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Oltre Cartesio

Aperto da Jacopus, 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM

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Jacopus

Stavolta rispondo prima a Green e mi lascio Davintro per un altro giorno.
Rispetto alla modernità non è affatto vero che la difenda. O meglio, proprio perchè difendo la modernità ne critico la sua attuale deriva. La critica e la critica della critica, sono, a partire da Socrate, uno degli elementi caratterizzanti della modernità, il cui modello è possibile ritrovare a partire dalla cultura ellenistica.
Fare discorsi in scala ha esattamente senso come farli in modo esistenzialista. L'essere umano è uno straniero ed ogni straniero va accolto nella sua peculiarità. Solo in questo modo è possibile provare a fermare la violenza. Ma questa considerazione nasce all'interno della cultura occidentale e moderna, esattamente come le statistiche e i partiti di massa con annessi campi di concentramento. Le statistiche e l'individuo hanno significati diversi ma non autoescludenti. Uno dei più significativi esperimenti di filosofia del novecento è stato quello della scuola di Francoforte, che tentò proprio di avere un doppio sguardo, esistenzialista, su ogni singola e pura vita, e sociologico. Fermarsi all'individuo può essere un importante antidoto alla violenza, ma non permette la comprensione delle società moderne, neppure in chiave filosofica, a meno che la filosofia non si voglia arroccare in una dimensione anacronistica e priva di ogni riferimento con le altre discipline.


A proposito di Cartesio non sapevo che fosse un alchimista, ma nell'introduzione ai "Discorso sul metodo" (1637) l'accusa all'alchimia è esplicitata con chiarezza: Cartesio parla esplicitamente delle promesse degli alchimisti, delle predizioni degli astrologi, delle imposture dei maghi e delle vanterie di coloro che fanno vanto di sapere più di ciò che non sanno, e le definisce tutte cattive dottrine, esempi di un sapere incapace di distinguere il vero dal falso. Questo è quanto.
Rispetto all'eterna diatriba tra res cogitans e res extensa, io resto del mio parere. La res cogitans fu un artificio, "una macchina nella macchina" per liberare le forze prometeiche insite nello sguardo scientifico moderno. Il vero interesse di Cartesio era nella res extensa e nella sua capacità di interpretare e modificare il mondo, in qualità di scienziato e, soprattutto, ingegnere. Ovvio che su questa diatriba difficile scrivere la parola fine. Vi sono grandissimi pensatori che hanno difeso l'una e l'altra posizione, ma a me, personalmente, sembra molto più corretta quella che piazza Descartes sul piatto della res extensa.


Andare oltre Cartesio, come suggerivo nel titolo del post, ha per me un significato di coerenza con il viaggio della modernità, che deve essere in grado di correggere sè stessa, se vuole sopravvivere come idea culturale. Se non lo saprà fare, saremo in balia dei venti regressivi della storia, dei miti dell'età dell'oro, della fine della storia o della storia non più come freccia, ma come cerchio dei corsi e ricorsi o delle élite paretiane, in eterna lotta per la sopraffazione belluina. In tutto ciò vedo, comunque, poca correlazione fra Cartesio e il cristianesimo. Cercherò di approfondire, visto che Cartesio mi intriga molto. E comunque grazie per la piacevole discussione, a te e a tutti gli altri intervenuti.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

green demetr

x jacopus.


E' contro gli alchimisti perchè ritenuti ebrei, mentre lui sposa una alchimia cristiana, appunto rosacroce.
Questo per dire di come tu fraintenda tout court Cartesio.
Che è famoso per il cogito, e dunque per la separazione del pensiero dalle cose del Mondo.
Mentre nel medioevo alle cose superiori corrispondo quelle inferiori, per Cartesio non è cosi.
E' il post moderno, in quanto scuola del non pensiero, dei benpensanti che DEPENSANO, che arriva la mania per le res extensa, fino all'instupidimento delle scuole realiste o neorealiste.
Il gatto è un gatto....ma non mi dite!
Il postmodernismo è questo, una resa alla domanda di senso.
Ora volermi etichettare di esistenzialismo, mi fa solo ridere.
In quanto sotto l'etichetta di esistenzialista sta la scritta irrazionalista.
Ora mi pare molto più esistenzialista, nel senso di esizialista, il post-moderno contemporaneo depensante la realtà in quanto realtà e basta.
C'è veramente qualcosa di magico ed infantile in tutto questo crollo del pensiero.


Ora io non posso mettere in discussione la tua buona fede. Se credi che sociologia e politica possano essere complementari e non in battaglia e/o allenza STRUMENTALE, io non posso che seguitare che allora sei vittima di questo mondo che va all'incontrario.
In cui è la realtà a decidere della volontà.
(la domanda sorge spontanea: e chi la decide la realtà? la realtà stessa? La res extensa all'improvviso pensa!!! siamo caduti dal teologismo depensante della caste sacerdotali all'ecomunismo depensato delle caste politiche, ed questa la scomoda verità: da un dogma si è passati all'altro....povero cartesio!!!).


Ma su queste incomprensioni reciproche credo, troveremo terreno più fertile altrove  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Jacopus

x Green


Sul discorso Cartesio-alchimia-rosacroce ti rimando a questo breve articolo dell'espresso:
https://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/info/BIBLIOID/Eco%20Cartesio%20Aczel.htm
Il mio fraintendimento di Cartesio lo rimando quindi al mittente.

