Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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Apeiron

Grazie green! mediterò sulla risposta (secondo me hai un punto di vista molto originale sulla questione, d'altronde la filosofia Nietzscheiana può essere vista come qualcosa di "polimorfo", quindi è interessante leggere le altrui opinioni  ;) )

Dici "Ovviamente sono fiducioso sul fatto che le tue intenzioni sono buone"
Lo spero  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Kobayashi

X Garbino
Non so se ho capito bene...
Intendi dire che finiamo per proiettare ciò che noi siamo negli altri (o di interpretare gli altri con forme che appartengono a noi, alla nostra esistenza), per cui quando amiamo (o odiamo) l'altro, in realtà amiamo (o odiamo) ciò che riconosciamo (inconsciamente) di noi stessi in lui?

Un'altra cosa, volevo sentire il tuo punto di vista su una questione attinente Nietzsche (non ho letto tutti gli interventi di questo 3D, quindi può essere che l'abbiate già trattata).
Nel concetto di "volontà di potenza" non mi soddisfa molto l'utilizzo del termine "potenza", che è relazionale, e quindi rimanda sempre a un rapporto, tra chi è potente e chi non lo è. Non credo infatti abbia senso pensare di avere potere in assenza di qualcuno su cui esercitarlo. Ma essendo relazionale si finisce per portare con se' anche la parte antagonista. Lo stesso discorso vale per chi si definisce ateo (che definisce la propria identità partendo dalla negazione del suo opposto, l'uomo di fede).
Rimanere invischiato nel suo opposto non mi sembra coerente con la vitalità dell'oltre-uomo, che è affermativa, qualcosa che ha a che fare con la piena abbondanza, la creatività, con il piacere di costruire.
Perdere tempo con il potere (di qualunque tipo, politico, intellettuale, spirituale etc.), finire per essere coinvolto in qualcosa di simile alla dialettica servo-signore è, secondo me, una debolezza che l'oltre-uomo non si può permettere.
Penso non si tratti solo di un problema terminologico. C'è nei testi di N. un po' il gusto del dominio (vedi per esempio nel brano "Delle tre cose malvagie" dello Zarathustra la riabilitazione della "sete di dominio").
È, secondo me, un punto debole del suo pensiero che ha finito per creare infiniti fraintendimenti.

Apeiron

#272
@Kobayashi forse ti possono essere d'aiuto questi passi scritti  da Nietzsche sul concetto della Volontà di Potenza:

13.
I fisiologi dovrebbero riflettere prima di fare dell'istinto di conservazione un impulso cardinale di un essere organico. Un'entità vivente vuole prima di tutto liberare la propria forza ‑ la vita stessa è volontà di potenza ‑:


259.

Astenersi reciprocamente dall'offesa, dalla violenza, dallo sfruttamento, equiparare la propria volontà a quella degli altri: ciò può divenire in un certo qual rozzo modo una buona abitudine tra individui, ove ve ne siano le condizioni (cioè la loro effettiva omogeneità di forze e di valori e la loro appartenenza reciproca all'interno di un unico corpo). Non appena però si volesse prendere questo principio in senso più ampio e, se possibile, come principio fondamentale della società, esso si dimostrerebbe subito per ciò che è: volontà di negazione della vita, principio di dissoluzione e di decadenza. Occorre qui pensare in modo esaustivo al fondamento e rifiutarsi ad ogni debolezza sentimentale: la vita stessa è essenzialmente, appropriazione, violazione, sopruso su ciò che è estraneo e più debole, oppressione, durezza e imposizione delle proprie forme, annessione e perlomeno ‑ ed è il caso più benevolo ‑, sfruttamento, ma a che scopo bisognerebbe usare sempre proprio queste parole, sulle quali si è impressa sin dai tempi antichi un'intenzione diffamatoria?

Anche quel corpo, all'interno del quale, come prima abbiamo supposto, gli individui si trattano da uguali ‑ avviene in ogni sana aristocrazia ‑, deve esso stesso, nel caso esso sia un corpo vitale e non moribondo, fare contro altri corpi tutto ciò da cui gli individui che sono in lui si astengono dal fare reciprocamente: esso dovrà crescere per attrarre a sé, conquistare, vorrà prevalere, ‑ non a causa di una qualche moralità o immoralità, ma perché egli vive, e perché vita è appunto volontà di potenza. In nessun punto tuttavia la coscienza comune degli Europei è più ostile all'insegnamento di quanto non lo sia qui; oggi ci si entusiasma ovunque, addirittura sotto un travestimento scientifico, di condizioni future della società, dalle quali dovrà scomparire il «carattere di sfruttamento»: ‑ ciò suona alle mie orecchie come se si promettesse di inventare una vita che si trattenesse da ogni funzione organica.

Lo «sfruttamento» non appartiene a una società deteriorata o incompleta e primitiva: esso appartiene all'essenza stessa di ciò che è vivente, come organica funzione fondamentale essa è una conseguenza della caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita. ‑ Posto che questa sia nuova come teoria ‑ come realtà è il fatto originario di tutta la storia: si sia onesti verso se stessi fino a questo punto! ‑ (Al di là del Bene e del Male)

La "volontà di potenza" quindi non è neanche "relazionale", bensì (secondo Nietzsche) è il modo in cui la vita in quanto tale si afferma. In sostanza per Nietzsche la vita è conflitto e contesa e vivere in modo "autentico" significa (da come lo interpreto io, Garbino e green forse la pensano in modo differente) lasciare libera da ogni restrizione questa tendenza all'affermazione e al conflitto. Ma siccome questo conflitto causa sofferenza, Nietzsche ritiene che storicamente quasi tutti i filosofi precedenti hanno "ripudiato" il mondo pieno di conflitto, postulando l'esistenza di "un altro mondo" di calma e di pace. E per affermare questo "altro mondo" hanno imposto l'etica, la metafisica ecc in modo da "rinchiudere" questa volontà d'affermazione. Secondo Nietzsche il conflitto e la tendenza a dominare sono il modo naturale in cui la vita si manifesta. E dove gli indiani vedono la caduta proprio in questa conflittualità, Nietzsche vede l'affermazione della vita stessa.

