Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Avendo all' orizzonte la lettura del terzo saggio 'Che significato hanno gli ideali ascetici?',  mi sembra necessario ricordare che lo stesso è il commento-studio dell' aforisma che appare nel par. 1: Il dato fondamentale della volontà umana, e che rappresenta il suo horror vacui, è che essa ha bisogno di una meta - e preferisce volere il nulla piuttosto che non volere.

Inoltre volevo mettere in evidenza che, pur mantenendo il solito inizio ironico e accattivante, i primi paragrafi sono destinati, con l' arco così tirato dai precedenti due saggi, allo scoccare di frecce tremende nei confronti di Wagner, di Kant ( cosa non nuova), e di Schopenhauer, su cui per molti versi fa ricadere pesantemente la colpa del mutamento di Wagner negli ultimi anni di vita. Per chi fosse poco informato, ricordo che Wagner e Schopenhauer sono state due grandi figure nella gioventù di Nietzsche. A Schopenhauer ( ma anche a Wagner ) dedicò addirittura un' inattuale con il titolo: Schopenhauer come educatore. Cosa che in seguito criticherà rilevando che ogni volta che in quell' inattuale aveva nominato Schopenhauer si poteva e doveva tranquillamente sostituirlo con Nietzsche. 
A questo punto non resta che iniziare; a tutti buona lettura.

In fondo gli ideali ascetici negli artisti significano nulla o poco più; nei filosofi e nei dotti la promessa di un' alta spiritualità; nelle donne un fascino supplementare; per i poco armonici ( la maggioranza degli uomini ) una forma di depravazione per superare il dolore e la noia; nei santi la loro forma di follia nel perdersi nel nulla ( Dio ); mentre per i sacerdoti - il loro miglior strumento di potenza, e inoltre la ( loro ) legittimazione suprema della potenza -. Il fatto che gli ideali ascetici abbiano significato tanto per gli uomini, si evidenzia il dato fondamentale della volontà umana, che preferisce volere il nulla piuttosto che non volere. Sono stato compreso? Per niente, signore! Allora cominciamo dall' inizio.

Non c' è dubbio che noi ( Nietzsche ) avremmo desiderato un epilogo diverso della vita, anche a livello artistico,  di Wagner. Avremmo desiderato che al posto dei Maestri Cantori ci fossimo trovati al cospetto di Le Nozze di Lutero. Si sarebbe trattato comunque di un elogio alla castità ma anche alla sensualità, o libertà evangelica, come Wagner ha sempre fatto. In fin dei conti infatti tra la castità e la sensualità non esiste una contraddizione dal momento che ogni buon matrimonio la supera. Ed anche se contraddizione vi fosse, non sarebbe comunque di tipo tragico. Tra i molti anche Goethe afferma che l' equilibrio tra bestia ed angelo nell' uomo rappresenta una seduzione in più al vivere e non il contrario.
A meno che non si sia in presenza di porci, ma a noi e a Wagner che cosa importa dei porci?

Noi vorremmo augurarci che il Parsifal che viene sedotto alla conversione sia interpretabile come un epilogo satiresco del grande artista che Wagner è stato, il suo commiato ironico su tutta la tragedia del vivere e soprattutto sulla forma antinatura rappresentata dagli ideali ascetici. Se così non fosse infatti ci troveremmo di fronte ad un ritorno al Medio Evo, ad una cancellazione di sé stesso, sia come uomo che come artista, ad un odio folle contro conoscenza, spirito e sensualità in favore di ciò che di più oscurantista si vela dietro il Cristianesimo. Del Wagner che con Feuerbach aveva elogiato la sana sensualità, adesso non v' è più traccia. Non solo dagli ottoni del Parsifal ma anche dai suoi ultimi scritti, trapela purtroppo questa amara realtà. 

Comunque val la pena sottolineare che per godere dell' arte bisogna separare l' artista dalla sua opera. L' artista non è che il grembo e il terreno e a volte il fertilizzante e il concime su cui e da cui essa nasce, e perciò qualcosa da dimenticare. Anche perché nel caso di Wagner tutto tende a dimostrare che ha commesso un errore di vanità, separandosi dal suo pubblico con un' opera equivoca in rapporto al suo volere. La avremmo voluta meno schopenaueriana, meno nichilistica.

Come avevamo premesso gli ideali ascetici in un artista significano niente o molte cose e perciò niente lo stesso. E questo perché l' artista non si sorregge abitualmente da solo, ha quasi sempre bisogno di un sostegno e della protezione dei potenti, sempre pronto a mutare sensibilmente opinioni proprio per restare nelle grazie di chi lo sorregge. E non è un caso che Wagner negli ultimi anni di vita scelse Schopenhauer come sua guida. Schopenhauer che in quel periodo stava prendendo il sopravvento.
E questo accadde proprio in rapporto a ciò che Schopèenhauer affermava sull' arte e soprattutto sulla musica. La musica che era ritenuta come il maximum dell' arte perché proveniva dal profondo e rappresentava la voce stessa della volontà. Il musicista in tal modo si elevava di valore, un megafono dell' in sé delle cose. Come stupirsi se poi questo ventriloquo di Dio ( Wagner ) un giorno si sia messo a parlare di ideali ascetici?....

Da qui in avanti si apre il capitolo Schopenhauer-Kant. A tutti un grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Che significato hanno gli ideali ascetici?   ( parte 2 )

Il nostro Kant, che indugia nell' insegnare le caratteristiche del tatto con un' ingenuità da parroco di campagna, ritiene di rendere onore all' arte mettendo in primo piano ciò che forma il vanto della conoscenza: impersonalità e validità universale. Al di là del fatto se ciò non sia, in fondo, un errore, come tutti i filosofi, invece di mettere a fuoco il problema estetico dal punto di vista dell' artista, lo fa con gli occhi dell' osservatore, senza rendersi conto di includere lo stesso osservatore nella sua definizione del bello: Bello è ciò che piace disinteressatamente.

Schopenhauer, dal canto suo, si infatua della definizione Kantiana del bello interpretando il termine disinteressatamente in un modo curioso e del tutto personale. Infatti di poche cose dimostra tanta certezza come del fatto che il bello, e soprattutto la contemplazione estetica che ne deriva, abbia una funzione antagonista nei confronti dell' interesse sessuale.
La liberazione della volontà che in lui scaturisce dalla contemplazione estetica, per altro, può indurre a pensare che ciò che afferma in Volontà e Rappresentazione, sulla redenzione della volontà solo attraverso la rappresentazione, sia originata da una generalizzazione di questa sua esperienza sul sesso ( Freud!! ).
Ed inoltre non si deve assolutamente escludere la possibilità che ciò che è tipico dello stato estetico in Schopenhauer possa trarre origine proprio dall' ingrediente sensualità, e che con ciò non viene meno in sua presenza ma si trasfigura e non entra più nella coscienza come stimolo sessuale ( Freud!!!! ).

Ma al di là di tutto, anche se Schopenhauer avesse mille volte ragione su questa sua esperienza, ciò non aggiungerebbe nulla alla nostra conoscenza del bello. Stendhall, un vero artista e un' anima altrettanto sensuale ma più armoniosa di Schopenhauer, ci dice qualcosa di diverso: Il bello è un preludio, una promessa di felicità. E il dato di fatto che risulta è proprio un' eccitazione della volontà, e perciò dell' interesse, per mezzo del bello. Siamo così in grado di affermare che nei filosofi, o almeno nel caso di Schopenhauer ( molto, ma molto ironicamente ) l' omaggio reso da un filosofo nei confronti dell' ideale ascetico dipende non da un disinteresse ma da un fortissimo interesse: egli vuole liberarsi da una tortura!!

Riprendendo seriamente il nostro cammino, il caso Schopenhauer ci fornisce, al di là del suo modo di essere, un aspetto più generale che riguarda il filosofo: un rancore nei confronti della sensualità ed una certa predilezione dell' ideale ascetico. L' assenza di una queste due caratteristiche non può che indurci a parlare solo di un cosìddetto filosofo. Ciò è spiegabile se notiamo che in natura tutti gli animali istintivamente hanno in onore di turbarsi per tutti gli ostacoli (*1) che gli impediscano o possano impedirgli il cammino verso l' optimum ( ad un agire più potente e che spesso più che alla felicità rappresenta proprio la via all' infelicità). Ogni animale e perciò anche la bestia filosofica tende parimenti al raggiungimento di quell' optimum di condizioni favorevoli che gli permetta di raggiungere il maximum di potenza.

