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Nulla e qualcosa.

Aperto da iano, 07 Gennaio 2021, 02:39:20 AM

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iano

#15
Scusa ,davvero scusa , la battuta irriverente. Mi scappa.....
In principio erano le orecchie , ma.non  c'era nulla da sentire.... :)
Le cose stanno diversamente Alexander.
Se le parole non fossero divise dalle pause di silenzio non sarebbero parole,e ci si accorge del silenzio solo quando un suono finisce.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

Non hai proprio capito cosa intendo. E non mi preme neppure spiegarlo meglio. Secondo me disquisire sul nulla è proprio "nulla" (usando parole poi). Solo una grande perdita di tempo.

iano

Ok.
Comunque grazie per il tuo intervento e spero di non averti offeso.
Però non è il caso di prendersi troppo sul serio.
In questo triste periodo cerchiamo di stare un po' tutti in allegria , almeno fra noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

Non sono in grado di argomentare nel concreto della discussione pero' ," per stare un po' tutti in allegria" disquisirei d'altro.

baylham

Il disagio psicologico è qualcosa, non nulla, quindi esso conferma soltanto che il nulla non esiste.

La morte è un processo, non è nulla. La mia morte futura non è un passaggio al nulla, è l'inizio di altro: i miei genitori, alcuni miei amici, miliardi di uomini sono morti, ma non sono diventati, passati o sfumati nel nulla.

Se la mia capacità di percezione, degli strumenti di percezione, della realtà da osservare sono sotto o sopra una soglia, percepirò il vuoto, l'assenza. Ma la mia percezione del vuoto, del silenzio, non è un nulla, è una conferma che il nulla non esiste.

Se il nulla non esiste, non è una forza, non è una negazione, non è un campo d'attrazione o d'origine.

Origine e fine dell'esistente che non esistono proprio perché il nulla non esiste.

bobmax

Non è il nulla a non esistere.
Perché ciò che non esiste è sempre e solo qualcosa che avrebbe potuto esistere.

Di modo che, seppur paradossalmente ma non troppo, il nulla esiste.
Perché esiste l'assenza.

E la forza dell'assenza è tanta quanta la complementare forza della presenza.

Ed è proprio per questa ragione che l'esistente non ha mai propriamente un inizio e una fine.
Perché non è mai davvero esistente.

Ma è proprio in quanto l'amato non è mai stato davvero esistente, che non è mai perduto definitivamente.
E di questo possiamo averne contezza domandandoci chi, cosa, amiamo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

Citazione di: baylham il 11 Gennaio 2021, 12:13:38 PM
Il disagio psicologico è qualcosa, non nulla, quindi esso conferma soltanto che il nulla non esiste.

La morte è un processo, non è nulla. La mia morte futura non è un passaggio al nulla, è l'inizio di altro: i miei genitori, alcuni miei amici, miliardi di uomini sono morti, ma non sono diventati, passati o sfumati nel nulla.

Se la mia capacità di percezione, degli strumenti di percezione, della realtà da osservare sono sotto o sopra una soglia, percepirò il vuoto, l'assenza. Ma la mia percezione del vuoto, del silenzio, non è un nulla, è una conferma che il nulla non esiste.

Se il nulla non esiste, non è una forza, non è una negazione, non è un campo d'attrazione o d'origine.

Origine e fine dell'esistente che non esistono proprio perché il nulla non esiste.


Dopo la morte inizia dell'"altro", uno stato "successivo" del mondo, in cui non c'è (più) la coscienza del morto, quindi la morte viene pensata da molti come nulla, come annullamento di coscienza, della coscienza, non dico che si debba per forza condividere questa opinione, ma bisognerebbe quantomeno conoscerla, e rispettarla così com'è, senza stravolgerla con giri di parole strani.


La morte non è trasformazione di coscienza, ma proprio annullamento, perché è ben difficile spiegare, soprattutto in senso ateo e scientifico e senza postulare paradisi o reincarnazioni, o fantasmi vari, in cosa, dopo la morte, la coscienza di un poveretto che è morto dovrebbe essersi "trasformata"...


Quindi la morte, la morte degli esseri coscienti e autocoscienti, è la smentita della famosa massima: "tutto si trasforma e nulla si distrugge".


