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Nietzsche

Aperto da anthonyi, 23 Ottobre 2019, 19:19:35 PM

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green demetr

lou



Tuttavia, a livello politico, certamente esiste un afflato democratico in Nietzsche. La polis ( il bene della polis) viene prima sia dell'individuo che dello stato. Uno stato che fagogita l'individuo è orripilante, così come un individuo(alismo sfrenato) prioritario rispetto alla polis è da aborrire. Il suo pensiero, in un certo senso, potrebbe dirsi - misurato. Di una  misura che eccede ogni senso comune corrente, pur analizzandolo, in ciò ritengo sia in un certo qual modo _ aristocratico.

Ma diciamo che ti avvicini molto.
Infatti in Nietzche è chiaro come in Leopardi che per vivere bene in una polis necessita di un superamento della morale.
E la morale è il popolo.

Non è questione che ce l'ha con il popolo, ma con il popolo che accetta la morale (come Leopardi)

Noi oggi siamo abituati a vedere la democrazia come rappresentativa, non riusciamo a intendere il progetto più vasto necessario a che la polis diventi una unità vivente e non monumentale (funeraria).

Siamo abituati a vedere la polis come entità giuridica (cortese appannaggio dell'impero romano).
Quando non abbiamo ancora capito che è proprio il giuridico il termine che per primo viene messo sotto accusa da Nietzche,

Sragioniamo su Nietzche senza aver letto niente dei greci e di Nietzche.

Il continuo moltiplicarsi delle interpretazione è dovuto a questa ignoranza di fondo.

Un fastidioso basso che contamina le nostre letture più ambiziose.

Già all'epoca quando Nietzche parlava dell'asceta, era da mettere nella prospettiva generale delle sue opere.

Non è una ascesi del corpo, è una ascesi del Pensiero, una sorta di viaggio che ponga se stesso nella direzione della storia metafisica, ma non per corroborarla, bensì per domandarla, e spesso per rivoluzionarla.

Quindi Lou sei sulla giusta strada, ora serve proprio dinamitare l'intera tua costruzione. Ossia tocca a te, valutare in che maniera si possano intersecare le ambizione tue e di Nietzche,

Siamo abituati a liquidare gli autori velocemente, e ci sta, per i minori, ma per i giganti no! bisogna seguirli passo per passo.

Meditare sopratutto.

Ciao e grazie, mica potevamo sobbarcarci tutto solo io e Ipazia.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

#76
Citazione di: green demetr il 31 Ottobre 2019, 15:09:44 PM
Nico

Dietro l'autodominio dell'uomo su se stesso, (e autodominio dell'uomo in Nietzche significa ascesi, metafisica, coscienza, nichilismo: insomma significa la socratica e platonica enkrateia)

Nietzche un platonico???

Gli viene una sincope!


io ho scritto " Dietro l'autodominio dell'uomo su se stesso, (e autodominio dell'uomo in Nietzche significa ascesi, metafisica, coscienza, nichilismo: insomma significa la socratica e platonica enkrateia) c'è il dominio dell'uomo sull'uomo.

Intendo che l'enkrateia (autodominio dell'uomo) viene ricondotta alla morale servile (dominio dell'uomo sull'uomo) e in questo senso Nietzche cerca di superare Platone, non certo che Nietzche sia platonico.

Nella genealogia della morale troviamo che la capacità di dimenticare, di avere poca accortezza, poco senso di colpa, è tipica dei benriusciti e dei padroni. I padroni hanno meno funzioni del corpo controllate dalla coscienza e più autoregolazioni inconsce. Questo li rendo orientati all'azione, rende l'azione per loro una necessità, perché queste pressioni e autoregolazioni inconsce devono esplicitarsi nel mondo, in un modo o nell'altro.
Non trattengono nulla, e quindi, soprattutto, non trattengono il desiderio di vendetta: davanti a un torto subito si vendicano immediatamente scaricando la sofferenza in una aggressione verso l'esterno o periscono nel tentativo; in nessun caso la pulsione alla vendetta viene da loro trattenuta.

