Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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Garbino

Un saluto a tutti e ben ritrovati. 

Come qualcuno ricorderà, nel post Nietzsche, l' oltreuomo etc. del precedente sito avevo avviato la lettura di Genealogia della morale. Fortunatamente avevo soltanto posto le premesse, cosicché posso tranquillamente avviarne la lettura in questo post in questo nuovo sito senza grandi problemi. Essendo l' altro sito ancora in lettura, chi avesse bisogno di documentarsi, non deve fare altro che connettersi ed andare a rintracciare gli ultimi interventi del post che ho indicato, e che per altro figura tra i primi della prima pagina.

'L' uomo e il suo diritto al futuro' è un titolo che mi è parso sempre più idoneo per raccogliere il tema portante della filosofia di Nietzsche. Titolo che mi si è presentato in caratteri sempre più grandi attraverso una approfondita lettura di Genealogia della morale. Infatti Nietzsche afferma che la stesura degli argomenti di Genealogia della morale fu avviata in Umano Troppo Umano, ma li fa risalire a molto prima. E il fatto stesso che essi siano 'cresciuti e concresciuti ( citazione dal prologo ) gli uni negli altri legandosi sempre più strettamente insieme, rafforza in me la lieta fiducia  che sin dagli inizi essi non siano nati separatamente ma da una volontà della conoscenza che esercita il suo dominio nel profondo'.

E questo, per rispondere anche a Maral, è il motivo per cui nessuno può avocare a sè il diritto di sostituirsi al filosofo, perché soltanto nel filosofo si ha questa caratteristica, l' amore e la profondità nella ricerca della conoscenza.

Questo infatti, continua Nietzsche, è ciò che si addice ad un filosofo. Non abbiamo nessun diritto di essere isolati in qualsivoglia cosa, non ci è concesso né di sbagliare isolatamente né di arrivare isolatamente alla verità.

L' amara verità, come afferma altrove Nietzsche sempre nel Prologo, è che purtroppo il presente, con l' incedere dell' importanza data alla compassione e il delinearsi del Nichilismo, forma occidentale del buddismo, sembra stia vivendo a scapito del futuro. Negando addirittura un futuro. E che l' argomento determinante è proprio lo studio della genealogia della morale.

E riprendendo il secondo paragrafo, conclude:
E' invece piuttosto vero che con la stessa necessità con cui un albero porta i suoi frutti noi produciamo i nostri pensieri, i nostri valori, i nostri sì e no, i se e i forse, affini tra loro e tutti insieme coincidenti, testimonianza di una volontà, di una salute, di un regno terreno, di un sole. Questi nostri frutti vi piaceranno? Ma questo per l' albero non ha alcuna importanza! Questo non ha alcuna importanza per noi, noi filosofi!....

Grazie per la cortese attenzione. E a presto.

Garbino Vento di Tempesta.

memento

Ciao Garbino,ben ritrovato anche a te :)
Dall'ultima volta in cui si è trattata la filosofia nicciana,ho deciso di rimettermi in pari e incominciare a rileggere "genealogia della morale" . Almeno cosi spero di seguire con una certa cognizione di causa i tuoi commenti all'opera.

Il titolo che hai scelto è abbastanza indicativo del pensiero di Nietzsche,il filosofo del divenire per eccellenza. In particolare egli ritiene gli uomini superiori gli unici in grado in garantire un futuro a sé stessi e agli altri: cos'è questa se non la vera definizione di potenza,spesso confusa con il concetto di forza ("non la forza,ma la costanza di un alto sentimento fa gli uomini superiori",aforisma 72 di "al di là del bene e del male") . Chi ha letto l'Anticristo,si ricorderà certamente il forte rammarico di Nietzsche per l'eredità dell'impero romano andata perduta proprio a causa dell'azione nichilista messa in atto dal cristianesimo. 

