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Nulla è contro-natura

Aperto da Voltaire, 02 Novembre 2016, 22:21:47 PM

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Voltaire

Citazione di: maral il 04 Novembre 2016, 20:14:33 PM
Credo sia logico considerare comunque l'uomo un elemento della natura e quindi anche ciò che produce e trasforma. Non è detto però che quello che l'uomo produce e trasforma e soprattutto il modo con cui lo fa vada a vantaggio della sopravvivenza dell'uomo stesso (dell'uomo, ripeto, non della natura come tale, ma semmai della natura intesa come quel contesto che garantisce all'essere umano di esistere). Quando parliamo di "naturale" e di minaccia alla "natura" da parte dell'attività antropica, in realtà questa minaccia riguarda quel contesto ecologico, culturale e sociale (frutto di millenni di trasformazioni umane) in cui l'uomo può abitare, ove il poter abitare va inteso sia in senso fisico che psichico. Quando ci troviamo in una cosiddetta "riserva naturale", tra prati verdi e montagne innevate, ci troviamo comunque in un ambiente che da millenni è stato profondamente modificato dagli esseri umani. Ambienti davvero naturali sono rimasti pochissimi sul pianeta e comunque anche questi hanno subito modificazioni indirette da parte dell'uomo.
Se la tecnologia resta a mio avviso un fenomeno del tutto naturale, lo sviluppo tecnologico, per quello che ha provocato soprattutto dalla rivoluzione industriale in avanti, con la scoperta delle fonti di energia fossili, ha determinato in modo esponenziale un rischio di impatto enorme per la vita dell'uomo sul pianeta (dell'uomo e non della natura), oltre a un modo di pensare e quindi di vivere (in uno stato di pressocché totale dipendenza dai prodotti tecnologici) che ci rende praticamente impossibile uscire da questa corsa sempre più accellerata.
Non c'è niente di più naturale che l'estinzione di una specie, a prescindere che sia una, quell'altra o la stessa specie la causa.
"Non è detto però che quello che l'uomo produce e trasforma e soprattutto il modo con cui lo fa vada a vantaggio della sopravvivenza dell'uomo stesso"
Condivido pienamente, ciò è dovuto dal fatto che certe azioni dell'uomo sono state inconsapevoli (non si conoscevano le conseguenze dell'inquinamento durante la rivoluzione industriale), e certe sono purtroppo (vedi ora cina) consapevoli.
Quindi per quanto insensato possa sembrare l'uomo può danneggiarsi a tal punto da estinguersi, ma ciò non prescinde il fatto che questo processo sia naturalissimo.

Phil

Citazione di: Voltaire il 04 Novembre 2016, 19:39:59 PMLa natura è la realtà, il suo manifestarsi e svolgersi, prendendo la definizione da wikipedia: "La natura è l'insieme di tutte le cose esistenti considerato nella sua forma complessiva, nella totalità cioè dei fenomeni e delle forze che in esso si manifestano."
Se accettiamo questa definizione, per cui "natura" e "realtà" sono in fondo sinonimi, allora ovviamente non si può porre il contro-natura, se non come parente dell'irrealtà; a questo punto "artificiale" e "tecnologico" diverrebbero sottoinsiemi di "natura"... se non fosse che la stessa Wikipedia (fonte della definizione precedente) definisce "artificiale" (in "wiktionary") come "prodotto con mezzi tecnologici a imitazione del naturale" e pone tra i sinonimi di "artificiale" l'espressione "non naturale" e come contrario di "artificiale" proprio "naturale"... il che lascia sospettare che l'artificiale non sia un sottoinsieme del naturale... che sia tutta una questione di definizioni?

P.s.
Confesso pubblicamente un personale disagio nel guardare l'automobile ed affermare "anche lei fa parte della natura!", perchè, nel mio modestissimo vocabolario personale, "ente" e "elemento naturale" non sono sinonimi... fermo restando il problema di definizione posto nel "domandone"  ;D

P.p.s.
Citazione di: Voltaire il 04 Novembre 2016, 20:51:46 PMl'uomo può danneggiarsi a tal punto da estinguersi, ma ciò non prescinde il fatto che questo processo sia naturalissimo.
Concordo pienamente.

