Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Phil

Anch'io ravvedo un ambiguo e spurio intreccio fra piano linguistico-descrittivo e piano empirico-fattuale: chiedersi se il divenire diviene, è come domandarsi se la crescita cresce, se il morire muore o se il camminare cammina... nel caso del divenire, se decidiamo di stare al gioco della questione, non è comunque contraddittorio affermare che "il divenire diviene", se con ciò intendiamo che il mutamento non è regolare, descrivibile da una legge universale, ma esso stesso muta e si articola nel tempo (un po' come l'oscillazione delle quotazioni in borsa, è essa stessa oscillante, in quanto irregolare e imprevedibile...).

donquixote

Citazione di: Sariputra il 01 Maggio 2017, 11:06:05 AM
Citazione di: Lou il 01 Maggio 2017, 10:18:06 AM@maral
CitazioneSe poi diciamo che tutto è Divenire, è chiaro che il Divenire è e come tale partecipa in modo fondamentale dell'Essere e qui mi sembra che l'osservazione di Lou sia corretta: il divenire non diviene, ma è; anzi si intende affermare che è ciò che sempre e sommamente è.
È esattamente quello che volevo dire, esplicito in modo più chiaro: è che trovo (logicamente) paradossale (e penso lo trovi paradossale pure Nietzsche nell'aforisma "Imprimere..." citato) un divenire che diviene, se il divenire divenisse, smetterebbe di essere divenire, banalmente non diverrebbe più - roba che significherebbe proprio raggiungere quello stato finale per il divenire che Nietzsche rigetta - e di ciò ne trovo conferma anche nel passo ora citato da Garbino di N., dove, a mio parere, si afferma la tesi nietzschiana che ribadisce che tutto ciò che è, è divenire. Immutabile è il perenne mutare delle cose che sono, non un essere illusorio, solitario posto a garante nè in cielo nè in terra. @Garbino, accolgo con piacere l'invito, trovo siano letture interessanti e precise quelle che proponi e ho molto da imparare, io ho semplicemente abbozzato la mia.
Die che è "immutabile il perenne mutare delle cose che sono" mi pare una contraddizione in termini. Perché non accettare semplicemente "il mutare" senza caricarlo ( nuovamente) di sovrastrutture speculative ( ossia termini come "immutabile", "perenne" e "sono") ?... Come si può sapere che il mutare è immutabile? Non si può cogliere il mutare con qualcosa che non muta come i termini linguistici, che fanno l'opposto, ossia "fissano". Ogni affermazione sul divenire è necessariamente falsa. Il divenire diviene è già falso...

Tanto per la precisione il divenire non può divenire, poichè il divenire è un movimento, una trasformazione, una azione, e una azione presuppone sempre un soggetto che la compie, che nell'affermazione il divenire diviene manca. Allo stesso modo è sbagliato dire che il divenire è, perchè anche in questo caso si accostano arbitrariamente due predicati a nessun soggetto. Capisco che esistano frasi del tipo "il mangiare sazia" oppure "il correre stanca", ma sono figure retoriche che possono funzionare bene nel linguaggio popolare ma in questo caso confondono solo le idee. Ciò che diviene deve quindi necessariamente essere "altro" dal divenire stesso, il soggetto dell'azione riflessiva del divenire, e questo non può che essere l'Essere che, manifestandosi progressivamente, costituisce ciò che chiamiamo "divenire".  Quindi il divenire non diviene e neppure è, poichè in sé non esiste proprio, dato che ogni attributo è sempre riferito all'essere e ai suoi vari e indefiniti aspetti.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Sariputra

Citazione di: donquixote il 01 Maggio 2017, 12:23:25 PM
Citazione di: Sariputra il 01 Maggio 2017, 11:06:05 AM
Citazione di: Lou il 01 Maggio 2017, 10:18:06 AM@maral
CitazioneSe poi diciamo che tutto è Divenire, è chiaro che il Divenire è e come tale partecipa in modo fondamentale dell'Essere e qui mi sembra che l'osservazione di Lou sia corretta: il divenire non diviene, ma è; anzi si intende affermare che è ciò che sempre e sommamente è.
È esattamente quello che volevo dire, esplicito in modo più chiaro: è che trovo (logicamente) paradossale (e penso lo trovi paradossale pure Nietzsche nell'aforisma "Imprimere..." citato) un divenire che diviene, se il divenire divenisse, smetterebbe di essere divenire, banalmente non diverrebbe più - roba che significherebbe proprio raggiungere quello stato finale per il divenire che Nietzsche rigetta - e di ciò ne trovo conferma anche nel passo ora citato da Garbino di N., dove, a mio parere, si afferma la tesi nietzschiana che ribadisce che tutto ciò che è, è divenire. Immutabile è il perenne mutare delle cose che sono, non un essere illusorio, solitario posto a garante nè in cielo nè in terra. @Garbino, accolgo con piacere l'invito, trovo siano letture interessanti e precise quelle che proponi e ho molto da imparare, io ho semplicemente abbozzato la mia.
Die che è "immutabile il perenne mutare delle cose che sono" mi pare una contraddizione in termini. Perché non accettare semplicemente "il mutare" senza caricarlo ( nuovamente) di sovrastrutture speculative ( ossia termini come "immutabile", "perenne" e "sono") ?... Come si può sapere che il mutare è immutabile? Non si può cogliere il mutare con qualcosa che non muta come i termini linguistici, che fanno l'opposto, ossia "fissano". Ogni affermazione sul divenire è necessariamente falsa. Il divenire diviene è già falso...
Tanto per la precisione il divenire non può divenire, poichè il divenire è un movimento, una trasformazione, una azione, e una azione presuppone sempre un soggetto che la compie, che nell'affermazione il divenire diviene manca. Allo stesso modo è sbagliato dire che il divenire è, perchè anche in questo caso si accostano arbitrariamente due predicati a nessun soggetto. Capisco che esistano frasi del tipo "il mangiare sazia" oppure "il correre stanca", ma sono figure retoriche che possono funzionare bene nel linguaggio popolare ma in questo caso confondono solo le idee. Ciò che diviene deve quindi necessariamente essere "altro" dal divenire stesso, il soggetto dell'azione riflessiva del divenire, e questo non può che essere l'Essere che, manifestandosi progressivamente, costituisce ciò che chiamiamo "divenire". Quindi il divenire non diviene e neppure è, poichè in sé non esiste proprio, dato che ogni attributo è sempre riferito all'essere e ai suoi vari e indefiniti aspetti.

Ma può "essere" un soggetto che continuamente muta? In quale momento del mutamento il soggetto "è"? Se diciamo che l'essere "è" proprio perché diviene dobbiamo necessarmente inserire il non-essere nell'essere del soggetto, altrimenti il mutamento è impossibile...almeno così, a naso, mi sembra.