Rispetto al tuo discorso successivo che la realtà sia da studiare in quanto realtà, se oggi è scontato, non lo era ai tempi di Cartesio e lo dobbiamo a lui e agli altri costruttori del metodo scientifico se oggi abbiamo questo concetto di realtà. La richiesta del senso da parte del metodo scientifico non è così assente come tu intendi. Tutt'altro. Il metodo scientifico chiede che la realtà delle cose sia fondata su prove che non sono la "tradizione", perchè una bugia, anche se ripetuta 10.000 anni resta una bugia, ed in questo Cartesio è il diretto erede del pensiero filosofico greco. Il grande salto è dato proprio dalla capacità di pensare attraverso il cogito, il mondo e la relazione fra le parti (pezzi dice Cartesio) del mondo. Ma quel mondo non ha più un velo trascendentale, che serve per annebbiare le menti e per governare i deboli. Il mondo è fatto di materie che agiscono come forze, come meccanismi di orologi o di mulini a vento, come dice Cartesio. Che il gatto sia il gatto, lo dobbiamo proprio a Cartesio, perchè prima di lui (e anche dopo, in verità, ma le teorie scientifiche non sono mai sincronizzate con la cultura dell'epoca) il gatto poteva essere benissimo una strega o una divinità.
Il cogito è, se vuoi, l'estrema conseguenza della sfida dell'individuo alle strutture convenzionali della sua epoca. Se Dio non può essere più considerato il primo motore immobile, occorre stabilire un punto di partenza ad una nuova storia, e questa nuova storia è l'individuo che pensa (nuova per modo di dire). Un pensiero che deve essere autonomizzato dalla tradizione e che deve avere un nuovo sguardo sulle cose. In questo sta il nesso fra cogitationes ed extensiones. Ed è per questo, che, giustamente come fai notare, non esiste più una separazione fra cose superiori e inferiori. Tutte le cose rispondono alle stesse leggi della res extensa, perfino l'uomo, come scriverà nell'Homme.
Oggi quel nuovo sguardo è diventato in realtà uno sguardo vecchio e pericoloso, al punto che la trascendenza ci potrebbe apparire come la soluzione.
In merito al discorso che fai su alleanze fra sociologia e politica, in realtà non capisco. Quello che io intendevo dire è che Cartesio, molti secoli fa ebbe una intuizione che oggi è pane quotidiano, ovvero la necessità che gli studi per essere produttivi e geniali, devono spesso essere interdisciplinari. Sono spesso lavori di équipe quelli più generativi ed innovativi.
Che l'attuale epoca sia depensante è in parte vero, ma certo ciò non imputabile nè al metodo scientifico, nè alla modernità in quanto categoria storica generale, che viene distinta dal pensiero medioevale e antico. Del resto ogni epoca ha avuto un suo profilo di pensiero ed ogni epoca ha avuto i suoi problemi nel gestire il pensiero e la costruzione della realtà attraverso il pensiero. Ma pensare all'oggi come a qualcosa di peggiore dello ieri è un giochino rassicurante ma inconcludente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Lou

#33
Citazione di: davintro il 06 Dicembre 2020, 20:09:04 PM
Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.


Buonasera Jacopus
Non a caso hai citato, in riferimento all'opposizione a Cartesio, tomismo o scolastica aristotelica-domenicana, che costituiscono l'orientamento teologico prevalente nella Chiesa cattolica, ma non sono, fortunatamente, l'unico filone interno al complesso della tradizione metafisica cristiana. Accanto ad essi troviamo la via platonico-agostiniana, che, per l'appunto, gran parte degli aderenti alle posizioni tomiste o scolastiche hanno sempre visto con occhio sospettoso, timorose che, erroneamente a mio modesto avviso, ma ciò non conta nulla, la via dell'interiorità conducesse ad esiti immanentistici, per i quali le verità teologiche finirebbero relativizzate all'interno della soggettività umana che rivolgendosi a se stessa le ricerca. E proprio a questo filone agostiniano dell'interiorità pensavo soprattutto riguardo l'analogia con Cartesio, e non, almeno non primariamente, all'impostazione tomista, scolastica, o a un certo modo di intenderla. Certamente il Dio cartesiano non è a tutti gli effetti quello agostiniano, non è il Dio che si invoca, a cui ci si rivolge come un padre, nella Confessioni, è un Dio che rientrerebbe nell'ambito di una metafisica razionalista che anche un Voltaire, anticlericale ma non ateo, non avrebbe problemi a concepire, ma comunque un Dio trascendente. Quindi, prima di stabilire quanto l'esito teista sia conclusione necessaria del pensiero di Cartesio bisognerebbe accordarsi sull'accezione con cui intendere l'idea di Dio, quella della fede nelle Scritture, nelle rivelazioni storiche, dei dogmi, oppure il Dio dei filosofi a cui il deismo si ferma, il Dio Causa Prima incausata che rende ragione della realtà dell'uomo, in particolare nella componente spirituale attestata dal Cogito. Il risconto di un disinteresse, di una tematizzazione forzata, atta a evitare problemi con il clima culturale dell'epoca, non aiuta più di tanto a sbrogliare la questione. Cartesio formula diverse prove dell'esistenza di Dio. Ora, un conto è riconoscere come motivo principale di questo impegno dei condizionamenti esterni alla propria volontà piuttosto che un sincero interesse personale, un altro arrivare a pensare che lo stesso merito dell'argomentazione e le conclusioni che ne derivino siano stati viziati per giungere a un esito che la stessa ragione cartesiana, in piena libertà, non avrebbe condiviso: cioè, il fatto che Cartesio si sia sentito forzato a occuparsi del tema teologico, inteso in generale, senza che gli interessasse poi così tanto, non implica che nell'effettivo approccio al tema egli abbia formulato argomenti e conclusioni della cui logica egli non fosse convinto. E se, accettando la sua buonafede, la convinzione in merito c'era, allora sarebbe corretto dire che comunque Dio è l'esito necessario della sua filosofia, in quanto conclusione coerente con le sue premesse, indipendentemente dal fatto che, fuori dal contesto politico e culturale dell'epoca, immaginandolo in piena libertà intellettuale, avrebbe preferito non occuparsene.
A me pare che il dio cartesiano funga da garante e che tale ruolo sia dato da una una preoccupazione strettamente gnoseologica: la corrispondenza tra ordo rerum et ordo idearum, detta grossolanamente, non una dualità meramente linguistica, ma sostanziale., nel caso cartesiano di cui si discorre.  ( e tenendo fermo e dato per ovvio il punto della teoria corrispondentista della verità  - discutibile) Una garanzia di verità.
In ciò mi trovo in sintonia con davintro, quando parla di dio  dei filosofi.
L'ascendenza agostiniana ritengo risuoni, certamente: nella componente di privatio di chiarezza e distinzione, che assomiglia assai alla privatio boni di Agostino, così come nella idea di infinito ed eterno del cogito, che non può derivarla da se medesimo.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Jacopus

