Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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green demetr

Mi sembra di capire che il tuo obiettivo sia la critica della Volontà di Potenza in senso evoluzionistico nefasto all'uomo.

Certamente è problematico anche per me.  :-[

Rimane lì scritto sulla pagina, ed essendo una cosa che non condivido minimamente, tendo a non leggerla.

Ma rimane da vedere in che misura incide il suo isolamento grammaticale rispetto a tutto il contesto semantico che Nietzche costruisce.

Perchè qui il tema non è tanto in sè la Natura, ma esattamente come in Leopardi il rapporto con essa.

Non è così facile amico mio, per come la vedo io, credo che Leopardi sia superiore rispetto a Nietzche.

Nel senso che la potenza di controllo di Leopardi era infinitamente più lucida, non doveva combattere contro i propri demoni.

Anche se in una misurazione senza senso (mi scusi professore Keats de l'attimo fuggente) sono proprio i demoni di nietzche a rendermelo fratello, e quindi più grande di Leopardi.

Grazie a Dio il destino mi ha fatto conoscere un brillante intellettuale, che confido gli DEI mi possa aiutare a decifrare proprio l'enigma Leopardi.

Mi sono orientato a ri-leggere Nietzche depurato dalle sue ossessioni, tramite Leopardi, e penso questo sia un punto nodale, e che sia perfettamente onesto intellettualmente.

Per inciso la Natura di Leopardi non ha alcuna pretesa evoluzionistica determinista, essa è invece la storia di una relazione.

http://www.academia.edu/19747588/Il_concetto_di_gradualismo_in_Giacomo_Leopardi_e_Charles_Darwin_assuefazione_adattamento_individuo

L'ho appena letto, mi è venuto il dubbio che pure Leopardi è considerato un evoluzionista.....e INFATTI !!!!

Se però leggiamo l'articolo si intravede che la visione di Leopardi parla di adattamento, di potenza in essere, e NON DI DISPOSIZIONE.

Non penso Nietzche sia lontano dalle considerazioni leopardiane, anzi è evidente che coincidono, nell'insieme delle idee che mi sono fatto su di lui.

Rimane il problema della volontà come se fosse esterna all'uomo in Nietzche. (questo sì che lo renderebbe aporetico! ma confido di poterla ricostruire correttamente).

Quindi niente bastonate Apeiron. Hai toccato un punto sensibile della questione.

Sulla costruzione della genealogia della bontà: ma per carità DEVI! è compito del giovane esperire possibilità! io ho già dato eh ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

#226
Citazione di: Apeiron il 18 Ottobre 2017, 23:32:45 PM


Gli evoluzionisti (meglio: coloro per i quali l'etica deriva dalla "biologia" e basta...) dicono: ""amare il prossimo" è giusto perchè dobbiamo conservare la specie"... Mah ::)  
CitazioneEsistono evoluzionisti ed evoluzionisti (e "credenti che l' etica derivi dalla biologia" e "credenti che l' etica derivi dalla biologia"): per lo meno e soprattutto a mio parere, per dirlo grossolanamente, "evoluzionisti a là Dawkins" ed evoluzionisti a là Gould".

I primi (secondo il mio modesto modo di vedere) cadono in antiscientifici pregiudizi ideologici reazionari (perfettamente atti a sostenere lo stato di cose presenti iniquissimo e disastroso per le sorti dell' umanità; come d' altra parte, e ancor di più, il nichilismo nietzcheiano) non accorgendosi che l' altruismo, non meno dell' egoismo, é estremamente adattivo (fatti, questi, ben spiegati, sempre a mio modesto parere, dal materialismo storico: in ogni epoca le idee dominanti tendono oggettivamente ad essere le idee delle classi dominanti).
I secondi si avvedono della grande adattività (anche) dell' altruismo e del fatto che i geni (per usare l' orrenda metafora di Dawkins) non possono che essere "piuttosto altruisti che egoisti verso gli altri geni", poiché se così non fosse si determinerebbe l' estinzione delle rispettive specie (e dunque dei geni pretesi "egoisti" stessi) al primo inevitabile cambiamento ambientale sufficientemente drastico e intenso:

http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=376:il-gene-altruista&catid=1:visioni-del-mondo-cat&Itemid=24


Questo spiega anche come mai
Apeiron:
ognuno di noi (o quasi - prima che mi si accusi di dogmatismo  
;D ) a "suo modo" riconosce che nel suo "intimo essere" "amare il prossimo" (per esempio) è una "virtù". Che la pace sia migliore della guerra ecc.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Le tematiche aperte da Sari con il suo intervento ci riportano in pieno sui temi più ardui della filosofia di Nietzsche: l' eterno ritorno e la volontà di potenza. Una volta archiviato l' argomento Severino e rimandando l' argomento Sofisti- Protagora-Sini-Democrazia ad altro luogo in comune accordo con Maral, devo confessare che mi è piaciuto stare alla finestra ad osservare gli approfondimenti di Green e di Apeiron, e in ultimo di Sgiombo, e ringrazio tutti per il vostro contributo. 

X Sari.

La critica è fondamentale per approfondire un autore ( o filosofo che sia ) e perciò non posso che essere d' accordo con te quando decidi di riportare visioni diverse sulla filosofia di Nietzsche. 