Angelo Cannata

#17
Credo che la questione sembri ingarbugliata semplicemente perché non si sta tenendo conto dei linguaggi in cui ci si vuole muovere; in base ai linguaggi scelti cambia anche la definizione di natura.

Se scegliamo di usare un linguaggio che si sforza di essere radicale, basilare, fondamentale, teorico, possiamo affermare che natura coincide con realtà e dunque anche un'automobile fa parte a tutti gli effetti della natura.

Se invece scegliamo di muoverci in un linguaggio più superficiale, corrente, quotidiano, più vicino agli usi sociali, allora natura non coincide con realtà, ma con ciò che viene ritenuto tale nel liguaggio sociale corrente. In questo contensto un'automobile non fa parte della natura.

Una volta chiarito ciò, è facile renderci conto che il secondo tipo di linguaggio, essendo dipendente dalle condizioni storico-geografiche di ogni società, è soggetto a variabilità, cosicché ciò che può essere ritenuto naturale in una certa società può non esserlo in un'altra.

Anche il primo linguaggio, ovviamente, è soggetto alle sue variabilità, poiché siamo pur sempre noi a stabilire se e in che misura un linguaggio può essere considerato davvero radicale e teorico. Sarà comunque più facile addentrarsi anche in questa questione, una volta chiarito in che tipo di discorso ci si sta muovendo.

C'è naturalmente (!) anche la possibilità di intrecciare, porre in dialogo i due linguaggi; anche in questo caso, comunque, credo che aver almeno tentato di distinguere i due linguaggi consenta di muoversi in tutta la questione in modo molto più agevole.

Voltaire

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Novembre 2016, 07:23:43 AMCredo che la questione sembri ingarbugliata semplicemente perché non si sta tenendo conto dei linguaggi in cui ci si vuole muovere; in base ai linguaggi scelti cambia anche la definizione di natura. Se scegliamo di usare un linguaggio che si sforza di essere radicale, basilare, fondamentale, teorico, possiamo affermare che natura coincide con realtà e dunque anche un'automobile fa parte a tutti gli effetti della natura. Se invece scegliamo di muoverci in un linguaggio più superficiale, corrente, quotidiano, più vicino agli usi sociali, allora natura non coincide con realtà, ma con ciò che viene ritenuto tale nel liguaggio sociale corrente. In questo contensto un'automobile non fa parte della natura. Una volta chiarito ciò, è facile renderci conto che il secondo tipo di linguaggio, essendo dipendente dalle condizioni storico-geografiche di ogni società, è soggetto a variabilità, cosicché ciò che può essere ritenuto naturale in una certa società può non esserlo in un'altra. Anche il primo linguaggio, ovviamente, è soggetto alle sue variabilità, poiché siamo pur sempre noi a stabilire se e in che misura un linguaggio può essere considerato davvero radicale e teorico. Sarà comunque più facile addentrarsi anche in questa questione, una volta chiarito in che tipo di discorso ci si sta muovendo. C'è naturalmente (!) anche la possibilità di intrecciare, porre in dialogo i due linguaggi; anche in questo caso, comunque, credo che aver almeno tentato di distinguere i due linguaggi consenta di muoversi in tutta la questione in modo molto più agevole.
Non è una questione di definizioni, il fatto che la natura coincida con la realtà non è una definizione astratta ma è frutto di un processo logico che parte dalla definizione d'uso comune.
Un automobile non è contro natura perché è manifestazione evolutiva e spontanea dell'uomo.
Così come non lo è un alveare o un formicaio, poiché questi sono espressioni delle necessità e bisogni della propria specie: le api costruiscono un alveare perché gli va a favore.
L'invenzione dell'automobile va a favore degli uomini, l'unica differenza tra l'ape e l'uomo è che l'ultimo conosce molto più dell'ape, ha valore evolutivo maggiore e di conseguenza ha più impatto sul mondo.
Se si identifica il "contro natura" come qualcosa che si oppone al regolare svolgimento delle cose, ci si può rendere conto di come la natura sia contro natura. (I dinosauri se ne stavano lì tutti belli e tranquilli nella loro evoluzione, e poi arriva la natura ad ucciderli)
Allora voi direste :"si ok ma la natura non è contro natura perché mantiene la caratteristica comune della natura: l'istintività, l'essere inconscia, mentre ciò che fa l'uomo è conscio e quindi può essere contro natura"
Al che io vi rispondo con una domanda: se l'uomo è conscio delle sue azioni allora perché ha voluto che si creassero fabbriche che inquinassero il suo stesso ambiente fino a soffocarlo?
Ricapitolando:
Se si assume il "contro natura" come qualcosa che si oppone alla natura allora anche la natura è contro natura
Certe azioni dell'uomo ritenute "contro natura" per via della sua consapevolezza sono in realtà ciò di più naturale ed istintivo possa esistere
Dunque la soluzione è che la natura coincida col reale e che di fatto nulla sia contro natura