I servi hanno più memoria, più accortezza, più pazienza, più senso di colpa più capacità di aspettare. Meno tendenza all'azione perché sono più introspettivi.

Il servo sviluppa in modo cosciente funzioni che tipicamente nel padrone erano inconsce. Davanti a un torto subito non muore nel tentativo di vendicarsi ma trattiene la vendetta a tempo indefinito, il che fa di lui un odiatore potenzialmente molto migliore e più efficiente del padrone, una bomba a tempo di vendette rimandate.

Ma questo vuol dire che l'introversione è tipica del servo e l'estroversione del padrone. Il padrone ha come destino controllare gli altri, il servo controllare se stesso. l'uno aggredisce e conquista il mondo l'altro aggredisce e conquista se stesso. La malattia è vita che si rivolta contro se stessa, in questo senso la malattia è servilismo. Lo sforzo di autodominio che sdoppia e nullifica il mondo, che fonda la metafisica, è sostanzialmente tipico del servo. Può fare comodo al padrone, può essere più o meno esplicitamente ordinato dal padrone, ma è sostanzialmente il servo che lo compie. Questo sdoppiamento consiste nell'inventare l'anima, nell'inventare la libertà, pur di non accettare il fato.

Il privilegio del padrone è mantenere inconsce alcune funzioni del corpo e della mente che tendenzialmente, nel lungo cammino della civiltà, dovranno diventare coscienti in tutti gli altri: dunque il padrone vuole essere bestia o dio tra gli uomini e nessuno deve osare voler essere come lui: lui non si autocontrolla, continua ad essere l'uomo dell'oblio e delle autoregolazioni inconsce e tutti gli altri invece devono autocontrollarsi; lui incute una paura indefinita, senza oggetto, che è appunto paura per l'ignoto che lui è, che lui si riserva come privilegio. In un certo senso Il padrone primordiale "ordina" di fondare la civiltà ma subito dopo scompare nel nulla, viene obliato, dimenticato, e il compito specifico e materiale di fondare e portare avanti la civiltà spetta ai servi, agli uomini che emergono dal terrore iniziale che il padrone incuteva loro con la capacità acquisita di essere uomini, di non essere come il padrone e quindi di non sfidarlo neanche involontariamente, di autoconrollarsi. Schiacciati dall'estroversione del padrone, i servi diventano introversi. Il padrone conquista un "territorio" che è tutto il mondo, che è la totalità dell'esteriore, dello Stato come forma di vita; i servi in mancanza di altro "spazio" dove andare sono ricacciati dentro loro stessi: per non sfidare il padrone acquisiscono coscienza, senso di colpa, continenza.

Ecco che quindi secondo me Nietzche getta un sospetto, una visione servile e dunque potenzialmente negativa sull'enkrateia sull'autodominio, che da quasi tutti i filosofi precedenti era visto come qualcosa di desiderabile e di buono.

Spero di essere stato chiaro adesso.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Franco

#77
Franco ( =F):

L'analisi svolta da Nietzsche nel passo da me citato ha proprio la funzione di chiarire la sfera fisiologica sulla quale il prete lavora.

Ipazia:

No, sulla quale il prete è, come tipo umano con una specifica strategia di autosussistenza.

F:

Non "comprendo" la negazione. Non vedo cioè come possa la costituzione ontologica ( l'è) richiamata da Ipazia contraddire la tesi secondo la quale il prete lavora in quanto teo - logo sul fondamento della sua costituzione fisiologica. Nella tesi infondatamente contraddetta da Ipazia la mia attenzione è rivolta al piano nel quale il prete sfrutta l'ideale ascetico in senso teologico, ovvero nel senso di quella che potrebbe essere intesa come la sua grande, millenaria sublimazione. Sublimazione che in termini dottrinali è il suo grande lavoro metafisico. Il prete lavora sul'ideale ascetico nel senso che l'idealizzazione ascetica è il lavoro ( = l'energia sublimata) della teologia ( genitivo soggettivo e oggettivo).