Ed è proprio su questo che non sono d'accordo. Paradossalmente sono proprio la pace e la traquillità - secondo me - ad essere "spontanee" perchè la contesa è sempre una lotta, una tendenza a (e quindi c'è sempre un fine - anche se magari non c'è più nemmeno l'idea dell'"io" che interviene. Pura volontà di affermazione, nemmeno mediata da un "io" che vuole affermarsi). In sostanza tra il buddhismo e Nietzsche si ha un'opposizione enorme: per il buddhismo il risultato della liberazione dalle finzioni è pace, tranquillità, calma ecc, nel caso di Nietzsche invece conflitto, lotta, contesa... Il problema che tu vedi secondo me è il problema centrale di Nietzsche e il motivo per cui preferisco altre filosofie. Ad ogni modo anziché potenza puoi usare "espressione" - volontà di espressione - ma vedrai che il risultato in fin dei conti è quello!

In sostanza non ritengo vero che tolto il soggetto (e le altre finzioni) quello che rimane è la tendenza ad esprimere "qualcosa". Quello che rima è invece "la pace" in quanto questa tendenza cessa non appena non c'è più niente da esprimere. (Questo è il mio pensiero e il motivo per cui credo che Nietzsche abbia compiuto un "grosso" errore e purtroppo questo errore non è notato nemmeno da chi lo paragona alle "filosofie indiane". Dal punto di vista nietzscheiano ovviamente queste filosofie sono veramente "nichiliste" in quanto negano la volontà, la tendenza ad esprimere ecc ma credo (e qui ahimé ammetto che non ho basi davvero razionali per crederlo, ma solo "ragionevoli") che questo nulla sia qualcosa di relativo - ossia che negata la "tendenza" rimanga "qualcosa" ;) )
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Kobayashi

X Apeiron
Grazie del contributo, delle tue spiegazioni e dei brani di Nietzsche (molto pertinenti in merito alla questione che ho sollevato).
Mi chiedo ancora una cosa: quando N. parla della vita liberata dalle finzioni della morale, quando afferma quindi che è essenzialmente lotta, contesa, etc. dobbiamo pensare che stia parlando  dell'esistenza dell'oltre-uomo? Cioè, dobbiamo pensare che l'oltre-uomo sia perfettamente sovrapponibile all'uomo liberato dalle falsità della morale platonico-cristiana? O c'è un piccolo scarto tra le due cose?
Quello che voglio dire è che accanto a parti della sua opera che farebbero pensare di sì – di sì alla sovrapposizione – ce ne sono altre in cui la crudeltà, la ferocia etc. sembrano essere piuttosto funzionali alla costruzione di un proprio regime di vita (e quindi dirette contro le debolezze del proprio io, al rischio di regressioni nel religioso), regime di vita in cui la vitalità, la creatività possano quindi essere espresse con pienezza.
Per essere ancora più esplicito: l'oltre-uomo è più simile a un guerriero aristocratico dell'antichità o all'uomo virtuoso del Rinascimento (di cui si trovano accenni negli ultimi testi)?

Apeiron

#274
@Kobayashi l'oltre-uomo è colui che vede la realtà all'infuori delle illusioni, delle convenzioni, delle razionalizzazioni ecc. Siccome per N. la vera essenza della vita (almeno a livello psicologico ma secondo me lui è andato un po' oltre...) è la "volontà di potenza", allora l'oltre-uomo diviene una sorta di "centro" da dove questa "energia" si "irradia". L'oltre-uomo è colui che si esprime perciò "autenticamente" senza alcun "ostacolo". Da qui nasce a mio giudizio la confusione: perchè in genere anche il "santo" (in diverse tradizioni) è colui che vede la "realtà così come è", è spontaneo (nel senso che non ha più nessun "ostacolo") però non è uno che in genere può essere visto come uno che si "appropria". TUTTAVIA è anche interessante notare che in un certo senso anche questi "santi" sono guerrieri, ma solamente contro "il male" che è presente in loro stessi. Quindi sì c'è molta somiglianza, la lettura di N. certamente per certi versi è liberante ecc ma non riesce a darmi l'idea che quello sia il fine (né per me, né per nessun altro).

La questione che sollevi tu sullo "scarto" tra l'uomo comunemente inteso come "violento" e l'uomo che ha superato i propri difetti secondo me nasce appunto da questa sua "visione" di come è la "vera essenza della vita". Perchè è vero che tu puoi interpretare tutta la sua filosofia come una "lotta spirituale" (come fanno in realtà alcuni interpreti negando il lato "violento" della filosofia N.), però il fatto che il fine della sua filosofia è proprio la realizzazione della volontà di potenza (e quindi del conflitto ecc) fa sospettare che per N. è il conflitto il vero "sommo bene" (in quanto la negazione di esso è una illusione) rende possibile affermare che l'oltre-uomo per N. è proprio colui che "si afferma" e quindi simile sia al guerriero aristocratico che all'uomo virtuoso del Rinascimento - e infatti lui stesso tende a precisare come "artisti" e "guerrieri" sono appunto quelli più vicini all'idea dell'oltre-uomo. Volendo anche i "santi" sono anch'essi oltre-uomini (non dimentichiamoci che N. apprezzava in realtà anche Gesù e Buddha - nonché i "cristiani seri", ossia coloro che sono coerenti - nella Genealogia scrive: "tutto il rispetto per l'ideale ascetico onesto") però avendo rigettato ogni base universale dell'etica e nel contempo avendo posto come "vera realtà" l'affermazione (che può prendere diverse forme) N. secondo me è costretto ad apprezzare allo stesso modo gli artisti, i guerrieri, i santi ecc con tutte le conseguenze che ciò implica (d'altronde parliamo di un uomo che ammirava sia Buddha che Napoleone). Ergo non vedo nella filosofia di N. alcun indizio per cui ad esempio un artista come Beethoven è preferibile ad un uomo che "esprime" la sua "vitalità" nel combattimento (con tutte le problematiche che possono seguire da questo). Quindi rispondendo alla tua domanda direi che per N. l'oltre-uomo può essere benissimo entrambi gli esempi che tu porti ma non solo!