Ai filosofi cioè non interessa proprio niente del sacro, l' ideale ascetico rappresenta per loro la strada per l' indipendenza. Tutti i grandi, ad esempio, hanno evitato il matrimonio ( ad eccezione del maligno Socrate che probabilmente lo ha fatto ironice, proprio per dimostrare questa teoria). Anche Buddha, una volta natogli il figlio, pensò che libertà è abbandonare la casa, e pensandolo abbandonò la casa.  L' ideale ascetico rappresenta mille ponti per un deserto, il deserto dove trovano quelle condizioni ottimali di solitudine, di chiarezza o quant' altro che gli consentano di passare al di sopra della vita più che posarvisi. E più si fa buio e più questi amanti dell' ombra diventano grandi. Ed inoltre voglio puntualizzare che nel filosofo tutto ciò che concerne il raggiungimento di questo optimum non figura mai come virtù, ma come il comando del suo signore, della bestia filosofica che è in lui. Non ha scelta. 
E tornando alle nostre ipotesi iniziali è ovvio che mentre per i filosofi l' ideale ascetico rappresenta veramente una promessa per un' alta spiritualità, per i dotti questa non è che un' illusione perché sono loro stessi il deserto.

A livello storico ciò che oggi rappresenta per noi il nostro orgoglio, per i Greci sarebbe soltanto hibris ed empietà. Come testimonia la violenza nei confronti della natura grazie alle macchine, la nostra posizione verso Dio e ancora la violenza verso noi stessi. noi, autentici schiaccianoci dell' anima. E il colmo è che proprio il nostro orgoglio non ci consente di liberarci dei nostri errori.
Non dimentichiamo infatti che per i Greci tutto era rovesciato: soffrire era virtù, crudeltà virtù, la falsità virtù, la negazione della ragione virtù, il benessere, la pace e la sete di sapere pericolo, l' essere compassionati e il lavoro un insulto, la follia divinità, la mutazione mancanza di eticità e realtà gravida di rovina.

Ma ciò ci porta a considerare anche che queste sono le condizioni in cui nacque il tipo filosofo. E che in queste condizioni etiche lui si trovò a sentirsi fuori posto. E che l' ideale ascetico rappresentò per lui la salvezza. L' ideale ascetico gli mise a disposizione l' unica veste che lo potesse rendere possibile sia a sé stesso che al suo ambiente. Senza un ascetico fraintendimento di sé il filosofo non sarebbe stato possibile. Doveva incutere paura ed ammirazione come ogni sacerdote ascetico, la forma larvale più disgustosa e oscura che abbia solcato la terra. Ma anche l' unica su cui fosse concesso alla filosofia di vivere e di camminare strisciando....

(*1) Assurda ed inesatta la versione del mio testo, Newton Compton, che in definitiva afferma l' esatto contrario del concetto che qui Nietzsche vuole esternare, par7: tutti gli animali hanno in onore ogni specie di turbamento e di ostacolo che.....

Qui termina la parte dedicata ai filosofi per passare al sacerdote ascetico. Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.

memento

#32
Citazione di: Garbino il 24 Gennaio 2017, 18:18:02 PMCiò è spiegabile se notiamo che in natura tutti gli animali istintivamente hanno in onore di turbarsi per tutti gli ostacoli (*1) che gli impediscano o possano impedirgli il cammino verso l' optimum ( ad un agire più potente e che spesso più che alla felicità rappresenta proprio la via all' infelicità). Ogni animale e perciò anche la bestia filosofica tende parimenti al raggiungimento di quell' optimum di condizioni favorevoli che gli permetta di raggiungere il maximum di potenza.

A questo punto vorrei chiarire cos'è la volontà di potenza,concetto che vedo troppo spesso ingentilito,abbellito,banalizzato e frainteso (come accade con altri punti della sua filosofia,ma questo in particolare ne rappresenta il "cuore" pulsante),e che in quest'opera si rivela in tre forme: nella coscienza del "gregge"; nel gusto superiore di uomini nobili,fondatori di giudizi di valore; e infine,come vedremo in questo saggio,nella crudeltà verso sé stessi,nella malattia,contenuta sotto le spoglie degli ideali ascetici. È proprio l'indagine delle forme in cui si manifesta la volontà di potenza che considero il tema portante di "Genealogia della morale". Perciò fatemi dire due cose a riguardo.

La volontà di potenza non coincide,seppur sia equiparabile,alla volontà di vivere di Schopenhauer,né è in qualche modo riducibile a uno strumento che rientri nell'economia della lotta darwiniana (o dovrei dire "spenceriana"?) per la sopravvivenza. Infatti tendere a uno stato maggiore di potenza non significa mettere in repentaglio e,quindi,in secondo piano l'autoconservazione? In verità c'è una contraddizione fra questi due istinti,che nessuno si è mai preso l'onere di evidenziare. Rimando ad esempio,per chi è in possesso del testo,all'aforisma 349 de "La gaia scienza".  

La volontà di potenza non è principio ultimo,metafisico,come lo era per Schopenhauer,in cui il male dell'individuo si fa universale e viceversa,perché il mondo come lo vede Nietzsche non ha alcuna direzione né mira a alcuno scopo. Un altro significativo fraintendimento è dovuto alla filosofia freudiana e alla sua divisione della psiche umana,in cui l'Io funge da sostrato tra due forze contrapposte,l'es e il super-Io. Ebbene,questo sostrato-Io per Nietzsche non esiste,o piuttosto è il risultato di un processo (il secondo saggio ce ne da un esempio) in cui un istinto,dopo una lunga resistenza,riconosce la potenza di un altro istinto. Negato perciò il libero arbitrio,non ha senso pensare separati l'individuo dalla sua volontà di potenza,come spesso leggo,l'uno e l'altra coincidono.
Infine: è la volontà di potenza unica e indivisibile come l'atomo? O è anch'essa prodotto di molteplici spinte e impulsi? Alla fine ricordiamoci che rimane solo un concetto..

Garbino,il riassunto/commento che stai facendo dell'opera è buono e fedele (forse anche troppo),l'ho seguito costantemente pur senza commentare. Permettimi di dire che ho trovato pochi spunti,non tanto di riflessione (perché ne da tanti) quanto di discussione. Mi piacerebbe vedere questo topic arricchirsi di scambi di vedute sull'argomento,ma il primo ad aprirsi ad un'interpretazione del testo devi essere tu; altrimenti che senso avrà avuto questo topic ? Anticipare o sostituire la lettura dell'opera? Per chi l'ha già letta poi..

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Ringrazio Memento per il suo post e confido nella sua pazienza se dovrà aspettare ancora un po'. Comunque di sicuro l' autoconservazione e la volontà di potenza sono antitetici, mentre ho qualche dubbio che quest' ultima coincida con l' individuo, ma chiariremo tutto in seguito. Prego Memento di accogliere queste mie anticipazioni come spunto di riflessione, poi si vedrà. Ecco a voi il sacerdote asceta. Buona lettura.

Non c' è dubbio che chi intenda rivaleggiare con l' ideale ascetico, se si dovesse imbattere in un sacerdote asceta, avrebbe in costui un avversario terribile. E il motivo è semplice: il sacerdote asceta ha nell' ideale ascetico la sua fede, il suo interesse, la sua potenza, in altre parole tutto sé stesso e la sua stessa vita. Quella vita che lui intende come ponte per un' esistenza al di là della morte. Egli si manifesta ogni dove e in ogni classe sociale e non grazie alla ereditarietà, dal momento che un profondo istinto lo sottrae alla riproduzione. E sembra che la vita stessa abbia stranamente un profondo interesse a che la sua genìa non si estingua.  Infatti una vita ascetica è una contraddizione, qui domina un reissentment senza pari, un odio profondo per la grande salute, la gioia, la bellezza. E un profondo interesse e godimento per l' insuccesso, il dolore, il brutto, l' autoflagellazione e il sacrificio di sé.