In virtù di questa discussione mi capita sovente di pensare a Cartesio e non nascondo una certa crescente ammirazione, non in senso assoluto, ma calando Cartesio nella sua epoca. In questo modo non si può rimanere affascinati dal suo modo di pensare, in grado di fare tabula rasa del pensiero tradizionale e nello stesso tempo farlo con una astuta prudenza, onde evitare quanto accaduto pochi decenni o anni prima a due grandi pensatori italiani.
La sua frase più famosa "cogito ergo sum", ad esempio, è impostata come un sillogismo cui manca la prima parte. Ma la prima parte, data la generalità della conclusione, non può che essere "tutti gli esseri viventi pensano", e quindi "penso, dunque sono". In caso contrario, se avesse voluto restringere il campo avrebbe dovuto formulare il sillogismo come "penso, dunque sono un uomo", oppure "penso  dunque sono dotato di anima".
Il principio rivoluzionario di Cartesio è insito in quella prima parte del sillogismo, che non viene neppure scritta ma che, similmente al "de Orbitum" di Keplero o aI "dialogo sopra i due massimi sistemi", sposta l"essere umano dal centro della scena alla periferia, e cerca così nuovi tipi di relazioni, non più fondate su un "sopra" metafisico e un "sotto" terreno.

Tutti gli esseri viventi pensano e tutti gli esseri viventi sono interdipendenti attraverso il pensiero.
È probabile che mi sia spinto troppo in là in questa interpretazione che avrebbe bisogno di uno studio più approfondito di Cartesio, ma ve la offro come una sorta di illuminazione spontanea, fatta per dare luce a questa giornata uggiosa di dicembre.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

baylham

Moltissime specie animali hanno una mente, ma solo poche hanno la capacità di pensare. Per pensare serve un linguaggio che la maggioranza delle specie viventi non ha: "cogito ergo sum" è latino, "penso dunque sono" italiano.

Cartesio dubitava particolarmente della validità dei sillogismi.

paul11

Citazione di: Jacopus il 08 Dicembre 2020, 10:44:42 AM
e cerca così nuovi tipi di relazioni, non più fondate su un "sopra" metafisico e un "sotto" terreno.



E fino a quando questa mendacio perseverata nella modernità esisterà  non si capirà mai la meta-fisica, l'oltre la fisica.
Ma dove e quando mai Platone, in testi come Repubblica dove discute sulla struttura sociale e politica divide
il sopra e il sotto.
Cartesio apre all'IO e perde la realtà . Guarda il mondo dal punto di vista umano ,con i suoi limiti e pregi.
Ma che cosa sia mai l'IO? Cosa sarà mai la coscienza? Cosa sarai mai la psiche?
La risposta "soffia nel vento" ancora. E' solo cambiata la prospettiva di osservazione: i problemi fondamentali
che non furono superati dai metafisici antichi e spesso neppure capiti sono ancora nell'orizzonte della post modernità.

viator

Salve Paul11: Citandoti : "Ma che cosa sia mai l'IO? Cosa sarà mai la coscienza? Cosa sarai mai la psiche?".

Mah, facciamo che siano puri concetti immateriali. I concetti son quelle cose che, pur esistendo, non sono materialmente generati (causati) e neppure materialmente generanti (quindi sono privi di effetti materiali).
Essi sono immaterialmente generati ed immaterialmente generanti. Nel senso che costituiscono una realtà (perchè esistono) programmante (perchè io, coscienza e psiche generano -programmandoli senza direttamente realizzarli - gli effetti materiali che sarà poi invece il nostro corpo materiale a realizzare).

Naturalmente la loro immaterialità è tale poichè basata non sulla materia, bensì sul suo complemento, cioè l'energia, ente notoriamente non-materiale.

