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Oltre Cartesio

Aperto da Jacopus, 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM

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green demetr

Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2020, 22:24:17 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2020, 22:34:23 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM
Impossibile sottovalutare Cartesio. È definito il filosofo che ha fondato la modernità. Forse le sue opere sono il vero passaggio tra Medio Evo ed Evo Moderno, piuttosto che un anomalo viaggio verso le Indie o la fine della guerra dei 100 anni.
Dobbiamo a lui, ad esempio, la definitiva emancipazione della filosofia dalla teologia...

E' veramente un passaggio epocale che cancella oltre mille anni di metafisica cristiana e riporta la filosofia ai sentieri interrotti della filosofia classica, riponendo l'ontologia (l'essere) pienamente nella misura umana immanente.

Il cogito è autosufficiente, a prova di dubbio, cosa che neppure un millennio di indottrinamento religioso cristiano e millenni di teismo avevano conseguito.

Neppure il contemporaneo, biscomunicato, Spinoza arriva a tanto dovendosi comunque fondare su un'entità trascendente per compiere la sua traversata verso l'immanenza del Deus sive Natura, non completamente liberata dal cordone ombelicale con la divinità che si realizzerà solo invertendo i termini del postulato in Natura sive Deus. Completando alfine, col cogito cartesiano, il viaggio verso la modernità liberata dai numi.


il procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Interessante questo paragone con Agostino, che sottoscrivo, anche secondo me Cartesio è mal compreso.


D'altronde quando parliamo di modernità lo facciamo in quanto problematica, in quanto solleva problemi. (atomizzazione e possibilità di riduzionismi vari. res cogitans come res extensa, ossia come res, e non credo, ma forse sbaglio che Agostino così pensasse.)


Tu vedi nella modernità una rottura o una una continuazione del canone occidentale, e sopratutto rispetto a questo canone come pensi che la post-modernità si ponga?



Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

#16
Al solito Green spariglia la partita inondandola di quella che il suo maestro in gioventù chiamò "metafore proibite".

Io la faccio più semplice: il cogito cartesiano risolvendo il dubbio totalmente nell'immanenza taglia l'erba sotto i piedi alla trascendenza e lo fa proprio nell'oggetto del contendere metafisico: l'Essere, derubricato ad essere (umano) cogitante.

Che poi da lì sia nato il moderno e il postmoderno con tutte le loro schifezze me ne cale nulla. Alea iacta est. Aleatori i dadi come sempre. Ma almeno sottratti ad alieni disegni intelligenti.

Anche sulle kabale post-trascendenti vedo pochi sviluppi per contrastare l'automa paranoico che va combattuto con gli strumenti dell'etica immanente valorizzando, come dice Telmo Pievani in "Finitudine", la singolarità antropologica, facendosi carico del noblesse oblige che tale singolarità induce. E' il vecchio spirito della terra, Erdgeist, l'unica trascendenza di cui si possa sensatamente dire, e da cui si possa trarre, qualcosa. Come raccomanda il maestro.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2020, 22:24:17 PM
Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.

Non è necessario essere dei mangiapreti per determinare una rottura con la tradizione religiosa. Anzi, le picconate più poderose vengono da autentici credenti che non si sottomisero supinamente alle verità rilevate. Certamente il francescano Ockham non avrebbe mai pensato che il suo rasoio sarebbe diventato una ghigliottina giacobina. Dante, Galileo, Bruno, Spinoza, Newton e forse anche Descartes erano sinceri e convinti credenti, ma la loro sete di verità ha prodotto l'effetto opposto. Eterogenesi dei fini. A fin di bene in tali casi.

Agostino è un gigante del pensiero e della storia. Se Paolo è la spada del cristianesimo, Agostino ne è l'anima vivente: un acrobata capace di rendere sensuale anche la castità. Il primo di una lunga serie, ma nessuno grande come lui. Certamente da leggere anche solo per il valore del metodo persuasivo, da dirottare verso altri contenuti per quel che mi riguarda.

L'introspezione metodologica risale al "conosci te stesso" che attraversa tutto il pensiero antico, inghiottita per mille anni dal carsismo teologico cristiano e riportata alla superficie dal cogito cartesiano che su questa conoscenza, altra dalla divinità, risolve un dubbio ontologico che evidentemente era già nello spirito del tempo, sintomo ipogeo dell'inadeguatezza delle Risposta allora dominante.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

Citazione di: green demetr il 02 Dicembre 2020, 22:46:23 PM
Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2020, 22:24:17 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2020, 22:34:23 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Novembre 2020, 23:02:00 PM
Impossibile sottovalutare Cartesio. È definito il filosofo che ha fondato la modernità. Forse le sue opere sono il vero passaggio tra Medio Evo ed Evo Moderno, piuttosto che un anomalo viaggio verso le Indie o la fine della guerra dei 100 anni.
Dobbiamo a lui, ad esempio, la definitiva emancipazione della filosofia dalla teologia...

E' veramente un passaggio epocale che cancella oltre mille anni di metafisica cristiana e riporta la filosofia ai sentieri interrotti della filosofia classica, riponendo l'ontologia (l'essere) pienamente nella misura umana immanente.

Il cogito è autosufficiente, a prova di dubbio, cosa che neppure un millennio di indottrinamento religioso cristiano e millenni di teismo avevano conseguito.