Temo però che siamo andando fuori dalla discussione proposta dall'amico Garbino...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

donquixote

Citazione di: Sariputra il 01 Maggio 2017, 12:40:17 PMMa può "essere" un soggetto che continuamente muta? In quale momento del mutamento il soggetto "è"? Se diciamo che l'essere "è" proprio perché diviene dobbiamo necessarmente inserire il non-essere nell'essere del soggetto, altrimenti il mutamento è impossibile...almeno così, a naso, mi sembra. Temo però che siamo andando fuori dalla discussione proposta dall'amico Garbino...

Solo un accenno per evitare l'OT: non "tutto" l'essere muta, ma solo ciò che è passibile di mutazione. Vi è, necessariamente, una "parte" (notare le virgolette che sono importanti) dell'essere che è immutabile poichè eterno (ovvero fuori dal tempo, non condizionabile da esso) Quindi l'essere sempre è e sempre muta (e non è affatto una contraddizione).
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Lou

La divergenza, ma forse avevo capito male io, riguardava il fatto che mi sembrava che tu ritenessi il divenire qualcosa di diverso dal modo in cui si indica qualcosa e che, a mio avviso, è stato spiegato benissimo da Donquixote. Il divenire, cioè, non lo inquadro come un terzo soggetto, ma qualcosa di avulso dall' accadere. Ne è solo la connotazione, il modo in cui la vita fisica, da sempre ritenuta di second' ordine, diventa nel trovarsi immersa nel divenire ciò che è.  Anch' io ho molto da imparare, non credere, ho delle lacune pazzesche in campo filosofico. Ma ho ritenuto , forse sbagliando forse no, di concentrare il mio interesse su determinati filosofi piuttosto che sulla maggior parte di essi. Perciò non temere, se non ti ho risposto è soltanto perché la divergenza poteva essere ricucita in base alla mia risposta a Maral. 

X Sariputra

Perfettamente d' accordo con te sul divenire. Anche se accetto anche l' interpretazione di un divenire munito di tutte le caratteristiche dell' essere, come può anche essere appunto interpretato l' aforisma di Nietzsche. L' importante è che non si riveli come un nuovo essere che ci riporterebbe automaticamente nella Metafisica classica.

Per quanto riguarda invece l' aspetto dell' essere che non riesci a valutare quando sia nel suo mutare tanto da dover ammettere la presenza del non-essere, se valuti il ragionamento, l' argomento in questo modo, a mio avviso, rimani ancorato alla Metafisica Classica. Il concetto espresso da Nietzsche è che l' essere vitale, qualsiasi essere vitale fisico immerso nel divenire è. Quello che conta cioè è solo il suo presente che prevede un costante mutare. Ogni attimo, sorvolando sulla mia idea di tempo, contraddistingue il fatto di essere nel suo mutare. Spero di essere stato chiaro. Ma come sempre siamo qui.

X Phil ( e questa volta sei veramente Phil)

A mio avviso, anche la tua interpretazione è accettabile. L' unica precisazione è che come ho già detto il divenire non venga a determinarsi come qualcosa di diverso da un fattore descrittivo dell' accadere in rapporto alla determinazione di ciò che è.

X Donquixote.

Sono d' accordo con te ma fino ad un certo punto. E' ovvio che tu possa ritenere che ci sia parte dell' essere che non muta. E che per te rappresenti, ad esempio l' anima o qualcos' altro, ma non nel senso in cui intende Nietzsche. Rappresenta cioè un tuo punto di vista e su cui concordo non esiste contraddizione. Ma ciò corrisponde a quel terzo soggetto che contestavo a Lou, anche se da parte dell' essere. Quello che intendo dire è che sarebbe inquadrabile come una Metafisica immanente al mondo fisico e non ultrafisico. 
Ciò che non muta invece, secondo Nietzsche, non può essere parte del vivente. Spero di essere stato chiaro, ma siamo sempre qui per ogni contro-argomentazione.

                                                                              -   -    -    -    -   -   -   -

Mi sembra di aver risposto a tutti e vi ringrazio per le vostre opinioni volte ad approfondire questo che è un aspetto nuovo a livello filosofico, e chi lo sa che non si riesca veramente a fondare una Nuova Filosofia. Ma sono anche molto soddisfatto perché finalmente, almeno in voi si sia incominciato a superare il Nietzsche legato a stereotipi che ne tracciano soltanto gli aspetti negativi e non il suo notevole contributo alla conoscenza. Anche nel caso abbiate ancora qualche dubbio al riguardo.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta

Lou

Citazione di: Sariputra il 01 Maggio 2017, 11:06:05 AM[...]
Die che è "immutabile il perenne mutare delle cose che sono" mi pare una contraddizione in termini. Perché non accettare semplicemente "il  mutare" senza caricarlo ( nuovamente) di sovrastrutture speculative ( ossia termini come "immutabile", "perenne" e "sono") ?... Come si può sapere che il mutare è immutabile? Non si può cogliere il mutare con qualcosa che non muta come i termini linguistici, che fanno l'opposto, ossia "fissano". Ogni affermazione sul divenire è necessariamente falsa. Il divenire diviene è già falso...
Che dire se non: "ottime domande", è che mi stavo cimentando per l'appunto nella annosa questione di sta esigenza di imprimere al divenire il carattere dell'essere. O poi si può anche cestinare d'amblè.:)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

maral

#126
Riprendo con alcune considerazioni sparse sull'aforisma che molto opportunamente ha inserito Garbino.
Sono d'accordo sul fatto che "il presente sia giustificato attraverso un futuro o che il passato sia giustificato attraverso un presente" e che "il divenire deve apparire giustificato in ogni attimo" e quindi non valutabile. Il divenire è tutto e solo nell'attimo, l'attimo lo giustifica e gli rende piena giustizia e nell'attimo che si presenta, ci sono passato e futuro, senza attraversamenti. Ma questo dire già apre all'eterno ritorno dell'identico, che non è un postulato a priori che a un certo punto Nietzsche si inventa senza motivo. L'eterno ritorno è già qui, dentro una visione del divenire giustificato solo da ogni attimo in quanto tale e in cui solo può rendersi possibile la volontà di potenza, intesa come forza vitale assolutamente primaria che è tutta nell'attimo, per cui un Dio immaginato fuori dall'attimo diventa inutile e resta solo la possibilità dell'Ubermensch che aderisce in tutto e per tutto all'attimo, dice sì all'attimo, ossia il suo dire si conforma alla volontà che è la vita stessa, è la vita che finalmente dice sì a se stessa. Solo così tutto il disegno filosoficamente torna ed è un disegno filosofico che certamente conclude la metafisica classica, ma è metafisico e come potrebbe non esserlo. Se non lo fosse sarebbe del tutto irrilevante rispetto alla metafisica classica e non la sua conclusione.
Per questo, si dice, "è necessario negare una coscienza totale del Divenire", che sarebbe possibile solo essendo fuori dall'attimo. Se questa coscienza totale del Divenire va negata, è impossibile dire se il Divenire diviene o no, da quale luogo potremo mai dirlo, ci siamo dentro, ci si vuole aderire, è necessario perché questa volontà che è la stessa volontà della vita si realizzi in noi, nelle nostre vite particolari e ritratte nelle loro nicchie. Questa volontà nega l'Essere come la zoè nega la morte, l'ha dentro di sé come suo momento, non la vede come morte, non c'è morte nella vita primordiale. L'Essere è il Divenire stesso come la morte è la zoè stessa che sempre si rinnova. Essere e Divenire sono a questo punto la stessa cosa. E certo che a volerli separare per mettere l'Essere fuori dal Divenire, considerare la cosa come è in sé, si ottiene solo la denigrazione del mondo. E questo pensiero è di una portata deflagrante enorme, perché mette in crisi tutto il pensiero dell'Occidente, dalla religione, alla filosofia, alla scienza, ma è un pensiero che non viene da fuori, ma dalla stessa religione, filosofia e scienza dell'Occidente, le porta al culmine, torna all'origine e da si ricomincia daccapo.

