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oggetto e soggetto

Aperto da Il_Dubbio, 03 Febbraio 2018, 00:50:02 AM

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Angelo Cannata

Citazione di: Phil il 04 Febbraio 2018, 17:01:10 PMRiusciamo davvero a pensare ad un camminare-senza-un-camminatore, per quanto indefinito?
Più che riuscirci, si potrebbe notare che vi siamo obbligati. Possiamo parlare di camminatore distinto dal camminare solo nella misura in cui pensiamo di poter individuare qualcosa che permane nel tempo. È questo infatti che ci rende possibile dare un nome alle cose: l'impressione di una loro permanenza nel tempo. Il problema è che è solo un'impressione, derivata da un modo superficiale, nient'affatto accurato, di osservare le cose. Sappiamo infatti che più andiamo a fondo nell'osservazione di ogni cosa, più osserviamo un continuo divenire. Questo ci costringe a concludere che, in ultima analisi, come ho detto, possiamo assegnare nomi alle cose solo grazie ad una misura di trascuratezza del loro divenire. Dov'è allora il camminatore, se ogni attimo sappiamo che ci è del tutto impossibile individuare che cosa di lui è rimasto uguale rispetto a un attimo prima? In questo senso risulta più accurato ammettere che in realtà tutti i nomi, quindi sia tutti gli oggetti che tutti i soggetti, sono in realtà dei verbi, poiché, alla nostra osservazione che si sforzi di essere accurata, ciò che risulta più evidente è un divenire, mentre risulta falso pensare di riuscire ad individuare alcunché di permanente.
L'istinto a parlare di nomi, piuttosto che di verbi, deriva dal nostro istinto a predare nei modi meno dispendiosi, proprio come i leoni predano i bufali adottando i metodi che richiedono loro il minimo dispendio di energie. L'approssimazione è senz'altro un ottimo sistema per orientarci nel mondo senza perderci in mezzo a tutte le sue complessità.

bobmax

Citazione di: Angelo Cannata il 09 Febbraio 2018, 23:19:38 PMSappiamo infatti che più andiamo a fondo nell'osservazione di ogni cosa, più osserviamo un continuo divenire. Questo ci costringe a concludere che, in ultima analisi, come ho detto, possiamo assegnare nomi alle cose solo grazie ad una misura di trascuratezza del loro divenire. Dov'è allora il camminatore, se ogni attimo sappiamo che ci è del tutto impossibile individuare che cosa di lui è rimasto uguale rispetto a un attimo prima? In questo senso risulta più accurato ammettere che in realtà tutti i nomi, quindi sia tutti gli oggetti che tutti i soggetti, sono in realtà dei verbi, poiché, alla nostra osservazione che si sforzi di essere accurata, ciò che risulta più evidente è un divenire, mentre risulta falso pensare di riuscire ad individuare alcunché di permanente.
Concordo, ciò che consideravamo "essere" a ben guardare è solo un'illusione.
Tuttavia questo "divenire" non può più allora essere inteso come cambiamento di "qualcosa". Perché il qualcosa, inteso come ciò che "permane", non ha alcuna reale consistenza: nulla davvero permane.
E se nulla permane... nulla neppure può divenire.
 
Abbiamo qui il possibile superamento della scissione soggetto/oggetto, del nostro stesso "esserci".
Che comporta il ripensamento di quale significato dare a ciò che accade.
 
Anche il soggetto è messo in discussione, perché pure il "Penso quindi sono" cartesiano è da intendersi, secondo me, come: "Penso quindi ci sono". In quanto anche il pensare è manifestazione dell'esserci, ossia scissione soggetto/oggetto.
 
Secondo me, queste considerazioni portano inevitabilmente a domandarci cos'è che conta davvero in questa nostra vita. Cosa vale davvero?
E penso che si possa dare una sola risposta: il Bene.
 
Un Bene che ben difficilmente potrà essere "trovato" nell'incessante fluire di eventi, ma che può essere solo ricercato in noi stessi. Che Dio sia, dipende solo da noi.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Angelo Cannata

Anch'io ritengo che abbia importanza la ricerca del bene. Situato però in questo discorso, viene a trattarsi di un bene che è critico nei confronti di sé stesso, non può trattarsi di un bene oggettivo. Si tratta quindi di ciò che volta per volta la nostra soggettività, in mezzo ai propri inganni e alle proprie illusioni, sente come bene. Trattandosi di illusione, l'importanza di cercarlo non consiste nel suo essere bene, ma nel suo essere impulso gestibile, un impulso comunque presente, che può meritare di essere gestito. Il fatto che si tratti di illusione credo che fornisca una traccia importante su come gestirlo: conviene gestirlo come miglioramento, cioè in senso dinamico. Che questo dinamismo sia del tutto inutile è un dubbio senza importanza, perché in quanto dubbio radicale non potrà mai giungere a certezza.

Nella mia visione miglioramento viene a coincidere con ciò che uso chiamare crescere, oppure camminare, progredire, evolversi, cercare, insomma non è altro che la spiritualità, spiritualità umana.

Una volta pervenuti a ciò, credo che si possa guadagnare un ulteriore elemento: un modo ottimale di gestire il bene, o migliorarsi, o camminare, è quello di lavorarci su, cioè mettersi a tavolino e cominciare a progettare, progettare una gestione ottimale sia di esso, della sua ricerca, sia della relativa critica.

Da qui poi credo che segua un'altra conseguenza ovvia: ognuno caratterizzerà questo lavoro in base alle proprie inclinazioni personali e gran parte del tempo potrà essere impiegato nell'arricchirci a vicenda, grazie allo scambio di esperienze sui campi di ricerca del bene in cui ognuno ha preferito specializzarsi. È il camminare insieme.