Neppure il contemporaneo, biscomunicato, Spinoza arriva a tanto dovendosi comunque fondare su un'entità trascendente per compiere la sua traversata verso l'immanenza del Deus sive Natura, non completamente liberata dal cordone ombelicale con la divinità che si realizzerà solo invertendo i termini del postulato in Natura sive Deus. Completando alfine, col cogito cartesiano, il viaggio verso la modernità liberata dai numi.


il procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Interessante questo paragone con Agostino, che sottoscrivo, anche secondo me Cartesio è mal compreso.


D'altronde quando parliamo di modernità lo facciamo in quanto problematica, in quanto solleva problemi. (atomizzazione e possibilità di riduzionismi vari. res cogitans come res extensa, ossia come res, e non credo, ma forse sbaglio che Agostino così pensasse.)


Tu vedi nella modernità una rottura o una una continuazione del canone occidentale, e sopratutto rispetto a questo canone come pensi che la post-modernità si ponga?




Non so cosa tu intenda precisamente con "canone occidentale", provando a ipotizzare, considerando il contesto della discussione (si parla del rapporto Cartesio-filosofia cristiana), si tratti della tradizione metafisica antica e medievale di stampo trascendentista, si potrebbe intendere Cartesio come momento di snodo della modernità, interpretabile in ottiche tra loro contrapposte. Ci starebbe bene la citazione della lettura di Cartesio fatta da Del Noce (non l'ho ancora letto direttamente, ma è sempre un costante ed esplicito riferimento del mio professore di Filosofia Morale, che è uno dei principali studiosi del suo pensiero), per cui da Cartesio discendono due percorsi opposti. Il primo, germanico, prosegue con Kant, Hegel e gli epigoni di quest'ultimo, compreso Marx, questo filone intende il Cogito, principio fondativo e vincolante ogni realtà e ogni pretesa di verità che lo presuppone, come Cogito umano, vede dunque l'uomo come arbitrio ultimo della verità, ed essendo il mondo il limite entro cui un pensiero e un agire umano, sono possibili, ne discenderà l'assolutizzazione del mondano, un esito immanentista e antireligioso. C'è però un secondo filone della modernità, "latino", che da Cartesio fa derivare istanze spiritualistiche presenti in autori moderni come Pascal, Vico, Rosmini, che vede nel primato epistemologico del Cogito, non l'assolutizzazione dell'uomo, in quanto il Cogito non è propriamente l'uomo nell'insieme delle sue dimensioni, ma la sua componente interiore e spirituale, certamente presente all'uomo, ma distinta dalla componente materiale ed esteriore, che è il riflesso della finitezza umana, e dunque vede il Cogito come indicatore di una realtà responsabile della possibilità per l'uomo di giungere alla certezza della propria esistenza, ma che non si identifica con l'uomo, sintesi di materia e spirito, ma con Dio puro spirito: se la verità di cui l'uomo non può dubitare attiene alla sua componente spirituale, allora la Verità assoluta, fondativa di tutte le altre dovrebbe identificarsi con la verità di un Pensiero, puramente spirituale, cioè divino. Siamo in pieno agostinismo.


Capire in che misura i due filoni contrapposti siano legittimati a porsi come prosecutori della lezione cartesiana è collegata all'annosa questione della distinzione interiorità-immanenza. Identificando i due concetti dovremmo dar ragione, da un lato al filone immanentista/idealista che fa coincidere l'idea dell'autocoscienza come punto di partenza metodologico assolutamente valido di ogni conoscenza, con l'idea dell'uomo misura di ogni verità, escludendo ogni verità trascendente i limiti del suo sapere, e di contro, a quella corrente del pensiero cattolico più rigidamente ancorata alla scolastica tomista, che vede pensiero moderno e metafisica classica e cristiana come acerrimi nemici senza possibilità di integrazione. Se invece, come sarebbe corretto dal mio punto di vista, immanenza e interiorità vanno distinte, allora l'interiorizzazione del luogo da assumere come punto di partenza della ricerca della verità non comporta alcuna assolutizzazione della conoscenza umana, nessun immanentismo, perché la verità che abita in interiore homine non coincide col pensiero del soggetto a cui l'interiorità è riferita, dato che è il soggetto stesso, l'uomo, ha essere sempre, in buona parte, "fuori di sé", condizionato dalla materia e dalle distrazioni del mondo esterno. Il Dio agostiniano è più intimo all'uomo di quanto l'uomo sia intimo a se stesso, la sua interiorità è lo spazio che, percorso, porta al riconoscimento di un'Oltre, e non ha nulla a che vedere con l'immanenza dell'idealismo moderno.

Jacopus

CitazioneNon ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?