Si noti il paradossale
"non è possibile ammettere in generale nessun essere, - poiché in tal modo il divenire perde il proprio valore e appare persino superfluo"
e alla terza conclusione:
"Il divenire ha in ogni momento lo stesso valore: la somma del suo valore rimane uguale a sé: in altri termini: esso non ha nessun valore, perché non c' è qualcosa con cui misurarlo, e in rapporto a cui la parola valore avrebbe senso."

Come fa l'Essere a sottrarre valore al divenire se il Divenire non ha valore non presentando alcuna unità di misura? E' chiaro che il valore non può essere sottratto, non c'è. Dunque è solo l'Essere, preso in sé, a stabilire in negativo il valore del Divenire, è qui la sottrazione, nel pensare Essere e Divenire a sé stanti, nel concettualizzarli secondo contrapposizione, per cui da una parte si accumula il valore, dall'altra il disvalore e l'Essere con il suo valore diventa unità di misura in base alla quale vale ciò che nel divenire resta, è il resto che vale e più resta nel tempo più vale, mentre ciò che passa (quindi muore, si annulla) non vale: il tempo si fa unità di misura, Essere è tempo, dirà Heidegger. E non è forse questo il modo con cui l'Occidente ha sempre pensato e che Nietzsche manda in crisi insieme con Heidegger che si chiederà come poter ancora pensare? Ma non è il modo di pensare per chi aderisce alla pura esistenza, sempre ammesso che aderendo alla pura esistenza sia ancora possibile pensare e pensarsi.
Ma Nietzsche qui sta pensando, non è ancora nella catatonia dell'ultimo suo decennio di vita, e in modo del tutto metafisico, pur portando in crisi la metafisica. Non c'è l'Ubermensch, lui usa solo parole per chiamarlo alla presenza (e non è certo una chiamata priva di conseguenze), senza pur tuttavia renderlo presente. Poiché l'apparire dell'Ubermensch coincide con la fine dell'uomo e quindi anche necessariamente di ogni memoria, discoro e pensiero dell'uomo. Con l'Oltreuomo, l'uomo è una favola già dimenticata. Qui ci sono solo gli ultimi uomini con i loro ultimi vani discorsi, anche se carichi di tanta scienza e conoscenza.

paul11

#127
Citazione di: donquixote il 01 Maggio 2017, 13:21:01 PM
Citazione di: Sariputra il 01 Maggio 2017, 12:40:17 PMMa può "essere" un soggetto che continuamente muta? In quale momento del mutamento il soggetto "è"? Se diciamo che l'essere "è" proprio perché diviene dobbiamo necessarmente inserire il non-essere nell'essere del soggetto, altrimenti il mutamento è impossibile...almeno così, a naso, mi sembra. Temo però che siamo andando fuori dalla discussione proposta dall'amico Garbino...

Solo un accenno per evitare l'OT: non "tutto" l'essere muta, ma solo ciò che è passibile di mutazione. Vi è, necessariamente, una "parte" (notare le virgolette che sono importanti) dell'essere che è immutabile poichè eterno (ovvero fuori dal tempo, non condizionabile da esso) Quindi l'essere sempre è e sempre muta (e non è affatto una contraddizione).
Sono d'accordo.
Non sarebbe mai nato il principio di non contraddizione se non vivessimo esistenzialmente in un dominio che per Platone è l'opinione nel sensibile e l'altro dominio della verità  attraverso l'intellegibile (che diventerà razionalità con il discepolo Aristotele con la logica predicativa)che ci appare come eterno e veritativo

F.Volpi interpreta Heidegger  allorchè definisce Platone il primo metafisico in quanto pone la soggettività: ha ragione a mio parere.

Porre la soggettività significa che l'uomo si presenta come agente conoscitivo(gnoseologia o epistemologia) che media fra opinione e verità, fra divenire ed eternità . Quindi la domanda di Sini è giusta: in quale prospettiva si pone l'agente conoscitivo che dichiara e definisce i domini se non a partire da se stesso? L'ontologia iniziale di parmenide  quindi ha un nuovo sviluppo nella epistemologia, vale a dire la conoscenza dell'essere viene indagata e si porrà nella costruzione della prima dialettica dell'elnchos, quando Aristotele porrà la logica e le categorie.
Il fatto che Platone sia anche l'iniziatore della " Tecnica" che viene interpretata da molti come ll'oblio dell'essere contraddittorio e dell'Occidente sarebbe tutto da analizzare con appunto l'analitica dell''essere ch ea mio parere nessuno ha mai risolto, compreso Heidegger. Una cosa è certa, il neo platonism o,lo stesso Plotino utilizzeranno Platone nella indagine teologica dentro il cristianesimo.

Nietzsche, e questa è la tesi di Heidegger, è l'ultimo dei metafisici ,in quanto capovolge il sistema metafisico, non ne è "al di fuori".
Nietzsche se viene osservato come "dio", ,vale a dire se l'uomo è la verità, appunto capovolge, rovescia il sistema

Per quanto mi riguarda, Heidegger non ha tutti i torti (semmai il problema è nel "come" svolge i processi argomentativi in "Essere e tempo)"a dire che l'essere non è un ente. perchè ripropone l'agente conoscitivo ed esistenziale che vive la sua contraddizione dentro un orizzonte nel divenire.
Semmai è interessante ,visto che la dialettica fu ripresa da Hegel che porrà l'agente consocitivo come coscienza ed autocoscienza fra i domini del concreto e dell'astratto, riproponendo il mondo delle idee di Platone dentro quello che è chiamato idealismo.

E' interessante come rapporto fra filosofie e come storia della cultura.perchè è al tempo di Heidegger e prima di Nietzsche che vivono le ideologie in rapporto alla tecnica come antitesi storica che esploderanno nel comunismo, fascismo, nazismo,, ma da sempre il cristianesimo,contro il concetto positivistico( del progresso tecnico che ha ulteriormente espropriato l'essere, inteso come uomo entificandolo, facendolo diventare "una cosa", un fenomeno)

green demetr

Risposta breve generale.