Ciò può essere in parte un semplice prendere atto di ciò che già da sempre l'umanità fa nel mondo, ma ci sono anche importanti peculiarità. Trattandosi, ad esempio, di un lavoro a stretto contatto con la critica, si abolisce il fanatismo, il fondamentalismo, l'adesione a certezze che, in quanto tali, non sono altro che abolizione della critica.

Questo abolire il fanatismo potrebbe suonare male, potrebbe essere sentito come ciò che Ratzinger chiamò "dittatura del relativismo", ma a me sembra che egli abbia semplicemente fatto un gioco di prestigio con le parole: relativismo significa libertà e l'abolizione del fanatismo verrebbe a significare obbligare tutti ad essere liberi; un obbligo che il suo stesso contenuto non può che smentire il suo essere obbligo inteso come limitazione.

Credo che la stessa cosa possa essere espressa anche in questi termini: cercare in continuazione, insieme, nel nostro convivere planetario, il massimo di possibilità per il maggior numero di persone e per la loro maggiore diversità.

bobmax

Anche per me il relativismo è un punto di partenza imprescindibile nella ricerca della Verità.
Anche se può sembrare paradossale, è proprio il relativista colui che manifesta l'autentica fede.

Ritengo che vi sia molta confusione riguardo al relativismo, viene confuso con il nichilismo.
Ma il nichilismo vive invece nel cuore di chi crede di possedere, di aver compreso anche solo in parte, la Verità.
Di modo che, sotto ogni dichiarazione di "verità assolute", non importa se religiose, scientifiche, politiche, si cela il convincimento nichilista: niente ha valore, tutto è nulla.
 
Ma la pretesa di conoscere la Verità, in qualsiasi forma avvenga, non è altro che superstizione. Anche il nichilismo.
 
Penso che la strada verso il Bene, debba necessariamente passare attraverso lo svuotamento di noi stessi.
La rinuncia a noi stessi, il distacco, sono necessari affinché "ciò che è" possa manifestarsi.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

sgiombo

Secondo me il relativismo é la pretesa che qualsiasi affermazione (anche affermazioni reciprocamente contraddittorie!) é vera (é comunque "una" verità) quanto qualsiasi altra.

Ben diversamente dallo scetticismo, che é dubbio circa qualsiasi affermazione (che potrebbe essere vera o falsa).

Si tratta di due reciproci contrari "quasi perfetti", per esprimere il concetto con un pacchiano ossimoro: da una parte tutto può (parimenti) essere vero, ossia può essere vero -e si può ben credere "lecitamente" con certezza- "di tutto e di più", dall' altra parte tutto può essere falso (oltre che vero), e dunque é degno di dubbio, é incerto "di tutto e di più".

bobmax

Immagino si tratti solo di intenderci sui termini.
 
Il termine "relativo" mi pare indichi già di per se stesso la relatività di ogni possibile "verità".
E non la accettazione di ogni "verità"...
Di modo che ritengo corretto intendere con "relativismo" il rifiuto di ogni "verità assoluta". Come d'altronde così è inteso in ambito filosofico.
Lo scetticismo altro non è che relativismo.
 
Viceversa, l'accettazione di ogni verità implica ben altro atteggiamento. Che è senz'altro nichilistico.
Ossia consiste nell'indifferenza nichilista verso qualsivoglia valore. Per il nichilismo, tutto è nulla.
 
I portatori di "verità assolute" accusano il relativismo dei propri stessi difetti.
E infatti lo assimilano al "nichilismo". Mentre è proprio il nichilismo l'autentica origine del pensiero assolutista.
Il relativista, proprio in quanto rifiuta ogni "verità assoluta oggettiva" e allo stesso tempo si ritrova comunque fare scelte morali, è costretto a ricercare il Vero, ben sapendo di non poterlo mai possedere.
Questa è l'unica autentica fede: fede nella Verità.
 
Viceversa, le verità assolute, proclamate in sostanza come rimedio al nichilismo sono l'opposto della fede (così come la medesima "verità nichilista"). Esse sono solo superstizione, ossia pretesa di conoscere la Verità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

sgiombo

Certamente si tratta di intendersi sui termini.

E poiché in generale si può sbagliare in due modi, "per eccesso o per difetto" (o, come si diceva ai bei tempi della mia gioventù fra di noi militanti "stalinisti" -quale io ostinatamente rimango anche da vieux babacu, per la cronaca- "si può deviare a destra oppure a Sinistra"), é chiaro che chi tende a peccare di dogmatismo tende a tacciare chi é nel giusto di "relativismo" o "nichilismo" e chi tende a peccare di "relativismo nichilistico" (per così dire)  tende a tacciare chi é nel giusto di "dogmatismo".

A me pare comunque che di fatto non pochi dichiarati relativisti (qualcuno dei quali anche qui nel forum) tendano a dare del relativismo stesso un' interpretazione "tendente al nichilismo", per così dire, come da me da me accennata.

bobmax

D'altronde, mi sembra davvero difficile mantenere un'effettiva posizione relativista.
E' molto duro non lasciarsi tentare da una "verità" a cui aggrapparsi oppure cedere e abbandonarsi al nichilismo (che offre anch'esso una "sua" verità).

Non di rado la mia fede si fa incerta. A volte tutto sembra dimostrare che questa fede non è altro che una mera illusione.
E così il mio cuore tentenna tra il fissare una verità positiva e finalmente credere!, o il cedere al nichilismo.
E' come se tutto il destino dipendesse da me e allo stesso tempo appare in tutta evidenza la mia nullità...
 
Il nichilismo è comunque una sfida, che sono convinto debba, prima o poi, essere affrontata.
E' lo sguardo della Medusa che richiede una risposta.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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