Edit:
E' ovvio che se si cambiano le definizioni alle parole si riesce a dire quello che si vuole, ma allora a sto' punto dico che un pomodoro è una mela e un albero è una cicogna

sgiombo

#19
Citazione di: Voltaire il 05 Novembre 2016, 13:32:58 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Novembre 2016, 07:23:43 AMCredo che la questione sembri ingarbugliata semplicemente perché non si sta tenendo conto dei linguaggi in cui ci si vuole muovere; in base ai linguaggi scelti cambia anche la definizione di natura. Se scegliamo di usare un linguaggio che si sforza di essere radicale, basilare, fondamentale, teorico, possiamo affermare che natura coincide con realtà e dunque anche un'automobile fa parte a tutti gli effetti della natura. Se invece scegliamo di muoverci in un linguaggio più superficiale, corrente, quotidiano, più vicino agli usi sociali, allora natura non coincide con realtà, ma con ciò che viene ritenuto tale nel liguaggio sociale corrente. In questo contensto un'automobile non fa parte della natura. Una volta chiarito ciò, è facile renderci conto che il secondo tipo di linguaggio, essendo dipendente dalle condizioni storico-geografiche di ogni società, è soggetto a variabilità, cosicché ciò che può essere ritenuto naturale in una certa società può non esserlo in un'altra. Anche il primo linguaggio, ovviamente, è soggetto alle sue variabilità, poiché siamo pur sempre noi a stabilire se e in che misura un linguaggio può essere considerato davvero radicale e teorico. Sarà comunque più facile addentrarsi anche in questa questione, una volta chiarito in che tipo di discorso ci si sta muovendo. C'è naturalmente (!) anche la possibilità di intrecciare, porre in dialogo i due linguaggi; anche in questo caso, comunque, credo che aver almeno tentato di distinguere i due linguaggi consenta di muoversi in tutta la questione in modo molto più agevole.
Non è una questione di definizioni, il fatto che la natura coincida con la realtà non è una definizione astratta ma è frutto di un processo logico che parte dalla definizione d'uso comune.
Un automobile non è contro natura perché è manifestazione evolutiva e spontanea dell'uomo.
Così come non lo è un alveare o un formicaio, poiché questi sono espressioni delle necessità e bisogni della propria specie: le api costruiscono un alveare perché gli va a favore.
L'invenzione dell'automobile va a favore degli uomini, l'unica differenza tra l'ape e l'uomo è che l'ultimo conosce molto più dell'ape, ha valore evolutivo maggiore e di conseguenza ha più impatto sul mondo.
Se si identifica il "contro natura" come qualcosa che si oppone al regolare svolgimento delle cose, ci si può rendere conto di come la natura sia contro natura. (I dinosauri se ne stavano lì tutti belli e tranquilli nella loro evoluzione, e poi arriva la natura ad ucciderli)
Allora voi direste :"si ok ma la natura non è contro natura perché mantiene la caratteristica comune della natura: l'istintività, l'essere inconscia, mentre ciò che fa l'uomo è conscio e quindi può essere contro natura"
Al che io vi rispondo con una domanda: se l'uomo è conscio delle sue azioni allora perché ha voluto che si creassero fabbriche che inquinassero il suo stesso ambiente fino a soffocarlo?
Ricapitolando:
Se si assume il "contro natura" come qualcosa che si oppone alla natura allora anche la natura è contro natura
Certe azioni dell'uomo ritenute "contro natura" per via della sua consapevolezza sono in realtà ciò di più naturale ed istintivo possa esistere
Dunque la soluzione è che la natura coincida col reale e che di fatto nulla sia contro natura

