la conoscenza si presenta, dovendo essere ad esso funzionale, e in ciò la filosofia potrebbe avere la sua parte, parte essenziale, per quanto sfuggente.

Una conoscenza oggettiva non è possibile perchè richiede un soggetto conoscente passivo, che a quella conoscenza non sia partecipe.
Un soggetto che stia li ad attendere che arrivi l'illuminazione.

La conoscenza non è univoca, e quindi non può essere oggettiva, a meno che non ci attardiamo a considerare la cosa in se che traiamo dall'evidenza delle cose, perchè la scienza pur non possedendo evidenze, non perciò fallisce nell'indagare la realtà, laddove le evidenze si limita ad assumerle, essendocene comunque bisogno per mettere in moto la macchina logica.

Osservato ed osservatore restano un mistero, conoscendo solo ciò che produce il loro rapporto, gli essenti.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

@Knox

Sì, il Dasein è stato la botta metafisica finale al Sein, dopo che l'epistème "scientifica" aveva demolito l'ipotesi noumenica.

@Phil 

Se neghiamo epistemicità alla dimensione etico-estetica ricadiamo nel fisicalismo. Su questo vale: tertium non datur.

Ci tengo anch'io a non confondere oggettività e scienza naturali, con le scienze umane. Ma non fino al punto di negare una loro materia ontologica con finalità epistemiche. Che l'economia sia una, per quanto becera, scienza, lo dimostra l'impatto che essa ha sulla vita umana e pure sulla decisione di cosa è scienza e cosa è antiscienza. Con gregge al seguito.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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