Semmai, e nulla si distrugge nel mondo materiale, ma nell'animico, ovvero nel sommamente semplice, non può darsi la scomposizione del sommamente semplice in componenti frazionati di esso che diversamente si ricompongono, o con esse stesse o col mondo esterno anch'esso pensato come composto di parti e passibile di varie possibilità di aggregazione di queste parti, il che ci induce a prendere posizione nella "dicotomia" dello stabilire se il sommamente semplice sia immortale, indistruttibile, o radicalmente mortale nel senso proprio dell'annullamento, a meno che non pensiamo, oltre la suddetta dicotomia,  che anche la coscienza, o anima, sia composita, e allora potrebbe avere strati mortali e strati immortali, o avere una possibilità di "resurrezione" nel ricorrere del rapporto combinatorio tra le sue stesse parti che la genera, o addirittura di altre parti simili.


Il nulla non esiste, ma non vedo perché dovrebbe non esistere nella forma di coincidere semplicemente con se stesso e non nella forma di essere l'essere, quindi è proprio da un punto di vista dinamico, che ogni fourclusione del nulla fallisce, oltre la soglia della percezione c'è il vuoto, ma in questo vuoto c'è del tempo, quanto meno perché poi, ad altre condizioni, la percezione meglio definita di qualcosa oltre il vuoto ritorna, quindi il vuoto tra le percezioni vale come intervallo, e poi perché anche nel vuoto puoi pensare e ricordare, attività che pur essendo adimensionali, e quindi non dipendenti dallo spazio, richiedono tempo. Siete sempre to o l'altro, come attività interiore o manifestazione fenomenologica, che fate in modo che questo vuoto non sia nulla, ma finché l'intervallo tra due percezioni distinte non si colma, o non si attribuisce realtà, o valore di inizio, di origine, al pensiero formulato nel vuoto, il vuoto potrebbe essere nulla, e la mediazione temporale che colma il vuoto sta a ricordarlo.


Il processo del morire poi, è interessante anche perché in natura non vi sono interazioni istantanee, quindi, mentre la filosofia e il senso comune distinguono dicotomicamente tra vita e morte, in natura il processo di morte si compie nel tempo, come tutti gli altri e senza distinzione particolare dagli altri, e vi è interregno, e intervallo, e mediazione, tra vita e morte.


Ma cosa altro potrebbe essere la coscienza, e la vita che contempla se stessa in questo intervallo se non nulla? L'agonia come inizio della morte stante il perdurare della vita, intendo, che secondo natura è necessario si compia nel tempo, e non ha quell'istantaneità che ha nel nostro pensiero e nel concetto che ci facciamo di essa... Che ci si impieghi un secondo, o un miliardo di anni a morire, in quel frangente non si è né nella vita, né nella morte... non è un intervallo vuoto tra due pieni, tra due stati dell'essere, ma un divenire, che quando non può più essere divenire, per la coscienza che si contempla mentre muore, passa al nulla, e non all'essere, quindi un divenire che ha in sé la sua propria ragione d'essere, che la trae finalisticamente dal nulla, non causalmente dall'essere, un divenire che non è in nessun senso un compimento...
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

baylham

La morte è un passaggio al nulla?
Un'estate torrida andando al lavoro in bicicletta ho visto per molti giorni un gatto morto sul ciglio della strada. Giorno dopo giorno il suo corpo veniva mangiato dai vermi delle mosche e emanava un odore di putrefazione sempre più forte, finché non sono rimaste che la pelliccia rinsecchita e lo scheletro. Se la morte di un vivente è un esempio di passaggio al nulla non lo trovo molto convincente. Se ci riferisce alla coscienza, è un processo del sistema nervoso centrale, un processo per cui vale quanto sopra. I miei genitori sono morti, il loro corpo, la loro coscienza, che sono certo avessero, non c'è più, come nel caso del gatto, eppure non c'è il nulla, nessun passaggio al nulla. Sono certo che altrettanto la mia morte non comporterà alcun passaggio al nulla.

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Perché esiste un granellino di sabbia piuttosto che il nulla, l'essere, Dio? Perché il nulla, l'essere, Dio non esistono proprio perché esiste un granellino di sabbia.
Se non ho capito male sul nulla, sull'essere e su Dio si basano la filosofia orientale, occidentale e tutte le religioni. Ma io sono affezionato al granellino di sabbia.