Quali sono i valori che sostengono la vita? E quali quelli che l'attecchiscono?
A questo proposito genealogia della morale si propone di indagare l'origine degli ideali,le motivazioni che si celano dietro la loro creazione ("quanto sangue e quanto orrore è al fondo di tutte le cose buone"),l'effetto fisiologico che ne consegue. Presa in questo senso quest'opera può essere considerata il primo passo verso la "trasvalutazione dei valori" che il filosofo tedesco non fu purtroppo in grado di proseguire dopo il già citato Anticristo.

maral

Anch'io ho appena finito di leggere "Genealogia della morale" e ci sto riflettendo ("ruminando") sopra. Senza dubbio tre saggi molto interessanti che offrono molti motivi di riflessione. Appena sarò riuscito a tirare le somme aggiungerò qualche mia osservazione in merito. :)

green demetr

Ben ritrovato Garbino.

Io per parte mia sto tentando di riprendere Umano troppo Umano, libro che evidentemente ho sottovalutato,
 perchè nella seconda parte ha avuto una improvvisa "accelerazione di senso" che mi ha portato in grave ammenda interpretativa.

Rileggendo i primi 4 aforismi, posso già dirti, che il titolo da te scelto è perfetto.

In effetti anche in Umano troppo Umano, Nietzsche affronta in primis quello che a questo punto, con le tue aggiunte, è il suo problema futuro: la descrizione dei "nuovi uomini che verranno".

Egli stesso si rende conto della immane prova ermeneutica che lo attende.
Ed egli solo è ancora ad oggi, l'unico che è stato in grado di riuscirci (fin dove ha potuto).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l'uomo e il suo diritto al futuro.

Scusate il ritardo ma ho avuto un periodo un po' burrascoso e non ho potuto dedicarmi a questo post. Tra l' altro con grande soddisfazione sono riuscito ad ottenere dalla telecom adsl e perciò: Eureka!

Ringrazio Memento, Maral e Green Demetr per i loro interventi e sono molto motivato dal fatto che tutti hanno affrontato o riaffrontato la lettura di Genealogia della morale e questo proprio perché avrò degli interlocutori di tutto rispetto per risolvere i miei dubbi e dilemmi su alcune parti dell' opera.

Il primo di questi lo troviamo nella Prefazione. Essa si svolge seguendo lo schema da me indicato nei post della premessa. Le sue caratteristiche sono infatti quelle di accattivarsi il lettore e di predisporlo nel migliore modo possibile alle verità scomode che verranno in seguito. Anche se qualche piccola verità scomoda appare anche in essa.

Ma ciò che mi ha colpito e non riesco a risolvere è, a mio avviso, la palese contraddizione che regna tra il primo paragrafo e il resto della Prefazione.
Nel primo paragrafo si ci presenta come dei ricercatori di conoscenza che non si riconoscono come tali, e questo proprio per affermare che: ognuno è per sé stesso la cosa più lontana.

Ma poi nel resto della Prefazione ci si presenta come filosofi e come ricercatori della conoscenza che sanno benissimo di essere tali. E questo mi ha lasciato piuttosto perplesso.

Per chiudere sul primo paragrafo, tra parentesi, vorrei porre in evidenza la doppia esperienza temporale dei dodici rintocchi da cui ipotizzo che Freud abbia tratto lo spunto per elaborare l' esempio che gli servirà per cercare di dimostrare che il sogno ha la funzione principale di difendere il sonno stesso.

Nel terzo paragrafo fa capolino la domanda di quali siano le condizioni in cui l' uomo si è inventato i giudizi di valore buono e cattivo e se essi hanno favorito o no la vita.

Nel quarto troviamo l' accenno all' opera di Paul Ree " Origine dei sentimenti morali " che lo aveva attratto proprio perché l' aveva trovata nel contesto agli antipodi di ciò che lui stesso aveva elaborato sull' argomento.

Nel quinto troviamo la prima verità scomoda in riferimento al suo grande maestro Schopenhauer che proprio per aver tinto d' oro la compassione e l' autosacrificio aveva finito per dire no alla vita e a sé stesso. E in coda appare la considerazione che fino ad allora i filosofi avevano sempre ritenuto la compassione negativamente ( citando Platone, Spinoza, La Rochefoucauld e Kant diversissimi tra loro ma simili proprio nel disprezzo della compassione ). E in ciò vede appunto configurarsi un ambiente sociale e culturale che fa ammalare anche i filosofi mettendo in risalto il dire no alla vita che caratterizza il Nichilismo Europeo.

Nel sesto e nel settimo si augura che ci si incominci a porre il grande problema del perché la morale sia stata sempre accettata senza metterla in discussione, mentre invece secondo Nietzsche risulta essere l' argomento più importante che bisognerebbe affrontare. 