In definitiva, diciamo che io, coscienza e psiche non sono altro che la forma (l'insieme delle relazioni energetiche, poste ciascuna al suo proprio livello) delle energie che fanno vivere la nostra materialità corporale. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: Jacopus il 08 Dicembre 2020, 10:44:42 AM
La sua frase più famosa "cogito ergo sum", ad esempio, è impostata come un sillogismo cui manca la prima parte. Ma la prima parte, data la generalità della conclusione, non può che essere "tutti gli esseri viventi pensano", e quindi "penso, dunque sono".
[Pedante postilla di logica]
Se il sillogismo fosse:
- tutti gli esseri viventi pensano
- io penso
- quindi sono un essere vivente (esisto)
si tratterebbe della fallacia dell'affermazione del conseguente (tipica di molte petitio principii del pensiero metafisico); ovvero p q; q; ⊢ p, che è la versione fallace del modus ponens: p q; p; ⊢ q.
Il sillogismo valido, almeno se "dobbiamo" mantenere la prima premessa, è (potremmo raffigurarlo anche insiemisticamente):
- tutti gli esseri viventi pensano (chiunque è vivo, pensa; pq)
- sono un essere vivente (p)
- quindi penso (q)
poiché è p ad implicare q, non viceversa. L'esempio da manuale è: se piove, uso l'ombrello; piove; quindi uso l'ombrello. Tuttavia ciò non comporta che uso l'ombrello solo se piove (se piove uso l'ombrello; uso l'ombrello; quindi piove), posso infatti usare l'ombrello anche per altri motivi (togliere una ragnatela dal soffitto, etc.).

Se invece volessimo sillogizzare il motto cartesiano con la logica classica (non quella modale), potremmo dire:
- tutti i pensanti sono viventi (premessa implicita)
- sono pensante (cogito)
- quindi sono vivente (ergo sum).


P.s.
Ricordo che l'essere formalmente valido, non comporta l'essere necessariamente vero: dipende dalla compilazione dei valori di verità delle singole proposizioni (compilazione tanto più problematica quanto più sono astratti e/o inverificabili gli elementi delle proposizioni, come dimostrano l'etica, la teologia, l'estetica, etc. che infatti non si fondano sulla verità "oggettuale-oggettiva" dei loro "sillogismi", ma sulla loro validità formale meta-fisica; il che potrebbe suggerire un ripensamento del concetto di «verità» in ambito metafisico, come suggerito dalla postmodernità, ma già non siamo più in tema con Cartesio).

paul11

Citazione di: viator il 08 Dicembre 2020, 13:06:29 PM
Salve Paul11: Citandoti : "Ma che cosa sia mai l'IO? Cosa sarà mai la coscienza? Cosa sarai mai la psiche?".

Mah, facciamo che siano puri concetti immateriali. I concetti son quelle cose che, pur esistendo, non sono materialmente generati (causati) e neppure materialmente generanti (quindi sono privi di effetti materiali).
Essi sono immaterialmente generati ed immaterialmente generanti. Nel senso che costituiscono una realtà (perchè esistono) programmante (perchè io, coscienza e psiche generano -programmandoli senza direttamente realizzarli - gli effetti materiali che sarà poi invece il nostro corpo materiale a realizzare).

Naturalmente la loro immaterialità è tale poichè basata non sulla materia, bensì sul suo complemento, cioè l'energia, ente notoriamente non-materiale.

In definitiva, diciamo che io, coscienza e psiche non sono altro che la forma (l'insieme delle relazioni energetiche, poste ciascuna al suo proprio livello) delle energie che fanno vivere la nostra materialità corporale. Saluti.


Esercizio filosofico

L'IO = quindi sarebbe un contenitore? Fisico, meta-fisico, o cos'altro?
Concetti? Cosa sono= prodotti da che cosa? Fisico o meta-fisico?
Im-materiali? Quindi non sono nel dominio fisico-sensibile, non fanno parte delle percezioni sensoriali. Quindi sono meta-fisici
Ma esistono? Cosa significa esistere? L'essere è accomunabile con il termine esistenza? L'esistenza percorre solo il dominio del sensible= percepibile attraverso i sensi , oppure vale anche per gli enti im-materiali ? Esistere sia per il dominio fisico che meta-fisico?


Io, coscienza e psiche  genero .E' definibile, daccapo, l'IO, la coscienza la psiche, se non hanno consistenza fisica come potrebbero generare? Si capisce  che vi è commistione fra fisica e meta-fisica?
L'energia non è materiale? Quindi è im-materiale = meta-fisica.
La forma = relazione. Ma le relazioni (ad es. "IO penso") ci dicono cosa è(ontologia) l'IO e la predicazione "penso"? La relazione ci dice il processo gnoseologico( di conoscere, pensare,ecc.) ma nulla ci dicono cosa sia il pensiero e cosa sia l'IO.


Eppure non sapendo nulla deduciamo che fisicamente ,come corpo, viviamo.  Ma vivere è uguale ad esistere? Vivere = esistere sono uguali ad essere?


Ma se fosse che enti im-materiali = meta-fisici (oltre  la fisica) ci diano la consapevolezza che esistiamo , significa che prima sta la meta-fisica e solo dopo la fisica. In  quanto se un IO e la predicazione "penso" fossero im-materiali, la deduzione di esistere (fisicamente) sarebbe una conseguenza.




Quindi è corretto che Cartesio premetta che il cogito non faccia parte del dominio sensibile, non è fisica (materialità, res extensa per Cartesio) eppure l'oltre-fisica (meta-fisica) interagisce con la fisica dandoci consapevolezza di esistere .
E allora "giochiamo":  se Cartesio avesse scritto "Sum, ergo cogito" sarebbe stata la stessa cosa?
Sum= sono...ma qualunque cosa che esiste è? E per affermare che "sum" implicitamente significa che lo penso . Solo gli esseri che pensano sono?