Edit:
E' ovvio che se si cambiano le definizioni alle parole si riesce a dire quello che si vuole, ma allora a sto' punto dico che un pomodoro è una mela e un albero è una cicogna

CitazioneIl concetto di "valore evolutivo" non é scientifico (biologico) e non vedo che senso possa avere (se non di pura, arbitraria preferenza soggettiva): l' evoluzione della vita non risponde a finalità e non si realizza "più" o "meglio" in qualche specie piuttosto che in qualche altra.
E la morte (di individui e specie: estinzione) non é affatto incompatibile con la vita ma ne é anzi parte integrante e conditio sine qua non: il suo contrario non é "vita", bensì "nascita", ed entrambi sono aspetti ineliminabili della vita: senza ciascuna di esse -nascita e morte- non ci sarebbe vita e senza vita non ci sarebbe nessuna di esse, né nascita, né morte).

La coscienza (a livelli più o meno complessi e sofisticati a seconda dei casi) ragionevolmente può essere considerata comune a moltissime specie animali (per lo meno; e forse addirittura a tutte), oltre a quella umana (non c' é ragione per ritenere che non ne siano dotati, fra le tantissime altre specie, cani, gatti, cavalli, scimmie, ecc., al contrario dell' autocoscienza, che é quasi sicuramente unicamente umana, almeno sul pianeta Terra).

Il fatto di fare (anche) danni a se stessi (giacché non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, e spesso la soddisfazione, magari "eccessiva", dell' una impedisce un' adeguata soddisfazione dell' altra esigenza)
non é affatto innaturale: spesso molti animali cadono naturalissimamente in "trappole mortali" (sia artificiali che naturali, queste ultime) in quanto per assicurarsi un vantaggio limitato (solitamente cibo) si procurano uno svantaggio "individualmente illimitato" (la morte).

E oggi l' umanità possiede i mezzi per procurarsi in molti modi lo svantaggio "collettivamente illimitato" dell' "estinzione prematura e di sua propria mano" (in cambio di "piatti di lenticchie" alquanto miserabili).

Nella "res extensa" nulla può accadere di sopra- o preter- -naturale, se di essa é possibile conoscenza scientifica (vera); e di essa fa parte a pieno titolo l' umanità (non esaurendosi in essa, secondo me: ne é parte ma non é limitato all' esserne parte, é anche altro: la "res cogitans").
Dunque ciò che si riferisce alla parte materiale dell' uomo, al corpo degli individui della specie "homo sapiens" e alla specie considerata come concetto biologico é in ultima istanza naturale, anche se in particolare é (anche) "artificiale", "culturale", (che non sono concetti contrari e inconciliabili rispetto a quello di "naturale": ne sono sottoinsiemi caratterizzati da importanti peculiarità unicamente loro proprie, che non contraddicono i modi e le caratteristiche più generali o generici del divenire naturale, ma ne sono espressioni, o casi particolari: un po' come l' essere un "mammifero" non contraddice l' essere un "vertebrato", né un "animale", nè un vivente", né un  "oggetto naturale").