Scusami Green. Sono stato impegnato in questi ultimi giorni e non sono riuscito a rispondere prima.
E' vero che la classifica di Pinker relativamente ai più grandi massacri della storia è quantitativa e pertanto assonante con la famosa frase attribuita a Stalin "una morte è una tragedia, un milione di morti è statistica". Ma nel caso di Pinker si tratta di riformare una visione della storia, secondo la quale la violenza ha raggiunto l'apice con la modernità, mentre è esattamente il contrario. Come ho già detto in molti altri post, l'incidenza di omicidi ogni 100.000 persone in Europa occidentale, negli ultimi mille anni è crollato in modo spettacolare. Oggi siamo intorno ad 1-2 omicidi/anno ogni 100.000 persone mentre in altri periodi (come il magnifico rinascimento), abbiamo raggiunto percentuali di 80-100 omicidi/anno ogni 100.000 abitanti. Tanto per dare un'idea significherebbe che a Roma dovrebbero esserci, solo per pareggiare la partita con il Rinascimento, 2700 omicidi all'anno e in Italia 54.000 omicidi all'anno. Invece nel 2019, in Italia sono stati commessi 307 omicidi, come è facile appurare dalle statistiche pubbliche del Ministero dell'Interno, il che ci rende uno dei paesi con il minor rischio di essere vittime di un omicidio al mondo (percentuale 0.5 omicidi ogni 100.000 persone).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve Green. Citando la tua replica a jacopus : "Non ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?".Capisco che una certa visione del mondo non tolleri una visione impersonale delle realtà personali.Si tratta però di una visione del mondo del tutto manichea, che vorrebbe stabilire l'ennesimo tabù spiritual-antropologico.A questo punto sarebbe bene, per alcuni, evitare (per ragioni etiche) la enumerazione, il conteggio, i censimenti e le statistiche di qualsiasi genere che riguardino (per carità....anche solo eventualmente, possibilmente, marginalmente) valori, vicende, sentimenti collettivi perchè le collettività sono composte di casi singoli.Della persona umana e delle sue umane vicende - per costoro - sarebbe lecito parlare solo in termini esistenziali, intimistici e soprattutto rigorosamente PERSONALI (E' ovvio che se si parla di due o più individui-persone non si potrà che deprimere, diluire, svilire i sacri, santi e tabuici contenuti del totem personalistico, disperdendone il senso ed il valore all'interno di una impersonalità indefinita e tendendenzialmente moltitudinaria. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Ritornando alla discussione principale su Cartesio da altri topic sull'anima e sul dubbio (immanente e trascendente), e replicando all'ultimo post di davintro, è indubbio lo snodo metafisicamente evolutivo della centralità posta da Cartesio al rapporto cogito/essere. Lo sdoppiamento eventuale di tale snodo, anche solo per i nomi citati da davintro, evidenzia lo sbilanciamento tra il grande fiume della tradizione immanentista ed il rivolo della restaurazione animistica in un iperuranio di anime cogitanti che rimanda al classico medello creazionista.

Anche il dualismo delle res è un rilancio verso il superamento del monismo animistico della Genesi, subordinante il mondo alla volontà umana su mandato di quella divina. La res extensa acquista, dopo Cartesio, una sua (conoscibile) autonomia, che il sars-cov-2 ci rammenta quotidianamente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

#22
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

davintro

Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.


Buonasera Jacopus
Non a caso hai citato, in riferimento all'opposizione a Cartesio, tomismo o scolastica aristotelica-domenicana, che costituiscono l'orientamento teologico prevalente nella Chiesa cattolica, ma non sono, fortunatamente, l'unico filone interno al complesso della tradizione metafisica cristiana. Accanto ad essi troviamo la via platonico-agostiniana, che, per l'appunto, gran parte degli aderenti alle posizioni tomiste o scolastiche hanno sempre visto con occhio sospettoso, timorose che, erroneamente a mio modesto avviso, ma ciò non conta nulla, la via dell'interiorità conducesse ad esiti immanentistici, per i quali le verità teologiche finirebbero relativizzate all'interno della soggettività umana che rivolgendosi a se stessa le ricerca. E proprio a questo filone agostiniano dell'interiorità pensavo soprattutto riguardo l'analogia con Cartesio, e non, almeno non primariamente, all'impostazione tomista, scolastica, o a un certo modo di intenderla. Certamente il Dio cartesiano non è a tutti gli effetti quello agostiniano, non è il Dio che si invoca, a cui ci si rivolge come un padre, nella Confessioni, è un Dio che rientrerebbe nell'ambito di una metafisica razionalista che anche un Voltaire, anticlericale ma non ateo, non avrebbe problemi a concepire, ma comunque un Dio trascendente. Quindi, prima di stabilire quanto l'esito teista sia conclusione necessaria del pensiero di Cartesio bisognerebbe accordarsi sull'accezione con cui intendere l'idea di Dio, quella della fede nelle Scritture, nelle rivelazioni storiche, dei dogmi, oppure il Dio dei filosofi a cui il deismo si ferma, il Dio Causa Prima incausata che rende ragione della realtà dell'uomo, in particolare nella componente spirituale attestata dal Cogito. Il risconto di un disinteresse, di una tematizzazione forzata, atta a evitare problemi con il clima culturale dell'epoca, non aiuta più di tanto a sbrogliare la questione. Cartesio formula diverse prove dell'esistenza di Dio. Ora, un conto è riconoscere come motivo principale di questo impegno dei condizionamenti esterni alla propria volontà piuttosto che un sincero interesse personale, un altro arrivare a pensare che lo stesso merito dell'argomentazione e le conclusioni che ne derivino siano stati viziati per giungere a un esito che la stessa ragione cartesiana, in piena libertà, non avrebbe condiviso: cioè, il fatto che Cartesio si sia sentito forzato a occuparsi del tema teologico, inteso in generale, senza che gli interessasse poi così tanto, non implica che nell'effettivo approccio al tema egli abbia formulato argomenti e conclusioni della cui logica egli non fosse convinto. E se, accettando la sua buonafede, la convinzione in merito c'era, allora sarebbe corretto dire che comunque Dio è l'esito necessario della sua filosofia, in quanto conclusione coerente con le sue premesse, indipendentemente dal fatto che, fuori dal contesto politico e culturale dell'epoca, immaginandolo in piena libertà intellettuale, avrebbe preferito non occuparsene.

green demetr

Citazione di: Ipazia il 02 Dicembre 2020, 23:03:09 PM
Al solito Green spariglia la partita inondandola di quella che il suo maestro in gioventù chiamò "metafore proibite".