A livello filosofico, una tale volontà si schiera contro ciò che l' autentico istinto vitale pone come verità. E cioè ridurrà ad errore il dolore, la molteplicità e la stessa contrapposizione tra soggetto e oggetto. E si scaglierà soprattutto contro la ragione: Esiste un regno della verità e dell' essere, ma proprio la ragione ne è esclusa ( anche nel Kantiano 'carattere intellegibile delle cose' si nasconde questa disarmonia da asceta: l' intelletto capisce che vi è una modalità delle cose che per l' intelletto stesso è in tutto e per tutto incomprensibile ). E in fondo, noi filosofi, dobbiamo essere grati se una tale ottusità ( l' intuizione disinteressata ) ha filosofato. Guardiamoci da concetti come ragion pura, spiritualità assoluta, conoscenza di sé. Qui si presuppone un occhio che non può essere pensato. Esiste invece soltanto una conoscenza prospettica, e quante più prospettive riusciamo ad avere di uno stesso oggetto tanto più ci avvicineremo alla sua conoscenza.

Da un punto di vista fisiologico e non più psicologico, la vita contro vita del sacerdote ascetico non può essere che apparente. Mentre è palese che l' ideale ascetico nasce dall' istinto di salvezza di una vita in degenerazione. E se esso ha poi sempre più dominato sull' uomo è la riprova che la condizione dell' uomo è malata. Egli rappresenta il ponte per l' altra vita, un essere altrove a cui tutte le pecorelle si accodano come ad un pastore. E qui giunge imperativa la necessità di porre al riparo i forti e i ben riusciti da coloro che sono malati. Perché anche costoro non giungano alla conclusione che c' è troppo dolore nel mondo, che rinuncino alla gioia e alla felicità. Perché soprattutto in costoro che rappresentano il futuro dell' umanità, non si insedi il disprezzo per l' uomo e una grande compassione per l' uomo, in altre parole il Nichilismo.

Il sacerdote asceta ha il dominio su chi soffre. E non solo, quando si ferisce la stessa ferita lo costringerà a vivere, ma  quando ferisce, nel curare infetta la ferita stessa. Ed uno dei suoi presupposti è quello di modificatore di rotta del reissentment, Nessuno è colpevole del tuo dolore, del tuo stato ( così si rivolge subdolamente ai deboli che cercano un capro espiatorio del loro stato ), sei tu il colpevole, il peccatore, il depravato, il dannato. E con questa sua 'verità' induce gli scontenti, i cercatori di un colpevole al di fuori di sé, a cercarlo dentro di sé e così il senso del reissentment è mutato. Il sacerdote asceta che si sente un salvatore e ama farsi venerare come tale, è in verità un pessimo dottore. Egli combatte il malessere e non la causa che risiede invece in problemi di carattere socio-genetico. In altre parole egli diventa imbattibile nei periodi di grandi crisi genetiche che possono risalire a diversi fattori, come guerre, pestilenze, cambiamenti di clima o fenomeni di migrazione verso luoghi incompatibili con le popolazioni per gli aspetti climatici, l' alcoolismo ed altro ancora. Imbattibile e un pessimo dottore perché la sua terapia porta ed ha portato sempre a grandi suicidi di massa. Mentre una cosa sola è necessaria in queste condizioni: il letargo, In altre parole il buddhismo. O in modo non molto dissimile il Brahmanesimo: dove l' assenza di dolore rappresenta il bene supremo e perciò valutato positivamente.

Ringrazio per la cortese attenzione e alla prossima ( continuazione sacerdote ascetico ).

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Leggere Nietzche è difficile, sono il primo a saperlo, ma dopo anni credo che capisco quale fosse la sua intenzione (la traversata del nichilismo) e quali i limiti (la mancanza di amici, e l'impossibilità conseguente di quella attraversata).

Pensavo che l'ideale ascetico fosse un qualche nuovo paradigma, che tramite le ombre (gli amici), potesse emergere come enigma dalle sue pagine.
Ho i miei dubbi che Garbino riesca ad avere questa capacità di oltre-visione, mi sembra invece che sia una lettura abbastanza alla lettera (e perciò del tutto errata, come sappiamo dal buon Nietzche, che vuole che noi ci si ragioni sopra, da bravo apostolo dello spirito apollineo).

Così restando le cose ( e quindi fidandomi di Garbino), invece dunque la visione ascetica è semplicemente una descrizione per far emergere il CONTRARIO. E cioè che la filosofia adottando, come spesso ha fatto e come tutt'ora fa, imperterrita e cieca a se stessa (alle domande che dovrebbe porsi), una aura metafisica, intrisa di moralismo anti-dionisiaco, diventa in un colpo ANTI-APOLLO (non si pone la domanda della morale) e ANTI-DIONISO (non intende minimanente la volontà di potenza).

Temi a me molto cari, ma essendo "datati" rispetto alle nuove aperture che sto apprendendo leggendo UTU, non mi destano un gran impressione, come invece la prima parte ha fatto. (la ragione come diamante ricavato da secoli di sangue e guerre).

Poi ripeto a mio avviso ci dovrebbero essere delle aperture, degli enigmi a metà frase, a metà capitolo, che lasciano delle questioni aperte, a cui di solito Nietzche in maniera enigmatica da delle proposte per le quali lo ritengo il più grande filosofo mai esistito e probabilmente visto la cinta di castità morale a cui siamo legati, chissà per quanto tempo ancora lo sarà ancora. Ma questa è per fini intenditori (per ora riguarda sole me, con mio sommo raccapriccio).


RISPOSTE A MENENTO

Per quanto riguarda memento sono d'accordo solo in parte. Ossia certamente la volontà di potenza non è questione darwiniana, ma il punto ultimo sta proprio nel fatto che non dipende dall'io, ma dal non-io-
Invece in menento la volontà coincide con l'io. Ma non è proprio così-
L'io è semplicemente la postazione (che riprende esattamente da kant) da cui si effettua il giudizio.
Ma il giudizio non è in sè come per Kant, è invece il frutto dello slittamente continuo delle percezioni.
Ovviamente la bizzaria per cui Kant deve ammettere una identità del giudinzio è il fenomeno della coscienza.
Come si può essere coscienti del reali? la risposta la diede a suo tempo Hegel, quello che ci accompagna al sapere, è di fatto appunto quello che noi chamiamo IO, ma che risponde al GRUND, che vuol dire si base, cementa, ma in tedesco vuole dire anche ROVINA.
Per Nietzche è lo stesso. Ciò che rovina, che va in pezzi è proprio l'io, che si costituisce come moria del momento.
Si costituisce come poi dirà Heideger nel tempo come morire. L'essere per la morte di Heideger, e l'amor fati di Nietzche è la stessa cosa. questo essere per  e questo amore vanno letti esattamente come volontà-
La potenza invece è ciò che si costituisce come ROVINA, la potenza è l'essere possibile di qualsiasi rovina, come aritotele e ancor meglio Tommaso d'aquino capirono a loro tempo.
la differenza abissale tra questi maestri del passato e nietzche è talmente abissale che ogni volta che ci penso mi vengono i brividi.
Quegli ottimi maestri antichi, non portarono minimanente a termine consequenziale quell'andare a morte. Fecero anzi di tutto per frenare quel rovinio. Adottarono la morale come forma di fuga, come schizofrenia dell'esistente.
Nietzche invece di fronte al mare che chiamerà NICHILISMO prese da SOLO una barchetta e cominciò il vero viaggio a cui ogni filosofo è chiamato a coprirne un tratto.
Non si tratta del viaggio della guerra, non si tratta del morire, ma di quello che rimane come vivere in rovina, dell'io.
La metafisica che io chiamo fondamentale è questa cosa qui.
Ma quanti la capiscono? e sopratutto quanti hanno le palle di continuare quel viaggio spirituale?
Non certo il buddismo, la cui cosmologia cade pesantemente nel delirio simbolico induista.

PER QUANTO RIGUARDA LA MIA AMATA PSICANALISI-
E' vero che freud ha stabilito un inconscio e che l'allievo JUng ci ha costruito su un modello indipendente alchemico.
Ma entrambi non hanno capito minimante quello che intendeva Nietzche.
Per entrambi infatti questa volontà di potenza si darebbe come linguaggio come grammatica, simbolica.
In Nietzche invece non esiste simbolo che terrebbe, se esistesse sarebbe di nuovo metafisica.
E perciò sarebbe UMANO troppo umano e perciò disumano.
(e infatti i due colossi della analitica avevano IMMENSI problemi con la morale, che volevano rispettare sia chiaro, questioni loro certo, ma indice di un errore del pensiero colossale).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

memento

Garbino,non metto fretta,gestisci il topic secondo i tuoi tempi e il tuo modus operandi. La mia critica era volta a capire che direzione stesse prendendo il topic,non era fatta per impazienza. Nella fattispecie,mi trovi d'accordo nell'utilizzare i riassunti come punti di riferimento per eventuali discussioni future,in quanto troppo spesso con Nietzsche si pecca di eccessiva libertà di interpretazione.