Di fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".  

maral

CitazioneDi fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".
Si potrebbe dire che c'è un'accezione ancora più forte (che condivido) che include nella "natura" (intesa, come dice Voltaire, nel senso di realtà per come si manifesta) anche la res cogitans, o, se si vuole, "l'autocoscienza" che è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade (anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali). Ma il problema che chiede ragione della natura della "natura" dando risposte forti o deboli, non è ovviamente solo una faccenda linguistica, a cui basta il vocabolario giusto a risolverlo, perché l'uomo effettivamente, proprio in quanto "naturalmente" cosciente dell'accadere e del proprio accadere si vede gettato fuori dalla natura e questo da un lato lo terrorizza e lo angoscia, dall'altro gli dà il senso di poter progettare il proprio dominio umano sulla natura che gli si presenta davanti in visione panoramica. Poi magari scopre che non è per nulla così, che non domina proprio nulla, in quanto comunque egli resta sempre nella natura, ma ci resta, lo ripeto, sentendosene in qualche misura sempre rigettato tanto da considerare "artificiale" quello che lui naturalmente fa.
Per il lombrico ad esempio non è così, il lombrico è del tutto nella natura e lì ci sta contento e soddisfatto (mi si perdonino i termini antropomorfici e mi perdonino i lombrichi, ma è per rendere l'idea tra esseri umani). In realtà tra il lombrico e l'uomo esistono forme di coscienza e probabilmente anche di autocoscienza intermedie che sarebbero interessanti da esplorare, ma non vi è dubbio a mio avviso che l'uomo è di per sé una grande anomalia naturale, una sorta di contraddizione vivente, ossia è veramente nella natura sentendosene al di fuori.

paul11

L'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura.
Mi sembrerebbe strano ,per assurdo, che due marziani in un futuro remoto, spero, vedano esplodere il pianeta Terra per la terza guerra mondiale  a suon di bombe atomiche e dicano è il prodotto naturale di un bipede terrestre.

I lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali. nel momento cui l'uomo ha raggiunto un livello di conoscenza e quindi di cultura tale da alterarne la biochimica o la fisica della particelle ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale.L'inquinamento non è un prodotto naturale, ma altera i cicli naturali ,gli ecosistemi, portiamo ormai fuori dai loro Habitat naturali animali attraverso aerei, navi e non conosciamo affatto gli impatti degli ogm. Salvo accorgerci che parecchi tumori purtroppo emergono grazie alla sintesi artificiale 
di molecole non naturali

maral

Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 00:24:33 AM
L'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura.
Certamente, è anzi la cultura che dà il senso della natura dell'uomo, ma a sua volta come possiamo considerare la cultura se non come espressione propria della natura umana? Certo, le auto e le fabbriche che inquinano, le bombe nucleari e via dicendo non si trovano direttamente nell'ambiente in cui l'uomo vive come si potrebbero trovare i funghi buoni e velenosi: ci vogliono degli esseri umani che le pensino, le progettino e le costruiscano, ma ciò non toglie che essendo questi esseri umani comunque esistenti in natura, mi pare lecito e opportuno considerarli il mezzo con il quale la natura si attua. Analogamente i nidi degli uccelli, le tane dei castori, i termitai non sono come tali presenti in natura, occorrono uccelli, castori e termiti a realizzarli, ma non per questo considererei il nido di una rondine un prodotto artificiale. La effettiva differenza dell'uomo sta nel progetto che egli costruisce in vista di un fine dettato dalla sua consapevolezza di esistere e quindi da un'esistenza che si presenta per l'uomo come una domanda che sorge e risorge di continuo nella sua coscienza, ma anche questo fa parte della natura, a meno di non voler pensare che questa particolarità umana non venga da un extra mondo, da una sorta di fantastica "Isola che non c'è" ma che deve pur esserci per rendere conto all'uomo della stranezza dell'uomo.
Si tratta di una stranezza molto pericolosa e angosciante, non c'è dubbio, ma è un pericolo e un'angoscia che riguarda solo l'essere umano, non la natura che in sé lo include come fatto infinitesimo e del tutto marginale. Quando arriveremo a capire che i nostri modi di pensare, di produrre e di fare sono proprio noi che mettono in discussione a tutti i livelli, non certo il creato, non certo il mondo, non certo l'universo intero, ma quella nicchia minimale e infinitesima e finora unica dell'universo in cui possiamo esistere per il modo del tutto contingente in cui in essa possiamo trovare dimora, forse cominceremo a porre più attenzione alla nostra natura e ci sentiremo un po' meno demiurghi aventi un mondo lì fuori come un puro oggetto a disposizione del finalismo del soggetto e scopriremo che noi siamo questo mondo, noi siamo il nostro oggetto, senza nessun mandato speciale da parte di un extra mondo.
In fondo si potrebbe anche dirla così: l'uomo è quel prodotto naturale dell'universo con cui l'universo viene naturalmente a conoscersi e questo espone ogni uomo a un rischio costante che si traduce nella consapevolezza del suo stesso poter morire, consapevolezza in cui si scopre uguale a ogni altro uomo e allo stesso tempo unico rispetto a tutto ciò che non come uomo ci appare.