Il brano da te riportato di Antonio Gargano e la critica di Green sullo stesso mi ha consigliato di leggere qualcosa di Gargano e concordo pienamente con Green. Sembra quasi che sia stato sollecitato a svolgere una critica nei confronti di Nietzsche per rimuovere i dubbi su una diversa interpretazione che la lettura degli altri suoi testi poteva far nascere. 
Ma sorvolando su questo, posso tranquillamente affermare che sia l' intervento di Green che di Apeiron sono abbastanza condivisibili. 
A questo punto non mi resta che aggiungere la mia valutazione che si può ritenere anche una risposta al successivo intervento di Apeiron, la cui critica si avvicina molto alle problematiche espresse da Gargano. 

Gargano ad un certo punto afferma che l' errore di Nietzsche è stato quello di criticare la poesia del Leopardi, nonostante il grande valore estetico, etico e morale che in essa esprime. E che ritiene essere ancora significativi per l' uomo contemporaneo. Non entro nel merito sulla valutazione della grandezza tra Leopardi e Nietzsche aperta da Green, ma volevo solo soffermarmi sul fatto che è mia opinione che il valore estetico non può essere confuso, come Gargano fa, con ciò che una poesia, o qualsiasi scritto, esprime. E non è un errore in cui Nietzsche, a mio avviso, incorre.

Poi Gargano continua a confondere estetica e morale con Shakespeare, Omero ed infine con i valori della civiltà Greco-Cristiana affermando che vanno affrontati e valutati razionalmente e non in rapporto alla loro genealogia. Sorvolando sull' appiattimento della cultura e dei valori estetici e morali e soprattutto della Storia veramente sconcertante, quello che volevo mettere in risalto è un' altra cosa. Una cosa fondamentale e su cui Green mi sembra che non abbia focalizzato l' attenzione.

Per Nietzsche l' aspetto fondamentale di un valore etico, non estetico che è tutta un' altra cosa, è ciò che esso esprime. E cioè se in esso è riscontrabile un' ascesa della vita o una sua decadenza. E quello che lui afferma è che mentre in Omero e Shakespeare si ha una vita in ascesa, nei valori espressi dalla tradizione Greco-Cristiana si ci trova di fronte a una vita in decadenza. Rivolta al nulla e da qui il Nichilismo.
E la stessa cosa accade nella valutazione razionale, come afferma Gargano, e cioè che secondo Nietzsche bisogna sempre valutare se rappresenti una vita in ascesa o in decadenza. E per questo Nietzsche è molto critico sull' uomo moderno, che non si accorge di rappresentare una vita in declino.

Un' altro argomento che volevo evidenziare è che Nietzsche è solo chi pone in evidenza l' ascesa del Nichilismo e non colui che lo provoca. Per altro lui afferma che il Nichilismo ha il suo inizio con la filosofia di Platone che porrà le basi per il Cristianesimo.

X Apeiron

Come dice Green, è giusto che tu ti interroghi sul valore dell' amore del prossimo e sugli orizzonti aperti dalla volontà di potenza. Comunque non ti nascondo, come ho già detto in precedenza, che sia sull' Eterno Ritorno che sulla Volontà di Potenza sono anch' io molto critico, ma in un certo senso ho sospeso il giudizio finché non approfondirò meglio quello che Nietzsche afferma. Ma su questo tornerò nel prossimo intervento.

Avevo in mente di riportare un brano della Volontà di potenza, a mio avviso molto interessante sull' argomento, ma non volendo appesantire l' intervento mi fermo qui, sperando di aver risposto esaurientemente all' argomento. Sull' intervento di Sgiombo, che è apparso mentre stavo completando questo, mi sembra che possa essere incluso nelle tematiche già affrontate.

Ringrazio cortesemente per l' attenzione.

  Garbino Vento di Tempesta.

Apeiron

#228
Rispondo solo a @sgiombo - ma in realtà il parere anche di altri è ben accetto, visto che secondo me arriva proprio a colpire il punto fondamentale di questa diatriba / anzi forse si potrebbe aprire un nuovo argomento*. Intanto lascio scritto il mio spunto di riflessione - @Garbino e @Green invece rimando a probabilmente domani la risposta su quanto avete scritto. Ad ogni modo vorrei anticiparvi che vi farò riflettere sul fatto che a mio giudizio la Volontà di Potentza ha origini in Eraclito, filosofo già apprezzato da Nietzsche fin dal 1873 ("La filosofia dell'età tragica dei Greci"). D'altronde 2400 anni prima di Nietzsche è stato lui a mettere il Conflitto come "padre e re di tutto"!