Ovviamente io non sono d'accordo con questa visione delle cose pur riconoscendo che ha dei suoi meriti visto che d'altronde i "santi", i "saggi" e i "virtuosi" spesso parlano di una "guerra spirituale". Le somiglianze ci sono, però questa "affermazione" (che di fatto è il "percorso" con cui diventano santi, virtuosi o saggi) in genere dai virtuosi non è vista come il fine, bensì come il mezzo. Per cui secondo me la "volontà di potenza" e la "morale" (religiosa o meno) devono collaborare per fare in modo che si "avanzi" nel percorso verso il raggiungimento del fine, ossia della "liberazione". Diciamo che per me N. ha scambiato il fine col mezzo, da qui appunto sorgono le ambiguità di cui tu parli. N. si è fermato appunto a vedere la "lotta" e non ha visto quello "che c'è oltre" (cosa che personalmente mi riesce estremamente difficile avendo per così dire "obbligato" me stesso a rimuovere ogni illusione... tra l'altro ho un conflitto interiore abbastanza forte in questo momento e di certo non "mi augurerei" che questo sia il fine. :( Ritengo che il fine sia qualcosa di simile alla "cessazione" di ogni conflitto e di ogni tendenza all'affermazione ossia qualcosa di simile al nirvana buddhista che mi sembra la più coerente descrizione di questo "stato", anche se in realtà sono pieno di perplessità e di dubbi anche su questo). Comunque la polimorfia del pensiero di N. la si vede anche nella diversità delle interpretazioni che anche in questo forum vengono fuori. E qualunque sia quella "giusta" credo che la migliore qualità di N. da ammirare sia la sua dedizione e perseveranza a "scoprire la realtà" e il suo impegno a "equilibrare la filosofia e la vita". Personalmente comunque tra i vari tipi di "conflitto" che ci sono l'unico che a mio giudizio per così dire è necessario è quello "interiore" (conflitto che ritengo estremamente difficile e in cui ahimé si può anche perdere :( )
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Green Demetr

Ho iniziato la lettura di alcuni racconti di Rilke e per il momento non ho trovato nulla di così abissale per cui tu non ti debba sentire all' altezza. Ma perché poi ci dovrebbe essere un autore che ti provoca questa sensazione? Proprio non lo capisco. Se mi dicessi di un grande filosofo, Aristotele o Platone, lo comprenderei, ma se mi citi un romanziere del secolo scorso come Rilke non ha proprio senso. Probabilmente dovrò passare alla sua opera più indicata come il suo capolavoro e cioè I Quaderni di Malte per venirne a capo. Comunque non ti svilire. Con la tua cultura nessuno ti può far sentire non all' altezza.

X Apeiron.

Bravo, va benissimo così. Mi compiaccio delle tue risposte a Kobayashy e le ritengo di un ottimo livello. Anche la scelta dei brani la ritengo ottimale. E penso che l' interessato possa trarne validi suggerimenti per i suoi dubbi e riflessioni.

Però vorrei puntualizzare alcune cose. Per quanto riguarda la stima di Nietzsche per Cristo e Buddha posso tranquillamente affermare che non sono d' accordo. Su Cristo basta leggere attentamente L' Anticristo ( in un punto come ho già detto lo definisce 'idiota' ) per ricredersi su questo aspetto. Mentre per quanto riguarda Buddha, le cose sono un po' più complesse. E mi spiego. E' vero che Nietzsche inquadra il Buddhismo come una morale positiva, ma sempre come l' unica risposta possibile ad uno stato di crisi. E come hai affermato rimane comunque una religione nichilista. E cioè che non affronta il problema delle cause ma risolve tutto nel non agire per non infierire su di una condizione di degrado fisico-biologico-psichico e di sofferenza. Il Nirvana per Nietzsche è la morte stessa dell' individuo anche se in quello stato la sofferenza determinata dalle sue sensazioni esterne non lo raggiunge più. Questo da profano. Mi sono soltanto riferito a ciò che Nietzsche scrive in diversi brani delle sue opere.

Altra puntualizzazione riguarda la domanda di Kobayashy su quale sia la tipologia di uomo più vicina all' oltreuomo. Nietzsche non afferma mai che una delle due sia la più vicina, altrimenti avremmo un metro di paragone su cui riflettere. Diciamo che entrambe le tipologia possono dare uno spunto, ma niente di più. E soltanto perché lui le ritiene categorie umane che possono essere in grado di generarlo, ma non di rappresentarlo. Non dimentichiamo il Capitolo dello Zarathustra in cui Nietzsche descrive le metamorfosi dello spirito per tornare fanciullo.
L' oltreuomo cioè può esserlo sempre prima in potenza, ma poi deve diventarlo. Deve diventare ciò che è, ma la strada è di un' asperità enorme. Le tre fasi: cammello leone fanciullo, di  Delle Tre Metamorfosi, sono l' arduo cammino che aspettano l' oltreuomo in potenza per divenire tale. E' solo allora che potrà volgere le spalle al proprio passato, rinnegarlo pur amandolo, e grazie all' arte creare nuovi valori. Ed è perciò che ritengo molto difficile identificare un qualsiasi paragone che lo possa rappresentare. Lo stesso Nietzsche, ripeto, dichiara che l' uomo moderno lo definirebbe 'terribile'.