L' ottavo ed ultimo paragrafo è una vera perla. Parte dalla considerazione che l' opera sarà di difficile accesso e che potrà anche risultare sgradevole. Come lo sono state tutte le sue opere precedenti.
E poi pone il problema degli aforismi la cui lettura non comporta automaticamente la comprensione degli stessi. E che anzi da quel momento è necessaria un' arte dell' interpretare che lui evidenzierà nel terzo saggio che parte da un' aforisma e lo stesso saggio ne rappresenta l' interpretazione. Ma per poter accedere ad una simile arte è necessaria una cosa per cui bisogna essere più simili ad una mucca e meno che mai ad un uomo moderno.
E, come Maral ha posto in evidenza nel suo post, questa caratteristica è: il Ruminare.

Grazie a tutti per l' attenzione. Garbino Vento di Tempesta.

maral

Citazione di: Garbino il 08 Maggio 2016, 11:16:53 AM
Nel sesto e nel settimo si augura che ci si incominci a porre il grande problema del perché la morale sia stata sempre accettata senza metterla in discussione, mentre invece secondo Nietzsche risulta essere l' argomento più importante che bisognerebbe affrontare.

Mi chiedo se proprio alla luce di quanto scrive Nietzsche nel terzo saggio sulla figura dell'asceta e sulla morale che egli predica contro la vita, non si riveli proprio questa morale come espressione paradossale dell'estrema potenza vitale. L'asceta in ultima istanza nutre infatti un'estrema volontà di potenza, talmente estrema che giunge a negare con la scelta del mezzo morale la vita stessa da cui è prodotta. In tal caso il nichilismo ascetico non è semplicemente ciò va negato in nome della vita, ma sottile espressione della estrema potenza della vita che per affermarsi non arretra nemmeno davanti all'autonegazione.  
Ci sento in tal caso qui qualcosa di simile all'eterno ritorno, voluto da una volontà che vuole rendersi  talmente assoluta da scegliere di annullarsi nell'ineludibile eterno identico ripetersi delle cose.

memento

Citazione di: Garbino il 08 Maggio 2016, 11:16:53 AM
Nietzsche: l'uomo e il suo diritto al futuro.

Scusate il ritardo ma ho avuto un periodo un po' burrascoso e non ho potuto dedicarmi a questo post. Tra l' altro con grande soddisfazione sono riuscito ad ottenere dalla telecom adsl e perciò: Eureka!

Ringrazio Memento, Maral e Green Demetr per i loro interventi e sono molto motivato dal fatto che tutti hanno affrontato o riaffrontato la lettura di Genealogia della morale e questo proprio perché avrò degli interlocutori di tutto rispetto per risolvere i miei dubbi e dilemmi su alcune parti dell' opera.

Il primo di questi lo troviamo nella Prefazione. Essa si svolge seguendo lo schema da me indicato nei post della premessa. Le sue caratteristiche sono infatti quelle di accattivarsi il lettore e di predisporlo nel migliore modo possibile alle verità scomode che verranno in seguito. Anche se qualche piccola verità scomoda appare anche in essa.

Ma ciò che mi ha colpito e non riesco a risolvere è, a mio avviso, la palese contraddizione che regna tra il primo paragrafo e il resto della Prefazione.
Nel primo paragrafo si ci presenta come dei ricercatori di conoscenza che non si riconoscono come tali, e questo proprio per affermare che: ognuno è per sé stesso la cosa più lontana.

Ma poi nel resto della Prefazione ci si presenta come filosofi e come ricercatori della conoscenza che sanno benissimo di essere tali. E questo mi ha lasciato piuttosto perplesso.

Effettivamente Nietzsche non da immediata spiegazione di questo passaggio. E quando parla al plurale risulta essere sempre molto ambiguo,perché non si conosce bene quale possa essere il referente oltre che lui stesso. 

Detto questo,per rispondere ti rimando verso la fine dell'opera,precisamente al nono e al decimo paragrafo del terzo saggio.  In questo punto Nietzsche analizza lo stretto rapporto che lega filosofia e ideali ascetici. In sintesi, ci dice che la filosofia è stata a lungo vista con diffidenza e disprezzo,e proprio il tipo dell'asceta si è offerto come utile travestimento per ottenere onori e rispetto(riecheggia in questo discorso l'aforisma "ciò che è profondo ama la maschera"). 