Ipazia

La postulazione di Cartesio è razionalistica: posso dubitare di tutto ma non del mio pensiero che dubita di tutto. Per dubitare mi serve almeno una cosa: il pensiero. Sulla cui esistenza non posso dubitare, perchè per dubitare del pensiero dovrei comunque pensare confutando il mio dubbio. Attestata la sua invalicabile tautologia il pensiero diventa l'unico fondamento gnoseologico certo di un contenuto ontologico - la vexata quaestio dell'essere - certo.

Sul Cartesio alchimista, non dubito che si sia interessato anche all'unica "scienza" della materia disponibile al suo tempo, date le sue caratteristiche di ricercatore polivalente. Che si sia reso conto ben presto dell'infondatezza dell'approccio magico, imparentato con l'astrologia, di quella ricerca, lo dimostra il fatto che se ne allontanò dedicando le sue attenzioni mature alla fisica e alla matematica.

Che il pensiero abbia bisogno di un linguaggio, ripeto, vorrei qualche fonte autorevole che ne sostenga la tesi. La mia impressione è che il pensiero sia antecedente al linguaggio e segua criteri propri, come la memoria nelle sue varie articolazioni sensoriali. Prelinguistiche per loro natura.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

 Salve Paul11. D'ora in poi cercherò di ricordarmi di chiamarti Maestro.


Per quanto il gioco venga facile all'insegnante (raffica di domande dall'apparenza discorsiva elementare ma dall'approfondibilità filosofico-lessicale insondabile), cercherò di stare al gioco facendo l'alunno ignorante ma volonteroso. Ovviamente non riuscirò a soddisfare le tue attese docenziali ma non preoccuparti...........una bocciatura in più non mi cambierà la vita.
Dunque : Esercizio filosofico : replico grassettando :

L'IO = quindi sarebbe un contenitore? No, è una forma astratta. E' la geometria di una struttura (e non l'insieme dei componenti la struttura). L'insieme delle relazioni che connettono e fanno funzionare reciprocamente la memoria, la coscienza ed il raziocinio per produrre delle consapevolezze mentali utilizzabili per gestire la propria vita. Anche lo Stato, per spiegarci, è una forma astratta consistente nell'insieme delle relazioni che connettono etc. etc. etc. per produrre il funzionamento della vita della Società.

Fisico, meta-fisico, o cos'altro? Vedi tu, sulla base di quanto detto sopra, ma soprattutto di quanto dirò più avanti.
Concetti? Cosa sono= prodotti da che cosa? I concetti sono enti astratti prodotti dalla (ma non consistenti in-) attività cogitativa utilizzando gli strumenti del linguaggio, in quanto destinati essenzialmente (ma non esclusivamente) alla comunicazione.  L'attività cogitativa consiste nella produzione - da parte della coscienza di un flusso modulaile di potenziali elettroneurali, quindi fisicissimi benchè IM-MATERIALI perchè semplicemente estranei benchè COMPLEMENTARI alla materia la quale è appunto la dimensione fisica MATERIALE.

Fisico o meta-fisico? Circa la metafisica, essa per me (accetta la solitudine  di un "bastian contrario") non è "l'oltre la fisica estraneo ed incompatibile con la fisica", bensì "l'oltre la fisica che, risultando non spiegato dalla fisica nota, o verrà un dì spiegato dalle scienze fisiche o non verrà mai spiegato dalla fisica". Quindi, anche per concetti, cogitazioni e pensato, vedi tu dove metterli.
Im-materiali? Quindi non sono nel dominio fisico-sensibile, non fanno parte delle percezioni sensoriali. Quindi sono meta-fisici. Vedi qui sopra.

Ma esistono? Cosa significa esistere? Al di là del letterale "essere al di fuori di qualcosa o di qualcuno", esistere significa risultare effetto di ciò che precede e contestualmente risultare causa di ciò che segue". Anche qui, vedi da te se quanto trattato sinora esiste o meno.
L'essere è accomunabile con il termine esistenza? . L'essere è "la condizione per la quale le cause producono i loro effetti". Ovvero la condizione che permette l'instaurarsi dell'esistenza.
L'esistenza percorre solo il dominio del sensible= percepibile attraverso i sensi , oppure vale anche per gli enti im-materiali ? Immateriale non significa necessariamente spirituale o metafisico, come appunto ho rozzamente accennato qui sopra. Infatti l'immateriale energetico..........(vedi sempre qui sopra). Perciò, sempre sulla base della mia definizione (vedi ancora qui sopra) di esistere........non vi è distinzione esistenziale tra il sensibile ed il concepibile. Basta che l'uno o l'altro risultino effetti e poi cause di qualcosa, ed essi entrambi saranno da considerare esistenti.
Esistere sia per il dominio fisico che meta-fisico? Fatta sempre salva la mia precisazione circa il "metafisico", avrei già risposto qui sopra.
Io, coscienza e psiche  genero .E' definibile, daccapo, l'IO, la coscienza la psiche. Dell'IO ho trattato all'inizio.
.....,se non hanno consistenza fisica come potrebbero generare? Si capisce  che vi è commistione fra fisica e meta-fisica?L'energia non è materiale? Quindi è im-materiale = meta-fisica. Anche qui, tener presente quanto ho accennato circa la natura contemporaneamente fisica ed immateriale dell'ìenergia e circa il significato da me attribuito al termine "metafisica."
La forma = relazione. Ma le relazioni (ad es. "IO penso") ci dicono cosa è(ontologia) l'IO e la predicazione "penso"? No, non ce lo dicono.
La relazione ci dice il processo gnoseologico( di conoscere, pensare,ecc.) ma nulla ci dicono cosa sia il pensiero e cosa sia l'IO. Cosa io penso sia l'IO e cosa possa essere il pensiero....non ce lo dice la forma=insieme delle relazioni, ma lo accenno io qui sopra.