Ben tornato Green demetr. Quindi anche per te l'individuo è circoscritto nell'Io? L'Io è solamente un prodotto della morale e,come tale, nient'altro che un'epidermide,un'utile finzione e,in ultima analisi,un travestimento della volontà di potenza. Non avrai fatto alcun passo in avanti nella lettura di Nietzsche finché non avrai afferrato questo. Forse potrebbe esserci stato un fraintendimento,da parte mia non ho evidenziato a sufficienza questo passaggio. Un individuo è molto più profondo di quanto riveli a sé stesso (principio di ogni psicologia): egli contiene una miniera di pulsioni,istinti e pensieri contrapposti che vogliono affermarsi gli uni a discapito degli altri.

La potenza come rendersi possibile di ogni rovina? Giusto,ma è la potenza che Nietzsche invita a guardare,non la rovina (so che non sarai d'accordo,pazienza).

CitazionePoi ripeto a mio avviso ci dovrebbero essere delle aperture, degli enigmi a metà frase, a metà capitolo, che lasciano delle questioni aperte, a cui di solito Nietzche in maniera enigmatica da delle proposte per le quali lo ritengo il più grande filosofo mai esistito e probabilmente visto la cinta di castità morale a cui siamo legati, chissà per quanto tempo ancora lo sarà ancora. Ma questa è per fini intenditori (per ora riguarda sole me, con mio sommo raccapriccio).


I filosofi dell'avvenire,cosi li chiama Nietzsche,avrebbero innanzitutto bisogno di un stile di vita differente per poter conservare e raffinare la loro singolare sensibilità. Ciò finora è stato sempre
impedito,sia per ignoranza che per la barbarie dell'educazione moderna (tema mai adeguatamente trattato,senza ombra di dubbio fondamentale),cosicché oggi nessuno ha per sé la forza di dare vita a nuovi ideali. La cintura di castità di cui parli non è avvertita come tale,ossia come mortificazione della vita,si è troppo impotenti per sentirla come dannosa.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Ringrazio Memento e Green Demetr per i loro interventi, ripromettendomi di affrontare la volontà di potenza appena possibile. Riprendiamo invece il nostro itinerario sul sacerdote asceta e a tutti buona lettura.

Oltre a questi metodi per raggiungere l' ottundimento ipnotico dell' individuo, che però presuppongono individui dotati di particolari caratteristiche tra le quali il coraggio e lo stoicismo intellettuale, perché comunque sempre di ottundimento si tratta, esistono altri training più leggeri per combattere gli stati depressivi usati usualmente dal sacerdote asceta. I più diffusi sono l' attività macchinale e l' amore per il prossimo. 
Il primo, così detto odiernamente ' benedizione del lavoro ', raggiunge il suo obiettivo, di far allontanare dalla coscienza il dolore, attraverso un impulso a fare, legato all' obbligatorietà degli orari e ad una certa regolarità assoluta, che distoglie l' interesse di chi soffre proprio dalla sofferenza. E il suo colpo di genio è quello di mutare il ruolo di schiavo in un modo positivo ribattezzando le cose odiate ponendole in un' ottica benefica ( l' insoddisfazione dello schiavo per il proprio destino comunque non ha un' origine pretesca ). Il secondo consente una eccitazione, se pur minima, della volontà di potenza.  La felicità della superiorità minima che subentra nell' aiutare e o generalmente nel fare del bene è una terapia fortissima per gli inibiti. Nel caso contrario, se mal consigliati, tenderanno a farsi del male.

Nei deboli ritroviamo, a partire probabilmente dai primi vagiti del cristianesimo, il gioire nella partecipazione stessa. Il gregge è stato sempre un altro colpo di genio del sacerdote asceta. Mentre nei forti l' aggregazione è contrastata dalla stessa forza che contraddistingue tutti gli individui coinvolti. Tutte le oligarchie infatti tremano continuamente per il richiamo di ogni forte alla sua voluttà di tirannide.

I mezzi usati dai sacerdoti asceti, che in chiave moderna vengono considerati innocenti, se li poniamo nell' ottica della ricerca ostentata di una certa o totale perversione del sentimento devono essere reinterpretati sicuramente come colpevoli. E' inutile continuare a nascondersi, come fa la morale odierna di tutti i dotti ( tra cui ricordiamo i farisei colti, prima Inattuale ) in una sconsiderata e continua menzogna disonesta su sé stessi e ciò che li circonda. Costoro non sono assolutamente capaci di una menzogna onesta perché presupporrebbe una cosa che per loro è impossibile: la coscienza di sé stessi.

Quello che deve essere chiaro è che il sacerdote ascetico, nonostante la moralità di questa epoca sconsideratamente mendace, usa l' ideale ascetico costantemente al servizio di un' intenzionale perversione del sentimento. E tutto questo grazie alle grandi passioni: ira, vendetta, terrore etc. Il sacerdote asceta le tiene tutte al guinzaglio, liberando scaltramente ora l' una ora l' altra. E tutto per 'scardinare l' anima umana dalle sue commessure, immergerla in terrori, gelo, fiamme e delizie, tanto da farla staccare, come per un colpo di fulmine, da tutte le piccinerie e le meschinità della insoddisfazione...'. E sempre con la coscienza tranquilla, tutto indorato da giustificazioni religiose, e soprattutto con una fede profondissima sulla indispensabilità e massima utilità del suo agire, anche se spesso si è ritrovato a pezzi nei confronti del dolore che procurava.

E a questo punto torna utile ciò di cui abbiamo discusso nel saggio precedente. Di quel senso di colpa, o cattiva coscienza, che ci veniva incontro come fatto naturale, naturalmente animalesco, e su cui il sacerdote asceta compie il suo Colpo da Maestro. L' invenzione del peccato. Addirittura del Peccato Originale. Un qualcosa di cui l' individuo è colpevole, responsabile, senza che vi abbia partecipato. Il sofferente ha chiesto aiuto a chi scava nell' ignoto, al sacerdote asceta, e si è ritrovato con risposte che hanno tracciato intorno a lui dei cerchi, delle linee da cui il sofferente non riesce più ad uscire. Linee, cerchi, come una gallina. 

Il malato è diventato un peccatore. E da ogni angolo risuona il grido: ' più dolore, più dolore!'. Ogni angolo d' Europa ha risuonato in diversi periodi di tali atrocità. Di una tale perversione del sentimento. Ma lui, il sacerdote asceta, ripeteva: ' Il regno non è di questo mondo'. E sinceramente si ci può chiedere con quale diritto possa solo pensare di affermare una menzogna così grande.

Ad ogni modo nulla è più falso di affermare che questi metodi, questa perversione del sentimento abbiano giovato all' uomo. Forse qualcuno potrebbe affermare che l' hanno migliorato. Anche se noi vediamo in questo miglioramento un uomo addomesticato, indebolito, scoraggiato, raffinato, rammollito, castrato ( cioè quasi lo stesso che danneggiato ). Ma in ogni caso ha reso il malato più malato, anche ammesso che lo abbia reso migliore. Non c' è che da chiedere agli psichiatri quali possano essere le conseguenze di tali pratiche espiatorie. Ma cosa più della Storia ci può illuminare su queste conseguenze? Epidemie epilettiche, i fenomeni del Ballo di San Vito, delle streghe, di ondate di idiosincrasie ora lussuriose ora furiosamente distruttive spesso accompagnate da grida terribili di inneggiamento alla morte. Tutto questo è storia e c' è da aggiungere che anche l' alcool ( noi tedeschi cosa non dobbiamo alla Storia!!?? ) e la sifilide, per quanto deleteri, non raggiungono la sua dannosità. La dannosità dell' ideale ascetico nelle mani sacerdotali. 

Ci fermiamo qui. Alla prossima la parte finale. A tutti un grazie per la cortese attenzione. 