Io la faccio più semplice: il cogito cartesiano risolvendo il dubbio totalmente nell'immanenza taglia l'erba sotto i piedi alla trascendenza e lo fa proprio nell'oggetto del contendere metafisico: l'Essere, derubricato ad essere (umano) cogitante.

Che poi da lì sia nato il moderno e il postmoderno con tutte le loro schifezze me ne cale nulla. Alea iacta est. Aleatori i dadi come sempre. Ma almeno sottratti ad alieni disegni intelligenti.

Anche sulle kabale post-trascendenti vedo pochi sviluppi per contrastare l'automa paranoico che va combattuto con gli strumenti dell'etica immanente valorizzando, come dice Telmo Pievani in "Finitudine", la singolarità antropologica, facendosi carico del noblesse oblige che tale singolarità induce. E' il vecchio spirito della terra, Erdgeist, l'unica trascendenza di cui si possa sensatamente dire, e da cui si possa trarre, qualcosa. Come raccomanda il maestro.
.


E' proprio seguendo Pievani e soci che si finisce nell'automa paranoide, con le stesse caratteristiche di quello Cristiano.
Dissento pertanto e anzi rilancio (non che mi aspetto tu lo faccia):
A fare i pappagallo (e non intendo solo Pievani) non si va da nessuna parte.

E comunque il postmodernismo è esattamente un materialismo, sennò non si capiscono posizioni sotto-sopra di gente come Galimberti.

Il materialismo è la deiezione di qualsiasi etica.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2020, 16:17:05 PM

Non so cosa tu intenda precisamente con "canone occidentale", provando a ipotizzare, considerando il contesto della discussione (si parla del rapporto Cartesio-filosofia cristiana), si tratti della tradizione metafisica antica e medievale di stampo trascendentista, si potrebbe intendere Cartesio come momento di snodo della modernità, interpretabile in ottiche tra loro contrapposte. Ci starebbe bene la citazione della lettura di Cartesio fatta da Del Noce (non l'ho ancora letto direttamente, ma è sempre un costante ed esplicito riferimento del mio professore di Filosofia Morale, che è uno dei principali studiosi del suo pensiero), per cui da Cartesio discendono due percorsi opposti. Il primo, germanico, prosegue con Kant, Hegel e gli epigoni di quest'ultimo, compreso Marx, questo filone intende il Cogito, principio fondativo e vincolante ogni realtà e ogni pretesa di verità che lo presuppone, come Cogito umano, vede dunque l'uomo come arbitrio ultimo della verità, ed essendo il mondo il limite entro cui un pensiero e un agire umano, sono possibili, ne discenderà l'assolutizzazione del mondano, un esito immanentista e antireligioso. C'è però un secondo filone della modernità, "latino", che da Cartesio fa derivare istanze spiritualistiche presenti in autori moderni come Pascal, Vico, Rosmini, che vede nel primato epistemologico del Cogito, non l'assolutizzazione dell'uomo, in quanto il Cogito non è propriamente l'uomo nell'insieme delle sue dimensioni, ma la sua componente interiore e spirituale, certamente presente all'uomo, ma distinta dalla componente materiale ed esteriore, che è il riflesso della finitezza umana, e dunque vede il Cogito come indicatore di una realtà responsabile della possibilità per l'uomo di giungere alla certezza della propria esistenza, ma che non si identifica con l'uomo, sintesi di materia e spirito, ma con Dio puro spirito: se la verità di cui l'uomo non può dubitare attiene alla sua componente spirituale, allora la Verità assoluta, fondativa di tutte le altre dovrebbe identificarsi con la verità di un Pensiero, puramente spirituale, cioè divino. Siamo in pieno agostinismo.


Capire in che misura i due filoni contrapposti siano legittimati a porsi come prosecutori della lezione cartesiana è collegata all'annosa questione della distinzione interiorità-immanenza. Identificando i due concetti dovremmo dar ragione, da un lato al filone immanentista/idealista che fa coincidere l'idea dell'autocoscienza come punto di partenza metodologico assolutamente valido di ogni conoscenza, con l'idea dell'uomo misura di ogni verità, escludendo ogni verità trascendente i limiti del suo sapere, e di contro, a quella corrente del pensiero cattolico più rigidamente ancorata alla scolastica tomista, che vede pensiero moderno e metafisica classica e cristiana come acerrimi nemici senza possibilità di integrazione. Se invece, come sarebbe corretto dal mio punto di vista, immanenza e interiorità vanno distinte, allora l'interiorizzazione del luogo da assumere come punto di partenza della ricerca della verità non comporta alcuna assolutizzazione della conoscenza umana, nessun immanentismo, perché la verità che abita in interiore homine non coincide col pensiero del soggetto a cui l'interiorità è riferita, dato che è il soggetto stesso, l'uomo, ha essere sempre, in buona parte, "fuori di sé", condizionato dalla materia e dalle distrazioni del mondo esterno. Il Dio agostiniano è più intimo all'uomo di quanto l'uomo sia intimo a se stesso, la sua interiorità è lo spazio che, percorso, porta al riconoscimento di un'Oltre, e non ha nulla a che vedere con l'immanenza dell'idealismo moderno.


Il canone occidentale è quello che viene riportato in fin dei conti dalle antologie letterarie.
Certamente è quello della metafisica prima classica e poi cristiana.