iano

#23
Ciao Baylham.
Mi spiace per i tuoi genitori.
Non so se può esserti d'aiuto, ma io sto cercando di affermare che qualcosa e il nulla sono due attrezzi usati dall'uomo per catalogare la realtà, che non hanno però un diretto corrispondente reale.
Non sono neanche perfetti , perché nel loro uso ci rendiamo conto che non riusciamo a determinare un loro confine preciso. Questo mi pare ci suggeriscono i recenti sviluppi della fisica.
Temere di diventare nulla con la morte è quindi come avere paura dei fantasmi.
Una paura che nasce da troppa presunzione.
Ci prendiamo troppo sul serio, e crediamo alle storie che inventiamo.
In questo senso siamo dei bambini troppo,cresciuti, il che non sarebbe un male in se'.
Tutt'altro, se non fosse che abbiamo perso il vero senso del gioco e abbiamo perso il divertimento.
Il nulla non porta al nichilismo più di quanto non vi porti un cacciavite a meno che non carichiamo il cacciavite di "contenuti" superflui alla sua stretta utilizzazione.
La storia della fisica si potrebbe raccontare come il gioco del "facciamo che noi eravamo..."
Facciamo che esistono  le forze che agiscono a distanza.
Facciamo che non agiscono a distanza, e che , anzi , non esistono proprio.
Tutte queste storie, diverse le une dalle altre ,che assegnano diversi ruoli di volta in volta al nulla e al qualcosa funzionano tutte bene , e questo è ciò che conta.
Facciamo che queste storie eranoper noi ....fonte di divertimento e non di lugubri profezie.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Fai bene Baylham a essere affezionato al tuo granellino di sabbia.

Tienilo stretto questo tuo amore.

Dovesse comparire pure Dio, chiedendoti di seguirlo e di abbandonare il tuo amore, non farlo.
Sarebbe solo un inganno.

Perché nel tuo amore è la Verità.

Ciò che davvero è quel granellino di sabbia, tornerà a te.
E lo riconoscerai.
Perché non ti ha mai davvero abbandonato.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

#25
Io non dico che la morte di un vivente sia un passaggio al nulla, dico che questa opinione esiste in filosofia ed è degna di rispetto, e, scusate se lo dico, già il fatto che voialtri argomentiate contro usando esempi di tipo esperienziale o sentimentale, e quindi non di tipo rigorosamente filosofico o logico, la dice lunga su quanto l'opinione in sé sia difficile da confutare;

se nulla passa al nulla, allora tutto si trasforma,

se allora tutto si trasforma, io ho chiesto: "in cosa si trasforma la coscienza, lo "spirito" di un vivente evoluto dopo la morte?"

Nessuna risposta che non vada sul mistico o sul poetico, e poco vi rendete conto dei problemi
logico-filosofici intrinseci nelle vostre risposte...

voi dite: un vivente muore ma dopo di lui non c'è il nulla, il tessuto dell'essere è ancora continuo, non lacerato; dopo di lui, e la sua morte, c'è ancora mondo che va avanti e la continuità dell'essere; allora, dico io, chi testimonia del campo di coscienza nullo di quel vivente espulso dall'essere e dal mondo, che non è più? Della verità di quel campo di coscienza?  Lui stesso? Allora il nostro concetto di nulla è una tomba che eternizza la verità del soggetto, anche in mancanza di percezione e di attività...


oppure il campo di coscienza proprio non c'è e non ha senso chiedersi della sua verità?
Allora non avete confutato quello che c'era da confutare, la morte è un passaggio al nulla.


La coscienza si trasforma, come il corpo putrefatto si scinde nei suoi elementi compositivi? Ok, allora da ciò la mia domanda: in cosa essa si trasforma?


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

Salve niko. Citandoti ; "se nulla passa al nulla, allora tutto si trasforma,

se allora tutto si trasforma, io ho chiesto: "in cosa si trasforma la coscienza, lo "spirito" di un vivente evoluto dopo la morte?.




In pratica, senza accorgertene, prima ti sei dato la risposta, poi hai posto la domanda !.




"tras-forma !, La coscienza, la quale è una struttura psichica la quale come appunto qualsiasi STRUTTURA possiede una FORMA..........................alla morte del soggetto che ospita la STRUTTURA, cambia (vede sciogliersi, dissolversi, scomporsi, disunirsi) la propria FORMA.



Certo sarai troppo giovane per conoscere il gioco del MECCANO (vedi WP).
I pezzi verranno utilizzati (in ambito cosmico perciò attraverso un percorso troppo ampio e complesso per venir da noi ricostruito) per costruire nuove strutture le quali svolgeranno nuove funzioni.



Quindi il destino dell'immateriale coscenziale è identico a quello del materiale corporeo :



Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Credo che la "parola archimedea", nel titolo del topic, sia la «e» perché allude al rapporto fra «nulla« e «qualcosa», che è un rapporto (comunemente parlando) di negazione logica. Specificare che tale negazione sia «logica», potrebbe essere superfluo perché la negazione non può non esserlo: anche nelle varie dialettiche, nelle teologie, nei dialeteismi, nei relativismi, etc. la negazione è pur sempre inserita in un discorso anzitutto logico (non necessariamente paraconsistente) prima che interpretativo e/o onto-logico.
Notoriamente la logica non è il mondo, ma il mo(n)do che più ci risulta comprensibile nel ragionare, in quanto dotati di determinate strutture mentali, imprinting culturali, etc. Risulta per questo sempre importante, secondo me, distinguere i concetti con un referente reale e i concetti puramente astratti (il bottom-up dal top-down, le verità di fatto da quelle di ragione, il corrispodentismo dal coerentismo, etc.).
Pur in tutta la sua sconfinata fertilità, che spazia dal poetico al quantistico passando per il filosofico, il nulla mi pare anzitutto generato, concettualmente, dalla negazione dell'esistere quadrimensionale comunemente inteso: non ci si imbatte nel nulla, al massimo si pensa al nulla (non il nulla), teorizzandolo. Una domanda interessante, che in quanto domanda non è scevra dalla precomprensione da cui origina, è questa:
Citazione di: niko il 13 Gennaio 2021, 14:24:59 PM
chi testimonia del campo di coscienza nullo di quel vivente espulso dall'essere e dal mondo, che non è più? Della verità di quel campo di coscienza? 
Uno dei presupposti impliciti di questa domanda, se non la fraintendo, è (sorvolando la questione dell'"espulsione", carica di "latenza") che ci debba essere tale testimonianza, tale "resto" (dopo aver "pagato" il fio dell'esistenza, come già ricordato da altri), un'eredità della verità del campo di coscienza che fu. Su cosa si fonda tale dovere? Sulla certezza che tutto si trasforma, lasciando sempre una qualche traccia di resto. Eppure, resto di cosa, esattamente? Di «verità», «coscienza»; concetto puramente formale il primo e attività concettualizzata la seconda («concettualizzata» non significa priva di referente reale/materiale, ma piuttosto "convenzionalmente identificata e circoscritta"). In fondo, allora, non è un po' come chiedersi (solito esempio): qual è il resto della luce quando spegniamo una lampadina? Che ne è della "verità" del precedente stato (illuminazione) e cosa testimonia l'assenza della luce che non è più, ma un tempo fu?
Si potrebbe facilmente richiamare anche la consueta metafora computazionale: quando spengo l'automa, cosa resta della sua attività interna, di tutti i suoi processi di elaborazione, autogestione, etc. (supponendo, per amor di parallelismo, che non sia più possibile riaccenderlo)?

Il paragone forse è meno spurio di quanto sembri: se l'essere coscienti è molto affine all'avere attività cerebrale, attività (se non ricordo male) anche elettrica, forse la domanda che chiede in che cosa si trasforma la coscienza dopo la morte, può trovar risposta (certo non da me) più nelle leggi concettuali che spiegano le mutazioni della materia e l'elettricità, piuttosto che ricorrendo al nulla (per quanto, concettualmente, se il nulla è affine, seppur non coincidente, alla negazione, possiamo ben dire che l'esser-spenti è il nulla/negazione dell'esser-accesi; tuttavia è un discorso puramente logico, non ontologico, come non lo è il nulla che in esso viene evocato).

iano

Esatto Phil. In questa discussione conta la congiunzione, e mai discussione fu' fatta deragliare più di questa dal suo cuore, cosa di cui mi rendo spesso colpevole anch'io, quindi sono ben tollerante , ma della vita e della morte proprio io non volevo scrivere ne' leggere.
L'introduzione del post di Phil invece è propriamente in tema.
Non mi pare di dover aggiungere altro a quanto gia' scritto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#29
Ma forse posso focalizzare meglio il tema della discussione.
Non si parla qui del disaggio che ci provoca la morte ese saremo dopo quella nulla "o" qualcosa.
Semmai si parla del disagio , che è sempre,esisisto in varia misura , ma che recentemente è esploso, sull'idea che dobbiamo farci del mondo sulla base delle recenti teorie fisiche di successo, e credo possa essere di aiuto provare a rivedere le consolidate basi filosofiche.
Nulla sembra più solido di "qualcosa" come la materia.
Ma è proprio così?
Perché lo pensate se lo pensate?
È ovvio che se questo qualcosa è ben definito anche la sua negazione il nulla,  lo sarà .
Ma se non siete in grado di dargli una buona definizione, allora chiedersi che fine faremo dopo la morte , per tornare al tema che vi è caro, è una domanda priva di senso.
Come facciamo a dire che fine farà ciò che non sappiamo ben dire cosa sia?
Perché, se pure il corpo contiene un anima, questo corpo è materia che noi non sappiamo definire perfettamente .
Figuriamoci ciò che essa eventualmente contenga.
Quindi non ne parliamo più?
No. Conviene parlarne ma senza fare grandi balzi perché la pedana per spiccare il salto non è poi così stabile e "solida".
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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