Mi sembra che con l'introduzione del Nietzche Heidegeriano il topic abbia preso una piega che difficilmente è attribuibile al pensiero di Nietzche.
Anche la questione dell'eterno ritorno vista nella modalità insegnata da Derrida (l'attimo come ripresentarsi infinito della decisione, dell'evento) allontanta irrimediabilmente dal pensiro del mio Baffo preferito.

Quello che rimprovero a entrambi i filosofi, almeno per le questioni della differenza ontologica, e della ripetizione, è il fatto che applichino categorie metafisiche ad un pensatore che della metafisica in sè non sa cosa farsene.

Rispondere a questo punto diventa oneroso, perchè anzitutto mancandomi la lettura effettiva dei 2 autori mi costringe ad andare a senso, secondo quello che ho ascoltato da terzi (e a mò di riassunto).
La persona intelligente dovrebbe tacere, ma io sono stupido e avvinghiato al Baffo, e cerco di proteggerlo dalle menzogne che la seconda parte del 3d gli sta imputando.

Anzitutto partiamo pure dalla ripetizione, che la ripetizione sia quella dell'evento, ossia della decisione dell'istante, non spiega affatto perchè nietzche dica che rivivremo nello stesso ordine temporale quello che abbiamo vissuto.
Un attimo è già passato, come possiamo rivivere la stessa esperienza come se la clessidra tornasse indietro?
Quello che sta dicendo Nietzche è un chiaro controsenso, sta parlando della temporalità che si riavvolge su stessa.
Ora potrebbe essere benissimo un delirio di onnipotenza, uno dei tanti.
Finora non l'ho detto, perchè sennò sembrerebbe un andare contro il Baffo, il che per me sarebbe immorale. ;)
Ripeto non so perchè sia arrivato a questo tipo di cosmogonia, ma non lo ritengo importante.
Idem per quanto riguarda la differenza ontologica.
Ciò che diviene è l'uomo, non Dio, Nietzche non si sofferma su questo particolare ozioso, proiettato come è a indicare la strada per costruire la nuova società degli uomini, una società valoriale, e non più etica.
Ora dire che il divenire sia una proposta cosmologica, mi pare altrettanto improbabile che a Nietzche interessasse più del necessario. (d'altronde sono solo una manciata di righe su migliaia di pagine...è bizzarro che abbiamo deciso di soffermarci su questo).
Inoltre se tutto diviene come fa a ripetersi? mi pare più il contrario: ossia che il divenire sia una parvenza dell'essere generale. E comunque sia, siccome non vi è argomentazione alcuna, possiamo anche sbizzarrirci all'infinito, il punto è "ma a che serve"????

Risposta lunga per MARAL

Un pò di Polemos (filosofia avanzata) per l'ottimo maral. (per gli altri rimando al 3d aperto opportunatamente, suo malgrado visto che del Baffo lui non sa che farsene, da Sgiombo )

Caro amico, questa volta temo proprio di non aver capito.

cit maral
"Il divenire è tutto e solo nell'attimo, l'attimo lo giustifica e gli rende piena giustizia e nell'attimo che si presenta, ci sono passato e futuro, senza attraversamenti. "

Certo sarebbe la filosofia dell'evento. (se poi vuoi chiamarla dell'eterno ritorno sia pure, per me è comunque una inapropiatezza).

cit maral
"Per questo, si dice, "è necessario negare una coscienza totale del Divenire", che sarebbe possibile solo essendo fuori dall'attimo. Se questa coscienza totale del Divenire va negata, è impossibile dire se il Divenire diviene o no, da quale luogo potremo mai dirlo, ci siamo dentro, ci si vuole aderire, è necessario perché questa volontà che è la stessa volontà della vita si realizzi in noi, nelle nostre vite particolari e ritratte nelle loro nicchie."

Non capisco cosa sia la coscienza totale del divenire, temo che siamo alle solite, una autocoscienza del divenire?
Siamo d'accordo comunque sull'impossibilità che vi sia.
Invece credo che si possa riconoscere nel diveniente una forma della trascedenza, infatti l'evento ha in sè i germi che porteranno al cambiamento del soggetto, l'evento infatti non è il soggetto esperente, ma è ciò che esperisce all'interno della convenzione temporale dell'attimo. Perciò stessa essendo convenzionale, essendo più propriamente immanenza, il soggetto è in grado di valutarla.
In questo senso essendo cioè una astrazione (un prodotto del mentale) essa è passibile di costruirsi come filosofia.

cit maral
" Questa volontà nega l'Essere come la zoè nega la morte, l'ha dentro di sé come suo momento, non la vede come morte, non c'è morte nella vita primordiale. L'Essere è il Divenire stesso come la morte è la zoè stessa che sempre si rinnova."

Non ho ben capito il sillogismo, intendi dire che l'essere è la morte?
vita primordiale non è l'essere = animalità non è la morte
essere è divenire = morte è vita primordiale (l'animalità che si riproduce)
Se però sostituiamo i termini
allora 
la vita primordiale non è la vita primordiale = animalità non è la vita primordiale.
Il che è contraddittorio.....

cit maral
"Essere e Divenire sono a questo punto la stessa cosa"

Il che è contraddittorio infatti.

cit maral
"E certo che a volerli separare per mettere l'Essere fuori dal Divenire, considerare la cosa come è in sé, si ottiene solo la denigrazione del mondo."

Il divenire caro maral è all'interno dell'essere....andiamo è Severino!

In che senso la denigrazione del mondo???

cit maral
"E questo pensiero è di una portata deflagrante enorme, perché mette in crisi tutto il pensiero dell'Occidente, dalla religione, alla filosofia, alla scienza, ma è un pensiero che non viene da fuori, ma dalla stessa religione, filosofia e scienza dell'Occidente, le porta al culmine, torna all'origine e da si ricomincia daccapo. "

Credo di aver perso completamente le fila del tuo ragionamento qui.
Provo a interpretare. Ok non ci riesco. Sorry.

cit maral
"Si noti il paradossale 
"non è possibile ammettere in generale nessun essere, - poiché in tal modo il divenire perde il proprio valore e appare persino superfluo"
e alla terza conclusione:
"Il divenire ha in ogni momento lo stesso valore: la somma del suo valore rimane uguale a sé: in altri termini: esso non ha nessun valore, perché non c' è qualcosa con cui misurarlo, e in rapporto a cui la parola valore avrebbe senso.""

Non capisco cosa ci sia di paradossale, a me pare logico.

Ho cercato su google, allora anzittutto si tratta dell'aforisma contenuto in La volontà di Potenza 72 paragrafo.(almeno mettici il virgolettato!) ;)

citiamolo però tutto allora, ricordandoci che la volontà di potenza è un'opera spuria in cui è difficile conoscere ciò che è stato scritto dalla sorella e amici, e quello che era nelle intenzioni del Nietzche.