Garbino Vento di Tempesta.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

L' ideale ascetico nelle mani sacerdotali ha corrotto profondamente l' anima, e di conseguenza anche il gusto in moribus et artibus a tutti i livelli. Ed anche noi ( leggi io ) per molti versi siamo ancora invischiati nella sua tela. Ma ciò non ci impedisce di esprimere il coraggio del nostro gusto, e cioè del nostro disgusto nei confronti di un' opera apprezzatissima e sopravalutatissima come il Nuovo Testamento. Al Vecchio tutto il mio rispetto. In esso mi imbatto in grandi uomini, in un paesaggio eroico, in un cuore ingenuamente forte, e soprattutto trovo un popolo. Nel Nuovo soltanto piccoli uomini che fanno apologia delle loro vicenducole, un' atmosfera da conventicola, un gestire sgradevole, passionalità senza passione ed un continuo anelito ad un rapporto diretto con Dio ed all' eternità. Un Pietro immortale chi lo sopporterebbe? Neanche Dio, che saggiamente volge lo sguardo altrove. Eppure non esitano ad affermare, in un' epoca ricca di libri che ancora oggi verrebbero scambiati per mezze letterature, che finalmente anche loro dispongono di una letteratura classica, che non hanno più bisogno di quella dei Greci. Si può essere più insulsi e privi di gusto di così?

L' ideale ascetico esprime una volontà ed ha uno scopo ben preciso. Ed è per questo che ho messo in primo piano i suoi effetti, soprattutto i suoi fatali effetti. La sua tela di ragno tende al dominio assoluto sulla vita. Interpreta tutto in funzione della sua interpretazione e fa sembrare ogni altro interesse dell' esistenza umana, commisurato ad esso, meschino e limitato. Esso interpreta spietatamente uomini, popoli ed epoche e non tollera nessun' altra interpretazione, distorcendo tutto ciò che si profila all' orizzonte. Crede nella sua potenza e che non vi possa essere nessuna potenza che non debba ricevere da parte sua un significato, un diritto all' esistenza ed un valore. Una tela di ragno praticamente quasi perfetta e a cui nulla sfugge.

Ed allora sorge spontanea una domanda. Perché gli è stata concessa tanta potenza. Perché non gli si è opposta maggiore resistenza? Qual' è il suo antagonista, il suo avversario ideale, che possa ridimensionare il suo strapotere? Perché, anche ammesso che esista, non è entrato in azione?
Eppure mi dicono che esso esiste. Che da lungo tempo conduce una guerra vittoriosa contro l' ideale ascetico e che si tratta della scienza moderna. E ci sarebbe da ridere se non fosse tutto così tragico. Ci sarebbe da ridere al cospetto di questi trombettieri dello spirito senza spirito, senza profondità, o meglio senza l' abisso che la scienza moderna rappresenta. Dovunque volgiamo lo sguardo non vediamo che tisici che inneggiano alla loro libertà, al loro sentirsi ed essere spiriti liberi. Anche se dobbiamo confessar loro che tutt' altro sono che liberi. Figuriamoci se addirittura spiriti liberi!!! E il motivo è molto semplice: anche loro credono ancora fermamente nella verità. E dobbiamo rivelar loro che la scienza non può essere considerata come l' avversario (*) ideale dell' ideale ascetico ma la sua forma ultima e più aristocratica.

Nessuna scienza può esistere senza presupposti. Ed è la fede in questi presupposti che determina una linea, una filosofia, non il contrario. E perciò tutto si basa sul credere ancora nella verità, o meglio sulla stessa sopravvalutazione della verità espressa dall' ideale ascetico, e più precisamente sulla stessa fede nell' impossibilità di valutare e criticare la verità. E' Platone che risuona nell' ideale ascetico della cristianità. Ed è la stessa voce che risuona nella scienza odierna. Dio è la verità e la verità è divina. E' questo pensiero che ha dominato nei secoli in ogni filosofia, anche se Dio stesso si manifesta come la nostra più lunga menzogna. E come abbiamo esortato a mettere in dubbio il valore della morale, esortiamo anche a fare la stessa cosa sul valore della verità. E a tal riguardo mi sovviene il motto dell' ordine degli Assassini contro cui cozzarono i Crociati: Nulla è vero, tutto è concesso. In questo modo si liquida la fede nella verità e si determina uno spirito libero. Ma chi dei nostri spiriti liberi si è mai smarrito in questa proposizione e nelle sue labirintiche conseguenze? Chi conosce per esperienza il Minotauro di questa caverna? 

Platone istintivamente si schierò contro l' arte, ed è proprio l' arte che si contrappone molto più radicalmente all' ideale ascetico.  In altre parole Platone contro Omero. Da una parte il diffamatore della vita, che sta nella trascendenza e dall' altra il suo divinizzatore involontario, la natura aurea. Ed è per questo che un servaggio artistico che si pone al servizio dell' ideale ascetico è la forma di corruzione artistica più autentica, anche se purtroppo tra le più comuni, perché nulla è più corruttibile di un' artista. 

Ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma che raramente viene preso in considerazione, è il continuo depauperamento dell' uomo, del suo continuo autodiminuirsi. E tutto da Copernico in poi. L' uomo che si riteneva quasi Dio. Ma guardiamoci attorno. La preponderanza di mandarini non è mai un buon segno. E' sempre un sintomo di una vita che lotta che si affatica di più. Come lo è l' avvento della democrazia, di una religione della compassione. Senza poi parlare di ogni canagliume anarchista o antisemita, di cui l' Europa e soprattutto la Germania si va arricchendo con il suo vomitevole Deutschand Dautschland uber alles. Non c' è dubbio che sarebbe difficile valutare quanto canagliume si dovrebbe esportare dall' odierna Europa perché l' aria torni respirabile. Anche se forse qui c' è bisogno solo di una mano disinvolta, molto disinvolta....

E in conclusione, l' ideale ascetico ha dato una risposta alla domanda: perché soffrire? L' uomo in definitiva non accetta di non avere un senso. Se gli si da un motivo, uno scopo, non solo accetta la sofferenza ma la va addirittura a cercare. E a ciò ha supplito l' ideale ascetico. Anche se ciò portò con sé nuovo dolore, più profondo, più tossico, più corrosivo per la vita. Nonostante appunto che l' ideale ascetico esprima - ' un odio contro l' umano, contro tutto ciò che è animale, più ancora contro ciò che è materia, questo orrore per i sensi, per la ragione stessa, il terrore della felicità e della bellezza, una volontà del nulla, un' avversione alla vita, un' opposizione ai presupposti fondamentali della vita, ciò nonostante essa è e resta una volontà!... E per dire quello che ho detto agli inizi: l' uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere...' -

Ho riportato le frasi finali perché lapidarie, geniali e del tutto rapportate all' opera. Difficilmente avrei potuto esprimere più compiutamente ciò che Nietzsche ha espresso in esse. 
Sembra che finalmente siamo arrivati all' epilogo di questo lavoro. La mia intenzione è di far seguire un post con un commento e un insieme di proposte di discussione, ma ciò non toglie che chiunque intenda farlo possa intervenire a suo piacimento dal momento che la continuità dell' opera è ormai salva. Grazie a tutti per la vostra pazienza e per la vostra cortese attenzione.

(*) Altro errore sul mio testo: l' ideale di quell' ideale ascetico  (par. 23)

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Per Memento.

Dipende da cosa intendi per potenza e da cosa per rovina.

Di solito per esperienza personale si intende per potenza qualcosa che a che fare con la schizofrenia del capitalismo moderno, perciò di solito riguarda il lavoro. Ma Heideger ha già scritto abbastanza su tale fenomeno.
(l'inautenticità).
Se intendi le meravigliose risorse spirituali dell'uomo sarebbe anche peggio. Non è forse quello verso cui Nietzche si è battuto più lungamente (riconoscendone immediatamente il primo, ma non il più potente, avversario).

Forse intendi invece proprio come me nel senso di potenziale, come incidentalmente al qui e ora.

Sarei d'accordo, in quanto la potenza si fissa sempre come atto, il punto è NON farla mai diventare storia.
Per questo serve una potenza costante direi senza dubbio,

Il punto però sta proprio in quel terribile confine tra ciò che avviene e ciò che viene tenuto.
Di solito uso il termine memoria, ma effettivamente sarebbe più corretto dire l'IO.
Ovvero la speculazione su questo potersi dire tale e quale come IO SONO QUESTA COSA QUI.

Il punto come sappiamo è che questa cosa qua non è mai identica a se stessa, come nel moto eracliteo non ci si bagna mai 2 volte nello stesso fiume.