Il filosofo,il ricercatore della conoscenza, ha dovuto rinnegare sè stesso e la propria coscienza per essere solo possibile,per sopportarsi ed essere sopportato. Nietzsche paragona questo stato al bozzolo che ospita la larva che dovrà diventare poi insetto,forma autonoma e in sé compiuta. Chi potrà assumersi i rischi e le responsabilità di una conoscenza libera e scevra da verità assolute e universali? O libera proprio dal peso della verità stessa?

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Memento.

I due paragrafi che hai menzionato sono veramente favolosi. La chiarezza con cui Nietzsche esprime quello che secondo lui è stato l' aspetto psicologico dei primi filosofi non solo è logico ma anche il più probabile. Ma, a mio avviso, non spiega la contraddizione tra il primo e gli altri paragrafi della Prefazione. Quello che intendo è che se Nietzsche avesse voluto celare qualcosa l' avrebbe esteso a tutta la Prefazione non limitandolo solo al primo paragrafo. Comunque sono sempre qui nel caso che tu voglia approfondire l' argomento. Inoltre hai sicuramente ragione ad esporre i tuoi dubbi sul 'noi' di Nietzsche. Infatti quando lo usa lo si può quasi sempre intendere come un pluralia maiestatis, e perciò sostituirlo con il soggetto: ' Io '. Cosa che del resto lui stesso afferma più volte in diverse opere e prefazioni. La solitudine culturale a cui l' ha costretto la sua genialità non solo non gli è mai piaciuta, ma sicuramente ha anche accelerato i problemi a livello psichico.

X Maral.

L' argomento che tu esponi sarà indispensabile trattarlo quando arriveremo al terzo saggio. Per il momento esprimo la considerazione che si tratta di un argomento sicuramente controverso e che difficilmente si potrà dirimere. Comunque sarà veramente interessante approfondirlo. La mia opinione è che l' ideale ascetico diventa la volontà di potenza più forte nei periodi di decadenza. Nei periodi di ascesa lo diventa quello aristocratico ( nel senso Nietzschano del termine ). 

Un' ultima premessa prima di iniziare la lettura dell' opera. Per la Prefazione ho seguito la scaletta dei paragrafi, ma per l' opera ho intenzione di seguire il filo logico meno intricato senza seguire i continui cambiamenti di percorso che Nietzsche usa seguendo il suo schema narrativo.

Il primo saggio: Buono e mavagio, buono e cattivo, ci aspetta al prossimo intervento.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

maral

Bene, seguendo l'ordine dei tre saggi, riporto alcuni punti che avevo sottolineato nel primo per offrirli a una riflessione più attenta e accurata della mia.
Nietzsche dichiara in introduzione il bisogno di una critica dei valori morali, ossia di porre in questione il valore di questi valori, sospettando evidentemente che questi valori, per come sono venuti a conformarsi, non siano per nulla valori, anzi neghino il vero valore e comincia appunto, nel primo saggio con l'affrontare il significato dell'agire morale, riconducendolo all'origine, alle sue fondamenta e molto esplicitamente dice:

"Sono stati gli uomini buoni, cioè i nobili, i potenti, gli uomini di ceto superiore e sentimenti elevati a sentire e definire se stessi e le loro azioni come buoni, cioè di prim'ordine, e in antitesi  a tutto ciò che è volgare, comune e plebeo... l'utilità non li interessava affatto il punto di vista dell'utilità (col suo calcolo)... è quanto di più estraneo e inadeguato si possa pensare."