Ipazia:

Il che è vero. Ma prima di questo passaggio di catechizzazione vi è il passaggio ontologico che garantisce al clero la sua posizione sociale privilegiata di cui la teologia è il carburante per il mantenimento dello stato attraverso la sua costante rilegittimazione. Insomma, anche -logicamente, "è" viene prima di "fa".

F:

Bene. Se è vero, se è cioè vero che la sublimazione è - come ho iniziato a dire - il grande, millenario lavoro della teologia (genitivo soggettivo e oggettivo), allora non si può accogliere il rilievo di Ipazia in quanto anche tale lavoro è.  Contraddire quest'ultimo asserto si potrebbe a condizione di negare valenza ontologica al lavoro come tale. Detto di passaggio, il lavoro al quale mi riferisco non è propriamente un "fare", bensì il lavoro ( = il processo, la funzione) necessaria (non scelta) per la quale il "teologo" è tale. Dio non è qualcosa che si faccia alla maniera in cui si fanno sciarpe e cappotti. La lezione di Nietzsche ha il merito di enucleare l'essenza della posizione ascetica in quanto mostra come questa sia fisiologicamente ancorata. Ma ciò che è fisiologicamente radicato non può essere un fare. Onde il teologo è tale in quanto è ( = necessitato a) il risultato di una trasformazione energetica ( = processo di sublimazione) che non ha scelto.

***
F:

Secondo Ipazia in Nietzsche sarebbe un autosuperamento e una critica radicali relativamente all'ideale ascetico. Tesi questa appena enunciata ed enunciabile, giacché - e per andare al sodo - il rapporto non ideale ( = carnale) di Friedrich Nietzsche con il femminile si è limitato - almeno stando alle fonti - alla madre, alla sorella e ad un numero imprecisato di prostitute. Dunque assolutamente no. La tesi del superamento è tutta da dimostrare.

Ipazia:

L'ideale ascetico non va confuso con la castità. Egli stesso era figlio di un prete. Una delle religioni più integraliste prevede pure la poligamia. Un tempio indù è decorato con altorilievi del Kamasutra. L'ideale ascetico è l'idealizzazione del mondo dietro il mondo che svaluta tutte le manifestazioni del mondo reale, non solo la sessualità.

(la cui repressione riguarda universalmente il genere femminile ed è legata alla civiltà patriarcale nel suo complesso. Su questo FN glissa e ciancia di fruste, ma lungo la direttrice Salomè, Freud, Reich, Marcuse si arriverà alla liberazione del '68 che la critica antipsichiatrica allargherà infine a tutti i comportamenti trasgressivi).

F:

a) Mi chiedo come si possa inferire una con-fusione nel mio discorso sull'auto superamento nietzschiano dell'ideale ascetico. Non ho punto confuso, bensì ho proprio inteso concentrare l'attenzione sulla castità, non potendo che essere questa la radice, il nucleo di ogni ideale ascetico degno di tal nome. Si sta discutendo di Nietzsche.

b) La replica di Ipazia rafforza il mio sospetto - analogamente a quanto avvenuto relativamente alla questione della configurazione prima di tutto fisiologica dell'ideale ascetico - che la mia interlocutrice non abbia meditato a fondo il dettato nietzschiano. Leggiamo Nietzsche in uno dei passi fondamentali de L'Anticristo, vale a dire di una delle opere meno, se non affatto esplorate dalle interpretazioni filosofiche più autorevoli.

" La predica della castità è un pubblico incitamento alla contronatura, Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni insozzamento della medesima mediante il concetto di 'impuro' è il vero e proprio peccato contro lo spirito santo della vita". Le sottolineature sono mie.