Vorrei puntualizzare due cose. Primo: sì hai ragione ad aver specificato che non tutti gli evoluzionisti sono come Dawkins e ti ringrazio di questa tua puntualizzazione.
Secondo: il problema è che fondare l'etica sulla scienza è a mio giudizio qualcosa di profondamente errato per vari motivi. Un motivo è che la spiegazione scientifica per sua natura è, richiamando Popper, quella di essere come una "palafitta" mentre nel caso dell'etica ci vorrebbe qualcosa, diciamo, di più stabile. Ma il motivo principale è il carattere deontologico e assiologico dell'etica: nella scienza di per sé non possono entrarci "giudizi di valore" in quanto la scienza descrive la regolarità dei fenomeni e si disinteressa della questione del "valore"  (riguardo al carattere assiologico - "assiologia=studio del valore" - vorrei però dare il merito alla filosofia occidentale di aver cercato anche di indagare la dimensione dei Valori. Curiosamente nelle "vie della liberazione" come buddismo, advaita e daoismo questo tipo di questioni non vengono indagate esplicitamente. Nel senso non ci sono "trattati" che studiano questo tipo di domande - per quanto ne so io, ovviamente  ;) Felicissimo di sbagliare  ;D  ). Che "amare il prossimo" sia preferibile solo per una questione accidentale o meno è una questione di totale indifferenza per la conoscenza scientifica. Ma dal punto di vista etico è importante che non lo sia.
Per dirla alla Wittgenstein:
"Supponiamo che uno di voi sia una persona onniscente e per questo motivo conosca tutti i movimenti di tutti i corpi vivi o morti nel mondo e che conosca tutti gli stati mentali di ogni essere umano che abbia mai vissuto, e supponente che questo uomo scriva tutto ciò che conosce in un grande libro. Ebbene questo libro conterrebbe la totale descrizione del mondo; e quello che voglio dire è, che se questo libro non contiene niente che possiamo chiamare un giudizio etico e niente che logicamente implica un tale giudizio. Conterrrebbe ovviamente ogni giudizio relativo di valore e ogni vera proposizione scientifica che può essere fatta. Ma i fatti descritti sarebbero allo stesso livello così come le proposizioni starebbero allo stesso livello. Non ci sono proposizioni che, in un qualsiasi senso assoluto sono sublimi, importanti o banali. "
Altro motivo per cui il "relativismo" a me non piace. E una descrizione solo scientifica dell'etica è insoddisfacente perchè manca dell'aspetto deontologico e assiologico dell'etica. Ergo: dalla "Morte degli dei" nicciana la scienza non ci può salvare  ;)

*In realtà un nuovo argomento, volendo, c'è già. Lo ha aperto @sgiombo sull'etica. Si può anche andare di là a discutere su questo punto se vi va ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

maral

#229
Citazione di: Sariputra il 17 Ottobre 2017, 11:52:54 AM
Mi intrometto di nuovo per riportare un passo di questa interessante dissertazione sul nostro che ho trovato per caso. E' di Antonio Gargano in "Istituto Italiano Studi Filosofici".  Lo faccio, oltre che per fare il bastian contario e farvi imbufalire, perché la discussione non si riduca ad un coro di osanna verso il filosofo tetesko ( è sempre interessante arricchire anche con opinioni critiche...o no?...) : ;D
Fai bene Sari a indicare opinioni critiche su Nietzsche o chiunque altro, ma personalmente non sono per nulla d'accordo con quanto scrive Gargano. Sappiamo che il discorso sulla validità di una teoria indipendente dalla sua genealogia è il discorso che sta massimamente al cuore delle scienze, è infatti la scienza (la fisica e poi tutte le altre) che rivendica il fatto che le teorie scientifiche sono valide del tutto indipendentemente dai loro autori e del tutto indipendentemente dalla loro storia, sono infatti, una volta verificate, "verità oggettive" per le quali la genealogia è al massimo un'amena curiosità. Ora, a mio avviso, proprio questa è una pretesa che non ha alcun fondamento "oggettivo", e se non lo ha per la scienza, figuriamoci per l'etica o la filosofia dove la ricostruzione genealogica dei significati è fondante.
La ricostruzione che Nietzsche fa dei principi morali (che restano comunque i principi morali dell'uomo occidentale del suo tempo, non sono principi universali esistiti in ogni tempo e luogo, anche se la nostra pretesa sarebbe quella: l'Occidente come portatore dell'unica vera civiltà reale) è fondamentale, poiché la genesi è propriamente ciò che essi sono, genesi unica e irripetibile, ma quella è e quella storia, nient'altro, è la loro verità. Si può dire che la ricostruzione genealogica di Nietzsche contiene errori ed arbitrarietà e certamente ne contiene, come qualsiasi altra, ma non si può prescindere da una genealogia per parlare sensatamente del significato delle cose e certamente questo vale in primo luogo per i valori morali. Nietzsche coglie la crisi morale della sua epoca e presagisce con grandissima perspicacia quel secolo tremendo che sarà il XX, a fronte di questa immensa crisi non si può in alcun modo pensare di porsi al riparo restituendo a quei principi un valore in sé, come se niente fosse accaduto, collocarli nell'adamantino arcadico empireo della loro santissima verità inscalfibile, lo trovo assurdo quanto lo sarebbe andare in giro con parrucca incipriata e marsina non a Carnevale. "Dio è morto" non è semplicemente un proclama anti religioso, è molto di più, è il tramonto di un'intera civiltà, quella greco cristiana, con tutti i suoi valori e tutte le nefandezze orribili da cui quei valori scaturirono acquistando, proprio dalle nefandezze fondanti, il loro significato. La sfida che ci attende, non è rimetterne sugli altari le icone impagliate di antichi sogni ideali, ma tentare, se è possibile, di ravvisare ciò che genealogicamente acquisisce verità, se ancora questa parola è possibile, se ancora una società e un individuo sono possibili, se ancora l'essere umano è possibile o non è già defunto da parecchi decenni, senza che alcun Oltreuomo sia arrivato a rimpiazzarlo (o magari sì, magari è in embrione, chi può dirlo).

sgiombo

Ad Apeiron

Concordo (se ho ben capito quanto intendi affermare; altrimenti "fammi un fischio") che la scienza non può dimostrare l' etica.

La mia convinzione é soltanto che la scienza biologica correttamente intesa (non alla maniera di "darwinismo sociale", "sociobiologia" e così via ideologizzando; più o meno razzisticamente) può dare spiegazioni del perché di fatto esistono determinati valori e imperativi etici (per esempio, come hai rilevato:  ognuno di noi (o quasi - prima che mi si accusi di dogmatismo   ) a "suo modo" riconosce che nel suo "intimo essere" "amare il prossimo" (per esempio) è una "virtù". Che la pace sia migliore della guerra ecc.), e non dimostrare quali questi debbano essere, che é cosa impossibile: non lo si dimostra, semplicemente lo si avverte, e la scienza biologica spiega come mai (e non se ne può pretendere di più).