Il giudizio morale appare qui subito come giudizio di una pura espressione vitale scevra da qualsiasi valutazione di calcolo utilitaristico (e questo la dice lunga rispetto al pensiero calcolante che formalmente domina e struttura la contemporaneità: esso apparirebbe a N. come radicalmente immorale). Buona è la posizione aristocratica, in quanto elevata e spiritualmente privilegiata, che gode orgogliosamente di una piena salute vitale, funzionale alla vita, mentre cattiva è quella plebea, debole e volgare. L'aristocratico è, come per gli antichi, il guerriero consapevole e sincero possessore della propria forza vitale, contrapposto al mentitore, ossia all'uomo comune.
Ma buono è anche mantenersi in salute e qui scrive, spiegando l'origine dell'idea di purezza:
"Il puro è originariamente solo essere umano che si lava, che evita certi cibi in grado di provocare malattie cutanee."
Compare proprio qui la figura sacerdotale (medico- sacerdotale si potrebbe dire), depositaria di riti di purificazione in grado di garantire la buona salute del corpo vitale. Nietzsche ravvisa il popolo ebreo come popolo sacerdotale in cui inizia "la rivolta degli schiavi nella morale ... che ha vinto" come morale dell'uomo comune, spazzando via i signori. Questa rivolta ha quindi inizio nella morale, nel momento in cui il ressentiment verso chi gode di una salute naturale diventa esso stesso creatore e produce valore. E' come se il sacerdote sostituisse alla sua ritualità igienico purificatrice, la possibilità di sottrarre la forza a chi quella forza possiede di natura, facendo leva sul risentimento di chi non la possiede.  La rivolta esprime una pura reazione contro un mondo esterno antagonista e necessita di uomini ben più avveduti degli aristocratici, capaci di costruire ideali grazie ai quali la debolezza possa passare per merito e la ritorsione apparire come trionfo della giustizia. Gli Ebrei erano quel popolo sacerdotale capaci di tanto, il popolo del risentimento per excellence, a cui era innata un'ineguagliabile genialità popolare.
Mi paiono essenziali per intendere nel giusto senso questo discorso, queste parole di sapore spinoziano (e si noti che Spinoza, ammirato da Nietzsche, era ebreo e partecipava di quella cultura) che Nietzsche scrive nel saggio:

Non esiste un sostrato libero di manifestare o no la forza, non esiste nessun essere dietro il fare, l'agire, il divenire: colui che fa è soltanto un accessorio inventato dal fare- il fare è tutto... Come se anche la debolezza del debole, cioè la sua essenza, il suo agire, tutta la sua unica, inevitabile, non redimibile realtà fosse una prestazione volontaria, qualcosa di voluto, di scelto, un'azione, un merito. Per questa specie di uomini creare un soggetto indifferente, libero di scegliere è una necessità. Il soggetto (ovvero, per dirla più popolarmente, l'anima) è stato sino a oggi sulla terra il miglior articolo di fede, perché ha permesso alla maggioranza dei mortali, dei deboli, degli oppressi di ogni tipo, quella sublime mistificazione di sé che interpreta anche la debolezza come libertà, il suo essere così e così come merito.

Aggiungo la definizione che Nietzsche qui anticipa per il nichilismo e che verrà ripresa e meglio chiarita nei saggi successivi
La vista dell'uomo rende ormai stanchi- e che cos'è oggi il nichilismo se non questo?...siamo stanchi dell'uomo...

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Genealogia della morale inizia con una caricatura altamente ironica e sarcastica nonché molto feroce nei confronti dei pensatori inglesi che, come Paul Ree, avevano cercato di delineare la genealogia della morale e soprattutto quella dei termini buono e cattivo. Nietzsche è sempre molto adirato nei confronti di chi, secondo lui, attenta alla verità con elaborazioni poco intelligenti e lontane da qualsiasi probabilità di verità.
Nel contesto li definisce ranocchi che sguazzano nell' uomo nel loro ambiente più consono, e cioè la palude; e lo fanno come microscopisti che mettono in primo piano sempre la parte untuosa dell' uomo peccando nei confronti dello stesso orgoglio del genere umano. 
La loro teoria sarebbe che il termine buono fu coniato nei riguardi di azioni non egoistiche ritenute utili da chi le aveva ricevute. Poi questo motivo nel tempo era stato obliato e le azioni non egoistiche erano diventate nel tempo buone di per sé. Nietzsche denuncia questa teoria come non razionale e non valida a livello psicologico, ritenendo che se mai nel tempo l' utilità sarebbe divenuta sempre più vivida e non certo obliabile. Inoltre cita ad esempio la teoria di Spencer che se anche falsa ritiene valida sia a livello razionale che psicologico. E questa teoria afferma che nei termini buono e cattivo si è venuto riconoscendo ciò che da sempre è stato utile e ciò che è stato dannoso. In merito penso che la teoria di Spencer non sia del tutto sbagliata ma che abbia riguardato soprattutto zone al di fuori dell' occidente anche per lunghi periodi, mentre in occidente saltuariamente, per brevi periodi e in zone molto limitate.
Trovo invece molto più probabile per l' occidente, ma anche altrove ad esempio in Giappone, la teoria di Nietzsche, come segnala Maral nell' ultimo post, che sono stati i buoni, e cioè i dominatori che si sono ritenuti buoni e buono tutto ciò che facevano.
La stessa lingua è una creazione di questi buoni, gli aristocratici, i possidenti, che usavano un suono per ogni cosa e in questo modo se ne impossessavano.
E la teoria viene dimostrata seguendo le varie etimologie del termine buono in ogni cultura antica, riportando termini greci romani e tedeschi, come ad esempio lo stesso nome di diversi popolazioni germaniche che comportano il termine goto che è di chiaro riferimento divino.