Naturalmente ci sono altre interpretazioni su cui, come tu stesso hai ipotizzato, non siamo d' accordo. Ma le ritengo superabili col tempo ed un sempre maggiore approfondimento del grande filosofo. Ti rinnovo i complimenti e continua così.

X Kobayashy

Ritengo che alla maggior parte delle tue domande tu abbia avuto risposte più che soddisfacenti. Ciò non toglie che tu possa avere ulteriori dubbi e perciò ti rassicuro sul fatto che siamo sempre qui.

Rimane invece da approfondire l' aspetto dell' amore. Quello che tu hai supposto è una delle possibili varianti a livello più superficiale dell' inconscio. Io mi riferisco a qualcosa di più profondo. A quel qualcosa che ci porta ad avere una certa cura di noi stessi ed a resistere a varie tendenze autolesionistiche che il vivere può comportare. E ciò, sempre a mio avviso, corrisponde ad un grado di armonia che non può dipendere da fattori ambientali o di crescita, ma che ha, o a me sembra avere, caratteristiche più profonde. Comunque, qualsiasi ne siano le cause o la provenienza, ho questa teoria che mi si presenta sempre davanti, e cioè che la nostra disponibilità ad amare e a porci positivamente sia già connaturata, e che la frase ama il prossimo tuo come te stesso sia in un certo senso tautologica, perché è già il nostro modo di porci.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Christian

#276
Ciao Apeiron e Ciao Kobayashi.
Io purtroppo non ho continuato gli studi di Filosofia e sono rimasto emotivamente attaccato ad alcune convinzioni, ma anche a domande che purtroppo nell'opera di Nietzsche non trovano risposta.
Ad esempio, se dovessimo cercare di comprendere quale sia l'obbiettivo principale, il più importante, della razza umana, Nietszche non ci risponderebbe, lo vedrei tacere come uno degli idoli che lui vuole siano al crepuscolo. Innanzitutto suppongo che l'unica strategia per adattarsi all'ambiente degli esseri umani sia stata quella di creare gruppi più ampi e coesi. Ovvero suppongo che tali gruppi possano trovare successo adattivo tramite una divisione sociale del lavoro complessa, una solidarietà interindividuale sentita come motivazione di una morale trascendente, e una forma di collaborazione che a volte supera le motivazioni di sopravvivenza o realizzazione del singolo. E' vero però che la brama di potenza di alcuni individui motiva il gruppo ad armarsi in funzione di una difesa comune. Ed è altrettanto vero che alcuni individui possono trovare appagamento alla loro bramosia in modi narcisistici e non solidali all'interno di tale gruppo senza che tale gruppo perda completamente la sua coesione. Ma è vero anche che in presenza di una guerra il gruppo non si estende mai in numero, anzi solitamente decresce. Quindi non è affatto detto che tale volontà di potenza miri a selezionare dopo uno scontro gli individui socialmente più desiderabili, volitivi, forti o intelligenti o creativi. Purtroppo l'era moderna ci ha insegnato che la distruzione etnica, gli olocausti e le esplosioni nucleari e le devastazioni protratte contro l'ambiente non hanno come risultato la sopravvivenza dell'individuo più adatto o creativo o costruttivo e concreto, in quanto la distruzione agisce a caso.

Quindi Nietzche non mi dice come fare per evitare che lo scontro tra uomini non miri a eliminare le condizioni per un miglioramento delle capacità tecniche o culturali del gruppo di sopravvivere.