anthonyi

Storicamente il concetto di contro-natura si fonda sul contrasto con l'idea di un ordine naturale ontologicamente fondato su un'idea di creazione e di volontà divina.
Uscendo fuori da questa visione, il concetto di contro-natura si ripropone come critica nei confronti di un'evoluzione della società umana vista come aliena rispetto a una bellezza della natura, cioè della vita nel suo complesso non-umano. Da qui la domanda delle cento pistole: "Quando e come l'uomo da essere naturale, diventa contro-natura?"

sgiombo

#24
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 20:12:56 PM
CitazioneDi fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".

Si potrebbe dire che c'è un'accezione ancora più forte (che condivido) che include nella "natura" (intesa, come dice Voltaire, nel senso di realtà per come si manifesta) anche la res cogitans, o, se si vuole, "l'autocoscienza" che è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade (anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali). Ma il problema che chiede ragione della natura della "natura" dando risposte forti o deboli, non è ovviamente solo una faccenda linguistica, a cui basta il vocabolario giusto a risolverlo, perché l'uomo effettivamente, proprio in quanto "naturalmente" cosciente dell'accadere e del proprio accadere si vede gettato fuori dalla natura e questo da un lato lo terrorizza e lo angoscia, dall'altro gli dà il senso di poter progettare il proprio dominio umano sulla natura che gli si presenta davanti in visione panoramica. Poi magari scopre che non è per nulla così, che non domina proprio nulla, in quanto comunque egli resta sempre nella natura, ma ci resta, lo ripeto, sentendosene in qualche misura sempre rigettato tanto da considerare "artificiale" quello che lui naturalmente fa.
Per il lombrico ad esempio non è così, il lombrico è del tutto nella natura e lì ci sta contento e soddisfatto (mi si perdonino i termini antropomorfici e mi perdonino i lombrichi, ma è per rendere l'idea tra esseri umani). In realtà tra il lombrico e l'uomo esistono forme di coscienza e probabilmente anche di autocoscienza intermedie che sarebbero interessanti da esplorare, ma non vi è dubbio a mio avviso che l'uomo è di per sé una grande anomalia naturale, una sorta di contraddizione vivente, ossia è veramente nella natura sentendosene al di fuori.


CitazioneConsiderazioni che trovo interessanti e in gran parte condivido.
Dissento soprattutto sull' affermazione  che "l' autocoscienza" (...) è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade" [e fin qui sono d' accordo; anche se accade al di fuori della res cogitans: non é naturale-materiale] "(anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali)".
Per me qualsiasi cosa effettivamente accada (salvo ovviamente fatti di coscienza e autocoscienza), accade anche indipendentemente dalla nostra (eventuale) coscienza (e conoscenza) di ciò che accade (compresa l' esistenza di noi stessi, ossia anche dalla nostra autocoscienza).
Ma ne abbiamo già ampiamente dibattuto senza trovare un consenso in altre discussioni e non vorrei riaprire la questione.

sgiombo

#25
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 00:24:33 AM
L'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura.
Mi sembrerebbe strano ,per assurdo, che due marziani in un futuro remoto, spero, vedano esplodere il pianeta Terra per la terza guerra mondiale  a suon di bombe atomiche e dicano è il prodotto naturale di un bipede terrestre.