Dal ritenersi buoni e buono tutto ciò che si fa, nonché veritieri, coloro che non mentono, scaturisce di riflesso un termine in riferimento a chi è dominato, infelice, menzognero e perciò cattivo. E' appunto dal pathos della distanza tra dominatori e sottomessi che Nietzsche identifica la più probabile genealogia dei termini buono e cattivo. E, a mio avviso, come ho già detto, a ragione.

A questo punto Nietzsche apre l' argomento riguardante quelle classi dominatrici di carattere spirituale e che hanno comportato la nascita dei termini puro ed impuro, anche se agli albori della storia il termine puro aveva la valenza di ciò che ha indicato Maral nel suo post, e cioè che era legato a persone che si lavavano, che evitavano certi cibi e le donne del basso popolo, che avevano orrore del sangue, e poco o niente di più.

E a queste caste che lui definisce sacerdotali è legata anche la crescita della profondità del tipo uomo e che in un certo senso l' ha reso interessante. Profondità  che nel tempo ha scavato abissi tra uomo e uomo che lo stesso Achille dal libero pensiero avrebbe ritenuto insuperabili.

Ma ciò che contraddistingue queste caste sacerdotali è una certa malsanità, odio nei confronti dell' uomo perché impotenti, e una ricetta per uscirne che è più pericolosa della malattia stessa, come appunto il digiuno o il rifiuto della carne tipiche di ogni isteria di tipo ascetico. Nonché il massimo nella stoltezza, e cioè la tendenza ad una unione mistica con il nulla, Dio, Nirvana etc.

Ciò sempre secondo Nietzsche ha determinato nel tempo una cattiveria che non ha pari. Il tipo prete è di gran lunga la figura più cattiva e crudele della storia perché ha un odio profondo per tutto ciò che è vitale e che offende la sua impotenza.

Bene per il momento penso che sia il caso di fermarmi, aspettando qualche intervento su quanto detto, altrimenti continuerò a seguire il corso del saggio come da me interpretato. 

Grazie per la cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Nell' ultimo intervento abbiamo riepilogato i primi 6/7 paragrafi del saggio. Degli spunti riportati da Maral nel suo ottimo intervento, è rimasto fuori unicamente l' argomento sull' utilità che nel modo di essere aristocratico proprio non appare o se appare appare sempre come contorno e non come concausa. Questo naturalmente agli albori della storia, perché è ovvio che nelle grandi opere architettoniche delle grandi civiltà (egizia greca e romana ad esempio ) l' utilità comincia ad avere una certa rilevanza, anzi forse per i Romani diventa addirittura l' importanza principale. Ma agli albori della storia no. Sia il fattore non egoistico che utilitaristico proprio rimangono esclusi dal modo di pensare aristocratico che è tutta azione. E' proprio nell' agire che l' uomo nobile dell' antichità trova la sua felicità. E in fondo mal sopporta i periodi in cui per motivi vari è costretto ad occuparsi d' altro. E quando finalmente può liberare la sua crudeltà lo fa sempre a cuor leggero come se fosse la cosa più normale del mondo. Convinto, come dice Nietzsche, che i poeti ed i cantori avranno nuove gesta a cui ispirarsi.