Abbandonando per un momento il discorso morale, e considerando la morale per un attimo come funzionale alla coesione del gruppo e della sua sopravvivenza, è difficile pensare ad esempio che il Nazismo avrebbe potuto "funzionare" come rivoluzione sociale. I nazisti uccidevano convinti che solo il loro gruppo potesse ereditare la terra. E tutto ciò aveva un non so che di metafisico.
Inoltre alcuni studiosi hanno supposto che tale bramosia di potere si possa esprimere in modi non distruttivi e comunque per certi versi eroici come lo sport, oppure una vita passata a salvare il prossimo (ospedali o vigili del fuoco, etc...)
E' vero che i sentimenti ed i rapporti o i giudizi morali per le persone sono viziati da proiezione ed è vero che odiamo nelle persone quanto non riconosciamo in noi stessi come morale. Ma esistono forme di amore che trascendono i meccanismi di proiezione. Quella del bambino per la madre o quella del poeta per la Natura... Inoltre il controllo razionale delle nostre emozioni non ci impedisce di limitare i danni sociali del nostro odio o della nostra distruttività. Posso odiare una persona fino a desiderarne la morte ma la società mi impone regole fondamentali per la sopravvivenza del gruppo e della sua coesione che mi sanzionerebbero se io imponessi il mio giudizio morale in modo illegittimo. La società umana viene tenuta coesa proprio da sentimenti che vengono stimolati dalla produzione di ormoni come l'ossitocina. L'ossitocina ha una funzione sociale prevalente. Però rende gli individui paranoici ed ostili verso altri individui considerati appartenenti ad altri gruppi. Nulla mi vieta però di cercare alleanze affinché il mio gruppo si allarghi. Nulla mi vieta di "ideare" e non "idealizzare" una società che mi permetta veramente di garantire una più concreta sopravvivenza proprio a coloro che implementano le possibilità di sopravvivenza del gruppo. Quindi è utile e non solo "giusto" che la volontà di potenza si schieri nella repressione o nel controllo di quanto possa essere sconveniente all'adattamento del gruppo ed alla creazione di gruppi sempre più allargati e funzionali alla sopravvivenza umana. La lotta dunque, la contesa e la volontà di potenza o di sfruttamento devono esprimersi in una audace intelligenza volta a risolvere o ridurre i problemi di adattamento del gruppo alla vita, e all'adattamento all'ambiente e persino oramai alla preservazione dell'ambiente. Questo io intendo per pienezza ed è una considerazione razionale che ispira il mio umanismo. Ma ciò che ancora di più lo ispira in un periodo ove i mezzi di comunicazione permettono possibilità di interazione quasi infinite è la possibilità sempre più efficace di creare opportunità del tutto pacifiche affinché più gruppi si scambino informazioni. L'umanità si è evoluta comunicandosi soluzioni a problemi. Lo scambio di tecnologia e soluzioni ha affrancato spesso gruppi in conflitto dalla necessità di una guerra. La promozione dello spirito collaborativo e solidale ha emarginato spesso proprio gli individui più violenti e meno appagati dalla volontà di proteggere l'intelligenza e la naturale predisposizione al confronto. Ci tengo a dire che non si tratta di pura e semplice morale democratica. Non sto dicendo che trovi innaturale la competizione politica che è spesso tenuta proprio da individui amanti della volontà di potenza, sto parlando del confronto cristallino tra persone motivate a risolvere problemi di prima necessità, in quanto tale confronto delimita il potere a contesti estranei alle loro necessità quotidiane. Ancora una volta il grande filosofo non mi aiuta. Certo, il suo disquisire torna vitale quando la società impone a volte con ipocrisia le idee cattoliche, Nietzche sembra un genio che togliamo dalla bottiglia proprio quando le persone che veicolano idee cattoliche non riescono a dimostrare che tali idee usate in modo dispotico non tolgano vitalità sia al confronto che alle possibilità di adattamento del gruppo. E quindi per dei brevi momenti pare che le persone più disgustate da questa ipocrisia vedano nella filosofia di N. una possibilità concreta di abbattere tutto ciò che rende meno vitali anche sul piano emotivo le relazioni tra le persone. Così per non dovere sottostare ad una morale dispotica, inibente, ipocrita, ecco che l'abuso, lo sfruttamento, il conflitto appaiono come liberatori. E' una terribile tentazione. E non v'è nulla di eroico. Proprio nulla. Ma chi scegliere? Il despota ipocrita o quello vitalista?

Apeiron

#277
@Christian,
i temi di cui parli sono molto profondi e riguardano un livello sociale che vanno oltre la portata della filosofia di Nietzsche, anche se Nietzsche ha certamente scritto molto di filosofia politica e temi simili. Riguardo alla prima parte del tuo messaggio ritengo che - secondo me - l'a-moralismo nicciano in un contesto sociale crea veri e propri "disastri" in quanto non può dare alcun "giudizio morale" contro il "conflitto" (non si può dire che Nietzsche l'uomo approvasse tale conflitto, però è una cosa che segue dalla sua filosofia... Comunque è interessante notare che sia Nietzsche che Schopenhauer non si consideravano "l'espressione" della loro filosofia e Schopenhauer è stato "ignorato" anche per questo). Il che è piuttosto inquietante, se ci pensi: rimuovendo ogni "idolo" Nietzsche ha lasciato andare ogni restrizione e quindi ha lasciato tutto al "caso", come ben dici tu. Ah e "la legge del più adatto" nel contesto darwiniano è una mera tautologia nel senso che nel "darwinismo" le specie e gli individui mutano in continuazione e sopravvivono se riescono ad adattarsi alle condizioni (o se ovviamente le condizioni sono "favorevoli"), il che è tautologico. Però l'evoluzione darwiniana è  cieca, irrazionale e quindi ai nostri occhi "sembra non avere senso". Dall'altro lato però la spinta all'evoluzione nasce dalla "tendenza a continuare a vivere" e quindi paradossalmente l'evoluzione ha un "fine". Il problema - Darwin ci dice - è che sia nel mondo animale che in quello umano le risorse sono limitate e gli individui desiderano risorse differenti e quindi di fatto il conflitto è inevitabile. La "vittoria" però non avviene in linea del tutto generica per l'individuo che "è più forte" o "più meritevole" in quanto possono sempre avvenire eventi accidentali a destabilizzare il tutto, ovvero a mutare le condizioni in modo che "il più forte" diviene il più debole. E questo lo si nota ovunque, nell'economia e nel mercato, nella "scalata sociale", nella politica ecc: tutti sono in competizione e il risultato della competizione talvolta pare casuale anche se - secondo me - se uno analizza bene "le condizioni ambientali" la componente "arbitraria" si riduce moltissimo. E in questa componente "arbitraria" ci sono le decisioni individuali ecc. Dunque "promuovere il conflitto" secondo me è promuovere una cosa che è una dolorosa necessità nel mondo animale (dove non ci si può far niente) e una cosa evitabile nel mondo umano (visto che, in fin dei conti il "vincitore" spesso è frutto del Caso, inteso come il risultato di "meccanismi" indipendenti dagli "agenti decisionali"). Nietzsche non parlerebbe mai di "fine ultimo" perchè è ben consapevole di questo Caso. E qui ci sta tutta l'incompletezza del pensiero nicciano: nessuno si può davvero "accontentare" di questo "Caso". Ergo a mio giudizio si reintroducono le cose che Nietzsche disprezzava, moralità e metafisica su tutte, proprio per riuscire ad "orientarsi" nel Caso (e ovviamente si deve anche ritenere che "parlino" di qualcosa di "reale", altrimenti non si è usciti dalla "crisi nicciana").