Eppure non sapendo nulla deduciamo che fisicamente ,come corpo, viviamo.  Ma vivere è uguale ad esistere? Vivere = esistere sono uguali ad essere?  Vivere è termine biologico-psicologico, relativo quindi ad un ritrettissimo aspetto incluso nella condizione dell'essere.
Ma se fosse che enti im-materiali = meta-fisici (oltre  la fisica) ci diano la consapevolezza che esistiamo , significa che prima sta la meta-fisica e solo dopo la fisica. In  quanto se un IO e la predicazione "penso" fossero im-materiali, la deduzione di esistere (fisicamente) sarebbe una conseguenza. L'equivoco qui riguarda sempre il significato di "immateriale" che per te significa spirituale e metafisico, per me – diversamente – "estraneo alla materia" ma magari "appartenente al dominio della fisica ma non della materia (bensì dell'energia)".

Quindi è corretto che Cartesio premetta che il cogito non faccia parte del dominio sensibile, non è fisica (materialità, res extensa per Cartesio) eppure l'oltre-fisica (meta-fisica) interagisce con la fisica dandoci consapevolezza di esistere . Cartesio, grandissimo genio, speculava utilizzando ciò che risultava noto o ragionevolmente ipotizzabile ai tempi suoi. Un pò troppo l'attendersi proiezioni ed ipotesi neurologiche, elettrologiche, evolutivistiche, neurofisiologiche da lui o dai suoi contemporanei. Inoltre non esiste-esisteva solo il dominio sensibile esteriore (quello cui accenna appunto C.) E il dominio sensibile interiore, emozionale, tanto per intenderci.......quello riguardante il concetto attuale (ben diverso da quello classico) di psiche ?.
E allora "giochiamo":  se Cartesio avesse scritto "Sum, ergo cogito" sarebbe stata la stessa cosa? Assolutamente no. Sarebbe incorso in un volgare effetto di capovolgimento causa-effetto. L'essere non permette ritorni di fiamma.
Sum= sono...ma qualunque cosa che esiste è? Già fornito qui sopra addietro il mio punto di vista.
E per affermare che "sum" implicitamente significa che lo penso . No comment.
Solo gli esseri che pensano sono ? Anche a ciò mi sembra di aver già implicitamente risposto sopra.




Naturalmente il gioco è bello quando non dura troppo, per cui ti comunico di non poterti assicurare la mia disponibilità per futuri esami-interrogatori. Abbiti intanto i miei deferenti saluti che ti prego di voler estendere anche ad eventuali tuoi colleghi del Consiglio di Istituto.
Sono a loro disposizione ma solo per materie diverse da quelle che abbiamo trattato oggi.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11


Scusa se ho perturbato ;) E' solo un esercizio filosofico, senza maestri e allievi, e istituti collegiali giudicanti.
Lo scopo è riflettere sulle singole parole  termini, fino alle proposizioni articolate di argomenti e farsi una propria congettura, idea,  misurandosi cone pensieri diversi filosofici , con gli altri e con se stessi........per migliorare, capire (carpire ,com-prendere). Penso che che sia utile, anche se fosse  solo a noi stessi.


L'IO, inaugurato da Cartesio, ha una tale problematicità che già ai suoi contemporanei ebbe chi ne fosse favorevole e chi ne mostrò critiche. Poi con Kant, Husserl e tutto il Novecento, passando per la psicologia e lo psicologismo filosofico, fino al cognitivismo attuale.
Quell' IO verrà analizzato, frammentato, ricostruito e rianalizzato, parecchie volte.
Molti, e penso anche tu, lo ragionano  come "processo", come relazione .
Sempre molti lo confondono con altri termini, ammesso che sia una confusione.
Ad esempio  un pensatore contemporaneo , Dennet scrive: «A che cosa serve la coscienza, se un'elaborazione dell'informazione perfettamente inconsapevole è capace, in linea di principio, di conseguire tutti i fini per i quali si supponeva che esistesse la mente cosciente?»
Ma cosa intende per coscienza Dennet? E' chiaro che il processo di conoscenza, che ci informa e informa qualcuno, è" freddo" in un calcolatore, ma è proprio quello che voleva Descartes.
Sarà Brentano, prendendo il termine "intenzionalità" dalla scolastica medievale come "coscienza intenzionale"  costruendo la psicologia empirica a suddividere: rappresentazione, giudizio ,sentimento. Ancora Wittgenstein scriverà nel Tractaus: 5.63: «Io sono il mio
mondo»; 5.632: «Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo».
Descartes (Cartesio è il nome italianizzato) ha necessità di una meta-fisica in cui vi è un Dio per potere enunciare un IO e che i giudizi del metodo dell'evidenza per conoscere le cose del mondo (res extensa) in quanto ritine Dio il garante che non vi sia un'impostura, una falsità nel fondamento , affinchè noi possiamo davvero conoscere il vero e non un "allucinazione"
Scrive Wittgenstein non nel Tractaus improntato sulla logica formale e su giudizi veri nel mondo dei fatti, ma nelle Ricerche filosofiche: "Io posso sapere che pensa l'altro, non quello che penso io".
"Soltanto dal confronto con i concetti psicologici ricavo l'idea di un contenuto della memoria."
" In psicologia sussistono metodi sperimentali e confusione concettuale".