"Se il movimento del mondo avesse uno stato finale, questo dovrebbe già essere raggiunto. In realtà l'unico fatto fondamentale è che il mondo non ha nessuno stato-fine; e ogni filosofia o ipotesi scientifica (per esempio il meccanicismo), nella quale un tale stato diventa necessario, è confutata attraverso quest'unico dato di fatto...
Io cerco una concezione del mondo in cui si renda giustizia a questo dato di fatto: il divenire deve essere interpretato, senza ricorrere a tali scopi finali: il divenire deve apparire giustificato in ogni attimo (o non valutabile: il che è lo stesso); non è assolutamente possibile che il presente sia giustificato attraverso un futuro o che il passato sia giustificato attraverso un presente.
La «necessità» non ha la forma di una potenza totale che si propaga e domina, o di un primo motore; ancor meno necessaria per causare qualcosa di pregevole. Per questo è necessario negare una coscienza totale del divenire, un «Dio», per non porre l'accadere sotto il punto di vista di un essere che partecipa al sentire, al sapere, e che non vuole nulla: «Dio» è inutile, se non vuole nulla, e d'altra parte per esso viene posta una somma di dispiacere e di illogicità, che abbasserebbe il valore totale del «divenire»: per fortuna una tale potenza totalizzante non c'è ( un Dio sofferente e sovrastante, un «sensorio totale» e «assoluto spirito» sarebbe la più grande obiezione contro l'essere).
......
Pertanto si riconosce che questa ipotesi dell'essere è l'origine di ogni denigrazione del mondo; «il miglior mondo, il mondo vero, il mondo "dell'aldilà", la cosa in sé».
.....
Il valore totale del mondo non è valutabile, di conseguenza il pessimismo filosofico è una cosa comica."

Il primo capoverso indica l'impossibilità di un riduzionismo fisico. (ossia non esiste alcuna cosmogonia fondata)
In quanto la sua fondatezza sarebbe la causa principale della sua infondatezza, ossia non c'è fine.
Direi parafrasando siamo sempre immersi in una storia, in una narrazione.
Ogni narrazione non può darsi come fondazione del futuro ma nemmeno del passato continua nel secondo capoverso.
In generale non ci può essere valutazione (sulla fondatezza) alcuna parafraso io.
Nel terzo paragrafo asserisce l'inutilità di meta-narrazione che riguardi qualsiasi fatto (ma lui intende evento ndr)
Ogni evento contiene in sè la sua narrazione molto semplicemente, parafraso io.
Nel quinto capoverso sostiene che è la meta-narrazione a fornire la narrazione avversa (all'evento): ossia la presunzione che vi sia un evento migliore, un evento vero, un evento che si riferisce ad un al di là dell'evento stesso.
Nel finale parafreserei correttamente così:
Essendo la considerazione (avversa) valoriale una meta-narrazione, ne consegue che ogni metafisica che è la somma delle varie meta-narrazioni dell'evento stesso, risulti essere la stessa meta-narrazione, completamente avulsa da ogni singolo evento, che per l'appunto non sfocia in alcunchè di evenenziale.

Bisogna cioè ricondurre ogni parola relativa ad essere e divenire come la "Tradizione cattolica" e la "Storia".
Non vi è alcuna analitica, semmai una prassi che si concentra sul valore liguistico dell'esposizione della stessa.
(una descrizione, una narrazione).
Per inciso anche la filosofia di Nietzche è una filosofia dell'evento, e quindi una meta-narrazione dello stesso.
(il cui valore è avverso alle metanarrazioni metafisiche religiose e morali (teleologico-naturali) )

Insomma niente di più distante da quanto il 3d possa intendere.

cit maral
"Come fa l'Essere a sottrarre valore al divenire se il Divenire non ha valore non presentando alcuna unità di misura? "

A mio parere C'è un errore di comprensione generale del testo.
Ripeto non è un'analitica. (a costo di ripetermi all'infinito)

Comunque sia se ti ricordi Davintro a livello fenomenologico aveva introdotto come trait-d'union fenomenologico, l'ontologia come modalità dell'Essere.

Se vogliamo proprio fare una analitica di Essere e Divenire allora potremmo sensatamente usare quella precisazione.
Poichè l'Essere è, allora non può divenire, dunque il Divenire è la caratteristica della mediazione della parte con il suo Intero.(l'uomo appunto)
Questa mediazione però non è di ordine "terzo", ossia direbbe un Nietzche non riguarda la fisica, la giustizia o la Natura, ma riguarda l'ontologia. Ossia l'essente nell'immanenza. L'essente che si apre al mondo come interpretazione di quella Immanenza altro.
Il divenire è dunque l'uomo e non la sua terzialità la fisica, la giustizia o la natura.

Non è che l'Evento. Ossia l'evento è la relazione col Mondo.(insieme di trascendenza e fenomenologia)
Dunque non è che il Divenire manca di un valore, ossia non è l'esistente, ossia in chiave analitica è l'ontologico che verrebbe a essere sottratto del giusto valore, che non è mai verso qualsiasi "terzo", bensì sempre e solo verso l'apertura al mondo COME immanenza. 
Dunque bisogna distinguere tra immanenza e valorialità dell'esistente.
Se l'immanente avesse i caratteri valoriali di qualsiasi altra terzialità, foss'anco, attenzione, a quelli giusti dell'esistente, sarebbe una contraddizione in termini: appunto se l'immanente fosse giusto per un giudizio dell'esistente, ossia dell'uomo, non sarebbe più immanente.Il giusto di cui parla, ossia il valoriale si dà solo come descrizione ontologica rispetto e non a riguardo dell'immanente.
Ma l'Essere in tutto questo non è MAI tirato in causa. (altrimenti avrebbe ragione Heidegger a considerate Nietzche l'ultimo dei metafisici. Cosa che non sarà mai.)
Invece mi sembra che tu consideri la stessa cosa Essere ed Ente.

cit maral
"Divenire a sé stanti, nel concettualizzarli secondo contrapposizione, per cui da una parte si accumula il valore, dall'altra il disvalore e l'Essere con il suo valore diventa unità di misura in base alla quale vale ciò che nel divenire resta, è il resto che vale e più resta nel tempo più vale, mentre ciò che passa (quindi muore, si annulla) non vale:"

Infatti a mio avviso questo passaggio non fa altro che confermare il completo "misunderstanding" con il Baffo.
Se fosse così come hai scritto allora saremmo all'interno dell'ennesima metafisica. (magari una metafisica severiniana che tanto amiamo, ma pur sempre una metafisica).
Questo cosa Sini l'ha capita molto bene, ne parla estesamente nel canale di Sini, un suo allievo il prof. Di Martino.
Quando parla della cesura definitiva avvenuta negli anni 80 tra il primo Sini Heideggeriano, e il secondo Sini (il filosofo delle prassi che tanto amiamo).

cit maral
"Ma Nietzsche qui sta pensando, non è ancora nella catatonia dell'ultimo suo decennio di vita, e in modo del tutto metafisico, pur portando in crisi la metafisica. Non c'è l'Ubermensch, lui usa solo parole per chiamarlo alla presenza (e non è certo una chiamata priva di conseguenze), senza pur tuttavia renderlo presente. Poiché l'apparire dell'Ubermensch coincide con la fine dell'uomo e quindi anche necessariamente di ogni memoria, discoro e pensiero dell'uomo. Con l'Oltreuomo, l'uomo è una favola già dimenticata. Qui ci sono solo gli ultimi uomini con i loro ultimi vani discorsi, anche se carichi di tanta scienza e conoscenza."