Questi primi paragrafi comunque seguono sempre uno schema accattivante, ma da adesso in poi le cose cambieranno. L' ultima riflessione che ho da fare è sulla falsità storica di quasi tutto ciò che si tramanda e che spesso si ritrova anche in molti libri scolastici. Eppure, come dice sempre Nietzsche, la rilevanza che ha oggigiorno l' aspetto morale dell' egoistico e del non egoistico è una cosa di recente acquisizione. E, continua, se si ci è arrivati così tardi a teorizzare che le cose potessero stare diversamente è proprio per colpa dell' effetto democratizzante che tutto ottunde. E il problema è che raramente l' uomo mette in dubbio la morale vigente. E il modo in cui interpreta sé stesso nel presente e il suo passato.

Non so se Maral o qualcun altro voglia aggiungere qualcosa su questi primi paragrafi, in caso contrario riprenderò la narrazione del primo saggio.

Ringrazio della cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Garbino sto leggendo a rilento, questa estate sarà full-immersion Nietzche, e quindi conto di tornare con panoramica ancora più chiara.
Purtroppo fino a Settembre non riesco ad essere puntuale come vorrei.

Ma certamente, sono molto d'accordo con Nietzche, mi ricordo in particolar modo il libro di Herman Hesse Demian, che appunto quasi fosse un alter ego Nicciano, vedeva nel singolo eroico, la forza, e nella "fortezza" del democratico, la debolezza.

In questione comunque è la morale. A mio modo di leggere, e cioè ancora più a fondo, si tratta veramente di intendere fino in fondo la questione del fare, che viene doppiata anche nel libro di Sini che sto leggendo "Dell'inizio".
Come sempre più chiaramente vado intendendo, Sini rinnega la metafisica in nome dell'Evento, che è appunto ciò che si dà come potere invisibile, come dispositivo direbbe Agamben o Focault. In Sini vi è però accortezza maggiore, nel senso che la questione non è soltanto sociale-sociologica ma ha a che fare col suo farsi, dove ogni qui ed ora è sempre un intersecamento, direi io, tra il nostro fare, e il fare degli usi e costumi: appunto la morale.
Ma è proprio nel fare, che Nietzche esacerba il suo giudizio sicuro e dinamitardo. Ogni nostro fare è sempre figlio della debolezza.
E questa debolezza è la stessa del dispositivo o dell'evento.(in questo senso la cultura è debole e va schiacciata, come dirà poi in così parlò zarathustra)-

Ad una rilettura più attenta forse si può cominciare a intedere, da parte mia, e comunque solo in lontananza, la questione di una rivoluzione che ribalti il senso dell'evento, e dei suoi dispositivi, ossia che ribalti completamente il potere invisibile: l'eterno ritorno.

La guerra è là: è questione appunto di morale, ma se la morale fosse nientemeno che quel potere, non rimane che dissiparla eliminandola ciò che la intende e la postula, a mio parere il soggetto, in senso, a questo punto,di persona, di maschera, appunto come agente politico, a servizio di una morale.
La maschera va deposta, solo così ci avviciniamo alla questione del soggetto puro, ossia quello identitario, a cui Nietzche sottrare anche il suo valore, l'identità è semplicemente desiderio di potere.(è normale che poi diventi macherata, del debole ma anche del forte).

E si va ancora più a fondo a mio parere.

Alle prossime per maggiori delucidazioni.

Bene così Garbino!!!

PS.
Ho notato che anche in Sini il problema che ho in mente io quello del "CHE FARE?", è riportato nella stesse modalità.
Ossia la filosofia di cosa dovrebbe occuparsi rispetto E aldilà del suo esercizio di contemplazione (al massimo di giudizio), rispetto alle tematiche che stiamo discutendo?
In fin dei conti per doppiare il topic: QUALE FUTURO per l'UOMO?

comunque un passo alla volta: proseguiamo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