Sariputra

In questo periodo sto leggendo "La religione e il nulla" del filosofo giapponese Keiji Nischitani, uno dei più noti esponenti della famosa "Scuola di Kyoto", allievo di Nishida Kitaro.  Mi sono imbattuto in questa riflessione sull'ateismo e sul nichilismo che, da quel che mi sembra di aver capito, Nishitani riconduce alla matrice stessa del pensiero greco-cristiano. Per Nishitani infatti un ateismo basato sulla razionalità scientifica, sul materialismo e sull'idea di progresso poteva nascere solo all'interno della cultura cristiana e occidentale. E passa poi a dimostrare come l'ateismo stesso e la nascita dell'importanza della 'soggettività' della persona sia ancora frutto del cristianesimo del quale l'ateismo vorrebbe, in un certo senso, essere l'opposto quando invece ne è il frutto...

Tre elementi allora compongono il moderno ateismo: materialismo, razionalismo scientifico e idea di progresso. Presi insieme mostrano ll destarsi dell'uomo alla sua soggettività libera e indipendente. In altri termini , ciò che può definirsi come "ateismo del progresso" risultò dalla combinazione del destarsi della soggettività nella ragione con la visione materialistica del mondo; entrambi accumunati dalla negazione dell'esistenza di Dio.
Nella nostra epoca l'ateismo ha fatto un ulteriore passo avanti. Da un lato, c'è l'insensatezza di un mondo concepito solo più materialisticamente e meccanicisticamente e la concomitante consapevolezza del nihilum che si nasconde sotto la superficie del mondo. Dall'altro  lato si può parlare di soggettività solo come risveglio al nihilum interno alla natura umana, il quale nihilum sta al di là della ragione umana e tuttavia costituisce il fondamento sul quale noi stiamo. Sentire questo nihilum sotto i piedi è irrompere di colpo oltre il terreno dell'esistenza delle cose, passare al di là di quella dimensione nella quale ciascuna cosa nel mondo avrebbe un'esistenza oggettiva e aprire per l'uomo una posizione soggettiva che non si lascia mai ridurre ad un'esistenza meramente oggettiva.
Questa è la forma di soggettivazione nell'ateismo moderno.
Se paragoniam questo ateismo al cristianesimo...ha la sua contropartita nel  nihilum che appare nella concezione cristiana della creazione divina come creatio ex nihilo. Ancora, l'atteggiamento nel quale il soggetto prende posizione sul nihilum ( la soggettivazione del nihilum), decidendo di confidare nient'altro che su se stesso, è analogo alla soggettività di Dio, che dice di se stesso "Io sono colui che sono".
Per l'ateismo contemporaneo, il nihilum della 'creatio ex nihilo' diventa un abisso nel quale l'esistenza di Dio viene negata e rimpiazzata dal nihilum stesso.
In questo abisso del nihilum sia il sé che il mondo trovano il loro fondamento. E' qui evidente il risveglio della soggettività...
Ciò è chiaro nel caso di Nietzsche. Come ho già detto, anche Sartre mostra simili tendenze. In entrambi l'ateismo si lega ad una forma di esistenzialismo. Ossia , l'ateismo viene soggettivato, il nihilum diventa il campo della cosiddetta extasis della propria esistenza e l'orizzonte della trascendenza sia apre nella direzione non di DIo, ma del nihilum.
E' evidente che un ateismo così non crede più nell'idea di progresso e non può più manifestare un ingenuo ottimismo, come il primo ateismo. Al contrario, i caratteri dell'ateismo esistenzialista, sono una presa di coscienza della più profonda crisi umana, una sofferenza che è tutt'uno con l'esistenza stessa, un'impetuosa decisione di conservare saldamente l'indipendenza dell'identità umana, contando nient'altro che su se stessa, sforzandosi di essere se stessa e di superare la crisi fondamentale dell'esistenza umana...
Storicamente parlando, questi problemi sono intimamente connessi col Cristianesimo, che è stato nel contempo matrice e antagonista della scienza moderna fin dagli inizi del Rinascimento, o ancora prima.
La stessa cosa vale anche per l'ateismo moderno, che nelle sue diverse forme è impensabile al di fuori del Cristianesimo.
E sferrando il suo radicale attacco contro il Cristianesimo, Nietzsche dava espressione di un atteggiamento nutrito all'interno del Cristianesimo stesso, ossia la costante e inflessibile volontà di verità.

Ho pensato di inserire questo stralcio perché mi sembrava interessante ( anche se per capire tutto il discorso di Nishitani bisogna leggere il libro...) capire la valutazione che fa un filosofo 'esterno', in un certo senso, vista la relativa gioventù dell'incontro tra la filosofia nipponica e il mondo occidentale,della cultura filosofica occidentale e quindi non conivolto totalmente nelle sue dinamiche interne.
Insomma , per Nishitani, il nichilismo della cultura e della scienza di matrice occidentale e imposta con le buone, ma spesso con le cattive, al resto del mondo è l'approdo di una costruzione basata su concetti che in radice sono nella visione stessa del mondo data dal Cristianesimo.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

#232
X Sariputra

Però gli atomisti antichi erano sia atei (Leucippo e Democrito senz' altro; circa Epicuro credo che ciò sia discutibile, non liquidabile negativamente senza dubbio alcuno), sia materialisti, sia occidentali, senza credere nel progresso umano (e men che meno naturale).