Sono solo esempi.
Quell' Io è ancora tutto da esplorare


Fisico e meta-fisico sono due domini che non sono contrapposti, come spesso si pensa in questo forum, e come un certo scientismo di "bassa levatura" ha tentato di fare.
Scrive Descartes:" «La filosofia  è come un albero, le cui radici sono la metafisica, il tronco è la fisica e i rami che escono da questo tronco sono tutte le altre scienze».


Essere- Esistenza Essendo grande la disquisizione se percorressimo la storia dell'intero percorso filosofico e rimanendo al solo Cartesio, già in lui l'Essere, secondo l'ontologia tradizionale, comincia a perdere "consistenza" a pro dell'esistenza.  Cartesio è ancora nel meta-fisico per due motivi.
Per dare consistenza al Cogitans, al pensiero e per dare consistenza all'oggetto della conoscenza (la res extensa). La storia dirà che la metafisca perderà consistenza già  nel pensiero empirista ,essendo anti metafisici anche manifestamente. Il punto è che l'ontologia, man mano diventa impraticabile ,mentre sale l'accento sui processi, sul "come" il pensiero conosce, sugli strumenti linguistici, concettuali , cresce insomma la gnoseologia.
Oggi è davvero confuso dire che cosa sono i "contenitori", cosa sono ontologicamente, e sono proliferizzati i termini simili aumentando questa confusione. Nel mentre si è analizzato parecchio, in filosofia e non solo, l'atto conoscitivo : fra me e il mondo  e/o il mondo e me ,come costruisco la conoscenza , problematizzando anche il concetto di Realtà.
L'esistenza diventa conseguente  nella storia del pensiero moderno. Si accentua l'arco temporale, in cui l'IO si determina nella propria esistenza.


Per quanto riguarda il " cogito ergo sum" ridefinibile rovesciandolo nel mio esempio  in "sum,  ergo cogito", bisogna sapere che Descartes lo ha fatto  in un certo senso davvero.  In Meditazioni metafisiche  del 1641,  in luogo del cogito si ha : ego sum, ego existo.  «Questo che pronunzio: Io sono, Io esisto», scrive infatti Descartes, è vero «per tanto tempo per quanto è da me proferito o concepito nella mente». Nella II Meditazione, invece, alla domanda «che cosa, dunque, sono Io? Si risponde: una cosa che pensa.È solo in seguito, nella III Meditazione, che la res cogitans è interpretata come una sostanza, e distinta realmente dalla res extensa, cioè dai corpi materiali, compreso il corpo umano.


Saluti

Jacopus

Se ipotizziamo, per gioco, ad un ipotetico Cartesio vissuto nel XIII secolo invece che nel XVII, la massima di questo Cartesio medioevale sarebbe stata Deus est, ergo sum. In questo vi è tutta la sostanza e l'importanza di Cartesio. Farlo diventare un prosecutore della filosofia precedente può essere vero, visto che nulla nasce dal nulla, ma a mio giudizio è molto più interessante guardarlo come un argonauta, un iniziatore di una nuova modalità di pensiero.
Che non manchino i riferimenti a Dio è inevitabile, ma i riferimenti sono estemporanei e servono a non essere incriminato dalla Santa Inquisizione, e nonostante quei riferimenti, Cartesio ci arrivò vicino, al punto da andare a chiedere aiuto in Svezia (dove tragicomicamente morì). Ovviamente nel fiume dei riferimenti a Cartesio esistono interpretazioni di tutti i tipi ed anche questo è un indizio della grandezza del filosofo, perchè solo i grandi filosofi sono rivoltati da ogni parte, al punto che riescono a dire tutto e il contrario di tutto. La mia interpretazione, che in realtà non è la mia ma anch'essa parte di una tradizione interpretativa, è appunto che Dio, nella filosofia cartesiana sia periferico e venga usato come alibi, o al massimo come Dio astratto. Il vero garante del pensiero di Cartesio non è Dio, ma il pensiero stesso. Un pensiero però che non va considerato come "rimuginìo interno o psicologismo vacuo" ma come pensiero che agisce nel mondo della res extensa.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: paul11 il 10 Dicembre 2020, 14:51:08 PM
Scusa se ho perturbato ;) E' solo un esercizio filosofico, senza maestri e allievi, e istituti collegiali giudicanti.
Lo scopo è riflettere sulle singole parole  termini, fino alle proposizioni articolate di argomenti e farsi una propria congettura, idea,  misurandosi cone pensieri diversi filosofici , con gli altri e con se stessi........per migliorare, capire (carpire ,com-prendere). Penso che che sia utile, anche se fosse  solo a noi stessi.

Volendo si può mettere tutto al suo posto. Con calma e metodo, ma sono almeno una decina di discussioni prima di arrivare ad una sintesi ragionata. Partendo dalla natura è anche più semplice che partendo dai numi. Simplex sigillum veri  :)

CitazioneL'IO, inaugurato da Cartesio, ha una tale problematicità che già ai suoi contemporanei ebbe chi ne fosse favorevole e chi ne mostrò critiche. Poi con Kant, Husserl e tutto il Novecento, passando per la psicologia e lo psicologismo filosofico, fino al cognitivismo attuale.
Quell' IO verrà analizzato, frammentato, ricostruito e rianalizzato, parecchie volte.
Molti, e penso anche tu, lo ragionano  come "processo", come relazione .
Sempre molti lo confondono con altri termini, ammesso che sia una confusione.

La psiche umana è una galassia di molteplici piani e funzioni che passano, usando una grammatica freudiana, dall'Es al Super Io, dal cuore emotivo al cervello razionale, dall'istinto all'ideologia. Tra questi antipodi, l'Io è la sintesi incarnata in un essere umano. In senso attivo e passivo: verbo, sostanza e attributo.