Riguardo alla seconda parte del tuo contributo... Riguardo al resto concordo con te che la "volontà di potenza" non è da "buttare via in blocco" perchè in fin dei conti è questa "vitalità" che ci fa vivere. Come ho già detto la volontà di potenza può ad esempio essere utile perfino a promuovere l'altruismo, la "lotta interiore", ovvero proprio i "valori nobili" comunemente intesi. Ergo l'approccio nicciano giustamente ci fa notare l'ipocrisia dell'imposizione di "valori" che "soffocano" la vita, ma al contempo si "dimentica" che è proprio grazie a questi valori che la vita raggiunge la sua "pienezza" (non a caso molti valori sono condivisi nel cristianesimo, nell'induismo, nel buddhismo, nel daoismo ecc ecc) e la sua "massima espressione". E anche se ti sembrerò forse troppo "individualista" ritengo che quello che manca nel nostro occidente è proprio una "sana" tendenza all'auto-dominio, all'essere "timorosi" ("timore e tremore"), all'essere "passivi", "ricettivi", "calmi" ecc e che il "pensiero positivo" di oggi sia una sorta di errore che nasce dal non voler vedere i problemi che abbiamo nella nostra interiorità. Curiosamente nella Chiesa Cattolica dove la religione era "sentita" (NON nel senso del fanatismo, nell'altro più nobile senso...) c'era questo lavoro su sé stessi. Dove però la meta-fisica, l'etica, la trascendenza ecc non erano e non sono sentite questo lavoro su sé stessi non viene fatto. Sarà un caso?  ::) ovviamente secondo me, non lo è. Riguardo all'umanesimo c'è lo stesso problema: aver tolto la "base" della moralità si passa facilmente dal bigottismo/ipocrisia al "caos vitalistico" e l'uomo per vivere una vita autentica non ha bisogno di nessuno dei due estremi, ma della "via di mezzo"  ;D

Aggiunta: ovviamente se dico che questi valori sono "realtà", intendo che almeno si riferiscono "indirettamente" a qualcosa di "reale". Non sono meri castelli d'aria. Se credessi che fossero "meri concetti" sarei ovviamente d'accordo con Nietzsche. E sono d'accordo con Nietzsche fino a quando la morale/etica non viene pensata come qualcosa di "vissuto liberamente", "liberamente scelto" ovvero quando l'etica/morale
non viene "sentita da dentro", ovvero quando diventa qualcosa di "veramente reale" e non "detto/imposti da altri". Quando invece l'etica/morale (e anche la meta-fisica) sono viste come "realtà" (in un certo senso) credo che la filosofia di Nietzsche venga, per così dire, trascesa. [Però credo anche che per certi individui l'unico modo di farli "rigare dritto" - ovvero per non farli diventare dei pericoli - sia proprio quello di imporre la moralità. Ergo tutti questi discorsi in fin dei conti nella realtà quotidiana devono essere fatti con moltissima attenzione] [Ad ogni modo credo di avere una forte affinità per la parte "meta-fisica" della filosofia di Platone. Più precisamente ritengo che i "valori etici", la matematica ecc siano veramente qualcosa che si riferiscono a qualcosa di "reale", oltre i fenomeni e che non siano "meri concetti" della mente umana. Quindi il mio punto di vista è molto peculiare ed estrememente poco popolare e condiziona la mia lettura della questione ;) ]


P.S. Personalmente ritengo ad esempio che la "cristianità" (almeno in alcune sue forme) è molto più ricca e più "vitale" di quella criticata da Nietzsche. In essa ci sono molte cose che si tendono a non vedere per una sorta di "paura della religione". Però chiaramente se si è contrari ad ogni tipo di "trascendenza" a-priori non si possono apprezzare.

EDIT: [credo che usare la parola "metafisico" sul discorso del nazismo sia fuorviante. Più precisamente è vero che ci hanno fatto una "metafisica" e un "occultismo" sopra, però d'altro canto temi come "il conflitto", la "lotta", la (loro) eugenetica ecc erano state "ispirate" (ovviamente in modo distorto*) dalla funesta interpretazione del darwinismo unita all'altrettanto funesto spirito nazionalistico che andava di moda dalla seconda metà dell'ottocento... secondo su questa faccenda l'esoterismo e l'occultismo hanno inciso molto meno delle idee che ormai erano presenti in tutta Europa da più di un secolo.

*distorto perchè chiaramente nel regno animale (dove il darwinismo ha più validità) ovviamente le specie viventi non lottano tra di loro per imporsi sulle altre ma semplicemente per "vivere". La violenza e il conflitto nascono per una dolorosa necessità e non certo perchè le specie animali hanno il concetto di "razza", "superiorità" in quanto nel mondo animale non si formano questi concetti ecc]
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Per prima cosa non posso sorvolare sul fatto che oggi è l' otto Marzo e quindi esprimo un grande augurio a tutte le donne.

Devo sinceramente confessare che la lettura de La Volontà di potenza (frammenti postumi ordinati da Peter Gast e la sorella Elisabeth) mi sta impegnando a fondo, e quando mi siedo per scrivere un post mi ritrovo quasi sempre la testa vuota.