Inoltre (ma non so se questo cui muovo le seguenti obiezioni o meglio precisazioni almeno in parte concordanti sia effettivamente il pensiero tuo e/o di NIskitani correttamente da me compreso o "qualcos' altro" di malinterpretato o da me più o meno gravemente distorto), credo che il nichilismo in varia misura ateistico, materialistico, scientistico nato e prosperante in Occidente possa essere declinato in modi molto diversi.
Non solo, non necessariamente "a là Nietzche", coniugando alla consapevolezza dell' inesistenza di Dio (e in particolare di provvidenza e giustizia divina, con annessi e connessi premi o punizioni eterni dopo la vita mondana) e dell' "insensatezza del reale in generale e della nostra vita umana in particolare" (ma per me sarebbe più giusto dire "della consapevolezza dell' insensatezza della questione stessa della sensatezza o meno, del senso o della ragione o meno dell' esistenza di ciò che esiste, noi compresi") con la negazione se non addirittura la deliberata contravvenzione di ogni valore e principio etico e con la negazione di ogni possibilità di progresso della civiltà umana.
Ma invece anche (come possibilità altrettanto reale e secondo me ben diversa, se non diametralmente opposta) "a là Sartre", con la ricerca di un senso soggettivamente e arbitrariamente scelto (in quanto avvertito dentro di sé) da ciascuno di noi, ma non per questo non sufficientemente appagante, e con l' adesione a valori e principi etici relativamente (in parte) universali (e in parte condizionati storicamente e geograficamente, ovvero "macrosocialmenete"; nonché "microsocialmente", cioè dalle esperienze personali - individuali), indimostrabili ma di fatto presenti in tutti gli uomini (per motivi naturalissimi, riguardanti la "storia naturale" e ben spiegati dalla scienza naturale della moderna biologia evoluzionistica, oltre che in parte per motivi storici - sociali, riguardanti la "storia umana" e ben spiegati dalla scienza umana del materialismo storico).
E infatti Sartre, del tutto coerentemente, credeva nel progresso della civiltà umana.

Ricordo (con "gucciniano malinconico piacere") che nella mia lontana adolescenza, quando iniziai a ragionare "con la mia testa" mettendo in dubbio e sottoponendo a critica razionale l' educazione religiosa (cristiana) subita in famiglia, dopo una fase di "nichilismo quasi nietzchiano", fu proprio in modo particolare, fra gli altri, Jean Paul Sartre, oltre a Giacomo Leopardi, soprattutto quello della Ginestra- ad aiutarmi molto a trovare e a iniziare a percorre questa seconda possibile strada "antineitzchiana".

Sariputra

@Sgiombo
Nishitani accosta Sartre a Nietzsce non per accomunare i due filosofi, a parer mio, ma per mettere il evidenza il sorgere di una soggettività  che ha nel nihilum il fondamento, a suo giudizio. Soggettività che, tolta dalla scienza la 'terra sotto i piedi' alla fede in un dio, deve per forza trovare in se stessa , nella sua extasis soggettiva la propria ragione/non ragione proprio perché fondata sul nulla., o per meglio dire fondata sul potere della scienza che però non dà un senso al dramma umano ( al massimo lo ignora o cerca panacee...).  Mentre nell'ateismo e nel materialismo "ingenuo" dell'Illuminismo c'è una fede nelle meravigliose sorti progressive dell'umanità, in Nietzsche l'ateismo e il problema del nihilum come fondamento dell'esistenza di ogni cosa si fa consapevolezza. A Nishitani non interessa poi approfondire la tematica 'nicciana', le differenze nell'etica rispetto al Sartre o ad altri ( il suo lavoro verte infatti sulla genesi del nichilismo all'interno del cristianesimo stesso...e sulle ripercussione su culture non-cristiane che vengono ad essere 'infettate' dal nichilismo occidentale e sradicate dalle loro visioni tradizionali e diverse della realtà, con drammatiche conseguenze e spaesamenti...).
Con tradizione greco-cristiana penso intenda quella particolare forma filosofica che fa da 'supporto' alla prima teologia cristiana ( Platone in primis). Non dimentichiamo che, ancor adesso, fior di teologici e di papi ( Ratzinger per citarne uno) parlano di razionalità della fede in DIo. Quella stessa forma di razionalità sarà il frutto che porterà alla genesi del nichilismo occidentale, per Nishitani, che si pone come 'nuova trascendenza', come trascendenza del nihilum stesso ( come 'nuovo Dio'...una sorta di fede non dichiarata ma praticata da tutti...). 
Un'etica soggettiva, come quella che descrivi e mi par di capire tu segua, è già all'interno di questo processo di soggettivazione del nihilum di cui parla Nishitani, in quanto non può che posare i piedi sul sottostante nulla di ogni cosa e confidare in se stessa...( il fatto che la materia esista  è indifferente in quanto, privata dell'idea di essere manifestazione di Dio, non è altro che nihilum, non-senso o assenza di alcun senso della Natura...privata del suo 'essere in Dio").
Ovviamente, tengo a precisare, il mio pensiero non corrisponde automaticamente a quello dei vari autori che ho postato in questa discussione ( non essendo un filosofo ho già da fare di mio anche solo per capirli... :( ). In questo caso mi sento piuttosto concorde con il Nishitani su questa riflessione, se l'ho ben interpretata... :)
Sulla strada del bosco
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Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Sari.