CitazionePersonalmente non mi pare che dovrebbero avere difficoltà a considerarlo naturale (oltre che artificiale nel senso di "un particolare sottoinsieme di ciò che é naturale").
Anche tante altre specie si sono estinte naturalmente per avere abusato delle risorse disponibili nelle loro nicchie ecologiche.
(Per la cronaca, temo che se la Clinton vincerà le lezioni americane il rischio di olocausto nucleare aumenterà terribilmente).


I lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali. nel momento cui l'uomo ha raggiunto un livello di conoscenza e quindi di cultura tale da alterarne la biochimica o la fisica della particelle ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale.L'inquinamento non è un prodotto naturale, ma altera i cicli naturali ,gli ecosistemi, portiamo ormai fuori dai loro Habitat naturali animali attraverso aerei, navi e non conosciamo affatto gli impatti degli ogm. Salvo accorgerci che parecchi tumori purtroppo emergono grazie alla sintesi artificiale
di molecole non naturali
CitazionePreciserei (scusa la pignoleria) che se, come concordo, il lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali, allora l' uomo non ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale (ma solo di impiegarle utilmente e finalisticamente adeguandovisi nel suo agire). Ed é proprio per questo che imprudentemente rischia di autodistruggersi (ma forse é anche quello che intendevi dire tu).

paul11

Citazione di: anthonyi il 06 Novembre 2016, 09:29:39 AMStoricamente il concetto di contro-natura si fonda sul contrasto con l'idea di un ordine naturale ontologicamente fondato su un'idea di creazione e di volontà divina. Uscendo fuori da questa visione, il concetto di contro-natura si ripropone come critica nei confronti di un'evoluzione della società umana vista come aliena rispetto a una bellezza della natura, cioè della vita nel suo complesso non-umano. Da qui la domanda delle cento pistole: "Quando e come l'uomo da essere naturale, diventa contro-natura?"

In sintesi è corretto, anche se alcuni termini li muterei.

Se esiste una regola naturale, la cultura è artificio spesso finalizzata contro la natura.
Si tratterebbe quindi di dire ontologicamente la regola della natura, e quale cultura ontologicamente ha strumenti e finalità contro quelle regole naturali.
Mi pare ovvio che l'uomo non è necessariamente contro la natura e anzi ne faccia parte.
Ma l'uomo con l'artificio della conoscenza può alterare regole fondamentali della natura.

Non basta dire che l'uomo è natura, perchè la plastica non è naturale, vale a dire il prodotto della sua tecnologia e non di trasformazioni naturali chimico-fisiche.

Quindi è la tecnica finalizzata l'espressione di una conoscenza.Ma dove ontologicamente l'uomo ha compiuto scelte nel momento in cui decide di finalizzare in un modo o in un altro la sua conoscenza.

Daccapo, allora se la conoscenza diventa capacità di creazione di un mondo culturale che si pone dialetticamente con il mondo naturale interpretandolo,è in questa interpretazione relazionale fra
uomo-natura-cultura che sta la controversia.

paul11

#27
Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2016, 11:29:35 AM
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 00:24:33 AML'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura. Mi sembrerebbe strano ,per assurdo, che due marziani in un futuro remoto, spero, vedano esplodere il pianeta Terra per la terza guerra mondiale a suon di bombe atomiche e dicano è il prodotto naturale di un bipede terrestre.
CitazionePersonalmente non mi pare che dovrebbero avere difficoltà a considerarlo naturale (oltre che artificiale nel senso di "un particolare sottoinsieme di ciò che é naturale"). Anche tante altre specie si sono estinte naturalmente per avere abusato delle risorse disponibili nelle loro nicchie ecologiche. (Per la cronaca, temo che se la Clinton vincerà le lezioni americane il rischio di olocausto nucleare aumenterà terribilmente).
I lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali. nel momento cui l'uomo ha raggiunto un livello di conoscenza e quindi di cultura tale da alterarne la biochimica o la fisica della particelle ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale.L'inquinamento non è un prodotto naturale, ma altera i cicli naturali ,gli ecosistemi, portiamo ormai fuori dai loro Habitat naturali animali attraverso aerei, navi e non conosciamo affatto gli impatti degli ogm. Salvo accorgerci che parecchi tumori purtroppo emergono grazie alla sintesi artificiale di molecole non naturali
CitazionePreciserei (scusa la pignoleria) che se, come concordo, il lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali, allora l' uomo non ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale (ma solo di impiegarle utilmente e finalisticamente adeguandovisi nel suo agire). Ed é proprio per questo che imprudentemente rischia di autodistruggersi (ma forse é anche quello che intendevi dire tu).