Ho tralasciato di rispondere all' ultimo argomento dal momento che lo considero irrilevante. Infatti non credo che possa essere importante stabilire l' utilità o il danno di qualsiasi messaggio filosofico dal momento che è un argomento che non fa testo. Se poi aggiungiamo che l' argomento aveva una caratteristica personale e non generale, la possibilità di interesse si riduce ancora di più. Forse sarebbe interessante fare uno studio sul modo in cui ciascun filosofo è stato ritenuto utile o dannoso nel corso della Storia, ma lo ritengo un  argomento molto complesso da trattare. Anche perché in ogni periodo ciascun filosofo è stato interpretato diversamente, e come ad esempio accade ancora con Nietzsche anche nello stesso periodo. Ma questa è una sorte che si ripete e si è ripetuta per tutti i grandi. E che continua ancora oggi sicuramente per Socrate, Platone ed Aristotele.

La mia opinione comunque è che l' importanza di un filosofo, come la sua utilità in senso generale, non dovrebbe basarsi sull' utilità o il danno che può provocare su un individuo o su di un intero periodo storico, ma proprio su quanto il filosofo abbia contribuito alla conoscenza.

La conoscenza. Filosofia: Amore per la conoscenza. Eppure sembra incredibile che uno degli argomenti più profondi svelati da Nietzsche riguarda proprio la conoscenza. Il dramma e la tragedia che contornano la conoscenza. Non dimentichiamo infatti che proprio la sua affermazione che non è possibile la conoscenza in un mondo che diviene è al tempo stesso una delle affermazioni filosofiche più importanti. Una delle affermazioni più geniali e al tempo stesso, paradossalmente, uno dei più grandi contributi alla conoscenza stessa.

 Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Citazione di: Garbino il 08 Marzo 2018, 20:27:10 PM
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Per prima cosa non posso sorvolare sul fatto che oggi è l' otto Marzo e quindi esprimo un grande augurio a tutte le donne.

Devo sinceramente confessare che la lettura de La Volontà di potenza (frammenti postumi ordinati da Peter Gast e la sorella Elisabeth) mi sta impegnando a fondo, e quando mi siedo per scrivere un post mi ritrovo quasi sempre la testa vuota.

Ho tralasciato di rispondere all' ultimo argomento dal momento che lo considero irrilevante. Infatti non credo che possa essere importante stabilire l' utilità o il danno di qualsiasi messaggio filosofico dal momento che è un argomento che non fa testo. Se poi aggiungiamo che l' argomento aveva una caratteristica personale e non generale, la possibilità di interesse si riduce ancora di più. Forse sarebbe interessante fare uno studio sul modo in cui ciascun filosofo è stato ritenuto utile o dannoso nel corso della Storia, ma lo ritengo un  argomento molto complesso da trattare. Anche perché in ogni periodo ciascun filosofo è stato interpretato diversamente, e come ad esempio accade ancora con Nietzsche anche nello stesso periodo. Ma questa è una sorte che si ripete e si è ripetuta per tutti i grandi. E che continua ancora oggi sicuramente per Socrate, Platone ed Aristotele.

La mia opinione comunque è che l' importanza di un filosofo, come la sua utilità in senso generale, non dovrebbe basarsi sull' utilità o il danno che può provocare su un individuo o su di un intero periodo storico, ma proprio su quanto il filosofo abbia contribuito alla conoscenza.

La conoscenza. Filosofia: Amore per la conoscenza. Eppure sembra incredibile che uno degli argomenti più profondi svelati da Nietzsche riguarda proprio la conoscenza. Il dramma e la tragedia che contornano la conoscenza. Non dimentichiamo infatti che proprio la sua affermazione che non è possibile la conoscenza in un mondo che diviene è al tempo stesso una delle affermazioni filosofiche più importanti. Una delle affermazioni più geniali e al tempo stesso, paradossalmente, uno dei più grandi contributi alla conoscenza stessa.

Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.

Ciao Garbino, felice di sentire che sei ancora al lavoro sul nostro.

Penso che questo contributo non sia minimamente capito dalla scienza moderna.

Che continua imperterrita a definirsi astorica. Denotazione e già mai Connotazione.

A informare dei fatti, e non sui fatti.



Vai avanti tu che mi vien da ridere

viator

Salve. Per Christian: ......"Ad esempio, se dovessimo cercare di comprendere quale sia l'obbiettivo principale, il più importante, della razza umana, Nietszche non ci risponderebbe, lo vedrei tacere come uno degli idoli che lui vuole siano al crepuscolo".....
La razza umana può credere di aver un obiettivo oppure porselo, ma ciò non ha nulla a che vedere con lo scopo e l'effetto della sua esistenza.
I quali consistono semplicemente nella propria perpetuazione. Scopo ovviamente comune a quella della vita biologica, e riflesso della naturale tendenza alla persistenza (attraverso la diversificazione) del mondo intero.
Purtroppo i filosofi e gli ideologi dell'età moderna, quando trattano dell'uomo, si occupano soprattuttodelle sue speranze e velleità, trascurando un pò troppo l'ambiente extraumano in cui noi siamo inseriti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Per Viator. Ridurre il fine dell'umanita' alla sua riproduzione biologica e' specularmente lo stesso errore di chi non considera la biologia come precondizione di ogni etica o filosofia pratica. Non siamo solo anima ma non siamo neppure solo rozzo corpo affamato e preda di impulsi biologici. Tra l'altro questa visione, ben lungi da essere veritiera e' un tentativo ormai vecchio di almeno 150 anni di giustificare la prepotenza umana e la soppressione o lo sfruttamento dei piu' deboli.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

green demetr

Citazione di: viator il 24 Marzo 2018, 15:45:21 PM
Salve. Per Christian: ......"Ad esempio, se dovessimo cercare di comprendere quale sia l'obbiettivo principale, il più importante, della razza umana, Nietszche non ci risponderebbe, lo vedrei tacere come uno degli idoli che lui vuole siano al crepuscolo".....
La razza umana può credere di aver un obiettivo oppure porselo, ma ciò non ha nulla a che vedere con lo scopo e l'effetto della sua esistenza.
I quali consistono semplicemente nella propria perpetuazione. Scopo ovviamente comune a quella della vita biologica, e riflesso della naturale tendenza alla persistenza (attraverso la diversificazione) del mondo intero.
Purtroppo i filosofi e gli ideologi dell'età moderna, quando trattano dell'uomo, si occupano soprattuttodelle sue speranze e velleità, trascurando un pò troppo l'ambiente extraumano in cui noi siamo inseriti.