Sinceramente ritengo che il niente in cui Dio genera il Creato nella Genesi Biblica abbia poco o niente a che fare con il vuoto di senso che l' uomo percepisce nella sua vita non appena incomincia a farsi strada l' ateismo e conseguentemente che Dio e tutti i valori legati alla religione attraverso la morale siano falsi. Ripeto: Nietzsche non è Nichilista e il Nichilismo ha le sue radici nel Cristianesimo che a sua volta fu ispirato da Platone. 
Ma non solo, secondo Nietzsche anche credere in Dio, soprattutto il Dio Cristiano, è nichilistico. Perché appunto l' uomo preferisce sempre credere nel nulla ( cioè un Dio buono e misericordioso ) piuttosto che ad un carro di incertezze. 

Ma l' uomo che crede in un Dio buono e misericordioso è l' uomo in decadenza. E' l' uomo che fa della sua condizione di incapacità a sfogare la sua crudeltà all' esterno una scelta di vita buona e misericordiosa decisa da lui stesso. L' addomesticamento dell' uomo effettuato dal tipo prete è completo. L' uomo è migliorato in funzione della società, dipendente interamente all' autorità religiosa e asservito allo stato. Un miglioramento che Nietzsche interpreta come una castrazione del tipo uomo.

P.s. Non mi sembra che il tuo ultimo intervento mi ponga nella condizione di aggiungere qualcosa. In ogni caso se in caso riprenderò l' argomento nel prossimo.

Altra cosa è il fatto che la scienza ravveda e tenti di spiegare la virtuosità nelle caratteristiche che contraddistinguono l' uomo moderno. E a mio avviso è ovvio che accada. La scienza in fondo è peculiarità umana. Uomini sono gli scienziati che affermano ciò. Uomini moderni. Ma chiediamoci se il Greco o Il Romano o il Rinascimentale provasse la virtuosità nelle stesse caratteristiche. L' uomo d' azione trovava e trova, anche se ormai raramente, proprio nell' agire e negli effetti che procura l' azione la sua virtù. Lo stato d' animo che lo fa sentire in pace con sé stesso. La buona coscienza nell' agire è sempre stato molto soggettivo ed inerente a ciò che si è. E attinente anche al periodo storico, ma anche al di là di esso.

Come vi avevo promesso riporto un brano della Volontà di Potenza che sto leggendo approfonditamente ed è l' inizio dell' aforisma 707:
Il "mondo cosciente" non può servire da punto di partenza del valore: è necessaria una valutazione "oggettiva".
A fronte dell' enormità e della molteplicità delle operazioni sinergiche e conflittuali che costituiscono la vita complessiva di ogni organismo, il suo mondo cosciente fatto di sentimenti, intenzioni, valutazioni è una minuscola frazione. Il fare di questo frammento che è la coscienza lo scopo, il perché di ogni fenomeno complessivo della vita è assolutamente illecito: è evidente che prendere coscienza è solo un mezzo in più nel dispiegamento e nell' ampliamento della potenza della vita. Perciò è un' ingenuità porre come valori supremi il piacere, o la spiritualità, o la moralità, o qualsiasi altro singolo elemento della sfera cosciente, magari per giustificare "il mondo". E' questa la mia obiezione fondamentale contro tutte la cosmodicee e le teodicee filosofico-morali, contro tutti i perché e i valori supremi della filosofia e della filosofia religiosa sinora esistiti. Un genere di mezzi fu frainteso come uno scopo; la vita e il suo aumento di potenza furono abbassati al livello di mezzi.

X Apeiron

Attendendo la tua risposta volevo aggiungere qualcosa di fondamentale a ciò che ho argomentato. Ad un certo punto ti chiedevi se era lecito adeguarsi alla volontà di potenza, e cioè seguirla, invece che ad altro. Secondo Nietzsche questa è una domanda che non ha significato. Tu sei già volontà di potenza, la volontà di potenza che il tuo organismo nella sua complessità esprime. 

Tutto quello che esprimo comunque è la mia interpretazione di Nietzsche. Ho già scritto che per il momento, a mio avviso, anche la volontà di potenza non sarebbe che un effetto delle sinergie tra mondo organico ed inorganico. Che la vita tende a bruciare come un cerino proprio perché non può essere diverso da così. E' un meccanicismo che va al di là di quello di cui Nietzsche parla e di cui nega la possibilità. 
E cioè se è vero che l' alimentazione nello pseudopodo è soltanto un effetto della volontà di potenza, anche la volontà di potenza è un effetto ( ed uno degli aspetti ) delle condizioni necessarie alla vita.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Sariputra

#235
@Garbino scrive:
il Nichilismo ha le sue radici nel Cristianesimo che a sua volta fu ispirato da Platone.

In questo mi sembra che concordi quindi col Nishitani...

Ma l' uomo che crede in un Dio buono e misericordioso è l' uomo in decadenza. E' l' uomo che fa della sua condizione di incapacità a sfogare la sua crudeltà all' esterno una scelta di vita buona e misericordiosa decisa da lui stesso. L' addomesticamento dell' uomo effettuato dal tipo prete è completo. L' uomo è migliorato in funzione della società, dipendente interamente all' autorità religiosa e asservito allo stato. Un miglioramento che Nietzsche interpreta come una castrazione del tipo uomo.