Assolutamente no, non capisco nemmeno perchè arrivi a tali conclusioni.  ???
(o meglio lo capisco perchè credi in questa mitica, e del tutto inventata, brodaglia primordiale, siamo sempre nell'ambito di Natura sive Dio).

Con oltre uomo, Nietzche non intende un nuovo tipo di essere umano, bensì degli stessi uomini oltre la storia della metafisica.
Che cosa sia questo uomo è il frutto di migliaia di pagine ognuna delle quali contenenti anche più di un aforisma.
Ora ridurre la questione alla volontà di potenza (ipotesi biologista, neo-darwiniana) e all'eterno ritorno (ipotesi riduzionista cosmogonica), devo dire che comincia a darmi noja.
Perchè non concentrarsi invece sul lascito vastissimo e incommensurabile ai riduzionismi faciloni e snervanti.
(magari ci si renderebbe conto delle incredibili cantonate che sto leggendo)   :'(
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

x PAUL

cit paul
"Porre la soggettività significa che l'uomo si presenta come agente conoscitivo(gnoseologia o epistemologia) che media fra opinione e verità, fra divenire ed eternità . Quindi la domanda di Sini è giusta: in quale prospettiva si pone l'agente conoscitivo che dichiara e definisce i domini se non a partire da se stesso? L'ontologia iniziale di parmenide  quindi ha un nuovo sviluppo nella epistemologia, vale a dire la conoscenza dell'essere viene indagata e si porrà nella costruzione della prima dialettica dell'elnchos, quando Aristotele porrà la logica e le categorie.
Il fatto che Platone sia anche l'iniziatore della " Tecnica" che viene interpretata da molti come ll'oblio dell'essere contraddittorio e dell'Occidente sarebbe tutto da analizzare con appunto l'analitica dell''essere ch ea mio parere nessuno ha mai risolto, compreso Heidegger. Una cosa è certa, il neo platonism o,lo stesso Plotino utilizzeranno Platone nella indagine teologica dentro il cristianesimo."

Come scritto a Maral, stiamo parlando di Heidegger e non più di Nietzche. A mio parere siamo OT.

Siamo d'accordo a dire che Platone è metafisico, che è stato il primo a mettere l'attenzione sul soggetto.
Siamo d'accordo a dire che la gnoseologia dell'oggetto che si da al soggetto sfoci nella storia della tecnica.
Non siamo d'accordo a dire che la colpa è di Platone, perchè è come se noi si  tralasciasse la teoria del bene, che invece è assolutamente fondante in Platone.

Siamo d'accordo a dire che Heidegger non ha risolto l'analitica dell'Essere, semplicemente perchè per Heidegger non esiste l'analitica dell'Essere! ;D
Esiste invece l'analitica dell'essente, ossia dell'uomo (che è quella che gli interessa ad H.).
In realtà l'analitica è la storia della medianità di ciascun ente (e del suo rapporto con l'ESSERE). Quindi si potrebbe anche fare di un oggetto etc...Cosa ben diversa da quella proposta da te.

cit paul

"E' interessante come rapporto fra filosofie e come storia della cultura.perchè è al tempo di Heidegger e prima di Nietzsche che vivono le ideologie in rapporto alla tecnica come antitesi storica che esploderanno nel comunismo, fascismo, nazismo,, ma da sempre il cristianesimo,contro il concetto positivistico( del progresso tecnico che ha ulteriormente espropriato l'essere, inteso come uomo entificandolo, facendolo diventare "una cosa", un fenomeno)"

Non è per niente chiaro, caro amico mio!!

Il progresso storico tecnico non ha esproriato l'uomo della sua destinalità (che appunto è tecnica), bensì della possibilitò di pensare il rapporto originario con L'essere.
Infatti l'alienazione è l'oblio della propria valorialità.(della possibilità di pensarsi come rapporto con l'originario).
In parole povere l'uomo dimentica di essere una struttura e diviene vittima della propria produzione, pensandosi come struttura della propria produttività, e non della sua storia.
Nietzche c'entra poco con tutto questo discorso ripeto. :'(
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Maral e Paul 11

E' da un po' che non mi trovavo d' accordo con Green, ma questa volta debbo ringraziarlo perché ha risposto in un modo che in gran parte condivido, anche se la mia analisi sulla Metafisica parte più da una critica matematica che da una conoscenza profonda della Metafisica stessa attraverso Parmenide, Platone e Heidegger. D' altronde non potendo concepire un mondo altro, ho sempre ritenuto che l' approfondimento sarebbe stato ben più arduo per me che per chi invece lo riesce a concepire. Ricordo infatti che quando Platone parlava dell' uno, io rimanevo completamente allibito per l' immane sciocchezza che teorizzava, più che teorizzare come avrebbe fatto Socrate, che riteneva immanente, vero. 

Sono peggio di San Tommaso per tutto ciò che mi viene teorizzato. Non credo a ciò che non vedo e la mia mente rifiuta categoricamente di credere a ciò che non rientra nel campo sensibile. E' un errore? Non credo proprio. Ritengo molto meno appropriato che si possa credere a ciò che non si vede, non si tocca ed anche allora sottopongo sempre ciò di cui ho sensazione ad un vaglio di quante più prospettive possibili per accettarlo come accadere, come qualcosa che rimane nel piano dell' accadere.

X Green Demetr

Sono d' accordo che in fondo un aforisma vuol dire poco nel contesto delle centinaia di pagine che Nietzsche ci ha lasciato, ma è anche l' unico in cui afferma che: Più rigorosamente: non è possibile ammettere in generale nessun essere ( l' ultima frase è in corsivo e che come ho già specificato si riferisce alla Metafisica Classica come lo stesso Heidegger interpreta ). Per altro il virgolettato l' ho messo, mentre invece non ho inserito mai il corsivo, ma solo per praticità, anche se ammetto che è importante come nell' ultima frase riportata poco sopra. Eppure si continua a parlare di essere e di ente come se Nietzsche non intendesse altro, e a mio avviso, lo intende e come!!! Ma su questo potrò approfondire quando mi arriverà l' opera completa degli scritti inediti di Nietzsche e che comunque sono d' accordo che vada presa con le molle. Il problema però è che Heidegger lo fa e anzi precisando che li ritiene gli scritti più attendibili di Nietzsche proprio perché sono datati, quando lo sono, più tardi delle sue opere edite.