Questa impossibilità a essere questa cosa qua, diventa COME SE fosse questa cosa QUA fosse per davvero.
L'io diventa una ipotesi, una regola ahimè di consuetudine.

Col passare del tempo le regole cambiano e con esse la percezione di quel qualcosa COME SE FOSSE PER DAVVERO.
Sono i costumi e le regole delle famigle prima, dei popoli poi, e infine delle nazioni, oggi come oggi(da HOBBES in poi non  è vero?)

Ovviamente intendere questa differenza metafisica è importantissimo, in quanto noi NON siamo mai questa cosa come se fosse per davvero.
E' invece vero che noi NON siamo mai la stessa cosa.
E' questo carattere del NEGATIVO che si pone come unica verità. Ossia noi non ci risconosciamo MAI in qualcosa come se fosse un IO per SEMPRE ma piuttosto IN ROVINA, nel TEMPO.
E' invece ahimè sempre più vero che esiste quel "COME SE FOSSE che qualcosa" in quanto per il gregge  ESISTE PER DAVVERO" (e invece non esiste!e perciò è SCHIZOFRENIA di massa! suppongo sia quello che intende Deleuze nel suo libro, suppongo non avendolo letto ancora, e avendo invece un sacco di problemi con quel filosofo personalmente.)
OVVIAMENTE quel qualcosa che non esito ad ammettere che esista e che sarebbe COME SE QUALCOSA ESISTESSE PER DAVVERO, io lo chiamo IDEOLOGIA.

Insomma per me la rovina non è da intendersi in maniera negativa, è invece il corrispettivo della speculazione filosofica, quel "conosci te stesso" sempre più in disuso non dico nel gregge, ma proprio nel mondo della filosofia.
Ma su cosa dovremmo speculare se non appunto sulle modalità del rovinio? e su quel fenomeno chiamato ideologia?
Che è una maniera del presentarsi della storia come ideologia appunto, ma anche di fatto avendoci a che fare quotidianamente è parte del nostro svanire nel mondo.
E' questa la potenzialità di questa grande illusione che tiene unito il gregge e discaccia le pecore nere nei loro recinti accademici.
Il punto è che le pecore nere sono stufe evidentemente di stare nei recinti e per NOIA, suppongo, si stanno trasformando in bianche pecorelle, pronte a servire l'ideologia e DI FATTO bloccando la speculazione filosofia che Nietzche andava progettando.

E' per questo che dubito persino di interventi come il tuo Memento, in generale sarei molto prono ad accettarli per quel che sembrano, una sano moto ad affidarci alle nostre intuzioni.
Ma se quelle intuizioni fossero camuffamento di altro ???? E' quello che da timore col passare degli anni è divenuta certezza, e finora unica spiegazione all'incredibile stato di stagnazione dell'intero movimento filosofico.

Il che è bizzarro perchè nell'era dell'accellerazione tecnologica, uno si aspetterebbe una accelerazione anche di quello filosofico, pensiamo alle prospettive del web 2.0.

Il punto è che i sacerdoti di una volta sono diventati i potenti di oggi.
Ma la paura che i primi una volta incutevano è semplicemente stata ereditata dai secondi.

L'unico appiglio è però sempre il diamante che l'uomo ha inventato di nome ragione.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Pochi giorni fa, mentre mi trovavo a Bardolino sul Lago di Garda, in una splendida giornata di questo Marzo più pazzo che mai, sul pontile passeggiata che porta verso Garda, mi sono ritrovato a riflettere sulle stranezze della natura, su cui Nietzsche indugia diverse volte in Genealogia della Morale. E tra queste, tanto per alleggerire un po' il pathos causato dagli argomenti scottanti trattati nell' opera, quella che mi incuriosiva di più era la casualità che aveva fatto nascere nello stesso paese, nel breve giro di pochi anni, Don Curzio Nitoglia, noto e eminente teologo, che saluto cordialmente anche se penso che stenterebbe a riconoscermi, e il sottoscritto. Due figure di un elevato ascetismo, come deve essere almeno un pensatore a partire da un livello medio, ma agli antipodi in quanto a fede. Per quanto riguarda la fede, mi sembra necessario ripetere per chi non fosse a conoscenza, che a mio avviso dipende dal bisogno metafisico che viene trasmesso geneticamente e che pesa come un macigno su molte scelte intellettive e di vita. 

Ciò mi porta naturalmente ad essere d' accordo con Nietzsche quando nel par. 24 afferma che è diventato sempre più diffidente nei confronti di qualsiasi tipo di credente. E che quando la forza di una fede appare troppo in primo piano ne deduce una certa debolezza di dimostrabilità, se non addirittura l' improbabilità di ciò che si crede. Non nega la possibilità che la fede renda beati, ma che è proprio questa beatitudine che fonda una certa verosimiglianza con l' illusione. 

Esaurito questo breve capitolo autobiografico, come promesso a Green Demetr e Memento, passo all' argomento volontà di potenza.

X Green Demetr.

Mio caro Green Demetr sinceramente io non capisco a volte certi tuoi interventi, anche perché tiri in ballo argomenti che mi lasciano molto perplesso. Rovina? Hegel? Nulla però è più lontano dell' idealismo di Hegel dalla filosofia di Nietzsche. Ed anche la Rovina può essere un effetto, o meglio uno degli effetti della volontà di potenza, ma come fatto marginale e comunque come un qualcosa che segue e che non ha luogo né prima né durante il soddisfacimento della volontà di potenza, di qualsiasi specie si stia parlando. A questo riguardo vorrei riportare come esempi sia la tragica fine a cui va incontro il maschio della mantide che nell' accoppiamento perde appunto la sua vita a causa di una partner fin troppo aggressiva, sia quello del polipo gigante che trova la morte per stenti nell' accudire e covare le uova. Ma anche la sorte di molti uomini famosi quando non capiscono e soprattutto non accettano un ritorno alla normalità dopo aver vissuto gli apogei della vita.

Nietzsche nel par.7 del terzo saggio parla di via all' infelicità, ed io aggiungo all' inquietudine, inquietudine che si manifesta ad esempio in ogni maschio dominante con un harem, provocata dalla necessità di controllo e difesa dello stesso harem dai furbetti che si accontentano di un  accoppiamento occasionale e dagli altri maschi che vogliono prendere il suo posto. Nel campo umano troviamo nel terzo saggio diversi riferimenti su questo argomento. Sulla necessità sia per gli atleti, per i fantini e per gli artisti di evitare soddisfacimenti sessuali prima delle gare o durante il periodo di massima ispirazione e gestazione per un artista. Il soddisfacimento della volontà di potenza per questi individui molto esposti porta stati d' animo estatici e d' estasi in caso di vittoria o comunque buona riuscita complessiva, ma di profondi stati d' abbattimento, sconforto e di grande delusione in caso di fallimento o parziale riuscita complessiva. A mio avviso, ripeto la Rovina mi sembra un aspetto marginale di ciò che secondo Nietzsche accompagna le vicissitudini legate alla volontà di potenza.  Comunque siamo sempre qui.

X Memento.

Se ricordi ho affermato che avevo dei dubbi sul fatto che la volontà di potenza corrispondesse all' individuo. Ed adesso cercherò di far luce su ciò che intendevo. Val la pena riportare che la volontà di potenza, secondo Nietzsche, è una forza irrazionale, noi la chiamiamo anima vitale, che fornisce e rappresenta l' energia stessa di ogni essere vivente, l' energia che stimola la vita e che per molti versi rappresenta la vita stessa. Ricordo inoltre che Nietzsche ne parla e la delinea in opposizione alla volontà di volontà di Schopenhauer. A questo punto posso affermare che posso essere d' accordo con te per le cellule e per tutti gli organismi minori che possiamo trovare in natura ( sulla flora non mi espongo perché non ho riflettuto a sufficienza su di essa ). Ma le cose cambiano, sempre a mio avviso, per tutti gli organismi  a mano a mano che si sale nella scala di complessità degli stessi. E a riguardo vorrei porre l' attenzione sull' argomento genio che Nietzsche tratta a lungo in Ecce Homo.