E per fortuna che s'è castrato! Se l'alternativa era dare sfogo al proprio desiderio di crudeltà e di potenza. Però il famosso 'addomesticamento' fatto dal tipo prete e dalla società non può nascondere il fatto che forme di convivenza anche non crudeli , bensì altruistiche o volgarmente dette 'buone' sono biologicamente parte dell'uomo stesso e che anzi proprio in virtù di questo ha saputo e potuto 'scendere dagli alberi'...la religione è anche il prendere atto di questa positività insita nell'essere umano ed elevarla a sistema, cercando di arginare la sua capacità d'odio distruttivo, visto come negativo. Il bene o il male fatto da una religione è, a mio parere, da ascrivere alla coerenza e capacità di fare il bene o all'incoerenza e incapacità dei suoi attori.  Siam sempre là, il problema non è il coltello ma l'uso che se ne fa...nemmeno lo stesso Nietzsche era, nella sua vita personale, coerente con la sua stessa filosofia...raramente lo siamo, tutti noi, coerenti... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

#236
Citazione di: Garbino il 22 Ottobre 2017, 17:09:26 PM
Come vi avevo promesso riporto un brano della Volontà di Potenza che sto leggendo approfonditamente ed è l' inizio dell' aforisma 707:
Il "mondo cosciente" non può servire da punto di partenza del valore: è necessaria una valutazione "oggettiva".
A fronte dell' enormità e della molteplicità delle operazioni sinergiche e conflittuali che costituiscono la vita complessiva di ogni organismo, il suo mondo cosciente fatto di sentimenti, intenzioni, valutazioni è una minuscola frazione. Il fare di questo frammento che è la coscienza lo scopo, il perché di ogni fenomeno complessivo della vita è assolutamente illecito: è evidente che prendere coscienza è solo un mezzo in più nel dispiegamento e nell' ampliamento della potenza della vita. Perciò è un' ingenuità porre come valori supremi il piacere, o la spiritualità, o la moralità, o qualsiasi altro singolo elemento della sfera cosciente, magari per giustificare "il mondo". E' questa la mia obiezione fondamentale contro tutte la cosmodicee e le teodicee filosofico-morali, contro tutti i perché e i valori supremi della filosofia e della filosofia religiosa sinora esistiti. Un genere di mezzi fu frainteso come uno scopo; la vita e il suo aumento di potenza furono abbassati al livello di mezzi.

CitazionePerché mai il "mondo cosciente" (in particolare umano) non dovrebbe "servire da punto di partenza del valore", semplicemente per il fatto (che già altri, come ad esempio Leopardi, ben sapevano prima di Nietzche) che nessun valore é dimostrabile (ma non per questo inesistente realmente di fatto come interiore sentire e come reale tendenza comportamentale)?
Perché mai l' uomo non dovrebbe potere avvertire dentro di sé (in conseguenza dell' evoluzione biologica che l' ha prodotto, e l' ha di fatto prodotto tale da poterlo e anzi da non poterlo, per lo meno tendenzialmente e in coesistenza anche con altre tendenze contrarie, non sentire) valori e imperativi etici "positivi" come altruismo, compassione (nel senso letterale del "sentire con gli altri" tanto il dolore e l' infelicità quanto il piacere, la gioia, la felicità), empatia, generosità, ecc.?
Che poi "i preti" (in senso lato, i preti di oggi essendo essenzialmente i giornalisti: "compagni, dobbiamo stare al passo coi tempi: con le budella dell' ultimo giornalista impiccheremo l' ultimo manager!" -Sgiombo-) spesso e volentieri (ma assolutamente non sempre: per esempio non certo l' arcivescovo Romero!) abbiano millantato tantissimo in proposito e se ne siano biecamente approfittati e tuttora se ne approfittino, al servizio delle cassi al potere, come é -di regola, ma con notevoli eccezioni- loro compito quasi istituzionale, é un altro discorso che non prova proprio nulla contro questa tesi.

Qualsiasi valutazione circa presunti rapporti quantitativi fra ragione e coscienza da una parte e istinti, "materialità", "non coscienza" nella natura e soprattutto nell' uomo dall' altra é senza senso (e anche se, per assurdo, ammesso e non concesso, fosse sensata, sarebbe comunque del tutto arbitraria e soggettiva).

La "volontà di potenza" é per me un' oscuro concetto non scientifico, mentre l' esistenza reale (anche) dell' altruismo e della generosità nella vita umana e non solo umana sono verità scientifiche solidissime circa la storia naturale biologica e la storica culturale umana.
Inoltre la scienza nega qualsiasi finalismo e finalità (compresa la vita e il suo "aumento di potenza", ammesso che si tratti di un autentico concetto, dotato di un qualche senso) in natura, che non sia limitato solo e unicamente a quella peculiare "parte" o "aspetto" della natura che é l' umanità.

Ricambio il ringraziamento per la cortese attenzione.

sgiombo


Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Sari

Mio caro Sari volevo solo puntualizzare che è Nietzsche che afferma che il Nichilismo è derivato dal Cristianesimo che a sua volta è stato ispirato da Platone. Le mie opinioni in merito sono tutt' altro che definite e definitive. Per altro mi sembra che sia Nashtani che abbia ripreso la teoria di Nietzsche e la abbia interpretata a suo modo. 
Inoltre bisogna considerare che se la crudeltà poteva, e può, essere considerata come una delle caratteristiche peculiari dell' uomo è ovvio che non può sparire come per incanto soltanto perché l' uomo è stato addomesticato. Ma, come afferma giustamente Nietzsche, è molto più probabile che si ripercuota all' interno dell' individuo contribuendo ad un deterioramento del tipo uomo.

Comprendo benissimo la tua posizione, ma non bisogna dimenticare che una delle caratteristiche umane, come ho già detto per lo scienziato o gli scienziati che pensano di poter determinare verità assai dubbie, è quella di traslare i propri criteri di apprezzamento su tutto senza accorgersene, o peggio, accorgendosene ma per motivi diversi, di interesse o ludici o malevoli ( spesso causati dall' invidia ) o perché ritenuti inaccettabili dal proprio ego smisurato, continuando ad usarli piuttosto che metterli in dubbio.