Concordo con il tuo professore che ha voluto dare una piega al discorso che si concentri sulla priorità del discorso politico.
Naturalmente Del Noce, ovvero Rosmini.
Quello che mi piace di Rosmini è l'aver distinto tra concetto di persona (politica dell'individuo sociale), e concetto di Dio. Laddove l'etica è la politica cristiana applicata al sociale.
(molto in soldoni). Ossia la chiave latina.
Quello che non mi piace del buon Rosmini, è il fraitendimento del soggetto.
Infatti per Rosmini il soggetto è già l'esser uomo integro, naturale.

Della chiave tedesca invece adoro il lungo cammino per raggiungere la consapevolezza del soggetto come costruzione. Dove la politica è di tipo storico-sociale legata proprio a quella concezione di soggetto.

Come però abbiamo già detto, entrambe hanno caratteristiche di trascendenza.
Non sono così distanti come si vorrebbe far credere.

Sono felice che sei passato dalla parte di noi metafisici. (anche se suppongo questo epiteto non ti piacerà ;) ).
E quindi dopo anni di incomprensione ci troviamo molto vicini.  ;)


Non hai risposto al problema della postmodernità invece. Ossia come la politica da individuale passi a quella statale (ossia la riduzione di qualsiasi individuale sotto il dominio dellla macchina sia a livello generale che della macchina statale in senso stretto). Prova a discuterne con il tuo prof.
;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Jacopus il 05 Dicembre 2020, 18:29:04 PM
CitazioneNon ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?



Scusami Green. Sono stato impegnato in questi ultimi giorni e non sono riuscito a rispondere prima.
E' vero che la classifica di Pinker relativamente ai più grandi massacri della storia è quantitativa e pertanto assonante con la famosa frase attribuita a Stalin "una morte è una tragedia, un milione di morti è statistica". Ma nel caso di Pinker si tratta di riformare una visione della storia, secondo la quale la violenza ha raggiunto l'apice con la modernità, mentre è esattamente il contrario. Come ho già detto in molti altri post, l'incidenza di omicidi ogni 100.000 persone in Europa occidentale, negli ultimi mille anni è crollato in modo spettacolare. Oggi siamo intorno ad 1-2 omicidi/anno ogni 100.000 persone mentre in altri periodi (come il magnifico rinascimento), abbiamo raggiunto percentuali di 80-100 omicidi/anno ogni 100.000 abitanti. Tanto per dare un'idea significherebbe che a Roma dovrebbero esserci, solo per pareggiare la partita con il Rinascimento, 2700 omicidi all'anno e in Italia 54.000 omicidi all'anno. Invece nel 2019, in Italia sono stati commessi 307 omicidi, come è facile appurare dalle statistiche pubbliche del Ministero dell'Interno, il che ci rende uno dei paesi con il minor rischio di essere vittime di un omicidio al mondo (percentuale 0.5 omicidi ogni 100.000 persone).



Si avevo capito quale era l'orizzonte di quel discorso.
Ossia una difesa della modernità. Peccato che sia un discorso a partire dalla modernità.
Era questa la mia critica. Ossia un rigetto di qualsiasi critica della modernità stessa.
Ripeto non ha senso fare discorsi in scala.
Poi capisco: siamo già abbasta stressati dal quotidiano. Ti esento dal rispondere, tranquillo avevo capito  ;)
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green demetr

Citazione di: viator il 05 Dicembre 2020, 19:33:24 PM
Salve Green. Citando la tua replica a jacopus : "Non ho capito dove vuoi arrivare. Vorresti dire che sei d'accordo con Ipazia? Ma trattare gli esseri umani come numeri, ed è quello che hai appena fatto (adirittura mettendoli in scala   ), non è esattamente quello il problema (dal nazimo in giù)?".Capisco che una certa visione del mondo non tolleri una visione impersonale delle realtà personali.Si tratta però di una visione del mondo del tutto manichea, che vorrebbe stabilire l'ennesimo tabù spiritual-antropologico.A questo punto sarebbe bene, per alcuni, evitare (per ragioni etiche) la enumerazione, il conteggio, i censimenti e le statistiche di qualsiasi genere che riguardino (per carità....anche solo eventualmente, possibilmente, marginalmente) valori, vicende, sentimenti collettivi perchè le collettività sono composte di casi singoli.Della persona umana e delle sue umane vicende - per costoro - sarebbe lecito parlare solo in termini esistenziali, intimistici e soprattutto rigorosamente PERSONALI (E' ovvio che se si parla di due o più individui-persone non si potrà che deprimere, diluire, svilire i sacri, santi e tabuici contenuti del totem personalistico, disperdendone il senso ed il valore all'interno di una impersonalità indefinita e tendendenzialmente moltitudinaria. Saluti.


Veramente è il contrario, è la sociologia (figlia putrida del modernismo) con i suoi discorsi numerici spersonalizzanti, a creare tabù.
(ti ricordo che il tabù è il luogo da non percorrere, il luogo dove cessa il dialogo, il luogo dove risiede la colpa, e dunque la "giusta" punizione)
Nè più nè meno che come qualsiasi altra casta sacerdotale ha fatto e continua a fare oggi.

A meno che per te, essere ebreo in tempo nazista significasse essere reo di non aderire al pensiero numerante.

In quella fattispecie ovviamente mi arrendo ai tuoi fantasmi sadici, gli stessi della sociologia, tanto per essere chiari.

Fa sorridere questo continuo attacco alle scelte personali, la spiritualità è una scelta personale: non ha nulla a che fare con la filosofia critica, razionale.
Che poi sarebbe il sotto-topic presupposto da questo topic stesso.