La tua critica ad un verso di Blowin' in the wind di Dylan mi sembra inopportuna e forse significa che conosci poco la storia di quella canzone. Mio caro Green, Blowin' in the wind è stato il cavallo di battaglia di tutta la contestazione americana degli anni 60. E il vento era appunto il vento della rivoluzione che attraversava tutta la società americana a livello giovanile e che fu repressa anche con la Guerra del Vietnam richiamando molti giovani che avrebbero preferito combattere in casa per le cause civili e sociali del loro Paese che non in uno sperduto angolo di Terra del Pacifico. Ma soprattutto la mia citazione verte a constatare che nulla è possibile senza un vento che si alza contro le proprie catene sociali e civili e soprattutto economiche. E mi puoi dire tu dov' è questo vento? Contro chi alziamo la nostra voce, contro chi ci poniamo per raggiungere obiettivi rivoluzionarti di cambiamento senza un vento? Ma soprattutto anche in assenza di vento contro chi ci poniamo? Vedi tu un soggetto qualsiasi contro cui porsi e poter affermare: Sì, sono dalla parte giusta e contro la persona o categoria o altro giusta? C' è una categoria di persone che possa rappresentare comunque una volta messo in moto il tutto, ammesso e non concesso che si riuscisse nell' intento, a cui poter affidare il nostro futuro? Esiste, caro Green? Esiste o no? E guarda che desidero anzi pretendo una risposta poco evasiva e soprattutto convincente. Sempre con stima.

Grazie della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Jean

Garbino - C' è una categoria di persone che possa rappresentare comunque una volta messo in moto il tutto, ammesso e non concesso che si riuscisse nell' intento, a cui poter affidare il nostro futuro? Esiste, caro Green? Esiste o no? E guarda che desidero anzi pretendo una risposta poco evasiva e soprattutto convincente. 


In attesa di quella di green, se riterrà di darla, mi permetto di dir la mia.

Il coraggio non si improvvisa, se già non se ne dispone (e son pochi) qualcuno riesce a trovarlo dentro di sé quando le persone (che si amano, come i membri di una comunità, piccola o grande che sia) vengon strappate via (uccise) come fuscelli per privare chi resta oltre che della sacra terra, di ogni diritto di viverci secondo i propri valori.

Queste persone son come le piante originarie della patata (Perù) o del mais, del riso e del grano, da cui han tratto le specie odierne più produttive ma anche più deboli.

Una malattia potrebbe, come avvenuto in passato, farle scomparire del tutto... e l'unica speranza per il futuro (alimentare, in questo caso) sarebbe in quelle minuscole piantine andine...

A questi ultimi portatori d'una qualità (non genetica ma culturale e d'altro tipo...) sempre più rara affiderei il destino del mondo.
 
 
http://video.repubblica.it/mondo-solidale/leader-guaran-iacute-in-europa-chiede-sostegno-stanno-sterminando-il-mio-popolo/274721/275262?ref=vd-auto&cnt=1

 
J4Y 

paul11

#132
Citazione di: green demetr il 02 Maggio 2017, 15:02:46 PM
x PAUL

cit paul
"Porre la soggettività significa che l'uomo si presenta come agente conoscitivo(gnoseologia o epistemologia) che media fra opinione e verità, fra divenire ed eternità . Quindi la domanda di Sini è giusta: in quale prospettiva si pone l'agente conoscitivo che dichiara e definisce i domini se non a partire da se stesso? L'ontologia iniziale di parmenide  quindi ha un nuovo sviluppo nella epistemologia, vale a dire la conoscenza dell'essere viene indagata e si porrà nella costruzione della prima dialettica dell'elnchos, quando Aristotele porrà la logica e le categorie.
Il fatto che Platone sia anche l'iniziatore della " Tecnica" che viene interpretata da molti come ll'oblio dell'essere contraddittorio e dell'Occidente sarebbe tutto da analizzare con appunto l'analitica dell''essere ch ea mio parere nessuno ha mai risolto, compreso Heidegger. Una cosa è certa, il neo platonism o,lo stesso Plotino utilizzeranno Platone nella indagine teologica dentro il cristianesimo."

Come scritto a Maral, stiamo parlando di Heidegger e non più di Nietzche. A mio parere siamo OT.

Siamo d'accordo a dire che Platone è metafisico, che è stato il primo a mettere l'attenzione sul soggetto.
Siamo d'accordo a dire che la gnoseologia dell'oggetto che si da al soggetto sfoci nella storia della tecnica.
Non siamo d'accordo a dire che la colpa è di Platone, perchè è come se noi si  tralasciasse la teoria del bene, che invece è assolutamente fondante in Platone.

Siamo d'accordo a dire che Heidegger non ha risolto l'analitica dell'Essere, semplicemente perchè per Heidegger non esiste l'analitica dell'Essere! ;D
Esiste invece l'analitica dell'essente, ossia dell'uomo (che è quella che gli interessa ad H.).
In realtà l'analitica è la storia della medianità di ciascun ente (e del suo rapporto con l'ESSERE). Quindi si potrebbe anche fare di un oggetto etc...Cosa ben diversa da quella proposta da te.

cit paul

"E' interessante come rapporto fra filosofie e come storia della cultura.perchè è al tempo di Heidegger e prima di Nietzsche che vivono le ideologie in rapporto alla tecnica come antitesi storica che esploderanno nel comunismo, fascismo, nazismo,, ma da sempre il cristianesimo,contro il concetto positivistico( del progresso tecnico che ha ulteriormente espropriato l'essere, inteso come uomo entificandolo, facendolo diventare "una cosa", un fenomeno)"

Non è per niente chiaro, caro amico mio!!

Il progresso storico tecnico non ha esproriato l'uomo della sua destinalità (che appunto è tecnica), bensì della possibilitò di pensare il rapporto originario con L'essere.
Infatti l'alienazione è l'oblio della propria valorialità.(della possibilità di pensarsi come rapporto con l'originario).
In parole povere l'uomo dimentica di essere una struttura e diviene vittima della propria produzione, pensandosi come struttura della propria produttività, e non della sua storia.
Nietzche c'entra poco con tutto questo discorso ripeto. :'(
...non siamo ot, a volte è meglio avere riferimenti su un filosofo che ha studiato a fondo un'altro, Heidegger su Nietzsche in questo caso, che non leggere insensatezze.

E' Nietzsche che è contro Platone, non il sottoscritto.
Non mi riferisco solo ad Heidegger sulla soluzione dell'analitica dell'essere, che ha comunque svolto a modo suo con  l'esserci. Secondo te cosa sarebbe l'essente?Non hai capito che la metafiscia ha una storia di formulazioni diverse dell'essere? Non è necessario definire direttamente l'essere basta inserivi regole, forme, sostanze, dinamiche,ecc.C'è chi lo chiama spirito, chi lo chiama Uno, chi vi inserisce una coscienza, una regola d'identità, certo cambiano dinamiche, ma rimane metafisica.