Non ricordo se avevo risposto a Christian, comunque nel caso non l'avessi fatto, ribadisco che Nietzche ha risposto e a lungo visto la mole imponente degli scritti. (io ne ho letta solo una minima parte, e faccio fatica a far fronte a tutte le intuizioni che esso ci ha lasciato).

Viator, ma la visione che proponi è quella di schopenauer, che come sai fu il maestro riconosciuto da Nietzche!

Inoltre il problema dell'extraumano viene posto da Nietzche, almeno il Nietzche maturo, fin da subito, quando parla, in particolare, del problema gerarchico della natura.

Non è solo la questione dell'essere usati per procreare, ma anche quello del pesce piccolo che mangia il pesce più grande, in soldoni, e frettolosamente.

(in realtà la visione di Nietzche è di ben altra corposità, ma non mi sembra tu mi abbia seguito finora).

Quindi insomma sono abbastanza d'accordo, ma più Ni, che Sì.



Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Jacopus il 24 Marzo 2018, 17:22:47 PM
Per Viator. Ridurre il fine dell'umanita' alla sua riproduzione biologica e' specularmente lo stesso errore di chi non considera la biologia come precondizione di ogni etica o filosofia pratica. Non siamo solo anima ma non siamo neppure solo rozzo corpo affamato e preda di impulsi biologici. Tra l'altro questa visione, ben lungi da essere veritiera e' un tentativo ormai vecchio di almeno 150 anni di giustificare la prepotenza umana e la soppressione o lo sfruttamento dei piu' deboli.

Indubbiamente serve del lavoro, lavoro intellettuale per affrotare entrambi i problemi, ma non mi sembra utile liquindarli solo perchè vecchi.
A me paiono entrambi attuali. D'altronde sono molto d'accordo sul mettere l'accento più sulla violenza che sull'impassibilità della natura, in ogni futura discussione.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Questa è la settimana pasquale e colgo l' occasione per augurare a tutti una Felice Pasqua, dovunque siate o andiate.

Inoltre ho un' informazione che piacerà a tutti gli appassionati di Nietzsche: è finalmente uscita una versione economica del 'Nietzsche' di Heidegger, sempre dell' Adelphi mi sembra (ma ha poca importanza l' editore), al costo di £ 28,00. Io ne ho già richiesta una copia e spero di averla al più presto.

Avevo scelto diversi brani del testo La volontà di potenza ( curata da Gast e dalla sorella Elizabeth ), ma preferisco soprassedere per affrontare l' argomento avviato da Viator e poi ripreso da Eutidemo e su cui è intervenuto Green. Questa è la mia opinione.

La frase presa in esame è sicuramente non corretta. E' ovvio che non si può parlare di un' unica razza umana ma di specie. Ma sarebbe stato ancora più indicato parlare di obiettivo principale dell' uomo ( ma specie umana sarebbe stato ugualmente accettabile ). Anche il termine obiettivo nel senso di scopo o di senso non è proprio il massimo. Comunque, sempre a mio avviso, restringe il campo tra la scelta che si ci dà o che ci è stata imposta da altri e non dovrebbe essere inteso o interpretato come qualcosa di innato.

Ed infatti ciò che segue sembra confermarlo perché Christiane ci dice che vedrebbe tacere Nietzsche come uno degli idoli che lui vuole siano al crepuscolo.... Questa naturalmente è quello che pensa lui e del resto tutto l' intervento è una critica a Nietzsche anche se sembra provenire da qualcuno che di Nietzsche ha letto poco o fa finta di aver letto poco.

Quello che affermerebbe Nietzsche, sempre a mia opinione, è che qualsiasi scopo, principale o non, e che per esso segue determinati obiettivi è sempre il frutto della menzogna. E che qualsiasi senso o scopo che si ponga degli obiettivi non è automaticamente negativo, né del resto positivo. Ciò che conta, come ho affermato più volte, è se questo scopo o senso è favorevole o contrario alla vita. Nel primo caso sarà positivo nel secondo caso negativo, in entrambe i casi nonostante la menzogna.

A Jacopus invece vorrei controbattere che, sempre a mio avviso, il suo punto di vista non è assolutamente scontato. E che le cause del domino dell' uomo sulla natura e sugli altri uomini ha radici ben più profonde e che risalgono molto più in là nel tempo. Ciò che è cambiato sono gli effetti. Le macchine, e tutto ciò che ad esse è collegato, hanno ormai un potere devastante. E l' uomo le usa, come le ha da molto tempo usate, trascurando completamente i loro effetti. E molte volte con la buona coscienza di fare il meglio per l' umanità.
Ma come Nietzsche afferma più volte, il massimo errore dell' uomo è di aver sbagliato come umanità.

X Green. 

Mio caro Green, gli scienziati che parlano di astoricità non sanno neanche di cosa parlano.  Il loro limite è quello di essere avvinghiati alla Matematica e perciò incapaci di studiare qualcosa in divenire. E così si definiscono astorici. Ma questo termine indica colui che abbraccia intere epoche senza cadere nelle trappole temporali. Valutando ogni epoca proprio in modo diveniente. E questa peculiarità può appartenere soltanto al genio filosofico.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta

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