Infatti lui afferma che coloro che hanno in potenza la possibilità di diventare genio non è detto che riescano a diventarlo a causa dell' ingerenza di numerose variabili come il clima, l' alimentazione e il dormire. Ciò, sempre a mio avviso, significa che la volontà di potenza di tali individui nulla può per il soddisfacimento del diventare genio né tanto meno coincidere con l' individuo nel caso di variabili che influiscano negativamente sul processo. Quello che in definitiva intendo affermare è che le possibilità che la volontà di potenza coincida con l' individuo appartenente a qualsiasi specie sono inversamente proporzionali alla sua complessità. Senza dimenticare che le variabili a livello umano sono tantissime e molto determinanti. Se hai dei dubbi sono come sempre disponibile a discutere qualsiasi opinione contraria.

X Phill, Paul11 e Maral

Spero di aver risposto nel corso della trattazione ai vostri dubbi, suggerimenti e perplessità. Se non siete soddisfatti o avete qualcosa da aggiungere o da porre in evidenza saremo ben contenti di affrontare qualsiasi argomento da me esposto nella stessa trattazione o di altro tipo.

Si ringrazia per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

memento

Green demetr,non si tratta di avere personali concezioni di potenza,ma di cosa intende esprimere Nietzsche con quel termine. La potenza di Nietzsche (e non quella di altri) è la padronanza di sé,la capacità di sostenersi su di sé,che assicura alla vita equilibrio,controllo,stabilità,coraggio e nuova forza. Ogni potenza è un'altezza da cui si osserva l'esistenza,e a seconda dei casi la si trova grande o piccola. La potenza dell'uomo,la sua spina dorsale,è rappresentato dai suoi giudizi di valore,da ciò che considera bene e male,che conservano e rendono più vigorosi una certa specie di individui,mentre impediscono lo sviluppo di altri tipi. E appunto per tale motivo la rovina di un altro modo di essere è indispensabile perché una potenza possa fondarsi e durare. Ma la rovina come potenza...è ciò che Nietzsche chiama nichilismo.

Come già dicevo nell'altro post,l'Io è un'utile illusione,perché semplifica,appiattisce aspetti della personalità che è necessario fraintendere per poter godere di noi stessi e agire con buona coscienza. L'io è una grossolana,in quanto superficiale,interpretazione che diamo ai nostri atti per poterli giustificare di fronte a noi stessi a posteriori. Ma che può significare "io sono" o "io non sono" senza la fede nell'io e nel soggetto? Stiamo attenti all'uso delle parole: l'immagine che diamo al divenire (ad esempio il fiume che scorre) non rappresenta o definisce il divenire,che di per sé non è definibile. Anche se sono consapevole che,a causa dell'influenza della metafisica,questo punto è il più duro a comprendersi.


CitazioneE' per questo che dubito persino di interventi come il tuo Memento, in generale sarei molto prono ad accettarli per quel che sembrano, una sano moto ad affidarci alle nostre intuzioni.

Infatti è solo una prima impressione,non era quello che tentavo di comunicare. Un'intuizione è sempre qualcosa di condizionato,dal contesto sociale e dalla situazione in cui la persona si trova,e soprattutto dai bisogni interiori che la spingono a considerarla di immediata semplicità. Perciò non necessita di alcuna preparazione: la quale è ciò che manca ai filosofi del presente. Non a caso ho messo in evidenza il problema dell'educazione e dello stile di vita come fondamentale presupposto. Ma su cosa pensi agisca la morale?

Le pecore nere restano comunque delle pecore: e le pecore si trovano a loro agio nei recinti. Se hanno delle speranze,dei bisogni facilmente soddisfabili,si tratta di persone che appartengono al gregge,anche se dotate di grande cultura (il cosiddetto dotto,altro personaggio che ricorre continuamente nei testi di Nietzsche).
Non comprendo quale passo in avanti nel pensiero ci consentirebbe la tecnologia.

maral

Mi sembra doveroso ringraziare Garbino per questo percorso attento che ha qui presentato attraverso i tre saggi della "Genealogia della morale" che, appartengono al tema fondamentale nicciano della trasvalutazione dei valori, annullati dall'unico valore che è dato dalla volontà di potenza (la forza vitale si potrebbe dire). Mi permetto però di osservare che il discorso sulla "rovina" è tutt'altro che trascurabile in Nietzsche (nel senso in cui mi pare e se non fraintendo, Green voglia alludere, effettivamente non sempre chiarissimo nei suoi accenni spesso un po' troppo solo accennati), per il passaggio che dalla volontà di potenza conduce all'eterno ritorno, anzi direi che è un punto chiave, come ben spiega Cacciari in questo video (riprendendo la profonda lettura severiniana di Nietzsche):  https://www.youtube.com/watch?v=EJ-sAoz8PY4 (dal minuto 4 in avanti). In breve, la volontà di potenza è il divenire, ma il divenire è inscritto nel tempo e nel tempo, di fronte al passato del "già fu", la volontà di potenza si scopre del tutto impotente, può vedere solo rovine e macerie che testimoniano che ciò che è stato è stato e nulla può essere cambiato. Il tempo che dà un senso definitivo al divenire sottrae così al divenire ogni possibilità di essere autentica forza creatrice, lo dissipa in se stesso in forma di rovine e macerie che non possono più essere altro di ciò che sono state. Proprio da qui la necessità di eliminare il senso del tempo ed eliminare il passato come definitivo assolutamente non intaccabile attraverso la necessità dell'eterno ritorno dell'uguale: nulla è passato, poiché tutto ritorna, e tornando la volontà può volere ogni volta riaffermare la sua totale potenza su di esso.

Eutidemo

Citazione di: maral il 12 Marzo 2017, 22:42:36 PM
Mi sembra doveroso ringraziare Garbino per questo percorso attento che ha qui presentato attraverso i tre saggi della "Genealogia della morale" che, appartengono al tema fondamentale nicciano della trasvalutazione dei valori, annullati dall'unico valore che è dato dalla volontà di potenza (la forza vitale si potrebbe dire). Mi permetto però di osservare che il discorso sulla "rovina" è tutt'altro che trascurabile in Nietzsche (nel senso in cui mi pare e se non fraintendo, Green voglia alludere, effettivamente non sempre chiarissimo nei suoi accenni spesso un po' troppo solo accennati), per il passaggio che dalla volontà di potenza conduce all'eterno ritorno, anzi direi che è un punto chiave, come ben spiega Cacciari in questo video (riprendendo la profonda lettura severiniana di Nietzsche):  https://www.youtube.com/watch?v=EJ-sAoz8PY4 (dal minuto 4 in avanti). In breve, la volontà di potenza è il divenire, ma il divenire è inscritto nel tempo e nel tempo, di fronte al passato del "già fu", la volontà di potenza si scopre del tutto impotente, può vedere solo rovine e macerie che testimoniano che ciò che è stato è stato e nulla può essere cambiato. Il tempo che dà un senso definitivo al divenire sottrae così al divenire ogni possibilità di essere autentica forza creatrice, lo dissipa in se stesso in forma di rovine e macerie che non possono più essere altro di ciò che sono state. Proprio da qui la necessità di eliminare il senso del tempo ed eliminare il passato come definitivo assolutamente non intaccabile attraverso la necessità dell'eterno ritorno dell'uguale: nulla è passato, poiché tutto ritorna, e tornando la volontà può volere ogni volta riaffermare la sua totale potenza su di esso.


Grazie per il link al bellissimo video di Cacciari, Maral.
Suggerisco ti vedere l'intera serie di video che costituiscono la lezione.
Il primo video è questo:
https://www.youtube.com/watch?v=KQfq5NIR-6Q
Poi, in sequenza:
https://www.youtube.com/watch?v=EJ-sAoz8PY4&t=10s
https://www.youtube.com/watch?v=9130Z_ex3Yc
https://www.youtube.com/watch?v=GNQOhs2MVuE
https://www.youtube.com/watch?v=P1o8Fvdc3sI
Buona visione 
;)

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Maral

Ringrazio sia te che Eutidemo per la segnalazione dei video di Cacciari, ma sono piuttosto in antitesi con ciò che Cacciari afferma, e anche un po' deluso da questa figura che ho sempre ammirato, anche se non sempre mi sono trovato d' accordo con ciò che esprimeva. Ho visionato la prima e quasi per intero la seconda parte della conferenza e mi riprometto di seguire anche le altre e commentarle.

Se ben ricordi, rimasi molto colpito dalla genialità della interpretazione di Severino sulla volontà di potenza e sull' eterno ritorno. E non è che ho cambiato idea. Ma Severino ha affermato cose diverse e l' interpretazione di Cacciari non è il continuum logico, ma un itinerario e interpretazione diversi del pensiero nicciano che sempre a mio avviso sono poco fondati.