Non nego la possibilità di includere ,ma non so se come sottoinsieme, l'uomo che si fa cultura dentro le regole di natura, perchè la cultura umana vuole negare la morte ,la propria morte individuale o di appartenenza e sarebbe capace di tutto , di alterare l'intera natura, pur di raggiungere il proprio fine.
Questa qualità, questa capacità è impossibilitata da gli altri essere viventi come vegetali o animali.

Il prodotto culturale può non solo essere plastica, ma un lagher, un'ideologia di sterminio o di prevaricazione: è ancora natura?
La natura a mio modesto parere non è solo la tavola degli elementi chimico-fisici che l'uomo per sua qualità ha potuto conoscere e addirittura manipolarle e plasmarle.
Ma se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.

Il salto tecnologico, ad esempio la manipolazione dell'energia atomica, e il salto della bioingegneria lo pongono dialetticamente in relazione fra il proprio dominio culturale e un ordine e dominio naturale, deve porsi un problema di compatibilità o come si dice di sostenibilità, ma proprio perchè se li pone signifca che la potenza della conoscenza umana se anche fosse dentro l'ordine naturale o un suo sottoinsieme, non può negare la domanda. Perchè ci sono culture più o meno pacifiche, più o meno tecnologiche, più o meno accettano le regole di natura.Quindi è la nostra stessa interpretazione di uomo,
natura e cultura che può mutare non tanto la natura, ma la nostra cultura e conseguentemente la natura.

Termini come alienazione, schizofrenia non sono forse il processo dialettico di natura umana e di cultura che diventa sociale che si manifesta come malattia del disagio umano?

Il tema della discussione è molto vasto è molto complesso.
Ad esempio l'interpretazione che sia naturale che un uomo forte e intelligente prevarichi sul debole è giusto? E' naturale? Quindi di nuovo l'interpretazione dei domini apre  a problematiche anche etiche e a volte giustificative di comportamenti : "naturali"o "contro-natura"?

Voltaire

Citazione se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.
L'ordine della natura non è morale
Ciò che è naturale non è anche bello/giusto
Tant'è che se tu metti a confronto la tua idea di morale con la natura, questa non trova riscontro in essa.
La morale a mio parere deriva dal porsi dei problemi sulle azioni compiute o da compiersi, ed in natura non credo ci siano molte cose che si pongono questi problemi

paul11

Citazione di: Voltaire il 06 Novembre 2016, 13:00:33 PM
Citazione se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.
L'ordine della natura non è morale Ciò che è naturale non è anche bello/giusto Tant'è che se tu metti a confronto la tua idea di morale con la natura, questa non trova riscontro in essa. La morale a mio parere deriva dal porsi dei problemi sulle azioni compiute o da compiersi, ed in natura non credo ci siano molte cose che si pongono questi problemi

Appunto perchè l'etica non è nella natura, da qualche parte scaturisce, e da dove se non dalla cultura di un essere umano che interpreta la sua natura e il mondo con cui è in relazione?
Il problema è quale ontologia dare alla natura e quali sono le sue regole e se l'uomo è davvero dentro queste regole per poter dire che ontologicamente è davvero parte.La mia risposta è che la cultura umana può andare contro le regole di natura per qualità umane legate all'intellettività, alla conoscenza, alla coscienza,
Il fatto stesso che ci si ponga la domanda fra natura e contro natura significa che c'è una dialettica, una problematica. Se l'uomo fosse solo natura non si porrebbe il problema.

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