E quale sarebbe il rapporto uomo con la struttura originaria?
Il destino nella tecnica nasce proprio dalla contraddizione nel rapporto originario e si fa storia .
Se Nietzsche non c'entrasse con tutto questo perchè   contesta quella metafisica, perchè lo fa?
avrebbe potuto ignorarla........
Nietzsche non è fuori dai giochi,non è altro da tutto questo è inutile vaneggiare su un pensiero di Nietzsche che è poco concettuale e molto eufemistico.
Stai girando in giro Green, deciditi: Nietzsche è o non è l'ultimo metafisico?
Se non lo fosse allora cosa è ( attento a non contraddirti :D)?
ciao

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

XJean

Poetico ed attento alle tragedie che attraversano molti luoghi ancora del nostro pianeta. E forse non sai neanche quanto tu abbia ragione. Ma la mia domanda a Green scaturisce da alcuni richiami al porsi contro qualcuno senza mai specificare chi e in quale modo. L' ultimo proprio in una breve risposta nella discussione Essere e divenire che potrebbe esserti passata inosservata.

Ma nell' attesa che Green risponda sia a me che a Paul 11, con cui non sono assolutamente d' accordo, è meglio forse riprendere il cammino perché a quanto pare non si ci schioda dalle proprie posizioni ed allora l' argomento invece che aiutare rende tutto più difficile.

La situazione comunque è questa. Nietzsche in Crepuscolo degli idoli abbatte, annulla il mondo vero e con esso anche il mondo apparente. 
COME IL "MONDO VERO" FINI' PER DIVENTARE FAVOLA ( Storia di un errore )
5. Il " mondo vero" - un' idea che non serve più a niente, che non vincola nemmeno più - un' idea divenuta inutile, superflua, dunque, un' idea confutata: eliminiamola! ( Giorno chiaro; prima colazione; ritorno del bon sens e della serenità; rossore di vergogna di Platone; baccano indiavolato di tutti gli spiriti liberi ).
6: Il mondo vero lo abbiamo eliminato: quale mondo è rimasto? quello apparente forse? ....Ma no! Col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente! ( Mezzogiorno; momento dell' ombra più corta; fine dell' errore più lungo; culmine dell' umanità; INCIPIT ZARATHUSTRA ).

Anche se vorrei dirti, caro Nietzsche, che qui a più di cento anni dalla tua morte c' è ancora chi non crede a quello che io leggo in questa tua sepoltura della Metafisica, e preferisce credere ad Heidegger o a quello che altri dicono che Heidegger affermi perché è soltanto quello che si vuole sentir dire. 

Le cose stanno così, altro che insensatezze. E se mi sono sobbarcato la lettura e il resoconto di Genealogia della Morale e Il Nietzsche di Heidegger è anche nel tentativo di rimuovere le difficoltà inerenti al suo annullamento della Metafisica: Essere, non-essere, Dio, Platone, l'Uno il Due e tutto il resto. Certo non ritengo affatto che ci possa essere qualcuno che possa ritenere che Garbino affermi quale sia il miglior modo di leggere Nietzsche, ma non vedo proprio come si possa leggere diversamente quanto scritto in Crepuscolo degli idoli.

Ah già, ma Nietzsche ne ha scritte di contraddizioni, naturalmente quando fa comodo che le scriva e non quando afferma cose che accettiamo.

Grazie per la cortese attenzione.

 Garbino Vento di Tempesta.

maral

Necessaria premessa, comunque la si voglia mettere ciò che è Nietzsche in sé non credo che possiamo stabilirlo, nemmeno compiendo la più completa e dettagliata analisi delle sue opere. Che lo si voglia o meno, che ci si senti o meno gli scopritori del Nietzsche autentico, di quello che lui veramente volesse dire, è impossibile esserlo. In primo luogo perché Nietzsche non segue un filo sistematico né lo intende seguire (semmai siamo noi, insieme ai suoi grandi esegeti e critici, con le nostre piccole interpretazioni a imporglielo del tutto indebitamente e quindi tradendolo proprio con pretese sistematiche) e poi perché Nietzsche inevitabilmente cambia nel corso delle sue stesse opere e credo di poter dire, per quel poco che ne so, che i fili conduttori in esse sono molteplici e pure contraddittori, anche lui d'altra parte è sottoposto al divenire, non è un monumento (ma poi anche i monumenti più saldi cambiano benché li si erigano con la illusione di non farli mai cambiare).
Quello che posso ribadire è che se Nietzsche ha uno spessore filosofico (e penso che lo abbia in modo assolutamente dirompente e sono d'accordo con Heidegger che fu il primo a riconoscergli il grandissimo genio filosofico), questo spessore non possa prescindere dal contenuto metafisico del suo pensiero, anzi è proprio questo contenuto a conferirglielo. Ridurre Nietzsche a una polemica anti pretesca, anti cristianesimo o comunque anti (anche se è pure questo, ma non solo) non gli rende certo giustizia, come non gli rende giustizia cancellare l'eterno ritorno o la volontà di potenza come divagazioni metafisiche inappropriate per noi immanentisti di sicura osservanza empirica, originalità di qualcuno già in cammino per il manicomio. Certo in Nietzsche c'è pure la follia, ma è una follia particolarmente lucida e cantante (fino all'ultimo decennio di totale silenzio), una follia grandiosa e certamente, proprio per questo estremamente rischiosa (e la storia lo ha dimostrato).
All'amico Garbino mi limito a dire che fa bene a credere solo in quello che vede, lo si fa fondamentalmente tutti, persino Platone che riteneva che sopra quello che si vede ci sia un mondo puramente ideale (ma è poi vero? Sinceramente non ne sarei così sicuro, non sono così esperto di Platone e i suoi dialoghi sono enormemente affascinanti anche per il modo  immanente con cui li mette in scena e ne cura le scenografie, e il Socrate che conosciamo e che Garbino gli contrappone resta il suo Socrate, ossia il personaggio Socrate dei suoi dialoghi, che lui amava e interroga sulla cosa che più gli resta incomprensibile e insieme lo illumina: quella scelta di morire del suo maestro).
Solo credo di poter aggiungere che quando si crede in quello che si vede, occorre andare sempre cauti, perché quello che si vede è quasi sempre, per non dire sempre, quello che si pensa o si crede di vedere. Si vede con la mente, non con gli occhi e la mente vede il significato delle cose, non le cose, vede il loro farci segno. E i significati sono veri, ma solo nei contesti a cui si riferiscono ove li verifichiamo, dunque occorre fare attenzione ai contesti da cui veniamo posti con le nostre credenze di vedere e non credo sinceramente che la filosofia possa essere ormai altro che questo (che è fondamentale) e lo si deve anche a Nietzsche. Ma questo è un discorso che va oltre il tema qui presentato, quindi lo riprenderò altrove.
Mi riservo invece prima o poi una risposta sia pure sommaria alla lunga risposta che Green mi ha generosamente indirizzato (in cui noto che gli piace giocare con la matita rossa  ;) ). Non vorrei deluderlo e certamente la merita.  :)   

Discussioni simili (5)