Altra cosa l'intellettualità. Ma qui non mi pare di averla tirata in ballo.
E comunque l'intellettuale dovrebbe abbaterli i tabù. Non lo fa, lo sappiamo tutti, e va bene, il coraggio ormai è un miraggio, ma non è che allora bisogna dire che in mancanza di quello eriga LUI i tabù. E' ridicolo Viator, non credi?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Jacopus il 06 Dicembre 2020, 19:07:31 PM
Citazioneil procedimento tramite cui Cartesio perviene alla certezza del "Cogito ergo sum" ricalca quello agostiniano in cui, in polemica con gli scettici, portando il dubbio alla sua massima radicalità, vengono meno le certezze legate alla conoscenza del mondo esterno ma non la certezza circa il proprio esistere, che per quanto erri, esiste come soggetto errante, "Si fallor, sum". Probabilmente, il significato di soggettività agostiniano si distingue per essere più ampio di quello cartesiano, che si limita all'essere pensante, ma al di là delle differenze, resta comune il principio per cui quanto più lo sguardo si fa "introverso", si rivolge all'interiorità spirituale distogliendosi dall'esperienza sensibile dell'esteriorità, tanto più si avvicina a un livello di verità certe e fondative di quelle empiriche, condizionate alla fallibilità dei sensi (ipotesi dell'allucinazione). Il principio per cui l'idea il sapere di Dio, puro spirito, è il criterio di verità su cui poggiano tutte quelle parziali e limitate della scienza umana è lo stesso per cui, come nella tradizione platonica-agostiniana le verità della matematica hanno un grado di necessità e certezza superiore a quella delle scienze dell'esperienza sensibile, proprio alla luce dell'intelligibilità, immaterialità dei termini che i giudizi matematici mettono in relazione, quella matematica che proprio Cartesio ha in mente come modello a cui la filosofia dovrebbe ispirarsi il più possibile. Quindi andrebbe fatta una distinzione fondamentale: se si parla di puro fideismo e dogmatismo, certamente il metodo cartesiano è di fronte a esso puramente alternativo, ma se si intende una metafisica di ispirazione cristiana che sceglie di mettere da parte la fede (non per negarla beninteso, ma di non tenerne conto in una epochè metodologica) per affidarsi alla pura ragione filosofica, allora a me pare che in Cartesio gli elementi di continuità sian molto più importanti di quelli di rottura.


Buonasera Davintro. Con i miei tempi cerco di stare dietro alla discussione. L'interpretazione che poni è stata lungamente dibattuta. Sinceramente a me sembra il tentativo di ogni "tradizione" di far rientrare nei suoi canoni anche gli eretici e gli apostati, meglio se in articulo mortis.
Cartesio fa parte di quel gruppo di pensatori che rischiarono l'autodafè per porsi contro il pensiero della tomistica scolastica. Cartesio da questo punto di vista fu molto prudente ma anche lui subì una conseguenza pesante rispetto alla sua libertà di pensiero, risultando impresentabile come docente presso qualsiasi università dell'epoca. Farlo rientrare nel novero della tradizione è poco realistico.
Racconto un episodio buffo quanto noto. Un giovane seminarista che diverrà a sua volta filosofo, Malebranche, si racconta che svenne alla lettura della prefazione de "L'uomo", l'ultima opera di Cartesio, pubblicata postuma, se non ricordo male. Lo svenimento, in realtà fu dovuto alla grande ispirazione che Malebranche trasse, credendo che quel sistema rendeva la sostanza dell'anima pura e indipendente da ogni manipolazione relativa al pensiero magico e contadino.
In essa Cartesio fa quello che viene considerato il primo "esperimento mentale scientifico". Suppone che Dio costruisca un automa, in tutto e per tutto uguale all'uomo, da lui creato in precedenza, e da questa supposizione trae la conclusione, molte pagine dopo (dove sperava che la commissione dell'index librorum prohibitorum non sarebbe mai giunta) che quell'automa è esattamente l'uomo, che si muove, si agita, ha passioni, sulla base dei suoi componenti "meccanici". Ma non solo l'uomo, Cartesio va oltre, perchè dice esplicitamente che le leggi "del fuoco" che agitano il cuore dell'uomo sono le stesse che governano tutti gli altri corpi animati e inanimati.
Insomma, Cartesio lascia a Dio lo spazio del creatore iniziale, ma è solo una captatio benevolentiae nei confronti dei domenicani controriformisti. La cosa non lo interessa minimamente. Le leggi della natura (e l'uomo rientra nella natura, in quanto res extensa) vanno studiate senza alcun condizionamento teologico.
Si racconta anche che in un altro libro fu l'editore a pregare Cartesio di aggiungere un capitolo su Dio, perchè altrimenti sarebbe stato difficile venderlo.
Insomma Cartesio, ben lungi da essere un prosecutore della tradizione scolastico-aristotelica, era però un uomo prudente. Nel discorso sul metodo si appella al pubblico per dire che se si pongono degli ostacoli alla scienza si mettono degli ostacoli alla libertà e al progresso dell'umanità. Insomma mette le mani avanti, perchè in odore di eresia. Ed è possibile interpretare anche in questo senso la distinzione netta fra res cogitans/Dio e res extensa/uomini. Dio viene in qualche modo accettato, diplomaticamente, ma sterilizzato da ogni condizionamento sulla comprensione del mondo.
In questo modo si parla di "scolastica cartesiana", ovvero di un sistema filosofico che tende a tranquillizzare l'ordine cristiano affinchè la ricerca scientifica non sia vista come un nemico. E' questo anche il significato del dualismo cartesiano.
Ma l'etica di Cartesio è evidente. Per lui la realtà è la realtà della scienza e la morale non può illudersi di non doversi confrontare con essa. A Dio e alla religione viene lasciato uno spazio di rappresentanza, come ai re nei governi democratici moderni, ma ha il solo scopo di non essere perseguitato.
Per allargare lo sguardo si può dire che vi sono due direzioni del pensiero, alla vigilia dell'epoca moderna, una tende a sviluppare teorie sincretistiche ancora intrise di credenze magiche, astrologiche, alchimistiche, di neoplatonismo. Cartesio invece è straordinario perchè abbandona tutto ciò. E' un ingegnere, che eventualmente si rifà a Leonardo, perchè comprende che la matematica può essere applicata alla realtà. la matematica non è più un gioco per iniziati, che richiama nella sua perfezione alla metafisica. Invece attraverso l'algebra può permettere uno studio della realtà che è una realtà meccanica. Le scienze meccaniche, la fisica e la matematica sono le discipline cartesiane per eccellenza.
Una delle grandi intuizioni di Cartesio è stata inoltre quella di considerare l'unità di tutte le discipline scientifiche perchè tutte rispondono allo stesso metodo investigativo. Una intuizione che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi, nell'epoca dell'interdisciplinarietà, dove risulta evidente come non sia possibile studiare la biologia senza conoscere la genetica e l'antropologia o la sociologia senza conoscere la psicologia e la teoria politica.