Per chi non ne fosse al corrente, ricordo che, a mio avviso, Nietzsche dopo aver distrutto la metafisica platonica e tutta quella che l' ha seguita, le ha ridato vita determinando un ulteriore credo: la volontà di potenza. Invece cioè di comportarsi Socraticamente ipotizzandola, l' ha determinata come verità immanente a tutta la vita, tradendo in fondo che anche in lui il bisogno metafisico aveva una certa rilevanza, spessore, profondità.
Per molti versi sono costretto ad ammettere che in fondo, contrariamente a ciò che pensavo, Heidegger aveva ragione nell' affermare che Nietzsche era l' ultimo Metafisico.

D' ora in poi eviterò di ripetere la locuzione: a mio avviso, premettendo in via definitiva che tutto ciò che seguirà è la mia opinione su questo controverso e difficilissimo argomento trattato principalmente in Così parlò Zarathustra ma che attraversa tutte le sue opere. 

Ma torniamo a Severino. Severino mettendo in rapporto tre capitoli di Così parlò Zarathustra indicò le difficoltà di Nietzsche nei confronti della volontà di potenza e di come le risolse. Per far sì che la volontà di potenza fosse libera da ogni controllo esterno, nel capitolo Sulle Isole Beate si liberò di Dio, ma a questo punto gli rimase il problema del già-fù su cui la volontà di potenza non poteva intervenire. E nel capitolo Della Redenzione determinò l' - Io volli - e cioè l' io volli della volontà di potenza che volle il passato così com' è, ma non gli fu sufficiente ( sia chiaro che si tratta sempre di un io volli irrazionale ).  E nel capitolo Della Visione e dell' enigma, determinò l' esistenza dell' Eterno Ritorno che permetteva alla volontà di potenza nella confluenza nell' attimo di passato presente e futuro il controllo anche e soprattutto proprio sul già-fù. Un già-fù cioè che ripresentandosi sempre nell' attimo rimaneva nelle mani della volontà di potenza.

Questa l' analisi di Severino e con cui concordo largamente. Ma Cacciari non dice questo. Cacciari dice altro. Cacciari afferma che l' annuncio della Morte di Dio porta a compimento il Nichilismo. E ciò è falso. O almeno molto discutibile.
Il Nichilismo, come ad esempio anche Sini afferma, ha il suo principio, inizio, nascita con la filosofia di Platone e trova il suo compimento nella religione Cristiana o Cattolicesimo. E cioè il rifiuto dell' egoismo e l' incedere pericoloso e fatale della nausea e della compassione per l' uomo. Battaglia, che in Genealogia della Morale,  Nietzsche afferma non essersi ancora conclusa visto che - non è passato molto tempo, cito dal testo, da quando non era possibile pensare a matrimoni o feste principesche senza esecuzioni capitali -. Un tributo di sangue che dà l' idea di quanto ancora allora fosse presente la gioia della crudeltà in antitesi alla bonarietà e alla compassione.

La Morte di Dio ha soltanto dato spazio ad un' altra forma di credo, presente negli atei: la fede nella scienza, e allo stesso tempo di Nichilismo, di cui abbiamo largamente parlato proprio affrontando gli ultimi paragrafi del terzo saggio di Genealogia della Morale. E come afferma Nietzsche alla forma di credo e di Nichilismo più infide perché più nascoste.

Un' altra imprecisione che ho riscontrato è la possibilità che la volontà di potenza possa rimanere angosciata da qualcosa quando, per quanto di livello Metafisico e cioè data come verità, rimane comunque una forza irrazionale, non in grado di provare il benché minimo sentimento o sensazione ( non può in altre parole vedere la rovina dietro di sé come Cacciari afferma ). L' angoscia della volontà presente nel capitolo Della Redenzione non si riferisce alla volontà di potenza ma alla volontà umana che trova sgomento nella rovina del già-fù e che non può cambiare. Ma l' uomo è un ponte. L' uomo non è il metro delle cose. Ed ogni specie vivente rappresenta la perfezione che l' uomo non ha ancora raggiunto a causa delle difficoltà e delle menzogne che la ragione ha costruito a livello Metafisico per poter accettare il dolore, la sofferenza, per dare un senso alla vita che proprio il sacerdote asceta gli ha costruito attorno. Linee che lo hanno chiuso in un raggio d' azione deprimente ma per lui accettabile perché comunque gli ha fornito e gli fornisce un senso. Qualsiasi menzogna cioè è più accettabile del non senso della sofferenza e del dolore. Povero uomo! Questa terra per lungo tempo è stato e rimane un manicomio.

La volontà di potenza in definitiva non ha bisogno dell' uomo e può farne tranquillamente ( retoricamente ) a meno. E' l' uomo che attraverso la liberazione dal suo passato e delle menzogne fin qui accettate ha bisogno di ricongiungersi con la volontà di potenza e grazie all' arte infusa nella volontà di potenza tornare a creare valori e divenire Dio. La volontà di potenza non è un valore né ne crea. E' l' uomo, l' essere valutante, l' unica specie che può raggiungere l' Olimpo dei Greci.
 
Questo è quanto, e comunque come ben sai sono sempre pronto a rispondere ad eventuali critiche o divergenze d' opinione che tu volessi contestarmi. E comunque sempre grazie, anche per la lode che penso, e non credo di peccare di modestia, di meritare se non altro e soprattutto per l' impegno che è stato necessario per la stesura dello studio di Genealogia della Morale.

Nel rileggere il precedente post mi sono accorto che non ho sviluppato il commento su Genealogia della Morale che mi ero ripromesso di fare e che a questo punto rinvio ad altro post.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

maral

#44
Citazione di: Garbino il 13 Marzo 2017, 17:38:53 PM

Cacciari afferma che l' annuncio della Morte di Dio porta a compimento il Nichilismo. E ciò è falso. O almeno molto discutibile.
Lo afferma intendendo come morte di Dio la fine di qualsiasi principio metafisico sulla base dei quali l'uomo fondava il proprio senso umano. La morte di Dio (che noi, uomini, abbiamo ucciso) non è per Nietzsche qualcosa di gioiosamente liberatorio, non è qualcosa su cui si possa scherzare al mercato (come si dice nell'aforisma 125 de "La gaia scienza"), ma è un avvenimento terribilmente angosciante che annuncia la morte dell'uomo. Ed è certamente l'uomo, l'uomo Nietzsche innanzitutto, che si scopre esposto all'annientamento. Annientamento che l'immagine di Dio (immagine del fondamento metafisico) solo nascondeva. Ovvio che la volontà di potenza sta oltre la dimensione umana, è una sorta di assoluto divenire che non ha scopo alcuno al di fuori di se stesso, perfettamente autoreferenziale esso viene a rivelare un diverso assoluto metafisico che paradossalmente sta inalterabile: tutto diviene. Ma è proprio per il determinarsi di questo paradosso che è necessario che anche il divenire divenga, che lo stare del divenire stesso si presenti non come un eterno stare ma come un eterno ripetersi identico.
In questo l'uomo, il suo progetto, è radicalmente annientato. L'uomo si rivela nulla, perché nulla è il senso, non c'è senso, quindi non c'è uomo possibile con la sua tensione, speranza di trovare senso, sullo scenario dell'eterno ritorno. Però Nietzsche (a differenza ad esempio di Leopardi che si ferma di fronte a questo immane scenario ove più nulla ha senso umano) parla di un oltreuomo, ma chi mai può essere l'oltreuomo? Non semplicemente chi si sente finalmente liberato, sollevato dal peso di Dio e di una morale che lo ingabbia, ma chi è pronto a incontrare infinite volte se stesso identicamente, chi vuole assolutamente se stesso identico, tornando ancora e ancora a essere quello che è. in una unicità assoluta che è solo eterna ripetizione. E questo significa appunto essere nella volontà di potenza che non è volontà progettante dell'uomo che si propone dei fini diversi a cui tendere e per questo lascia solo rovine e macerie definitive in cui la volontà si dissipa.
Così mi era parso di poter intendere, se ben ricordo, la lezione di Cacciari: alla fine l'eternità del divenire sembra coincidere nella sua interpretazione (che riconosce discutibile e arbitraria) proprio con l'eternità identica dell'ente, prova a seguirla fino in fondo.

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