Questo il contenuto della quarta delle sette proposizioni in cui Nietzsche articola la Legge contro il Cristianesimo.

c) Che Nietzsche fosse figlio di un prete, non inficia la tesi che ho iniziato a giustificare con il richiamo del passo nietzscheano, giacché riprodursi (= far figli, come si dice, non è affatto antitetico ad una morale ascetica. Anzi, oggi come in passato, il prete cattolico trova la sua più piena soddisfazione nel raccomandare e nell'esigere che lo scambio sessuale completo avvenga in funzione - in funzione - della figliata. Agendo alla radice della vita, ovvero "raccomandando" la limitazione della copula allo scopo della riproduzione, il prete dimostra - tra l'altro - come sia possibile sintetizzare la castità con la riproduzione.

d) presterei particolare attenzione alla costruzioni di assi come quello costituito da Nietzsche, Salomé, Freud, Reich e Marcuse e antipsichiatria. E questo perché troppe cose sono in gioco. Tra l'altro, Freud non comprende Schopenhauer, il quale è grande maestro di Nietzsche; Freud non comprende il Reich maturo; l'antipsichiatria fa un polpettone di Freud e Reich; è tesi tutta da discutere che l'opera di Freud i sia configurata come critica della società capitalistica e patriarcale. Le cose sono molto complesse.  

***

F:

Relativamente al fenomeno della morale ascetica, nell'opera di Nietzsche è potente la pars destruens ma pressoché mancante la pars construens. Analogamente a quanto avviene in sede di scienza anti - teologica, dove, appunto, la pars construens si perde nelle brume della poesia.

Ipazia:

Fosse vissuto nei ruggenti anni settanta del novecento forse avrebbe sperimentato la pars costruens di una comune hyppie, ma che l'unica donna da lui amata fosse un'etera, una menade, depone a favore della sua buona volontà costruens. Ma anche nella restante critica all'ideale ascetico egli testimonia il valore del mondo nel mondo quando invita a diffidare delle dottrine partorite al chiuso e valorizza sopra ogni altro i pensieri nati all'aperto col corpo in movimento. Anche l'importanza che dà al buon cibo riporta alla valorizzazione dell'immanenza psicosomatica. E pure la contrapposizione dei 6000 piedi di Sils Maria alle mefitiche paludi metropolitane avrà un seguito nella crescita di una sensibilità ecologica. Insomma di spunti costruens FN ne dà molti, anche se il suo physique du rôle era lungi dall'essere all'altezza di tutte le situazioni di liberazione professate. Anche nel campo a lui più congegnale della critica artistica è significativa la repulsione per il Parsifal contrapposto al Tristan und Isolde. Parsifal che segnò la conferma della giustezza della sua rottura con Wagner.

F:

a) che l'unica donna amata da Nietzsche - almeno stando alle "fonti" - fosse un'etera non può costituire una dimostrazione di auto-superamento radicale relativamente all'ideale ascetico, giacché le fonti (biografia, autobiografia, scrittura poetica e filosofica) non consentono di far luce sulla qualità del rapporto con quella donna. E non è certo una buona volontà a poter giustificare la tesi di un auto -superamento radicale dell'ideale ascetico.

b) Esperienza di una comune hyppie? Forse con il richiamo di quest'esperienza inizio a comprendere il senso che Ipazia attribuisce a qualcosa come la pars construens da me posta in questione come parte mancante in Nietzsche. Che il consumo di droghe, di alcolici e qualche "scopata" possano costituire qualcosa come un esempio di vita costruttiva in ordine al superamento radicale  dell'ideale ascetico, è tesi quanto mai discutibile.