  Ogni finestra che si apre sullo spirito è un nuovo orizzonte e una visione prospettica nuova. Tanto che talvolta si può entrare anche in confusione per le miriadi di prospettive che ci si aprono davanti nell' affrontare qualsiasi argomento. E spesso si può perdere interesse per quegli argomenti affrontati da un solo punto prospettico e cioè quando non si tiene conto della visione globale di ciò che si intende argomentare.
Ma di una, anzi di due cose sono certo in questo momento. La prima è che devo ringraziare Green Demetr per il suo interessante intervento e per l' incoraggiamento in esso contenuto a questo mio studio e la seconda è il cambiamento che avviene a questo punto nello svolgersi dell' opera di Nietzsche.
E il cambiamento è manifestato dal feroce attacco rivolto al popolo sacerdotale per eccellenza, gli Ebrei, per aver generato dal suo seno, carico di odio nei confronti del genere umano e dei Romani, la morale destinata a competere con la loro morale aristocratica, che a livello storico come danno non ha uguali anche sommando tutti i danni che i preti hanno perpetrato nei confronti dell' umanità. 
E questa morale è appunto quella che è scaturita dalla morte in croce di Cristo.
Morale che ha ingaggiato una lunga guerra con i principi aristocratici: buono, bello, forte, attivo, felice, caro agli dei; e che invece designa come buoni:i miserabili, gli indigenti, i malati, i brutti e che solo a loro è concessa la beatitudine; mentre i nobili, gli empi i crudeli saranno dannati per l' eternità. Con il Cristianesimo si è iniziata la rivolta degli schiavi nella morale, e se oggi la abbiamo persa di vista, come aveva affermato Maral, è perché essa ha vinto.

A mio avviso, l' attacco feroce agli Ebrei non è che lo spunto per attaccare profondamente il Cristianesimo e l' uomo moderno. O meglio ciò che l' uomo è diventato ritenendosi per altro il fine della storia. Ho seri dubbi che fin dall' inizio, come Nietzsche afferma, si trattasse di un piano ben prestabilito per vendicarsi di Roma e di ciò che Roma rappresentava. Anche perché la decadenza delle famiglie patrizie romane, recenti studi lo testimoniano, fu provocata da uno status simbol dell' epoca: l' avorio importato dall' Africa. Avorio che spesso nascondeva virus e batteri nuovi che falcidiarono i nobili che ne fecero largo uso per addobbare le loro ricche dimore. Ciò significa che la guerra tra le due morali avrebbe potuto avere uno svolgimento diverso, mentre il Cristianesimo, dopo le prime difficoltà, trovò un ambiente psicologico sociale a lui molto più favorevole.

Dopo questa breve riflessione torniamo all' opera. E qui Nietzsche propone un interessante studio della tipologia psicologica delle due morali. Infatti mentre per il tipo aristocratico l' idea di buono nasce da sé stesso e in contrapposizione il cattivo diventa ciò che è diverso da lui, nella morale degli schiavi, come Maral ha affermato nel suo intervento, l' uomo, guidato dal reissentment, ha bisogno di un mondo esterno antagonista che designa come cattivo, da cui poi risulta un buono e cioè sé stesso.

In altre parole, la morale aristocratica si definisce nell' attività, quella degli schiavi nella reazione. Il cattivo per l' aristocratico non raggiunge mai la deformazione in mostro che acquisisce in quella avversa.
L' uomo del reissentment ha un' anima strabica, che ama l' oscurità, i nascondigli, le scappatoie e che contrariamente al nobile terrà in grande rilevanza la necessità dell' avvedutezza. E l' essere più avveduto creerà un grande vantaggio nei confronti dell' avversario, che sarà pronto a slanciarsi in ogni sua passione senza alcun timore.

E ciò che Nietzsche ritiene più intollerabile è l' aria cattiva che si respira in presenza di un' anima deforme, di un' anima che non ha più vita: l' uomo moderno.

Ringrazio per la cortese attenzione. Nel prossimo intervento concluderemo lo studio del primo saggio.

Garbino Vento di Tempesta.

Lady Joan Marie

Secondo me, Nietzsche con il suo mito del super uomo ha voluto omaggiare oltre che se stesso, anche come doveva essere l'uomo a quei tempi. Un esempio? D'Annunzio.

filosofia1

Se la discussione verte sull'uomo e il suo diritto al futuro, necessario sarebbe ricostruire, nei modi che la scienza ci rende possibile, una storia che non sia evocatrice di un modo cronologico temporale, bensì di un analisi intima ed interiorizzata di quel che noi percepiamo per verità, anche senza necessariamente sia. Se l'epoca presocratica ci ha lasciato alcune tracce indelebili ...

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