CitazioneAd esempio  un pensatore contemporaneo , Dennet scrive: «A che cosa serve la coscienza, se un'elaborazione dell'informazione perfettamente inconsapevole è capace, in linea di principio, di conseguire tutti i fini per i quali si supponeva che esistesse la mente cosciente?»
Ma cosa intende per coscienza Dennet? E' chiaro che il processo di conoscenza, che ci informa e informa qualcuno, è" freddo" in un calcolatore, ma è proprio quello che voleva Descartes.

Descartes aveva qualche giustificazione in più di Dennet. Viaggiando, l'utopia umanistica si è acidificata in distopia e le magnifiche e progressive sorti in un inferno capitalistico inumanizzato. Ma il bambino, l'umano, continua a rigenerarsi e passerà anche questa nottata

Citazione...Wittgenstein scriverà nel Tractaus: 5.63: «Io sono il mio
mondo»; 5.632: «Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo».

Il soggetto è il margine metafisico di un mondo divenuto alfine autocosciente. E' il trascendentale che si ripiega misticamente su se stesso chiedendosi la ragione del suo, e dell'universale, esistere. Per cui:

CitazioneDescartes (Cartesio è il nome italianizzato) ha necessità di una meta-fisica in cui vi è un Dio per potere enunciare un IO e che i giudizi del metodo dell'evidenza per conoscere le cose del mondo (res extensa) in quanto ritine Dio il garante che non vi sia un'impostura, una falsità nel fondamento , affinchè noi possiamo davvero conoscere il vero e non un "allucinazione"

Cartesio mostra la necessità di una metafisica immanente, affinchè noi possiamo davvero conoscere il vero (γνῶθι σεαυτόν, gnōthi seautón) e non una "allucinazione" ultraterrena che rimanda la risposta altrove.

CitazioneFisico e meta-fisico sono due domini che non sono contrapposti, come spesso si pensa in questo forum, e come un certo scientismo di "bassa levatura" ha tentato di fare.
Scrive Descartes:" «La filosofia  è come un albero, le cui radici sono la metafisica, il tronco è la fisica e i rami che escono da questo tronco sono tutte le altre scienze».

Invertendo le parti l'albero filosofico, inclusa la "causa finale", risulta più verosimile. Le radici sono la terra (FN), la filosofia è il frutto. E lasciamo ai fisici l'incombenza di reggere il tronco.

CitazioneEssere- Esistenza Essendo grande la disquisizione se percorressimo la storia dell'intero percorso filosofico e rimanendo al solo Cartesio, già in lui l'Essere, secondo l'ontologia tradizionale, comincia a perdere "consistenza" a pro dell'esistenza.  Cartesio è ancora nel meta-fisico per due motivi.
Per dare consistenza al Cogitans, al pensiero e per dare consistenza all'oggetto della conoscenza (la res extensa). La storia dirà che la metafisca perderà consistenza già  nel pensiero empirista ,essendo anti metafisici anche manifestamente. Il punto è che l'ontologia, man mano diventa impraticabile ,mentre sale l'accento sui processi, sul "come" il pensiero conosce, sugli strumenti linguistici, concettuali , cresce insomma la gnoseologia.
Oggi è davvero confuso dire che cosa sono i "contenitori", cosa sono ontologicamente, e sono proliferizzati i termini simili aumentando questa confusione. Nel mentre si è analizzato parecchio, in filosofia e non solo, l'atto conoscitivo : fra me e il mondo  e/o il mondo e me ,come costruisco la conoscenza , problematizzando anche il concetto di Realtà.
L'esistenza diventa conseguente  nella storia del pensiero moderno. Si accentua l'arco temporale, in cui l'IO si determina nella propria esistenza.

La confusione nasce dal fatto che tanto il materialismo volgare (scientismo) che le fughe nella trascendenza (religione) vogliono ridurre la realtà ad un unico principio e fine, ad un monismo dogmatico in entrambi i fronti contrapposti.

Invece l'evoluzione si presenta come una serie di salti che alla fine hanno prodotto specie biologiche capaci di porsi come soggetti (relativamente) autonomi di fronte al mondo con gradi diversi di autocoscienza e coscienza, evolutesi infine in capacità di pensiero astratto, croce metafisica e delizia tecnologica della specie umana.

CitazionePer quanto riguarda il " cogito ergo sum" ridefinibile rovesciandolo nel mio esempio  in "sum,  ergo cogito", bisogna sapere che Descartes lo ha fatto  in un certo senso davvero.  In Meditazioni metafisiche  del 1641,  in luogo del cogito si ha : ego sum, ego existo.  «Questo che pronunzio: Io sono, Io esisto», scrive infatti Descartes, è vero «per tanto tempo per quanto è da me proferito o concepito nella mente». Nella II Meditazione, invece, alla domanda «che cosa, dunque, sono Io? Si risponde: una cosa che pensa.È solo in seguito, nella III Meditazione, che la res cogitans è interpretata come una sostanza, e distinta realmente dalla res extensa, cioè dai corpi materiali, compreso il corpo umano.

Il cogito risolve il dubbio ontologico, non la dialettica soggetto pensante-oggetto pensato, che rimane anche cartesianamente in tutta la sua biunivoca, reversibile, realtà. Cosa di cui il padre del cogito ontologico era intuitivamente consapevole e spiega l'ondeggiamento tra materia e pensiero, materialismo e idealismo. La dialettica metafisica, e una fisica sempre più relativistica fino all'indeterminismo, aggiungeranno altra carne, e legna, al fuoco.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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