Ipazia

La citazione dall'Anticristo dimostra come FN si sarebbe trovato a suo agio in una comune hyppie. Purtroppo é vissuto un secolo scarso prima. Quell'ambiente fu attraversato da fior fiore di intellettuali e non è riducibile alla droga. Quella citazione dimostra anche l'antibigottismo di FN che non è limitabile alla sessualità visto che i Savonarola infieriscono su tutte le "debolezze della carne". E pure dello spirito, bruciando quadri, cannoneggiando statue e lapidando donne che cantano e danzano. Fare emergere la patologia dell'ideale ascetico é un merito che nessuno potrà togliere a FN. Da lì nacque la psicologia moderna e la comprensione di gran parte delle patologie psichiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: niko il 01 Novembre 2019, 17:41:20 PM
Citazione di: green demetr il 31 Ottobre 2019, 15:09:44 PM
Nico

Dietro l'autodominio dell'uomo su se stesso, (e autodominio dell'uomo in Nietzche significa ascesi, metafisica, coscienza, nichilismo: insomma significa la socratica e platonica enkrateia)



Nietzche un platonico???

Gli viene una sincope!


io ho scritto " Dietro l'autodominio dell'uomo su se stesso, (e autodominio dell'uomo in Nietzche significa ascesi, metafisica, coscienza, nichilismo: insomma significa la socratica e platonica enkrateia) c'è il dominio dell'uomo sull'uomo.

Intendo che l'enkrateia (autodominio dell'uomo) viene ricondotta alla morale servile (dominio dell'uomo sull'uomo) e in questo senso Nietzche cerca di superare Platone, non certo che Nietzche sia platonico.

Nella genealogia della morale troviamo che la capacità di dimenticare, di avere poca accortezza, poco senso di colpa, è tipica dei benriusciti e dei padroni. I padroni hanno meno funzioni del corpo controllate dalla coscienza e più autoregolazioni inconsce. Questo li rendo orientati all'azione, rende l'azione per loro una necessità, perché queste pressioni e autoregolazioni inconsce devono esplicitarsi nel mondo, in un modo o nell'altro.
Non trattengono nulla, e quindi, soprattutto, non trattengono il desiderio di vendetta: davanti a un torto subito si vendicano immediatamente scaricando la sofferenza in una aggressione verso l'esterno o periscono nel tentativo; in nessun caso la pulsione alla vendetta viene da loro trattenuta.

I servi hanno più memoria, più accortezza, più pazienza, più senso di colpa più capacità di aspettare. Meno tendenza all'azione perché sono più introspettivi.

Il servo sviluppa in modo cosciente funzioni che tipicamente nel padrone erano inconsce. Davanti a un torto subito non muore nel tentativo di vendicarsi ma trattiene la vendetta a tempo indefinito, il che fa di lui un odiatore potenzialmente molto migliore e più efficiente del padrone, una bomba a tempo di vendette rimandate.

Ma questo vuol dire che l'introversione è tipica del servo e l'estroversione del padrone. Il padrone ha come destino controllare gli altri, il servo controllare se stesso. l'uno aggredisce e conquista il mondo l'altro aggredisce e conquista se stesso. La malattia è vita che si rivolta contro se stessa, in questo senso la malattia è servilismo. Lo sforzo di autodominio che sdoppia e nullifica il mondo, che fonda la metafisica, è sostanzialmente tipico del servo. Può fare comodo al padrone, può essere più o meno esplicitamente ordinato dal padrone, ma è sostanzialmente il servo che lo compie. Questo sdoppiamento consiste nell'inventare l'anima, nell'inventare la libertà, pur di non accettare il fato.