Cartesio ERA un alchimista, in precisazione un Rosacroce.
Chi credete l'abbia avvelenato?


Il problema che tu poni Jacopus è più riguardo la ricezione che oggi ha cartesio sui libri di scuola, che è una ricezione della postmodernità.


Ossia PROPRIO una NON ricezione delle istanze del Modernismo. Laddove Cartesio pone il cogito, il postmodernismo capisce la MACCHINA.


Ma la RES materiale di Cartesio è in realtà la RES gnostica. L'impossibilità di leggere lo gnosticismo è esattamente ANCORA e sempre per via del CRISTIANESIMO.


La MACCHINA è l'inveramento del CRISTIANESIMO che non conosce la GNOSI, ossia del CRiSTIANESIMO CHE RIFIUTA LE SUE ORIGINI, se non proprio la sua stessa esistenza, VEDI IL VANGELO DI GIOVANNI E DI FILIPPO.

Credere nell'uomo e non nella trascendenza, è quello il PECCATO DEFINITIVO. Grazie a DIO tra poco è tutto finito.


Fare dell'uomo, che si dice trascendenza, uomo in quanto fatto di carne, è l'assoluto disprezzo di qualsiasi forma di critica, autocritica etc....
Eppure Gesù continua a ripeterlo, non per nome mio ma per nome SUO verrà il regno dei cieli.


La completa deiezione, di questa istanza modernista, che comprende infine che la verità è dentro l'uomo (VEDI CARTESIO), e non fuori.
Fa esplodere tutti i fantasmi che da sempre sono l'incubo dell'occidente.
Con le sue stragi, le sue bieche cecità, il suo potere di perversione di tutto ciò che è giusto, santo e naturale, come dice il maestro Nietzche.


No il modernismo va reinteso, proprio in chiave morale. E' il postmodernismo e i suoi deliri di potere che và ricusato.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

davintro

Citazione di: green demetr il 07 Dicembre 2020, 15:53:13 PM
Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2020, 16:17:05 PM

Non so cosa tu intenda precisamente con "canone occidentale", provando a ipotizzare, considerando il contesto della discussione (si parla del rapporto Cartesio-filosofia cristiana), si tratti della tradizione metafisica antica e medievale di stampo trascendentista, si potrebbe intendere Cartesio come momento di snodo della modernità, interpretabile in ottiche tra loro contrapposte. Ci starebbe bene la citazione della lettura di Cartesio fatta da Del Noce (non l'ho ancora letto direttamente, ma è sempre un costante ed esplicito riferimento del mio professore di Filosofia Morale, che è uno dei principali studiosi del suo pensiero), per cui da Cartesio discendono due percorsi opposti. Il primo, germanico, prosegue con Kant, Hegel e gli epigoni di quest'ultimo, compreso Marx, questo filone intende il Cogito, principio fondativo e vincolante ogni realtà e ogni pretesa di verità che lo presuppone, come Cogito umano, vede dunque l'uomo come arbitrio ultimo della verità, ed essendo il mondo il limite entro cui un pensiero e un agire umano, sono possibili, ne discenderà l'assolutizzazione del mondano, un esito immanentista e antireligioso. C'è però un secondo filone della modernità, "latino", che da Cartesio fa derivare istanze spiritualistiche presenti in autori moderni come Pascal, Vico, Rosmini, che vede nel primato epistemologico del Cogito, non l'assolutizzazione dell'uomo, in quanto il Cogito non è propriamente l'uomo nell'insieme delle sue dimensioni, ma la sua componente interiore e spirituale, certamente presente all'uomo, ma distinta dalla componente materiale ed esteriore, che è il riflesso della finitezza umana, e dunque vede il Cogito come indicatore di una realtà responsabile della possibilità per l'uomo di giungere alla certezza della propria esistenza, ma che non si identifica con l'uomo, sintesi di materia e spirito, ma con Dio puro spirito: se la verità di cui l'uomo non può dubitare attiene alla sua componente spirituale, allora la Verità assoluta, fondativa di tutte le altre dovrebbe identificarsi con la verità di un Pensiero, puramente spirituale, cioè divino. Siamo in pieno agostinismo.