E' ovvio che ciascuno può interpretare l' attuale momento storico come gli pare, ma sinceramente vedo ben poco di tutto quell' altruismo di cui tu parli nel mondo in cui viviamo. Vedo invece molta cattiveria, interesse, demagogia, menzogna, desiderio di potere. E molto di tutto questo purtroppo mascherato da altruismo e 'buone' intenzioni. Sia a destra sia a sinistra sia al centro tanto per capirsi. 

Poi ripeto ci si può illudere che tutto vada bene e che il mondo rispecchi un uomo che ha fatto dell' altruismo il suo regno sia a destra sia a sinistra sia al centro. Ma, a mio avviso, è mera illusione.

Inoltre sono andato a dare uno sguardo ad una trattazione sulla filosofia di Nashtani, e sostanzialmente mi sembra che, pur avventurandosi nell' arduo compito di cercare un punto di unione tra la filosofia occidentale e orientale, alla fine commetta lo stesso errore di Severino; e cioè quello di cercare una strada nel 'nulla', che, sempre a mio avviso, è molto meglio non intraprendere in campo filosofico perché non c' è la possibilità di dimostrare cosa alcuna di quel che si teorizza o che si afferma.

Ed adesso riporto un altro brano di Nietzsche sempre inerente all' argomento, a mio avviso, molto esplicativo. Il brano è tratto dall' aforisma 514 della Volontà di Potenza.

Una morale, un modo di vita provato da una lunga esperienza e un lungo esame ( a volte purtroppo anche molto corta, mia puntualizzazione ), finisce per presentarsi alla coscienza come una legge, come dominante.... E con essa entra nella coscienza tutto l' insieme dei valori e degli stati psicologici affini: diventa venerabile, inattaccabile, sacra, veritiera; è proprio del suo sviluppo il fatto che la sua origine venga dimenticata.... E' segno che è diventata padrona...

Un brano in cui si evidenzia l' impegno che Nietzsche riversa nei suoi scritti nel tentativo di riuscire a liberare l' uomo dalle proprie catene.  Siano esse di destra, di sinistra, di centro, morali, religiose, anarchiche, comuniste, democratiche, fasciste, semite ed antisemiti, naziste, o determinate da qualsiasi altra variabile di ciò che si presenta all' uomo come una legge.

E' mia opinione che il modo più appropriato di porsi per sciogliere le catene dell' uomo ed avviare un processo di liberazione potrebbe essere la trasversalità in uno stato di continua critica, proprio perché nulla o poco più diventi legge ed offuschi o peggio ottenebri la nostra capacità razionale. E' tutto ciò possibile? Bella domanda...........

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Sariputra

#239
@Garbino

Non fraintendermi. Sono ben consapevole che nell'uomo la radice dell'egoismo è molto sviluppata, se non la più tenace in assoluto. Volevo solo mettere in evidenza che l'uomo non è 'solo' egoismo, ma che è capace 'anche' di altruismo. Arrivo a credere che, se questo mondo sta ancora in piedi, seppur traballante, è per gli infiniti atti di altruismo, per lo più privati, che passano quasi sempre inosservati e che non trovano , o trovano poca, cassa di risonanza nei media e pure nelle 'chiacchere da bar' che formano il sentire comune, la percezione comune del mondo come qualcosa pieno solo di egoismo, mediocrità, ipocrisia e meschinità.
Ma se anche il mondo fosse solo egoismo dovremmo chiederci come sarebbe possibile uscirne con una filosofia che dice che in fondo non dobbiamo combatterlo , ma accettarlo, seppur in modo aristocratico o 'nobile', al motto " siam fatti così, dobbiamo accettarlo e anzi dargli libero sfogo per sentirci meglio e non cadere nella paranoia"( scusa l'eccessiva semplificazione...). Ma la mente umana , proprio perché ha salde radici nell'egoismo, nell'odio e nell'illusione di potenza, non può mai essere 'libera e spontanea' e certamente non aderendo in toto alla schiavitù imposta dalle radici stesse che la formano, diventandone anzi un tutt'uno con esse. Non mi libero dall'egoismo ( che genera ipocrisia, istituzionalizzazione dell'egoismo stesso attraverso apparati religiosi, statati , politici,, meschinità, ecc.) semplicemente aderendovi. Quindi non si otterrebbe alcun miglioramento della società umana, ma semmai un assai ampio miglioramento della possibilità di esercitare liberamente l'egoismo, come, di fatto, avviene. Ossia proprio quello che era , in sostanza, l'ideale aristocratico che poteva permettersi un nobile altruismo verso il 'debole' all'interno della propria volontà di potenza che si esplicava nell'adesione al proprio egoismo. Non era più il debole pieno di 'risentimento' per non poter essere un nobile a costringere all'obolo, ma era la libera volontà del nobile che si piegava, se lo voleva, nel dare l'obolo al debole risentito ( sigh).
Pensieri in libertà s'intende...
Natura egoistica dell'uomo= istituzionalizzazione dell'egoismo= società egoistica.
Natura egoistica dell'uomo mitigata dalla presenza dell'aspetto altruistico= istituzionalizzazione dell'egoismo mitigata dall'altruismo= società egoistica mitigata dall'altruismo.
Natura dell'uomo liberata dall'egoismo= Nessuna necessità di leggi e virtù = società altruistica = società utopistica.  ;D

Grazie per le risposte!... :)  :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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