Il privilegio del padrone è mantenere inconsce alcune funzioni del corpo e della mente che tendenzialmente, nel lungo cammino della civiltà, dovranno diventare coscienti in tutti gli altri: dunque il padrone vuole essere bestia o dio tra gli uomini e nessuno deve osare voler essere come lui: lui non si autocontrolla, continua ad essere l'uomo dell'oblio e delle autoregolazioni inconsce e tutti gli altri invece devono autocontrollarsi; lui incute una paura indefinita, senza oggetto, che è appunto paura per l'ignoto che lui è, che lui si riserva come privilegio. In un certo senso Il padrone primordiale "ordina" di fondare la civiltà ma subito dopo scompare nel nulla, viene obliato, dimenticato, e il compito specifico e materiale di fondare e portare avanti la civiltà spetta ai servi, agli uomini che emergono dal terrore iniziale che il padrone incuteva loro con la capacità acquisita di essere uomini, di non essere come il padrone e quindi di non sfidarlo neanche involontariamente, di autoconrollarsi. Schiacciati dall'estroversione del padrone, i servi diventano introversi. Il padrone conquista un "territorio" che è tutto il mondo, che è la totalità dell'esteriore, dello Stato come forma di vita; i servi in mancanza di altro "spazio" dove andare sono ricacciati dentro loro stessi: per non sfidare il padrone acquisiscono coscienza, senso di colpa, continenza.

Ecco che quindi secondo me Nietzche getta un sospetto, una visione servile e dunque potenzialmente negativa sull'enkrateia sull'autodominio, che da quasi tutti i filosofi precedenti era visto come qualcosa di desiderabile e di buono.

Spero di essere stato chiaro adesso.


L'importante è capirsi, ottimo! ben arrivato tra i difensori dello Nietzche razionalista.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Franco

Franco ( =F):


Considerazioni interessanti. Ma che hanno poco a che fare con le mie. Le quali intendono richiamare l'attenzione su ben altro, ovvero sulla realtà attuale - lo ripeto in corsivo - della fede nel carattere non - mitologico delle entità richiamate da Ipazia. Onde qui non è e non può essere primariamente in questione qualcosa come il carattere ideologico della scienza del carattere mitologico dei contenuti della fede cristiana, giacché dellla determinazione ideologica della scienza del carattere mitologico di quei contenuti, l'attuale massa sterminata di fedeli in senso cristiano non ha punto notizia.


Ipazia:


Evidentemente non ci capiamo, perchè mi pareva di avere risposto esaurientemente sul merito almeno due volte (geocentrismo e fideismo). Lo ripeto per la terza volta: FN si pone il problema di capire la natura del fideismo e dà delle risposte, più o meno condivisibili, a partire della costruzione ideologica di un mondo dietro il mondo sostenuto politicamente dall'ideale ascetico. (sequenza presente pure nell'accumulazione capitalistica, per non ridurre al questione solo al teismo classico, sviluppata da FN nella prospettiva, non marxista, ma diversamente antropologica dell'ultimo uomoe dell'umano troppo umano). Semplificando al massimo (perchè gli Holzwege della fede sono infiniti): che il fideista non sia a conoscenza dell'aporia della sua fede è lapalissiano, altrimenti non crederebbe. Che su quella fede farlocca si costruiscano cose reali è altrettanto vero. Alcune di squisita fattura come l'arte e la musica sacra dei secoli d'oro di quelle arti. Così come dei precetti etici condivisibili anche in un contesto a-teistico. Ma tutto questo non rende quella fede meno farlocca.


F:


No, non ci capiamo. E non ci capiamo perché Ipazia tende a far dire a Nietzsche cose che Nietzsche non dice. Lo ripeto per l'ultima volta, almeno alle condizioni dettate dagli ultimi scambi: la pretesa di Nietzsche (la sua grande volontà –illusione) è quella di decretare la fine della fede – il fideismo è ben altra cosa – costituita dall'esperienza cristiana. In questo egli è ben al di sotto della coscienza filosofica di Schopenhauer.

Spero di non dover richiamare la definizione della differenza tra fede e fideismo.

Ipazia

Citazione di: Franco il 03 Novembre 2019, 14:24:22 PM
Spero di non dover richiamare la definizione della differenza tra fede e fideismo.

Certo che no ! Se hai mal di testa e prendi un analgesico è fede, se preghi è fideismo  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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