Capire in che misura i due filoni contrapposti siano legittimati a porsi come prosecutori della lezione cartesiana è collegata all'annosa questione della distinzione interiorità-immanenza. Identificando i due concetti dovremmo dar ragione, da un lato al filone immanentista/idealista che fa coincidere l'idea dell'autocoscienza come punto di partenza metodologico assolutamente valido di ogni conoscenza, con l'idea dell'uomo misura di ogni verità, escludendo ogni verità trascendente i limiti del suo sapere, e di contro, a quella corrente del pensiero cattolico più rigidamente ancorata alla scolastica tomista, che vede pensiero moderno e metafisica classica e cristiana come acerrimi nemici senza possibilità di integrazione. Se invece, come sarebbe corretto dal mio punto di vista, immanenza e interiorità vanno distinte, allora l'interiorizzazione del luogo da assumere come punto di partenza della ricerca della verità non comporta alcuna assolutizzazione della conoscenza umana, nessun immanentismo, perché la verità che abita in interiore homine non coincide col pensiero del soggetto a cui l'interiorità è riferita, dato che è il soggetto stesso, l'uomo, ha essere sempre, in buona parte, "fuori di sé", condizionato dalla materia e dalle distrazioni del mondo esterno. Il Dio agostiniano è più intimo all'uomo di quanto l'uomo sia intimo a se stesso, la sua interiorità è lo spazio che, percorso, porta al riconoscimento di un'Oltre, e non ha nulla a che vedere con l'immanenza dell'idealismo moderno.


Il canone occidentale è quello che viene riportato in fin dei conti dalle antologie letterarie.
Certamente è quello della metafisica prima classica e poi cristiana.

Concordo con il tuo professore che ha voluto dare una piega al discorso che si concentri sulla priorità del discorso politico.
Naturalmente Del Noce, ovvero Rosmini.
Quello che mi piace di Rosmini è l'aver distinto tra concetto di persona (politica dell'individuo sociale), e concetto di Dio. Laddove l'etica è la politica cristiana applicata al sociale.
(molto in soldoni). Ossia la chiave latina.
Quello che non mi piace del buon Rosmini, è il fraitendimento del soggetto.
Infatti per Rosmini il soggetto è già l'esser uomo integro, naturale.

Della chiave tedesca invece adoro il lungo cammino per raggiungere la consapevolezza del soggetto come costruzione. Dove la politica è di tipo storico-sociale legata proprio a quella concezione di soggetto.

Come però abbiamo già detto, entrambe hanno caratteristiche di trascendenza.
Non sono così distanti come si vorrebbe far credere.

Sono felice che sei passato dalla parte di noi metafisici. (anche se suppongo questo epiteto non ti piacerà ;) ).
E quindi dopo anni di incomprensione ci troviamo molto vicini.  ;)


Non hai risposto al problema della postmodernità invece. Ossia come la politica da individuale passi a quella statale (ossia la riduzione di qualsiasi individuale sotto il dominio dellla macchina sia a livello generale che della macchina statale in senso stretto). Prova a discuterne con il tuo prof.
;)


Beh, considerato che penso di essere tra i pochi nel forum a difendere l'idea di una conoscenza razionale della metafisica e della dimensione intelligibile del reale, in contrasto con le posizioni di tipo materialista e relativista, imperanti nel panorama attuale filosofico, anche fuori del forum, la qualifica di "metafisico" non può che farmi piacere... probabilmente avevamo, e abbiamo, concezioni di cosa significa "metafisica" differenti (posso sbagliarmi, eventualmente correggimi pure... immagino che nella tua accezione non sia prevista la fondazione razionale, almeno non nel senso della tradizione platonica-aristotelica, e poi degli argomenti teologici della filosofia cristiana). Poco male, considerato che le definizioni sono convenzioni, e che i fraintendimenti possono almeno in parte essere superati, recuperando l'intenzione di significato dell'interlocutore riguardo un singolo termine, contestualizzandolo all'interno del discorso nel suo complesso. Almeno spero sia così fra noi, se avverti una maggiore vicinanza mi fa piacere.


Per quanto riguarda il problema dell'asservimento dell'individuo nella macchina statale, proprio in questi giorni pensavo appunto che prima o poi mi piacerebbe aprire un topic apposito sul tema di come la secolarizzazione, intesa come immantentizzazione dell'idea di Assoluto, trasferita da Dio alle strutture di potere mondane sia la base culturale dell'idea di uomo come essere il cui valore vien fatto coincidere con la sua appartenenza e utilità alle strutture, con tutte le implicazioni immaginabili in sede politico. Mi interesserebbe approfondire la discussione in una discussione ad hoc, qua mi limiterei a scrivere che ben prima del Postmoderno, già la traiettoria "tedesca" (per restare nello schema di Del Noce),  moderna, dell'idealismo, per cui l'Assoluto si risolve nell'insieme delle forme in cui l'uomo interagisce col mondo e con la storia, sia l'origine di tale trasferimento della coscienza della dignità dell'uomo, da un fondamento trascendente a uno coincidente con gli interessi di un potere mondano come può essere, tra gli altri, lo Stato, con legittimazione ideologica dei vari totalitarismi novecenteschi annessi a tutto ciò.

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